Periodo nero per il mondo dell’alpinismo che negli ultimi mesi ha subito la perdita di numerosi protagonisti: da Tomaz Humar a Michele Fait, da Lino Lacedelli fino alle recentissime perdite di Fabio Giacomelli e Samuele Scalet.
Quest’ultimo A? stato ritrovato domenica 17 gennaio senza vita, tra i boschi di Cima Marzola (a pochi chilometri da Trento) dopo che il venerdA� precedente si era allontanato per una semplice passeggiata attorno a casa.
Samuele Scalet, di anni 70, era un accademico del CAI, un esperto alpinista ed autore di diversi libri dedicati proprio alle camminate in montagna, una passione questa che lo ha accompagnato fino all’ultimo giorno della sua vita.
La sua morte avviene in un periodo di lutto che ha toccato in modo davvero importante il mondo del CAI e dell’alpinismo. Morti che, nel caso di Scalet come di Humar, Fait e Giacomelli, al di lA� delle differenze generazionali, hanno comunque sullo sfondo il profilo minaccioso dell’amata montagna. Una natura a cui ci si dedica a tal punto da volerla vivere in prima persona anche al costo della propria vita.
Sicurezza e montagna sembra quindi (anzi, lo A?) un connubio molto pericoloso sul quale piA? volte si sono sollevate accese polemiche. Molto spesso si sente parlare di avventati sciatori che decidono di sperimentare percorsi fuori pista e di sfortunati soccorritori che perdono la vita nel tentativo di salvare chi, per propria colpa o per sfortuna, si trova in situazioni di pericolo. Come abbiamo detto, la montagna miete vittime non solo inesperte ma minaccia l’incolumitA� anche di chi puA? vantare esperienza e professionalitA� decennale. E’ a questo punto quindi che viene da chiedersi se sia davvero cosA� a�?fisiologicamente pericolosoa�? il rapporto tra uomo e montagna e se si possa fare qualcosa per ridurre il numero di incidenti (continua a leggere su MountainBlog).