a�? La Fotografia A? la palestra dei pittori mancati e di chi non ha talento? a�?
Vorrei iniziare questo nostro nuovo appuntamento riportando una frase di Man Ray: “Non si chiede mai a un pittore quali pennelli usa o a uno scrittore di quale macchina da scrivere si serve. Quel che conta A? l’idea, non la macchina fotografica.” Questa citazione, che trova la mia piena condivisione, stimola una riflessione che porta a porsi una lecita domanda: “Ma la Fotografia A? Arte?” ProverA? a dare una risposta, che per essere comprensibile necessitA� di una premessa.
L’Arte A? soprattutto comunicazione in quanto A? assurdo considerare un’opera, che a volte A? stata frutto di mesi di lavoro e impegno, come creata esclusivamente per sA� oppure destinata a venir chiusa immediatamente in una collezione privata inaccessibile al pubblico. Se l’Arte pertanto viene accettata come “comunicazione”, dobbiamo chiederci anche come comunica. Essa comunica immediatamente con un linguaggio semplice o codici che comprendono dei segnali. E’ quindi il supporto e l’arrivo di una serie di processi che coinvolgono l’osservatore in modo assai diretto ed essenziale. Eccone un esempio:
– nella pittura un colore saturo come il rosso crea certamente un tipo di emozione: un segno violento, aggressivo che stimola indubbiamente delle reazioni.
– i colori particolarmente luminosi, intensi ma non saturi della pittura antroposofica, infondono emozioni solari considerate anche terapeutiche.
– in fotografia invece, un’atmosfera flou a toni alti con ampia scala di grigi, puA? trasmettere delle sensazioni opposte a quelle di un’immagine ad alto contrasto con neri profondi.
Questa debita premessa mette indiscutibilmente sullo stesso piano tutte le Arti Visive con la Fotografia, intesa perA? come mezzo capace di comunicare trasmettendo stimoli ed emozioni concettuali. Lei perA?, a differenza delle sue sorelle piA? anziane, ha avuto un’infanzia difficile. Nata da procedimenti ottici e chimici, non potA� fare a meno di instaurare subito un dialogo serrato con l’Arte. Questa presunta competizione, o meglio sarebbe dire conflitto funzionale, fu generato dal fatto che la Fotografia si presentA? fin dall’inizio come una tecnica in sospeso tra Arte e Scienza, si trovA? a dover dividere il campo con uno stile pittorico che pretendeva di realizzare con il pennello ciA? che la macchina era in grado di realizzare da sola. Il conflitto tra pittura e fotografia riguarda proprio il suo riconoscimento come “Arte”. Il piA? accanito accusatore di questa nuova tecnica fu Baudelaire che nel 1859 affermA? che l’Arte vera “A? negazione assoluta della naturalitA�; non c’A? Arte nel momento in cui si imita specularmente la natura, e la Fotografia, producendo una copia esatta di questa, non puA? che presentarsi come l’opposto dell’Arte”. La Fotografia era quindi, secondo Baudelaire, troppo realistica, troppo dipendente dai meccanismi tecnici e chimici e per contro troppo indipendente dalle abilitA� manuali dei singoli per poter essere considerata Arte.
Solo ai primi del Novecento ci fu una reazione forte a queste accuse. In prima fila il francese Duchamp che riuscA� a liberare l’Arte dal vincolo troppo rigido con i valori formali, rivalutando l’aspetto concettuale. Ci riuscA� in modo provocatorio con il rivoluzionario ready made (giA� fatto) la cui piA? significativa rappresentazione fu il famoso “orinatoio-fontana”. Il suo messaggio era chiaro: qualunque opera d’arte, di qualsiasi epoca, cambia a seconda del modo di pensare di chi la osserva. Ecco che allora l’orinatoio (trovato giA� fatto) diventa una fontana e assume carattere estetico se solo l’occhio dell’artista le si posa sopra scegliendola fra tante. Stiamo parlando di Arte concettuale pura, dove piA? che l’oggetto conta l’idea.
Non pretendendo condivisione, mi permetto concludere questo argomento (che ho dovuto trattare in modo forse troppo sintetico visto lo scenario delle argomentazioni che apre) esponendo il mio personale parere che cosA� riassumo:
Le accuse di Baudelaire (i fotografi sono dei pittori falliti!) sono troppo generalizzate, anche se inquadrate in un’altra epoca. Trovano perA? una loro giustificazione se riferite a un certo tipo di fotografia. Sto parlando delle immagini esclusivamente estetiche, vere e proprie rappresentazioni che non trasmettono all’osservatore alcuna emozione o possibilitA� interpretativa. Nell’Arte concettuale invece piA? che l’oggetto conta l’idea. In entrambi i casi siamo pertanto al cospetto di opere a mio parere imperfette.
Qual’A� allora la fotografia perfetta? Facile la mia risposta: A? l’immagine che alla soddisfazione e gratificazione visiva affianca un concetto, un’interpretazione, un’idea per dirla con una parola sola, un’idea che la liberi dalla troppo rigida maglia dei valori formali e si affianchi ad essa.
Enrico Fuochi