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Subito dopo la fine della guerra in Iraq Herzog vede in televisione le immagini dello spegnimento dei pozzi. Ne intuisce la potenza visiva, contatta una troupe inglese e gli commissiona una serie di filmati a volo di uccello sulle zone interessate. Il documentario prende forma come una discesa agli inferi, suddiviso in capitoli come le parti dell’apocalisse.
Si presenta cosi di “Apocalisse nel deserto” di Werner Herzog proposto, questa sera nella Sala conferenze del Mart (dalle 21) nell’ambito della rassegna cinematografica “Docville – le vie del documentario". Una pellicola “Apocalisse nel deserto” giocata sulle inquadrature lunghe, stacchi sapienti, grande musica (Wagner, Grieg, Mahler, Prokofief, Pärt), per un’opera dal respiro epico e dalla risonanza storica.
La conferma di come per Herzog il rapporto tra documento e rappresentazione, tra realtà e finzione sia in continua fluttuazione. Un’elegia lirica e apocalittica dalle atmosfere post-atomiche, una “lezione di oscurità” illuminata dalle fiamme di una terra irriconoscibile.
Martedì prossimo, 23 maggio, Docville proporrà invece “Face Addict” di Edo BertoglioNegli anni ’70 Edo Bertoglio è un giovanotto svizzero che sbarca a New York intenzionato a fare il fotografo. Entra nel giro di Warhol e di riviste prestigiose, ma anche in quello della droga. Ne uscirà dopo molto tempo e dopo aver perso tutto, salvo un baule di foto di quell’epoca irripetibile. E allora torna a New York per cercare i sopravvissuti e ripercorrere quei momenti. C’è chi si è integrato, chi è malato, chi si è ritirato in provincia, chi ne è uscito, da resistente, come il violinista Walter Steading. Ma Warhol, Basquiat e molti altri non ci sono più. Un film sulla downtown scene di New York e su un’epoca che ha lasciato tracce visibili nell’arte e nella cultura di oggi.
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