MercoledA� 30 gennaio alle ore 20.30 persso il Teatro Comunale (Teatro Studio) di Bolzano si inaugura con lo spettacolo ITALIANESI la rassegna ALTRI PERCORIS/La��ARTE DELLA DIVERSITAa��.
Saverio La Ruina di Scena Verticale porta in scena il suo nuovo monologo, apprezzatissimo alla��ultimo Premio Riccione 2011, dal titolo Italianesi e vincitore del premio Ubu 2012 come miglior attore.
Una tragedia dimenticata, in fondo a tutto questo, quella di soldati e civili italiani rimasti prigionieri in campi di concentramento in Albania, vittime della dittatura instaurata subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Migliaia di soldati e civili italiani rimangono intrappolati in Albania con l’avvento del regime dittatoriale, costretti a vivere in un clima di terrore e oggetto di periodiche e violente persecuzioni.
Con l’accusa di attivitA� sovversiva ai danni del regime, la maggior parte viene condannata e poi rimpatriata in Italia. Donne e bambini perA?, sono trattenuti e internati in campi di prigionia per la sola colpa di essere mogli e figli di italiani. Sottoposti a interrogatori, appelli quotidiani, lavori forzati e torture.
In quei campi di prigionia rimangono quarant’anni, dimenticati. Riconosciuti come profughi dallo Stato italiano, i prigionieri arrivano nel Belpaese in 365 nel 1991, dopo la caduta del regime. Convinti di essere accolti come eroi, sono paradossalmente condannati a essere italiani in Albania e albanesi in Italia.
Saverio La Ruina, profondo e raffinato autore oltre che attore calabrese, veste i panni di Tonino, un sarto di famiglia italiana nato nel 1951 in Albania e per questo cresciuto in prigionia: i suoi sono quarant’anni vissuti nel mito del padre e dell’Italia.
Con la compagnia Scena Verticale da lui fondata nel 1992 assieme a Dario De Luca, che negli anni si A? rivelata una delle piA? interessanti realtA� teatrali nazionali, La Ruina affronta il suo terzo monologo rivelandosi ancora una volta un narratore eccellente, discreto ma efficacissimo nel porgere le parole al suo pubblico in un tono sommesso, dosando sapientemente silenzi e gesti.
Quello di La Ruina, che la critica ha paragonato ad Eduardo De Filippo per la capacitA� di condurre passo passo lo spettatore dentro l’anima di un personaggio, A? un racconto di dislocazione, di sradicamento continuo e impenitente in cui il protagonista A? straniero ovunque, vittima di un eterno ritorno a un’origine che non lo riconosce.