La mostra in corso al Mart di Rovereto fino al 13 gennaio 2013, a cura di Saretto Cincinelli, propone al pubblico italiano David Claerbout, uno degli artisti piA? innovativi tra coloro che, nel panorama internazionale, lavorano con le immagini in movimento, e la cui ricerca negli ultimi anni A? stata al centro di importanti personali (Centre Pompidou, Parigi, 2007; De Pont Museum for Contemporary Art, Paesi Bassi, 2009; Wiells, Bruxelles; San Francisco Museum of Art, 2011; Secession, Vienna; Parasol unit foundation for contemporary Art, Londra, 2012) e di mostre internazionali che hanno tematizzato la��interesse degli artisti contemporanei per la dimensione temporale di cinema e video.
Realizzata in stretta collaborazione con la��artista, la mostra offre, per la prima volta nel nostro paese, una��importante panoramica delle videoinstallazioni di Claerbout, opere che indagano lo statuto della��immagine nella sua duplice natura di immagine-tempo e immagine-movimento.
La��intento del Mart A? quello di introdurre il pubblico italiano ad una ricerca che permetta di capire come la��utilizzo del digitale, in chiave non meramente spettacolare, abbia aperto nuovi orizzonti percettivi, estetici e concettuali alla visione contemporanea.
Claerbout mette in mostra non il tempo nell’immagine, ma piuttosto il “tempo dell’immagine“. L’artista ci mette letteralmente di fronte alla materia della percezione, e ciA? genera una pluralitA� di paradossi che turbano la normale visione dello spettatore, invitandolo ad a�?aprire lo sguardoa�?.
La��allestimento, affidato alla��architetto Pedro Sousa, rimuovendo completamente la naturale gerarchia degli spazi del primo piano del museo, crea un ambiente totale, in cui opere e architettura appaiono completante integrate, al punto che risulta arduo stabilire se sia l’opera a modulare la spazialitA� preliminare o lo spazio ad essere predisposto per accoglierla.
Tra le opere proposte, a�?Bordeaux Piecea�?, 2004 che mostra – calando una��azione che si replica in maniera quasi identica in un tempo che invece si trasforma silenziosamente della��alba alla notte nel suo monumentale perdurare – piA? che la decostruzione di una situazione narrativa una sorta di incantamento temporale che sposta insensibilmente la��accento dalla durata della��evento alla��evento della durata; a�?Sections of Happy Momenta�?, 2007, che fissa la molteplicitA� dei punti di vista impliciti in un istante dischiuso, dilatando interminabilmente il tempo della sua durata e facendoci percepire la simultaneitA� spaziale come progressione temporale; a�?Riversidea�?, 2009, che, come molte delle opere dell’artista, giocando con le aspettative precostituite dello spettatore, mostra come contemporanei due eventi che si svolgono in uno stesso luogo ma evidentemente in tempi radicalmente diversi; a�?The American Rooma�?, 2009, in cui interventi impercettibili ed estremamente sofisticati tendono a mettere in dubbio la��autoritA� della fissitA� fotografica, del movimento filmico e della distanza spaziale, producendo nello spettatore la sensazione di potersi muovere liberamente nel tempo congelato di una foto, o infine a�?The Quiet Shorea�?, 2011, che, con il suo incantamento di un istante, testimonia la��interesse della��artista per quel che potremmo definire la soglia della visione, una soglia che sembra far retrocedere la��immagine e il racconto sino allo stadio del suo annunciarsi, quando pare ancora capace di mantenere intatte tutte le sue potenzialitA�.