venerdì , 22 Novembre 2024

MONI OVADIA – LE EMOZIONI PIU INTENSE DEL FESTIVAL
Il Cabaret Yiddish strega il pubblico del Sociale

Moni Ovadia - Yiddish CabaretRacconti, musiche, parole, canti di un’popolo in esilio. Sono quelli proposti da Moni Ovadia nel suo spettacolo di venerdì sera in un Teatro Sociale all’insegna del tutto esaurito, per il Festival dell’Economia. Un cabaret di scuola yiddish quell’inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno che ha letteralmente stregato il pubblico dimostrando, qualora ce ne fosse ancora bisogno, tutto il carisma dell’attore di origine ebraica. Moni Ovadia racconta alla sua maniera, con un ironia insieme tagliente e profondo, la storia di un popolo da sempre chiamato a confrontarsi con il peso dei pregiudizi. L’attore conduce i presenti attraverso un lungo viaggio nell’universo giudaico in un alternanza di narrazione e musica “Sapete la differenza che c’è fra una storiella antisemita e una storiella ebraica? – chiede Ovadia alla platea- la prima è raccontata da chi odia gli ebrei la seconda è una storiella antisemita”. E ancora tanto per parlare e ridere sui luoghi comuni Ovadia punta sul “nasone ebraico” con una delle sue battute “Chi odia gli ebrei dice che hanno un naso grandissimo perchA� l’aria è gratis mentre noi diciamo invece che è così pronunciato perchA� Mosè ci ha tirati per il naso in quaranta giorni di fila passati nel deserto”. I riferimenti biblici fanno sorridere quando Ovadia punta dritto dritto sul tema del denaro e dell’avidità giudea, altro topos dei pregiudizi antiebraici “Senza dubbio il nostro è un rapporto insieme mistico e mitico con il denaro- racconta Ovdia – ad esempio tutti credono che Mosè quando scese dal monte con le tavole della legge si sia arrabbiato con il suo popolo, davanti al vitello d’oro, per motivi legati alla religione. Ma non è così!”. La verità di Ovadia è un’altra “Mosè non poteva tollerare che tutto l’oro fosse stato concentrato in un unico posto. Il denaro deve circolare e per far capire il concetto al suo popolo lo portò ad attraversare in quarant’anni un deserto che si poteva attraversare in sette giorni”. Nessuno come Ovadia sa far sorridere su temi drammatici come quelli legati alla povertà degli ebrei che vivevano nelle zoni rurali dell’Europa dell’Esta, che mangiavano patate tutti i giorni della settimana. Un popolo che dell’esilio ha fatto la sua forza “L’esiliato non è condizionato dal senso dell’appartenenza e per questo guarda i suoi simili con un senso maggiore di umanità”. A segnare diversi passaggi dello spettacolo l’accompagnamento musicale di quattro strumentisti: Emilio Villorani al flauto, Luca Garlaschelli al contrabbasso, Janos Hasur al violino e Albert Florian Mihai alla fisarmonica. Nelle loro note e nel canto di Ovadia le vibrazioni malinconiche e vitali della musica klezmer in cui si uniscono elementi di diverse tradizioni sonore. Il viaggio di Ovdia porta ad incontrare molti personaggi come i due fratelli commercianti di New York e il “superebreo” Moishe Moskovitz improbabile venditore di spago che davanti ad un razzista che gli promette di comprare tanta merce come quella che va “dalla punta del suo nasone a quella del suo pivellino” piazza un deciso affondo. Moskovitz fa recapitare al negoziante della Virginia, lo stato più razzista fra quelli americani, ben 50 mila dollari di merce sottolineando come sia stato inviato da Moishe Moskovitz “residente a New York ma circonciso a Varsavia”. Fra i momenti più esilaranti dello spettacolo anche quello del congresso di miracolistica con i rappresentanti delle tre religioni monoteiste pronte a raccontare l’esempio di un miracolo e i riferimenti alla figura della mamma ebraica riccorente, fra l’altro, da diversi film di Woody Allen.

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