venerdì , 22 Novembre 2024

A.A.A. cercasi italiani in NBA: missed in action

Luca Mich, nostro commentatore per il massimo campionato di basket americano, analizza il cammino degli italiani in NBA fra passato e presente dopo la storica vittoria dell’anello di Belinelli con i San Antonio Spurs.

azzurri-nba

Rewind: siamo attorno alla metA� degli anni a��90 e solo un tizio ancora oggi caro a Caserta (leggi: siede in panchina come vice per la Juve) decide temerariamente di provare il salto tra i pro della NBA: praticamente un karakiri annunciato per la��epoca, soprattutto se il team che ti accoglie ha un certo Demon Stoudemire (miglior matricola della��anno 95) in rampa di lancio e nessuna intenzione di ben figurare in campionato vista la convenienza di arrivare in lotteria: come dire, i tempi di Vince Carter erano ancora lontani e cosA� pure il 2014 con il suo inedito primo posto ad Est, proprio per i Toronto a�?We the Northa�? Raptors.

Il nome di quel pioniere era naturalmente Vincenzo Esposito, marcatore mortifero per il campionato italiano, panchinaro di lusso per la��ignara franchigia canadese appena entrata a far parte della lega. E se Esposito, di cui giA� circolavano le repliche delle canotte in Italia grazie alla mai troppo compianta a�?Championa�?, non fu il primo italiano in NBA (Stefano Rusconi n.d.r.), fu quello a mettere i primi punti verde/rosso/bianco a referto nella lega piA? esaltante del pianeta. Epoche antelucane ormai: soprattutto grazie alla chiamate numero 1 assoluta di Andrea Bargnani (guarda caso (?) sempre per mano dei canadesi di cui sopra) al draft nba 2006 che fa apparire quello di Esposito uno sbiaditissimo ricordo.

L-Italia-CONQUISTA-l-NBA-ma-il-nostro-basket_foto_blogpostGiA�, Andrea Bargnani…a distanza di 8 stagioni da quella chiamata che si dice di lui in giro? Beh, noi malati di palla a spicchi andammo parecchio orgogliosi di quella chiamata, ed in parte lo siamo tutta��ora: da��altra parte esportare talenti o farli fuggire A? sempre stata una pratica abbastanza consolidata del nostro Paese. Ma oggi che si dice di lui nei circoli cestistici? Mollaccione, senza mordente, attaccato al vil denaro (per i soli parziali ne porta a casa 11 questa��anno dai Knicks…e non si tratta di rimbalzi, ma di milioni di dollari), troppo poco appassionato del gioco del basket per piacere ad allenatori, compagni, tifosi.

E infatti la canotta, pure quella sbiadita, numero 7 dei Raptors compare ormai solo sulla schiena di qualche 16enne mal informato. Erano in molti comunque giA� ai tempi dei ventelli di media nei Toronto, ad aspettarlo al varco, in attesa di una sua trade a qualche squadra dove non fosse piA? il protetto del papi (Maurizio Gherardini, al tempo GM dei Raptors, altro cervello da��esportazione) e potesse a�?finalmentea�? mostrarsi per quello che A?: un buon giocatore ma strapagato e con poca voglia di fare davvero la differenza. Se ne sono accorti (tardi, come sempre) i Knicks e soprattutto i giornali che ruotano attorno al team newyorkese che lo stanno attaccando da tempo e ne chiedono la testa. Peccato perchA? Andrea sa come si gioca a basket, ha tutte le carte in regola per farcela, ma notoriamente, chi non tira fuori gli attributi ed il fuoco per questo gioco, non piace ai veri amanti della pallacanestro. E a New York (purtroppo per loro di questi tempi) ce ne sono tanti. Per ora Andrea A? fuori per infortunio, al rientro vedremo che combinerA�.

Di italiani perA? ce ne sono 4 in NBA, tanto che oggi davvero Vincenzino puA? essere considerato colui che ha aperto le frontiere. Ma come se la passano gli altri? Tra infortuni (Gallinari) e squadre sbagliate in cui capitare (Datome) non ca��A? piA? di tanto da gioire per nessuno. Non fosse che proprio colui dei 4 che era arrivato in NBA con meno clamore (18A� chiamata al draft) A? riuscito a portarsi a casa il titolo di recente con gli Spurs e a trasformarsi in uno dei migliori tiratori dalla��arco della��intera lega, Kyle Korver permettendo.

Marco Belinelli toltosi la scimmia del titolo e la pressione di dover emergere a tutti i costi nella lega di cui ha sempre sognato di far parte (e qui sta anche la differenza caratteriale e passionale abissale con il compagno di nazionale Bargnani), Marco sta giocando ancor meglio della��anno del titolo, punto di riferimento fisso per coach Popovich dalla panchina, non piA? solo da dietro la linea dei tre punti ma anche in fasi del gioco che lo vogliono piA? coinvolto su pick & pop e penetrazioni a�?one on onea�?. Non male per il a�?fratellino minorea�? di Gianluca Basile alla Fortitudo, al quale ancora oggi deve certi suoi tiri ignoranti e la testaccia dura di quello che non molla mai.

Testa dura che servirA� davvero anche a Gigi Datome se vorrA� emergere da quella Motor City che oltre alla��industria della��auto si A? fagocitata il suo talento punendolo a suon di chiappe quadrate sul pino. Di Dumars che lo scelse a Detroit non ca��A? piA? neanche la��ombra, ed ora si spera che almeno la trade di Josh Smith possa dargli ossigeno e qualche minuto in piA?. Ma siamo davvero al lumicino: una trade rapida A? quello che serve altrimenti Gigi sarA� costretto a tornarsene in Europa per non perdere troppi treni ed anni che nel frattempo stanno passando. Ma scommettiamo che ce la farA�?

Italians do it better, dicono. Se la��eccezione A? Bargnani, gli altri confermano la regola.

Luca a�?Lukea�? Mich
@lucamich23

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