Il documentario “Sloi, la fabbrica degli invisibili“, di Katia Bernardi e Luca Bergamaschi sarA� proiettato il 14 e il 18 luglio nella��ambito della sezione Comete del Festival PSA 09.
Film-documentario prodotto dal Gruppo culturale Uct in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento, la Fondazione Museo Storico del Trentino, la Fondazione Caritro di Trento e Format Centro Audiovisivi della Provincia di Trento, e realizzato dalla Krmovie di Trento.
“Sloi. La fabbrica degli invisibili” ripercorre le tappe della storia della fabbrica Sloi di Trento, dalla sua nascita negli anni del Fascismo fino alla sua drammatica chiusura, avvenuta nel 1978 in seguito alla��esplosione di un incendio che avrebbe potuto contaminare la��intera cittA� e inquinare le falde acquifere fino a Venezia.
Italia, 1940. La guerra ha pervaso la penisola e le truppe ogni giorno sono impegnate in massicce operazioni. L’Italia di Mussolini combatte, produce e costruisce: la macchina bellica necessita di fabbriche e lavoratori che contribuiscano allo sviluppo della dottrina autarchica. Fortemente voluta da Mussolini e dal segretario nazionale del partito fascista Achille Starace, nasce sull’asse strategica del Brennero una nuova fabbrica: sotto la direzione dell’ingegner Carlo Luigi Randaccio viene costruita a Trento la fabbrica Sloi – SocietA� Lavorazioni Organiche Inorganiche, uno stabilimento specializzato nella produzione di un liquido da miscelare come antidetonante alla benzina, necessario prima all’aviazione e alle macchine da guerra di tutto la��Asse Roma-Berlino, indispensabile poi negli anni della ricostruzione e in quelli successivi della��espansione economica. La Sloi produce Piombo Tetraetile, comunemente chiamato Pt. A partire dagli anni Cinquanta, con l’incremento della produzione dell’automobile, la Sloi diventa la piA? importante fabbrica europea nella produzione del Piombo Tetraetile, necessario per creare la benzina super: le raffinerie producono sempre piA? benzina e hanno sempre piA? bisogno di Piombo Tetraetile. La Sloi A? pronta a soddisfare la richiesta: compaiono nuovi macchinari, aumenta il numero dei reattori, si intensificano i ritmi e le ore di lavoro. Le esalazioni sono sempre piA? diffuse nell’aria, e il Piombo Tetraetile A? una sostanza altamente nociva, che provoca sintomi simili a quelli della��alcolismo, i quali innescano un processo fatale che dalla follia conduce alla morte.
Tra il 1960 e il 1971 si contano alla Sloi 1108 casi di infortunio: di questi sono 325 i casi di intossicazione acuta da piombo. PiA? di 600 operai hanno bisogno di un ricovero alla clinica del lavoro di Padova. Non si contano, perA?, gli operai dirottati, per falsa diagnosi di psicosi o alcolismo, alla��ex ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana. Molti operai verranno ricoverati negli anni negli ospedali di Padova, di Trento, e in manicomio: molti non ne usciranno piA?.La Sloi, con le sue migliaia di intossicati e decine di morti A? stata il simbolo di un sistema economico che, ancora oggi, in infiniti luoghi del mondo, baratta la vita con il denaro.
Il documentario della durata di 52 minuti intende mettere in luce, attraverso le testimonianze dirette di alcuni degli ex operai della Sloi e di alcuni tra i protagonisti coinvolti nella storia della fabbrica, gli aspetti di una storia che non A? dipinta di bianchi o di neri, ma di sfumature di grigio dove vita, sofferenza e morte si incrociano in un luogo unico e allo stesso tempo emblematico della��eterno compromesso umano tra potere e accettazione. Il 14 luglio 1978 la Sloi chiude per sempre. Ma da quel giorno inizia una��altra storia: una storia lunga trenta��anni fatta di studi, analisi, perizie, polemiche, progetti di bonifica e interessi immobiliari. Una storia fatta di altri nomi e volti occultati, di altri invisibili, che hanno abitato e abitano ancora sopra quel cuore nero sepolto per oltre 18 metri, e che tuttora giace minaccioso sotto la superficie della��area Sloi.
Il documentario contiene una parte evocativa interpretata dalla��attore Klaus Saccardo.
Le riprese hanno avuto luogo alla��interno della��area dismessa della fabbrica e alla��interno della��ex ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana (Trento).