MercoledA� 8 febbraio 2012
ore 17.30
Biblioteca comunale
Trento
50 anni dopo Ivan Denisovich
Solzhenitsyn e Shalamov
Incontro organizzato dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale.
Intervengono Fernando Orlandi e Piero Sinatti.
Introduce Massimo Libardi.
Ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario di un avvenimento straordinario, sotto il profilo letterario, ma soprattutto politico e storico: nel 1962 una prestigiosa rivista letteraria sovietica, Novyi Mir, alla��epoca diretta da Aleksandr Tvardovskii, apparve un romanzo breve dal titolo Una giornata di Ivan Denisovich a firma di Aleksandr Solzhenitsyn, allora sconosciuto insegnante di provincia.
In pochi giorni la rivista andA? esaurita e sul romanzo si concentrA? l’attenzione del pubblico sovietico e della stampa di mezzo mondo: per la prima volta veniva pubblicato in Unione Sovietica un testo che affrontava direttamente il tema, fino ad allora tabA?, dei campi di concentramento o lager, nei quali durante il lungo regime staliniano, erano stati deportati milioni di persone, non solo cittadini sovietici ma anche uomini e donne provenienti da paesi stranieri, emigrati antifascisti o deportati durante l’occupazione dell’Armata Rossa nel contesto della Seconda guerra mondiale. Una parte considerevole di essi vi trovA? la morte, per l’estrema durezza delle condizioni di vita e di lavoro e le frequenti repressioni al loro interno.
La pubblicazione del libro fu autorizzata personalmente dall’allora segretario del Partito Comunista della��Unione Sovietica Nikita Khrushchev nel quadro della lotta per il potere all’interno del gruppo dirigente post-staliniano e della sua denuncia del cosiddetto “culto della personalitA�” e dei crimini di Stalin, da lui iniziata al Ventesimo congresso del Partito nel febbraio 1956.
Il libro di Solzhenitsyn racconta una giornata di lager di un semplice contadino, Ivan Denisovich Shukov, condannato a dieci per un reato non commesso. L’autore fa risaltare il modo in cui Shukov riesce a sopravvivere in dure condizioni di lavoro e di prigionia, mantenendo intatta la sua dignitA� e la sua onestA�.
La pubblicazione suscitA? vasti consensi e grandi speranze emancipazione in URSS ma anche aspre polemiche e critiche nei confronti dell’autore, accusato di denigrare il paese e il suo sistema politico. Negli anni successivi Khrushschev fu rimosso dalla sua carica e Solzhenitsyn espulso dall’Unione degli scrittori.
Dalla seconda metA� degli anni Cinquanta, una volta tornati a casa milioni di deportati amnistiati, era fiorita tutta una letteratura del lager, soprattutto memorialistica, che circolava clandestinamente, senza perA? uscire ad essere pubblicata in Unione Sovietica, salvo rare eccezioni. Tra questa letteratura, in parte pubblicata in Occidente, spiccavano i racconti di un ex-deportato, Varlam Shalamov, reduce dalla piA? mortifera isola dell’Arcipelago Gulag, la regione della Kolyma, nell’estremo nord-est subartico del paese.
I suoi Racconti della Kolyma erano noti nel samizdat, giA� prima della pubblicazione della Giornata di Ivan Denisovich. La stessa Novyi Mir li aveva respinti, per motivi stilistici e di contenuto. Se la Giornata si concludeva con un’apertura alla speranza e alla redenzione, i Racconti kolymiani di Shalamov lo erano solo alla disperazione, al limite del nichilismo. Scritti tra gli anni Cinquanta e i primi Settanta, rispecchiavano una realtA� ben piA? crudele di quella raccontata da Solzhenitsyn. Tanto che Shalamov severamente criticA? la Giornata: egli aveva vissuto e raccontato l’ultimo cerchio dell’inferno concentrazionario. Solzhenitsyn soltanto “il primo” di quei cerchi infernali.
Tuttavia la gloria letteraria (e politica) toccA? a Solzhenitsyn, mentre la grandezza di Shalamov venne riconosciuta in Occidente solo alla fine degli anni Settanta, poco prima della sua morte (1982), mentre in patria lo si cominciA? a pubblicare solo negli ultimi anni di Gorbachev.
Oggi, cinquant’anni dopo, la gloria e la fortuna di Solzhenitsyn ha cominciato a declinare, senza niente togliere al significato rivoluzionario della Giornata negli anni Sessanta, quella di Shalamov A? cresciuta, al punto oggi lo si ritiene uno dei piA? grandi narratori del Ventesimo secolo.