a�? Le mie foto A�sono geologiche, scavano in profonditA� e disturbano le persone perchA� A�hanno a che fare con le loro paure. a�?
Un uomo vestito come un mendicante ha un sacco sulla schiena. E’ pieno di gatti. L’uomo di questa foto va in giro, ruba gatti e li mette nel sacco. Li vende poi a peso ad uno stregone di Johannesburg che, sul retro della sua casa, li uccide e ne fa delle pozioni magiche con le loro orecchie e zampe.
The Cat Catcher A? la foto alla quale l’autore, Roger Ballen, per sua ammissione, A? particolarmente legato. Potrebbe sembrare una foto disgustosa, come del resto gran parte della sua produzione, ma, a ben osservare, il termine disgustoso A? senza dubbio improprio e ingeneroso. Lui, semplicemente, ha voluto mostrare la realtA�, una certa realtA�, per creare arte senza perA? sfruttare le persone e i loro problemi. In due parole si puA? dire che Roger Ballen, come altri autori in passato, ha preferito trattare alla sua maniera tematiche esistenziali a sfondo sociale e psicologico anzichA� politico.
Roger Ballen, nato a New York nel 1950 e trasferitosi a Johannesburg fin dal 1970, dove tutt’ora vive e lavora, A? figlio d’arte: sua madre lavorava per la prestigiosa Agenzia Magnum e aveva aperto a New York una galleria d’arte fotografica, grazie alla quale il giovane Roger riuscA� ad entrare in stretto contatto visivo con i lavori di Cartier-Bresson, Eliott Erwitt e soprattutto AndrA? KertA?sz, artisti che, per sua stessa ammissione, hanno influenzato il suo sguardo fotografico.
Come A? successo a gran parte dei fotografi, ha iniziato a fotografare fin da giovane con una macchina che gli regalarono i genitori come premio per il diploma e, sempre come A� successo a tanti altri fotografi, all’inizio cercava di emulare i professionisti dell’epoca. Il suo stile si A? poi evoluto negli anni, concentrandosi A�sulle sue capacitA� concettuali. Non ha mai abbandonato il bianco e nero perchA�, come lui stesso ha sempre affermato, “il colore confonde, mentre il bianco e nero, con il suo minimalismo e chiarezza, mi permette di poter dire le cose con piA? semplicitA�.”
Ho avuto il privilegio di conoscere i lavori di questo singolare autore nell’ormai lontano 2006 a Roma in occasione della 5A� edizione della mostra-evento “Fotografia. Il Novecento”, in cui Ballen A� stato invitato assieme ad altri autori contemporanei, celebrati a livello internazionale. Le sue immagine, stampate in grande formato, erano esposte nelle suggestive sale del Palazzo sulla cui facciata A� inglobata Fontana di Trevi. Confesso che prima di allora solo raramente avevo sentito parlare di Roger Ballen, autore che non rientrava certo nel mio ipotetico elenco dei grandi della Fotografia. Nell’ultimo decennio perA? la sua fama A� cresciuta per aver apportato un importante e originale contributo all’arte fotografica.
In bilico tra realtA� e finzione e tra i confini della fotografia documentaria e quella creativa, Ballen rappresenta un mondo che sconcerta. Le sue sono immagini ambigue, potenti e visionarie al confine tra fotografia e arte in cui la psicologia gioca un ruolo importante: non A? un caso che lui sia laureato in psicologia. Nelle sue immagini Ballen si focalizza sulle relazioni tra le persone, gli animali e gli oggetti che abitano svariate stanze misteriose con pareti coperte da scarabocchi, fili elettrici, grucce e quant’altro. Gli animali sono prevalentemente cani, conigli, gatti e anche maiali, che nella composizione assumono la stessa importanza degli esseri umani che a volte stanno sdraiati su sofA� sdruciti e nascondono il loro viso coprendolo con la maglietta sporca e bucata.
Le sue sono immagini che sicuramente provocano disagio e una sensazione inquietante di entrare nella stanza del subconscio. Ma queste immagini, surreali e intriganti, fantasia del nostro immaginario, dirette, ciniche, a volte brutali, ma sicuramente affascinanti e uniche, seppur possano essere classificate come indagini psicologiche fortemente disturbanti, a loro va riconosciuto il merito di dare un forte contributo ad elevare la fotografia ad arte.
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