DEBITO PUBBLICO: INTERVENTI EVITA-PATRIMONIALE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Febbraio, 2021 @ 5:53 am

Detto altrimenti: due interventi per evitare una tassa patrimoniale     (post 4582)

Il nostro debito pubblico è ormai salito fino ad essere il 160% del PIL. Sarebbe come se una famiglia proprietaria di appartamento con box, incassasse €30.000 l’anno e avesse uno scoperto bancario di di 48.000. Direte che ci può stare. E invece no, perchè quella famiglia ogni anno spende €35.000 e quindi continua ad aumentare il suo debito in conto corrente. Fino al giorno in cui la banca le impone di diminuire l’esposizione. La famiglia non ha altra via che incidere sul proprio patrimonio: si auto impone una “patrimoniale” e vende il box.

Il nostro debito pubblico aumenterà anche in funzione della parte dei miliardi concessici dall’UE sotto forma di Prestito, sia pure a tassi assai contenuti. La crescita potrà essere parzialmente temperata dalla tendenziale discesa dello spread e quindi del costo per lo Stato della corresponsione degli interessi, il che tuttavia non riuscirebbe ad invertire il fenomeno. Se non si interviene con operazioni significative, la soluzione non potrà che essere una tassa patrimoniale, come già sta suggerendo la Corte dei Conti, anche perchè la ricchezza finanziaria e immobiliare degli Italiani è elevata.

Al che, gli interventi evita-patrimoniale che da tempo mi permetto di sottoporre all’attenzione di chi ci governa sono due:

1 – l’emissione di Titoli Irredimibili di Rendita non-di-debito in sostituzione volontaria delle tranche di titoli di debito in scadenza, oltre a quote aggiuntive. In tal modo, contemporaneamente si abbasserebbe il livello del debito e si aumenterebbe la disponibilità finanziaria del Tesoro per investimenti.

2 – La creazione di un Fondo Immobiliare per la vendita a rate annuali del patrimonio immobiliare dello Stato (250 miliardi di Euro) e degli Enti Pubblici territoriali, oggi non a reddito (altri 100 miliardi, a volere essere prudenti nella stima). Cioè che la Famiglia- Stato venda i suoi box, non incida sui risparmi dei singoli componenti (i cittadini).

Why not?

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TITOLI IRREDIMIBILI RENDITA (NON DI DEBITO)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Febbraio, 2021 @ 6:11 pm

Detto altrimenti: “Salviamo il futuro: tosatura o titoli eterni” di Gianluigi De Marchi (Consulente finanziario – demarketing2008@libero.it)        (post 4581)

Gianluigi ed io abbiamo pubblicato un libro sull’argomento, prima edizione aprile 2020, seconda edizione dicembre 2020. Gianluigi mi ha consentito di riportare qui un articolo che ha pubblicato  su un quotidiano torinese. Il contenuto ricalca quanto scritto nel libro. Mi sono permesso di aggiungere in coda un breve integrazione.

Inizia

Dopo quasi un anno dall’inizio della pandemia, il debito pubblico rischia di soffocare le prossime generazioni. Infatti lo Stato ha emesso oltre 140 miliardi di BTP, in una fase di contrazione dell’economia (il PIL a fine 2020 è sceso del 10% circa) e di contemporanea riduzione delle entrate fiscali (per la riduzione del PIL e per il rinvio della riscossione delle imposte). A fine anno il debito pubblico è arrivato a 2.600 miliardi di euro, e nel frattempo il PIL è sceso a 1.600 miliardi di euro, portando così il rapporto debito/PIL al 160%!

Il governo prevede una forte ripresa nel 2021, ma non basterà certo un anno per tornare ai livelli precedenti, e quindi bisogna fare qualcosa. Il “qualcosa” deve prevedere provvedimenti che non siano semplicemente un tampone (bonus a pioggia, ristori, rinvii di imposte e di rate dei muti, ecc.), ma un concreto intervento in investimenti. Per finanziare gli investimenti occorrono centinaia di miliardi di euro che non possono continuare a provenire da debiti, ma devono provenire da “risorse proprie”. E allora le strade sono solo due: una drastica ed una morbida.

La prima è l’introduzione di un’imposta patrimoniale. Potrebbe trattarsi di un’imposta “a raffica” su tutte le ricchezze (titoli, case, aziende), oppure di un’imposta “a macchia di leopardo” (solo i titoli, solo i depositi bancari, solo gli immobili). Potrebbe trattarsi di un’imposta “a strascico” (aliquota unica) oppure di un’imposta “progressiva” all’insegna del motto che “Chi più ha più deve dare”.

Beneficio palese per lo Stato: raccogliere cifre imponenti in un attimo (si pensi alla tosatura fatta dal governo Amato un venerdì notte, sottraendo il 6 per mille dalle giacenze sui conti correnti). Sacrificio palese per i cittadini: vedersi sottrarre parte dei risparmi per coprire il buco di bilancio. Una soluzione forzosa che scatenerebbe tensioni di vario tipo e probabilmente, colpendo anche interessi stranieri investiti in Italia, genererebbe reazioni negative sui mercati con il possibile allontanamento degli investitori istituzionali.

La seconda soluzione è il lancio di titoli irredimibili, cioè privi di scadenza, che pagano ai sottoscrittori solo un interesse annuo per l’eternità. Chi li acquista cede il proprio capitale in via definitiva allo Sato in cambio di una rendita per sé e per la sua discendenza. Per converso, lo Stato, in cambio dell’impegno a pagare la rendita, non assume alcun obbligo di rimborsare il capitale. Non essendoci un rimborso, il capitale raccolto è acquisito definitivamente dallo Stato e non costituisce debito. Da notare che i risparmiatori possono comunque recuperare in ogni momento l’investimento vendendo i titoli in Borsa.

I titoli irredimibili non sono certo una novità (sono stati emessi fin dal XVIII secolo da Stati Uniti, Inghilterra, società private e anche dall’Italia, con due serie denominate Rendita 3,5% e Rendita5%): la novità potrebbe essere costituita dall’utilizzo di diversi sistemi di calcolo della rendita. Oltre a quello tradizionale (tasso fisso), che espone il detentore al rischio d’inflazione nel tempo, si potrebbero ipotizzare tranche a tasso variabile o anche a tasso indicizzato sul PIL (una modalità nuova, denominata TRILL, di cui ha recentemente parlato l’ex ministro Tria).

Beneficio palese per lo Stato: raccogliere cifre consistenti (almeno 10 miliardi il mese) da destinare a fondo perduto alle imprese o alla realizzazione di infrastrutture. Beneficio palese per i risparmiatori: percepire una rendita infinita d’importo superiore a quello dei BTP ordinari (la mancanza di scadenza va “pagata” con un tasso un po’ superiore a quello corrente) e facoltà di ricuperare in ogni momento i soldi vendendo i titoli.

Insomma, volendo usare termini raffrontabili, la patrimoniale è un contributo forzoso, i titoli irredimibili sono un contributo volontario, una “patrimoniale temporanea” (dura finché non si vende il titolo) e “remunerata” (incasso delle cedole).

Qualcuno teme che non ci saranno sottoscrizioni? Rifletta sul fatto che in piene ferie nell’agosto 2020, Intesa San Paolo ha offerto 1,5 miliardi di titoli irredimibili ricevendo richieste per 6,5 miliardi! Speriamo che alla fine la soluzione ”volontaria” prevalga su quella “forzosa”; ne va della credibilità dell’Italia.

Finisce

Ed ecco le mie considerazioni aggiuntive

La banca citata corrisponde un interesse del 5,5% lordo (imposta 26%) il che rende molto appetibili quei titoli ma fa sorgere alcune osservazioni.

  1. La banca, a chi impresterà quei denari, dovendo applicare un tasso ancor più elevato e cioè fuori mercato? Vengo poi a sapere che quella banca è la principale finanziatrice della costruzione di una mega centrale a carbone nei Balcani.
  2. Il meccanismo descritto tende a drenare risparmio bancario per dirottarlo verso  investimenti esteri,
  3. Titoli del genere possono fare una pericolosa concorrenza ai titoli redimibili di debito dello Stato.
  4. Anche per questi motivi, conviene quindi che ad emetterli sia anche lo Stato, considerando che in tal caso la tassazione sarebbe solo del 12,5%.
  5. In parallelo, creare un Fondo immobiliare per la vendita del patrimonio immobiliate dello Stato e degli Enti Pubblici Locali, oggi non a reddito. Si tratta di alcune centinaia di miliardi.

E se ci sbagliamo, ci corigerete …

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MI DICA, DOTTORE, E’ GRAVE?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Febbraio, 2021 @ 6:21 am

Detto altrimenti: una lettera aperta al Dottor Draghi     (post 4580)

Dottor Draghi, mi dica la verità: ne usciremo? Si? Oh … questo già mi consola. Tuttavia La prego, mi dica come si è evoluta la malattia, ad esempio, come ha inciso sull’aumento del debito pubblico

– la minore produzione;
– le minori entrate fiscali;
– i maggiori ristori.

Insomma, quanto pesa tutto questo rispetto ai miliardi UE attesi? E poi, riusciremo a investire bene questi ultimi al punto che possano generare nuovi posti di lavoro e soprattutto un gettito che possa far fronte al servizio dei debiti vecchi e nuovi? Io sono certo che a Lei non mancherà la visione d’insieme che invece pare sia del tutto mancata a chi l’ha preceduta, immerso com’era a nuotare sbracciandosi disordinatamente nelle “percezioni sensoriali” del mare dei singoli provvedimenti.

Sa, dottore, io non sono medico come Lei, ma attraverso una situazione analoga ci sono già passato quando negli anni ’70 ero a capo della Finanza Italia di una grande finanziaria: in allora riscontrai che oltre agli interventi sull’economia furono necessari anche interventi sulla finanza. Ecco perchè, al riguardo, mi auguro che Lei esamini la possibilità di far emettere dallo Stato Titoli Irredimibili di Rendita e inoltre di costituire un Fondo Immobiliare per la cessione dell’enorme patrimonio immobiliare dello Stato e degli Enti Pubblici territoriali. Sa … tutto ciò fra l’altro scongiurerebbe la minaccia di una patrimoniale.

Perdoni questa mia aspirazione, questa mia presunzione che ho di sottoporre a Lei queste idee, ma sono sicuro che non giudicherà male il tentativo di un Suo paziente di cercare di contribuire al successo della Medicina.

Con rinnovata stima

Riccardo Lucatti

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CARO DRAGHI TI SCRIVO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2021 @ 8:10 am

Detto altrimenti: così mi sfogo un po’ … (post 4578)

… in merito ad un mio pallino: e cioè che si inizi da subito a pensare e ad organizzare la ripresa del controllo dell’enorme debito pubblico, in modo che – fra l’altro – non si arrivi al punto di dovere colpire gli Italiani con una forte tassa patrimoniale.

Il mio primo pensiero va all’opportunità che lo Stato emetta Titoli Irredimibili di Rendita non-di-debito, in sostituzione volontaria delle tranche di titoli di debito in scadenza, oltre a nuove emissioni. Ciò diminuirebbe il livello del debito pubblico ed aumenterebbe la liquidità del Tesoro per investimenti produttivi. Il maggiore esborso per lo Stato a fronte del maggiore rendimento di questi titoli sarebbe ben più che compensato dai fortissimi minori esborsi in linea capitale. Gli Irredimibili di Stato, in quanto tali, sarebbero tassati al 12,5%, potendo quindi essere competitivi – anche a rendimenti lordi inferiori – rispetto agli Irredimibili privati (delle banche).

Un caso recente: il 25 agosto 2020 Banca Intesa Sanpaolo ha emesso due tranche di propri irredimibili al 5,5% (ovviamente tassati al 26%) ed ha ricevuto richieste per 6,5 miliardi!! Poi si scopre che quella banca è la principale finanziatrice della costruzione di una enorme centrale a carbone nei Balcani. Morale: per questa via le banche italiane drenano il risparmio italiano e dirottano verso investimenti all’estero (a pensar male …).

Inoltre, ove lo Stato non emettesse propri Irredimibili, potrebbe accadere che le emissioni dei titoli redimibili (di debito) del Tesoro subissero una forte concorrenza da parte delle emissioni di Irredimibili bancari.

Il concetto di irredimibilità potrebbe essere esteso anche a livello UE ( e tu sapresti bene quali corde toccare!) e a livello locale, per quanto riguarda le emissioni di BOC, BOP e BOR, Buoni Ordinari Comunali, Provinciali e Regionali oggi emissibili ex art. 35 L. 23.12.1994, già ora con durata superiore ai 5 anni -non è stabilita la durata massima!) – destinabili solo ad investimenti e convertibili nelle azioni delle relativa SpA di scopo. E allora, perchè no?

Altro intervento che auspico è la creazione di un Fondo Immobiliare per la vendita a tranche annuali dell’enorme patrimonio immobiliare dello Stato, dei Ministeri (Difesa) e degli Enti Territoriali Locali, oggi non a reddito. Si tratta di alune centinaia di miliardi che potrebbero esere recuperati.

Caro Draghi, tu sei tu ed io sono nessuno. Per carità, sono ben conscio dell’enorme, infinito abisso culturale e di esperienza che ci separa, ma che vuoi: io sono una goccia e cerco di fare il mio dovere di goccia (pensante).

Grazie che di sei. Un tuo fun, coordinatore del Tavolo Finanza ed Economia Mista voluto da Italia Viva Trentino, Trento.

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DINAMICA DEI FLUIDI, dalla pallina da golf, agli areoplani alla barca a vela

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2021 @ 6:08 pm

Detto altrimenti (da Einstein): “Vorrei conoscere il pensiero di Dio. Il resto sono dettagli”   (post 4577)

Chiedo scusa ai fisici veri se userò qualche termine o concetto in modo improprio: mi scuseranno, io sono laureato in legge!

Un mio amico ingegnere, scienziato, studioso di fisica e di teologia, si è posto da tempo il problema del rapporto della scienza con Dio. Una volta, in coda ad una sua conferenza, gli chiesi: “Perché la forza di gravità “tira” verso il basso?”. Mi rispose: “Se avessimo questa risposta avremmo la soluzione di tutto”. Infatti, l’uomo non “crea” nessuna legge della fisica: le scopre.

Ha scoperto che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Voi colpite un oggetto, l’oggetto si sposta oppure, se è inchiodato al suolo o è un masso di granito, la reazione la sentite voi come dolore/calore/frattura di un osso. Più semplicemente, con il vostro “ferro” colpite una pallina da golf. La pallina “reagisce” cioè s’invola perché il ferro che l’ha colpita non è scivolato via dalla sua superficie, bensì vi da aderito compiendo un lavoro. Aderito, aderenza, la forza di aderenza rectius portanza. Se immergete la mano in acqua, la mano esce bagnata perché l’acqua ha aderito alla vostra pelle.

La pallina vola per effetto di una forza, l’inerzia, la quale tende a farle mantenere lo stato di movimento fino a quando non è del tutto sconfitta da un’altra forza, quella di gravità unita alla resistenza dell’aria al suo avanzamento. Mentre è in volo, la pallina “galleggia” nell’aria, ci si appoggia con “forza” aderendo e ne riceve una reazione, il suo sostentamento. Ma quando la spinta diminuisce, la pallina “scia” sempre più lentamente sulla sua “neve” (l’aria) fino a quando la sua traiettoria è sempre più determinata dalla forza di gravità e dalla resistenza dell’aria ed allora inizia la sua graduale parabola discendente. Questo suo galleggiare e non precipitare all’improvviso è dovuto al fatto che la pallina non va in stallo, e cioè che i flussi d’aria non le si distaccano improvvisamente di dosso (aderenza, portanza). Ciò è agevolato dal fatto che la superficie della pallina è ruvida il che aiuta i flussi d’aria a non “scivolarle” inutilmente via senza sostenerla, senza “portarla” (portanza, appunto).

Poi l’uomo ha scoperto un’altra regola della fisica stabilita da Dio: maggiore è la velocità di un fluido, minore è la sua pressione interna. Un’auto decapottabile con la capote di tela chiusa procede a 100 kmh: la capote si gonfia verso l’esterno perché all’esterno il fluido ha una velocità di 100 kmh e all’interno di 0 kmh. Se avvicinate perpendicolarmente la superfice convessa di un cucchiaio al flusso d’acqua del rubinetto, il cucchiaio viene risucchiato all’interno del flusso.

Altra scoperta, non esistono i vuoti d’aria. Per cui l’aria si muove velocemente verso i luoghi di minore pressione.

Il vento. Siamo in bicicletta, fermi, su una pista ciclabile. Vento “reale”, 0 kmh. Pedaliamo fino a raggiungere la velocità di 15 kmh: in faccia sentiamo il vento “relativo” con la forza di un vento relativo uguale ad un vento “apparente” che abbia la velocità di 15 kmh.  Se a quella nostra velocità constante abbiamo alle spalle un vento “reale” di 15 kmh, il vento “apparente” che avvertiamo è di 0 kmh. Se quel vento “reale” lo abbiamo contro, il vento “apparente” che avvertiamo è di 30 kmh (15 di vento “relativo” + 15 di vento “reale”). Quindi in bicicletta conviene avere il vento  “reale” alla spalle perché … si fa molta fatica di meno e … non si deve decollare!

Per gli aerei il contrario: si decolla e si atterra controvento perchè in ogni caso si aumenta la portanza.

L’elica di un aereo compie due lavori: si avvita dentro il fluido aria; convoglia sulle ali un flusso di aria. L’avvitamento fa avanzare l’aereo: i flussi sulle ali lo fanno alzare da terra, in quanto la pressione dell’aria sulla parte superiore delle ali, convessa, è minore della pressione sotto le ali perchè sopra il percorso che l’aria deve compiere è maggiore e quindi l’aria è più veloce e quindi lì si determina una minore pressione. Negli aerei a reazione la funzione di spinta viene svolta dal motore interno che scarica “a vuoto” la pressione verso la coda e spinge verso il muso dell’aereo.

Barca a vela. La barca a vela è un aereo che ha le ali (la vela e la lama della deriva) immerse in due fluidi a densità diversa: la vela nell’aria; la deriva nell’acqua. Pertanto la deriva può ben avere una superfice minore di quella della vela. Una barca a vela semplicemente abbandonata al vento, si muove come un aereo su una pista, non frenato, con il motore spento che venga sospinto da una forte raffica di vento. Se poi quella barca issa le vele, aumenta la sua spinta al vento. Ma se vogliamo risalire il vento dobbiamo far sì che lavorino entrambe le sue due ali. Ora una barca ferma che si vuole opporre al vento, ha un’ala (le vele) colpite dal fluido e l’altra ala, la deriva, no, perché la barca è ferma nell’acqua. Quindi occorre partire con andature “larghe”, praticamente semplicemente “spinti” dal vento e solo quando si è generato un flusso di acqua che colpisce la deriva, si può iniziare a “volare” cioè a risalire il vento. Le due forze che lavorano sono identiche: la forza aereodinamica e quella idrodinamica. Esse agiscono sulle due ali in modo identico: la prima, sulla vela, si scompone in avanzamento e scarroccio laterale per cui la barca avanza molto e tende a scarrocciare lateralmente un po’; la seconda, sulla deriva,  un po’ in resistenza all’avanzamento, per cui la barca è un po’ frenata,  e molto in opposizione allo scarroccio laterale.

Le vele. La parte sottovento convessa, corrisponde alla parte superiore dell’ala dell’aereo: lì l’aria scorre più velocemente, si genera una pressione minore che dal lato sopravvento, per cui la vela e la barca sono risucchiate in avanti.

La velocità massima di una barca a vela. Non la si ha con il vento in poppa, cioè con il solo vento reale, ma quando per via di una sua rotta diversa, la barca genera un suo vento relativo che si somma al vento reale offrendole un vento somma dei due, ovvero il vento “apparente”: sul lago ghiacciato di Resia le barche a vela su pattini da ghiaccio raggiungono i 100 kmh con un vento reale di soli 60-70 kmh. A parte questo caso, la velocità massima di una barca “dislocante” cioè non planante, a vela e a motore, è 2,5 volte la radice quadrata della lunghezza al galleggiamento, a meno di applicarle motori di una potenza esagerata che però rischiano di “disfare” la barca.

L’unità di misura della velocità del vento: metri/secondo; nodi; kmh. Grosso modo 10 m/sec = 20 nodi = 36 kmh. Calcolatevi voi i due rapporti.

Breve storia della navigazione a vela, scritta da me: la si può ricevere gratuitamente scrivendomi: riccardo.lucatti@hotmail.it

BUON VENTO A TUTTI: VELISTI, PILOTI D’AEREO, CICLISTI!

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RICEVO DA MATTEO RENZI E PUBBLICO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Febbraio, 2021 @ 2:02 pm

Buon febbraio a tutti. 

Stamattina pensavo che ora ci sarebbe da fare una sola cosa: andare a riprendere i giornali di questi tre mesi, i talk di questi tre mesi, i commenti social di questi tre mesi. Tutti a dire: non si capisce che cosa vuole Renzi, non si capisce che cosa chiede Italia Viva, non si capisce perché la crisi adesso. Rivedere ora tutti gli attacchi di commentatori, colleghi, opinionisti. E capire che la verità era altrove. Fatto questo esercizio infatti potremmo vedere la realtà di oggi. E prendere atto che finalmente – grazie a noi – si discute di contenuti.
È giusto o no prendere i soldi europei per la sanità?

È giusto o no cambiare le politiche attive per il lavoro?
È giusto o no cambiare strategia sul lavoro quando i dati di oggi ci dicono che abbiano perso 444 mila posti di lavoro?
È giusto o no continuare con questa struttura del commissario Arcuri? (A proposito, qui un pezzo del Corriere di oggi).
 È giusto o no organizzare una campagna vaccinale degna di questo nome?
È giusto o no avere una politica giustizialista?
È giusto o no discutere per bene del Recovery Plan senza emendamenti notturni ma ripartendo dal Piano Colao?
È giusto o no riaprire le scuole in presenza vaccinando gli insegnanti e facendo i tamponi ai ragazzi?

Potrei continuare a lungo.Il nodo è tutto qui. Queste cose vanno decise ADESSO. Se non ci fosse stata Italia Viva questa discussione non l’avrebbe fatta nessuno. Ora molti si sono accorti che la nostra era una battaglia giusta nel merito, ma continuano a contestarci il metodo.  Finendo per attaccare me (che novità!), ieri per l’egocentrismo, ora per le mie conferenze all’estero, domani chissà su che cosa. Ma mai sui contenuti.

Rimane un po’ di amaro in bocca – lo confesso – ma nello stesso tempo sono orgoglioso dello straordinario affetto dei tanti di voi che hanno capito che in questa battaglia non c’è l’immagine di uno da difendere, ma il futuro del debito pubblico da salvare. L’Italia si sta giocando l’osso del collo. E noi stiamo combattendo per dare qualità e benessere ai nostri figli. Quando penso alle vostre email, al vostro sostegno, al vostro affetto mi rendo conto che nonostante le aggressioni e le minacce di questi giorni, fare politica rimane un’attività nobile e piena di bellezza. Alla fine di questa settimana avremo, spero, il nuovo Governo. Dovrà essere all’altezza delle sfide di questo periodo. E dovrà essere un governo di persone capaci e meritevoli. Solo così l’Italia si salva, solo così

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LA RENZIADE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Febbraio, 2021 @ 6:44 am

Detto altrimenti: a pensar male … (post 4575)

DAMNATIO MEMORIAE – Si cancelli la memoria delle proposte di Renzi; lo si paragoni a Bin Laden (in una trasmissione RAI!); si mistifichi il significato della sua azione politica; non si risponda punto per punto alle sue istanze, alle sue proposte concrete; poi, piano piano, si dia loro attuazione come azioni “proprie” come ad esempio per quanto riguarda l’esigenza di modificare il rapporto Stato-Regioni.

PICCOLO PARTITO – Non si tratta di un piccolo partito che pretende di condizionare l’azione del governo, ma di una componente del governo che reclama il diritto di contribuire all’azione del governo. E il “re”, anzi, il “conte” che si è rifiutato di accettare di dialogare, di rispondere alle sue lettere, di dare seguito alla riunione programmatica dei capigruppo, con ciò stesso ha messo in evidenza il proprio torto e l’altrui ragione.

LA VALANGA – Si afferma che Renzi ha causato la crisi, una valanga che rischia di compromettere l’azione di un governo proprio mentre il Paese ne ha più bisogno? La valanga? La valanga è provocata da chi ha “tagliato” il pendio di neve sciando “di traverso”, da chi ha tagliato in due la compagine governativa separando i “suoi” dagli “altri”: la valanga nei due casi non è causata da chi ha voluto evitare di esserne travolto.

IL GOVERNO, SIMBOLO DELLA DEMOCRAZIA –  Il simbolo è un quid che unisce tutti coloro che vi si riconoscono. Ma se taluno vuole appropriarsene, vuole farne una sua prprietà privata, il simbolo da elemento di unione diventa elemento di divisione e di guerra.

I RITARDI – Da sette mesi Renzi reclama per Italia Viva il ruolo istituzionale che le compete: questo è il ritardo, non le due settimane che alla fine Renzi sta impiegando per riuscire ad essere ammesso al dialogo.

I TEMI DIVISIVI IL MES – Taluno dice no perchè “costa” (e non è vero); perchè “è condizionato” (e non è vero); no perchè “è divisivo”. Certo, è divisivo fra chi adduce motivazioni non veritiere e chi dice la verità. Mi sembra quel famoso lupo che voleva a tutti i costi trovare una ragione per mangiarsi l’agnellino: pater tuus per Hercules!

LE POLTRONE – C’è chi le lascia e chi “responsabilmente” si vende pur di ottenerne qualcuna.

CONTE …NUTI – Renzi parte dai Conte …nuti, altri partono da Conte. Però poi si accusa Renzi di volere anche le poltrone: no, Renzi vuole che le poltrone siano assegnate a chi sa tradurre in pratica quei contenuti, non da chi nemmeno legge le carte delle sue proprie proposte, o da chi pensa che organizzare la vaccinazione sia piantare le Tende Primula.

PRIVATIZZARE – Privatizzare la progettualità che compete al governo e i Servizi. Ma Renzi non vuole. E’ andata così: lui conosce poco l’inglese ma sa che “to go public” non vuol dire andare verso il settore pubblico, bensì andare verso la platea dei privati (consulenti nostri!). E si è opposto.

LA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE – Renzi la difende anche di fronte a chi pare non si accorga che lo svilimento delle funzioni istituzionali (Parlamento e collegialità della compagine di governo) rappresenta una tappa del percorso verso la democrazia diretta, cioè verso l’oligarchia.

LA SUPERFICIALITA’ – All’inizio c’era solo retorica (straparlo); demagogia (faccio ciò che il popolo richiede anche se ciò fa male al popolo); populismo (dico che ho solo eseguito la volontà del popolo); sovranismo (siamo il governo migliore del mondo, non abbiamo bisogno di nessuno). Poi è sopravvenuta anche la superficialità.

IMPROVVISAZIONE Non ci si improvvisa professori universitari, avvocati. Ci si improvvisa grandi politici.

DENARI PRIVATI E DENARI PUBBLICI Guai a fare un volo all’estero a spese proprie! Invece ben venga un sondaggio privato a spese pubbliche. A PENSAR MALE … – Si, lo so, sto pensando male, ma che volete, il mi’ babbo e gli era di Montalcino, un toscanaccio danniente, uno di quelli “maledetti” da Curzio Malaparte! Eppoi, lo dicono anche gli Spagnoli: piensa mal y acertar

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LENTOCONTE? PDASSENT!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Gennaio, 2021 @ 7:59 am

Detto altrimenti: tante domande ed una dichiarazione finale   (post 4574)

1 – Attendere mesi e mesi a emanare 200 decreti attuativi bloccando 70 miliardi di ristori?

2 – Attendere mesi e mesi a nominare 58 commissari alle OOPP bloccando 60 miliardi di lavori?

3 – Nascondere per mesi e mesi l’elaborazione del Recovery Plan fatta dalla Recovery Band?

4 – Volere privatizzare i Servizi?

5 – Non accorgersi che alla data del 28 dicembre il tuo ministro non aveva nemmeno letto le 150 pagine del Recovery consegnate a IV il 22 dicembre, IV che invece le ha lette utilizzando anche la giornata del 25 dicembre?

6 – Non organizzare il trasporto scolastico dopo la prima ondata?

7 – Attribuire più risorse al cash back che allo sviluppo giovanile?

8 – Voler usare il Recovery per ridurre il costo del debito dei vecchi progetti e non per finanziare i nuovi?

9 – Non esigere dai 5S una spiegazione sul rifiuto del MES?

10 – Escludere una parte del tuo governo dall’attività governativa come se fosse la peggiore componente dell’opposizione?

11 – Non esprimersi sulle dichiarazioni dei 5S sulla democrazia diretta che poi sarebbe un’oligarchia?

12 – Non fare il minimo accenno a come prepararsi a gestire l’enorme debito pubblico? (Tanto poi ci regalerai una bella patrimoniale?)

13 – Confondere l’autorità che proviene dagli altri con l’autorevolezza che uno deve avere di suo?

14 – Pensare che un bell’aspetto, pacato, cortese, elegante, misurato anche se vuoto di contenuti possa bastare, vero?

15 – Sciorinare cifre e cifre di elargizioni senza un riferimento al loro peso % rispetto al totale delle elargizioni e al peso % rispetto al totale di quelle necessità?

16 – Non creare un gruppo di analisi sul perchè da anni utilizziamo solo il 35% dei fondi europei, affinchè non ripetiamo lo stesso errore col Recovery?

17 – Non domandarsi come mai i contributi di Renzi che stai accettando non ti siano pervenuti dai tuoi maggiori sostenitori PD?

18 – Non chiedersi se il M5S sia in contrasto con l’art. 49 della Costituzione?

19 – Perchè non hai fatto come un vero capo, che esalta, stimola, utilizza i migliori contributi di tutta la sua compagine e non li esclude?

20 – Non preoccuparti, io non cercherò mai di fare l’avvocato anche se sono laureato in legge: ho fatto il manager per una vita e continuerò a farlo, anche quando mi occupo della teknè politikà, ovvero della professionalità che occorre(rebbe) per governare la cosa pubblica.

(firmato da chi non ha mai votato la destra)

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PERCHE’ CI SERVE UN MATTEO D’ARABIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Gennaio, 2021 @ 7:00 am

Detto altrimenti: leggete questo intervento (post 4573)

Perchè ci serve un Matteo d’Arabia

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POLITICA A VELA 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Gennaio, 2021 @ 3:52 pm

Detto altrimenti: il timoniere    (post 4572)

I soggetti del veliero: proprietario, armatore, comandante, timoniere. Talvolta il proprietario è anche armatore; talvolta il comandante è anche timoniere. Nel caso mio, durante i 25 anni di regate con il mio FUN Whisper ITA 526 nelle acque dell’Altogarda Trentino, nel 99% dei casi ho ricoperto i quattro ruoli contemporaneamente.

Nel caso del veliero Italia i cittadini sono i proprietari; i cittadini che vanno a votare, gli armatori; il comandante potrebbe essere il PCM ma … sa coinvolgere, motivare, utilizzare al meglio e coordinare tutto il suo equipaggio oppure tende ad escludere i marinai più esperti per paura del confronto?

Il timoniere (e qui esco dalla narrazione figurata) deve sì obbedire agli ordini del comandante, ma di suo deve avere la fingerspitzengefhul, cioè deve “sentire” la barca, il vento, il timone, l’onda con la stessa tempestività, sensibilità e precisione che si ha quando si accarezza una superfice di un materiale con la punta delle dita per capirne la natura.

L’attuale navigazione politica mi ricorda quella di un veliero lanciato a fil di ruota (vento forte in poppa piena), ovvero nella navigazione di gran lunga più difficile e pericolosa in assoluto, che deve seguire una rotta strettissima fra Scilla e Cariddi. Stabilito ciò, tutto è nelle mani del timoniere: tutti gli altri – comandante compreso – sono nelle sue mani strette sul timone. Guai se lo si distrae, guai se si pretende di dargli suggerimenti o peggio ordini. Ora, prima di mettersi in mare, occorre valutare se il timoniere – o il comandante, se si mette al timone – ha quelle capacità. Dopo sarebbe troppo tardi.

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