UNA SCALATA NELLE DOLOMITI DI BRENTA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Marzo, 2012 @ 9:02 am

Detto altrimenti: nella mia vita ho corso un bel rischio quando mi …. “legai” ad una bionda …

La ferrata delle Bocchette in Brenta

Tanti, tanti anni fa … lui era un diciannovenne genovese. Un giorno, mentre era in vacanza in una valle trentina (la Val di Non, quale altra se no, per un genovese?) gli proposero una gita sulla via ferrata delle Bocchette nelle Dolomiti di Brenta. Accettò, tutto andò bene, salvo che lui durante un rifornimento di benzina a Cles dimenticò la giacca a vento sul tetto dell’auto, che quindi, ripartendo, perse. Peccato che poi piovve quasi tutto il giorno! Tuttavia il giovane si innamorò delle Dolomiti. Tornato sul mare, si iscrisse alla scuola di alpinismo del CAI – Sezione Ligure e dopo due anni divenne aiuto istruttore sezionale di alpinismo. Alla fine di una successiva vacanza, sempre nella stessa valle, si fa lasciare dalla fidanzata e dal futuro suocero al Passo Campo Carlo Magno. Estratto a fatica il pesantissimo sacco dal bagagliaio dell’auto (una Fiat 124, ma ce la fai? Gli chiede il futuro suocero), in funivia fino al Grostè e poi, a piedi, ai rifugi Casinei e Brentei ed infine sino a Rifugio Pedrotti alla Cima Tosa, dopo sette ore di una marcia lenta e faticosissima a causa di un sacco che conteneva il necessario per sette giorni di arrampicate, mangiare e dormire compreso, i soldi in tasca erano davvero pochi.

Lì avrebbe dovuto raggiungerlo da Genova il suo compagno di scalata. Non venne. E così il nostro eroe si trovò in un rifugio con tutto l’occorrente per una settimana di scalate, con tutto, dicevo, tranne il compagno di cordata!

Clicca sul … il Croz del Rifugio … (… Pedrotti alla Tosa)

Inizia quindi qualche breve arrampicata slegato, in solitaria, sul Croz del Rifugio, non azzardandosi ad attaccare vie più difficili senza l’assicurazione della corda e di un compagno, cosa che invece poi fece, anni dopo, a fine carriera alpinistica, quando scalò in solitaria il Cimon della pala a S. Martino di Castrozza, per poi rientrare in albergo e dichiarare che con (le sigarette e) l’alpinismo aveva chiuso, per la responsabilità che avvertiva nei confronti della moglie e della figlioletta di due anni. Ma torniamo a noi. In rifugio il ragazzo conosce un tedesco che voleva andare sulla Cima Tosa, ma non conosceva il percorso. Il nostro aiuto- istruttore si offre di accompagnarlo (gratuitamente, manco a dirlo), visto che aveva già fatto quella salita. Appuntamento alle cinque del mattino, a meno che non stesse piovendo. Alle cinque del mattino, puntuale come solo i tedeschi del Nord sanno essere, il ragazzo viene svegliato dal nuovo amico: “Rikkardo, sveglia: piove, nicht Tosa”. Ah, questi tedeschi …. Comunque, dopo tre notti passate sui tavoli della sala da pranzo (cosa nomale in estate nei rifugi super affollati del Brenta) il giovanotto ha assegnata, tutta per lui, una cameretta con due (due!) cuccette a castello, in “bianco e nero” diceva il listino prezzi, cioè con lenzuola e coperta! Un lusso insperato!

Eccolo … tanti anni fa …

E qui inizia il bello (si fa per dire!). A cena conosce una bionda, la quale si lamenta di non avere un letto ove dormire e di non avere un compagno di cordata, lei che aveva scalato il Campanile Basso per una via di quarto grado (la via Fehrmann, un diedro molto “esposto” e faticoso) e molte altre vie impegnative della zona. Il nostro uomo drizza le orecchie: le offre un letto nella sua cameretta e di legarsi insieme in cordata, prudentemente per una salita facile: la via normale alla parete nord della Torre di Brenta, una salita di secondo grado con un tiro di corda di terzo. Detto, fatto. Prima entra lei in camera e si colloca nella cuccetta superiore. Indi entra il nostro giovane e si sistema in quella inferiore. Buonanotte. La mattina dopo lui è riposatissimo, lei no, perché, dice, “era stata molto sveglia preoccupata della presenza di un ragazzo che chissà che idee aveva in testa”

Il ragazzo non capì  se fosse stato un rimprovero, un rimpianto, una lamento, una delusione, un invito per la notte successiva …. (ci sta ancora pensando oggi, dopo tanti anni).

Ma veniamo alla scalata.

Al centro, imponente, la Torre di Brenta m. 3013 (poi, a destra, gli Sfulmini e il Campanile Alto)

I due si legano le estremità della corda al basto, controllano chiodi, martello, cordini, moschettoni, assicurano bene i sacchi da montagna ed i rispettivi caschi e via! Il nostro giovane parte: il primo tiro di corda è un secondo grado verticale ma con maniglioni comodi comodi e lui se lo mangia di volo, si assicura saldamente ad un comodo punto di sosta (bastò dare di volta con la corda ad un comodissimo spuntone roccioso, senza bisogno di chiodare la parete) e grida alla bionda di salire. La ragazza si muove e subito grida al capocordata di “trattenerla sulla corda”. Al che al nostro eroe sorge un dubbio, anzi una certezza: farsi tirare dalla corda su un secondo grado non è il massimo, anzi, denota molto male … ma ormai si è in ballo … Tutta la scalata procede così … lentissima, … ma anche peggio! Infatti mentre lui, capocordata, arrampica impegnato nel tiro di corda di terzo grado, e cioè nel un tratto più delicato quindi e con appigli e appoggi minimi, la ragazza, senza avvertire, anziché restare in posizione, pronta ad assicurarlo se egli avesse piantato un chiodo, si slega dalla sicurezza ed inizia a sua volta ad arrampicare, salvo gridargli come al solito di “essere pronto a trattenerla sulla corda”!

Fortunatamente questa volta la bionda non ebbe bisogno d’essere trattenuta, altrimenti al minimo strattone il capocordata sarebbe precipitato. Vivo per caso.

Giunti in vetta dopo un tempo doppio rispetto al normale tempo di salita, la bionda si toglie gli scarponi “per far pender aria ai piedi”. Un bercio del ragazzo la riporta all’ordine.

Infatti occorreva accelerare la discesa anche perché lui era atteso verso le sei di sera al fondovalle (al Rifugio Vallesinella, verso Madonna di Campiglio) dai suoi genitori che lo avrebbero rilevato con l’auto.

Nei camini della discesa

La bionda, di fronte alle sue preoccupazioni dice di non preoccuparsi perché una guida alpina le aveva assicurato che scendendo lungo i camini a fianco della via normale, si sarebbe fatto in un lampo, senza alcuna difficoltà. Tanta era la voglia di liberarsene, che il ragazzo accetta il suggerimento della bionda. E cade nel secondo tranello: infatti i camini risultano “semplicemente” svasati, sfasciati e bagnati: il massimo! Egli inizia quindi a calare di peso la bionda giù per il colatoio e quando tocca a lui scendere la cosa risulta molto impegnativa e faticosa: infatti egli deve procedere facendo pressione lateralmente con gli avambracci non potendo utilizzare l’appoggio sui piedi in quanto ciò avrebbe smosso sassi di varie dimensioni che sarebbero diventati pericolosi proiettili per l’ “inquilina” del piano di sotto, per di più facendo attenzione che non fosse la stessa corda a rimuovere qualche sfasciume di roccia. Ma non è finita. Infatti, giunti finalmente nella crepaccetta terminale alla base della parete, una trincea profonda circa un metro e mezzo fra il nevaio e la parete, mentre il ragazzo si sta finalmente rilassando, la bionda si mette a correre, felice, giù lungo il pendio nevoso dimenticando di essere ancora legata al capocordata. Infatti. quando la ragazza si è “mangiata” tutta la lunghezza della corda, il ragazzo è strattonato e dà una bella facciata contro la parete nevosa della crepaccetta. Al che egli esclama: “Ca … spita, stai attenta!” (o forse usò qualche altra espressione più vivace).

Il Rifuguio Vallesinella, vicino al posteggio auto

Indi con una corsa e in un’ora e mezzo, un vero record, trafelato e sfinito, il nostro eroe giunse con forte ritardo sulla tabella di marcia concordarta a Vallesinella dove i suoi genitori stavano per dare l’allarme al soccorso alpino.

Morale:  alpinisti uomini, attenti prima di … legarvi ad una bionda!

 

 

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TAV: FANATISMO SPORTIVO E DELLE GRANDI OPERE PUBBLICHE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Marzo, 2012 @ 9:43 am

Detto altrimenti: segnale di mancanza di valori veri e di “democrazia funzionale”

 Si può conoscere o meno il progetto TAV nei suoi aspetti tecnici, funzionali ed economici;
 si possono conoscere o meno gli aspetti internazionali della questione (e cioè l’effetto che l’interruzione della parte italiana del progetto potrebbe avere sulla Francia, paese in cui non tutti accetterebbero tale fatto e non tutti se ne rattristerebbero);
 si può affermare che prima dell’alta velocità occorrerebbe poter disporre più semplicemente, della velocità tout court;
 si può dire che prima del TAV vi sono ben altre priorità non ferroviarie, quali la difesa del territorio da alluvioni e nevicate;
 … si può … si può … fate voi …ma nel frattempo facciamo qualche ragionamento più ampio …

Da sempre ho pensato che gli atteggiamenti totalizzanti delle tifoserie calcistiche più accese, atteggiamenti che non lasciano spazio a nessun altro tipo di interesse e di cultura, siano il segnale di una desertificazione culturale, di uno “spazio vuoto”. E poiché lo spazio vuoto in natura non esiste, esso viene subito riempito da ciò che maggiormente oggi viene propinato dai media come “cultura” e cioè, letteralmente, come “insieme delle conoscenze”. E’ “colto” cioè “pieno di cultura” chi ricorda formazioni calcistiche, goal fatti e subiti, tipi di schieramenti, abilità o carenze specifiche di ciascun giocatore. E costui, “forte” delle sue convinzioni, allo stadio, nei bar, con gli “amici” e con i “nemici” (leggi: con i tifosi della squadra avversaria), scarica questa sua energia nei modo più diversi, trasformando le sue conoscenze le sue conseguenti convinzioni, in una “fede”. Si, è questa la parola che viene usata, fede. La nostra è una fede, dicono, mescolando il sacro con il profano e soprattutto dimenticando il sacro. Chi è responsabile di questo fanatismo? Innanzi tutto chi ha creato questo vuoto culturale, chi ha nutrito la popolazione con il “panem et circenses”, cioè chi invece di cultura vera ha propinato alla popolazione “i giochi del circo” per distrarla dai veri problemi. 

Lo storico Tacito

Distratti dai veri problemi o dal modo giusto di affrontarli. Come sarebbe bello vedere 100.000 persone inneggiare all’unisono e con entusiasmo e convinzione e gridare “Forza ….!” ( qui non scrivo il nome del nostro amato Paese per non essere frainteso politicamente, mi avete capito, sia ben chiaro, … frainteso!) quando lo Stato registra una vittoria sulle mafie, sull’evasione fiscale, sulla disoccupazione, sull’eccessiva burocratizzazione, sulla incostituzionale commistione dei poteri dello stato, sulla eccessiva proliferazione delle leggi (plurimae leges, corruptisima republica! (Tacito: uno stato con un numero enorme di leggi è molto poco funzionante), sull’inerzia dell’organo legislativo, sulla lentezza di quello giudiziario … inneggiare, dicevo, con lo stesso entusiasmo profuso quando la nostra nazionale di calcio fa un goal alla squadra avversaria!

Fanatismo, dicevo. Ma anche nella persistenza della programmazione sine die delle grandi opere “a prescindere”. Persistenza che può infatti diventare tale, ove la programmazione e la progettazione durino decenni. Già, perché – se non altro – nel frattempo i dati di previsione e di stima assunti a base del progetto, sono diventati in buon parte dati consuntivi spesso molto diversi da quelli inizialmente considerati. Già, perché nel frattempo sono cambiate le condizioni di contorno (in primis quelle economiche e finanziarie), perché nel frattempo ci si è accorti che paesi vicini a noi (Francia) da ben diciassette anni hanno una legge che ha risolto a priori al 90% il problema della conflittualità sulla realizzazione delle grandi opere a forte impatto sul territorio, attraverso l’attivazione della procedura regolamentata denominata “Dibattito pubblico”, nella quale lo Stato si pone non come parte ma come giudice fra il promotore dell’opera pubblica e a popolazione interessata. In altre parole, in Francia hanno istituzionalizzato e regolamentato il confronto, secondo una procedura articolata su alcuni mesi di confronti e non su decenni di scontri.

Ma torniamo al fanatismo dal lato della popolazione. Anche nel caso del TAV – sempre a prescindere dai contenuti e dalle posizioni di merito, sia chiaro – io credo che le esagerazioni e le violenze cui stiamo assistendo siano in buona parte un modo per “sfogarsi comunque” (e avremmo ben di che sfogarci, tutti noi, sia pure con metodi pacifici, sia chiaro!) ed anche frutto di un vuoto, del vuoto di veri ideali, di veri valori, di veri contenuti, di interessi più concreti ed immediati, cioè di un futuro per di più svuotato di vera democrazia coinvolgente e funzionale.

Pessimismo, il mio? No. Nel valutare gli effetti della precedente gestione politica, è realismo. Per il futuro inizio a nutrire speranze, se non altro perché è di questi giorni il proponimento del nostro governo di esaminare la “via francese alle grandi opere pubbliche”.

Il mio parere personale sul TAV? I veri giornalisti devono raccontare fatti, non esprimere le proprie opinioni. Ma siccome io sono solo un piccolo blogger e non sono nemmeno un pubblicista, in quanto per nessuno delle centinaia di articoli scritti e pubblicati ho mai né chiesto né ricevuto un pagamento (conditio sine qua non per essere iscritti all’albo), mi permetto di scrivere non cosa avrei fatto (della scienza del poi …), ma cosa farei ora: modificherei il progetto come segue: separerei i percorsi dei treni passeggeri da quelli merci con ammodernamento della linea ferroviaria esistente da destinare ai soli treni passeggeri (pendolari compresi, in contropartita dei disagi dei cantieri!). Bucherei le montagne con tre canne (gallerie) del diametro di sei metri ognuna (quindi autosostentantesi!) per il solo traffico merci con treni telecomandati, una canna per ogni senso di marcia e la terza di servizio. Un compromesso tecnico-sociale con minori tempi di esecuzione, minori costi, maggiore sicurezza, minore impatto ambientale, maggiore considerazione per le popolazioni delle aree attraversate.

Mi resta una domanda vera, non retorica: perché un uguale reazione non ci sia stata quando si parlava e si è iniziato a progettare il Ponte sullo Stretto di Messina, nè si sia inneggiato quando il progetto è stato cancellato da questo governo (come doveva essere, n.d.r.).

Qualcuno di voi mi sa dare risposta?

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Svezia a vela

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Marzo, 2012 @ 7:10 pm

 

Bijorn Larsson

Detto altrimenti: dalla Svezia  con amore per …  la vela!

E’ di questi giorni l’incontro con Bijorn Larsson, svedese, velista soprattutto scrittore (vedi miei precdenti post ed anche sul blog www.trentoblog.it/mirnamoretti).

Svezia…. velista … ? Il mio secondo incontro con la “Svezia a vela”: Sì, infatti per me si è trattato della “seconda volta”. Ecco qui il racconto della mia “prima volta” , dodici anni fa.

Tanti tanti anni fa un signore svedese, con la sua barca a vela di nove metri e mezzo, dalle linee classiche, dolcemente a sbalzo a prua e a poppa, salpò solo soletto dalle sue spiagge del nord e, naviga naviga, in solitaria, attraversato lo Stretto di Gibilterra giunse in Sardegna, nel Golfo delle Saline, vicino a Palau.

Baia delle Saline (oggi con campimng, ma anni fa ....)

Il posto gli piacque tanto che costruì alcune villette, altri fecero altrettanto ed il Villaggio è chiamato ancor oggi  “Villaggio degli Svedesi”.
Ogni anno egli vi tornava, e, partendo da lì, visitava “a vela” tutto il Mediterraneo, sempre da solo.
Poi gli anni passarono, egli invecchiò, si ammalò, e non riuscì più nemmeno a salire sulla sua barca, dalle linee calde e morbide come solo le svedesi sanno avere (e non solo le barche!) e dal nome sardo: “Ajò”, (“Andiamo!”).
Ajò trascorreva l’inverno, triste, in secca a Palau. Col sopraggiungere dell’estate, veniva alata e ormeggiata alla boa sotto le finestre del nostro Svedese.

Questa è un' Alpa di 9,5 metri: non è Ajò, ma le assomiglia molto

E passava così l’estate, Lei mesta, in attesa come un fedele cane da caccia ansioso di essere chiamato dal padrone per una battuta al fagiano, lui ancora più triste, a guardarla da lontano, dalla finestra, accarezzandola con lo sguardo e ricordando le avventure trascorse, come quella volta che arrivò attraverso le Bocche di Bonifacio, legato a lei, tanto era forte la burrasca…
Anch’io avevo notato Ajò, soprattutto perché ero venuto in vacanza, a differenza degli anni precedenti, senza traversare dalla Toscana con il mio piccolo Fun da regata “Whisper” numero velico ITA 526, residente (cioè ormeggiato) a Riva del Garda, Trento, Fraglia della Vela, molo centrale, posto 21.
Detto, fatto. Indago, chiedo, mi informo, supero l’esame dei Sardi custodi di Ajò,…”Sì, lei è una persona seria, e poi anche capace…, l’abbiamo notata, questi anni, con quella sua barchetta blu (si riferivano al mio Fun Whisper, 7 metri da regata.n.d.r.), ne abbiamo parlato al proprietario, è contento che la faccia vivere un po’ … qui ci sono le chiavi…, faccia pure i giri che vuole…, attento però, il motore non funziona…”
E allora, ajò, andiamo, via, di corsa…cioè…, a nuoto, pinne ai piedi, sacco giallo della Lipton Tea (Giro d’Italia a vela di qualche anno prima, era il 2004) sulla testa…, sino ad Ajò, ormeggiata alla boa, a controllare la bella addormentata.

Stornoway, la barca svedese di Bijorn Larsson, ancora una di quelle con linee marine, fatte per navigare

Le tracce della marineria svedese erano evidenti: cime antiche, nobili, impalmate a dovere, nodi sapienti, ognuno al posto giusto per l’uso giusto, pozzetto raccordato contro le onde, predisposizione per la capottina, due stralli prua (niente avvolgifiocco, evviva!), randa piccola, lunghe rotaie per il genoa, ricca dotazione di vele. In compenso, vang armato male, idem il tesa base randa, manca qualche coppiglia, qualche vite non è nastrata…
Scendo a terra, vado a Palau col motorino e compero il poco materiale necessario.
Quindi mi dedico a “Lei” per un paio di giorni: la rifinisco con cura, anzi, con amore, la metto in ordine, me ne impadronisco. E poi, via, si salpa…, ajò…, andiamo Ajò, …., finalmente…!

Piccoli giretti, i primi due giorni. Quindi al largo. Incontro un gommone di Biellesi che hanno finito la benzina, virata, accosto e traino a vela sino a Cannigioni! Al rientro ormeggio alla boa a vela, sempre alla prima accostata.

Da solo, verso Palau, in planata col vento in poppa (qui però ero con il mio FUN, non con Ajò)

La barca è stabile, di bolina, una volta in assetto, si può anche abbandonare il timone…, ha bisogno di vento, ma qui non manca…, entro nelle  Bocche (di Bonifacio), siamo in due a bordo (l’altro è un passeggero, è salito in barca a vela per la prima volta in vita sua), 30 nodi di vento, Ajò è splendida, affronta le onde in modo “pastoso”, le cavalca con grazia, non le urta.
La mia vacanza si è trasformata: da una noia mortale in spiaggia, al vento ed agli spruzzi delle Bocche sul viso.
Al rientro ho 25 nodi di vento in faccia, da ovest. Nel Golfo non c’è onda. Ammaino il genoa: con la sola randa Ajò bolina precisa e lenta. Agguanto la boa di ormeggio al primo passaggio.
Grazie, Ajò. Buon Vento a te ed al tuo padrone…
Sardegna, estate 2000

E voi, avete anche voi da raccontare un’ avventura con una … svedese?

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L’ILIADE LETTA A TRENTO – Libri V-VIII

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Febbraio, 2012 @ 4:38 pm

Detto altrimenti: Trento is this too! Trento è anche questo! (A seguito dei post del 31 gennaio e dell’11 febbraio scorsi)

Omero

Omero, poeta epico greco, 900 anni prima di Cristo … circa. Omero, cieco, ha fatto mettere per iscritto le leggende tramandate dagli aedi (cantastorie). Chi ha studiato al liceo classico lo sa bene. Gli altri possono cercare il riassunto dell’Iliade su internet. Comunque si tratta di un Troiano (Troia, città della attuale Turchia) che ha rapito la bella moglie di un Greco importante. E qui parte la “spedizione punitiva” per distruggere Troia, distrutta la quale inizia l’Odissea di Odisseo (alias Ulisse) che ha perso la via di casa e ci impiega 10 anni per tornarvi, e poi c’è Virgilio con l’Eneide, la storia di Enea, un Troiano scampato all’eccidio della sua città, il quale arriva in Italia, ma queste sono altre storie. Orbene, sotto la simpatica, dotta e coinvolgente guida della Professoressa Maria Lia Guardini, nella Biblioteca di Trento, alternis lunèdis, cioè un lunedì ogni due settimane, si commentano i “libri” (capitoli)  dell’Iliade.  Io sono arrivato in tempo a commentare la seconda tornata, dal quinto all’ottavo compresi. Ritrascrivo qui di seguito il “compito a casa” che ho volontariamente fatto per iscritto (meritamndomi l’appellativo di “secchione”) per farmi perdonare che la volta precedente avevo portato la “giustificazione”.  La traduzione su cui io mi sono misurato è di Vincenzo Monti. 

Personaggi “divini”: Zeus (Giove) il boss; Era (Giunone) sorella e seconda sposa – incestuosa – di Zeus;  Ares (Marte) il dio della guerra “dura”; Afrodite (Venere), la dea dell’amore; Atena (Minerva) dea delle arti femminili e anche un po’ della guerra, ma non troppo violenta; Febo (Apollo) dio delle belle arti, dei viandanti e dei marinai; Poseidon (Nettuno) dio del mare.

Libro V
Oggi come ieri: Silvester Stallone come Diomede
Ieri come l’altro ieri: Dante come Omero 

Atena

Uomini contro uomini, popoli contro popoli, aiutati o combattuti dagli Dei. Come oggi: uomini, popoli, villaggi, etnie, stati, comunità religiose l’una contro l’altra armate, sostenute o combattute, di volta in volta, da grandi nazioni, da grandi eserciti, da grandi interessi ,a “grandi” uomini (grandi … si fa per dire).
Atena dice ad Ares: tu qui, per favore, non intervenire. Vorrà dire che poi ti ricambio il favore, alla prossima occasione. Tu Russia, non intervenire se io invado la Polonia, Poi ci metteremo d’accordo, non temere. Infatti, io invado la Polonia da ovest, tu da est … io ti lascio fare questo, tu quello, senza reagire. Niente di nuovo sotto il sole.

Ma veniamo a noi, ad Omero. Diomede, dallo scudo: versi (di Omero e del suo traduttore) che ricordano gli endecasillabi di Dante:

Diomede

Lampi gli uscian dall’elmo e dallo scudo
d’inestinguibil fiamma, al tremolio
simigliante del vivo astro d’autunno
che, lavato nel mar, splende più bello.

Diomede, alias Silvester Stallone. Ferite, uccisioni, sangue a go-go … come nei migliori film cruenti dei giorni d’oggi. Cosa abbiamo inventato? Niente. Diomede, benché ferito, imperversa come un fiume in piena (e riecco che richiama Dante).

 

La piena del Sarca (Tn): può andare come esempio?

… Simil alla piena
di tumido torrente, che, cresciuto
dalle piogge di Zeus, ed improvviso
precipitando, i saldi ponti abbatte
debil freno alla fiere onde; e de’ verdi
campi i ripari rovesciando, ingoia
con fragor le speranze e le fatiche
de’ gagliardi coloni…

Ma Diomede, aveva fatto il controllo antidoping? Infatti …

Come lion che mentre il gregge assalta,
ferito dal pastor, ma non ucciso,
vè più s’infuria, superando tutte
resistenze, si slancia entro l’ovile;
derelitte, tremanti ed affollate
l’una addosso dell’altra si riversano
le pecorelle, ed ei vi salta in mezzo
con ingordo furor …

Pecorelle affollate? Ecco i versi di Dante (Purgatorio, III)

Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l’altre stanno
timidette atterrando l’occhio e ‘l muso;
e ciò che fa la prima, e l’altre fanno,
addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno …

Tema ricorrente: recuperare la preda (armi, cavalli); difendere il corpo del commilitone; distinguere ognuno in quanto “figlio di”, “padre di”, “marito di”.

Enea, figlio di Anchise e della dea Afrodite, scappa da Troia incendiata portando a spalla il padre, tenendo per mano il figlio Ascanio

E poi, quasi una sceneggiata: Enea dice a Pàndaro, che già aveva ferito Diomede con una freccia: “Vai, uccidilo!”. E Pàndaro: “Ma non ho il cocchio! Li ho lasciati tutti a casa! E poi questo arco, lo ha solo ferito! Quantevveriddio, se torno vivo a casa giuro che lo brucio!” Qui mi viene in mente l’ammiraglio Andrea Doria, famoso per la cura che aveva delle sue costose galee, a punto da farle entrare in battaglia “con prudenza”, che poi a ripararle, peggio a costruirne delle nuove, ci vogliono tante palanche … sapete, da buon genovese …
D’altra parte anche Enea: “Armiamoci e partite!” Ma alla fine, partono solo in due. Chi guida? Enea: fai tu. Pàndaro: no guida tu, i cavalli conoscono la tua voce.
E poi i lunghi dialoghi fra gli avversari, prima di affrontarsi. Stridono con il fragore della battaglia. Come se i due contendenti si creassero uno spazio tutto loro, impermeabile alle altrui frecce e lance vaganti, della serie prima ci insultiamo e intimidiamo a vicenda e poi ci affrontiamo con le armi.
Pàndaro viene ucciso. Enea scende dal carro per difenderne il corpo. Diomede gli fracassa un ginocchio con un macigno (prima sassata, vedremo poi la seconda, di Aiace contro Ettore e la terza di Ettore contro un autista avversario). Interviene Afrodite in aiuto, Diomede la insulta e la ferisce alla mano. Afrodite si ritira. Interviene il suo collega Febo, dio anche lui, che salva Enea. Intanto si è chiarita una cosa: si possono ferire anche gli Dei. Quelli di ieri e anche quelli di oggi, i superuomini, intendo.
Altra sceneggiata. Afrodite si fa prestare il cocchio dal collega  Ares per salire in Olimpo, praticamente gli chiede un passaggio sul suo aereo. Appena arrivata, corre in braccio alla mamma, guarda mamma mi sono fatta la bua …. è stata colpa di quel monello di Diomede …. non ci gioco più con lui. La mamma la consola: “Son brevi i giorni di chi combatte con gli Dei …” … e qui torniamo ai giorni nostri. Anche questi sono brevi, se combatti contro gli dei del nostro tempo … Chi sono? fate un po’ voi … Se contro di loro perdi, puoi essere perdonato, ma se vinci, sono cavoli tuoi …
Continua la sceneggiata: Era e Atena ridicolizzano Afrodite di fronte a Zeus: guarda, s’è punta la delicata mano, la piccina! Sulla terra, intanto, Diomede assale Enea quattro volte. Febo lo difende, Ed alla quarta Febo si incazza e …. effetti speciali …  fa apparire un fantasma in tutto simile ad Enea che disorienta l’avversario. Ma non basta, lui, dio del giorno, se la piglia anche con il collega Ares, dio delle armi: dai, fa qualcosa, non vedi che quel Diomede qui (Febo aveva studiato alla Bocconi e un po’ di dialetto milanese gli era rimasto) ha ferito Afrodite e osa combattere anche me? Ah si? Ed allora io, Ares, sprono i Troiani. Mo’ so’ cavoli amari pe’ ‘sti Greci …. (Ares aveva studiato a Roma …)

Ettore

I Troiani, infatti, ne avevano bisogno di sprone. Lo stesso Ettore viene rimproverato da un alleato, che gli dice: ma a insomma, armiamoci e partite? Io sono qui, combattendo, (era sardo) e tu cosa fai nelle retrovie? Pensi? Rifletti? Ajò, bello di mamma, datti una mossa … E con Ettore riparte il contrattacco troiano, molto gagliardo.
E ci risiamo con Dante, “Quante ‘l villan ch’al poggio si riposa” … Inferno XXVI: 

Come allor che di Zefiro lo spiro / disperde per le sacre aere la pula, / mentre la bionda Cerere la scevra / del suo frutto gentil, che l buon villano / vien ventilando: lo leggier spulezzo / tutto imbianca la parte, ove del vento / lo spinge il soffiar …

Seguono scontri, ferite, duelli …. un macello … gli avversari si scontrano con la furia di leoni danteschi:

…Quai due leoni, / cui la madre sul monte entro i recessi / dell’alto speco educò, fan ruba e guasto / delle mandre, de’ greggi e delle stalle / finchè dal ferro de’ pastor raggiunti / caggion anch’essi ….

Al verso 800 circa, un grido: attenti, c’è Ares accanto ad Ettore!
Esito incerto. Sino a quando Era e Atena arrivano in aiuto dei Greci, su una “fuoriserie”: un cocchio con le ruote a raggi, fichissimo, prima, hanno chiesto al padrino (Zeus) il permesso di aiutare i Greci. E il Don ha detto sì, fate pure.
Al che le dee si confondono fra i combattenti, li rimproverano, spronano Diomede, assalgono il Dio Ares, ma non ci colgono. Diomede, invece, lo ferisce. Ares mugola di dolore e scappa in Olimpo. Si siede alla destra di dio padre Zeus e lo rimprovera per aver generato una figlia che lo ha ferito. Zeus dapprima si incazza, poi lo fa curare. Indi arrivano in Olimpo Era e Atena parcheggiano il cocchio con una rumorosa sgommata, con un agile salto escono dalla spyder (senza aprire gli sportelli, bensì scavalcandoli) e, felici per quanto hanno fatto, con l’aria furbetta di chi si guarda intorno senza darlo a vedere …
Certo che i menestrelli greci avevano una bella memoria, a ricordarsi tutti quei nomi … All’epoca tutto era tradizione orale, di cosa? Di un romanzo di fantascienza, per i non credenti?  Di un vangelo d’allora, pieno di miracoli, per i credenti che costruivano templi a quegli stessi dei? Di un poema epico come quello dei Serbi, dopo la sconfitta subita dai Turchi il 28 giugno 1389 nella Piana Campo dei Merli, vicino a Pristina, per cui si sono inventate “dodici aquile e ogni aquila aveva dodici teste ed ogni testa aveva dodici becchi ed ogni artiglio dodici spade …” 28 giugno, stesso giorno dell’attentato di Gavrilo Princip contro l’Arciduca Ferdinando …

Libro VI
Diomede e Glauco, Elena e Andromaca, ma soprattutto Ettore
Amicizia, ospitalità, famiglia, onore e disonore

Continua lo scontro articolato in singoli duelli, velocissimi, ma non tanto che il cronista non riesca descrivere le scene, le ferite e l’albero genealogico dei contendenti.
Un Troiano sconfitto propone a Diomede un ricco riscatto da parte del proprio padre, in cambio della vita. Diomede sta per accettare ma Agamennone lo rimprovera e uccide il prigioniero! A sangue freddo. Crudeltà di ieri, crudeltà di oggi. Anche Nestore ci mette un carico. “Non badiam che ad uccidere!”
Per i Troiani, ci pensa l’indovino Eleno, ad incitarli. E incita soprattutto Ettore, la cui entrata in scena capovolge l’equilibrio dello scontro. Indi Ettore viene mandato in città presso la madre, per farle fare sacrifici alla dea.

Diomede e Glauco si scambiano i doni

Nel frattempo il troiano Glauco affronta Diomede, che gli dice: Chi sei, un Dio certamente visto che osi affrontare me che sono imbattibile in battaglia! Glauco risponde: non conta il mio nome, gli uomini sono come le foglie. in autunno muoiono, in primavera rinascono. Ciò che conta è il ceppo, l’albero, la stirpe (“Come le foglie” v. in nota). Comunque gli dice chi sia. Lunghissimo racconto (mentre intorno a loro si scannano?). Diomede scopre che Glauco era stato suo amico-ospite per via di una lunga storia. Evitiamo di incontrarci, di batterci, anzi, scambiamoci le armi in segna di amicizia (tanto quelle di Diomede erano di bronzo e quelle di Glauco d’oro. Ah, timeo Danaos et dona ferentes! Temo i Greci anche quando mi portano doni!). Comunque, l’intero passo è un inno all’ospitalità.

Soldato Giuseppe Ungaretti ! .... Comandi!

Come le foglie è una poesia del poeta greco Mimnermo, che si ispira ad Omero e si sofferma sull’antitesi tra la giovinezza e la vecchiaia espressa attraverso l’immagine delle foglie che, appena nate, si stendono ai raggi del sole, ignare dell’autunno venturo. Il tema è trattato anche da Virgilio nel VI libro dell’Eneide (Qui,sparsa sulle rive, si precipitava tutta la turba, madri e uomini e corpi privati della vita di magnanimi eroi, fanciulli e nubili fanciulle e giovani posti sui roghi sotto gli occhi dei genitori: come numerose nelle selve cadono le foglie staccandosi al primo freddo dell’autunno; da Dante nella Divina Commedia “come d’autunno si levano le foglie | l’una appresso de l’altra, fin che ‘l ramo / vede a la terra …; da Giuseppe Ungaretti nella poesia “Soldati” (“Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”).

Nel frattempo Ettore incontra la madre e quindi si reca da Paride, ch trova intento a lucidare le armi e a sistemarle sugli scaffali dell’armeria, in bella vista, sotto lo sguardo di Elena. Ettore gli fa un mazzo così … vieni a combattere, fellone! Ma si, me lo stava a dì anche Elena … ed Elena … che sfiga ad avere un marito così poco valoroso. chissà cosa diranno di noi i posteri!

Ettore e Andromaca con il figlioletto Astianatte

Ettore va a salutare la moglie Andromaca. Non la trova in casa. E’ andata verso le mura. Ettore corre a la incontra con il figlioletto in braccio. Ettore sorride, la moglie piange, il bimbo si spaventa alla vista delle armi e si rintana nell’amoroso seno della mamma. Andromaca piange perché ha un marito troppo valoroso (al contrario di Elena). Ettore conosce il suo destino ma non cede al suo dovere. Paride fellone. Achille orgogliosissimo semidio, un po’ come i figli di Agnelli, Turchetti Provera, Berlusconi … un semidio, insomma, eroe secondo il metro di allora. Ettore eroe secondo la valutazione di oggi.
Ettore si avvia verso la battaglia. Incontra Paride che finalmente si è deciso a dare un mano ai combattenti, tutto acchittato: 

Come destriero, che di largo cibo / ne’ presepi pasciuto, ed a lavarsi / del fiume avvezzo alla bell’onda, alfine, / rotti i legami, per l’aperto corre, / stampando con sonante unga il terreno: / scherzan sul dosso i crini, alta s’estolle / la superba cervice, ed esultando / di sua bellezza, ai noti paschi ei vola, / ove amor d’erbe e di puledre il tira / …

Il libro VI  è “Il libro di Ettore, dell’ospitalità, della famiglia, dell’onore”

Libro VII
Ettore si batte con Aiace Telamonio
Si capisce sempre di più che Omero parteggia per Ettore
Lealtà anche fra nemici, pietas per i defunti

Passato il momento “familiare”, Ettore ritorna ad essere “solo eroe”. Eroe umano che propone che, comunque, la salma del vinto sia resa ai suoi per essere onorata. Lui, eore sì, ma di fronte ad un gigante …

Aiace Telamonio, il più alto dei Greci

Riprende lo scontro fra coppie di duellanti. I Greci sembrano avere la peggio. Ecco quindi che “si cambia il regolamento in corso di gara”: gli Dei ispirano alle due parti di accettare la proposta troiana di misurarsi in un singolo duello, un “singolar certame”. Ettore gioisce. I greci sono incerti, nessuno se la sente, nessuno si fa avanti, in questa prima fase. Sino a quando, vista la figuraccia che si potrebbe fare da parte greca, si offre Menelao. Agamennone lo frena, non conviene che tu ti esponga … lo stesso Agamennone, quello che nel canto precedente aveva ucciso a sangue freddo un prigioniero che gli stava offrendo un riscatto. Ucciso a sangue freddo. Tocca quindi a Nestore di fare un cazziatone ai Greci. Ecco che allora si offrono in nove. Troppa grazia S. Antonio! Tocca tirare a sorte, e vince Aiace Telamonio (o Talamonio? Veniva dal promontorio di Talamone?), lo “smisurato Aiace” che si avanza “qual incede il gran dio Ares”- Lo stesso Ettore si intimorisce un po’ ma non arretra. Dopo la consueta breve schermaglia verbale, iniziano i colpi, vibrati con furore

“come per fame / fieri leon, o per vigor tremendi / arruffati cinghiali, alla montagna”.

Forza degli endecasillabi! Ettore è ferito al collo e ad un ginocchio (seconda sassata, questa volta di Aiace), ma Febo interviene (il deus ex machina delle tragedie greche: quando lo sceneggiatore non sa più come cavarsela. In un film di oggi lo sfortunato eroe che sta fallendo viene fatto vincere alla lotteria) e lo rialza. Incredibilmente, da ambo le parti giunge l’invito a sospendere il duello, poiché sta sopraggiungendo la notte. Aiace dice ok, purchè sia lui a proporlo. Ettore propone. E’ fatta. Ettore, un Eroe signore, propone ad Aiace: combattevamo da nemici, lasciamoci da amici. Ti regalo la mia spada. Ed io la mia cintura. Anche questa volta come prima, quando i Greci avevano dato armi di bronzo contro armi in oro … timeo danaos et dona ferentes … temo i Greci anche quando mi portano regali … ah questi Greci, furbi mercanti!
Nestore propone che si fortifichi il campo greco.
Antenore, che si restituisca Elena (la sposa a suo tempo rapita da paride, fratello di Ettore).
Paride si oppone.
Priamo che si mandi Ideo a proporre la pace.
Diomede ed Agamennone rifiutano ma concedono tregua per recuperare ed onorare i caduti.
Come poi avviene. Tutti i caduti su due roghi.
Si costruisce fossato e muraglia attorno alle navi (qui la tempistica non quadra. Tutto in una sera? Durante il banchetto?). Linea Maginot o muraglia cinese, comunque ammirata dagli dei che però, dopo che saranno ripartite le navi (e qui sottendono che siano i Greci a vincere) si impegnano a distruggerla.
Tutti a banchettare. ma poi, la mattina dopo, come faranno a combattere, con quel cerchio alla testa dovuto al bisolfito messo nel vino?

Libro VIII – Olimpo: scontro in CDA, Consiglio di Amministrazione
Vince il Presidente Amministratore Delegato Zeus
I Troiani vincono una battaglia. ma la guerra ….?

CDA in Olimpo SpA. Zeus si impone: nessuno scenda… nessun scenda … giù, in fabbrica ad aiutare i contendenti. I troiani stanno vincendo e Zeus è d’accordo, perché vuole punire e stimolare Achille. I troiani sono in fuga, ma Omero vuole “salvare” la figura dei suoi eroi. Ora tocca a Diomede di essere salvato. Infatti è l’unico che si ferma a difendere il vecchio Nestore. Ulisse, rimproverato, se ne infischia e scappa verso le navi.
Zeus: va bene così. Nessun scenda … nessun scenda … tu pure o principessa … Atena replica. OK, non diamo loro un aiuto fisico, ma almeno una consulenza …. Niente da fare. Zeus si side in trono per osservare il macello dei Greci, nel frattempo Diomede, nel tentativo di uccidere Ettore, gli uccide l’autista. Zeus interviene con un fulmine. Nestore, che era autista part time di Diomede, fa un testa coda e, girato il cocchio, scappa (“Zeus è contro di noi!).Ettore qui incappa in una caduta di stile: infatti insulta e dileggia i fuggitivi.

Poseidon

Al che Era non ne può più. Cerca aiuto in Poseidon, cerca di formare una cordata contro il Presidente, ma Poseidon dice, chi sono io per osare tanto? Nettuno! (Voleva dire “nessuno” ma era raffreddato)!
I Troiani sono quasi giunti ad incendiare le navi. Agamennone invoca Zeus. Zeus fa intervenire l’aviazione: un’aquila che lascia cadere un cerbiatto ancora vivo presso l’ara sacrificale. I Greci si riprendono un poco. Aiace invita un arciere ad uccidere Ettore, ma questi gli uccide l’autista (e due!). Ettore si arrabbia e lo uccide con una sassata, la terza, arma poco nobile, ma tant’è….

 

L’arciere muore, ma a sua consolazione reclina il capo con una bella similitudine

come carco talor del proprio frutto
e di troppa rugiada a primavera
il papaver nell’orto il capo abbassa ..

Ettore imperversa …
qual fiero alano che,ne’ presti piedi
confidando, un cinghial da tergo assalta,
od un lione, e al suo voltarsi, attento
or le cluni gli addenta, ora la coscia …

I Troiani spingono i Greci dentro al loro campo.
Era corre da Atena. Andiamo da Zeus a protestare. Si arma e va. Zeus le vede arrivare e le fa respingere dalla sua segretaria. Alla successiva riunione del CDA le due dee sono taciturne e arrabbiate. Zeus: se non vi foste fermate vi avrei incenerito cavalli e cocchio! OK, boss, ma non può andare avanti così. i Greci, poverini … Zeus: lasciate che Ettore faccia spazientire Achille, poi ne vedremo delle belle. Silenzio.

In grembo ormai frattanto
la splendida cadea lampa del sole

… e … “il sole ridea calando dietro il Resegone” (chi lo ha scritto?) ” E  …  “I poeti si parlano” …. chi lo ha detto?

Giù dabbasso Ettore dice: che c … questi Greci .. se non fosse giunta la notte avremmo bruciato le navi. Accendete tanti fuochi, che non sin illudano di salpare e scappare. E poi tutti a cena. Offro io. Mangiamo e beviamo. I feriti a casa a curarsi. Domattina per prima cosa ucciderò Diomede.
Alè… si mangia e si beve .. come al solito, tutti i salmi finiscono in gloria.

Ed ecco i fuochi accesi dai guerrieri troiani:

Siccome quando in ciel tersa è la luna,
e tremole e vezzose a lei d’intorno
sfavillano le stelle, allor che l’aria
è senza vento, ed allo sguardo tutte
si scuprono le torri e le foreste
e le cime de’ monti: immenso e puro
l’etra si spande, gli astri tutto il volto
rivelano ridenti, e in cor ne gode
l’attonito pastor …

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ANDIAMO IN BICICLETTA, ANCHE IN TRENTINO, ANCHE A TRENTO, ANCHE A ROVERETO, ETC..

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Febbraio, 2012 @ 2:47 pm

Alessio Zanghellini

Detto altrimenti: fa parte di un nuovo modello di crescita …

 

Il mio amico Alessio Zanghellini mi ha segnalato un video commentato in inglese e sottotitolato in italiano (http://video.repubblica.it/mondo/olanda-così-sono-nate-le-ciclabili/89068?/video). Ve ne trascrivo il testo, leggermente sintetizzato

BICICLETTE IN OLANDA

Olanda

L’Olanda è il paese con il più alto numero di ciclisti nel mondo, ed è anche il posto più sicuro per andare in bicicletta. Questo è in gran parte dovuto alle perfette infrastrutture ciclabili presenti in tutto il Paese. Come sono riusciti gli Olandesi a costruire questa rete ciclabile di qualità? Alcuni, fra i quali anche molti Olandesi, pensano che questa rete sua sempre esistita. Ciò è vero solo in parte. Infatti, alcune piste ciclabili esistono da sempre, ma erano completamente diverse da come sono oggi. Strette, malamente asfaltate, pericolose ed interrotte da incroci fra di loro. D’altra parte, all’inizio, le piste ciclabili non erano davvero necessarie: infatti le biciclette erano di gran lunga le “padrone quasi incontrastate della strada”, rispetto alla scarsa dimensione del restante tipo di traffico.

Dopo la seconda guerra mondiale tutto cambiò. Gli Olandesi dovettero ricostruire il Paese e divennero incredibilmente ricchi. Dal 1948 al 1962 il reddito medio aumentò del 44% e nel 1970 l’aumento toccò l’impressionante incremento del 222%. La gente poteva ormai permettersi beni di lusso e soprattutto dal 1957 in poi le auto in circolazione aumentarono moltissimo in città che non erano state pensate per accogliere automobili. Così, molti edifici vennero demoliti per far spazio per le automobili. Anche alcune vecchie infrastrutture ciclabili vennero rimosse. Le piazze vennero trasformate in parcheggi e i nuovi insediamenti vennero serviti da strade larghissime adatte al traffico a motore. Le distanze quotidiane percorse crebbero dai 3,9 Km del 1957 ai 23,2 Km del 1975. Ma questo “progresso” ebbe un costo terribile: il ciclismo venne ignorato diminuendo del 6% all’anno e nel solo 1971 ci furono bel 3.000 morti. Più di 400 di essi furono bambini sotto i 14 anni d’età.

La strage dei bambini portò la gente nelle piazze a protestare: “Fermate la strage dei bambini” si gridava chiedendo strade più sicure per loro, per i pedoni e per i ciclisti. Questa richiesta venne ascoltata, soprattutto quando nel 1973 la prima crisi petrolifera bloccò il paese. L’allora primo ministro olandese disse alla gente che quella crisi avrebbe cambiato la vita, che si dovevano cambiare abitudini per essere meno dipendenti dall’energia petrolifera e che tutto ciò sarebbe stato possibile senza ridurre il livello della qualità della vita. Inoltre, le domeniche a piedi per risparmiare il greggio ricordavano alle persone come apparivano le città senza auto in circolazione. In questo periodo vennero pedonalizzati i primi centri storici, ma le proteste continuarono.

Olanda

La motorizzazione di massa infatti continuava a uccideva le persone, le città, l’ambiente. A quel punto, imponenti biciclettate pubbliche in tutte le città olandesi e proteste anche nei centri minori a sostegno della bicicletta crearono una consapevolezza che alla fine modificò il modo di pensare i trasporti. A metà degli anni ‘70 si cominciarono sperimentare percorsi ciclabili a Tilburg e a L’Aja. In una visione retrospettiva, essi rappresentano l’inizio della nuova rete ciclabile del Paese. L’uso della bicicletta crebbe in misura esponenziale, a l’Aja sino a + 60% e a Tilbur sino a + 75%. “Costruite e arriveranno” era il motto che si rivelò vero in Olanda.
Oggi il ciclismo in Olanda è una componente primaria ed integrante della politica della mobilità e la piazza, un tempo asfaltata, sulla quale avevano manifestato i ciclisti, oggi è un gran prato verde, diventato il logo della città.

Il mio commento è già insito nell’aver pubblicato questo post. E voi, cosa ne dite?

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LE NUOVE SFIDE PER LO STATO E PER LA NOSTRA AUTONOMIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Febbraio, 2012 @ 9:50 am

Detto altrimenti: anche qui in Trentino dobbiamo occuparci molto dei problemi del Paese, se non altro perché il suo naufragio farebbe naufragare anche noi. Il nostro contributo al Paese? Un nuovo modello di crescita.

Democrazia. Potere, forza  del popolo. Mafalda ci legge  una favola. “C’era un volta un Paese nel quale una coalizione di partiti politici aveva ricevuto l’approvazione da parte della maggioranza relativa dei votanti (non degli aventi diritto al voto). In forza della legge elettorale allora vigente in quel Paese, quella coalizione aveva ottenuto in premio la maggioranza assoluta in senato e comunque il diritto di nominare i parlamentari. Da ciò era derivato che quel loro parlamento non rappresentava quei cittadini né ovviamente la loro maggioranza assoluta. Quella non era democrazia, non era cioè “il potere del popolo, bensì era “il potere dei partiti”, anzi, del partito di maggioranza assoluta al’interno della coalizione che aveva ottenuto la maggioranza relativa dei votanti e la maggioranza assoluta in Senato. Insomma, era un po’ come il gioco delle scatole cinesi o delle SpA che possiedono il 51% di una Spa che possiede il 51% di un’altra SpA e così via, fino a quando con un 5% di azioni dell’ultima SpA ne detieni di fatto il potere assoluto. Quel partito non caso era arrivato a tanto: infatti poteva contare su disponibilità finanziarie assai rilevanti, grazie a fidi bancari assistiti dalle fidejussioni firmate dal suo fondatore, un uomo molto ricco. Restava poi da verificare se nel momento della probabile attivazione delle fidejussioni da parte delle banche a fronte dei debiti contratti da quel partito, fosse rispettata la legge sul finanziamento ai partiti, ma questa è un’altra storia. Gli antichi Romani dicevano: “Quid faciant leges, ubi sola pecunia regnat?” Cosa mai potrà fare la legge in un Paese ove regni il solo denaro? Con un sistema del genere, in quel Paese lontano lontano da noi, tanti, tanti anni fa, si erano rotte due catene: quella che dovrebbe sempre unire i rappersentanti ai rappresentati e quella che dovrebbe sempre unire il potere alla responsabilità“.

Fine della favola.

E oggi, in Italia,  esiste la democrazia? Mah …. sotto il profilo sostanziale (sostanziale, per carità … non formale!) si potrebbe forse avere qualche dubbio, in quanto il parlamento continua – come e più di prima – a non essere eletto dal popolo e a non fare le leggi ma ad approvare le proposte del governo. Inoltre Monti si incontra e discute innanzi tutto con i capi dei partiti politici per raccogliere sostanzialmente il consenso che poi gli sarà formalmente dato da un parlamento che continua ad essere mero strumento. D’altra parte occorreva un “Commissario Straordinario” per trarre il Paese fuori dalla emergenza nella quale era stato condotto da altri. Del resto, già nell’antica Roma vi era la figura del “dictator”  plenipotenziario nominato, in caso di particolari stati di pericolo, per un periodo massimo di sei mesi.

Governo Monti
– 1 – nato nel vuoto della politica di chi, nonostante la maggioranza di cui disponeva in parlamento, non aveva previsto il prevedibile; non aveva attivato le riforme strutturali necessarie; non aveva investito su un nuovo modello di crescita;
– 2 – governo di tecnici contrapposto al precedente governo “politico”, politico in quanto espressione di un parlamento eletto dai cittadini? No, anche il precedente parlamento non era eletto dai cittadini. Governo di tecnici quindi perché i suoi componenti sono tali;
 3 — Monti ha il potere che gli deriva dal non aspirare ad essere “rieletto”. Ed allora, visto che sta funzionando, in sede di modifica della legge elettorale diamo lo stesso potere anche ai futuri governanti, limitando la loro rieleggibilità a due mandati (come già avviene per i sindaci delle città) o anche limitandone l’eleggibilità ad un solo mandato;
 4 – – ora mi sento di nuovo “governato”, e per questo dico: grazie Presidente Napolitano, grazie Presidente Monti! Anche se Monti è forse un po’ troppo progressivo e prudente con i forti e un po’ troppo immediato e deciso con i deboli.

Cosa mi piacerebbe sentire programmare? Ecco alcuni auspicati interventi

1) Considerare che la pur dovuta riduzione di uno stipendio di oltre €600.000 (il doppio dello stipendio di Barak Obama!) ad €350.000 annui non pesa su chi lo riceve né per lui è significativa quanto invece pesa ed è significativa la riduzione di uno stipendio annuo da 17.000 a 16.000 euro; detto altrimenti: occorre valutare il peso specifico e l’incidenza marginale di ogni singolo intervento, soprattutto considerando che in Italia le retribuzioni dei “non super burocrati e non super manager” sono la metà di quelle tedesche. Quindi …
2) … quanto meno, attivare una immediata, effettiva, generale, significativa riduzione delle super retribuzioni, dei super benefit e delle super pensioni e abolire i cumuli di stipendi e pensioni ad ogni livello ed in ogni campo, pubblico (manager e burocrati), privato, politico: il Paese non se li può più permettere!

Bjorn Larsson, professore universitario, velista, scrittore, filologo, conferenziere alla Biblioteca di Trento il 23 febbraio 2012

3) Non escludere da questa riduzione i supermanager delle società quotate in borsa: non corriamo il pericolo che “se ne vadano” (e dove andrebbero, del resto?): Anche in Svezia del resto … se leggete l’ultimo libro di Bjorn Larsson, “I poeti morti non scrivono gialli”, edito nell’agosto 2011 da Iperborea, a pagina 22 troverete che i super pagati manager (svedesi, per carità!) non possono difendersi affermando che “così vuole il mercato” … il mercato? Si domanda l’Autore, altro non è che un numero limitato di ricchi finanzieri che si coprono le spalle a vicenda … (Larsson si sfoga nel suo romanzo. Io nel mio blog);
4) un piano “vero e completo” di liberalizzazioni preceduto dalla elencazione formale di tutte le caste;
5) un piano “vero e completo” delle privatizzazioni, ad iniziare dai servizi pubblici locali;
6) varare un piano straordinario di finanziamento delle masse di lavoratori dalla cassa integrazione e dalla disoccupazione verso nuove forme di occupazione (corsi di riqualificazione professionale, lancio di nuove iniziative, etc.);
7) una riscalettatura delle priorità, rimandando a tempi migliori non solo Olimpiadi e Ponte sullo Stretto, ma anche il TAV, i 90 cacciabombardieri F35 da (190 milioni di euro ciascuno!), etc. a vantaggio della creazione di posti letto nei Pronto Soccorso; di investimenti nell’edilizia carceraria; della difesa del territorio da terremoti, alluvioni e nevicate; della manutenzione delle reti della mobilità esistenti; etc…

Mini centrale idroelettrica

8)  Un forte piano energetico basato sull’attivazione e l’utilizzo di fonti rinnovabili e non inquinanti. Ad esempio, la realizzazione di 15.000 nuove piccole centrali idroelettriche (in Italia si può, e si autofinanziano!), lo sviluppo dell’energia solare, delle biomasse, dell’eolico, la coibentazione degli edifici, etc.;
9) un piano “lavoro per i giovani” basato sul finanziamento dello start up di migliaia di nuove cooperative per la gestione delle migliaia di siti archeologici e naturalistici di cui il nostro paese è ricco;
10) rilanciare e non tagliare gli investimenti sulla cultura. Ho udito un frase: “Tagliare in Italia i fondi per la cultura sarebbe come tagliare in Arabia Saudita i fondi per l’estrazione del petrolio”;
11) riformare la contrattualistica del lavoro non occupandosi principalmente dell’articolo 18 ma anche dell’abolizione del precariato e delle false partite IVA;
12) un forte rilancio degli investimenti sulla scuola e università pubbliche e sulla ricerca;
13) un deciso intervento sulla qualità dei programmi televisivi, considerando che la TV è la principale fonte di formazione, informazione, disinformazione e deformazione del pensiero;
14) una politica più forte non solo contro l’evasione fiscale, ma anche contro l’elusione fiscale;
15) abolire la prassi di concordati fiscali per le grandi evasioni, prassi che – sulla base del principio “meglio pochi e subito” – porta ad accettare di riscuotere 30 milioni di euro in luogo dei 100 dovuti, oppure, e lo scrivo provocatoriamente, estendere questa possibilità a tutti, cioè anche ai contribuenti assolutamente “piccoli” (infatti, la legge non era uguale per tutti?);
16) una nuova legge elettorale, questa volta democratica, la quale inoltre limiti l’eleggibilità dei politici a uno, massimo due mandati;
17) trattare il problema della responsabilità di un potere dello Stato (magistratura) insieme a quello della responsabilità degli altri due poteri dello Stato (esecutivo e legislativo);
18) sanità: ne pariamo in un prossimo post;
19) giustizia: è di ieri 25 febbraio 2012 la prescrizione di un famoso processo. Lasciamo decantare le mezze soddisfazioni e le totali delusioni e poi ne parleremo.

Dice … ma bisogna fare i conti con le risorse finanziarie disponibili, ed allora …  Prospetto Fonti – Impieghi: dove prendo il denaro, e per fare cosa. Infatti forse non è del tutto condivisibile che solo per alcuni interventi si dichiari che i denari recuperati attraverso quello specifico intervento sono destinati ad uno specifico scopo. Forse sarebbe preferibile disporre dell’ elenco completo delle fonti finanziarie (maggiori tasse, risparmi di spesa, cancellazione di

VIP CLASS

mega progetti, lotta all’evasione fiscale, etc,) e l’ elenco completo delle destinazioni del denaro, elencate in ordine di priorità. Dice … intanto iniziamo a ridurre i costi … ridurre i costi? Ad esempio dei voli ministeriali …? Monti li ha ridotti del 90%. Bravissimo Presidente! Sicuramente un Suo ministro non vola da Roma a Milano con un aereo militare “per motivi di sicurezza” per assistere, sempre con la massima sicurezza, ad una partita di calcio! Ma allora … prima …? Quegli abusi sono anch’essi “prescritti”? Se Lei “chiude un buco”, vogliamo chiederci cosa fare a chi quel buco lo aveva fatto?

Economia e produzione. I nostri industriali hanno aumentato di molto i posti di lavoro. All’estero. Infatti molti di loro hanno delocalizzato molti centri di produzione in Paesi ove la manodopera costa molto meno e i diritti civili, spesso, sono un’optional. Ora, ci si dice che occorre rivedere la disciplina dei contratti di lavoro “per invogliare investimenti esteri in Italia”. Esteri o nostri che rientrano? In ogni caso ben vengano, ma a produrre cosa? Visto che dalla Cina importiamo financo i berrettini da sole! Ok, importiamoli, questi berrettini, ma a condizione che la Cina importi le nostre regole democratiche e rispetti i diritti civili. Altrimenti .. una, mille Libia, Egitto, Siria …. aspettiamo forse che altri stati “esplodano” a catena? Quando toccherà, ad esempio, alla Cina? Alla Cina, la quale a sua volta sta già delocalizzando le produzioni dalle sue città del Pacifico verso le zone interne, dove la manodopera costa molto meno … Ma … quando salterà anche quel coperchio? Ricordo l’Iran, ai tempi dello Scià. Io ero a Teheran, per lavoro. L’urbanizzazione di masse di manodopera dal deserto verso le grandi città, attuata per farne manovali edili, portò quelle persone a confrontarsi con l’opulenza degli Hotel delle città e costituì una delle motivazioni che spinsero alla rivolta contro il regime. E quando i lavoratori cinesi delle campagne si renderanno conto i essere sfruttati, cosa succederà? O cosa accadrà quando i lavoratori cinesi delle città vedranno delocalizzare le produzioni verso le campagne? Mi si dirà: sono problemi loro … scusate, mi sono lasciato trascinare dalla globalizzazione delle problematiche …

Parlare di crescita non basta. Forse occorre ripensare al tipo di modello di crescita da adottare. Quello attuale (crescita della produttività attraverso delocalizzazioni e automazioni; crescita dei consumi “comunque”; finanza … te la raccomando quella!) ha fallito. Alcuni esempi per tutti: automobili sempre più grandi, potenti, veloci ….a che pro? Mutui sub prime? Titoli derivati? Mapperlamorddiddio! Altra correzione da fare: pochi sempre più ricchi e un numero sempre crescente di persone sempre più povere? No. Occorre ricostituire – non distruggere – il

Così o ...così?

CETO MEDIO, come il soggetto collettivo che può rilanciare i consumi interni (in modo equilibrato) e rappresentare il traguardo per chi ancora viaggia nella “terza classe” non ferroviaria bensì sociale. Ben venga quindi, fra le altre iniziative, quella in corso, da parte della nostra Provincia Autonoma, per una edilizia agevolata per il CETO MEDIO, ceto sociale non abbastanza ricco per acquistare casa e troppo ricco per averne una in locazione nell’ambito dei piani dell’edilizia popolare.

COS’ALTRO FARE, IN TRENTINO? Soprattutto di fronte ad una contrazione delle risorse finanziarie, occorre rivedere le priorità e decidere sul modello di crescita da adottare. Una prima ipotesi: potremmo domandarci se sia più urgente proseguire nella pur lodevole azione di infrastrutturazione stradale del territorio (gallerie, bretelle, rotonde, etc.) o invece non sia più urgente investire quelle risorse nell’avvio di nuove iniziative produttive per creare posti di lavoro a fronte dei tanti licenziamenti in corso o annunciati? (Anche perché per sopperire all’eventuale rallentamento negli investimenti della rete della mobilità provinciale di cui sopra, si può comunque investire in sistemi di tele gestione e telecontrollo della mobilità. Detto altrimenti: meno hardware e più software). Una seconda ipotesi: diminuiscono i turisti invernali, nevica di meno? Ed allora perchè non puntare su un sistema integrato, gestito, sorvegliato e assistito di piste ciclabili “di pianura” e “di montagna”, a pagamento per i non residenti? Una terza ipotesi: per i turisti, perché non attivare la “rete dei masi” come già fatto in Sud Tirolo? Sono solo esempi banali, assolutamente parziali, operativi, me ne rendo conto, ma iniziamo a ragionare a tutto campo, e non solo per “sviluppare quello che già stiamo facendo”. Creatività, occorre …, creatività!

Insomma, per noi in Trentino, la crescita deve essere la prosecuzione del modello attuale o di un altro tipo? L’ADOZIONE DI UN NUOVO E PIÙ ATTUALE MODELLO DI CRESCITA  POTREBBE ESSERE, DI FRONTE ALL’INTERO PAESE, LA MIGLIORE DIMOSTRAZIONE DEL VALORE E DEL SIGNIFICATO DELLA NOSTRA AUTONOMIA. Voi, cosa ne pensate? Non siete d’accordo con le mie ipotesi? Non vi preoccupate … io stesso voterò contro di esse, ove, a seguito di un approfondimento, esse risultassero errate o inattuabili. Ma almeno, discutiamo su queste come pure su altre vostre idee …confrontiamoci!

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BJORN LARSSON – Scrittore navigatore o navigatore scrittore? (comunque, navigatore a vela!)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Febbraio, 2012 @ 7:00 am

Detto altrimenti: “recensione di un uomo”, non di un libro che peraltro mi accingo a leggere

Bjorn Larsson e Paolo Malvinni

Biblioteca di Trento, 23 febbraio 2012 – Bjorn Larssson presenta il suo ultimo libro, “I poeti morti non scrivono gialli”. Gli organizzatori (Paolo Malvinni, senza fare nomi), conoscendomi velista, avevano insistito perché io fossi presente. A loro avviso avrei potuto animare il dibattito. Credevo di trovarmi di fronte soprattutto un velista. Invece ho “scoperto” che Larsson è soprattutto scrittore. Ed io – lo confesso – non lo conoscevo in nessuna delle sue due “interpretazioni della vita”! Nessuno è perfetto, ed io men che mai …
La Sala degli Affreschi è piena di gente . Seduto al mio fianco, l’Ammiraglio Sauro (!).  Bjorn, prima dell’inizio della manifestazione, firma pazientemente dediche sulle copie dei suoi libri. Lo avvicino, mi presento, gli consegno copia delle domande che avrei voluto fare ad un velista … Sorride, mi risponderà, assicura. Certo che se avrà la compiacenza di rispondere a quelle domande, sarà comunque un’intervista ad un velista molto più che ad uno scrittore. Vedremo.
La sua è una lectio magistralis di filosofia di vita. Qui di seguito utilizzo un virgolettato con riserva, perhè non avevo il registratore …

Biblioteca di Trento. Sala degli Afferschi. Piena.

“Il giro del mondo a vela? Per poi ritrovarsi al punto di partenza cioè a casa propria? No, non vale la pena. Noi svedesi non siamo così attaccati a mamma, suocera, alla casa d’origine … siamo più liberi di viaggiare …Forse perché la nostra cucina è molto migliore della vostra … (afferma uno dal pubblico) …. Certo, lo ammetto.
Ho cominciato a veleggiare con una barchetta di sette metri. Poi la mia compagna ne ha voluta una nella qual si potesse stare “a piedi” (cioè in piedi, n.d.r.). Ma casa e barca costavano troppo, ed allora … barca! Che sia anche casa. Senza debiti, con qualche soldo “alla banca”. E via nei mari del Nord. Non nel Mediterraneo, perché mi hanno detto che il più delle volte devi prenotare l’ormeggio nei porti… ohibò! Non sia mai! Dove la a finire la libertà? Sei anni i barca. Se ti stanchi del panorama che vedi dai tuoi oblò, basta cambiare l’ormeggio anche senza cambiare porto, ed ecco un panorama diverso! Poi è nata mia figlia, ed allora per un anno a terra, in una casetta a 100 metri dal mare.
Ero affascinato dall’acqua, non spaventato, benché mio padre fosse morto annegato in un lago. dapprima ho fatto il sub, volevo emulare Custeau, ma poi ho riflettuto: trasportare tutto quel peso per poi vivere in acqua mezz’ora! Non ne valeva la pena. Ed ecco la vela. La barca a vela … arrivi in un’isoletta sperduta, poche case .. tu sei comunque accolto bene, tutti ti aiutano, ti accolgono … perché è implicito che tu, dopo poco, sarai ripartito! Se invece tu arrivassi con un camper non sarebbe la stessa cosa.

Bjorn con una sua ammiratrice, Paola Calza della Fraglia Vela Riva, Riva del Garda

I miei libri sono romanzi, non biografie travestite. La realtà deve essere vera. Il romanzo può contenere elementi di fantasia, ma a mio giudizio deve sempre raccontare una storia “possibile”. Infatti, con i miei libri, ho cercato di trasmettere la voglia di tentare anche un’altra vita, una vita diversa e comunque possibile, o più semplicemente, ho cercato di descrivere mondi “possibili”. Questa “evasione possibile” da una realtà verso un’altra realtà per me è “libertà”. Non si nasce liberi. Lo si diventa, attraverso una conquista continua e precaria di tutta la vita. Per questo affermo che dopo aver letto un mio libro, il lettore dovrebbe avere un problema in più, dovrebbe porsi la domanda se debba o meno ricercare un’altra vita. Libertà … quando nessuno ti aspetta dietro l’orizzonte e nessuno rimpiange che tu sia partito. Libri, impiego da uno a tre anni per ogni romanzo, Scrivo la mattina, a matita, poi cancello, correggo, riscrivo. nel pomeriggio leggo altri libri e correggo ciò che ho scrutto. I miei personaggi prendono vita, sono autonomi, man mano che il mio lavoro procede, sono loro stessi che decidono come “andrà a finire”, che mi suggeriscono il prosieguo della storia. La fine di u libro? prima o poi arriva, ma non è mai la fine dei miei libri. Il libri “finito”? Non è più mio. E’ di chi lo legge”.

Che libro è, il suo ultimo che ci presente? Un giallo. Uccidono un poeta. Non certo la poesia. Un ispettore che si picca di essere un po’ poeta.

Cosa pensa del naufragio della Concordia? Che abbiamo un po’ tutti la memoria corta:  negli ultimi anni a casa loro ci sono stati due naufragi con 700 morti … ma “gli Italiani hanno la particolarità di essere i primi critici di se stessi, a differenza dei Francesi”.

Larsson, scrittore di primissimo livello in Svezia et ultra, amico dei massimi poeti del suo paese …. quello che mi ha colpito della sua esposizione, è il modo geniale con il quale riesce a trasfondere elementi di verismo nei suoi romanzi, attingendo, ad esempio, a poesie vere di poeti veri. Il tutto come se – inoltre – a scrivere la storia fossero i suoi personaggi e non lui stesso.
Questo fatto lo avevo già colto, per certi aspetti – simili se pur non uguali – in un altro scrittore, Alberto Cavanna, nel suo Bacicio du Tin, così verosimile che pare vero (o invece è proprio vero?). I traghetti che portano i turisti da La Spezia a Porto Venere si chiamano “Lanpo” perché si rifanno allo sciabecco del pirata Bacicio o è Cavanna che ha preso il nome dei traghetti è lo ha dato sciabecco del suo pirata, in questo caso,  inventato? Ad ogno modo, ove il lavoro di Cavanna fosse di pura fantasia, esso è assolutamente verosimile e possibile. Ecco il parallelo con Larsson.

Ecco, dopo qualche giono, ho letto il libro e l’ho inserito come commento in un post di Mirna. Ripeto qui quelle mie note:

I poeti morti non scrivono gialli (IPERBOREA ed.)

 Larsson è un uomo che “vive la vita”, che ha deciso come viverla. Persona di grande cultura e comunicativa, è anche velista, docente universitario di letteratura francese all’Università di Lund e filologo. E’ anche scrittore, anzi, è “molto” “scrittore. Io confesso: non lo conoscevo! E dopo averlo ascoltato alla biblioteca di Trento il 23 febbraio scorso ho acquistato e “divorato” questo suo ultimo libro, da leggersi “con una matita in mano”. Ora acquisterò la sua opera omnia. Quanto al thriller, l’ho apprezzato al pari di quelli del mio giallista preferito, Eric Ambler. Che dire … sì, è anche un giallo, con un “romanzo nel romanzo”, ma è anche un libro “di poesia” (mi sa che un po’ poeta è anche Bjiorn); anche libro di civiltà della finanza (ce ne accorgiamo subito, alle pagine 22 e 23); anche libro di civiltà tout court, quando (pag. 31) fa affermare dal racconto (e cioè lui stesso afferma, n.d.r.) che “nessuna rivoluzione violenta aveva mai portato ad una società più democratica e solidale”.

E quando lui …. e quando … ricordate come commentavamo i film appena visti, da ragazzi?

E quando …cita Gomorra del nostro Saviano (pag. 130) …

E la sua interpretazione dell’ ”essere umano bancario erectus” (pag. 132) che classifica le persone solo sulla base del loro rapporto razionale con il denaro, mentre invece le Persone con la P maiuscola sono ben altro …

E quando a pagina 163, per giustificare la venalità di un tizio, gli fa “pensare” perché egli dovrebbe mai avere scrupoli di arricchirsi quando Berlusconi poteva permettersi un boeing 727 personale?

Non mancano sottolineature alla giustizia sociale (pag. 164): perché “competitività” significa stipendi sempre più alti al top e sempre più bassi alla base”?

E quando … (pag. 168), circa la poesia, fa pensare ad un suo personaggio (cioè a se stesso, n.d.r.) che la poesia è una dose giornaliera di bellezza e verità che agisce da salvagente in un mondo falso e brutto come per il peccato?

E quando … (pagg. 171-172) afferma che “il problema di fondo di una civiltà è la mancanza di senso etico dei cittadini, la loro carenza di solidarietà e fratellanza e non il cattivo funzionamento di leggi e delle forze dell’ordine, … che si limitano a raccogliere l’immondezza che qualcuno sparge in giro”…

…o quando (pag. 175) fa dire ad un personaggio che “è ora che i ricchi capiscano che non possono continuare impunemente ad accumulare denaro a spese del prossimo”.

Segue, a pagina 176, un elenco di “ricchi ingiustamente ricchi” che andrò a verificare su internet per vedere se sono veri o immaginari.

A pagina 178 poi .. “il comunismo sarà anche morto, ma la rabbia per le ingiustizie non muore mai…”

Pagina 186: un bravo bugiardo deve avere una memoria di ferro per ricordare cosa ha detto …

A pagina 191, poi, cita le violenze della polizia al G8 di Genova!

Pagina 197: di fronte alla poesia, è più difficile essere ateo che credente

Genova? A pagina 250 un tizio si mangia un bel piatto di pasta al pesto!

Pagina 256: nessuno scrive perché ha avuto una vita interessante o ricca … ma solo perché sa scrivere ..

Pagina 260: …”era profondamente indignato dell’enorme divario tra reddito da lavoro e da capitale …”

Pag. 266:  il procuratore (PM) è una donna, Lisa … Larsson (una sua parente?)

Pag 304. morale e legalità unite o disgiunte? Secondo il filosofo del diritto austriaco Hans Kelsen, disgiunte (n.d.r.); secondo Larsson …? 

 Ok, ma è un giallo sì o no, direte voi? Si è anche un giallo. Da leggere. D’altra parte chi scrive un post su di un libro, volete mai che ve ne presenti uno da non leggere? Questo qui, tuttavia è diverso: ne acquistate uno e ne leggete più d’uno, di libri, in una sola volta!

 

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LE QUATTRO STAGIONI (DEL TRENTINO)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Febbraio, 2012 @ 7:33 am

Detto altrimenti: musica? Poesia? o entrambe … reduce da un concerto, mi è venuta un’idea: ho radunato quattro mie poesie … ed ecco che Vi presento le mie “Quattro stagioni” (del Trentino)

Via Grazioli, d'un tempo ...

Primavera a Trento:
“Novecento in Via Grazioli”

Cuscini di alberi in fiore
circondano vecchi disegni
edere di stucchi
che la terra germoglia
a cingere antiche mura
e scale sbrecciate
a passeggio in giardini di ghiaia.
Nobili dame
ingioiellate di ferro battuto
imposte di legno
guardano salire la via
che hanno solcato
nei prati del tempo
difese ed amate
da chi vuole che vivano
serene
il futuro dei loro ricordi.

Estate in Val di Non:
“Anaunia”

T’adorna corona di monti
tu stessa diadema regale
a smeraldi lacustri
di verde.
Ti apri allo sguardo
che insegue
i gonfi altipiani
ondeggianti
qual giovane petto al respiro
plasmati da un vento
che scala le cime
e si perde.
La mente che t’ama
curiosa
più attenta ti scruta e profonda
ov’acque percorron segrete
le nobili rughe
che segnan l’altero tuo viso
di antico lignaggio
e indagan
leggendo il passato
tuo storico viaggio.
Tu, ramnus, romano,
tu uomo del fiume,
pagano,
or’altro è il Dio che onori
ma l’acqua è la stessa che bevi
del cervo
sacrifica preda
di Principi Vescovi e di Senatori.
Risuonan le selve
di ferri e armature
latine
che scuotono i passi
per le aspre montane
tratture.
E senti vibrare le note
di orda cruenta
le grida di donna
che arman lo sposo
a difender le messi
il figlio che piange
furor di Tirolo
equestre rimbombo
sul suolo operoso
che viene a predare

Castel Cles

ma inerme
di fronte ai castelli
s’infrange.
Munifica rocca di luce
saluto lo spazio
che scende
dal Tempio maestoso del Brenta
e dopo che t’ha generato
dall’alto di crine boscoso
cascata di pietra
a Sponda Atesina conduce.

Autunno in Brenta:
“Dolomiti la prima volta” (Verso il Crozzon di Brenta)

Uno "spigolo" di mille metri di quarto grado!

Si sale pian piano
con una seicento che sbuffa
fra nuvole stanche
sedute nei prati rossi di umori
e di foglie.
E sotto il maglione d’autunno
compare
dapprima ogni tanto
e quindi ogni poco
il bianco sparato di neve.
D’un tratto si apre
nel sole
una torre dorata
adagiata su coltri
di freddo vapore d’argento.
Il ricordo di Lei
profuma nei sogni nascosti
di un solitario turista
un po’ fuori stagione
che ha spalancato per caso
la porta di un camerino
e s’innamora alla vista
della Prima Donna
intenta a rifarsi il trucco
per lo spettacolo d’inverno.

L'Orsa, rocce scure, non coperte dalla neve, nella foto a destra degli alberi ("Fin che ghe l'Orsa su la Vigolana no te cavar la maglia de lana")

Inverno a Trento:
“L’orsa della Vigolana”

Pascoli bianchi
nutrono
fauci protese su fiocchi di neve
ferma a riposare al sole
prima di scavarsi la strada
verso le vene preziose del monte.
E vigile
tu
monti di sentinella
all’inverno che circonda di freddo
la bella città accovacciata ai tuoi piedi.
E quando di nuovo
il sentiero
ritorna a calcare il passo dell’uomo
ormai sgombro di neve
tu
schiva
scompari alla vista
e ti nascondi nel folto di pensieri
che invano
alzato lo sguardo
ti cercano attenti.

il futuro dei loro ricordi.

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INCONTRI – 10) ENRICO FUOCHI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Febbraio, 2012 @ 6:56 am

Detto altrimenti: io sono amico suo, sapete, sì …  suo amico, io …!

Autoritratto

Enrico Fuochi , 50 anni compiuti … da quando?
50 anni? Grazie per il complimento, ma forse è meglio aggiornarsi! Sono passati più di 11 anni da quando ho compiuto mezzo secolo! Per il momento però non me ne faccio un problema: come diceva il grande Manfredi “basta ‘a salute e ‘n par de scarpe nove e pòi girà tutt’er monno”!

Enrico , pensionato? Ma se non ti ho mai visto più attivo di adesso! Infatti, Enrico dai mille interessi. Ma procediamo con ordine. Io ti ho conosciuto velista …
Il poter disporre di libertà, intesa non solo come tempo libero, ma anche come libertà mentale dai problemi del lavoro, mi ha permesso di poter dedicare più tempo a quelle passioni che prima praticavo con fatica e solo marginalmente. Fra gli sport che ho praticato e pratico, la vela è senza dubbio, assieme al nuoto, il mio primo amore e quello che, agonisticamente

UFO 22 di bolina

parlando, mi ha dato più soddisfazioni. Ho iniziato a 16 anni con il Flying Junior e sono poi passato allo Strale e al Flying Dutchman. Con l’FD ho partecipato a diverse regate internazionali e campionati italiani con molte soddisfazioni ma poi, a 27 anni, per impegni di lavoro e di famiglia miei e del mio prodiere, ho dovuto smettere. Ho ripreso in età più matura con barche più comode e negli ultimi anni, dopo una breve e negativa parentesi con il Contender, mi sono dilettato con il J24 e l’UFO22 sul lago di Garda. E’ proprio in occasione di alcune regate sul Garda che ho conosciuto l’amico Riccardo con il suo fun “Whisper”.

Enrico Fuochi (dovete credere, è lui, lo si riconosce dalla barba!)

Poi ho scoperto che volavi con il parapendio…
Beh, sono nato sotto il segno della Bilancia, noto segno zodiacale dell’aria, e non potevo non essere affascinato dal volo libero per eccellenza come il parapendio, uno sport che se praticato con la “testa”, senza imprudenze e sempre consapevoli dei propri limiti, è una delle cose più affascinanti che ci siano: volare, da sempre il sogno dell’uomo.

Poi, che sei un esperto di fotografia…
Eh già, la fotografia. Questo è un amore nato quando avevo ancora i pantaloncini corti…e non perché facesse caldo, ma perché la mia prima macchina fotografica mi è stata regalata dai miei genitori in occasione della mia Prima Comunione. La passione è continuata senza interruzioni fino ad oggi. E’ stato anche il mio primo lavoro: diciottenne e ancora studente, mi ero impratichito in camera oscura e guadagnavo qualche lira sviluppando e stampando fotografie per un negozio di Riva del Garda. Poi, compatibilmente con gli impegni di lavoro, ho fatto diverse mostre personali in Italia e collettive all’estero. Con l’occasione vorrei ricordare il mio prossimo impegno: il 5 maggio 2012 (per 1 mese con inaugurazione alle ore 18) esporrò a Trento presso lo Spazio Espositivo Pretto in Piazza San S. Benedetto. La mostra si intitola “Tempus mutandis”. E’ un lavoro decisamente “particolare” per il contenuto e al quale mi sono dedicato al termine del progetto “A bordo della Città di Milano”.

Poi, che scrivi libri…
Ecco, a tal proposito ci tengo a precisare nuovamente che io non sono uno “scrittore” e non ho la presunzione di classificarmi tale. Mi considero un fotografo che si diletta, di tanto in tanto, a scrivere qualche breve racconto di accompagnamento alle mie immagini. Così ho fatto nei miei primi due libri FotoGrafie e FotoStorie.

Cliccate, gente, cliccate su Enrico ed Isotta!

Poi, che hai una splendida cagnetta…
Isotta, il mio bracco italiano, alla quale mi sono affezionato al punto da far nascere in me il sospetto che Marina qualche volta sia gelosa! Gli animali sono splendidi e vanno amati e rispettati. Tu, Riccardo, che hai avuto Dorian, sai cosa vuol dire!

Poi, che tua moglie era collega della mia…
Eh sì, Riccardo, oltre alla vela, alla lettura e ad altre cose, abbiamo in comune anche la professione delle nostre mogli: non solo insegnanti entrambe, ma anche ex colleghe!

Enrico con il figlio Luca, in elicottero

Poi, che tuo figlio è pilota di elicotteri…
Qualis pater, talis filius! Anche mio figlio Luca, ha sempre avuto la passione per il volo, una passione che però è il suo lavoro: è pilota professionista di elicotteri con una sua società in provincia di Verona. Comunque penso sia un problema di DNA: anche mio zio, il fratello di mia madre, è stato uno dei primi piloti in Trentino, e mio padre, in tempo di guerra, è stato per un periodo aviatore a Trieste.

Verso Capo Nord, con Marina (in piedi) e Isotta (seduta)

Poi, sei un appassionato camperista…
Campeggiatore da sempre e camperista da quando ho potuto permettermi l’acquisto di un camper. Ho sempre amato viaggiare e penso che viaggiare senza vincoli dia la possibilità di avvicinarsi di più alla natura e alle persone. Finora con il camper (sempre per limiti di tempo libero) ho viaggiato solo in Europa e nel nord Africa, ma per il futuro i progetti sono tanti. Vedremo!

Poi, sei un membro dell’Accademia delle Muse…
Il poter partecipare alle serate culturali dell’Accademia delle Muse è per me un motivo di grande piacere e orgoglio. Ti sarò sempre grato, Riccardo, per avermi dato questa opportunità.

Poi, che eri un bancario, ma proprio non si direbbe!
Bancario? Eh, sì, diciamo che fino a qualche anno fa facevo parte dell’organico di una delle 796 banche presenti in Italia. La mia comunque non è stata una vocazione: a 23 anni, in attesa di completare i pochi esami che mi mancavano alla laurea e per poter essere autonomo finanziariamente, ho fatto domanda di assunzione. La mia doveva essere una scelta temporanea in quanto non mi riconoscevo come “bancario”. Ma poi sai com’è: lo stipendio allora era ottimo, mi sono sposato, c’era lo “zuccherino” della carriera…mi sono laureato e…sai com’è la vita!

Grazie, Enrico … solo che la tua innata modestia ti faceva dimenticare di ricordarci che il 2 marzo prossimo, alle ore 20,00, presso la Biblioteca Comunale di Lavis, nell’ambito delle iniziative dell’Associazione Culturale Lavisana presieduta da Daniele Donati,  ri-presenterai il tuo ultimo lavoro, che poco fa hai semplicemente citato, e cioè il libro “A bordo della Città di Milano”, la nave appoggio del Dirigibile Italia del Comandante Nobile, lavoro che hai realizzato grazie all’iniziativa della nostra Presidente dell’Accademia delle Muse, Cristina Endrizzi Garbini il cui suocero era il medico di bordo di quella nave, e che pertanto ha potuto darti le testimonianze ed il materiale fotografico sul quale poi tu hai lavorato.

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LE AGENZIE DI RATING USA HANNO DECLASSATO – FRA I TANTI – ANCHE LA NOSTRA PROVINCIA AUTONOMA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Febbraio, 2012 @ 6:15 pm

Detto altrimenti:   cui prodest? A chi giova?

On. Sen. Marco Porzio Catone

Repetita iuvant, le ripetizioni spesso aiutano a capire! Ne sapeva qualcosa il Senatore Romano Marco Porzio Catone detto il Censore che dal 157 a. C. alla sua morte (149 a.C), ogni volta che interveniva in Senato sui più diversi argomenti, chiudeva immancabilmente con “Ceterum censeo Carthaginem delendam esse”, e cioè, “in più credo che Cartagine debba essere distrutta”, tanta era la sua convinzione che Cartagine rappresentasse un pericolo per Roma. Distruzione che avvenne tre anni dopo la sua morte, nel 146 a.C.. Ora, non che si voglia radere al suolo e cospargere di sale il terreno fabbricabile sul quale insistono le sedi delle Agenzie di rating USA, ma almeno dare loro delle regole, moderarle, responsabilizzarle e sanzionarle quando commettono colpe gravissime.

Ecco quindi che anche io, molto, ma molto più modestamente di un antico Senatore Romano (ma oggi abbiamo un On. Senatore che si faccia promotore di una  iniziativa al riguardo?)  ripeto le domande e le proposte  che avevo formulato nel mio post del 15 gennaio scorso. Domande che oggi più che mai noi riproporci.

1. Chi sono i loro azionisti?
2. Al loro interno, chi approva e firma la dichiarazioni finali dei loro esperti, frutto di profonde analisi, con le quali vengono attribuite le pagelle?
3. Da dove provengono i loro ricavi? In particolare: chi ha pagato il lavoro delle recenti analisi che hanno determinato i declassamenti europei? O forse le Agenzie hanno lavorato gratis? Ma dai …
4. Quali responsabilità hanno le Agenzie allorchè commettono errori macroscopici, ad esempio classando con la tripla A banche e società che dopo pochi giorni o alcuni mesi falliscono?
5. Quale responsabilità è stata loro ascritta quando hanno ammesso la pratica dei titoli derivati della loro cartolarizzazione (si veda mio post del 4 gennaio scorso)?
6. E’ vero che l’Europa sta studiando se e come richiedere i danni alle citate Agenzie, di fronte a loro certificazioni non veritiere che abbiano causato forti perdite alle borse, agli Stati ed alle economie europee?
7. Quali garanzie abbiamo che non siamo di fronte ad azioni che possono rappresentare veri e propri reati di turbativa dell’andamento dei corsi delle borse?
8. Perché l’Europa non crea  ERA, European Rating Agency, per classare e declassare le agenzie USA?
9. Perché non si indaga sui grossi movimenti di titoli sovrani e di azioni avvenuti subito prima e subito dopo questi declassamenti europei di massa?

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