EDIZIONE STRAORDINARIA: basta ruberie, basta sprechi, basta privilegi: se non altro perché rischiano di travolgere l’Italia e con essa la nostra Comunità Autonoma Trentina
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Aprile, 2012 @ 7:20 amDetto altrimenti: la serie di scandali finanziari della politica nazionale non deve assolutamente generare in noi accettazione, assuefazione né tanto meno condivisione, ammirazione ed invidia per chi “c’è riuscitoâ€.
Recentemente una persona molto impegnata sul fronte delle istituzioni, riferendosi allo scandalo dei fondi sottratti alla Margherita, di fronte alle mia indignazione ha detto: “Ma no ….non mi scandalizzo più di tanto, sono cose del mondo, che succedono…â€. Forse voleva accreditare presso di me l’immagine di persona che “sa vivere nel mondoâ€, che “sa avere visioni alte, che non sono intaccate da piccoli, necessari, incidentelli di percorso …â€
In altra occasione osservavo con un mio ex collega che un terzo collega, operante nello stesso nostro settore d’attività in altra città , aveva un tenore di vita assolutamente troppo elevato rispetto alla sua retribuzione: casa al mare, villa in Sardegna, yacth d’alto mare, etc.. Il mio amico, con un tono di ammirazione di invidia, rispose: “E’ stato bravo, c’è riuscito …â€.
Mi sono detto: ecco, io credevo che il male peggiore fosse la nostra assuefazione alla serie di scandali che ormai, quasi giornalmente, travolge ogni pudore ed ogni morale … E invece no. Oltre all’assuefazione, vi è di peggio: vi è anche la condivisione e addirittura l’ammirazione, l’invidia e il desiderio di compartecipazione con chi “ci è riuscitoâ€. Insomma, l’immoralità è stata sconfitta dall’amoralità , come ai tempi di Semiramide, “che libido fè licita in sua leggeâ€.
Ora la “storia Margheritaâ€, anzi, la “cronaca Margheritaâ€, si ripete con la Lega (che sarà ? Chiodo scaccia chiodo?). Molti dicono: serve una legge che regoli la gestione dei finanziamenti pubblici ai partiti. Io replico: sono stato amministratore dei conti bancari e dei fondi della Stet – Società Finanziaria Telefonica per Azioni, a suo tempo la maggiore finanziaria italiana; ho amministrato anche una piccola società della mobilità comunale. In entrambi i casi non c’è stato bisogno di alcuna legge speciale: mi è bastato seguire i principi della moralità , dell’onestà , della trasparenza e le regole del codice civile. Del penale non c’è mai stato bisogno.
Ma .. dice … hanno sottratto denari a mia insaputa … Ma come? Avviando la piccola società della mobilità comunale, per prima cosa misi in assoluta sicurezza il sistema degli incassi e della gestione del denaro. Impossibile rubare. E chi gestisce milioni di Euro, fa tutto da solo? Ma quando mai … che mi verrebbe a significare? Per dirla con Camilleri …
Sta di fatto che dopo gli “incidenti di percorso†dei fondi Margherita e Lega, il minimo che il Governo Monti e la Corte dei Conti dovrebbero fare è una verifica immediata e rigorosa della gestione di tutti questi fondi presso tutte le forze politiche e in parallelo un decreto legge, sul quale sì, porre al fiducia (!) per l’abolizione immediata dei finanziamenti pubblici ai partiti che non hanno rappresentanza in parlamento.
Inoltre con l’occasione il Governo dovrebbe assumere l’iniziativa di fare un inventario di tutti gli scandali e di tutti gli sprechi e avviare un piano di rientro immediato di privilegi e rendite che definire medievali è poco, Irene Pivetti permettendo! Altro che ridurre le risorse finanziarie a Comunità Autonome che le stanno amministrando bene da sempre!
L’Italia è anche nostra, di noi cittadini, di noi Trentini. Esigere quanto sopra, è nostro diritto e nostro dovere. Infatti ogni spreco a livello nazionale ricade su di noi cittadini e sulla nostra Comunità Autonoma del Trentino. Vorrei fare un esperimento: spillare un cartellino rosso su una banconota da €100 che qui in Trentino viene pagata di tasse e seguirne il cammino. Scoprire alla fine che essa è servita per pagare le ferie al tesoriere di un partito politico o le cene del figlio di un boss, mi farebbe incazzare e non poco. Scusate il termine poco educato che ho usato, ma “quando la se ghe vol, la se ghe vol…”
L’ILIADE LETTA A TRENTO – Libri XVII-XXIV (fine)
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Aprile, 2012 @ 5:42 pmDetto altrimenti: martedì 27 marzo 2012 è terminata, presso la Biblioteca Comunale di Trento, il ciclo delle letture e commento dell’Iliade, curata dalla Professoressa Maria Lia Guardini (v. precedenti post del 31 gennaio, 11 e 29 febbraio, 9 e 11 marzo)
Libro XVII – La battaglia continua con sorti alterne ed interventi degli dei. Si tratta di una lotta “immensa†che riempie tutto il libro. Nessun altro libro ne è così pieno. Lotte “lugubri†per la difesa di un cadavere, che rappresenta l‘apoteosi del morto Patroclo, preludio allo strazio di Achille.
Libro XVIII – Achille apprende della morte di Patroclo e si sparge il capo d cenere, disperato, ululando al punto da farsi udire dalla madre Teti. Delle tue armi si fregia Ettore! ma per questo on ti preoccupare: te le faccio fare di nuove da Vulcano. Achille interviene nella lotta per impossessarsi del cadavere di Patroclo e riesce a portarlo al campo greco.
La prima parte del libro è tutta il dolore di Achille. Nella seconda parte si assiste alla fabbricazione delle nove armi di Achille da parte di Vulcano. Armi che emanano “orror divinoâ€.
Libro XIX – Achille si riconcilia con Agamennone. E’ terminata l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei. Il sacrificio generoso di Patroclo ha portato ad una “nuova alleanzaâ€, alla “riconciliazioneâ€. Briseide compiange Patroclo. Prima della battaglia, come al solito, tutti a Tavola! Achille no. Piange e si arma, balza sul cocchio: dall’elegia del dolore alla sinfonia guerresca.
Libro XX – Giove proclama il “liberi tutti!†Cioè tutti gli dei sono liberi di intervenire nella battaglia. Gli dei scendono in campo. Achille ed Enea, Achille ed Ettore (che fugge, salvato da Febo). Achille fa strage di Troiani. Degli altri luoghi della battaglia non si parla.
Libro XXI– Il macello continua entro il fiume Licaone e il fiume Xanto. Battaglia fluviale. Gli dei intervengono. I Troiani fuggono entro le mura. Ogni speranza troiana è travolta. la strage è ormai
“priva di nomi†(degli uccisi). Omero isola ed esalta il solo Achille, che, da solo, sconfigge un’armata intera. Lo straripamento dello Xanto che vorrebbe ingoiare lo stesso Achille ci riporta alle Cinque Terre …in Liguria … fango, sangue, incendi, stragi … un vera apocalisse, quasi uno tzunami accompagnato da bombardamenti al napalm.Libro XXII– Achille scopre di essere stato ingannato agli dei,smette di inseguire il falso Agenore e si dirige verso le mura della città . Priamo ed Ecuba cercano di convincere Ettore a non accettare lo scontro con Achille. Ettore rifiuta, va al campo, fugge, si ferma, accetta la sfida, chiede ad Achille di rispettare il suo (assai probabile) cadavere, Achille risponde che vorrebbe sbranarlo vivo, con gli occhi studia un punto del corpo di Ettore non riparato dall’armatura, lo uccide, fa strazio del cadavere.
Priamo ed Ecuba si disperano. Achille esagera, dimostra aikìa, disprezzo per i morti. Si evidenzia il dissociarsi di Omero da quella “civiltà †aristocratica-guerriera.
Libro XXIII – Si ri-compiange la morte di Patroclo. Banchetto funebre. Achille sogna. Rogo e tumulazione di Patroclo. Giochi funebri in onore di Patroclo. La Formula Uno dei cocchi, la box, la lotta greco romana, i cento metri piani, la scherma, il lancio del disco, il tiro con l’arco, il lancio del giavellotto: una sorta di mini olimpiade. Ulisse imbroglia e viene rimproverato!
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Libro XXIV – Gli dei decidono che Achille debba rendere il cadavere di Ettore e avvisano Ettore e Priamo. Grande colloquio fra i due. Priamo riporta a casa il cadavere di Ettore. Pianti, rogo ed esequie, molto più maestose di quelle rese a Patroclo dai Greci. Con questo libro, l’ultimo, Omero si riporta alla civiltà che desidera: quella regnata dalla bontà e dal compatimento. Tutta l’Iliade precedente è barbarie. Qui invece l‘odio è terminato. Achille è convinto non dai doni di Agamennone, ma dal dolore per a morte d Patroclo e dalle preghiere e dal dolore di Priamo. La belva Achille è addomesticata, anche perché ormai è sazia di sangue. Onore a Ettore … dulce et decorum est pro patria mori …
Tuttavia ci si sta dimenticando che anche Achille morirà e che Troia sarà distrutta.
Considerazioni finali
Maria Lia Guardini, Professoressa “veraâ€, cioè colta e comunicativa. Voci raccolte fra i ragazzi di ieri, suoi alunni, la descrivono severa. Io stesso, da giovane studente, in altra città , ebbi professori “severi†che poi oggi sono quelli che ricordo con gratitudine, perché mi hanno formato, nella cultura e nel carattere.Ciò che Lia (mi ha detto di chiamarla così … ho impiegato un po’ a riuscirci, ma ne sono orgoglioso) … ciò che Lia ha fatto è stato instradarci nella comprensione assai più che letterale, cioè nella comprensione del tempo di Omero, di un Omero intelligentemente contestatore di una civiltà guerriera, degli eroi (e non eroi) ivi descritti, degli dei pieni di vizi umani, del rapporto con gli dei del tempo, anche attraverso frequenti attualizzazioni dei comportamenti, delle situazioni, dei giudizi su persone e accadimenti.
Lia ha sollecitato in noi la curiosità , l’attenzione, la voglia di capire e di gustare un’opera che definire “pietra angolare†della letteratura non è una esagerazione.
Non è stata una lettura e commento, come forse taluno potrebbe intendere, del tipo “Università della terza età â€, ma una lettura a casa e, “in aulaâ€, l’esposizione dei nostri singoli interventi di â€alunni†che si inserivano nella ricca messe di suggerimenti, spunti e sottolineature che Lia sottoponeva al nostro ragionamento.
Il contributo che Lia offre non è per tutti. Infatti è solo per chi abbia il desiderio di ascoltarla. Già , perché di questo si tratta, del desiderio che Lia fa insorge in chi ha la fortuna di ascoltarla di arricchirsi (dell’Iliade), in quattro o cinque sedute, come io stesso – ad esempio – non mi ero arricchito in un intero anno di scuola. E dire che frequentavo il liceo Classico A. D’Oria di Genova, famoso per la sua severità ed esigenza soprattutto verso lo studio del mondo classico. Ora aspettiamo la prossima serie di letture: Eneide? Luciano? Plauto? Vedremo. Nel frattempo … grazie, Lia!
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INCONTRI – 15) ALESSANDRO AICHNER
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Aprile, 2012 @ 5:22 pmDetto altrimenti: volare necesse est, alzarsi … sempre di più … anche per i Trentini! Dall’aereo a reazione di Caproni ai moderni palloni frenati di Alessandro Aichner (this is Trento too!). Una ciliegia tira l’altra. ’Accademia delle Muse”: Enrico Fuochi vede alcuni “reperti storici†in casa di Cristina. Cristina è la nuora del Dr. Garbini, ufficiale medico a bordo della “Città di Milanoâ€, nave appoggio del dirigibile “Italia” del Comandante Nobile. Si recuperano foto. Enrico, esperto fotografo dilettante ma non tanto dilettante, le restaura. Nasce un libro, una mostra nelle gallerie a Trento, alcune riunioni in circoli privati e pubblici. Da ultimo, su iniziativa dell”Associazione Culturale Lavisana, Presidente Dr. Daniele Donati, a Lavis, presso la biblioteca comunale, la sera del 2 marzo scorso. Enrico, suo figlio Luca … elicotterista. Entrambi amici di Alessandro. Accanto ad Enrico e Cristina, a Lavis siede Alessandro Aichner, Trentino esperto di volo e – fra l’altro – anche di palloni frenati.
Alessandro, solo un cenno alle tue esperienze lavorative passate e attuali
La mia esperienza di lavoro è principalmente elicotteristica. Nel 1985 partecipai alla prima sperimentazione italiana di elicottero di soccorso coordinato da una centrale operativa ospedaliera (Viareggio). Nel 1987 fondai e feci “decollare†una società di elicotteri specializzata nel soccorso. La prima attività : il servizio di “Verona Emergenza“ che assieme a “Bologna Soccorso†furono i banchi di prova del 118, il numero unico del soccorso. Poi l’assegnazione della gara per il soccorso in Alto Adige (due elicotteri), poi la gara di Bergamo, quella di Brescia, poi nuovamente Verona, e infine le tre basi della Toscana in consorzio con altri operatori. Ho provato a partecipare a gare di appalto anche in Puglia, Basilicata e Calabria , ma non sono mai riuscito a vincere … In Alto Adige, nell’estate 1999 la società di elicotteri fu la prima in Italia ed unica fino ad oggi, a realizzare un servizio di elisoccorso primario notturno. (primario = con atterraggio presso il luogo dell’incidente). Nel 2000 ho ceduto la società ad uno dei primi gruppi finanziari privati italiani e mi sono dedicato alla famiglia e all’aerostato di Roma. Dal 1997 al 2002 vicepresidente Eurami – Stoccarda (società di certificazione di qualità per servizi di elisoccorso). Ora sono consulente aeronautico generico fisso.Â
Come e quando è nata la tua passione per il volo in genere?
Papà è stato Sotto Tenente pilota sugli  aereosiluranti Savoia Marchetti SM 79 durante la II° guerra mondiale, decorato di medaglia d’oro VM. In casa si respirava spesso aria di volo. A 16 anni ho ottenuto il brevetto di pilota di aliante a Trento. In seguito quello di elicottero e infine la “abilitazione†all’aerostato frenato.
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La motivazione della medaglia d’oro a papà Comandante Martino?
“Partecipava, quale capo equipaggio di apparecchio aerosilurante, alla luminosa vittoria dell’Ala d’Italia nei giorni 14 e 15 giugno 1942 nel Mediterraneo. Incurante della violenta reazione contraerea che gli danneggiava gravemente l’apparecchio, portava decisamente l’attacco ad un cacciatorpediniere nemico, che colpiva con grande precisione affondandolo. Nuovamente colpito dalla reazione avversaria, ammarava con grande perizia, rendendo possibile il salvataggiio del personale di bordo. Cielo del Mediterraneo, 14 e 15 giugno 1942″. (La cronaca e la storia della medaglia d’oro al V.M. è raccontata dal Capitano Martino Aichner nel suo libro “Il Gruppo Buscaglia – Aerosiluranti italiani nella seconda guerra mondiale”, Mursia 1991).
Come e quando è nata questa tua specifica passione?
Nel 2000, ho trovato in Internet il progetto dell’aerostato frenato “più grande del mondo†realizzato da due giovani italo –francesi di Parigi. Mi sono precipitato a trovarli ed abbiamo cominciato a lavorare per installarne uno in Italia, a Roma, con un anno di preparazione a Bologna.Â
Cosa è il pallone frenato?
E’ un aerostato a gas collegato a terra tramite un cavo che si può avvolgere attorno ad un verricello. I movimenti di salita e discesa sono dovuti allo svolgersi e riavvolgersi del cavo, diversamente rispetto a mongolfiere e palloni liberi. Frenato sta per vincolato. Tutti gli aerostati (palloni dirigibili mongolfiere) possono volare in modo vincolato cioè legati a terra con un cavo che ne limita l’ascesa. La differenza sta nel fatto che il pallone frenato può volare solo in modo vincolato. Ciò determina una specifica categoria nell’ambito degli aerostati. Il vantaggio del vincolo è di permettere voli brevi e ripetitivi e dunque di trasportare tante persone.
Quali sono i precedenti storici?
Henry Giffard, un francese che negli anni d’oro del volo in mongolfiera e in pallone, ha progettato questo sistema per trasportare passeggeri nel il cielo di Parigi,e in particolare durante l’esposizione universale del 1878. Poi sempre Giffard ha portato il sistema a Torino per l’esposizione universale del 1884.
C’è stato un utilizzo bellico?
Fino dal 1794 le armate francesi furono dotate di aerostieri, osservatori piazzati sui palloni frenati per spiare le mosse del nemico (tradizionalmente, a quell’epoca, gli austriaci e i prussiani). Gli austriaci impararono subito,a loro spese, i vantaggi dell’impiego degli aerostati, e così dopo poco li impiegarono, a loro volta. Nel 1849, durante l’assedio di Venezia da parte degli austriaci, vi fu il primo bombardamento aereo della storia. E gli Italiani, già durante le cinque giornate di Milano, nel 1848, utilizzarono le mongolfiere per lanciare volantini anti austriaci oltre le barricate e verso i paesi circostanti. Durante l’assedio di Parigi nel 1870 gli aerostati furono utilizzati per spedire la posta oltre le linee nemiche (servizio organizzato dalla Direzione delle Poste, con pilota a bordo e con regolare pagamento del francobollo!). Anche Leon Gamberlé, futuro primo ministro francese, più conosciuto con il soprannome di Gambetta, durante l’assedio, utilizzò un pallone per fuggire a Tours da dove poi raggiunse Bordeaux.
In quegli anni tutte le maggiori potenze europee si dotarono di corpi militari di aerostieri.
Durante la prima guerra mondiale, con l’entrata in campo degli aeroplani da guerra armati di mitragliatrici, gli aerostati divennero obbiettivi vulnerabili e il loro impiego come osservazione della prima linea nemica, cominciò a tramontare. I palloni frenati ritornarono operativi durante il secondo conflitto mondiale utilizzati, senza persone a bordo, come ostacoli alla navigazione aerea al fine di salvaguardare una determinata zona dal volo nemico.
Ci fornisci qualche dato tecnico?
Il Pallone frenato “più grande del mondo†ha un’altezza da terra di 35 metri (quando sta fermo al suolo). Ha un cavo di vincolo di 150 metri di lunghezza cui si deve aggiungere l’altezza dell’aerostato, per ottenere l’altezza massima raggiungibile (185 metri). L’involucro, il pallone vero e proprio, ha un diametro di 22 metri. Compresa la navicella dei passeggeri (da vuota), il peso complessivo dell’aerostato è di 2,5 tonnellate.
Il gas contenuto nel pallone è elio, e la quantità contenuta nell’involucro, può sollevare 5,5 tonnellate. La capacità di sollevamento netta ( o utilizzabile) è, per differenza, di 3 tonnellate. Di queste, 2000Kg sono il così detto “carico utile†( utilizzabile per sollevare fino a 30 passeggeri); i 1000 Kg che rimangono sono la trazione operativa di funzionamento. Il sistema permette di salire e di scendere alla velocità di 1 metro al secondo; sono necessari quindi di due minuti e mezzo per salire a 150 metri, ed altrettanti per scendere. Nelle condizioni di peso descritte si può volare con un vento che raggiunga i 15 Km/h. Oltre questa intensità di vento bisogna diminuire, progressivamente, il numero di passeggeri imbarcati. Si può continuare a volare fino al limite di 50 Km/h, oltre il quale è necessario sospendere l’attività di volo e ancorare a terra il pallone. Un vento che soffi a 50 Km /h è un vento molto forte! Ho scoperto a mie spese, che il “Ponentinoâ€, il vento romano che rinfresca i pomeriggi estivi, al di sopra dei tetti delle case , supera abbondantemente i 50 Km/h.
Parliamo un po’ della letteratura
Sugli aerostati è stato scritto moltissimo. Per oltre cento anni l’aeronautica è stata rappresentata solo dagli aerostati. Più degli aeroplani, gli aerostati hanno suscitato nell’animo umano l’espressione poetica del volo, sia per aver realizzato il sogno millenario, che per la loro stessa natura: silenziosi e trasportati dal vento. Poiché io sono una delle persone meno indicate per parlare di questo argomento, mi limiterò alla accezione bibliografica del termine, indicando di seguito quelli che ritengo i più significativi, fra i pochi libri che ho letto sull’argomento, e tra i tantissimi che sono stati scritti.
– Il più illustre riferimento è certamente : L’Aeronautica Italiana nell’immagine 1487 1875
di Timina Caproni Guasti e Achille Bertarelli, edito dal Museo Caproni – Milano nel 1938.
Edizione prestigiosa di un libro oggi introvabile, conservato al museo Caproni di Trento.
Partendo dai disegni di Leonardo da Vinci, elenca tutti gli studi sul volo pubblicati prima del 1784. Da quella data iniziano le ascensioni degli Italiani, elencate progressivamente e con grande dovizia di particolari, per terminare con la conferenza sull’aeronautica del professor Colombo a Milano nel 1875. Poi inizia la sezione delle immagini: stampe d’epoca e riproduzioni di quadri.
– Un manuale completo che assomiglia ad una vera enciclopedia sull’argomento è il libro “Aerostati “ di Marco Mairani – Silvana Editoriale, oggi in nuova veste con il titolo “i Palloni Volanti†per i tipi della Hoepli.
– I palloni della guerra, di Giuseppe Magrin edizioni Gaspari
– Ascensioni di guerra, di Francesco Pricolo stampa Policrom – Roma
– E infine “L’Aeronautica a Bologna†di Raimondo Ambrosini, edito dal Comitato Bolognese per la Flotta Aerea Nazionale.
Il “motore†per la salita e quello per la discesa
Per salire é sufficiente rilasciare il sistema frenante e il pallone si alza rapidamente svolgendo tutto il cavo di vincolo. Il motore per la salita è dunque la stessa trazione verso l’alto dovuta al gas contenuto nel pallone.
Per scendere un motore elettrico collegato ad un verricello di tipo navale riavvolge completamente il cavo riportando a terra il pallone. In caso di interruzioni nella fornitura di corrente elettrica vi è, di scorta, un motore diesel che aziona direttamente il verricello.
Le tue realizzazioni
“L’Ottavo Colle†così si chiamava il pallone frenato che ha volato continuativamente per tre anni sulla città di Roma, partendo dalla base di Villa Borghese. Prima di Roma ho installato, per un anno, il pallone frenato ai Giardini Regina Margherita di Bologna. Ho potuto così mettere a punto le procedure per farlo funzionare, addestrare il personale e collaudare l’intero sistema.Â
Le autorizzazioni necessarie
Omologazione di tipo per l’Italia (oggi superata da quella europea) certificato di navigabilità , immatricolazione, autorizzazione all’impiego per trasporto pubblico di passeggeri, autorizzazione del comune di Roma, autorizzazione dei Vigili del Fuoco, autorizzazione della Prefettura relativa alle manifestazioni permanenti, nulla osta delle Belle Arti (difficilissima da ottenere!), autorizzazione dell’ente di controllo aeronautico ENAV, Autorizzazione della direzione di circoscrizione aeroportuale competente, e per finire autorizzazione dell’ISPESL .. questa non era contemplata , ma la ho voluta io in più … e ho spiazzato tutti!
Applicazioni possibili
Essenzialmente turistiche, si vede dall’alto una città , una località turistica, un sito archeologico…
L’aerostato vincolato è un mezzo eccellente anche come spazio pubblicitario.
Il pallone è così grande, che il marchio dello sponsor diventa perfettamente identificabile già da alcuni chilometri di distanza! Infine è una piattaforma ideale per condurre esami fisici e chimici dell’ atmosfera alle varie altezze. Il CNR, a più riprese ha effettuato dei prelievi di campioni di atmosfera ad altezze comprese tra i 10 e i 150 metri , utilizzando l’aerostato di Bologna prima e Roma poi, concordando le date e gli orari di specifico interesse.
Costi e ricavi
Il pallone frenato di Roma ha trasportato, in tre anni, poco meno di 120.000 passeggeri, con una media di 40.000 passeggeri /anno, quasi come una piccola compagnia aerea. Il prezzo medio richiesto era di 10 euro a passeggero … e i conti sono presto fatti per ciò che riguarda i ricavi. In merito ai costi invece, per fare funzionare l’aerostato e garantire i turni necessari, sono necessarie dodici persone, oltre ad un servizio ininterrotto di sorveglianza. Aggiungendo infine le assicurazioni aeronautiche, la concessione dello spazio di Villa Borghese, e l’energia elettrica (l’unico costo variabile ) si arriva approssimativamente ad equiparare i ricavi. L’utile della attività è affidato quindi alla vendita degli spazi pubblicitari.
Pallone frenato, mongolfiera, dirigibile oggi: loro utilizzo, diversità e affinitÃ
Dal 1960 le mongolfiere e i palloni sono ritornati a innalzarsi nei nostri cieli, dopo una pausa di molti decenni. Le mongolfiere e i palloni per pura attività sportiva, mentre i dirigibili, che stanno riprendendo piede molto lentamente, sono impiegati soprattutto per pubblicità . E’ interessante notare che più di una casa produttrice di aerei, ha nel suo reparto ricerca & sviluppo, un qualche gigantesco progetto di dirigibile lì, fermo da anni che attende.
Per chiudere: palloni frenati in Trentino?
Il Trentino è un territorio adatto ai palloni liberi e alle mongolfiere. I palloni frenati non sono indicati, e poi …c’è a concorrenza delle montagne! I palloni frenati sono ottimi in pianura, in assenza di rilievi dalla cui sommità si possa gustare il panorama.
Però potremmo fabbricarli, in Trentino … Grazie, Alessandro e … complimenti!
CAT, COMUNITA’ AUTONOMA DEL TRENTINO (ovvero PAT): provvedimenti anti crisi
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Aprile, 2012 @ 11:01 amDetto altrimenti: l’ “artigiano solitario” , una risorsa locale da non sprecare, anzi da valorizzare, ovvero ritorno al futuro … Dobbiamo riuscire ad evitare che il prezioso know how di tanti nostri piccoli e preziosi artigiani che lavorano “in navigazione solitaria” vada perso per mancanza di successori. Ecco un altro possibile intervento, a fianco di quelli già lodevolmente adottati dalla CAT, Comunità Autonoma Trentina (cioè dalla PAT), per invertire l’andamento della crisi economica.
Sarà capitato anche a voi … no, non di avere una musica in testa, come cantava la Carrà , ma di conoscere una persona, un vostro amico, il quale, da solo, manda avanti una piccola attività artigianale, quale un’officina o un piccolo laboratorio di falegnameria.
Da solo. Io ne conosco diversi. Si tratta di persone preziose, persone che ti risolvono ogni tipo di problema, anche atipico. Ad una di esse, ad esempio, ho mostrato le foto di una scaletta in acciaio che un’imbarcazione da regata come la mia, un FUN, utilizzava per la risalita dall’acqua, dopo una nuotata, durante l’utilizzo crocieristico della barca. Ebbene: dalle foto me ne ha riprodotto una identica. E’ solo un esempio, ma se non è capacità e genialità questa …. Sarà capitato anche a voi … di pensare: ma quando il mio amico cesserà l’attività , a chi mi potrò mai rivolgere? Ad un paio di loro, separatamente, ho posto alcune domande. Le risposte sono state sostanzialmente identiche. Io mi sono limitato a fonderle in una serie di risposte comuni.
Come mai lavori da solo nella tua officina/laboratorio?
Non ho figli cui trasmettere il mio know how.
Ma allora, perché non hai assunto qualcuno, un estraneo, da formare al tuo prezioso mestiere … che il tuo prezioso know how non vada perso …
L’ho fatto e più di una volta. E quando la persona si è formata, quando cioè io ho terminato di sostenere i costi della sua formazione sul campo, gli “allievi†si sono licenziati, attratti dalla grossa azienda di turno.
Ma adesso, forse, data la diversa situazione economica, costoro potrebbero essere interessati da una proposta del genere.
Si, ma il peggioramento della situazione economica riguarda anche me. Il lavoro è calato di molto e così i margini di guadagno e quindi la possibilità i sostenere costi aggiuntivi (della formazione, n.d.r.). E’ un po’ il cane che si morde la coda.
Non del tutto, perché alla fine l’ “allievoâ€, chiamiamolo così, dovrebbe poter acquistare l’avviamento, cioè dovrebbe riconoscermi un prezzo a fronte della cessione dell’azienda, cioè a fronte della cessione in suo favore del “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, compreso l’avviamentoâ€. E il più delle volte gli “allievi†non avrebbero queste somme.
Bè, se questo è il problema, teoricamente (ripeto: teoricamente) è di assai facile soluzione. L’Ente Pubblico Comunità Autonoma del Trentino (la ex PAT, si diceva) anche tramite i Comuni, redige un inventario di queste potenziali joint venture, eroga contributi a fondo perso per la formazione sul campo del tuo “allievo†e alla fine finanzia a tasso agevolato l’acquisto dell’azienda da parte dell’ “allievoâ€.
Sarebbe bello, me lo auguro … sarebbe un bel vantaggio, per me, per i potenziali allievi e per la stessa Comunità Trentina, la quale potrebbe continuare a far conto su una tradizione artigianale affinatasi attraverso molte generazioni.
Altra ipotesi: e se la Comunità Autonoma del Trentino (PAT) ti chiedesse di trasformare la tua officina in una scuola per un gruppo di allievi? D’altra parte gli allievi motoristi, nocchieri etc. per la Marina Militare si addestrano sul (legno) Palinuro e sul Vespucci, in mare aperto … e anche qui, i tuoi allievi, si addestrerebbero nel mare aperto della vita!
Disponibilissimo! Per un certo verso si moltiplicherebbe l’effetto dell’intervento ipotizzato prima.
E voi, amici lettori del blog, Â cosa ne pensate?
Conosciamo il nostro Stato, in quale stato siamo …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Aprile, 2012 @ 8:22 am ÂDetto altrimenti: “Rem tene, verba sequentur” (Cicerone) : abbi chiaro il concetto che vuoi esprimere. Le parole, poche, quelle necessarie, ti verrano da sole. E allora …. “multa paucis”, esprimiamo importanti concetti con poche parole, con un nuovo “lessico familiareâ€. L’Italia è casa anche nostra. Cerchiamo di capire cosa ci manca per comprendere come è amministrata. Già , perché se lo Stato va male, travolge anche la nostra Comunità Autonoma Trentina.
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 Il bilancio
Un bilancio è composto dallo stato patrimoniale (consistenza e valore dei beni che possiedo) e dal conto economico (nell’anno, ho guadagnato o perso?). Poi vi può essere anche il prospetto fonti-impieghi: cioè da dove ho preso i soldi e dove li ho messi. Parliamone.
Aspetto finanziario: incasso più di quanto spendo o al contrario …
Quando si parla di bilancio dello Stato, in realtà , purtroppo,  si parla solo di flussi finanziari: se lo Stato incassa più di quanto spende, si dice che c’è un avanzo che va a ridurre l’indebitamento pubblico. Al contrario se le uscite superano le entrate, si ha un deficit che viene coperto con l’incremento dell’indebitamento pubblico.
Aspetto patrimoniale: quanto vale il mio patrimonio?
Vi è poi il patrimonio dello Stato, cioè gli immobili, le sue società etc. (attivo patrimoniale). Diminuito dei debiti (passivo patrimoniale) ci dà il valore patrimoniale netto, che può essere valore attivo, se l’ammontare dell’attivo supera l’ammontare del passivo, e valore passivo in caso contrario.
Aspetto economico: produco utili o perdite?
Nell’anno, lo Stato ha guadagnato o ha perso? Si, perché io posso vendere un immobile a meno di quanto a suo tempo lo acquistai: miglioro la finanza perché incasso denari, ma registro una perdita economica. Tuttavia il concetto di utile economico non può applicarsi allo Stato che deve costruire strade, occuparsi dell’ordine pubblico, delle scuole etc. anche se non ne trae un utile economico.
In questa sede, lasciamo da parte gli aspetti economici e rivolgiamo a nostra attenzione all’aspetto finanziario e, marginalmente, quello patrimoniale.
Finanza
Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare, diceva Seneca. Quindi innanzi tutto la politica deve avere un “Programma di Governo†(meglio se contenuto in una decina di pagine), corredato di un “Piano Strategico†che preveda gli andamenti e i corsi degli avvenimenti. In particolare deve saper prevedere se ci sarà un avanzo o un disavanzo finanziario ovvero se l’indebitamento pubblico aumenterà o diminuirà .
Voglio fare alcune “coseâ€. Quindi ho bisogno di denaro. Questo è il mio fabbisogno finanziario. Dove trovo i soldi? Questa elencazione è la “copertura finanziariaâ€. Ora, sarebbe bello per i cittadini che lo Stato offrisse loro un prospetto finanziario “Fonti-Impieghi†cioè mostrasse da dove e con che priorità lo Stato prende (tutti) i denari (elenco dele fonti) e verso dove e con quale priorità  destina (tutti) i denari che ha raccolto (elenco degli impieghi). Il tutto per voci raggruppate in modo omogeneo cioè per raggruppamenti chiari, leggibili, significativi e comprensibili e non per raggruppamenti disomogenei e quindi non significativi, illeggibili e fuorvianti. Questo per tutte le voci. Non come oggi talvolta avviene, solo  in modo assolutamente parziale, del tipo: “Quanto ricaviamo dall’evasione fiscale lo destiniamo a ridurre le tasse†oppure, “Aumentiamo le accise sulla benzina per finanziare le Cinque Terreâ€. Si, vabbè, ma il resto …?
 “Pecunia non olet”, il denaro non ha odore, rispose l’imperatore Vespasiano a chi gli faceva notare che i vespasiani pubblici a pagamento che aveva fatto installare sarebbero stati maleodoranti. Il denaro non ha il cartellino, diciamo noi, e invece questo cartellino dobbiamo metterlo, oggi, ad ogni euro in circolazione … ma  la tracciabilità  non può essere solo del denaro privato, ma anche di quello pubblico, a maggior ragione. Le “scatole cinesi” e i “flussi di denaro cinesi” non devono esistere, nè nel privato nè tanto meno nel pubblico.
L’aspetto patrimoniale
E’ trascurato. Troppo. Da tutti. Media compresi. Alcuni esempi:
1) Dalla trasmissione televisiva Report abbiamo appreso che da anni la Croce Rossa Italiana non presenta al Ministero competente il proprio bilancio, come invece prescrive la legge. Nel frattempo sarebbero mancati all’appello (sic!) numerosi immobili di sua proprietà , mentre altri, fra cui ville imponenti in posizioni splendide, sarebbero lasciate andare in rovina. Domando: chi ha permesso o voluto tutto ciò? Di quanto nel frattempo si è impoverito il patrimonio pubblico?
2) La Reggia di Carditello (Na): un gioiello in pieno sfacelo. Domande? Come sopra.
3) Il preziosissimo mobilio storico della Reggia di Venaria Reale (To) è stato rubato, portato via con i TIR! Domande? Come sopra.
4) Come si evolve il valore ed il patrimonio netto (al netto dei loro debiti, di cui fra l’altro non si parla mai) delle SpA pubbliche statali (e delle banche sovvenzionate con denaro pubblico) i cui top manager sono sempre pagati a livelli stratosferici “a prescindereâ€? Domande? Come sopra.
Altro dirvi non vo’
che lunga elencazion non vi sia grave …
L’informazione
L’informazione data ai cittadini è troppo saltuaria ed episodica. Essa viene data soprattutto quando “fa notizia†e viene interrotta quando vi è un altro argomento che “fa altra notiziaâ€. Chiodo scaccia chiodo e noi ci indigniamo, di volta in volta, solo per l’ultima informazione ricevuta, dimenticando le altre. “Quo usque tandem abuteris patientia nostra?” E ci risiamo con Cicerone … fino a quando si potrà contare sull’abuso della nostra capacità di sopportazione?
La comunicazione
Dopo essere stati informati, possiamo e dobbiamo comunicare. Comunicazione, communis actio, azione comune, confronto consapevole. Spesso confusa con l’informazione. Quanto costa un’ora di sosta? Un euro. Questa è informazione. Siamo ammessi a ragionare insieme sulla politica della mobiltà cittadina? Questa è comunicazione. Infatti, anche la tecnologia si è evoluta e dalla IT, Information Technology si è passati alla ICT, Information Communication Technology.
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FUNIVIA DEL BONDONE: BICICLETTE IN MONTAGNA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Marzo, 2012 @ 11:24 amDetto altrimenti:Â valorizziamo i dislivelli e le piste ciclabili, due importanti risorse trentine
Tempo fa auspicai la valorizzazione di una risorsa trentina: i dislivelli, e non solo per lo sci. Ad esempio, infatti, con la nuova funivia del Bondone, si potrebbero intercettare le comitive di cicloturisti che già provengono da Passo Resia diretti a Verona o a Riva del Garda, (e farne arrivare di ulteriori) portandole in Bondone e da lì farle planare verso ovest (Aldeno, km. 22) o verso sud (Lagolo, Cavedine, Dro, Arco, Riva, km. 45 circa), realizzando e “vendendo†un nuovo prodotto turistico unico in Europa: “Da Passo Resia a Merano, Bolzano, Trento, Monte Bondone, Rovereto/Riva del Garda, Verona, Mantova, in pista ciclabile e per la tratta Riva-Peschiera in battelloâ€. Prodotto turistico unico, dicevo, quanto a dislivelli e a varietà di ambienti. Quanto a lunghezza il percorso sarebbe secondo solo alla ciclabile del Danubio.
Bici in montagna: di fronte alla carenza di neve e di soldi, potrebbe essere un prodotto integrativo dell’offerta turistica trentina.
Bici in Trentino: si veda il mio post di qualche giorno fa sul Bicigrill di Nomi: le due Comunità Autonome Trentina e Sud Tirolese hanno una grande opportunità : attribuire centralità al progetto di un sistema bi-comunitario (cioè regionale) di piste ciclabili, attraverso il loro sempre migliore raccordo e manutenzione, attraverso l’organizzazione e la vendita di tutti i prodotti turistici connessi: guide, accompagnatori, organizzazione di viaggi, trasporto bagagli, noleggio bici, prenotazione alberghi etc., come oggi già fanno sulle nostre ciclabili organizzazioni di fuori regione. Magari finanziando l’avvio di Cooperative di giovani.Â
Subito dopo la mia proposta ci fu una presa di posizione contraria della SAT: bici in funivia in Bondone? No! Io mi imito a registrare che la Rivista Nazionale del CAI, di maggio giugno 2011 apre con una copertina e con un copioso articolo dedicato ai percorsi ciclistici in montagna.
Da iscritto al CAI Sezione Ligure da quasi 50 anni, da ex Istruttore Sezionale di Alpinismo (iniziai ad arrampicare sui sassi della Liguria insieme ad Alessandro Gogna, ai fratelli Calcagno, a Lorenzo Pomodoro, ai fratelli Vaccari, etc., ma poi le nostre “strade alpinistiche†si divisero!), da Trentino acquisito da 25 anni, velista e non motoscafista, subacqueo in apnea e non con le bombole, ciclista e non motociclista, compagno di studi e di militare del past President del CAI, Roberto De Martin, già frequentatore e conoscitore delle pareti del Brenta e delle Pale di San Martino, amico del grande compianto Michele “Micel†Gadenz del “Rifugio Rosettaâ€, non auspico certo che le montagne siano invase dai ciclisti. Auspico invece che tale attività sia regolamentata e rigorosamente incanalata su apposite piste ciclabili riservate (a fianco delle strade o delle piste da sci già esistenti, ad esempio) liberando i sentieri sui quali oggi essi transitano contestati da molti, sentieri che invece potrebbero essere loro rigorosamente interdetti. Pertanto, ciclismo montano come risorsa economica e come rispetto dell’ambiente.
Concludo: il 29 marzo ho percorso in 61 km le nuove ciclabili della Busa del Garda: partendo da Riva sono andato a cercarmi quella che dal ponte romano di Ceniga, scorre lungo la base della montagna per poi, da Dro a Pietramurata, arrampicarsi fra i boschi là dove si sta lodevolmente realizzando una piazzola per l’atterraggio degli elicotteri di soccorso agli alpinisti incidentati. Raggiunto Sarche, nel ritorno, dopo una doverosa visita al bel Lago di Cavedine, sono tornato verso nord a Pietramurata ed ho percorso verso sud la ciclabile Pietramurata-Dro, alla scoperta del nuovo tratto Vecchia Centrale Idroelettrica Austriaca – Dro. E quindi a Riva.  Che dire? Insieme al mio compagno di pedali ci siamo fermati una decina di volte a fotografare scorci bellissimi ed interessanti, che senza la ciclabile non avremmo mai visto. Complimenti quindi ai Sindaci della Busa!
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E allora, “scaliamola” questa montagna, il Bondone, che vorrei vedere reclamizzato come“Trento 2000†e valorizziamo i circuiti delle ciclabili anche attraverso i nostri dislivelli!
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ESODATI: EQUITA’ ANCHE PER I LORO DIRITTI ACQUISITI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Marzo, 2012 @ 7:23 pmDetto altrimenti: cosa si intende fare per gli esodati?
Esodato (bruttissimo neologismo da “esodo”, azione di colui che se ne va, lascia, abbandona, in questo caso, il lavoro) è l’ex lavoratore il quale, avendo previsto che entro breve avrebbe ricevuto la pensione, ha accettato di dimettersi o è stato “dimesso†e che ora, a seguito dell’innalzamento del periodo per potere ricevere la pensione, si trova senza lavoro senza pensione per alcuni anni. Che fare? Qualcuno lo deve sostentare, ovviamente.
A mio sommesso avviso era ed è un diritto acquisito anche il diritto che questi lavoratori erano convinti a buona ragione fosse tale, cioè “acquisitoâ€, di poter far conto sulla legge che vigeva al momento della loro uscita dal mondo del lavoro.
Infatti non possono essere acquisiti solo i diritti alle super retribuzioni, super pensioni, super liquidazioni, super benefit scandalosi di politici, bancari, burocrati e manager pubblici (o anche privati, se ricevono contributi o finanziamenti pubblici). Come pure sembrerebbe ingiustamente acquisito il diritto a continuare a far finanziare partiti politici che non hanno più alcuna rappresentanza in parlamento e che poi si trasformano in fondazioni o le creano e che poi … insomma avete capito (comunque “a loro insaputa†per carità …).
Il TG3 sera del28 marzo 2012 ha interrogato alcuni parlamentari di tutti i partiti sul problema degli esodati: i parlamentari hanno chiaramente mostrato di non sapere “cosa†fossero costoro (“Esodato? Chi era costui, direbbe il Manzoni) e comunque di non conoscere nemmeno l’esistenza del problema.
Il governo però li conosce. Pare infatti avesse previsto che costoro sarebbero stati  70.000 e pertanto si sarebbe preparato a sostenere economicamente tale massa di esodati. Ora invece sembra che gli esodati possano essere oltre 300.000. Ed allora, prima di imporre altre tasse a carico della popolazione, innanzi tutto si recuperino risorse finanziarie a carico degli sprechi e delle esagerazioni cui si accennava sopra.
Riforma del lavoro? Ok, ma non solo dei licenziamenti, e non solo di una parte dei lavoratori, ma anche delle retribuzioni, di tutte, comprese quelle oltre €350.000 all’anno! Una rivisitazione completa anche di questo aspetto si impone. Altrimenti sarà una mezza riforma. Oppure mi verrà a significare (per dirla con Camilleri) che la riforma non se ne occupa perchè “quello” non è lavoro. Fate vobis.
Ora, poiché questo mio scritto potrebbe essere interpretato a critica un po’ di tutti i settori della politica, vorrei pregare di non etichettarlo come “antipoliticaâ€, lungi da me …  che invece anelo ad un po’ di vera politica, cioè di interesse per la Polis, per lo Stato, cioè per tutti i Cives, i Cittadini … Se poi proprio volete etichettarlo, definitelo per quello che è: contro questo modo quanto meno superficiale di fare politica.
Intendiamoci: se non fossero intervenuti i Presidenti Napolitano e Monti, avremmo preso la via della Grecia. Quindi, grazie, Presidenti, grazie!  Tuttavia un mio importante e notissimo capo in una società trentina della quale ero direttore, una volta mi disse: “Non dobbiamo soffermarci a elencare ed elogiare le cose fatte bene. Questo è semplicemente il dovere di ognuno. Vediamo piuttosto ciò che ancora non va†Ed era un Trentino molto, molto noto … vi assicuro … un Presidente anche lui … chi mi conosce indovinerà : lo aspetto nei commenti al post.
P.S.: Stime errate? Mi ricordano il Gen. Custer, il quale aveva mandato un soldato in cima alla collina a stimare quanti fossero gli indiani che si accingevano ad attaccarlo. “Sono 20.004, Signor Generale: uno di sentinella a ciascuno dei quattro angoli dell’accampamento e gli altri … saranno …. 20.000â€.
INCONTRI – 14) MERY MODENA, BICIGRILL DI NOMI (TN)
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Marzo, 2012 @ 6:37 am ÂÂ
Detto altrimenti: un utente del bicigrill osserva; Accoglienza, Cordialità  ed Ospitalità Trentina, prima ancora che semplice ristorazione e assistenza tecnico-ciclistica, che pure non difettano!
Da due anni pensionato e dopo una parentesi di 20 anni (!) sono di nuovo ciclista. Mentre tanti anni fa, spinto dalla vigorìa giovanile, quasi snobbavo le piste ciclabili sia perché ve ne erano poche sia perchè  “non erano in salitaâ€, oggi le apprezzo moltissimo anche se, dopo un po’ di allenamento, sono ben riuscito a rifare il Bondone da Aldeno. Ma di rifare il “giretto†Trento, Bosentino, Telve di Sopra e di Sotto, Passo del Manghen, Val Floriana, Trento (fatto anni fa con con l’amico Lino) non se ne parla nemmeno! Tanto meno quell’altro “giretto†che feci in Piemonte con l’amico Paolo: Cesana Torinese, Monginevro, Lautaret, Galibier, Telegraf, Moncensio, Città di Susa, Cesana Torinese  … che dire? Viva la gioventù! L’anno scorso piuttosto, mi sono iscritto all’Associazione ciclistica UISP … insomma, ho ricominciato in modo più umano! E questo mio ritorno all’antico bene si sposa con una crescente cultura bicicloturistica del Paese in generale e della nostra Regione in particolare. Il che è un fatto molto positivo. Si veda, al riguardo, quanto è accaduto in Olanda, raccontato nel mio post del 28 febbraio 2012. Orbene, a forza di fare piacevolissime soste al Bicigrill di Nomi, di bermi un succo di frutta o un caffè sempre accompagnato dal sorriso della Mery, ho pensato di realizzare questo “Incontroâ€.      Â
Mery, come è nata in voi l’idea di dedicarvi a questo tipo di attività ?
Vi sono stata chiamata dopo un solo anno di gestione da parte della FIAB
Siete subentrati a precedenti gestori o avete operato ex novo? In altre parole, come si è creato ed evoluto l’ “avviamento�
Praticamente è stata una gestione ex novo, avendo dovuto organizzare tutto
Quante persone vi lavorano?
Cinque, a rotazione, me compresa
Una curiosità . Chi è il “capo†della vostra organizzazione?
Sono io stessa
Quali investimenti avete effettuato sulla struttura?
Il chiosco era vuoto … fai tu
Qual è la tipologia dei vostri clienti?
Di tutte le categorie: sportivi impegnati, pensionati, comitive di turisti stranieri e italiani, giovani …….
Ho notato che il vostro Bicigrill è frequentato anche da non ciclisti
Sai, essendo contiguo anche alla strada carrozzabile, abbiamo spesso famigliole, contadini, operai, motociclisti … insomma, è una struttura che svolge una funzione plurima
Ho notato che moltissimi vostri clienti sono diventati anche vostri amici, il che vi fa onore
Se l’avventore si trova bene, ritorna, e a forza di “ritornarci e ritrovarci†si diventa amici, anche se la parola è molto impegnativa. Tuttavia è indiscutibile che il rapporto che si instaura è quanto meno di reciproca disponibilità e simpatia
Il ponte in costruzione: come cambierà la viabilità della pista ciclabile?
Se il bicigrill sarà “tagliato fuori†da un eventuale nuovo diverso percorso ciclabile, probabilmente molti ciclisti non vi si fermeranno più. No so se è prevista una sua ricollocazione in altro sito
Per evitare ai cicloturisti l’attuate pericoloso attraversamento del ponte automobilistico, invece di costruire un ponte che riporta i ciclisti dalla destra alla sinistra Adige, non sarebbe bastato, due km a monte, far proseguire la ciclabile sulla sinistra Adige anziché spostarla per questi stessi 2 km sulla destra del fiume, e invece spostare semplicemente il Bicigrill dalla destra alla sinistra Adige? In tal caso la spesa sarebbe stata assolutamente minore e i tempi di realizzazione brevissimi! Il tracciato della ciclabile a sinistra Adige esiste già , sarebbe bastata un’asfaltatina …
Di idee, parole e commenti ne abbiamo sentiti tanti. Certo che la soluzione cui accenni avrebbe potuto risolvere più rapidamente ed economicamente il problema. L’attraversamento del fiume da parte dei ciclisti locali non provenienti dalla ciclabile si sarebbe potuto ovviare con un paio di semplici raccordi ciclabili
Non sono aggiornato: ho solo letto sul giornale che avreste problemi con la concessione e a mia volta ho scritto una lettera alla stampa locale per testimoniare l’ottima qualità del vostro servizio. Chiedo: in che termini esiste il problema?
Be’, abbiamo un contratto che si rinnova di vota in volta e non ci è stato disdettato. Tuttavia nel frattempo il Comune ha lanciato un bando di gara per la gestione della struttura (?) al quale noi non abbiamo ovviamente partecipato … staremo a vedere
Grazie Mery. Come utente del bicigrill non posso nè voglio entrare nella questione dei vostri rapporti con i soggetti concedenti. Ti auguro comunque che si tenga conto dei vostri  risultati, e cioè l’ottima qualità del servizio e soprattutto i rapporti umani che avete saputo creare fra voi e la vostra utenza, la quale testimonia l’alta qualità della vostra “ACCOGLIENZA TRENTINA†dei turisti. Infatti già due volte, a me che conosco un po’ il tedesco, è capitato di ascoltare i commenti ammirati di ciclisti d’oltralpe sul rapporto amichevole che essi vedevano instaurato fra voi e i ciclisti “nostraniâ€, in un clima di accogliente familiarità . Che poi è ciò che maggiormente contraddistingue ogni migliore servizio turistico: la qualità dell’ospitalità trentina deve essere prevalente rispetto ad una eventualmente superiore qualità del “servizio†in senso materiale. In altre parole, ho riscontrato che si predilige molto di più la qualità dei “modi dell’accoglienza†rispetto a quanto servito sul vassoio delle portate, il quale tuttavia, da voi, non è certo deficitario.Â
Infine mi domando: il sistema delle ciclabili Trentine ha ormai valenza provinciale ed anzi deve crescere a DIMENSIONE REGIONALE, come elemento importante della attrattività turistica trentina e sudtirolese. Non mi sembra conveniente quindi lasciare l’organizzazione delle singole tratte della rete ciclo-viaria e dei relativi servizi di supporto a ciascun Comune interessato per vari motivi: 1) occorre creare una immagine omogenea dell’Offerta Trentina, SUL VOSTRO STANDARD DI ACCOGLIENZA; 2) i ponti sono costruiti con denari della PAT; 3) in fase di crescita si decentra, in fase di recessione (quella attuale, purtroppo) si accentra; 4) occorre ricondurre le componenti della rete a sistema funzionale, non a semplice somma di addendi.
SISTEMA FUNZIONALE REGIONALE che ai sempre più numerosi cicloturisti che transitano sulle nostre ciclabili anche in folti gruppi e a più tappe gioraliere, ad esempio da Passo Resia al Garda Trentino, offra ciò che troppo spesso viene offerto da organizzazioni di fuori regione: la pianificazione del viaggio, il trasporto a monte con bus o funivia, il noleggio della bicicletta, l’accompagnamento, il trasporto bagagli, le prenotazioni alberghiere, l’assistenza medica e meccanica, depliant con le informazioni turistiche, etc.. E se deve e può essere solo un SISTEMA REGIONALE, per il Trentino la materia deve e può essere gestita solo dalla Provincia.
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BOCCADASSE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Marzo, 2012 @ 7:00 amDetto altrimenti: intermezzo di poesia che sa di focaccia genovese
Alla TV è ripresa la serie del Commissario Montalbano, la cui eterna fidanzata Livia abita a Boccadasse. Bucca d’ase, bocca d’asino … E’ una piccola baietta che forma un’ansa somigliante alla “bocca spalancata di un asino” , antico borgo di pescatori ormai completamente inglobato dentro  la città di Genova, il quale ha però mantenuto le caratteristiche architettoniche originali di fine ‘800. Ci si arriva facilmente a piedi scendendo per una creuxa (stradicciola pedonale) dalla paseggiata del Corso Italia, là dove questa finisce, verso est, “chiusa” dalla Chiesetta del Borgo, adornata di ex voto di marinai scampati al naufragio: quadri, fotografie, modellini di velieri …
Ecco come l’ha vista, ben tredici anni fa, mio figlio Edoardo, oggi trentenne:
          “Boccadasse”
Degli anziani pescatori e di reti più ruvide,
appress’al varco uman
de l’abisso,
sottile serba l’eco antica
Boccadasse, e quell’innomato odor
d’anni votati alla pira.
Ti vidi in grazia di neve,
nell’abito scomodo pei tetti tuoi sorpresi.
Ti vidi quando i sassi balzellavo
sul blu che t’appaga.
E ti vedo adesso, anfiteatro sul tardo mover
de’ gozzi,
ti vedo.
Son l’alieno.
son io il mondo che,
pria del tempo,
pur fu.
Al freddo bagno di luce,
seguo l’onde a macchia fuggir
via via più scure;
d’intorno, piangono secche sorti
quei legni traditi, or di raminghi felini
un soppalco.
Nel volger le spalle
al caro fraseggio de l’acque
saluto il guscio d’origine,
ma ‘l ligure mar a sua grand’arte
queta dei ciottoli gli spigoli,
e ‘l mio passo fa mesto.
Ed ecco come l’ho vista io, qualche anno fa
“Boccadasse”
A fine settembre alle sei di mattina è ancora buio. Non siamo in molti con cane e guinzaglio in Corso Italia. D’altra parte Ilios, un bel dalmata di tre anni dal carattere dolcissimo, aveva ormai iniziato a passeggiare discretamente per il corridoio sino alla porta di casa, facendo tintinnare la sua medaglietta in modo inequivocabile… Â
Dal muretto della piazzola dietro la chiesa parrocchiale ci affacciamo sul porticciolo di Boccadasse. Il mare è calmo. Una leggera brezza di terra lo scurisce d’un ammaliante blu notte. Al largo qualche lucina brilla sulla propria barca, al pari delle ultime stelle non ancora cancellate dall’alba. Il profilo del Monte Fasce, la curva della costa da Quarto a Camogli e, di fronte, il Promontorio di Portofino gli fanno da cornice.   Abbassiamo lo sguardo ed in silenzio osserviamo i movimenti a loro volta silenti, quasi sacri e rituali di alcuni vecchi pescatori, pescatori vecchi. Uno o due di essi, a turno, afferrano il proprio gozzo, lo trascinano sullo scalo, ne legano una estremità alla carrucola ancorata al muretto e quindi, lascando la cima, con una spinta lo fanno scivolare in acqua. Infine, pongono a lato il carrellino, che resterà a testimoniare che una barca è uscita in mare. Tutto ha una sua funzione. Il gozzo siadagia sull’acqua, accomodandosi con un lieve rollìo, soddisfatto al pari di una signora che finalmente abbia trovato sul tram un posto libero dove sedersi. Gli scogli sono vicini, ma i pescatori hanno stipulato un accordo con quel poco di mare di cui dispongono: loro lo amano e lo rispettano, ed egli frena gli scafi e li protegge dagli urti. Alcuni procedono a remi. Dopo averli fissati sugli scalmi remano eretti, volto in avanti, appoggiandosi su di essi come gondolieri veneziani. Non hanno fretta, ma non sprecano tempo in movimenti inutili. Infatti in pochi minuti il gozzo è al largo, intento ad assecondare l’andamento delle onde, a recuperare reti, nasse, palamiti, o a calare bollentini. Altri sono dotati di motore. Vecchi diesel entrobordo, che stentano un po’ a mettersi in moto ed all’inizio scoppiettano lanciando anelli di fumo rotondi e regolari, come se anch’essi fumassero il toscano o la pipa al pari dei loro armatori. E se alcuni escono, altri rientrano, accompagnati dal volo dei gabbiani e dagli sguardi attenti dei gatti.
Più in alto, in Corso Italia, il traffico cittadino si è già risvegliato ma sulla spiaggia non se ne avverte il rumore. Qui il tempo si è veramente fermato: per il grande silenzio, per gli spazi ristretti e preziosi, per l’architettura delle casette marinare dai colori a pastello e soprattutto per i gesti e la vita di questa umanità sopravvissuta al progresso, fatta di pescatori, di vecchiette sedute sull’uscio di casa, e perché no, anche di gatti interessati all’andamento del tempo e della pesca, marinai e pescatori anch’essi.
Sono parte di questo incantesimo. Mi accosto alle barche, le guardo come se mi aspettassi una loro parola, un cenno di saluto. Mi avvicino ai pescatori. Non parlo. Li osservo, grato che accettino la mia presenza, che non si chiedano che cosa voglio. Ascolto il loro dialetto, che tanti anni fa era anche il mio; mi godo la musica di quelle poche parole, delle cose semplici che raccontano. Nelle voci, nei gesti, negli sguardi credo di potere cogliere tutta la loro vita. Ed invece come posso sapere quanto hanno vissuto, gioito, sofferto, pescato, amato, sperato, navigato?
La luce aumenta. E con lei arriva il profumo della focaccia appena sfornata. Ne compero un pezzo, avvolto nella carta da pane, e lo mangio con gusto, bevendoci sopra il sapore del mare. Risalgo la scaletta. Entro nella chiesa, adorna di modelli di velieri sospesi fra le colonne, e prego. Cara Boccadasse, cari amici, tornerò a trovarvi, la prossima volta dal mare, a vela, all’alba, con il mio Fun, lo prometto.
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E dopo il “cane di mare” in nostro caro dalmata Ilios, ecco il “gatto di mare”, troneggiante su un gozzo a Boccadasse:
Gatto di mare
Non insegui il Tempo
e grato
il Tempo
non ti rincorre.
Immobile sulla tela di un gozzo
assapori l’amico profumo di pesce
il caldo insperato del sole invernale
e mi osservi
col nobile sguardo
del marinaio antico
al quale ogni giorno tu presti la barca.
Voglio indossare
pantaloni di tela
colore del mare profondo
sfumati di bianco salino
sedere in silenzio al tuo fianco
su questo gradinoÂ
dal bordo ormai liso e rotondo
per non disturbare
segreti
ricordi
speranze
e tesori
dei gatti del postoÂ
e dei pescatori.
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INCONTRI – 13) EDOARDO PELLEGRINI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Marzo, 2012 @ 6:00 amDetto altrimenti: Nonesi e Solandri … e Genovesi … libera nos Domine!
Edoardo (noneso!) ed io (genovese!) ci siamo “incontrati†in un Forum internet riservato ai ciclisti. Già , perchè Edoardo ed io siamo due ciclisti. E poi si chiama come mio figlio, ragion per cui quando, parlando con mia moglie, nomino “Edoardoâ€, se mi voglio riferire a lui punto il dito verso alto (per riferirmi al “nordista”) e mi moglie capisce. Altrimenti se non aggiungo alcun gesto, è inteso che mi sto riferendo a mio figlio, ormai “suddista” bolognese da anni. E poi Edoardo abita a Cavareno, in Val di Non, valle nota per la parsimonia dei suoi abitanti, dove io, giovane genovese andavo in ferie (e dove sennò?) … quando si dice le combinazioni … La cosa è avvenuta durante la fine della passata stagione ciclistica, quindi non abbiamo ancora potuto pedalare insieme, ma per questa primavera estate abbiamo grandi progetti. Incontrandoci, ho scoperto di trovarmi di fronte ad un “collega†pensionato, che però è “Maestro nell’arte di lavorare il legno.
Edoardo, so che eri disegnatore tecnico, ma poi hai finito la tua carriera lavorativa con un’altra mansione                                                                                                                                                                       Si, i miei primi 18 anni di lavoro li ho passati davanti al tavolo da disegno, prima in due aziende metalmeccaniche di Brescia e poi all’IVECO DVD di Bolzano. Alla fine del 1988  ho deciso di cambiare genere di lavoro, allettato da una proposta fattami da un’azienda locale e dall’idea di poter così ritornare ad abitare a casa mia, abbandonando definitivamente la vita cittadina alla quale sono sempre stato poco avvezzo e che mi impediva soprattutto di praticare i miei hobby preferiti.
Da quando sei in pensione, hai potuto dedicarti maggiormente ai tuoi hobby ed alla tua bici. Parliamo un po’ del tuo laboratorio di falegnameria, che tu descrivi come dilettantistico, ma che a me sembra molto di più. Quando hai cominciato ad essere un “Maestro†del legno?
Devi sapere che quando comprai la casa, il luogo ove ora c’è il mio laboratorio era un fienile. Dovendo ristrutturarla è stato per me una necessità imparare a fare il più possibile da solo. Per i lavori di muratura me la son sempre cavata bene, mio padre aveva una piccola impresa edile per cui i rudimenti del mestiere avevo fatto in tempo ad impararli ma il resto, in particolare i lavori di falegnameria, sono venuti in seguito, quando è stato necessario arredare la casa. Il laboratorio è sempre stato il centro della mia attività ma soltanto nei primi anni 2000, quando ero vicino alla pensione, ha assunto la configurazione attuale, maggiormente orientata ai lavori di falegnameria. Tutto quello che si vede in foto e quindi le opere di muratura, pavimento, porte e finestre, impianti, banchi di lavoro, cassettiere, pensili ed anche molti attrezzi, li ho costruiti con le mie mani, in un lasso di tempo piuttosto lungo. Il macchinario pesante e molti elettroutensili che costituiscono la ricca dotazione del mio laboratorio, li ho potuti acquistare solo recentemente, impegnando una parte della mia liquidazione. Non credo di essere un maestro del legno, ho iniziato troppo tardi ad interessarmi di falegnameria ed anche se posso vantare qualche bella realizzazione, mi considero un appassionato più che un maestro e credo di avere ancora molte cose da imparare.
Quante ore al giorni vi dedichi?
Tantissime, specie nel periodo invernale. Il mio laboratorio è così accogliente e ben riscaldato che ci sto volentieri, dalla mattina alla sera e talvolta, quando sono particolarmente impegnato, anche fino ad ore tarde. Con la bella stagione le cose cambiano e prevale di gran lunga il tempo dedicato alle uscite in bicicletta ed alle passeggiate.
Fra le tu realizzazioni, di quali sei maggiormente fiero?
La realizzazione di cui vado maggiormente fiero è senz’altro lo stesso mio laboratorio. Ho progettato e costruito personalmente tutto l’arredamento e parte dell’attrezzatura di lavoro. A parte questo vado molto fiero della costruzione del tavolo a tre piedi che si vede in foto. Il progetto è di un amico di Rovereto, che ha concepito l’idea originale dell’opera, ovvero quella di poter incastrare fra loro le tre gambe, mediante una manovra molto particolare. Il tavolo è piuttosto grande ed attorno al piano di cristallo temperato possono trovare comodamente posto nove commensali. La particolarità del tavolo è che le tre gambe sono smontabili e possono essere assemblate solamente con una manovra combinata. Se sei interessato è possibile vedere
l’operazione ai seguenti link:
http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=KQ1YifNN7IA&feature=endscreen
La mia realizzazione  è stata oggetto di pubblicazione sul N. 33 (Settembre 2011) della rivista Legnolab della quale sono un collaboratore saltuario.
Non hai pensato di “allevare†qualche giovane a questa tua arte? In un periodo di crisi del lavoro, sapere fare quello che sai fare tu è una risorsa importante.
Potrei farlo ma non avendo figli a cui dedicare il mio tempo non saprei bene verso quale persona indirizzarmi. Mi pare infatti che le attività manuali, almeno come le concepisco io, siano assai poco attrattive per la massima parte dei giovani d’oggi.
Non credi che la Provincia potrebbe fare un censimento degli “artigiani dilettantiâ€, Maestri nel loro genere, per organizzare il passaggio generazionale di una importantissima cultura locale? Sai, io n conosco uno ad Arco, Maestro nel ferro e nell’acciaio. Quando smetterà di lavorare, il suo prezioso know how rischia di andare perso.
Sì, credo che sarebbe interessante e soprattutto sorprendente scoprire che c’è un mondo sotterraneo fatto di persone come me e che, in spazi talvolta molto angusti e scomodi, praticano ancora attività che si ritenevano scomparse da tempo o in via di estinzione, con grande passione e dedizione. Credo soprattutto che per evitare la scomparsa di preziosi know-how, dobbiamo imparare a condividere le nostre capacità con altri appassionati. Da questo punto di vista, pur conservando ancora numerosi tesori di conoscenza e di manualità , abbiamo molto da imparare dal mondo anglosassone, dove tali esperienze sono maggiormente condivise e quindi conservate e tramandate nel tempo. A questo proposito sono convinto che il web rappresenta una grande opportunità , almeno per quelli, sempre più numerosi, che hanno una sufficiente familiarità con quell’ambiente.
Veniamo alla tua famiglia. Merita il giusto spazio l’occasione in cui hai conosciuto tua moglie. Ci siamo conosciuti in pizzeria, a Cavareno. Lei era appena tornata dal Cile, dopo 33 anni di permanenza in quel paese e faceva la cameriera nel locale, di proprietà della zia. E’ stato il classico colpo di fulmine, ci siamo sposati nel 1985, pochi mesi dopo il suo rientro in Italia ma per conoscere quel lontano paese abbiamo dovuto aspettare una decina d’anni, a causa dei lavori di ristrutturazione della casa, che hanno assorbito tutte le nostre risorse economiche. Il Cile è un bellissimo paese, ricco di risorse minerarie, agricole e naturali ed il turismo, che pure meriterebbe tantissimo per la grande ospitalità dei cileni e la bellezza del paesaggio, è ancora assai poco sviluppato. Un vero paradiso nel quale meditiamo da tempo di ritornare.
E veniamo alla bicicletta. Da quando hai cominciato?
Piuttosto tardi, ero un motociclista convinto ma nel 1988 comprai la mia prima MTB con la quale iniziai a praticare moderatamente finchè non andai in pensione, nel 2008. Da allora il mio impegno è cresciuto costantemente, come il numero dei chilometri percorsi durante la stagione. L’anno scorso, come tu ben sai, ho raggiunto il record di percorrenza, 3500 Km,  ma quest’anno vorrei andare ancora oltre, diversificando maggiormente le uscite e puntando più alla qualità che alla quantità .
Preferisci la bici da corsa o quella da montagna?
Sicuramente la bici da montagna, anzi, quella da corsa non l’ho ancora provata, mi intimidisce la posizione raccolta che bisogna tenere ed inoltre, l’idea di poggiare per terra con due sottilissimi tubolari mi fa sentire assai poco sicuro, per cui preferisco di gran lunga la MTB, con le sue belle gomme scolpite, gli ammortizzatori motociclistici ed i freni potenti.
Qual è lo standard delle tue uscite?
Mi piace fare lunghe galoppate, specie su percorsi vari ma che non mi impegnino fisicamente allo spasimo, con percorsi troppo accidentati e salite troppo dure.
Mi piace godere il panorama, fermarmi nei posti più belli per scattare qualche fotografia, da condividere poi con gli amici. Non amo l’agonismo sfrenato e le gare, anzi, l’unica che faccio è con me stesso, per misurare i miei limiti e le mie capacità .
Da quel poco che ti conosco, tu non vai in bici con la testa ripiegata sul manubrio; ti fermi, guardi, osservi, fotografi, conosci. Raccontaci un tuo viaggio particolarmente istruttivo
Penso che il viaggio più bello lo debba ancora fare, magari una lunga galoppata a tappe sulle ciclabili dell’Austria (la faremo insieme! N.d.r.). Della scorsa stagione ho bei ricordi del viaggio andata ritorno da Tell, in val Venosta, fino a passo Resia. 158 Km in una sola giornata, che ricorderò sempre. Poi è stato molto bello andare in val Passiria, a Bressanone, Vipiteno, sulla ciclabile delle Dolomiti verso Cortina,  sulla ciclabile della vecchia ferrovia della val di Fiemme e in val di Pejo.
Quando ci siamo incontrati a casa tua la prima volta, a Cavareno, mi avevi ben avvertito che avrei trovato cambiato il paese rispetto a “sti anniâ€. E’ vero: ho notato i bellissimi platani della piazza in meno, ed una grande stalla a ridosso del Paese, in più. Tutto ciò a mio avviso non aiuta il turismo. Tuttavia sono certo che tu intendevi riferirti anche e soprattutto a ciò che è stato fatto di meglio, come ad esempio, con l’avvio della costruzione di una bella pista ciclabile. Parlacene un po’.
Tocchi un tasto dolente. Cavareno è molto cambiato, da quando ci venivi tu con la famiglia. Quello che mi sorprende di più è dover constatare il progressivo degrado del centro storico e dell’aspetto generale del paese, viabilità in particolare. Situazioni indecorose, come la fatiscente stalla che sta fra Cavareno e Sarnonico sono nocive all’immagine del paese e assai poco adatte a rappresentare l’agricoltura di montagna. La pista ciclabile giunge in alta valle con grave ritardo rispetto alle altre valli trentine, in particolare alla Val di
Sole, che ha una bellissima pista ciclabile da quasi vent’anni. La costruzione della pista ciclabile prosegue, come ti ho già detto, con molta lentezza ed anche se è stato aperto al traffico qualche spezzone di pista fra Romeno e Fondo, fra Cavareno e Ronzone, Malosco Amblar e Salter, mancano alcuni punti di raccordo che consentano di percorrere la ciclabile interamente, senza necessità di muoversi su strade trafficate. Proprio ieri ho fatto un piccolo sopralluogo in località “La Pienaâ€, fra Cavareno e Romeno, dove i lavori di raccordo fra il tratto di ciclabile proveniente da Cavareno e quello verso Romeno, procedono a rilento. Lo stesso dicasi per il ponte in costruzione lungo la statale, prima dell’abitato di Romeno e per il tratto successivo, quello che condurrà fino a Malgolo. Speriamo bene, abbiamo già perso molto tempo e con tutti questi lavori ancora da completare, chissà quando sarà possibile percorrerla per intero.
Per chiudere, un gossipâ€. So che Licia Colò possiede una casa sul dosso a fianco della ciclabile. Quando la vedi, salutala da parte mia, sono un suo grande ammiratore, la apprezzo molto come conduttrice televisiva e anche ….come donna! (Mia moglie è informata …)
Licia Colò? Non ho ancora avuto occasione di incontrarla, so che ha una bella casa vicino al Golf Dolomiti e che ogni tanto viene in Val di Non per riposarsi. Ho letto della sua recente intervista pubblicata su l’Adige (10 marzo 2012, pag. 49, n.d.r.) e condivido le sue opinioni circa le potenzialità turistiche ed ambientali dell’Alta Valle di Non, in gran parte ancora inespresse. Come lei, mi auguro innanzitutto che le praterie fra Fondo e Romeno possano rimanere intatte e che la coltivazione della mela rimanga confinata negli ampi spazi della valle che sono stati ad essa destinati. La coltivazione intensiva delle mele, con il largo uso di pesticidi che viene fatto, in media 90 Kg per ettaro secondo fonti della Fondazione Mach, rappresenta un pericolo per le rimanenti praterie e i boschi dell’alta valle e mi auguro che l’espansione continua delle coltivazioni, che hanno già stravolto buona parte delle praterie nella parte bassa di Fondo e Romeno, venga fermata, prima che sia troppo tardi.
Sai Riccardo, io faccio parte dell’Associazione Alta Val di Non Futuro Sostenibile, che si prefigge di tutelare il paesaggio, le qualità naturalistiche e la biodiversità dell’Alta Val di Non, in modo particolare le praterie che la caratterizzano.
http://www.altavaldinon-futurosostenibile.it/home/chi-siamo.html
Grazie Edoardo, sei una persona dai molti contenuti. I lettori del blog ti apprezzeranno.
P.S.: Ciclabili, terreno sottratto ai contadini? Guardate un po’ come hanno risolto il problema in Valle Aurina (Bz), Â da Brunico a Campo Tures: