ANCORA IN BICICLETTA: PESCHIERA-MANTOVA E RITORNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Maggio, 2012 @ 7:45 am

Detto altrimenti: avrei dovuto andarci con gli amici di UISP fra qualche giorno, ma non avrei potuto per rimpegni di famiglia (il compleanno di mio figlio Edoardo), e così ho anticipato la gita.

 

Edoardo Pellegrini sulla sinistra Mincio

Insieme all’amico Edoardo Pellegrini di Cavareno, Val di Non. 24 maggio (2012) … 24 maggio … “tacere bisognava andare avanti …” infatti si parte alle 09.00 in mountain bike da Peschiera (… siede Peschiera, bello e forte arnese, a fronteggiar Bresciani e Bergamaschi …), lungo il Mincio (… e come l’acqua a correr mette co’, non più Benaco ma Mencio si chiama, sino a Governol dove cade in Po). Così cita i luoghi Dante Alighieri nella sua Commedia. Attenzione: l’unico parcheggio gratuito nei giorni feriali si trova poco fuori del casello autostradale, sulla destra, di fronte al ristorante galleggiante “La Barcaccia”. Nei week end sono €0,50 all’ora. In città le tariffe della sosta sono molto più elevate. Queste notizie però in Dante non le trovate!

 

La circumnavigazione della fortezza di Paschiera

La sinistra (orografica) del Mincio, nel primo tratto (circa 4 km) sino alle chiuse che regolano il livello del lago di Garda e che consentono il passaggio fra le due rive, è sterrata. Per accedervi dovete infilarvi sotto una sbarra. Se invece volete l’asfalto, alla partenza dovete “circumnavigare” la fortezza in senso antiorario e quindi, percorrendo lungo un sentierino sterrato, vi immetterete sulla destra Mincio, asfaltata. Al ritorno, proveniendo dalla destra Mincio, la circumnavigazione è in senso orario.  Il percorso è quasi interamente asfaltato, in leggera discesa (ma se non pedalate non si va avanti). Le indicazioni sarebbero un pochino migliorabili. Poca acqua durante il percorso: portatevene molta. Alcuni scorci sono molto belli. In particolare addentratevi in Valeggio sul Mincio, dove fra le piccole rapide del fiume si “annidiano” invitanti ristorantini: peccato che si debba pedalare! E poi, lì vicino, il Parco Sigurtà … ma questa è un’altra storia. Non andate su questa ciclabile in piena estate: soffrireste troppo caldo!

Il bicigrill "Chiosco dei Mulini"

E poi, mamma cigno che immerge il lungo collo sul fondale per trarne alghe tenere che poi offre al suo piccolo che le gironzola intorno! Animali …un complimento per molti umani … Certo che noi Trentini, abituati all’aria fine delle nostre ciclabili quasi in quota, avvertiamo la diversità dell’aria, un po’ più “pesante”, nella quale si mescolano, soprattutto nella prima parte del percorso, profumi della natura e odori della città.  Molto accogliente il bicigrill Chiosco dei Mulini , “info-risto-point” nei pressi di Volta Mantovana (0039 335 1220087, info@chioscodeimulini.it, www.chioscodeimulini.it, 45°18’40,75’’ N, 10°42’7,06’’E).

 

 

 

 

Eccomi al primo lago: imbarcarsi o pedalare?

Dopo poco meno di 50 km, dietro una curva, appare il primo lago di Mantova. A me, genovese nato e cresciuto, ha fatto molta impressione: un piccolo mare là dove non te lo saresti aspettato, una piacevole sorpresa ma allo stesso tempo con un sottofondo di angoscia, per la consapevolezza che quel mare è … prigioniero della terra! Comunque un vero arricchimento del percorso.

 

 

 

 

In bici a Casa Gonzaga

Secondo lago. Bellissimo. Alcuni aironi si lasciano avvicinare. Incrociamo scolaresche (vedi post precedente). Andiamo in centro città. E’ giorno di mercato, biciclette alla mano. Molte foto. Constatiamo che il castello, il palazzo dei Gonzaga e molti altri monumenti ed edifici storici meriterebbero maggiore manutenzione, ma evidentemente le finanze sono quelle che sono. Tuttavia Edoardo ed io facciamo una riflessione: ecco le nostre industrie, sono le opere d’arte di cui il Paese è ricchissimo: meriterebbero maggiori investimenti dedicati.

 

 

 

 

 

 

Al ristorante

Pranzo al “Ristorante Panchina”, e quindi si torna. Giunti all’ultimo lago, prima di lasciare l’acqua, una scena dolcissima. Da lontano si avvicina una signora che sparge a piene mani pane secco per i molti volatili, i quali, tutti, si affrettano ai suoi piedi. Tutti tranne una coppia di germani reali. Lei ha una zampetta ferita e fatica a muoversi. Lui le sta vicino, e pur potendo muoversi liberamente, non va a godere della manna profusa dalla quella signora. Mi avvicino, getto alla coppia alcuni pezzettini di pane. Cadono un po’ troppo distanti da lei. Lui li prende e li porta alla sua compagna. E questi sono animali. Ora, ditemi voi come si fa a definire “animali” gli attentatori di Brindisi?

 

 

 

 

 

La flottiglia dei cigni

Sulla via del ritorno, una flottiglia di cigni ed un rapido temporale. Poi di nuovo un timido sole ci accompagna alla macchina. Compresi i trasferimenti urbani in Trento ho percorso 103 km, e la mia “parte lesa” (posteriore) si lamenta un po’ … forse cambierò il sellino con uno meno offensivo …

 

 

 

 

 

 

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OGNI PROMESSA E’ DEBITO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Maggio, 2012 @ 5:58 am

Detto altrimenti: un piccolo omaggio ad alcune professoresse

Il gruppo in arrivo

Dopo avere percorso in bici i 50 km che separano Peschiera da Mantova (cfr. post successivo), pedalavo ieri con un amico intorno ai Laghi di Mantova. Incrociamo una numerosa scolaresca, condotta e sorvegliata da alcune professoresse (prof). Saranno stati, ad occhio, alunni di prima media. Le prof duravano non poca fatica a tenere incolonnato il gruppo, lungo la pista ciclopedonale che, tutta a seni e a golfi, si snoda fra il verde dei prati e l’azzurro dei laghi.

 

 

 

Eccoli!

D’altra parte, che colpa farne ai ragazzi? Sole splendido, temperatura ideale, prati invitanti … condizioni perfette per correre liberi, per sfogare mesi e mesi di “reclusione” nei banchi, per sciogliere i muscoli desiderosi di riprendere appieno la loro funzione … ma tant’è … si sa, in queste circostanze occorre far prevalere un certo ordine per ovvi motivi … fra i quali garantire la sicurezza di tutti, ad esempio nell’incrocio con quei “rompi” di ciclisti!

 

Essendo io marito di una ex prof mi avvicino e faccio loro i complimenti: “Sapete, anche mia moglie era prof delle medie, a tempo pieno. Ora è in pensione. Complimenti per il vostro impegno”. Mi rispondono sorridendo: “Anche noi siamo a tempo pieno … ma in pensione chissà se quando ci andremo … ragazzi … biciclette! State a destra …!”
Nell’accomiatarmi da loro prometto di scrivere un post sul loro impegno esterno, anche per “consolare” una di loro che sta tornando indietro con un allievo per recuperare la sua macchina fotografica dimenticata su di una panchina. Ed eccomi qui, con un “post tecnico” a mantenere la promessa fatta.

 

Buon proseguimento, prof! Buona giornata, raga!

Buon lavoro, prof! Il vostro impegno e l’amore con il quale svolgete la vostra opera. Scrivo “opera”, in quanto definirla  ”lavoro” sarebbe riduttivo, pechè a voi si chiede il risultato della formazione dei giovani, dei futuri cittadini il che è molto di più che non operare su carte, documenti, scartoffie  o altro materiale inerte.

 

 

 

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LE BANCHE EUROPEE DEVONO ESSERE RICAPITALIZZATE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Maggio, 2012 @ 5:17 am

Detto altrimenti: lo ha detto anche Obama … ma prima pensasse alle sue di banche ed alle sue agenzie di rating, pensasse … benedetto Obama, già, perché in lingua araba Barak significa “Benedetto” (As salam aleikum, va rahmal Liali, va barakatu: la pace sia con te e la misericordia di Dio e le Sue benedizioni).

 

 

Lucio Rondelli, Credito Italiano, anni '70

Anni 1970. Economia in crisi. Stretta creditizia e valutaria feroce. Solo per farvi ricordare e capire: per ogni importazione dall’estero, l’importatore doveva versare a Bankitalia una somma pari al 50% del prezzo pagato per l’acquisto dall’estero, da accreditarsi in un conto infruttifero e vincolato per sei mesi! Nella seconda metà degli anno ’70, il costo effettivo annuo del denaro (non il semplice tasso nominale) era arrivato a toccare punte del 40% all’anno! Nei casi “normali” si parlava di tassi passivi nominali annui (a debito dei clienti) del 17-20-22 % e di tassi attivi (a credito dei clienti) del 7-9 11 %, con  margini enormi per il sistema bancario, che mai registrò bilanci così ricchi. In un periodo di forte crisi dell’economia reale, il top management bancario veniva pagato moltissimo.

 

A. Profumo, Unicredit anni 2000

Anni 2000. Oggi vanno male entrambi i sistemi, quello reale e quello bancario. Le banche hanno subito perdite ed hanno bisogno di essere ricapitalizzate. Tuttavia le retribuzioni “fuori scala” del loro top management non sono diminuite.  Domandiamoci quale è stata la causa delle perdite bancarie. Forse, in una misura preponderante, esse sono state generate da perdite su titoli di Stato, anzi, di Stati, investimenti che richiedevano che istruttorie limitate (che volete, lo fanno tutte le banche …e noi no?), indeterminatezza nella assunzione delle relative responsabilità (se non ci fidiamo dei debitori Stati, a chi vogliamo mai dare il nostro denaro?), garantivano alti rendimenti e rischi teoricamente limitati. Finché è durata, i bilanci delle banche ne hanno favorevolmente risentito. Idem le retribuzioni del loro top management.

Oggi quelle perdite hanno indebolito le banche. Le banche hanno bisogno di nuovo capitale proprio, cioè di forti aumenti di capitale, cioè di essere ricapitalizzate. Ma da chi? Con quali denari? In ultima analisi, qualunque sia il giro che i denari fanno, essi partono sempre dalle tasche dell’economia produttiva, dei lavoratori, dei pensionati. Da lì vanno negli organismi finanziari centrali italiani ed europei e da lì alle banche (“Percorso lungo”, capitalizzazioni indirette). Talvolta la banca lancia direttamente un aumento di capitale ed allora il percorso si accorcia (“Percorso breve”, capitalizzazioni dirette), ferme restando le tasche di partenza e quelle di arrivo del denaro.

Ma allora, se a pagare alla fine siamo sempre noi, propongo due interventi.
1) Che il conferimento di denaro alle nostre banche sia subordinato ad una sostanziale revisione al basso del sistema e dei livelli retributivi del top management bancario;
2) Che anche a fronte delle capitalizzazioni “indirette”, quelle cioè realizzate attraverso il primo dei due Percorsi citati, quello più lungo, ai cittadini siano attribuite azioni di quelle banche, a fronte dei denari che i cittadini pagano di tasse, che poi vanno allo Stato che poi vanno a …. e che in ultima analisi che poi vanno ad aumentare il capitale sociale delle nostre (appunto, nostre) banche.

Lo so, sembra un’utopia, ma che volete … dobbiamo pur avere delle utopie cui tendere nella vita, e poi dobbiamo pur parlarne di certi argomenti, insistere, diffondere cultura, conoscenza, presa di coscienza: l’Italia è nostra (pro quota, s’intende), è Casa Nostra (Casa, non Cosa, per carità, capiamoci!), abbiamo il diritto e soprattutto il dovere di esprimerci, anche sulle nostre banche. Chissà che alla lunga, a forza di seminare, non nasca la pianticella dell’equità …

Comunque per ora Profumo è passato al Montepaschi Siena…. che porti sfortuna, quell’uomo, visto ciò che sta capitando a quella banca? Profumo … profumo di soldi … ma per chi?

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COLPITI DA IMPROVVISA EQUITA’ … LIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Maggio, 2012 @ 5:31 pm

Detto altrimenti: vabbè umana pietà, però …

Vi avevo detto che avrei continuato ad ospitare articoli altrui. Ed eccone quindi un altro, a firma di Guanluigi Demarchi.

Inizia

Gianluigi Demarchi presenta un suo libro ...

“Nelle ultime settimane uno dei bersagli preferiti delle critiche al sistema è diventato Equitalia, l’esattore che provvede ad incassare le imposte non pagate dai cittadini per morosità. Le pagine dei giornali sono piene di inchieste sull’esosità della società  di riscossione, sulla sua “disumanità”, sulla sua responsabilità nei casi disperati di suicidio di persone in difficoltà economiche. Premesso che non si può restare indifferenti ai casi drammatici di chi si toglie la vita per disperazione legata ad una difficoltà economica che evidentemente diventa insopportabile, è bene fare qualche riflessione per evitare giudizi esclusivamente emotivi e non razionali. La prima osservazione è che i “perseguitati” da Equitalia sono, tecnicamente parlando, evasori fiscali. Sono persone che hanno sottratto al Fisco importi piccoli (ad esempio il canone della TV) o grande (ad esempio il versamento dell’IVA o dei contributi sociali dovuti ai dipendenti di  un’azienda).  La seconda osservazione è che Equitalia non è “colpevole” degli accertamenti a carico degli evasori. Questi infatti sono persone o imprese che sono state scovate in difetto nei controlli della Guardia di Finanza ed Equitalia è semplicemente l’ente incaricato di incassare quanto accertato e dovuto (quando si arriva a quel livello, ci sono già stati ricorsi e giudizi nelle commissioni locali). Quasi tutte le infrazioni risalgono a 5-6 anni fa, anche oltre; c’è stato tutto il tempo per ricorrere e pagare. La terza osservazione è che Equitalia non è “colpevole” dei fermi amministrativi o delle ipoteche sui beni dei debitori: applica una legge dello Stato e se non lo facesse violerebbe la
legge.  A questo punto si può (e si deve) discutere sulle modalità di riscossione, sulla loro flessibilità, sull’analisi
caso per caso, sui limiti minimi per adottare provvedimenti clamorosi come il blocco dell’auto o l’ipoteca di una casa. Una valutazione politica che spetta al parlamento, che dovrebbe adottare provvedimenti più  umani”, fermo restando (ed à bene sottolinearlo ancora una volta) che il debitore è un evasore fiscale. Perché tanta esecrazione nei confronti della categoria degli evasori in genere (sui quali tutti concordano,
perché sottraggono risorse allo Stato) e poi tanta commiserazione ogni volta che un singolo fa un gesto eclatante?”

(Gianluigi, ma se si trattava solo di una applicare procedure automatiche , perchè non se le è applicate direttamente la Pubblica Amministrazione? N.d.r.?)

Finisce

In tutto quanto sopra riportato, cosa c’è di mio? Solo l’avere evidenziato in grassetto due frasi di Demarchi. Se poi posso aggiungere un breve commento, noto che avere delegato ad una SpA la funzione di riscossione, sicuramente agevola il lavoro della struttura burocratica pubblica e rende più efficaci gli interventi di recupero delle somme dovute. Tuttavia ciò disumanizza e spersonalizza l’azione degli organismi pubblici dell’Agenzia delle Entrate, separando il potere di accertamento dalla responsabilità morale di procedure di esecuzione forzata che colpiscono indiscriminatamente chi non ha conservato la ricevuta del pagamento di un canone televisivo o di una contravvenzione per sosta vietata (piccolo evasore di buona fede) , al pari del grande evasore che abbia agito in totale malafede.

L’automatismo della legge infatti impedisce usi discrezionali distorti, e questo è un bene. Tuttavia altre volte la discrezionalità è pur ammessa e in misura non marginale, allorquando, ad esempio, di fronte ad un accertamento di 100 dell’Agenzia delle Entrate, si è ammessi a “concordare” la chiusura della pratica per importi (30?) molto inferiori all’accertato ma di rapido incasso, con buona pace della Corte dei Conti. Infatti, al riguardo, mi resta la domanda: o le maggiori somme non erano dovute, ed allora l’accertamento originario era stato un abuso strumentale; oppure esse erano dovute, ed allora il concordato priva lo Stato di somme a lui dovute.

Ed allora, se la discrezionalità è ammessa – ed in misura molto rilevante – in sede di accertamento, anche in sede di esazione si potrebbe prevedere l’intervento “intelligente” delle persone e non la semplice attivazione di una procedura automatica, la quale, ovviamente, non è dotata di intelligenza, sensibilità, discernimento, equilibrio, capacità di giudizio.

Infatti, se è vero che occorre attribuire incisività alla fase dell’accertamento, è altrettanto vero che spesso di questo potere forse da parte della Pubblica Amministrazione si è abusato solo per precostituire una forte base di partenza in vista dell’avvio della successiva trattativa con il contribuente. Ciò è dimostrato dall’enorme divario che spesso esiste fra le somme accertate (cioè di quelle quali si è previsto l’incasso) e quelle alla fine concordate con il contribuente.

Werner von Siemens

Una lezione in tal senso ci viene dal mondo tedesco. Lavoravo a Milano per una Società di un grande gruppo industriale tedesco. Un giorno entra nel mio ufficio un mio dipendente, un dirigente tedesco di nome Klage (Klage in tedesco significa “lamento”) e mi dice: “Disastro, Dottore, abbiamo due miliardi di utile!”. Ed io: “Bitte Herr Klage, keine Klage, per favore Signor Klage, nessun lamento. Infatti, se la nostra previsione era zero, abbiamo migliorato e non di poco. Di cosa si preoccupa?”. “No dottore, mi rispose, Lei è nuovo dell’ambiente e non conosce i Tedeschi: questo risultato vuol dire innanzi tutto che non siamo stati in grado di formulare previsioni attendibili. Ci dobbiamo aspettare una critica, non una lode”. Che dire allora di un Ufficio che prevede e dichiara di volere incassare 100 e poi si accontenta di 30?

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I TEMPI, I LUOGHI ED I MODI DELLA MORALE E DEL DIRITTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Maggio, 2012 @ 5:21 am

Detto altrimenti: morale e diritto, sempre, ovunque e nello stesso modo oppure solo ed in certi momenti, in certi luoghi ed in certi modi?

Non abbiate timore: non sto per intrattenervi con una riflessione filosofica. Le mie saranno solo otto semplici considerazioni pratiche.

Semiramide

1 – I tempi della morale. Il problema si pose già qualche anno fa alla regina Semiramide, la quale essendo affetta da libidine sfrenata, “libido fè licita in sua legge”, fece cioè diventare legittimi comportamenti immorali prima considerati illegittimi. In questo caso, tuttavia, si determinò la coincidenza della immoralità con la legittimità e quindi la sua trasformazione in amoralità. La morale, presumibilmente esercitata solo da poche persone, rimase tale e ovviamente non perse la sua legittimità, cioè non venne sanzionata (infatti la libido fi “lecita”, non “obbligatoria”). Quindi in quel tempo si poteva scegliere di essere persone morali o amorali ma sempre in entrambi i casi legittime: mai immorali e cioè non più illegittime. Ecco chi aveva inventato le gare di burlesque!

Il Codice Hammurabi

2 – Moralità, immoralità, amoralità. Prima ancora del diritto. Già nel codice di Hammurabi, qualche anno prima di Cristo, era scritto “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te stesso”. Al riguardo Cristo, per chi ci crede, ha “solo” (solo, si fa per dire) testimoniato con la sua vita un principio insito nella natura umana. E nelle cose del mondo ve ne sono tanti di principi innati, e non solo morali. Nella fisica, ad esempio. Chi ha deciso che un oggetto, lasciato libero, debba cadere verso il basso e non verso l’alto? La scienza fisica scopre le leggi, non le crea. Ugualmente noi scopriamo in noi stessi le leggi morali, non le creiamo. E vista l’impossibilità naturale di creare e di scoprire regole diverse, opposte, cioè immorali, così come non possiamo dare ordini alla forza di gravità, taluno, come già fece Semiramide, ripiega sulla amoralità, attraverso l’assuefazione con la quale egli droga la capacità di giudizio altrui, svilendola dal ruolo di censore dei propri comportamenti ad ammirato tendenziale emulatore degli stessi. Traduco: se Tizio ruba €100 a Caio è un ladro. Se poi lo scoprono, è anche pirla. Se invece Sempronio evade il fisco per €100.000.000 è un uomo di successo. Se non lo scoprono, è anche figo. Pagare le tasse? Ma quando mai … disse taluno …

Il filosofo del diritto Hans Kelsen3 – Morale e diritto devono coincidere? Taluno afferma di no e cita il caso in cui il diritto rende legittimi comportamenti che la morale (almeno quella di alcuni) condanna, quale l’aborto. Hans Kelsen, austriaco filosofo del diritto, la pensa così. Oggi, tuttavia, a mio avviso lo iato fra morale e diritto si sta allargando troppo. Dobbiamo correre ai ripari e fra i due mali, quello di un diritto troppo “morale” (quasi un integralismo islamico) ed un diritto completamente amorale (quello della Germania nazista), oggi dobbiamo scegliere il male minore, che è quello del riavvicinamento del diritto alla morale. Che poi male non è, anzi sarebbe un bene.

4 – DIRITTO e diritti uguali per tutti. O no? Diritti acquisiti. Il Codice civile non contempla questa figura. Si dice: il diritto a continuare a percepire stipendi “fuori scala” da parte di alti burocrati e manager è un diritto acquisito. Si dice: se lo violi, ti esponi a cause civili e del lavoro. Al che io replico: e il diritto degli esodati ad essere trattati secondo le leggi in vigore al momento della definizione della loro uscita dal mondo del lavoro, non era e non è forse un uguale diritto acquisito? Ma la legge non è uguale per tutti? Si che è uguale per tutti, però i super burocrati/manager hanno i denari e la capacità di intentare una causa di lavoro per reclamare lo status quo ante, gli esodati no. “Zompa chi può … ed io può”, disse quel superburocrate …

5 – I luoghi del diritto. Le due diverse violenze nelle manifestazioni di piazza e nel parlamento. Dall’esempio precedente vedete bene dunque che esistono due “luoghi del diritto”: quello degli esodati e quello dei super burocrati e dei super manager. Ed allora ognuno è portato a crearsi il proprio tempo e luogo del diritto: “Oggi e non domani, nel mio caso e non nel caso del mio vicino, a me serve questo. Se non me lo date, me lo prendo. Se mi impedite di prendermelo, mi ribello. E nel far ciò, non vado contro il diritto, bensì creo e difendo il mio diritto. D’altra parte lo stesso parlamento si crea il proprio diritto e definisce esso stesso i propri emolumenti”. Ma la nostra Repubblica e la nostra Costituzione non si fondavano sulla separazione dei poteri? Ed allora diamolo ad altri diversi dal parlamento stesso il potere di definire gli emolumenti del parlamento! Altrimenti, se non altro, come posso io infrangere la legge se mi comporto esattamente come si comporta il mio organo legislativo? Altrimenti, nel mio caso, più che di violazione da parte mia del DIRITTO (quello vero), io agirei di assenza del DIRITTO bensì in presenza del diritto di mia creazione. Con buona pece della convivenza comune.

Senza parole, siamo senza parole ...

6 – Le legge deve essere uguale per tutti, in ogni luogo e in ogni tempo. Soprattutto di questi tempi. Ma non basta: la legge ed anche, aggiungo io, lo spirito della legge, la sua interpretazione e la sua applicazione devono essere uguali per tutti. E stiamo attenti al lessico, cioè alle parole che utilizziamo. Un esempio: il finanziamento pubblico ai partiti politici. Un referendum popolare lo ha vietato. Nessuna paura: ci siamo (anzi, si sono) inventati il rimborso delle spese elettorali. Peccato che sia un rimborso superiore alle spese e che le spese non siano documentate. Ciò ha generato il formarsi di giacenze inutilizzate che poi i partiti hanno dirottato verso utilizzi impropri (cioè privati, ma a loro insaputa!) o sospetti e non controllabili (tramite Fondazioni). Che dire? Anzi, che fare? Io proporrei l’apertura di una inchiesta da parte della Corte dei Conti e del Giudice Penale. A cancellare la responsabilità del reato commesso non basta infatti intervenire sulla eroganda quantità futura di denaro. Sarebbe un po’ come se un ladro, colto a rubare 100, dicesse: la mia pena consiste nel fatto che domani ruberò solo 50! Ma taluno obietta: “Mio figlio è arbitro di calcio. In certi finali di partita, prima di decretare se assegnare un rigore, doveva valutare l’effetto che tale decisione può avere sulla folla, sulle squadre … ne sarebbe valsa la pena? Sarebbe stata una punizione determinante della partita, del campionato, dell’equilibrio comportamentale della massa degli spettatori”? Ecco, questi ragionamenti me li fece una volta un personaggio dell’alta finanza, parlando del proprio figlio arbitro di calcio. Ed io, oggi, non vorrei che taluno si sentisse vincolato dal “non far nascere lo scandalo, o almeno un scandalo di queste dimensioni”: a mio sommesso avviso infatti il “troncare e sopire, sopire e troncare”  di manzoniana memoria oggi non può  essere un comportamento tollerato nascondendosi dietro lo spauracchio dell’ “antipolitica”.

Pericle

7 – Per tutti, uguale per tutti …? Ma tutti tutti o solo tutti? Tutti in senso assoluto, s’intende, che vi credevate?  Come nella Repubblica ateniese di Pericle. Tutti i cittadini, indistintamente, avevano pieni diritti politici. Peccato che quel “tutti” comprendesse circa 30.000 persone su 300.000! “Tutti tranne”, tranne chi può essere giudicato solo se c’è una autorizzazione a procedere; tutti ma non chi ha già un certo tipo di diritto acquisito; tutti ma non chi se la cava accettando di vedersi dimezzare i rimborsi di spese non effettuate né documentate; tutti i tassisti ma non tutti gli avvocati; tutti gli edicolanti ma non tutte le compagnie petrolifere; tutti i lavoratori ma non le finte partite IVA; etc.. Per tutti, insomma, avete capito, per tutti quelli che stanno all’interno di una categoria, ma non per tutte le categorie! Come quando, nella scuola, tanti anni fa, si emanava una legge che immetteva nel ruolo tutte, dico tutte, le insegnanti non ancora stabilizzate, che si chiamassero (ad esempio) Giovanna; con i capelli bruni; che avessero quella certa età (ad esempio 37 anni precisi precisi); che avessero due figli maschi; che abitassero in una certa via di una certa città: tutte, dico tutte costoro, senza alcuna discriminazione o favoritismo sarebbero state fatte entrare in ruolo. Tutte. Più giustizia di così …

8 – Autorizzazione a procedere contro un parlamentare. L’istituto è concepito per verificare se l’imputazione sia o meno strumentale rispetto al tentativo di impedire al parlamentare di esercitare liberamente il mandato popolare ricevuto, a prescindere al merito e dai contenuti del fatto contestato. Ed invece non si registra il tentativo di dimostrare che si stia cercando di impedire l’esercizio di un ruolo politico, bensì, molto più spesso, da parte di chi vota contro la concessione di tale autorizzazione, si dichiara: “Riteniamo che non abbia commesso il fatto imputatogli, per il quale viene richiesta l’autorizzazione a procedere”. Cioè, invece di valutare una condizione di procedibilità (“non si proceda perché possiamo dimostrare che l’accusa è strumentale”), si valuta una condizione di punibilità (“non ci si prepari a indagare ed eventualmente a punire, perché noi riteniamo che il collega non punibile in quanto non ha  commesso il fatto”), sostituendosi arbitrariamente in tal modo l’organo legislativo all’organo giurisdizionale.

Come vedete, i tempi, i luoghi ed i modi della morale e del diritto riempiono uno spettro molto ampio di situazioni. E noi, proviamo a difenderci quanto meno utilizzando le parole giuste per definire le singole situazioni: lessico, amici, lessico! Il “lessico” corretto ci deve diventare “familiare”, come quello di Natalia Ginsburg.

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UN ALTRO GIORNO IN BICICLETTA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Maggio, 2012 @ 4:08 pm

Ovvero: pedalando da Trento ad Egna, con gli amici di UISP – Unione Italiana Sport per Tutti
Se un domani noi dell’Associazione UISP decidessimo di trasformarci in un partito politico, il che è assolutamente al di fuori di ogni ipotesi e previsione, lo slogan potrebbe essere “Più sport per tutti e per Titti”, e il logo un canarino giallo che pedala sulla sua biciclettina!

Ma veniamo all’oggi. Non di solo pedale vive l’uomo, ma anche di cultura. Innanzi tutto, la cultura del conoscersi, dello stare insieme. Persone diverse solo in quanto fino a quel momento reciprocamente sconosciute, le quali, unite dalle pedalate di gruppo, imparano a conoscersi e a riconoscersi nell’altro. Io e l’altro? L’altro? … Quando mai? Io stesso infatti per l’ “altro” sono a mia volta un “altro”. Cioè, non esiste distinzione fra me e l’altro. E da qui discende l’apertura al vicino, la comunicazione, la condivisone: in breve, l’umanità. Ecco la civiltà della bicicletta.

La Presidente Monika alla guida del drappello

E torniamo con i piedi per terra, anzi, sui pedali. Si parte da Trento, dal parcheggio Area Zuffo di Via Monte Baldo, alle 08,45. Rotta 0°, cioè Nord. Prima meta: bicigrill di Salorno. Nell’andare incrociamo numerose comitive dirette a sud: tutti i ciclisti procedono in fila indiana, ognuno a due-tre metri di distanza dall’altro: Tedeschi. Loro incontrano noi: un gruppetto più avanti, altri distanziati, molti affiancati: Italiani. Uno di loro ci guarda e scrolla la testa. Due di noi si affiancano troppo, un collega mi spinge un po’ ed io cado lateralmente. Ma cado bene, non rovino né il vestiario né le ossa. La nostra Presidente ci impone una sosta “didattica” e ci ricorda come ci dobbiamo comportare: semplicemente come i turisti tedeschi. Ha ragione. Da vendere. Si procede. Decido di stare in coda, disciplinatamente mi accodo ad un gruppetto. 27-30 km/h! Accipicchia come vanno, mi dico!

Lezione di guida

Non è nello stile del nostro gruppo superare la velocità di crociera di 20-22 km/h! Arrivati a Salorno il gruppetto si dirige in centro paese, alla ricerca di una panetteria. Io alzo la testa e dico “Ma dobbiamo aspettare gli altri”. Loro si voltano e dicono: “Guardi che lei ha sbagliato gruppo”! Era vero! Succede anche questo … Ripedalo verso la ciclabile e mi ricongiungo ai miei al bicigrill, dove nel frattempo mia moglie Maria Teresa mi raggiunge in auto, scarica la sua bici e si unisce al gruppo. Breve sosta caffè. Si riparte per Egna. E qui, due ore libere per girellare fra i banchetti del mercatino e per mangiare, chi al sacco chi al ristorante. Quindi alle 14,00 tutti al Museo di Cultura Popolare di Egna (Via Andreas Hofer, 50, tel.0471 812472 Signora Muller; 0471 820186, Signora Oberschartner), il quale, preavvertito, apre i battenti solo per noi, per il gruppo degli ardimentosi pedalatori venuti da Trento.

Vecchie ceramiche (Museo di Egna)

Il Museo è stato aperto al pubblico per la prima volta nel 1990 ed è ospitato in una “Casa Saal”, nelle sue condizioni originarie, cioè una casa a metà fra un condominio e un grosso maso plurifamiliare. Gli oggetti dell’arredo domestico che compongono la collezione del museo sono stati raccolti dalla signora Anna Grandi Muller di Egna, la quale, da 20 anni, rovista nelle soffitte alla ricerca di mobili e suppellettili. Gli oggetti esposti sono relativi la periodo 1815-1950, appartenevano alla vita quotidiana di case borghesi e sono collocati nei rispettivi ambienti: cucina, bagno, camera da letto, sala da pranzo, bottega artigiana, stanza dei bambini, stanza per il cucito, locale per il culto, spogliatoio, studiolo, scrittoio, etc.. Fantastico! Ognuno di noi vive molteplici sentimenti diversi: nostalgia, sorpresa, gioia … per tutti, un arricchimento. Riflettiamo: si viveva ugualmente con penna e inchiostro, senza computer, con la “lavatrice a mano”. Tutto più faticoso, più lento, ma c’era anche più tempo per riflettere sulla vita, su noi stessi …

 

Egna: e, per strada, il mercatino!

Si riparte. Il gruppo di divide. Alcuni, fra i quali io stesso e mia moglie, torna direttamente a Salorno lungo la pista ciclabile, per accelerare il rientro in quanto in serata dobbiamo arrivare a Riva del Garda: forte vento contrario, che fatica! Altri si spostano sulla destra Adige verso Magrè, per vedere la pianta della vite più vecchia della regione. Io ho percorso 62 km. Altri hanno poi raggiunto Mezzocorona per prendere il treno, altri ancora in bicicletta sino a Trento.

 Che altro dire? Evviva UISP! E per iscriversi a UISP? Semplice, contattate BICI UISP DEL TRENTINO-ALTO ADIGE, Largo Nazario Sauro, 11 – 38100 Trento TN, tel. 3318370070 oppure scrivete a biciuisp.tn@hotmail.it

Per invogliarvi, ecco le nostre prossime pedalate: sul Mincio; lungo l’Adige; intorno alle marocche dell’Altogarda trentino; dal Passo Fedaia ad Ora;  lungo il fiume Brenta; quattro giorni lungo il Danubio; il fiume Noce e la Val di Non (ciclabile nuovba!) ; la Rienza (Val Pusteria);  ad Avio;  alla sorgente dell’Adige, etc..  Vi aspettiamo!

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IL TRENTINO SCENDE … A RIVA (DEL GARDA): UN’ OPPORTUNITA’ PER LA LOCALE COMUNITA’ DI VALLE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Maggio, 2012 @ 11:12 am

Detto altrimenti: I Trentini sono arrivati al Lago da nord, sino a raggiungere la riva del Garda. Non sono arrivati a Riva del Garda da sud, dal Lago, altrimenti la città sarebbe stata chiamata “Riva del Trentino”. Ed allora, anche oggi, Trentini, coraggio, “scendiamo” da nord nella Busa … (1)

 

Il Garda non è sempre così calmo ...

Il Trentino deve continuare a “scendere” a Riva del Garda. Ma quale Trentino? Ho una proposta precisa da formulare: gli uffici e le funzioni della Provincia Autonoma di Trento che si occupano della materia “lacustre” (navigazione, regate, sviluppo coordinato dei sistemi economico-sociali connessi al Lago, sicurezza in acqua, etc.). Questi uffici potrebbero essere trasferiti dal capoluogo Trento a Riva del Garda. Una sorta di Capitaneria di Porto provinciale, per intendersi, e la materia potrebbe essere gestita dalla Comunità di Valle, visto che sulla costa trentina del lago si affacciano ben tre diversi Comuni trentini.
Questo tipo di organizzazione inoltre potrebbe richiamare una maggiore attenzione sulla potenzialità organizzativa dell’Autonomia Trentina anche da parte dei Comuni non trentini confinanti, ed in particolate da parte dei Comuni di Malcesine e Limone, con i quali ci si potrebbe accordare, tanto per fare un primo esempio di sinergia su di un’area funzionale omogenea intercomunale ed interprovinciale, per la predisposizione di un servizio di “Avvisi ai naviganti” al fine di preavvisare l’arrivo delle tempeste gardesane soprattutto a vantaggio dei turisti non esperti conoscitori del nostro Altolago, il quale, quando si arrabbia, ha tempeste simili a quelle del mare, come ci ricorda Virgilio (Georgiche, II, vv. 159-160):
Anne lacus tantos? Te, Lari, maxime teque/ fluctibus et fremitu adsurgens Benace marino
E cosa dovrei dire dei nostri laghi così belli? Cosa di te, Lario, ma soprattutto cosa dovrei mai dire di te, Benaco, le cui tempeste sono simili a quelle del mare?
E’ recente una tempesta lacustre che ha causato tre morti, tre turisti tedeschi che veleggiavano su di un cabinato da crociera di sei metri. Un mio amico, che stava navigando con un grosso e potente motoscafo ed aveva la radio accesa sul calale 16, quello riservato alle emergenze, non ha ricevuto alcun segnale di preavviso.
 Lettori della Busa, Cittadini e Amministratori della neonata Comunità di Valle, coraggio, a voi la parola!

(1) Per i non Trentini: la Busa è la “Buca” cioè la piana ove si trovano le tre cittadine di Riva del Garda, Arco e Torbole, detta “Busa” in quanto situata ad una altitudine di circa 200 metri inferiore alla piana dell’Adige

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L’ATTENTATO STRAGISTA DI BRINDISI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Maggio, 2012 @ 10:49 am

Detto altrimenti: L’Italia è “Cosa Nostra”? No! L’Italia è “Casa Nostra!”. Riprendiamocela

Soprattutto nella giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali e nell’anniversario della strage di Capaci, parliamo e diciamo tutti insieme: “Basta!” Basta a questa infinita età delle tangenti, dei furti, degli abusi, dei privilegi acquisiti,  elle stragi, del chiodo scaccia chiodo … diciamolo e scriviamolo!

Scriviamo e leggiamo. Dai tempi di Hammurabi e di Ciro il Grande la scrittura della legge, cioè la legge scritta, ha dato a molti la certezza del diritto. La scrittura è consapevolezza e conoscenza dei doveri, dei diritti e loro difesa. La scrittura è testimonianza delle nostre idee e della nostra volontà. Ed allora scriviamolo il nostro sdegno, leggiamo quello degli altri e riflettiamo come certi crimini maggiormente siano perpetrati in assenza di una adeguata diffusione della cultura della civiltà.

“Calati iunco ca passa la china”, cioè, “piegati, giunco, (giunco, canna che stai nel greto del torrente) che la piena passa e tu ti rialzi”. Questa è una linea guida della mafia: profilo basso, quando non serve essere visibili. Per questo motivo sarei stato portato a pensare ad una strage di mafia solo se si fosse ai tempi di Riina. Ma così non è e il dubbio mi resta.

Piuttosto, se i mandanti e gli esecutori di questo episodio criminale pensano di distrarre la nostra attenzione dagli scandali che ogni giorno emergono nel paese, si sbagliano di grosso. Infatti noi allo stesso tempo continueremo a condannare i comportamenti, che hanno portato il nostro paese sull’orlo della  ancarotta, a seguito dei quali gli stessi partiti sono stati costretti a gettare la spugna e a sostenere un Governo loro esterno ed estraneo, di Salvezza Nazionale (altro che “tecnico”!). E questa nostra duplice reazione è assolutamente dovuta anche se la strage risultasse opera di un singolo folle.

La nostra reazione, condanna, dolore, condivisione, compassione per le vittime ed i loro familiari, senso di ribellione come cittadini, sgomento, esecrazione, solidarietà con le forze dell’ordine e con le famiglie delle vittime, volontà di impedire simili crimini, desiderio di vedere puniti i mandanti e gli esecutori: esprimiamo tutto ciò con ogni forza, con la massima determinazione! Ci mancherebbe altro! Ma facciamo di più, dicevo poc’anzi: continuiamo a focalizzare la nostra attenzione anche sui problemi di cui già ci stavamo occupando: suicidi; diminuzione del 40% del numero degli imprenditori; lotta all’evasione ed alla elusione fiscale; sprechi e furti del denaro pubblico, corruzione, difesa ad oltranza degli assurdi privilegi di caste medievali, eccessivo numero dei parlamentari;  ccessivo livello delle loro remunerazioni; retribuzioni dei top manager e dei top burocrati assolutamente “fuori scala”; esistenza di troppi sottopensionati, di esodati, di disoccupati giovani e meno giovani, etc.. Quindi, benissimo la discesa in piazza della gente in tutte le piazze d’Italia contro l’attentato di Brindisi, benissimo! Ma scendiamo in piazza anche per far cessare il sistema medievale che stava strangolando il nostro paese: già, perché questo è ciò che ci manca: sentire l’Italia come Casa Nostra e non come Cosa Nostra, sentirla cioè come una proprietà privata collettiva nostra, un condominio di cui noi possediamo i nostri bravi millesimi (rectius, milionesimi). Dobbiamo reagire come reagiremmo se scoprissimo che un nostro condomino ha costruito un by pass sul suo contatore e illumina a giorno casa sua consumando energia elettrica del condominio senza pagare un euro, mentre noi siamo costretti dalla crisi a tornare alle candele di cera!

Il lessico. Torniamo all’attentato: vile, crudele, vigliacco, inaccettabile, criminale … tutti aggettivi corretti quanto inutili. A mio avviso infatti un attentato è già tale senza bisogno di altre specificazioni. Il lessico è importante. Infatti se esistono mandanti, costoro hanno sicuramente una “intelligenza” cioè uno scopo, un fine. Alla base del loro piano criminale esiste un ragionamento, sia pure criminale anch’esso. Ma gli esecutori … via … diciamocelo … gli esecutori … per accettare di eseguire un simile mandato possono essere solo dei mentecatti strumentalizzati, imbottiti di termini pseudo eroici-idealistici-paramilitari, di denaro sporco di sangue, forse anche di droga … dei mentecatti, niente di più. Ed allora, in questo come in tutti i casi del genere, non definiamoli “commando” o “gruppo di fuoco” o con altro termine “militare”, il che li fa inorgoglire, bensì con il solo termine che possiamo riservare loro: esseri mentalmente sottosviluppati, condotti per mano da altri a fare cose di cui nemmeno si  rendono conto. “Uomene ‘e niente”, per usare un linguaggio da camorristi napoletani che costoro sicuramente comprendono meglio di qualsiasi altro idioma. Oppure, in siciliano, “nenti ammiscatu cu nuddu”, niente mescolato con nessuno.Cioè persone fatte di niente e, a voler tutto concedere, consapevoli solo della propria nullità, scontente di se stesse le quali pertanto cercano di compensare il proprio vuoto “atteggiandosi a”.

Fare giustizia. Quanto ai proponimenti di far luce sui responsabili, utinam an! Per dirla in latino …volesse il cielo che ci si riuscisse! … solo che il recente precedente della strage di Brescia lascia perplessi. Tuttavia la speranza è l’ultima a morire …

La ricerca di un’etica non geografica. Non possiamo reclamare il rispetto dei principi morali e della legge oggi qua, domani là e quindi oggi solo nella zona di Brindisi e non invece anche ieri, oggi e domani in tutto il Paese. La moralità, oggi sconfitta dalla amoralità, deve tornare a prevalere senza limitazioni geografiche. In tutta Italia, in tutti gli ambienti, da parte di tutti, in ogni momento, altro che gare di burlesque!

L’ambiente entro il quale l’attentato è maturato. Criminali mentecatti, dicevo. I quali agiscono all’interno di un Sistema Italia malato anch’esso di criminalità diffusa: mi riferisco alla criminalità finanziaria ed economica, ai crimini di chi, pretendendo troppo per sè, sottrae il minimo vitale a molti; sottrae il futuro ai nostri figli; sottrae il posto di lavoro a chi opera in società creditrici a lungo termine dello Stato e debitrici “a vista” verso il fisco; sottrae la casa a chi non può più pagarne il mutuo; etc..  Ero direttore di una finanziaria, a Trento. Il mio Presidente un giorno mi disse: “L’importante è riuscire a fare i collegamenti fra i vari accadimenti. Chi li fa, comprende la realtà delle cose”. Quel Presidente si chiamava Bruno Kessler e i miei lettori Trentini sanno chi era questa persona.

In altre parole: la complessa serie di cinghie di trasmissione e di ingranaggi che sono stati frapposti fra le cause e gli effetti non ci devono far perdere la consapevolezza che “questi” effetti derivano da “quelle” cause.

 

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INCONTRI GIANFRANCO PETERLINI, personaggio trentino

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Maggio, 2012 @ 3:57 pm

Detto altrimenti: Faber est suae unisquisqe fortunae, ciascuno è¨ artefice della propria sorte, e tu, Gianfranco, puoi ben dirlo per come hai ottimamente costruito  la tua vita!

Ala di Stura (To), paese piemontese-franco-provenzale

Gianfranco, quando e dove sei nato?
Sono nato ad Ala di Stura (To) nel 1943 da genitori Trentini. Alla fine della guerra mio padre, di professione forestale, fu trasferito ad Egna (Neumarkt) in provincia di Bolzano. Abitavamo nel quartiere tedesco ed io mi integrai subito tanto che imparai rapidamente il loro dialetto.

La tua prima infanzia?
Con i miei compagni di lingua tedesca, al contrario di quanto potrebbe sembrare, ebbi sempre un rapporto amichevole e mai, che io ricordi, fra noi vi furono screzi. Oltre al dialetto tedesco imparai ad amare la natura e, con loro, figli di contadini, la bellezza di una vita nella natura. Da mio padre poi imparai i nomi delle piante, la conoscenza dei funghi e la commestibilità di alcune erbe e tante, tante altre cose. A scuola perfezionai la lingua tedesca. Mia madre mi insegnò a cucinare, passione che mi è rimasta tutt’oggi. Posso ben affermare che la mia infanzia fu molto proficua rispetto al quello che poi sarebbe stato il prosieguo della mia vita.

Egna

Giovinezza, giovinezza
Nel 1955 ci trasferimmo a Pergine Valsugana (Tn) fino al 1963 anno in cui, stante una certa insofferenza verso gli studi dentro casa e dentro scuola, mi condusse ad arruolarmi nel corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Tale decisione venne dettata anche dalla volontà  di crescere autonomamente e di scoprire ed interpretare da solo un altro modo di vivere, diverso da quello familiare, che pure tanto mi aveva dato.
Arruolatomi, venni inviato a Trieste per un corso di istruzione durato un anno. Alla fine del corso mi destinarono a Napoli . Non me l’aspettavo. All’inizio ci rimasi male ma poi la bella città  si fece amare, molto presto direi: anche perchè ebbi subito sentore del calore della gente e del rispetto verso la divisa che indossavo.
Nel frattempo nel contesto dei momenti difficili e della necessità  di combattere il terrorismo altoatesino con personale scelto (conoscevo il tedesco), dal Ministero dell’Interno mi fu proposto di partecipare ad un corso di addestramento antiterrorismo a Padova. Correva l’anno 1965. La mia vita ebbe una svolta, ma non per il corso di addestramento.

Gianfranco, insomma, cosa successe di così importante?
Eccomi! Nei pochi mesi di permanenza a Napoli, in un’occasione troppo lunga da raccontare ma quasi romanzesca, conobbi la mia attuale moglie, una giovane e bella ragazza di soli 18 anni Maria Rosa (Rosetta). La bellezza, la grazia, la timidezza, la simpatia che ispirava ed il suo viso radioso mi colpirono immediatamente . Il mio amore per lei era ed è così grande che maledissi il giorno in cui il Ministero mi comunicò l’atteso trasferimento. Mi ripromisi di rivederla presto e così fu. Partii per Padova con la promessa che ci saremmo rivisti presto. Feci la spola Padova – Napoli diverse volte, puoi ben capire!

Andreas Hofer di S. Leonardo V.P., eroe locale della resistenza contro Napoleone

E dopo il corso, dove ti mandarono?
Fui destinato a S. Leonardo in Val Passiria con il compito di interprete nei servizi di squadriglia. Il nostro compito era ricercare e catturare i terroristi che operavano nelle montagne e vallate. In particolare Georg Klotz che ufficialmente risiedeva nel vicino paese di Valtina. Tuttavia il mio pensiero era sempre per la mia Rosetta, tal che lo stesso anno su mia espressa richiesta ritornai a Napoli. L’8 gennaio 1966 ci sposammo. Tuttavia il Ministero degli Interni non si scordò  di me ed alcuni mesi dopo mi inviò nuovamente a Bolzano presso la Compagnia Alpina Antiterrorismo, con gli stessi compiti della volta precedente. Rosetta venne con me e con me vagò per l”Alto Adige da Bolzano a S.Candido e a Campo Tures in Val Aurina.

Bei posti, non c’è dire! Ma ti pagavano anche il bel soggiorno?
Dai, che il lavoro era duro! Il 20 febbraio 1967 nacque a Rovereto mio figlio Candido e pure lui condivise il peregrinare dei genotori. La gioia di essere divenuto padre era immensa e compensava la vita dura alla quale il servizio mi chiamava, insieme ai miei colleghi.

Dunque tuo figlio Candido è  un acquario, come me. Ma parlaci un po’ della vostra vita dura.
La vita dura dei distaccamenti, il continuo pericolo di agguati, le morti di giovani carabinieri, finanzieri e militari dell’esercito sconvolsero la nostra vita e fecero indurire il nostro cuore. Imparai a non avere paura. Una vita così reclusa dalle regole del servizio tuttavia non ci impedì di avere anche relazioni amichevoli con i contadini dei masi situati nei pressi del confine austriaco. Venimmo solitamente accettati con piacere. Non ci comportammo mai con arroganza. Ricordo, in particolare, un amichevole rapporto con Albert, un ristoratore di Prato alla Drava. Anche la proprietaria dell’albergo Bolognese di S. Candido si prodigò ad aiutarci: dopo aver ospitato Rosetta nel suo albergo ci affittò la mansarda nel centro del paese.

Ma nel frattempo, la politica si era mossa, o ricordo male?
Si, era il 1969, ed M.& M., Magnago e Moro si incontrarono e gli agguati terroristici diminuirono. Colsi l’occasione per chiedere il trasferimento a Napoli. Negli anni passati fra Napoli, Padova e Alto Adige capii che dovevo darmi da fare per la mia carriera e quindi dedicai il mio tempo libero allo studio. Partecipai al concorso interno per sottufficiali e lo vinsi.

E dopo gli anni del terrorismo altoatesino, vivesti altre situazioni pericolose?
Durante il corso di cui ti dicevo, durato un anno, l’Italia fu percorsa dai vari moti insurrezionali: cito quelli di Reggio Calabria e dell’Aquila. Noi giovani sottufficiali fummo inviati sul campo al comando di ancor più giovani agenti dei reparti di Roma, Vibo Valentia, Padova, Bari e Napoli. Non ho parole per descrivere la brutalità di quelle situazioni. Tuttavia la vita ci riservava anche momenti di allegria allietata da cene fra colleghi e amici. Nel 1971 fui trasferito alla scuola allievi di Peschiera del Garda, dove diressi la sezione parco veicoli. Fummo coinvolti con gli allievi di polizia nella vigilanza a Milano e Brescia delle sedi strategiche a seguito delle note stragi. Nell’attentato alla questura di Milano nel 1973 persi un amico e collega Federico Masarin. Il 30 maggio 1972 nacque mia figlia Antonella e fu felicità  immensa.

Maria Rosa e Gianfranco, oggi

Ma in Trentino, quando ci sei tornato?
Nel 1974 ottenni il trasferimento a Rovereto, dove diressi la sezione di Polizia Giudiziaria del Commissariato fino al 1982 quando, con il grado di Ispettore Capo, diressi la sezione di Polizia Giudiziaria del Tribunale di Rovereto. Nel corso di questi anni mi dedicai, assieme ai miei collaboratori, alla prevenzione dei reati e in particolare allo spaccio degli stupefacenti. Mi dedicai anche al recupero di tossicodipendenti e con orgoglio posso ora dire che alcuni di loro, quasi irriducibili, furono invece recuperati a vita normale. Ancora adesso quando incontro alcuni di loro mi fermano e mi ringraziano. Sono adulti ed hanno figli. Purtroppo non tutti sono usciti dal tunnel e altri hanno trovato la morte per overdose o AIDS. La mia collaborazione con i magistrati del Tribunale, della Procura della Repubblica di Rovereto e della Pretura di Riva del Garda era gradita tanto che ora posso considerarmi amico del Presidente Emerito del Tribunale dott. comm.Ruggero Polito e del giudice dott. Pietro Chiaro. Ricordo con dolore la morte del Procuratore della Repubblica dott. Paolo  Castellano. Anche l’allora Giudice Istruttore dott. Giuseppe Maria Fontana, ora sostituto Procuratore Generale presso il tribunale di Trento, ebbe per me una particolare affezione e lo ricordo con vero piacere. Un particolare indimenticabile mi sovviene spesso allorquando il dott. Castellano mi chiese  perchè la legge si chiama legge. Al mio silenzio disse pperchè è stata  fatta per essere letta. Divenne la lezione più importante.
Oltre alla famiglia e al lavoro dedicai il tempo allo studio che mi permise di superare l’esame parauniversitario per ispettore, basato sul diritto civile, penale, processuale penale, amministrativo, pubblico e privato, nonchè su elementi di medicina legale. Devo il mio successo anche a due insigni docenti, i magistrati, Dott. Chiaro  e dott. Fontana. Nel 1991 la mia carriera in polizia si poteva dire esaurita, nel senso che stante l’età  e la carriera già  fatta, difficilmente avrei potuto progredire ulteriormente. Quindi decisi di cambiare mestiere.

E cosa ti sei inventato?
Ebbi l’occasione di conoscere un agente di assicurazioni che mi propose una collaborazione. Mi dimisi dalla Polizia di Stato e iniziai una nuova professione. Nel 1992 decisi di aprire una mia agenzia assicurativa con l’aiuto insostituibile di Rosetta. Lavorammo alacremente e con soddisfazione ottenemmo ottimi risultati anche con la collaborazione della nostra impiegata e amica Luciana. Nel 2004, finita anche questa esperienza agenziale, volli mantenere l’iscrizione all’albo per poter dare il mio contributo di esperienza con consulenze mirate. La mia professione continua come nonno di ben cinque meravigliosi bambini nati fra il 2005 e il 2008: Silvia e Federico figli di Antonella. Beatrice, Matilde e Riccardo figli di Candido. La felicità che ci donano è indescrivibile e la loro presenza allontana da me qualsiasi dolore.

L’allegra Brigata

Nipotini va bene, ma dei tuoi figli Antonella e Candido, cosa mi dici?
Come si dice, i miei gioielli! Candido, laureato in economia e commercio alla Cattolica di Milano, dopo esperienze all’estero lavora al Gruppo Fiat di Torino in qualità  di direttore del settore innovazione e sviluppo. Da Caterina, sua moglie, laureata a Trento in lingue, ha avuto Beatrice (sette anni), i gemelli Riccardo e Matilde (quattro anni). Per accudire ai tre figli ha lasciato il lavoro come dirigente presso il gruppo Toyota di Bruxelles. Antonella laureata a Trento in giurisprudenza ha un suo studio di consulenza del lavoro ben avviato. E’ sposata con Marco, laureato in biologia a Padova, il quale è informatore scientifico Ospedaliero responsabile territoriale del Trentino A.A. per conto del gruppo farmaceutico Pfizer. Hanno due figli Silvia (sette anni) e Federico (cinque anni).

Puoi ben esserne orgoglioso! Ed ora una conclusione per … concludere
Una sola? No, due! La prima: la vita serba sempre delle sorprese belle e brutte. Bisogna essere in grado di viverle e superarle tutte. La seconda: sono nato in Piemonte ma non capisco un’acca di piemontese.

Ma va che parluma piemuntes ,  fa i stess, va bin parei, monsù (prima lezione di dialetto piemontese). Grazie Gianfranco, costruttore di molte vite: la tua, quella di tua moglie, dei tuoi figli ed ora co- costruttore di quella dei tuoi nipotini!

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LETTERA APERTA AI LETTORI DEL BLOG

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Maggio, 2012 @ 5:45 pm

Detto altrimenti: questo è anche un “public blog”, un “open blog”, cioè aperto anche a chi vuole pubblicare un post senza dotarsi di un blog suo.

Cari amici lettori e commentatori del blog e dei miei post,
mi dicono che i post (è plurale, lo so, ma scrivere posts me par ‘na monada) devono essere brevi. Io replico: ma voi leggete libri di centinaia di pagine e non vi lamentate. I miei articoletti sono come tanti corti capitoli di un unico libro: il blog. Ma qual è la differenza rispetto ad un libro? Intanto che gli argomenti sono i più disparati; poi che l’aggiornamento rispetto agli eventi è continuo, cioè che il blog è molto più un giornale che un libro; poi che se mi accorgo di avere scritto una inesattezza, posso sempre correggerla (il cosiddetto ravvedimento operoso, in autotutela!)  Ancora, che ogni scritto ed ogni commento è immediatamente circolarizzato; infine vi dirò di più: se qualcuno di voi vuole scrivere un post suo senza essere costretto a costruirsi un blog suo, me lo mandi al mio indirizzo mail riccardo.lucatti@virgilio.it. Mi permetterò di fare una piccola verifica circa la sua compatibilità con le “regole della casa” e quindi, come credo, non ci sarà alcuna difficoltà da parte mia a pubblicarlo, con tanto della vostra firma.
Io ho già pubblicato scritti altrui, anzi ora ve ne riporto un altro qui sotto. Così io stesso mi riposo un po’, sapete … a me leggere e scrivere piace moltissimo, ma essendo un vecchietto pensionato, ho tanto tempo libero da recuperare in termini di vita all’aria aperta: infatti amo pedalare in bici in estate e sciare in inverno … ed ora pare che la stagione si stia rimettendo a posto, quindi io, che ho il privilegio di abitare a Trento,  ne approfitterei … Ed ecco qui allora un estratto di un “pezzo” del mio amico Gianluigi Demarchi, Ligure residente a Torino:

 “ In un momento di grave difficoltà economica come quello attuale, si cercano tante soluzioni più o meno intelligenti per risolvere i problemi …. E allora proviamo a buttare lì un’idea: paghiamo le tasse in Buoni del Tesoro o CCT, consegnandoli all’esattore di turno al loro valore nominale. Un bel meccanismo per sostenere le quotazioni dei titoli, soprattutto di quelli che per vari motivi hanno un prezzo più basso del nominale. Chi potrebbe contestare? Di certo non lo Stato, perché non potrebbe certo rifiutare carta emessa con la propria firma; di certo non i cittadini, che non sarebbero obbligati, in caso di necessità, a vendere i loro titoli sopportandone le spese; di certo non i fantomatici “mercati” di cui tanto si parla, che sarebbero ben felici di vedere i titoli italiani beneficiare di quotazioni più realistiche. Idea balzana? Non più di tante altre, e per di più ha il crisma di un esperto autorevole, il professor De Angelis dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Università Luiss di Roma. Consiglio per i lettori: indipendentemente da quanto detto sopra, non fatevi terrorizzare da chi predica un giorno sì e l’altro pure che siamo sull’orlo della catastrofe, che il nostro Paese è uguale alla Grecia, che i nostri titoli di Stato sono destinati a diventare carta straccia … non date retta ai profeti di sciagura e tenetevi ben stretti i vostri BTP e CCT. Anche se non potrete utilizzarli per pagare le tasse, rappresentano sempre un modo di investire meno rischioso delle tante soluzioni alternative proposte dalle banche”.

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