GIOVANI, I NOSTRI GIOVANI: NON UCCIDIAMONE IL FUTURO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Luglio, 2012 @ 7:30 am

Detto altrimenti: giovani … ce ne stiamo occupando troppo poco …

Impedire o agevolare i licenziamenti, procrastinare il momento del pensionamento etc.. Troppo spazio a questi argomenti e troppo poco ai problemi dell’occupazione e soprattutto del futuro dei nostri giovani. Dice … ma tu chi sei, cosa pretendi di sapere, forse credi di avere la bacchetta magica? No amici, la questione non può essere risolta fra l’essere presuntuosi o lo stare zitti, cioè fra il pretendere di avere le soluzioni del calcio e della politica e il non provarci nemmeno ad esercitare la dote che maggiormente oggi occorre al Paese per la sua crescita: la creatività. E io, molto modestamente ci provo. Sapete, sono un acquario (3 febbraio) e tutti dicono che noi acquari siamo creativi …

E allora ecco la proposta: interrompere, sospendere i mega progetti, sospendere gli abbuoni agli evasori fiscali, ridurre i costi della politica, recuperare a carico dell’elusione fiscale, eliminare mega stipendi, mega pensioni, mega buonuscite e varare quattro progetti:
1) Realizzare migliaia di mini centrali idroelettriche;
2) creare migliaia di cooperative giovanili con il compito, ciascuna, di valorizzare, proteggere, manutenzionare le migliaia di siti archeologici, naturalistici e turistici oggi vittime dell’incuria e non “vendute” adeguatamente ai turisti stranieri;
3) privatizzare (secondo il metodo anglosassone, v. post precedente) le SpA pubbliche piccole e grandi ed utilizzare le risorse in tal modo recuperate per investire nella scuola, nell’università e nella ricerca;
4) creare un gruppo di studio per un’analisi comparata dei sistemi amministrativi, gestionali e di governo tedesco e italiano.

Basta. Domani “torno in vacanza” con la seconda crociera.

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ARIECCO SCHETTINO (E VARIE ED EVENTUALI)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Luglio, 2012 @ 6:05 pm

 Detto altrimenti: mai dire mai …

Si, lo so, l’avevo promesso di prendermi una vacanza … e difatti siamo andati in crociera insieme, o no? Avete ben letto i quattro post precedenti … ma tant’è … leggo i giornali, guardo la TV e “mi scappa” da scrivere. Chevvolete, sono un ragazzaccio, sono … una linguaccia, anzi una “pennaccia”, ma ‘l mi’ babbo gl’era un toscano, ve lo dissi, di quelli “maledetti” da Curzio Malaparte …

 

 

Scogli? Vabbuo' ... controlliamo ... scogli nun ce ne stanno ... nun facite ammuina ...

Schettino, ora diventa un divo TV (su una rete non RAI, indovinate quale!?) a spiegare che “a parte una distrazione iniziale, lui si è comportato bene”. Ma si può? Quasi quasi ora qualcuno lo candida al parlamento … vedremo.

Qualcuno … il secondo ventennio italiano … acqua passata, anzi sta passando … in Sicilia dicono “calati junco ca passa la china”, piegati giungo (defilati per un po’ lascia che siano gli altri a litigare) che la piena (dei processi, n.d.r.) passa e tu ti rialzi (ti ricandidi a premier, n.d.r.). A pensar male … Qualcuno ha fatto danni. Altri li stanno riparando. Noi Italiani paghiamo il conto. Qualcuno poi pensa di ritornare a danneggiare un’Italia risanata? Ma via …

Angela Merkel dice: prima che si mettano a posto, poi parleremo di eurobond. Noi qui, in Trentino, diciamo lo stesso a Roma (diciamo, appunto) ma tant’è, ci tocca pagare 1,3 miliardi di Euro per le malefatte altrui … peccato, peccato perché a me piace sentirmi Italiano, sentire che l’Italia è mia, è anche mia … peccato però non potere fare come fa la Merkel …

Risparmi Trentini. Lo so che non sarebbe il risparmio risolutivo, ma quello che conta è il pensiero: attiviamo le Comunità di Valle per fare economie di scala su aree omogenee. Un esempio? Nella “Busa” del Garda Trentino i Tre Comuni Rivieraschi hanno riunificato le Polizie Locali. Bene. Bravi. Ora potrebbero riunificare le tre separate gestioni dei parcheggi e della mobilità. Con miglioramento del servizio e riduzione dei costi. Ma … dice .. e se poi  occorre privatizzare la SpA comunale o intercomunale entro il 31 dicembre 2013? Nema problema, per dirla in croato:  cediamone le azioni non al privato di turno, ma ai cittadini delle tre comunità. To go public, andare verso il pubblico, privatizzare, ma farlo secondo l’uso anglosassone, non secondo il nostro.

Per oggi basta così. Da dopodomani riprendo con le crociere!

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I POST DELLE VACANZE: ANDIAMO IN CROCIERA (prima crociera, quarta ed ultima puntata)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Luglio, 2012 @ 5:58 am

Detto altrimenti: leggetevi le tre puntate precedenti …

Verso le Bocche di Bonifacio (foto Riccardo L.)

E qui inizia la terza parte dell’avventura. Infatti arriva Luciano Lucarda, armatore del mio collega, il Fun  FANTOIN (ITA 562), con la moglie Vichi ed i figli Matteo (4 anni) e Martina (11). Riccardo mi consegna a loro.  Con questo nuovo equipaggio parto dalle Saline alle 6 del 25 agosto e con 25 nodi di vento raggiungo Budelli. Lì ci fermiamo per una notte, e quindi il 26 traversiamo le Bocche (vento da Ovest da 5 a 20 nodi). Nuova sosta nella baia di Porto Nuovo sino al 27, e controllo della dogana francese. Nel frattempo la radio francese da’ forza nove sull’Elba. Speriamo bene!
Vichi, armeggiando con la vite senza fine della mia deriva si ferisce una mano. Segnalo volentieri, e ringrazio, gli occupanti delle barche vicine, fra i quali tre medici, che l’hanno assistita, curata e rinfrancata. Grazie, amici ed auguri, Vichi! Ed un “brava!” a Martina, improvvisatasi vice timoniere e vice skipper.

Alle ore 16 raggiungiamo Solenzara, da dove salpiamo alle 10 del 28 agosto verso Campoloro che raggiungiamo alle 4 del pomeriggio con un vento da Est di 15 nodi circa. Lì ricevo molti complimenti da barconi molto più grandi di me, sia per le mie dimensioni ridotte, che per l’equipaggio familiare che mi conduce. Uno di quegli umani ha un J 24 a Malcesine: chi sa che non ci si incontri sul Garda. Un tale poi, guardando l’armamentario che stavano scaricando dalla mia stiva, si ferma e chiede: “Ma tutta quella roba stava lì dentro?”  Il 29 agosto alle ore 13 ci raggiunge Riccardo, con la macchina di Luciano, sgranocchiando una baghette di pane tenuta sottobraccio alla francese.  Sbarco donne e bambini, imbarco Riccardo e Luciano  ed alle 15 salpo per il grande balzo finale. Una nota: Matteo protesta: vuole venire con noi, ma non sarebbe prudente. Quindi va in auto con la mamma, che nel frattempo ci ha preparato una gustosa spaghettata.  Le previsioni francesi danno l’Elba a forza 4-5, per cui siamo tranquilli. Rotta 45°, all’inizio, per un paio d’ore, mi aiutano con il motore. Poi il vento aumenta. Bolina larga, mure prima a dritta poi a sinistra, genoa a riva, velocità 5 nodi, alla via così…

Il marina di San Vincenzo (Livorno)

Il tramonto è bellissimo e scattiamo un paio di foto. Riusciamo a scorgere contemporaneamente Montecristo, Pianosa, l’Elba, Capraia e Capo Corso. Ricordate il Manzoni? “Era una notte di luna piena…” luce come di giorno e argento sulle onde a strafare. Meglio di così …  Raggiungiamo l’Elba con le mure a sinistra, ci ridossiamo, issiamo il fiocco (non si sa mai, un po’ di prudenza non guasta). Un paio di bordi e scapoliamo. Quindi rotta verso S. Vincenzo, o quasi. Già, quasi, perché nel frattempo non troviamo più la carta nautica che lo ricomprende. Per fortuna dal portolano ne rileviamo la latitudine: 43°06’. Procediamo quindi verso nord alla ricerca di tale posizione, sempre di bolina larga, a sei nodi. Ci accorgiamo di averla superata di 2 primi. Al lasco verso sud per due miglia, e quindi rotta 90°. Facciamo centro in pieno! Abbiamo riscoperto il “navigare per latitudini” come si faceva prima dell’invenzione dell’orologio Harrison che consentì dal 1750 di calcolare la longitudine! Nel frattempo si è fatto chiaro. Raggiungiamo a vela la prossimità del porto: si sente nell’aria il profumo del pane appena sfornato. Una onda lunga e dolce ci accompagna, insieme allo sciacquio della battigia.  Entriamo a motore alle 07.00 del 30 agosto. Sob, sob … devo lasciare la mia acqua …

Arrivano in macchina da Civitavecchia la moglie ed il figlio di Riccardo (Maria Teresa ed Edoardo), mi caricano sul carrello, e quindi portiamo Luciano a Livorno dove sta sbarcando la sua famiglia. Operazione conclusa. Si torna sul Garda, ove purtroppo quest’anno non riuscirò a fare il Gorla e la Cento, sia per non abusare della disponibilità di Maria Teresa che vuole andare per funghi, sia perché devo rimettermi a posto alcuni particolari dell’attrezzatura che peraltro ha retto benissimo: infatti ho solo subito l’incrinatura del piede dell’albero (che siano i salti provocati dalle onde dei motoscafi?) il che tuttavia non mi ha impedito di terminare serenamente la crociera.

The end

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I POST DELLE VACANZE: ANDIAMO IN CROCIERA (prima crociera, terza puntata)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Luglio, 2012 @ 5:44 am

Detto altrimenti: il riassunto delle due puntate precedenti? leggete i due post precedenti …

La goletta "Il grande Zot"

Matteo riparte per Trento. Lo accompagnamo via mare a Palau, da dove, via terra, raggiungerà Olbia per l’imbarco sul traghetto. Ciao Matteo, buon vento!  Io e Riccardo restiamo soli, come spesso accade sul Garda, e continuiamo a veleggiare per l’arcipelago. Tutte le sere, a casa, cioè al corpo morto della Baia delle Saline, dove fra l’altro incontriamo e fotografiamo barche famose come Il Grande Zot e Tamata Noa.Iniziamo a farci amici nuovi: gente che si avvicina, che chiede se “è una scuola di vela”, che si offre di accompagnarci a fare un giretto. Riccardo si compera un canottino da usare come tender, che però una sera sparisce, portato via dal vento o da qualche umano. Non lo sapremo mai. Poco male (a parte la spesa). Pinne ai piedi e un sacco giallo della Lipton Tea sulla testa, ed ecco risolto il problema di portare indumenti e cibi asciutti dalla barca a terra e viceversa.

Altro inconveniente: alcuni ragazzi hanno piazzato una vera e proprio discoteca su di una spiaggia a due miglia da noi, e ci assalgono con il loro rumore (mi rifiuto di chiamarlo musica). In molti telefonano ai Carabinieri, e la questione è risolta.  Arriva la famiglia di Riccardo e lui inizia a dormire a terra in una casa poco distante dal mare, della quale riesco a scorgere il tetto. Per una notte ospito a dormire suo figlio Edoardo e suo nipote Enrico.

Il maestrale (mistral) "buono", non oltre i trenta nodi!

Finalmente arriva anche il maestrale! In spiaggia sono 20-25 nodi. Fuori si superano i 30. Riccardo, emozionatissimo, mi raggiunge a nuoto e lo misura con l’anemometro. Si sente osservato dalla spiaggia da cento occhi che si domandano se siamo matti o veramente bravi. Mi arma con cura. Sta attento a non scivolare sulle cime e cimette di cui sono pieno: movimenti lenti, studiati, da professionista, proprio come quando, in Germania, sotto gli occhi di un tedescone alto due metri si era dovuto mettere al volante di una grossa Mercedes con il cambio automatico presa a noleggio. Non deve far fare brutta figura al nostro Maestro Garda, anche perché a poppa porto ben leggibile il nome del mio circolo “Fraglia VBela Riva” spesso interpretato e registrato nei porti francesi come il mio nome, al posto di Whisper. Due mani di terzaroli. La randa issata al vento fileggia rumorosamente. Idem il fiocco. Un ultimo controllo alle scotte ed alle sartie volanti, indi Riccardo libera la prua dall’ormeggio e lo trattiene in mano arretrando verso poppa. Io mi traverso: lui lascia l’ormeggio e salta al timone. Via!…è fatta, abbiamo “decollato” con eleganza!

Sulla via di casa ... in planata verso Palau

Ora si veleggia bene: io sono più veloce che sul Garda. Dipenderà dall’acqua salata…ed anche dalla corrente che percorre da Nord il canale davanti a Palau e che incide sul log. I motoscafi sono pochi e navigano assai più lentamente. Le barche a vela, perlopiù procedono a motore. Peccato! Fra i tanti giri che abbiamo fatto, ve ne accenno solo uno: in quattro ore abbiamo bolinato verso Palau, fin sotto Spargi, poi ci siamo allargati verso Porto Puddu, e quindi mure a sinistra abbiamo passato il canale fra Spargiotto e Spargi, per poi tornare verso sud, fra Maddalena e Spargi, sino alla nostra Baia dietro Capo d’Orso. In totale circa 25 miglia, a 4.5 nodi di bolina e quasi il doppio al lasco e di poppa (abbiamo le foto). Mare splendido, di un blu intenso incorniciato dal bianco delle creste infrante quando lo risaliamo, e d’argento quando planiamo con il sole alle spalle, inseguendo la spuma che il vento ruba alle onde.

Segnalo la bellezza degli approdi ad Est e a Sud di Spargi e la sua rocciosa e selvaggia costa Nord. Negli intervalli del Maestrale siamo stati con l’intera famiglia a Porto Cervo, a Poltu Quatu ed in tante spiagge incantevoli (le più belle sono Cala Coticcio detta Tahiti” e Cala Napoletana a Caprera).

(continua)

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I POST DELLE VACANZE: ANDIAMO IN CROCIERA (prima crociera, seconda puntata)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Luglio, 2012 @ 6:10 am

Detto altrimenti: segue dalla puntata (post) precedente

Il fiume Solenzara, alla cui foce c'è il marina. La Corsica ha montagne alte oltre 2.700 metri!

Alle 11 si riparte verso Sud. Il vento è debole, ogni tanto mi aiutano col motore (un Johnson 4 cavalli): il consumo complessivo dell’intera traversata risulterà di sette litri di miscela. La costa sfila lentamente a destra. Il paesaggio non è particolarmente bello, se non per le montagne che la ridossano.  Altre 30 miglia ed alle 18 entriamo a Solenzara. Bel porto, paghiamo solo 30.000 lire per la notte. Matteo e Riccardo vanno a cena in paese: primo contatto -positivo- con la cucina francese e la lingua genovese: già, perché il corso è molto simile al ligure e per niente al francese. D’altra parte l’isola fu venduta dai Genovesi alla Francia, ricordate? Riccardo, che è nato e cresciuto a Genova, si sente veramente a suo agio. Dopo di che, i due viveur alle 21 sono a letto nelle mie cuccette. Che dormita! Si svegliano alle 7 del mattino seguente, freschi come rose.

La Piramide nel golfo di Pinarella: come non vederla?

Salpiamo alle 8. C’è poco vento, e mentre io navigo, loro, a turno, fanno il bagno a rimorchio di una cima gialla. Alle 10 si alza un bel venticello da Nord Est. Con lo spinnaker strallato e rotta 180° tiriamo un bordo di oltre 40 miglia a circa sei nodi. Non c’è male, per essere la mia prima volta al mare! Una nota triste: davanti al Golfo di Pinarellu scorgiamo i resti di un veliero da poco naufragato contro lo Scoglio di Pinarellu, una piramide rocciosa alta 15 metri. Che pena vedere i suoi bei due alberi in legno emergere ancora paralleli dal mare, ed il fiocco ancora arrotolato sul strallo di prua! Come potrà essere successo? Il mare non poteva essere stato agitato, perché altrimenti le onde avrebbero fracassato il relitto, che invece sembrava ancora in buono stato a giudicare appunto dal parallelismo dei due alberi. Restiamo scossi da questa vista.

 

Torri liguri in Corsica

Superiamo d’un fiato Porto Vecchio. A questo punto, l’avrete capito, il navigare è tanto bello che proseguiamo la nostra galoppata verso la Sardegna, mantenendo la rotta 180° ed allontanandoci quindi dalla costa della Corsica. Altri velieri, tutti di dimensioni maggiori delle mie, seguono la stessa rotta, con lo spinnaker a riva. Ci sentiamo subito ingaggiati (va bene che siamo in crociera, ma tant’è…) Stralliamo al massimo il nostro spinnaker, mentre gli altri poggiano un po’. Indi lo ammainiamo e guadagnamo qualche miglio di bolina. Quindi diamo di nuovo spi e puntiamo sull’ isola di S. Maria, la raggiungiamo e la scapoliamo, mentre gli altri devono fare un bordo sotto costa: abbiamo vinto questa insolita regata!

 

Capo d'Orso (Palau)

Superiamo quindi Budelli, Spargi, la Maddalena. Siamo di fronte a Palau alle 16,30. Cala il vento ed arrivano le onde incrociate dei “ferri da stiro” lanciati a trenta nodi sull’“autostrada” Porto Cervo-Budelli (in attesa della creazione dell’atteso parco naturale, l’ottimo Ministro Burlando potrebbe iniziare a limitarne la velocità in questi canali interni, nè più nè meno di come si fa per le auto all’interno dei centri abitati). Ci concedono la precedenza, ma non si preoccupano nè di rallentare nè di allontanarsi dalla tua rotta: le loro onde ci fanno saltare come birilli e addio abbrivio. E questa è la seconda nota negativa. Tiriamo faticosamente qualche bordo cercando di evitarli e, inseguendo i salti di vento, doppiamo Capo d’Orso ed alle 17,26 del 6 agosto ormeggiamo nella Baia delle Saline, nostro punto d’arrivo. Abbiamo navigato per 31 ore e 26 minuti percorrendo circa 140 miglia (dobbiamo fare i conti con i bordeggi e le inesattezze del log). Siamo “stanchi, ma contenti della bella traversata compiuta”.

Nei giorni seguenti scorazziamo per l’arcipelago, con vento da est, una brezza di circa 8 nodi, che si leva alle 10 circa e dura sino a sera, troppo debole per darci la forza di sopravvivere (velisticamente parlando, s’intende) alle onde dei motoscafi. Occorre quindi tenerci vicini alle coste e cercare di evitare l’autostrada citata. Ma quando arriva il Ponente, il Maestrale, quello che fa volare le barche a vela e rallentare i motoscafi?

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I POST DELLE VACANZE: ANDIAMO IN CROCIERA (prima crociera, prima puntata)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Luglio, 2012 @ 5:30 am

Eccomi, mi presento: sono Whisper, un Fun da regata, a Riva del Garda. Lui è Riccardo

Detto altrimenti: spendig review, scandali a ripetizione … basta! Prendiamo fiato e andiamo in crociera. Io stesso, dopo sei mesi di “un post al giorno leva il medico di torno” sono perfettamente sano ma un po’ stanco e mi concedo un meritato rela  utilizzando miei “vecchi” scritti marini. Pertanto vi invito a fare con me tre crociere, a puntate, sul mio piccolo FUN, un natante francese da regata, lft. m.7,04; dislocamento (peso) kg. 1.000; stazza 2,8 tons; superficie velica sino a mq.56; deriva kg. 330; pescaggio m. 1,60; motore ausiliario fb. 4 CV; carena planante (come una tavola da surf). Si tratta di mini crociere, le quali tuttavia  diventano “mega” traversate, ove si consideri la barchetta con la quale sono state effettuate.

 

1996: prima crociera al mare. Il Fun racconta…

Prima puntata

Era tanto che Riccardo progettava di portarmi al mare. E questa volta finalmente si è deciso! Partiamo da Riva del Garda il 4 agosto 1996, alle 8 di mattina, a 55 nodi di velocità, dal porto della Fraglia verso S. Vincenzo, diretti in Toscana, naturalmente in autostrada. Nei giorni precedenti la partenza avevamo chiesto consiglio a Nicola Cirella, il Presidente della Giuria del Giro d’Italia a vela e quindi a Vittorio, il Presidente del circolo Vela di S. Vincenzo (Livorno): entrambi gentilissimi. Tutto era stato organizzato: l’alaggio, il posteggio del carrello (presso la Nautica Azzurra), la verifica delle previsioni del tempo. Potevamo andare. Ed eccoci a S. Vincenzo a mare ad armeggiare con una gru toscana fabbricata a Trento (sic!).  Alle 18 dello stesso giorno ero di nuovo in acqua, questa volta salata.

Marciana Marina la nuit, ma noi tirem innaz

Riccardo non è solo: con lui c’è l’amico Matteo Amadori, della Associazione Velica Trentina. Aspettare la mattina seguente per partire? Non se ne parla nemmeno! Controllano autogonfiabile, VHF (radio trasmittente, n.d.r.), GPS (Global Position Sistem, sistema satellitare di posizionamento, n.d.r.), carte nautiche, giubbotti, luci di via, razzi, scandaglio etc. ed eccoci a navigare, con la prua sull’Elba, che si intuisce scapolare da dietro il promontorio di Piombino, verso Marciana Marina, nostra prima meta. Se non che, tempo buono, vento fresco da Nord…e chi li ferma quei due? (anzi quei tre, perché ovviamente ci sono anch’io!). Alle 20 decidiamo di proseguire direttamente per la Corsica (e qui chiediamo scusa agli amici del Circolo Velico di Marciana Marina ai quali avevamo preannunciato il nostro arrivo).

La notte è bella. Una mezza luna rischiara il cammino. Vento da Nord, procediamo mure a dritta al lasco a cinque nodi. Un po’ di onda ci distrae e ci invita ad accennare una surfata, inducendoci ad orzare verso nord. Infatti stentiamo a mantenere la rotta verso Sud Ovest tanto siamo portati a crearci un po’ di vento relativo. Pare che Bastia, che vorremmo evitare, ci attragga come una calamita: forse l’hanno costruita lì proprio perché quello era il naturale punto di approdo delle navi a vela che partivano dalla Toscana alla volta della Corsica. Contiamo di informarci su questo particolare.

Alba sul mare, dal mare, d'amare!

Ogni rotta, dai 220° ai 270° è buona. Ne ricerchiamo una che vada d’accordo con il vento, controlliamo la posizione di due stelle rispetto al fiocco, e navighiamo tenendole sempre nella stessa posizione rispetto alla vela: è molto più romantico che timonare con gli occhi sulla bussola! Per portarci più a Sud strambiamo e ci allontaniamo dalla costa. Loro fanno turni spontanei di un’ora a testa al mio timone. Io no, navigo sempre. Con il GPS si divertono a controllare la rotta a scoprono che il log dichiara il 30% in meno di velocità e di miglia percorse: mi sembrava di essere più veloce di quello che il log andava dicendo a tutti! Il mio portellone, sul quale fissano le carte nautiche con due elastici, si dimostra un ottimo tavolo da carteggio, illuminato dalla pila frontale di Riccardo.  Altra strambata e ci riavviciniamo alla Corsica. Sulla destra il cielo è illuminato dal riflesso delle luci di Bastia. Quindi, ecco l’aurora e l’alba.

Campoloro

Raggiungiamo alcuni pescherecci, con i relativi gabbiani di scorta.  Alle 9.15 del 5 agosto attracchiamo a Campoloro, che troviamo grazie al satellitare ed alla presenza, poco più a Nord, della grossa cupola bianca di un radiofaro. La carta e l’orologio dicono che abbiamo percorso 60 miglia, alla media di 4 nodi.  Mi guardo intorno, ma il posto non mi piace: è proprio solo uno scalo tecnico, con alle spalle la statale ed una montagna che pare messa apposta per richiamare le nuvole e la pioggia: siamo certi che il suo nome non sia stato Piovarolo? Chiederemo anche questo. Devo dire peraltro che sono stato accolto gentilmente e senza pagare alcunché. Loro due fanno colazione, quattro passi tanto per sgranchirsi, e poi tornano a bordo.

 

(continua)

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A TRENTO AI TEMPI DEL SENATORE BRUNO KESSLER: LA MIA ISA, ISTITUTO ATESINO DI SVILUPPO SPA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Luglio, 2012 @ 3:01 pm

Detto altrimenti: ho letto della nomina di Tononi a Presidente dell’ISA  ed ecco che mi è tornata alla mente la mia ISA, di tanti anni fa

1986. Lavoravo a Milano. Mi fu offerta la direzione di un’importante società  finanziaria trentina. Accettai, anche perchè la finanza era da tempo il mio settore e già  molti legami  mi univano alla terra nella quale avrei vissuto: mamma, siciliana, a Bolzano era stata l’insegnante dell’On. Berloffa. Babbo, toscano, carabiniere a Palù di S. Orsola, Vermiglio e Bolzano, dove si era fidanzato con mamma; indi era stato Maresciallo Maggiore a Genova e poi a Cles. Io, genovese, turista in Val di Non, scalatore del Brenta e delle Pale di S. Martino; infine ufficiale di complemento a Bressanone.

Il Senatore Bruno Kessler

Incontrai il Senatore Bruno Kessler, Presidente della Finanziaria ISA- Istituto Atesino di Sviluppo SpA. Non era alto. Corporatura robusta, viso abbronzato, segnato da due baffi folti, capelli folti e ricci, leggermente stempiato. Occhi intensissimi. Colpiva il calore della sua voce e la sicurezza che emanava ogni suo gesto, ogni sua parola. Il suo gesticolare lo aiutava a scolpire allo sguardo e nella mente dell’interlocutore i concetti che esponeva. Alternava periodi in lingua con frasi in dialetto trentino o meglio solandro (della Val di Sole): disente era un verbo riflessivo, che cioè lo aiutava a riflettere: Diciamo … e intanto rifletteva, lanciando anelli di fumo per la stanza…
Una sigaretta? No grazie. Un whiskey? No grazie. Mi guardò un poco insospettito…

Mi parlò a lungo della società , della delicatezza del compito, della necessità  di una reimpostazione del Gruppo. Mi spedì a passeggiare nei giardini intorno alla statua di Dante, mentre lui andava a presiedere la riunione del Consiglio di Amministrazione che avrebbe dovuto decidere la mia assunzione. Rientrai all’ora stabilita. Si complimentò con me: il Consiglio aveva approvato la sua proposta all’unanimità. Il Senatore mi invitò a studiarmi il gruppo. Passai così la prima settimana. All’inizio della seconda settimana Kessler mi disse: “Vedo che Lei è veloce. Quindi, in parallelo allo studio della situazione, inizi a propormi l’eventuale ristrutturazione della Capogruppo ed un piano di rilancio del Gruppo. Si faccia vivo quando ha una soluzione”.

Trento, Palazzo Moggioli, la sede dell’ISA

Studiai le carte. Innanzi tutto era particolare la composizione dell’azionariato dell’ISA, in quanto a fianco di una maggioranza detenuta dalla locale Curia Vescovile, v’erano i Benetton. Inoltre le partecipazioni azionarie della Holding erano assai eterogenee: infatti vi erano banche, società  di leasing, una commissionaria di borsa, società  di brokeraggio assicurativo, società  di impianti di risalita, aziende agricole, immobiliari, partecipazioni minori in settori diversificati.
ISA era una grande costruzione, che rispecchiava la visione a tutto campo del Kessler, mirata a promuovere lo sviluppo in ogni settore di attività, senza nulla trascurare. Per i non Trentini aggiungo che Kessler, oltre che Senatore e Presidente dell’ISA, era uno dei padri dell’Autonomia del Trentino, era stato Presidente della Giunta Provinciale per non so quanti anni, era Presidente della Federcaccia, dell’ITC Istituto Trentino di Cultura, dell’Irst Istituto di Ricerca Scientifica e Tecnologica, aveva fondato l’Università  di Trento (Sociologia), ed era stato padre del PUP, Piano Urbanistico Provinciale, solo per citare qualche sua creazione e funzione.

Il Gruppo ISA aveva una grande validità  patrimoniale ed economica, ma era debole finanziariamente: cioè non generava sufficienti flussi di cassa necessari al finanziamento del proprio sviluppo a cominciare dalla ricapitalizzazione della Banca di Trento e Bolzano, come invece veniva “suggerito” dalla Banca d’Italia. Si trattava dunque di problemi finanziari. Ed io ero uomo di finanza. Lavoro per me, mi dissi.

Mi resi conto che il Gruppo era rimasto prigioniero di se stesso, nel senso che per far cassa, rilanciare gli investimenti ed estinguere i debiti bancari avrebbe dovuto vendere qualche cespite, ma con ciò sarebbe emersa la rivalutazione che i cespiti avvano  maturato rispetto ai valori storici ai quali si trovavano appostati nei bilanci e ciò avrebbe generato cassa ma anche forti  utili e quindi una loro rilevante tassazione: ed allora, come fare?

Gli impianti sul Ghiacciao della Presena (a sinistra la Cima Presena, m.3.068) prima dell’attuale (anni 2000) cabinovia.

Nel frattempo ero stato nominato Presidente ed Amministratore Unico delle due società  di impianti di risalita del Passo del Tonale e del Passo Paradiso (Sirt e Grandi Funivie Passo Paradiso). Esse erano molto indebitate e generavano rilevanti perdite annue. Un problema dovuto al fatto che i nostri impianti sciistici di risalita del Ghiacciaio Presena, i quali avevano una portata di alcune migliaia di persone l’ora, erano rimasti succubi dell’unica funivia di arroccamento, di proprietà  di terzi, con una portata oraria di sole poche centinaia di persone, assolutamente insufficiente quindi ad alimentarli adeguatamente di sciatori. Inoltre, il nostro impianto alternativo di risalita, una seggiovia triposto (del “Cantiere”) , di cui pure ci eravamo dotati, era stata chiusa per l’eccessivo rischio di valanghe. In più avevo ricevuto dalla Provincia un telegramma di diffida ad utilizzare anche gli altri impianti del ghiacciaio, sempre per il pericolo di valanghe.

Nella popolazione del Passo del Tonale, che chiude da ovest la splendida Val di Sole, che poi era la valle d’origine del Senatore, vi era una comprensibile e giustificata forte preoccupazione per il futuro delle società , dalle quali dipendeva in buona parte la loro sopravvivenza economica. Nessuno voleva tradire o abbandonare nessuno, ma il costo del mantenimento dello status quo era diventato insostenibile per l’azionista ISA.  A rigore, avrei dovuto portare i libri in tribunale. Non lo feci, a mio rischio e pericolo (civile e penale).

Infatti, oltre alle pressioni trentine, anche le altre società  del Consorzio Sciistico Adamello Ski chiedevano se avrebbero potuto dare il via alla consueta campagna promozionale annuale di sci estivo, cioè mi chiedevano se io prevedevo che gli impianti del ghiacciaio sarebbero rimasti aperti per l’estate o meno. Un mio diniego avrebbe quindi distrutto anche quel loro avviamento. Dissi di si, ed iniziai a recarmi periodicamente sul ghiacciaio a verificare di persona lo stato dell’innevamento, il pericolo delle valanghe e a farle scendere mediante procedure autorizzate dalle autorità  di pubblica sicurezza. Ma io ero anche Direttore della Holding, cioè della SpA azionista e non avrei potuto permettere che il Presidente delle due società  (che ero io) venisse a fine stagione a chiedere al Direttore dell’ISA (che poi ero sempre io) le somme necessarie per ripianare le consuete perdite finanziarie e gestionali.

Salendo verso gli impianti estivi del ghiacciao

Restava una possibilità: vendere tutto. Il Senatore era d’accordo. Mi disse che se fossi riuscito a venderle a zero lire, sarebbe già  stato un ottimo affare: “Se  ghe riesse lu ghe digo bravo” , mi disse.  Iniziai a visitare pazientemente tutti i soggetti potenzialmente interessati all’operazione, senza però offrire in vendita nulla. Mi resi conto del loro forte interesse all’acquisto, pur manifestato nella piena loro consapevolezza che l’ISA mai avrebbe accettato di vendere loro tali cespiti. Quando fui certo di avere messo a fuoco gli interessi di ognuno, mi lasciai scappare che forse si sarebbe potuto immaginare una diversa composizione dell’azionariato, più incentrata sugli operatori locali e così via, sino al giorno in cui gli operatori trentini mi chiesero espressamente se sarei stato disponibile a vendere loro il tutto. Io mi lasciai convincere a fare ciò che già  avevo deciso di fare! Fondai una nuova società , l’attuale Carosello Tonale SpA, alla quale le due vecchie società  cedettero tutti i cespiti e metà  dei debiti. Io mi tenni in ISA le due vecchie società , ormai scatole vuote, piene tuttavia della metà  dei loro debiti e soprattutto titolari delle perdite pregresse. Trattai quindi la vendita della Carosello agli operatori locali per 200.000 lire. In realtà  chi avesse sborsato tale cifra sarebbe stato il padrone di tutto e debitore di una metà  del totale dei debiti. Avrei cioè venduto il tutto ben oltre al prezzo di zero lire indicatomi!

Dai futuri acquirenti trentini mi feci rilasciare un impegno bancario redatto su di un testo da me concepito, con la quale una primaria banca, preso atto della nostra trattativa, si impegnava a garantirne il pagamento, ove la vendita fosse stata conclusa. Forte di ciò, sollecitai anche gli operatori dell’altra parte del passo, e cioè i bresciani dai quali ottenni un’offerta un po’ più vantaggiosa, assistita da uguale impegno bancario. A chi vendere?

La pista “nera” dal Passo Paradiso al Passo del Tonale (2650-1850)

Infatti esisteva ancora un problema: ISA non possedeva il 100 % del capitale delle due vecchie società  del Passo del Tonale, come invece era imposto dalla legge per procedere alla loro fusione nella capogruppo ISA secondo l’unica procedura ormai possibile, e cioè quella accelerata (che appunto era riservata a chi possedeva il 100% del capitale delle società  da fondersi) entro il termine utile consentito dalla Legge Visentini, ormai prossimo, e con ciò portare legittimamente in ISA le loro perdite fiscali, pregresse, gestionali e di fusione, necessarie a controbilanciare le plusvalenze (utili) che sarebbero emerse in ISA quando avessimo venduto qualche gioiello di famiglia. Si trattava di pagare o non pagare rilevanti imposte.

Forte dell’offerta bresciana, convocai gli amici trentini e mi dichiarai d’accordo nell’accettare la loro proposta, solo se prima loro mi avessero venduto a prezzo simbolico le loro azioni di minoranza delle vecchie società , le quali, nelle loro mani, avevano valore zero. Accettarono.

Al che, vendetti loro la nuova società  (Carosello Tonale), acquistai la totalità  delle vecchie, operai la loro fusione in ISA entro la scadenza prevista dalla legge (in quanto potei avvalermi della citata procedura accelerata), portandomi quindi legittimamente in ISA le loro perdite per noi fiscalmente rilevanti, ormai diventate perdite nostre, cioè della Capoguppo ISA. Nel frattempo insieme al Senatore vendemmo alcuni cespiti importanti, incassammo forti somme, realizzammo forti utili bilanciati dalle perdite di cui sopra, e conseguentemente non pagammo imposte e restammo liquidi. ISA potè ripianare i debiti bancari e soprattutto potè disporre della liquidità  necessaria a rilanciare gli investimenti. Avevo svolto con successo il mio difficile compito.

Questa è stata la mia ISA, breve ed intensa.

Pochi giorno dopo ricevetti la proposta da una banca fuori regione per la posizione di Amministratore Delegato di una sua Finanziaria per gli scambi con l’estero, a Milano. Mia moglie, insegnante di ruolo, nel frattempo aveva esaurito il periodo di aspettativa non retribuita e non aveva ottenuto il trasferimento in Trentino. Tornammo tutti in Lombardia. Ma ero destinato a tornare in Trentino, cosa che feci pochi anni dopo, come Vice Direttore Generale della Marangoni Holding e dopo altri anni, in chiusura di carriera, Presidente Amministratore Delegato e Direttore di APM SpA. Ma queste sono altre storie.

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NIENTE TRUFFE, SIAMO INGLESI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Luglio, 2012 @ 7:25 pm

Detto altrimenti: scherzavamo … anche noi inglesi, quando ci mettiamo …

Il comunismo ha impiegato oltre un secolo ha mostrare il suo fallimento. Il liberismo finanziario, pochi anni.

Ultima ora (cioè, ultima mezz’ora, TG3 delle ore 19,00 del 3 luglio 2012. Quanto ho impiegato a scrivere questo post? 25 minuti). Il vertice della Barclays Bank, la terza banca inglese, la terza banca nella City (la City, l’unica City … cosa credevate, di City ce ne è una sola! E per fortuna, dico io a questo punto!) si è dimesso o è stato “dimesso”. Gente da decine di milioni di sterline l’anno di stipendio … fate un po’ voi i conti quanto fa …. taroccavano il “libor”. Libor, London Interest Best Offered Rate, il tasso di interesse ufficiale ed effettivo dei prestiti interbancari sulla piazza di Londra, il migliore appunto che potesse essere praticato fra debitore e creditore, stante i soggetti. Oltre 300.000 miliardi di Euro di transazioni annue si basano nel mondo su contratti che fanno riferimento al libor. E loro lo taroccavano, per potere disporre dei tassi più convenienti allo sviluppo dei loro affari e quindi dei loro bilanci e quindi dei loro super stipendi.

Tanti anni fa un mio caro amico, O.T. si dimise da capo della Barclays Italia, per fondare una sua finanziaria privata, la società L., alla quale mi pregio ancora oggi di avere  collaborato. A suo tempo non lo capii. Ora lo capisco: se tanto mi da tanto …

Ora la questione diventerà anche politica, in Inghilterra, anche perché qualcuno ha cominciato a dire che i “suggerimenti” venivano dall’ “alto”. Staremo a vedere. Sta di fatto che non bastavano le Agenzie di Rating USA a fare il bello ed il cattivo tempo a vantaggio delle finanziarie e delle banche che loro stesse classavano come ottime (essendo state pagate per fare ciò proprio da chi stavano esaminando! E’ un po’m come da noi, in certe regioni, nelle quali i guardiacaccia sono pagati dai cacciatori!) e che dopo pochi giorno o mesi fallivano! Ci volevano anche le banche inglesi!

 

Che dire? Che fare? Che dire, è facile: basta! Vergognatevi! Costituitevi! Restituite i vostri super premi! Che fare … è un po’ più difficile … non mi resta altro che invocare il ritorno alla moralità. E se non ci riusciamo “dall’alto”, cioè iniziando dalla riaffermazione del valore della morale e dell’onestà, dobbiamo riuscirsi “dal basso” e cioè eliminando i super stipendi, i super premi, le super buonuscite, le super pensioni, fattori che spingono persone dai principi assai elastici, a delinquere. E controllando di più le banche e controllando i controllori delle banche.

God save the Queen? No, cari amici. God save us! Dio salvi la Regina? No, Dio salvi noi (dai suoi sudditi)

 

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IN TRENTINO: UNA GIORNATA INDIMENTICABILE CON DON MARCELLO FARINA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Luglio, 2012 @ 6:40 am

Detto altrimenti: la domenica mattina a Messa a Balbido … mi è stato detto che i miei post diventano talvolta un diario delle mie giornate. E perché no? … Ed allora eccomi a combinare un incontro fra il miei amici Ruggero e Maria Grazia “da Riva” con Don Marcello, Sacerdote ed Amico che da tanto tempo loro volevano conoscere … e a raccontarvi tutto.

Non ho certo la pretesa di apparire uno scopritore, so bene che Marcello Farina è conosciutissimo e stimato da tutti a Trento e fuori, ma la giornata è stata troppo bella per non essere raccontata.

Don Marcello Farina, Sacerdote, Filosofo, Amico … è di Balbido, un paese del Bleggio, una bellissima zona del Trentino, detto il “paese dipinto” per via dei suoi “murales”. Insieme a Ruggero e Maria Grazia, Maria Teresa ed io siamo saliti per assistere alla S. Messa che Marcello ogni domenica celebra alle 10,00 nella chiesetta di S. Giustina, di cui mi spiace non avere una foto.  La Messa celebrata da Don Marcello è sempre un vero arricchimento dell’animo, dell’anima e dello spirito. Prima e dopo la celebrazione, egli è attorniato e “conteso” dai paesani, che guardano con un po’ di sorpresa questi “turisti” che quasi pretendono di avere il monopolio del “loro” Don. A cerimonia ultimata, Ruggero si è impegnato ad accompagnare una prossima celebrazione con il suo violino e Marcello ci ha spiegato alcune cose sulla “sua” chiesetta, la quale è del 1100, inizialmente dedicata alla SS. Trinità. Successivamente accadde una fatto particolare. La famiglia nobile dei Crosina (una loro erede per tutti, Maria Luisa Crosina, attuale Presidente di MusicaRivaFestival, a Riva del Garda) fuggì da Padova per sottrarsi alle ire del feroce Ezzelino da Romano, e nel 1648 approdò a Balbido, vi si costruì un palazzotto e rimodernò la Chiesa, dedicandola a S. Giustina, la patrona di Padova (credevate che fosse S. Antonio, eh? E invece no …). La stessa famiglia Crosina poi regalò un Vescovo Crosina alla Diocesi di Bressanone, Antonio Crosina Bonporto, parente del musicista Bonporto. Il  quartiere di “Man” a Trento deriva da Manburg, uno dei predicati nobiliari dei Crosina. Tutto questo ci spiega Marcello (e la stessa Maria Luisa).

"Accrescete la speranza, o voi ch'entrate"

Dopo Messa, Marcello ci ha ricevuto a casa sua, sul cui ingresso spiccano un dipinto ed una frase: “Le parole sono pietre”, “… omaggio al  “… nostro prete-filosofo, entrato nella stima e nella simpatia dell’artista grazie alle sue lodevoli doti di comprensione delle più diverse vicende umane ed alla sua innata capacità di trovare le parole giuste da condividere con il prossimo. Don Marcello Farina, apprezzato oratore, è stato anche presso il Duomo di Trento ove teneva omelie molto seguite ed amate dalla gente…”. Così dipinge e scrive il pittore Mario Romano Ricci. La sua casa poi è un tempio di libri, la vecchia casa della sua famiglia, in pietra, travi di legno e soprattutto librerie: casa testimone del suo abitante! Indi Marcello ci ha accompagnato a vedere i “murales” del suo paese (Balbido “paese dipinto”, appunto!): Il postino, Il pranzo di nozze, I due fidanzati, Gli ombrellai, L’arrotino, Le meccaniche celesti, Il maniscalco, La cena fra amici, Il sogno dello spazzacamino, L’estate, e molti altri “quadri di una mostra”.

Infine ci ha accompagnato a visitare la cappella di S. Felice a Bono nel Bleggio. Si tratta di una cappella affrescata dai Baschenis, famiglia tre generazioni di pittori provenienti dalla Val Brembana, che operarono 1470 al 1550 nel Bleggio, in Val Rendena, in Val di Sole, in Val di Non (in particolare nella cappella del Castel Spaur a Tassullo). Il più importante dei Baschenis fu Simone, che dipinse molto anche a Pinzolo, Dorsino, S. Lorenzo in Banale e Lasindo. La loro pittura (soprattutto affreschi) fu commissionata dai paesi, cioè dalla gente dei paesi e loro infatti dipingevano per la gente, per i poveri, immagini semplici, quasi “libri per analfabeti”, per gente cioè che l’unica lettura che sapeva fare era quella delle figure dipinte. I Baschenis provenivano dalla pianura e avevano attraversato la cultura del Mantegna, pur senza assorbirne i virtuosismi. I colori dei dipinti della Cappella ricordano quelli di Giotto. I dipinti sono assai ben descritti nel prezioso depliant edito dal Comune di Bleggio Inferiore – Comitato Bono. Una visita da fare, suggerita a tutti, assolutamente!

 

 

Dopo un ottimo pranzo consumato all’agritur “Maso Marocc”, abbiamo potuto ammirare dall’alto della montagna il Lomaso e il Bleggio, territori divisi dal Castel Campo che diede ben due Vescovi a Trento e dove si ritirava a poetare Giovanni Prati insieme alla poetessa Ada Negri. Al di là del Bleggio, si adagia il fiume Sarca, oltre il quale si stende il Banale con il paese di Stenico. Sullo sfondo, di fronte le nevi dell’Adamello e a destra quelle della Cima Tosa, la Regina delle Dolomiti di Brenta.

 

 

 

 

Sulla strada del ritorno, un’ultima ciliegina sulla torta della nostra ricchissima giornata: una sosta davanti alla casa di Don Lorenzo Guetti, il fondatore della Cooperazione Trentina, a Vigo Lomaso.

 

 

 

 

 

 

 

Marcello Farina con il suo ultimo lavoro: un libro su Don Lorenzo Guetti “E per un uomo la terra”

 

 

 

 

Marcello, Persona “contesa” da tutti coloro che lo conoscono, piena di interessi, cultura ed impegni, ci ha fatto un grande, grande regalo di umanità, comprensione, disponibilità. Ci hai fatto sentire privilegiati, non c’è che dire. Grazie, Marcello!

 

 

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ITALIA, ITALIA! ANZI … EUROPA, EUROPA! … Ricordando Altiero Spinelli

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Luglio, 2012 @ 7:13 pm

Detto altrimenti: dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur, ovvero, alcuni brevi pensieri in libertà …

Lo so, non tutti hanno avuto la fortuna di avere studiato il latino, ed ecco quindi la traduzione: “mentre a Roma di discute, Sagunto viene espugnata” … Questo fu l’amaro commento dello storico romano Tito Livio nelle sue Storiae ( XXI, 7,1), a seguito del tergiversare del senato romano di fronte alla richiesta di aiuto degli ambasciatori di Sagunto, città assediata dal generale cartaginese Annibale Barca (219 a.C.), il quale, nel frattempo, la conquistò e la rase al suolo.

Ieri sono andato da mio ciclista a comperare due “cornetti” per il manubrio della mia mountainbyke, sapete, quelle strane prolunghe che si applicano all’estremità delle manopole del manubrio, un po’ ricurve che tanto proteggono le mani in caso di urti o cadute. Sulla bustina di plastica che li conteneva, una piccola etichetta: “Made in China”. Lo stesso dicasi per il computer con il quale sto scrivendo, ed anche per il berrettino da sole in puro cotone, bianco con visiera ricurva verso il basso (se fosse dritta sarebbe sa sfigati, mi hanno spiegato i miei figli).

Ora, mi risulta che da tempo le maggiori case automobilistiche europee (e adesso anche qualche casa americana) si cono “consorziate” per la produzione in comune di alcune parti dell’auto, ad esempio per i pianali, la carrozzeria portante, i motori etc.. Economie di scala, le chiamano. Ben vengano le economie di scala europee. Quindi, oltre che a gridare “Coraggio Italia!”, gridiamo “Forza Europa”!

36 anni fa. Lavoravo alla Stet, Società Finanziaria telefonica per Azioni, Torino. Un mio collega, poi tragicamente mancato per un tumore, Gianni Ruta, mi convinse all’europeismo. Mi iscrissi al MFE, Movimento Federalista Europeo di Altiero Spinelli. Gianni non era uno scalatore. Tuttavia portò la bandiera dell’Europa sulla cima dl Monte Bianco.

Altiero Spinelli (Roma, 1907-1986) è stato un politico e scrittore italiano, sovente citato come padre fondatore dell’Europa per la sua influenza sull’integrazione europea post-bellica. Fondatore nel 1943 del Movimento Federalista Europeo, poi co-fondatore dell’Unione dei Federalisti Europei, membro della Commissione Europea dal 1970 al 1976, poi del Parlamento italiano (1976) e quindi del primo Parlamento europeo eletto a suffragio universale nel 1979. Fu promotore di un progetto di trattato istitutivo di un’Unione Europea con marcate caratteristiche federali che venne adottato dal Parlamento europeo nel 1984. Questo progetto influenzò in maniera significativa il primo tentativo di profonda revisione dei trattati istitutivi della Cee e dell’Euratom, l’Atto unico europeo. Fu membro del parlamento europeo per dieci anni e rimase uno degli attori politici principali sulla scena europea attraverso il Club del coccodrillo, da lui fondato e animato nel 1981.

Campionati europei di calcio, semifinali, Italia batte Germania 2 a 1. Bene, per noi Italiani. Questa sera l’Italia sta per incontrare la Spagna nella finale. Speriamo bene. Nel frattempo mi è venuta un’idea: formiamo una squadra di calcio europea e lanciamo il campionato intercontinentale.

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