UNA POESIA … (anzi due)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Luglio, 2017 @ 6:08 am

Detto altrimenti: … di Wislawa Szymborska     (post 2774)

 

C’E’ CHI

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Wislawa Szymborska

C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita.

È tutto in ordine dentro e attorno a lui.

Per ogni cosa ha metodi e risposte.

È lesto a indovinare il chi il come il dove

e a quale scopo.

Appone il timbro a verità assolute,

getta i fatti superflui nel tritadocumenti,

e le persone ignote dentro appositi schedari.

Pensa quel tanto che serve,

non un attimo in più,

perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio.

E quando è licenziato dalla vita,

lascia la postazione dalla porta prescritta.

A volte un po’ lo invidio

per fortuna mi passa.

 

Wislawa Szymborska

 Mi piace farla un po’ anche mia … anche se mi permetterei di attualizzarne e contestualizzarne  il titolo in “Un qualche nostro leader politico”. Ed ecco la seconda, della stessa poetessa:

CONTRIBUTO ALLA STATISTICA

Su cento persone:

che ne sanno sempre più degli altri
– cinquantadue;

insicuri a ogni passo
– quasi tutti gli altri;

pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
– ben quarantanove;

buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
– quattro, be’, forse cinque;

propensi ad ammirare senza invidia
– diciotto;

viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
– settantasette;

dotati per la felicità,
– al massimo non più di venti;

innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
– di sicuro più della metà;

crudeli,
se costretti dalle circostanze
– è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;

quelli col senno di poi
– non molti di più
di quelli col senno di prima;

che dalla vita prendono solo cose
– quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;

ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
– ottantatré
prima o poi;

degni di compassione
– novantanove;

mortali
– cento su cento.
Numero al momento invariato.

 

WisÅ‚awa Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1 febbraio 2012).  Premio Nobel 1996 e altri numerosi riconoscimenti. E’ la più importante poetessa e saggista polacca degli ultimi anni e una delle poetesse oggi più amate dal pubblico della poesia (e non solo). In Polonia i suoi volumi raggiungono cifre di vendita (500.000 copie ) pari a quelle di un  bestseller,  nonostante Szymborska abbia ironicamente osservato, nella poesia intitolata  “Ad alcuni piace la poesia” , che la poesia piace a non più di due persone su mille.

 

 

 

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EMERGENZE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Luglio, 2017 @ 5:28 am

Detto altrimenti: rivediamo le priorità     (Post 2783)

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“Burro o cannoni” direbbe ancora oggi l’economista Paul Samuelson

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Il debito pubblico cresce. Si dice OK, a indebitarsi “devono” essere tre soggetti: le famiglie, le imprese, lo Stato. Si vabbè, ma est modus in rebus, sunt certi denique fines quos ultra citaque nequit consistere rectum scriveva Orazio … c’è un limite a tutto! Per far fronte alle “emergenze cicliche” che quindi tali non sono, occorrono denari ma se lo Stato non ne ha più e non può indebitarsi ulteriormente … ‘sa fente? Cosa facciamo, detta in dialetto trentino? Ci provo. Rivediamo le modalità e le priorità di spesa.

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Immigrati

L’UE non partecipa al nostro sforzo? Alcuni Paesi UE aderiscono all’Unione “alla carta”? E noi facciamo lo stesso, cribbio! Dobbiamo versare all’UE la nostra quota di adesione, chessò … 10 mildi di Euro? Ok, versiamoli al netto di quanto già speso per gli immigrati al posto dei contributi non versati all’Italia dall’UE.

Alluvioni terremoti, incendi

Invece di acquistare cacciabombardieri F 35, acquistiamo “prima” di questi eventi tot areoplani canadair, tot casette prefabbricate, impostiamo una revisione e sistemazione della revisione di migliaia di edifici a rischio.

In generale

Con legge abbiano vincolato per anni e decenni somme di denaro in favore di questo e quel progetto, talchè le somme disponibili sono ridotte ad una frazione minima, insufficiente a far fronte alle nuove necessità? Be’ … allora con altra legge svincoliamo questi impegni a fronte di nuove, sopravvenute, più impellenti necessità (ad esempio: la siccità nel centro sud).

O no?

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DEMOCRAZIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Luglio, 2017 @ 2:12 pm

Detto altrimenti: parliamone un po’ …                        (post 2782)

Nei millenni  il termine democrazia ha storicamente assunto tre significati e contenuti assai diversi:

  • potere sul popolo (demokrator = tiranno)
  • strapotere del popolo (“quei prepotenti del popolino …”)
  • potere del popolo (oggi si, quasi … o no?)

1 – Parole vuote

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Sintesi delle conclusioni dei Melii agli Ateniesi, i quali  poi ne fecero strage

La cosiddetta Repubblica Ateniese di Pericle  era  in realtà  un principato pericleo imperialista e coloniale. Leggete in Tucidide il discorso degli Ateniesi agli isolani di Melo: ” Cari Melii, diventate nostri alleati, pagateci imposte, forniteci soldati o vi distruggiamo. Siete liberi di scegliere”. Un esule contrario a questa forma di governo scrisse un libriccino che trovate ancor oggi in libreria (basta chiedere l’Anonimo Ateniese e se vi chiedono chi sia l’autore – è successo … – basta dire che era ed è anonimo!) nel quale costui spiegava quali fossero i difetti del sistema e soprattutto spiegava perché e come, nonostante essi, il sistema durasse così a lungo. Oggi, come ieri, la democrazia è il migliore dei sistemi di governo, ma ciò non vuol dire che essa sia automaticamente un sistema rassicurante il popolo che vuole e crede di essere il soggetto che governa.

2 – Alternanza, pluralità, innovazione (a cominciare dalle persone)

Pericle si fece eleggere annualmente per 30 anni di seguito, anche perché così rimandò sine die il dovuto rendiconto finanziario, visto che lui e il suo capo dei  LL.PP., Arch. Fidia, erano diventati gli uomini più ricchi in Atene. A pensar male …

3 – Confronto, dibattito

“O con me o contro di me”, tertium non datur, dice il leader di cui al successivo n. 7

4 – La mancanza del vincolo di mandato

Siamo in una SpA. Gli azionisti proprietari lanciano un messaggio al Consiglio di Amministrazione (CDA): abbandonare la produzione del prodotto “A” e concentrarsi sul prodotto “B”. Il CDA invece di vendere i macchinari per la produzione del prodotto “A”,  ha un’idea opposta e ne raddoppia la produzione. Siamo in Parlamento. Tizio è stato votato per sostenere l’idea “A”. Cambia idea e si mette a sostenere l’idea “B”. E …e  chi lo ha votato come ci rimane? (Lo stesso accade don il voto segreto, 007 licenza di … tradire il mandato).

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V. sopra, cosa hanno fatto i democratici Ateniesi ai Melii …

5 – I livelli della democrazia

Un partito si proclama democratico perchè “ascolta” la gente. Ma poi, al suo interno, non rispetta le regole democratiche del funzionamento dei propri organi istituzionali e alla fine fa quello che dice il suo leader. Questo partito è democratico solo al primo livello (quello di ascolto). Non ai successivi. Che poi sono quelli che contano.

6 - I livelli dell’azione in democrazia (spuntare quello prescelto)

  • operare con onestà sostanziale
  • operare sui problemi della gente
  • parlare dei problemi della gente
  • operare con furbizia sostanziale
  • occuparsi del sistema di potere

7 – Il leader

Keep your dog on a short lead, tenete il vostro  cane con un guinzaglio corto, sta scritto sulle nostre piste ciclabili. Lead, guinzaglio, proprio quello che talvolta il leader mette ai suoi seguaci … un guinzaglio corto: non vi preoccupate, non stancatevi a pensare: ghe pensi mi! Questo leader non è laico, ovvero non accetta il pluralismo: ci sono io e basta, o con me o contro di me, nessun dialogo, nessuna diversificazione ( v. sub n. 3). Più che un leader è un lader (della democrazia).

8 – Democrazia imperfetta: un problema o un bene

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Chi volesse approfondire …

L’imperfezione. Un problema per coloro che si sforzano di migliorarla: costoro infatti fanno una fatica tremenda nel cercare di correggerla. Un bene per chi ci marcia, per chi ne trae vantaggio, per chi si muove fra le pieghe de sistema. Come fare a migliorare il sistema: organi politici e istituzionali semplici, non pletorici; regole chiare, sanzionate; restare attaccati alla terra e ai suoi problemi d’ogni giorno. Come fare per mantenerlo o anche a peggiorarlo? Fare il contrario di quanto appena detto e volare alto, molto alto. Orbene, l’accettare una democrazia imperfetta senza reagire, equivale, nel lungo periodo, ad abbatterla: infatti questa inerzia ingenera nella massa disattenta una disaffezione per la politica democratica e la induce a pensare che “quando c’era lui le cose sì che andavano per il verso giusto!” (1)

9 – Democrazia non sanzionata, uno dei suoi maggiori difetti

Troppo spesso la legge democratica non prevede una sanzione per la propria violazione. Ciò spesso la rende inefficace (ancorché sia pienamente legittima).

10-  Largo/larghi ai giovani

 Spazio ai giovani tipo “A”, ovvero tali non necessariamente anagraficamente bensì tali perché  nuovi nel governo della politica, indipendentemente dalla loro età, (largo ai giovani);  oppure  spazio ai giovani tipo “B” quelli giovani anagraficamente che “io mando avanti perché tanto poi li telecomando” (larghi ai giovani)?

11 – Democrazia vissuta, cresciuta pian piano, conquistata o … regalata?

“Vieni con me che ti regalo forme democratiche …” dice un tale. Al che mi viene in mente una frasetta latina: “Timeo Danaos et dona ferentes”. La traduzione? Ma no … dai … che la sanno tutti …

12 – Democrazia delle rete

Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò! Quando su milioni di aderenti, ad esprimersi sono solo alcune migliaia! Si, la rete funziona, ma  è quella che che irretisce la buona fede, la distrazione  o l’ignoranza (dei sistemi web, s’intende, nessuno si offenda!) di milioni di persone …

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(1) Neera Fallaci,  “Dalla parte dell’ultimo – Vita del prete Lorenzo Milani”, Ed. BUR Saggi, pag. 509 – Don Milani a un giornalista: “Io ammetto che si possa essere di qualunque partito, perfino liberali, guardi. Ma non del suo!” (Lo Specchio, MSI, n.d.r.). Il giornalista risponde: “Io non sono di nessun partito”. Don Milani: “Appunto, questo è il fascismo: non essere di nessun partito e servire quelli che ci sfruttano e fanno le guerre”.

N.d.R.: perché Don Milani ce l’aveva (anche) con i liberali? Per la loro applicazione rigida del principio della meritocrazia. Per lui il figlio del montanaro ignorante che raggiungeva il 5 era altrettanto meritevole, se non di più, del figlio del ricco professionista di città che raggiungeva il 10 e lode.

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AMARCORD GALIBIER E IZOARD

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Luglio, 2017 @ 5:13 pm

Detto altrimenti: a marcord, mi ricordo che sul Galibier …     (post 2781)

Oggi ho seguito alla TV la tappa del Tour de France al Galibier.

Amarcord …

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                          Com’era …

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32 – 39 – 28. Trentadue anni fa; trentanove il rapporto al pedale; ventotto quello alla ruota. Partivo in bicicletta con il mio amico Paolo da Cesana Torinese (1354 m); salivamo il Monginevro (1854 m); scendevamo a Briancon (1326 m); salivamo al Lautaret (2058 m.); salivamo al Galibier (2655); discesona e poi per 4 km  salivamo al Telegraf (1556); discesona a fondo valle; salivamo ai 2083 m del Moncenisio e discesona fino a  Susa (503 m.) Fine.

A marcord …

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… agli onori della copertina di “Bicicletta”, anno II°, 18 giugno 1985

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Al Galibier … in agosto nevicava. Ed io su e giù per l’ultimo km per  aspettare il mio amico “al caldo”, lui che  era molto meno allenato di me e carico di una pesante cinepresa. Quanto abbiamo impiegato? Non ricordo esattamente ma nel primo pomeriggio eravamo a Susa dove ci aspettavano le nostre mogli per portarci in auto a Cesana Torinese, lungo 35 km di strada solo in leggera salita ma molto, troppo pericolosa a causa del traffico dei TIR.

A marcord …

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97 - 82 - Sua Maestà La Bici

Com’è oggi, insieme ad altri preziosi pezzi di “antiquariato familiare” …

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La mia  bici? Una Camilotto Expert costruita su misura: è quella che uso ancora oggi, solo che ho inserito i cavi dei freni all’interno del manubrio; ho cambiato i pedali adottando quelli odierni a scatto; ho cambiato il rapporto al pedale da 52-39 a 50-34; l’ho ridipinta da bianca che era  ad azzurro e giallo, i colori della squadra ciclistica della Commissione UE. Dice … ma tu la tieni in casa la tua bici? Si, ma … tranquilli …  la casa è pulita, la bici non si rovina …

A marcord …

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Domani il Tour scala il Colle dell’Izoard (2361 m) , che salivo così: Cesana-Monginevro-Briancon-Izoard e ritorno a casa per pranzo a Cesana. A marcord … mi ricordo oppure amar cor, cuore amaro? Ma no, che dico? A marcord, mi ricordo, sicuramente!

Qui a fianco, al bicigrill di Mori (TN) … sotto il sellino … il tubolare di scorta a “denunciarne” l’autenticità e l’età …

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In alto a dx, il Colletto Verde, 2600 m., oltre il quale la Francia. Con la bici, in estate, si passa da sin a dx sotto quelle rocce fino a scollinare

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L’IZOARD. Come si è capito il tour lo scalerà dalla parte opposta a quella di chi proviene dal Monginevro, ovvero lo saliranno da Guillestre. Io l’ho salito tre volte: la prima con la mtb da Cesana Torinese (1354 m) sono salito per strade forestali ai 2230 m del Colle Bercia, ultima stazione degli impianti di risalita invernali che salgono da Cesana Torinese e da Claviere-Monti della Luna. Indi con una salita progressiva su tracce di sentiero sono salito al Colletto Verde (2600 m), ultima stazione degli impianti di risalita invernali che salgono dal Monginevro. Indi sono sceso per prati e marmotte per 12 km in quello che in inverno è uno splendido tracciato sciistico fuori pista e sono arrivato a Cervieres, un minuscolo  paesino di 173 abitanti a 1375 m,  alcuni km sopra Briancon sulla strada che sale all’Izoard (2361 m). Indi su, al colle. Le altre due volte con la bici da corsa, salendo dai due versanti.

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A marcord …. mi ricordo … L’IZOARD … laggiù, in fondo, Briancon e a destra la salita per il Monginevro, quindi l’Italia: Claviere, Cesana Torinese.

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LA FORZA DELLE IDEE: LUCIA BRUNI DA ROMA A BRUXELLES IN BICICLETTA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Luglio, 2017 @ 6:51 am

Detto altrimenti: perché non possiamo rinunciare al progetto europeo (post 2780)

FullSizeRender (1)Questo è un postaltrui, nel senso che riporto un articolo di Lucia Bruni pubblicato sulla rivista Il Mulino, 18 luglio 2017. Sull’impresa europeista di Lucia ho pubblicato alcuni post, comprese due interviste ed un LP-Long Post che ha preso le mosse dalla sua tappa regionale in Trentino Sud Tirolo. Lucia … ha perso il primo contatto trentino quale aspirante fiabbina (Fiab, Federazione Italiana Amici della Bicicletta, a Trento con il Presidente Guglielmo Duman) e subito dopo testimonial nell’evento dell’ Associazione Culturale Restart (v. foto) del maggio scorso e da allora è diventata anche un po’ “dei nostri”. Avremmo voluto averla conosciuta prima, per farla partecipe anche del movimento “Se non ora quando” nel movimento in favore della legge sulla parità di genere, ma … non si può avere tutto dalla vita!

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L’accoglienza roveretana al Ristorante Moja di Rovereto Borgo Sacco

L’applicazione da cellulare che uso come navigatore mi guida giù per una circonvallazione larga e trafficata come in tutte le grandi città. Ho appena lasciato il quartiere europeo, con gli immensi edifici a specchio che ospitano le istituzioni comunitarie e la miriade di uffici di organizzazioni e realtà ad esse legati. Ma ora, subito dietro una curva, inizio a percepire colori e odori tipici di un sud mediorientale. Al supermercato dove entro a comprare biscotti e jogurt tutti parlano arabo, le uniche parole in inglese sono quelle tra me e il cassiere, che dopo avermi congedata torna subito all’arabo per salutare la donna velata in fila dietro di me. Sono nel quartiere Du Midi, che prende il nome dalla stazione Sud. Amo il Medioriente, e dopo un attimo di disorientamento non mi dispiace affatto aver incontrato questo volto di Bruxelles – più che una città un’unione di comuni, la terza regione del Belgio, con la Vallonia e le Fiandre. Mi rendo conto della complessità e della vitalità di questa città, che non può essere raccontata solo come centro delle istituzioni europee. Anche se è per questo che mi ci trovo, dopo quasi duemila chilometri percorsi in bicicletta in sedici giorni, più un giorno di sosta a Lussemburgo per eccesso di cattivo tempo.

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Un gruppo di “colleghi fiabbini” alla partenza di Lucia da Trento

Sono partita da Roma il 19 giugno, con l’intenzione di raccontare con un viaggio a pedali il sessantesimo anniversario dei Trattati che istituendo la Cee e l’Euratom completarono la triade delle Comunità europee e avviarono il processo che ha portato fino all’Unione di oggi. Quando iniziai a pensare a questo viaggio, nel gennaio scorso, sia in Italia sia all’estero fioccavano denunce e accuse contro l’Unione europea, vista come causa di tutti i mali delle economie e delle nostre società. Più di un partito invocava l’abbandono dell’Unione da parte del proprio Paese, per seguire l’esempio della Gran Bretagna. Cosa è successo, mi chiedevo, in questi decenni da sfigurare a tal punto il volto di un progetto così ambizioso e, per diversi aspetti cruciali come la pace e la cooperazione tra gli Stati europei, così vincente? Se ci si pensa, emergono i passi avanti e le tappe raggiunte in fatto di integrazione, seppure minati da incertezze e contrattazioni senza fine sul trasferimento di pezzi di sovranità nazionale. Ma viene in mente soprattutto il colpo di grazia inflitto dalla crisi finanziaria globale, con le conseguenti misure restrittive, e impopolari, di austerity.

Sono stati anni in cui abbiamo visto i governanti dibattersi in una palude di ambiguità, consapevoli della necessità di portare avanti l’integrazione europea ma incapaci di trovare accordo sui tempi e i modi, schiacciati dalla pressione di opinioni pubbliche sempre più mutevoli e insoddisfatte, capaci di ribaltoni elettorali da capogiro.

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Bolzano: Associazione Alexander Langer con Edi Rabini e i soci Fiab Helmut, Anna, Fabio e Walter

Perchè adesso tutto sembra tanto più difficile rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta? Non dovrebbe essere più facile continuare a muovere una macchina già avviata piuttosto che farla partire da zero? Dopotutto allora era da poco finita la seconda guerra mondiale, anni di tragedie e inimicizie tra popoli e Stati europei. Ci pensavo su, salendo in bici verso il cuore dell’Europa e mi è parso di capire che il deficit più grave non riguardasse tanto l’economia o la debolezza dei Trattati, quanto invece l’assenza di idee. E la mancanza di passione e sostegno dei cittadini a un progetto che prima di tutto dovrebbe ancora portare vantaggi soprattutto alle persone.

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Con Helmut, la preziosa guida fiabbina che le ha fatto superare la tempesta del Brennero

Sull’onda di questi pensieri, il 30 giugno affrontavo la mia dodicesima tappa, partita da Kleinblittersdorf, città tedesca sulla Saar, unita alla francese Grosbliederstroff da un ponte dedicato alla loro amicizia, il Pont de l’Amitié, appunto. Avevo percorso quaranta chilometri sulla ciclabile tra l’autostrada e il fiume, costeggiando gli stabilimenti industriali che tanta parte avevano giocato nella rivalità franco-tedesca e poi nella loro nuova collaborazione. Avevo poi scollinato, passando per un altopiano meraviglioso, dorato di cereali, torreggiante di immense pale eoliche, punteggiato dai Menhirs de l’Europe. Per scendere poi nella valle della Mosella, al luogo dei Tre Confini, crocevia tra Germania, Francia e Lussemburgo. Meta intermedia della tappa, la cittadina di Schengen, dove a partire dal 1985 furono firmati i vari accordi sull’abolizione delle frontiere interne che in seguito sono entrati a fare parte dell’ordinamento comunitario. La pista ciclabile che conduceva al ponte era dedicata a Robert Schuman, «père de l’Europe». Era il 9 maggio 1950 quando Schuman pronunciava la dichiarazione sulle intenzioni francesi di creare un’Alta autorità per gestire in comune con la Germania la produzione del carbone e dell’acciaio. È per l’importanza simbolica e pratica di quella dichiarazione che ogni anno il 9 maggio si festeggia come Giornata dell’Europa. Quel giorno, celebriamo la dinamica vitale di alcune persone ispirate da una visione che ha generato un movimento inedito, un ribaltamento di prospettive dopo decenni di circoli viziosi che continuavano a portare la guerra in Europa.

Ho voluto partirmene in bici per dare una sorta di contributo personale a questo movimento. In un mondo dominato dall’illusione di poter conoscere, dire e fare quasi tutto dallo schermo di uno smartphone, spesso ci ritroviamo paralizzati da un senso di fatalismo verso ciò che ci succede, sentendoci vittime impotenti di governanti cinici e inaffidabili. Il mutamento così repentino e pericoloso del clima, il terrorismo, la crisi economica, i flussi migratori.

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                   “P … esare per credere!”

Con la mia bici, ho tentato di percorrere un pezzo di strada per uscire da questa trappola, per ricordare a me e agli altri che le idee camminano sulle gambe delle persone, che ciò che succede nel mondo nel bene e nel male è opera di qualcuno che porta avanti una visione individuale o collettiva. Naturalmente il mezzo non è stato scelto a caso. la bicicletta è mobilità sostenibile, e la mobilità è specchio e cartina tornasole delle dinamiche di una società. La mobilità è sostenibile quando può essere messa a disposizione di tutti senza essere diminuita e senza provocare ingenti danni o consumo di risorse. È la natura dei beni indivisibili il fatto di poter essere goduti solo in maniera condivisa, oppure non esistere. Un’Europa che si rinchiude in se stessa, che pensa di acquisire la pace e la sicurezza blindando i confini, barattando i suoi valori di giustizia e democrazia con barriere di filo spinato elevate da regimi autoritari somiglia a una persona che pensa di ottenere più libertà spostandosi su un Suv in città. Lo sapeva bene Schuman, che diceva che la pace non avrebbe potuto essere portata dai singoli Stati nazionali, e che poteva essere costruita solo tramite la collaborazione. E non è certo un caso che lo stesso Schuman fosse convito che il passo successivo avrebbe dovuto essere occuparsi dello sviluppo dell’Africa.

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Bruxelles!

Nel 2010 sono stata in Siria. Ho dovuto rifare il passaporto, perchè avevo timbri israeliani, e sono dovuta andare a Roma all’ambasciata siriana per chiedere il visto. Questa è la condizione della libertà di movimento per milioni di persone, che anzi il più delle volte non hanno alcuna via legale per poter partire e cercare un futuro migliore, se non addirittura la sopravvivenza stessa. Nelle scorse settimane ho attraversato una dozzina di volte i confini tra gli Stati europei, a volte senza nemmeno rendermene conto. Ho pagato con le monete e le banconote che avevo già nel portafoglio, ho usato il mio cellulare italiano per telefonare e chattare. Ho incontrato a Lussemburgo e a Bruxelles giovani italiani che si impegnano nel lavoro nelle istituzioni europee e ne sono soddisfatti, ho conosciuto una ragazzina figlia di romani che parla dalla nascita le tre lingue del Lussemburgo, oltre all’inglese che studia a scuola (e naturalmente al romano). Ho ascoltato il racconto di reti europee di progetti sociali per la lotta alla povertà e l’inclusione lavorativa di soggetti svantaggiati. Ho cercato e trovato, a volte anche per caso, i segni degli interventi e delle misure portate avanti a favore dei territori e delle comunità grazie ai fondi europei. Ho parlato con un giudice della Corte di Giustizia europea che mi ha ricordato che grazie a quell’istituzione i diritti europei sono direttamente applicabili a tutti i cittadini. Ho visto ad Aquisgrana il nostro millenario patrimonio culturale e storico, e nelle Ardenne e la linea Sigfrido le cicatrici finalmente chiuse della nostra inimicizia.

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Rientro in famiglia, aeroporto di Bologna

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Ho scelto di andare in bicicletta da Roma a Bruxelles per celebrare l’anniversario degli ideali che hanno camminato per sessant’anni; grazie ad essi noi tutti abbiamo goduto del bene della pace, della cooperazione, dell’integrazione. Oggi di nuovo questi ideali devono riprendere il loro cammino e realizzarsi nell’unico modo possibile alla loro natura, che è la condivisione. Sono partita in bicicletta perchè soli nel vasto mondo capita di essere colti dalla paura dell’ignoto, del diverso, del futuro; ed è allora che bisogna tenersi stretta la destinazione e la motivazione senza lasciarsi guidare dalle emozioni negative. Sono partita sedici volte, ogni mattina rifacendo le borse che disfavo la sera, ogni giorno seguendo una traccia, per ricordarmi che gli obiettivi si raggiungono se ogni giorno ci si muove metro per metro nella direzione giusta. Per augurare alla mia Europa di muoversi nella direzione giusta, riscoprendo la forza delle idee e la fede di poterle realizzare insieme.

Finisce

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Le strisce … mettiamole le strisce!

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Brava, Lucia, come comunicatrice non solo a pedali ma anche con le tue parole scritte, frutto di una genuina spontaneità, scorrevoli e logiche come il pensiero europeista per il quale ti impegni. Gli Stati Uniti d’Europa, un’Utopia, ovvero un Traguardo semplicemente non ancora raggiunto. E … nella vita … guai a non avere Utopie cui tendere!

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P.S.: presto Lucia sarà nostra ospite in Trentino per rilassarsi un po’ (pedalare e veleggiare senza altri pensieri). Mappoi (mappoi) il 6 novembre sarà conferenziera alla riunione mensile del circolo culturale privato Accademia delle Muse in Trento.

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E BIKE 4

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Luglio, 2017 @ 4:06 pm

 

Detto altrimenti: diario di un tour                     (post 2779)

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Anche se non sembra … sono in salita verso Pietramurata-Sarche

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Oggi uso l’ “elettrica”, mi voglio far aiutare perché ieri sera ho fatto le ore piccole e non sono nella forma migliore. Parto da Riva del Garda alle 08,00. Evitando le ciclabili, pedalo diretto ad Arco e quindi per la destra Sarca raggiungo Dro. Contrariamente alle indicazioni, entro nel bel centro storico e riempio la borraccia d’acqua alla “mia” solita fontanella. Quindi prendo la ciclabile e arrivo alla centrale Fies dopo 15 km (se avessi seguito le ciclabili, sarebbero stati 20). Fino a qui le salite sono dolci. Ora c’è uno strappo di 150 metri al 20%: utilizzo la modalità tour (le seconda di quattro) e lo supero. In cima controllo la frequenza cardiaca: 100 battiti al minuto, molto bene!

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Il Maso Limarò visto dall’alto: alla sinistra la ciclabile che ho percorso oggi (foto 2016 dalla strada per Ranzo- Lago di Molveno)

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Altri 8 km di ciclabile in leggera pendenza e superata Pietramurata arrivo a Sarche. Qui iniziano alcuni tornanti in salita  (6-7%) e trafficati (la SP per Tione, Campiglio) ma la strada è abbastanza larga. Al quarto tornante prendo la ciclabile del Maso Limarò, dove prevedo una sosta. Ma … niente da fare: il maso è chiuso! Peccato, in luglio … ho un cattivo presentimento: forse non era abbastanza redditizio e quindi non lo vedremo più in funzione. Mi dispiace … ero stato invitato all’inaugurazione che avevo “celebrato” qui sul blog … (se navigate sul blog con le parole maso limarò troverete alcuni post).

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(La ciclabile che vedete a sinistra nella valle è stata ricavata sulla vecchia sede stradale, ora che le auto passano in galleria: è una pista fantastica, a strapiombo su un canjon profondo 200 metri, ma ben protetta da robusti parapetti, asfaltata, larga).

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… volti gli occhi al varcato Ballino …

Cambio programma: invece della sosta al maso userò quel tempo per completare il giro del Passo del Ballino. Quindi vado a Ponte Arche dove arrivo avendo percorso 35 km. Mi fermo per un piccolo spuntino al bar. Riparto per i 10 km di salita che mi porteranno al Passo del Ballino. I primi km sono duri, ripidi tornanti al 10% e oltre. Indi verso Vigo Lomaso (paese natale di Don Lorenzo Guetti, il padre della Cooperazione Trentina), la strada spiana un poco, per poi riprendere a salire sui rettilinei che portano a Fiavè. Un po’ di respiro e infine i 3,5 km all’8-9 % e si arriva al Passo del Ballino. E sono a 45 km. Consumo elettrico totale: 60%. Altri 15 di discesa: dopo avere superato lo splendido Lago di Tenno, scelgo la via di sinistra, quella che passa dal paese di Tenno e dopo 60 km esatti sono a Riva del Garda alle 12.30 (compresi 30 minuti di soste varie per spuntino e alcune fotografie): quindi 4 ore per 60 km alla media di 15kmh. Dislivello complessivo in salita: 750 m. Alimentazione: alla partenza uno yogurt ed una banana. A Ponte Arche, un dolcetto ed un  succo di mirtillo. Una borraccia di acqua e sali (magnesio e potassio). Arrivato a  casa a pranzo: una pastasciutta reale!

Good bike everybody!

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Il Lago di Tenno

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C’è da dire che nelle salite sono stato superato da alcuni ciclisti su bici da corsa senza “aiuto elettrico” ma con 30-40 anni memo di me. Evvabbè … qualche decennio fa ero io a superare così i V.I.P. – Vecchietti In Pensione … ma chevvolete … è la nemesi storica!

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FOTOPOST

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Luglio, 2017 @ 6:14 am

Detto altrimenti: foto-post!                                  (Post 2778)

 

Volare, oh ...oh!.

 

 

Volare, oh …oh …

 

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Acqua che scivola

 

 

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Acqua che scivola

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Aspettando L’Ora

 

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Rosso di sera

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La “pianta” del condominio

 

 

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Fiori

 

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14 LUGLIO 1789 – 14 LUGLIO 2017

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Luglio, 2017 @ 6:57 am

Detto altrimenti: 1789, la presa della Bastiglia. E oggi? E domani?

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“Si, vabbè … ma senza esagerare” (E. Macron)

14 luglio 1789 – Segnò l’inizio della rivoluzione francese. In quell’anno nacque Silvio Pellico (“Silvio Pellico nacque a Saluzzo nel 1789 …” sfido tutti gli ex studenti a ricordare un modo diverso nel rispondere alla domanda “Parlami di Silvio Pellico”). I Francesi, affamati, stremati dal bisogno, sotto l’incubo di una carestia, derisi dal loro re (il quale, rientrando da una battuta di caccia disse: “Cosa? Il popolo non ha il pane? Mangi brioches!”) insorsero. I Francesi che oggi – solo 228 anni dopo, un niente per la Storia – si oppongono all’ “insorgere” sia pure in modo diverso di altre popolazioni stremate: i migranti “economici”, li definiscono.

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Le primavere della democrazia. Quando impareremo la lezione? Prima per secoli abbiamo dominato quei popoli con una politica imperialistica coloniale (leggete “Il predominio dell’Occidente” del professore canadese D. R. Headrick, ed. Il Mulino). Poi, improvvisamente, abbiamo regalato la democrazia che però si è rivelato un regalo che non poteva funzionare, proprio perché “ragalato”.

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Non sono un antidemocratico, ci mancherebbe altro! Solo che la Storia ci avrebbe dovuto insegnare come essa sia la migliore delle peggiori forme di governo, to handle with care, da maneggiarsi con cura. Già ai tempi della cosiddetta Repubblica Ateniese (in realtà: principato coloniale pericleo) un esule ateniese, l’  Anonimo Ateniese” appunto, contrario a questa forma di governo (e pertanto esule), scrisse in poche pagine (trovate il libretto in qualsiasi libreria) i motivi per i quali – pur essendo una pessima forma di governo – la democrazia ateniese perdurasse a lungo. Cui prodest, cui bono, chi ci guadagna, direbbe l’avv. Cicerone, dal fatto che la democrazia sia stata e sia volutamente lasciata “imperfetta”?

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      Attento Macron: “Trieste”, non “triste”!

Comunque, quando oggi viene  meno questa sia pure imperfetta forma di convivenza, ne subentrano altre, molto peggiori: le dittature di fatto economiche, il potere per il potere, rette sugli accordi con le multinazionali e sull’accumulo di enormi ricchezze in capo a poche persone: oggi l’1% della popolazione mondiale detiene il 51% della ricchezza totale del pianeta. Quo usque tandem … fino a quando (direbbe l’avvocato di prima) la situazione reggerà senza che ci si trovi di fronte ad una nuova presa della Bastiglia, questa volta di dimensioni planetarie? Se non la vogliamo capire per altruismo, almeno capiamola per egoismo, ma capiamola, una buona volta! Presidente Macron, non possiamo trattare le masse affamate del pianeta come “utenti di un poco di ricchezza” assolutamente indesiderati. Non possiamo trasformare l’Occidente in una sorta di  esclusivo  Club Mediterranèe del benessere: alla lunga quelle masse abbatterebbero le recinzioni, costi quel che costi.

P.S.: recentemente un’amica mi ha detto che per lei Macron è cinico. Può essere. Per me è soprattutto uno nato, cresciuto e arricchito con la finanza e vede tutto attraverso quegli occhi. E poi … poi … premesso che fra i due mali (Marine Le Pen) evviva che ha vinto il minore … si, vabbè ma  non è ora che ci possiamo bere tutto quello che ci propina … o no?

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UNIONE EUROPEA A VELA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Luglio, 2017 @ 5:38 pm

Detto altrimenti: dopo quella a pedali …. (post 2776)

Nel post precedente (e anche in altri prima), l’impresa cicloeuropea di Lucia Bruni: l’Unione Europea  a pedali. Oggi, 12 luglio, sul Palinuro, a Trieste, quella a vela.

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Già, “il” Palinuro perché si sottintende il termine “legno”, il legno Palinuro, una “nave goletta”, il secondo veliero della nostra marina militare dopo il Vespucci e prima del Caroly. Il Palinuro ormeggiato al molo di Piazza dell’Unità di Italia a Trieste accoglie l’incontro a tre fra Italia, Germania e Francia. Buoni propositi per lo sviluppo, la cooperazione etc..

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Gli alberi del Palinuro: bompresso, fiocchi; trinchetto, vele quadre; maestra e mezzana, rande tipo goletta

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Un particolare tuttavia non mi convince, quando il Presidente Francese Macron – pur ammettendo che la Francia non è indenne da errori passati – continua a ripetere che i migranti economici non sono da ricevere. Maccomesifa … ma come si fa a dire che Tizio scappa solo per ragioni politiche o solo dalla guerra ma economicamente stava bene , aveva un lavoro e denaro in banca e starebbe bene anche in Europa, quindi va accolto; mentre Caio che scappa per le stesse ragioni di Tizio ma al momento della fuga non aveva lavoro, va respinto? Quella di Macron mi pare una comoda scappatoia.

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Qui a fianco il Caroly, un Baglietto (Varazze) di 23 metri varato nel 1948, stazzante 60 tonnellate, già di proprietà del Signor Preve, con 14 uomini di equipaggio, di base a La Maddalena, gestito da Marivela, il Centro Velico Sportivo della Marina Militare, adibito all’addestramento degli allievi sottufficiali della Marina Militare.  La nave fu regalata alla Marina Militare a patto che mantenesse il nome originario, quello della moglie del proprietario, Caroly, appunto. “Il” Caroly  (in marina si sottintende “legno”, cioè “il” legno Caroly) ha la deriva mobile, perchè con esso il proprietario originario ci risaliva i fiumi del Sud America (yawl: l’asse del  timone è posto fra i due alberi. Ketch: l’asse del timone è posto a poppa dei due alberi).

IMG_20170712_165159_resized_20170712_045832316Dopo, tutti si sono ritirati nel Palazzo della Regione insieme ai capi dei Paesi Balcanici dell’Ovest. I Balcani … se ne è occupata molto anche la Lucia di alcuni post precedenti. Io stesso subito dopo la loro guerra, andai più volte nella Repubblica Serba di Bosnia (Prijedor e Banja Luka) in missioni umanitarie. Ad un mio ritorno scrissi una poesiola che vi riporto qui di seguito, ma che mi pare tornata attuale per i Siriani vittime dei nemici di terra e delle bombe dei bombardamenti amici. La scrissi per un Natale del … non ricordo. La riporto ora, il 12 luglio 2017, con il titolo cambiato in “Mosul”:

la testa schiacciata / la bocca ricolma / di sangue e sudore / nessuno richiude la mia ferita / di luce / del giorno che fugge / nemici colpiscon da terra / amici dal cielo / vicino al mio viso / un’ape / senza ricordi / che altri le possan rubare / sugge il suo fiore / respiro il sapore / di guerra / è freddo / il cuscino di terra / mi copre soltanto / la voglia del tempo / un’ape d’acciaio / precipita al suolo / un miele che incendia / svanisce il frastuono / no non cambiate canale / è Natale / perdono / chi ha regalato / gioielli di piombo e di fuoco / ad un corpo / ormai di nessuno / ed esco di scena / in fretta / in silenzio / da solo

Si, l’avevo scritta per un Natale ma quanto esprime va purtroppo bene anche in estate. Noterete che non vi sono maiuscole né punteggiatura … che volete … l’autore, ferito a morte dalla guerra, non ne ha avuto il tempo …

P.S.: ovviamente il mio ragionamento è provocatorio. Sta di fatto che Macron sembra dimenticare

  • che i migranti cosiddetti economici sono l’80 % del totale;
  • gli effetti della politica coloniale francese del passato;
  • il più recente attacco francese alla Libia,

solo per citare tre particolari non da poco …

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BALCANI?

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“Almeno la Francia ha riconosciuto che non ha sempre fatto la sua parte”

Io non ne sono uno studioso, ma sulla scia dei numerosi interventi fatti nel dopoguerra con l’Associazione Trento-Prijedor, qualcosa credo di avere a suo tempo incominciato a capire. E cioè che per qualche secolo l’Austria-Ungheria li ha “utilizzati” quale strumento di interposizione all’avanzata dell’Impero Ottomano che – non dimentichiamolo! – nel 1529 era arrivato ad assediare Vienna! Nel senso che dall’occidente li si è voluti armati, aggressivi, impulsivi, “eroici”. Quindi, per loro, secoli di incolpevole “ritardo culturale”.

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downloadLa morte di Tito e una sorta di “primavera balcanica”, un’anteprima di quelle successive (arabe), l’indipendenza dei singoli stati, all’improvviso … non accompagnata da un livellamento della concentrazione di burocrazia a esercito (di guerriglieri) soprattutto in Serbia. Ecco lo squilibrio: “c’est l’argent qui fait la guerre”, i denari dei prestiti internazionali impiegati soprattutto nell’accentramento di potere e di armi in Serbia, per cui quando l’occidente richiese – a termini di contratto – la restituzione anticipata dei mutui, la Serbia ne volle distribuire l’onere su tutti gli stati che si rifiutarono di pagare debiti goduti soprattutto dalla Serbia. E fu – (anche) per questo – guerra, sulla quale si innestò la “guerra religiosa”, il fanatismo e la volontà/possibilità di rapinare il vicino al grido di “Dio (il mio) lo vuole!” o quasi.

La Slovenia? Un giorno stavo andando in auto a Udine per una riunione di lavoro con la industriale Cecilia Danieli. Sull’autostrada superai una colonna di jepponi trainanti, ognuno, un cannone anticarro, colonna preceduta e seguita da due auto dei nostri CC. Da ex sottotenente di complemento degli alpini della Brigata Alpina Tridentina cercai istintivamente di vedere quali mostrine di reparto avessero quei mezzi: nessuna! In compenso gli autisti erano ragazzoni di colore o biondi con i capelli a spazzola …

Alla fine qualcuno pensò che quel pericoloso esercito di guerriglieri (serbi) si fosse abbastanza autodistrutto e in una settimana i Croati ricacciarono i Serbi a casa loro. Un improvviso, imprevedibile e rapidissimo successo militare dovuto a …. ecco, mi hanno spiegato anche questo particolare, ma voglio lasciarvi con la curiosità di conoscerlo: prima ne parlerò con la Lucia dei post precedenti.

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INCONTRI: LUCIA BRUNI “2”

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Luglio, 2017 @ 6:19 am

Detto altrimenti: per conoscerla meglio …. (post 2775)

(cliccando “Lucia Bruni” troverete alcuni altri post dedicati a lei e alla sua bicintrapresa europea)

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Per chi si mettesse all’ascolto in questo momento: Lucia Bruni, dal 19 giugno al 6 luglio, in 16 tappe ha pedalato i 1960 km (ridotti rispetto ai 2050 previsti inizialmente, per avere saltato la tappa di Amsterdam), km che “uniscono” (si spera sempre di più!) Roma e Bruxelles, per celebrare una ricorrenza: i 60 anni dei Trattati di Roma, quelli che diedero vita al processo di integrazione europea. Io sono stato delegato da Guglielmo Duman, Presidente del nostro comune club ciclistico (FIAB-Federazione Italiana Amici della Bicicletta: per me Trento; per lei Bologna) ad assisterla e accompagnarla nella tratta regionale da Borghetto all’Adige al Brennero (km.220). In realtà io ho pedalato per lei per 160 km (fra l’andarle incontro e l’accompagnarla) e alcuni amici le sono stati vicino per quasi tutto il rimanente percorso.

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      La ri-partenza da Trento, 24 giugno 2017

Incontri “2”? Si perché ho già intervistato Lucia il 22 maggio (v. post). Dice … ma allora … che c’azzecca questa intervista? C’azzecca, c’azzecca … perché da allora l’ho conosciuta meglio, l’ho vista alla prova dei fatti. L’ho vista pedalare pensando agli incontri che avrebbe avuto; ai luoghi significativi che attraversava; al significato che riuscita a trasmettere a chi la seguiva; a chi incontrava … e mai ai tanti km che ancora aveva da spingere sui pedali; l’ho vista superare una tempesta “perfetta” al Brennero (serata del 24 giugno) con una rara forza fisica ma soprattutto d’animo.

Ma in questa sede la Lucia che voglio intervistare è quella di tutti i giorni, la Lucia che ogni mattina, a Bologna, si alza e va al lavoro e … etc. etc. etc. E allora iniziamo.

Lucia: nata, studiata e residente a?

Sono nata a Bologna quasi 35 anni fa, dove ho fatto il liceo scientifico e mi sono iscritta a Scienze politiche, al corso in Culture e Diritti Umani. Poi cinque mesi a Sarajevo per studiare il serbo-croato-bosniaco  e in seguito la laurea specialistica in Relazioni Internazionali a Firenze.

Il tuo approccio alla bicicletta risale a?

Ho sempre usato la bici per muovermi in città, sin da quando in seconda media mi sono stufata di aspettare il pulmino scolastico e ho iniziato ad andare a scuola in bici. La libertà e l’indipendenza mi hanno stregato, non l’ho più lasciata, finchè non ho iniziato a fare sport con la bici, cominciando dai colli bolognesi poi sempre più in là.

Poche parole sui primi quattro aspetti del pedalare: in città; sportivo; cicloturismo; cicloescursionismo.

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           Le strisce! Mettialole le strisce!!

    In città: rispetto per l’ambiente; democrazia e risparmio di risorse scarse come lo spazio pubblico; agilità, economicità, praticità.

  • Sportivo: un’esperienza formativa, ascetica, di conoscenza di sè e dei propri limiti, anelito di superarli e far crescere la mente insieme ai muscoli.
  • Cicloturismo: avventura totale, esplorazione, godimento fisico della vita portata all’essenza, alla fatica e al riposo, alla fame e alla ripresa; possibilità di fermarsi ovunque, gustarsi i dettagli, incontrare le persone, condividere l’esperienza della vita in forma di viaggio.
  • Cicloescursionismo: coniugare la passione per la bici con l’amicizia, il piacere di scoprire posti nuovi, di gustare sapori e odori particolari, entrare nel vasto mondo dei malati per la bici in ogni sua forma!

Le tue esperienze a pedali in ciascuno dei quattro settori.

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           Bruxelles

Modestamente sul ciclismo urbano sono un asso, ho sviluppato in più di vent’anni di esperienza l’istinto per muovermi in maniera rapida nel caos del traffico, prevenirne i mille pericoli e scansarli prima che diventino concreti. Sono meno un asso come ciclista sportiva, non ho il metodo nè la disciplina per diventare davvero forte, ma mi diverto e me la cavo discretamente. Come cicloviaggiatrice … beh … in treviaggi “lunghi” e uno “medio” oso dire che ho acquisito una buona esperienza, che vedrò di continuare a spendermi. Sul cicloescursionismo mi piace andare con gruppi ciclistici vari anche se capita meno spesso di quanto vorrei!

Il quinto aspetto del pedalare: il tuo biciviaggio europeo.

Il viaggio in bici mi fa pensare a due dimensioni: al pellegrinaggio e al vagabondaggio. Entrambi hanno una loro millenaria mistica, che questa volta ho voluto particolarmente sottolineare. Dedicare il mio pedalare, 116 ore e 41 minuti, a una causa importante come quella del sostenere l’anima, il cuore, il futuro dell’Europa unita.

Quali sono gli enti e le persone che tu hai coinvolto e ti hanno aiutato?

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         Con il fiabbino Helmut che le ha fatto superare la tempesta del Brennero (24.7 sera)

Prima di tutto il mio straordinario gruppo ciclistico, i Ciclozenith. Tra di loro alcuni amici che hanno collaborato per rendere possibile questo progetto nella totalità dei contenuti e della comunicazione. Poi la FIAB grazie alla quale ho conosciuto te, che a differenza loro non mi conoscevi prima, e però mi hai dato un appoggio incredibile fin dal primo minuto di telefonata, per cui mi si sono aperti tantissimi altri contatti, grazie al cui interessamento costante ho avuto un accompagnamento (Walter Rollandini, Helmut Lansbergen e Anna Prisco, n.d.r.) in una tappa che si è rivelata complicatissima come quella sudtirolese! Forse chi ti conosce lo sa già ma io in te ho trovato una generosità e una dedizione davvero uniche! E anche in tua moglie Maria Teresa! Poi la mia amica e collega Silvia, che mi ha messo in contatto con Dario Vassallo e la Fondazione Vassallo, che ha patrocinato il mio progetto, mi ha dato ottimi contatti, e ha partecipato alla diffusione delle notizie. La mia cooperativa, Open Group. La mia regione, l’ Emilia-Romagna, e il suo Presidente Bonaccini. L’assessora all’agricoltura Simona Caselli, e la rete Arefhl di cui è presidentessa, più la rete Arepo di cui anche fa parte la mia regione. L’ Osservatorio Balcani e Caucaso, che a sorpresa ha appoggiato il mio progetto dandomi consigli e contatti e ospitando due articoli sul suo sito. Un responsabile della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, grazie a cui ho avuto anche il loro patrocinio.

Le tue esperienze estere e italiane nel sociale e nel volontariato.

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11 maggio 2017: testimonial all’Associazione Culturale Restart, Trento

Ho fatto volontariato in ambiti diversi, con i bambini e i giovani di periferia, in oratorio, con i senzatetto, gli stranieri, i detenuti. Sono stata in Tanzania a conoscere un piccolo villaggio e a dare una mano – più simbolica che altro – nell’intonacatura del dispensario. In Bosnia diverse volte, a dare una mano a qualche progetto e a organizzare con altri un’estate ragazzi. In Israele e Palestina a conoscere esperienze di solidarietà, incontro, tutela dei diritti fondamentali. In Romania a fare un viaggio studio con un gruppo. In Siria da sola a studiare un po’ di arabo ed esplorare intorno.

Io credo che sarebbe bello che tu fossi invitata a trasmettere il tuo entusiasmo e la tua esperienza i giovani, magari all’università. Ci sono stati contatti o ce ne potranno essere?

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Riparti, Trentino! Anche a pedali!

Non mi è mai venuto in mente e non ho contatto o proposte di questo tipo, ma se dovesse saltare fuori … perchè no?!

Che dicono i tuoi genitori? Sono sicuramente fieri di una tale figlia …

I miei genitori sono stati prima apprensivi poi anche molto fieri. Inoltre della mia famiglia sono stati di grandissimo supporto i miei nipoti, Letizia e Gabriele, che prima durante e dopo hanno fatto un gran tifo per me e in alcuni momenti il loro incoraggiamento ha fatto davvero la differenza!

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Il tuo (nuovo) rapporto con il Trentino Sud Tirolo e la sua gente

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Aeroporto di Bologna, all’arrivo: die ganze Familie!

Del Trentino e del Sud Tirolo avevo poca conoscenza se non quella frammentaria e un po’ per pregiudizi che arriva a sud del Po. Sin dalla mia partecipazione alla serata Restart alla quale mi avevi invitato quale testimonial, ho trovato persone aperte e cordiali, laboriose e generose, colte e simpatiche, sportive e con un grande senso civico! Sono stata rapita dalla varietà delle regioni italiane, la varietà dei panorami, delle lingue, dei caratteri. Davvero mi sono resa conto del fatto che l’identità è un poliedro con tante sfaccettature e livelli che si declina in modi diversi in ciascun individuo e ciascuna comunità. Per questo è inutile e anzi dannoso tracciare confini identitari univoci e rigidi, perchè andranno sempre a tagliare nella carne viva di qualcuno.

Che dici delle nostre piste ciclabili?

Le vostre piste ciclabili sono stupende e utilissime, ma soprattutto in confronto con il resto d’Europa sono super servite! Dopo aver goduto dei bicigrill ogni 30 km ne ho sentito una mancanza totale nel pur ciclabilissimo resto d’Europa!

Sai che sin d’ora sei invitata in Trentino: ti aspettiamo per pedale e veleggiare nella nostra terra e nelle nostre acque: già … perché la nostra è una terra “leva di terra “ (alpini) e una terra “leva di mare” (marinai gardesani).

Sarà per me un piacere e un onore conoscere più a fondo le vostre tradizioni terrestri e acquatiche!

Grazie, Lucia, troppo buona nei miei confronti: infatti non  è me che devi ringraziare bensì lo “spirito Fiab” che anima tutti noi: a presto!

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