ACCADEMIA DELLE MUSE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Febbraio, 2018 @ 5:46 amDetto altrimenti: da Arbore ad Aristofane!               (post 3061)
Raga, ieri sera ci siamo superati! Tanto … chi siamo lo potete leggere nei molto post sulla nostra Associazione, la quale è molto, molto attiva ormai da dieci anni! Ieri sera, prima parte della serata, alcune delle più popolari canzoni di Renzo Arbore. Preceduti dalla lettura del suo fa-vo-lo-so curriculum artistico, Cristina (pianoforte), Giovanna (voce) e Patrik (chitarra e voce) hanno eseguito: Si la vita è tutto un quiz; Ma la notte no; Il Materasso; Sfigato mambo; Grazie dei fiori bis; Il clarinetto; Cacao meravigliao , canzoni tutte accompagnate dal coro del pubblico che ha intonato i relativi ritornelli e segnato il ritmo con tamburelli e maracas.  Il Clarinetto, dedicato allusivamente, al compleanno di uno di noi; con i fiori bis poi Giovanna ha cantato lanciando fiori al pubblico! Al ritmo di Cacao infine ballo spontaneo di mamma Anna , a festeggiare il suo 95° compleanno! Auguri e complimenti, Anna!
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E’ seguito il consueto angolo delle anteprime, con l’annuncio degli eventi che trovate inseriti nel post agenda o scadenziere che dir si voglia. E poi … poi mentre il “pubblico†si deliziava e stappava bollicine per il consueto intervallo eno-astronomico (!) gli Attori della Compagnia dei Guitti si sono ritirati nei loro camerini per indossare i costumi della commedia “Bel colpo Lisistrata†secondo il copione liberamente tratto da Maria Teresa dalla Lisistrata (lisis-statos, colei che liquida gli eserciti) di Aristofane (411 a. C.). Durante la Guerra del Peloponneso le donne vogliono entrare in politica (l’attualità !) per far cessare la politica dei signori uomini cioè la guerra (l’attualità !). Per ottenere ciò bloccano l’accesso al tesoro della Lega che veniva utilizzato per l’acquisto delle armi e proclamano lo sciopero del sesso fino a convincere gli uomini a deporre le armi.
Personaggi ed interpreti, i Guitti: Filurgo, ateniese, alto magistrato (pròbulo) e custode del tesoro della Lega, Maria Teresa Perasso; Arciere, al servizio di Filurgo, Mirna Moretti; Lisistrata, donna ateniese, Alfonso Masi; Cleonice, donna ateniese, Gianfranco Peterlini; Mirrina, donna tebana, Giovanni Soncini; Lampitò, donna spartana, Paolo Consiglio; Cinesia, guerriero, marito tebano di Mirrina, blogger Riccardo, Araldo di Sparta, Giovanna Laudadio.
Coreuti e cori: le donne greche in “E noi non la daremo” e “Quella cosina che vi piace tanto” -Â Â Armi: arco con frecce modello F35; spada; scudo e lancia, gentilmente concesse dall’Armeria “Di Cartone” di Viale Trieste 13, Trento – Â Costumista: Cristina -Â Trucco: Atelier Antonella Peterlini – Â Colonna sonora: Giovanna – Scelta dei brani musicali:Â Giovanna e Alfonso – Tecnico del suono: Stefano – Riduzione drammaturgica: Maria Teresa – Regia: Maria Teresa e Alfonso – Fotografia: Alfonso e tanti altri – Riprese filmate: Bruno Bruni.
Le donne in politica, la pace e non la guerra: temi attualissimi tutti, come si intuisce facilmente. Prossimi appuntamenti dell’Accademia? Anche questi nel già citato post agenda-scadenziere. Buona Accademia a tutte e a tutti, dunque!
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SENZA VINCOLO DI MANDATO?
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2018 @ 10:38 amDetto altrimenti: con o senza vincolo, comunque sempre con il punto interrogativo      (post 3060)
- La Costituzione stabilisce che i parlamentari operano senza vincolo di mandato, nel senso che, eletti dagli elettori, operano sulla base di un mandato fiduciario. La cosa può essere discutibile, ma questa è un’altra storia.
- Oggi i parlamentari sono “eletti†dalle segreterie dei partiti. Continuano a non avere vincolo di mandato.
- I parlamentari eletti/nominati in un particolare partito, devono firmare un impegno a rispettare un vincolo, pena una multa di 100.000 euro, ma anche questa è un’altra storia.
Insomma, il cittadino “elegge†chi viene proposto/imposto dai partiti. L’eletto poi fa quello che vuole lui o quello che vuole il suo partito, non quello che vuole il suo elettore. Mi chiedo: che fine fa la “catena della trasmissione/distribuzione della volontà democratica popolare� Prima di porci la domanda con/senza, chiediamoci chi è il mandante di quel mandato! Se in un’automobile si rompe la catena di distribuzione, si rompe l’intero motore.
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UNO DI CUNEO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2018 @ 10:36 amDetto altrimenti: per carità , non se ne abbiano a male, ogni città ha il suo … (post 3059)
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Ogni città ha il suo riferimento da criticare, da prendere come esempio negativo. A Genova dicevamo “chi nel pesce mette il limun (limone) o è di Cuneo o è un belinun (“scemoâ€). Nel senso che i veri intenditori di pesce (appena pescato) vogliono gustare il sapore del mare, non quello del limone. Quelli di Cuneo – chissà perché- … noi ce l’avevamo con loro. Eppure, in questi giorni uno di loro, il presidente dell’Associazione industriali: “Gente, non fate studiare i vostri figli, fatene operai specializzati, presto ne occorreranno 40.000 qui in zona, altro che laureati disoccupati!â€
(qui a fianco: pesce fresco, senza limone, pe caitè … per carità , ghe disgian a Zena, dicono a Genova)
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E bravo presidente! Ma la scuola non forma solo operai e laureati, forma anche cittadini! Vede caro presidente, ho molti amici con forti disponibilità finanziarie: tutti costoro stanno facendo studiare i figli nelle migliori scuole, college e facoltà universitarie (a pagamento) dell’estero, stanno facendo fare loro stage anche annuali in paesi lontani: questi ragazzi si preparano, conoscono (veramente) le lingue, conoscono il mondo. E gli altri? Gli altri che stiano al loro posto, cribbio! Meritocrazia ci vuole altro che balle!
Vede, caro presidente, secondo me lei dovrebbe andare un po’ alla scuola di Barbiana, da Don Lorenzo Milani. Cosa? Mi chiede chi sia questo tale? Cosa? … le sue segretarie le dicono che fra l’altro nel frattempo quel tale è morto? Si, è morto, ma il suo insegnamento vive ancora: si vede che lei non è preparato. Ecco perché ci deve andare in quella scuola, là dove si insegnava che è più meritevole (ecco la meritocrazia “giustaâ€) il figlio di un montanaro della Toscana che prende un 3 del figlio di un professionista di Firenze che prende un 9; là dove si insegnava a leggere e capire anche le pagine della politica e dell’economia e non solo quelle dello sport. Buon lavoro, presidente, e auguri per la sua impresa soprattutto se e quando – come è probabile – avrà bisogno di essere affiancato anche da persone pensanti “in più†oltre ai suoi figli pensanti.
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LE 40 REGOLE PER SCRIVERE BENE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2018 @ 7:35 amDetto altrimenti: ha scritto Umberto Eco ….    (post 3058)
 …†Ho trovato in internet una serie di istruzioni su come scrivere bene. Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scritturaâ€. Ed allora io da umilissimo blogger, ho pensaato che queste regole potrebbero aiutare anche me. Eccole, quindi!
- Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi. L’allitterazione è una figura retorica (ndr. accorgimento tecnico del discorso) per cui la ripetizione di una lettera o sillaba in parole successive genera omofonia (suonano simili, seppur diverse). In questo caso, la successione è tra “allit-“, “allet-†e “alloc-“. Nella poesia è ricercata per finalità stilistiche (la classica rima), nel marketing è un ottimo metodo mnemonico (slogan pubblicitari), nella scrittura creativa diventa il male assoluto. Recentemente ho scritto “…dalla Moglie Perfetta che sicuramente l’aspetta. Parla in fretta…†Purtroppo capita di accorgersene alla decima revisione.
- Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario. Qui il congiuntivo è volutamente sbagliato. “Che lo si usI quando necessarioâ€, mentre “si usA†è indicativo presente. Il congiuntivo è quella brutta bestia che anche i nostri esimi politici sbagliano di continuo e che la maestra ci faceva iniziare col “cheâ€: che io fossi, che tu fossi, che egli fosse.
- Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata. Una rondine non fa primavera. Non ci sono più le mezze stagioni. Si stava meglio quando si stava peggio. E tutte gli altri modi di dire e locuzioni di uso comune che possono anche passare in un dialogo tra personaggi, ma non sono il massimo della creatività nel resto del testo.
- Esprimiti siccome ti nutri. O semplicemente “parla come magniâ€. Punto oscuro: intendeva dire di evitare l’ostentazione di un lessico ricercato che non ci appartiene?
- Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc. Almenochè non siate in ufficio e la vostra sia corrispondenza tecnica. Personalmente evito di usarli anche negli sms telefonici, adesso che non sono più limitati a 160 caratteri. Non sono più trendy. Oramai se vuoi essere cool e distiguerti dalla massa, scrivi in Italiano corretto!
- Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso. Le parentesi sono di tre tipi: tonde, quadre e graffe. Le graffe sono ad uso esclusivo delle materie scientifico-tecniche. Le quadre a volte vengono utilizzate in sostituzione delle tonde, a seconda della convenzione stilistica utilizzata. In generale, le parentesi in un testo servono per racchiudere un’informazione che sta su un piano diverso rispetto al discorso principale: una data storica, la spiegazione di un riferimento, una nota dell’autore/redattore (ndr. come ho utilizzato sopra al primo punto). Difficile trovarle in un racconto.
- Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione. I punti di sospensione sono sempre e solo 3. Tranne quando siete particolarmente incavolati e sui social vi scappa un rafforzativo del tipo: ………………!!! Ma solo lì potete prendervi questa licenza poetica.
- Usa meno virgolette possibili: non è “fineâ€. Le virgolette servono per contraddistinguere un’espressione all’interno di una frase, per la sua natura gergale, tecnica, figurativa o ironica, per racchiudere una citazione o il titolo di un altro testo o per incorniciare un discorso diretto di un dialogo. Qui si riferisce al primo utilizzo, quando si vuole evidenziare il particolare utilizzo di una parola.
- Non generalizzare mai. Non avremmo nulla di cui scrivere, altrimenti.
- Le parole straniere non fanno affatto bon ton. E poco sopra ho scritto “trendy†e “coolâ€. Diciamo che dipende dal contesto, anche se vanno evitate.
- Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.†Le citazioni sono come le amiche, poche ma buone.
- I paragoni sono come le frasi fatte. Ovvero la “minestra riscaldata†del punto 3. La scorsa estate ho letto un romanzo appena uscito dove l’autrice utilizzava continui paragoni a film classici e piuttosto famosi, da Via col vento a Ufficiale e gentiluomo, per descrivere gli atteggiamenti dei personaggi. Per me il riferimento era immediato, per lei anche troppo facile da scrivere, ma passata la mia generazione, cosa rimarrà di quel libro?
- Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito). Se siamo costretti a ripetere un concetto, è perchè la nostra comunicazione non è adeguata al pubblico che abbiamo di fronte. (Non sono io che non capisco, sei tu che non ti spieghi!)
- Solo gli stronzi usano parole volgari. E dato che il mondo è pieno di stronzi, anche i romanzi lo sono.
- Sii sempre più o meno specifico. E se non lo siete, vi toccherà essere ridondanti.
- L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive. L’iperbole è una figura retorica (come l’allitterazione del punto 1) che consiste nell’esagerazione della realtà , per eccesso o per difetto. Ad esempio: “E’ un secolo che non ti vedo!â€; “Il prezzo del petrolio è salito alle stelle.â€; “Facciamo quattro passi?â€; “Mi hai spezzato il cuore!â€Â Rischiamo però di cadere nelle frasi fatte del punto 3.
- Non fare frasi di una sola parola. Eliminale. Obbedisco!
- Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente. Credo valga per le metafore quanto detto per i paragoni al punto 12. La metafora è una figura retorica dove viene sostituito un termine proprio con uno figurato, in seguito a una trasposizione simbolica di immagini. Le parole come “piume sulle scaglie di un serpenteâ€.
- Metti, le virgole, al posto giusto. Capite bene che c’è un’enorme differenza dal scrivere “Vado a mangiare, nonna†a “Vado a mangiare nonnaâ€. Salvate la nonna, per carità !
- Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile. Ammetto che l’uso del punto e virgola non è semplice. L’Accademia della Cruscaspiega: il punto e virgola (punto acuto, punto coma) segnala una pausa intermedia tra il punto e la virgola e il suo uso spesso dipende da una scelta stilistica personale; i due punti (punto addoppiato, doppio, piccolo) avvertono che ciò che segue chiarisce, dimostra o illustra quanto è stato detto prima.
- Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso. Ringrazio Eco per questa citazione (ma non erano proibite? Punto 11) direttamente dal dialetto veneto. Letteralmente significa: peggio la toppa del buco.
- Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantareâ€: sono come un cigno che deraglia. Il cigno canta, il treno deraglia, ma soprattutto è l’asino che raglia (con voce sgraziata). Un’allitterazione mentale che ci frega.
- C’è davvero bisogno di domande retoriche? La domanda retorica è una figura retorica che consiste nel formulare una domanda la cui risposta è ovvia, non è una vera richiesta di informazione, quanto la richiesta di una conferma che è implicita nella domanda stessa. Nella voce del subconscio ci facciamo continuamente domande retoriche, di cui conosciamo, ma non vogliamo ammettere, le risposte. Non sei d’accordo?
- Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo.
- Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia. Sugli accenti ci sono un po’ (apostrofo, non accento!) da dire. L’Accademia della Crusca ha preparato un comodo vademecum.
- Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile. Quando si mette l’apostrofo è perchè si taglia la A di UNA, ma nel maschile esiste UN senza la O. La lingua italiana è un po’ maschilista…
- Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi! Ha ragione!!!
- Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri. (No, io non ho niente a che vedere con i barbarismi, giuro!) In inglese, il plurale si ottiene aggiungendo una S finale. Quindi FAN diventa FANS. Ma questa, come altre parole, è oramai utilizzata nella lingua corrente italiana senza aggiungervi la S.. Siate brevi, ma non troppo (punto 17).
- Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili. Baudelaire, Roosevelt e Nietzsche. Se non siete sicuri, cercateli in Google che ve li corregge in automatico.
- Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio. Il Cinque Maggio è un’ode scritta da Alessandro Manzoni, appunto il maggior scrittore lombardo del XIX secolo. Le perifrasi sono giri di parole per esprimere meglio un concetto o per evitare di esprimerlo direttamente.
- All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo). Captatio benevolentiae significa catturare la benevolenza o accattivarsi la simpatia.
- Cura puntiliosamente l’ortograffia. (Correttore ortografico automatico. Ssssh, io non ho detto niente.)
- Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni. La preterizione è un’altra figura retorica con cui si finge di omettere quanto in realtà si sta mettendo in risalto. Sono espressioni tipiche del discorso comune: “Non ti dico cosa mi è successo…â€; “Per non parlare di quel che ha detto!â€
- Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve. L’andare a capo, ovvero delineare un paragrafo, serve per introdurre un nuovo pensiero, una scena differente, un punto di vista diverso, un dialogo di un altro personaggio. Serve per facilitare la lettura e la comprensione.
- Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione. Il plurale majestatis (letteralmente, plurale di maestà ) si ha quando chi scrive o parla si riferisce a se stesso usando il plurale. E’ utilizzato da sovrani e papi, anche se in disuso ai nostri tempi. Rimane in ambito universitario per atti ufficiali emanati dal Rettore.
E qui chiedo venia. Capita che in webnauta io utilizzi il plurale, ma non è un plurale majestatis: mi riferisco infatti ai collaboratori che mi danno un aiuto nella conduzione di questo blog-veliero, dal Nostromo in sala macchine, al Primo ufficiale di coperta, dal commissario addetto alla bussola seo al sottufficiale dei social. Un comandante non vale niente senza la sua ciurma.
36 – Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato. La parola PERCHE’ spiega la causa, il motivo di un evento; la parola PERCIO’ spiega la conseguenza, l’effetto, ciò che è accaduto dopo l’evento.
37 -Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni. L’ora è tarda e questa mi sfugge…
38 – Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario. Sostanzialmente, non usate parole che il vostro pubblico non può comprendere. Sembra una ripetizione del punto 4. Ma non dovrebbe esserci ridondanza proprio per il punto 13. Repetita iuvant? (ndr. le cose ripetute aiutano).
39 – Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che. Non siate ripetivi (punto 13) e neppure usate frasi di una sola parola (punto 17). Soprattutto, non confondete prolisso con prolasso…
40 – Una frase compiuta deve avere. Un senso.
 E la 41esima regola?
Secondo me, la 41esima regola è nascosta nella stessa modalità in cui ha scritto questo elenco. In ogni punto, ha contraddetto esattamente ciò che stava enunciando. Perchè solo chi conosce le regole, può infrangerle e creare qualcosa di nuovo, e unico. O forse è solo la mia anima pirata che mi fa intravedere un’altra via?
Firmato Umberto Eco.
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LA STRAGE DEL CERMIS
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2018 @ 8:27 pmDetto altrimenti: domani, 20 anni …  (post 3057)Â
3 febbraio 1998 – LA STRAGE DEL CERMIS
Sospese nel vuoto
arroganti contraddizioni
ubriacano menti ribelli
salde al buon senso
ed alla ragione.
Inutile veritÃ
sui metri da terra
veloci
inutile rotta
del libro di bordo.
Verrà anche il tempo della giustizia.
Fredde le mani protendono
a stringere un corpo
per dare calore
agli ultimi istanti.
Pavide
altre
nascondono
la scatola nera dei dati
turpi alla vista.
Leggiamo violata
la legge
da scritte di sangue
su fogli di neve.
Urliamo
in faccia all’abisso profondo
schiacciati
fra i piccoli atti
del nostro dovere
e l’osceno dispregio assordante
alla vita.
Vis legibus inimica …
Riccardo Lucatti
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PER UN AMICO E- BIKER
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2018 @ 2:19 pmDetto altrimenti: sulla lettura del computerino di bordo …. (post 3056)
Il mio amico Filippo si è appena comperato una e-bike con batteria da 500 W. Sta facendo alcune prove per capire se riuscirebbe ad arrivare alla sua casa di campagna. “Sai, mi dice, dopo 35-40 km di quasi pianura con piccoli dislivelli, il computer mi segnala che la batteria mi accompagnerebbe per ulteriori pochi km residui anche se leggo che avrei consumato solo una tacca su 5 cioè il 20%, e allora … ” E allora io gli chiedo quale sia il percorso totale. Risponde: circa 40 km di falsopiano + 15 di salita per 400 metri di dislivello. La mia risposta: ce la fai di sicuro. Infatti i km indicati come residui registrano quelli ancora assistiti dalla batteria tenuto conto di quanta energia era in corso di erogazione al momento della tua rilevazione. E magari in quel momento stavi pedalando poco ed usando molta corrente. Mi spiego meglio: se tu chiedi quale sia il chilometraggio assistito residuo mentre stai scalando una rampa di garage al 20%, il computer ti dirà che – data quella pendenza – avresti solo altri 20-30 km assistiti a disposizione. Ma se tu, in cima alla salita, resetti il sistema, il computer ti dirà che hai – chessò – altri 120 km di buono. Quindi, tranquillo, alla tua casa di campagna ci arrivi eccome!
Se ti capita che … se ti capita che il computerino sia acceso ma la batteria, pur risultando carica,  non passi corrente (ai pedali), fermati, scendi dalla bici, tieni premuto per 15-20 secondi il bottoncino che si trova su un lato della batteria e il funzionamento si ristabilisce.
Un piccolo esperimento. Stai pedalando “eco” in pianura, km residui segnalati 120. Prova ad usare un rapporto alla ruota un po’ più “duro” e ad aumentare la spinta sui pedali: vedrai che i km residui segnalati aumenteranno.
Come leggere la foto: le tacche orizzontali in alto rappresentano il livello della “benzina” e si scoloriscono da dx a sin man mano che il serbatoio si svuota. La colonnina verticale a destra si colora dal basso all’alto man mano che aumenta il flusso di corrente elettrica in uscita in quel momento. Le cinque zone rettangolari in verticale rappresentano la modalità  di utilizzo della batteria, da zero a eco, tour, sport, turbo, la cui selezione viene attivata da un comando posto sul manubrio. I quattro tasti da sin a dx in senso orario: interruttore del computer; reset (azzeramento); informazioni: puoi scegliere fra orario, durata della pedalata, velocità istantanea,  massima e media, km residui, etc.); luce quadro.
Good bike, anzi, good e-bike Filippo!
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MENS SANA IN CORPORE SANO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2018 @ 1:52 pmDetto altrimenti: a tutte le età … (post 3055)
Io, nato il 3 febbraio 1944, domani “compio†74 anni nel senso che entro nel mio 75° di vita. Da domani quindi dirò di averne 74 anche se secondo la prassi toscana dovrei dire che ne ho 75 (nel senso che sto vivendo il mio 75°) e che “lo finisco†(di vivere) il 3 febbraio 2019. Cabala della matematica etariale, quella dell’età !
Alcuni amici mi chiedono, meravigliati: ma come, vai ancora a sciare? Uei raga … come vi permettete con quell’ “ancoraâ€? Io ho tempo, abito vicino alle piste da sci (casa mia-impianti della Paganella, 30 minuti d’auto), un abbonamentino stagionale agli impianti di risalita non me lo toglie nessuno e alla via così, avanti tutta! Già , perché più che (lo so che “più che†è grammaticalmente sbagliato ma a me mi – a me mi – piace scriverlo!) … dicevo? Ah … si: più che si diventa vecchi più che bisogna muoversi. L’ho sperimentato varie volte. Ora, a dire il vero con lo sci io non ho mai smesso, anche se con l’età , diventando giudizioso, faccio lavorare di più il cervello, curo le sfumature, scio meglio e con molta minore fatica. Inoltre sono diventato più “esigente†anche nei confronti delle piste e della neve, nel senso che in genere scio dalle 08,30 a mezzogiorno, quando le piste sono nella migliore condizione e molto meno affollate. E vi assicuro che oltre tre ore filate sono più che sufficienti. Le sfumature? Braccia più aperte (cribbio!!) per compensare quel (vecchio) vizio di sciare con le gambe troppo unite (errore questo che ai miei tempi era una qualità !), segno dell’età ; peso più avanti in modo da sentire premere gli scarponi sugli stinchi; in uscita di curva andare a cercare il terreno con la mano a valle; spigolare di meno, lasciarli correre questi sci, quante volte te lo devo dire?  Etc.
Con la bici è andata diversamente. Io ho cominciato a pedalare tardi, all’età di 38 anni, ma ho fatto in tempo a farmi le gambe per le Loro Maestà della montagna (Lautaret, Galibier, Izoard, Manghen, Bernina, Maloja, Sestriere, Monginevro, Fraiteve, etc.). Poi tradii la bici per la vela e l’ho ripresa dopo un lungo intervallo. E’ chiaro che la gamba e l’età non sono state più le stesse, ma ciò non ha impedito che allenandomi con regolarità e progressione, io oggi riesca non dico a rifare quelle salite (che oggi faccio con l’aiuto elettrico, anche a causa di una bronchitella cronica, regalo di un recente compleanno – che lui, poverino, colpa non ne aveva solo che, sommato ai precedenti …) ma che io non abbia problemi a farmi pedalate anche di 100 km anche con qualche salita media inserita nel percorso. La bellezza dell’allenamento: le salitelle o i lunghi kilometraggi che all’inizio di stagione di preoccupano un poco al momento del loro approcciarsi, dopo un paio di migliaia di km te li ritrovi alle spalle senza nemmeno essertene accorto. E poi, il peso … dai, quei tre-quattro kg di meno sai che meraviglia!
E fra le due età della bici, la vela. Già , perché nonostante tutto io sono nato nel mare, a Genova e nuotavo all’età di quattro anni, senza salvagente. Un giorno ero in mare, alla boa a 30 metri da terra, mi vede una signora, lancia l’allarme, arriva la barca con il bagnino e … “mi salvanoâ€!! Io incazzatissimo! Ma una porzione di … fatti vostri, noo? Chi vi aveva chiamato? Ma vabbè, questa è un’altra storia. La vela, dicevo. Più navigatore che regatante anche se poi ho fatto vent’anni di regate con il mio FUN Whisper ITA 526 ormeggiato in Fraglia della Vela a Riva del Garda. Ma anche questa è un’altra storia e poi se navigate anche voi … qui fra i miei post, ne leggerete abbondantemente di regate e di crociere con Whisper, che lei si chiama così, bisbiglio, sussurro, tanto è silenziosa nello scivolare sull’acqua.
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DIFFERENZE DI POTENZIALE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2018 @ 7:49 amDetto altrimenti: elettrico e nella società umana  (post 3054)
Quando fra due punti la differenza di potenziale elettrico è elevata, fra essi scocca una scintilla. E’ una legge della fisica che (come tutte, del resto!) l’uomo ha solo scoperto, non certo creato: Einstein affermava che avrebbe voluto conoscere il pensiero di Dio perché tutto il resto erano solo dettagli. Il principio che sta alla base di questa regola vale anche nell’ambito della società umana, nel senso che quando al popolo affamato di pane un Re rispose “Non avete pane? Mangiate briochesâ€, scoppiò la rivoluzione.
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Oggi l’1% della popolazione mondiale possiede il 99% della ricchezza mondiale. Inoltre, all’interno di duell’1%, vi è una % ancora minore che possiede la grande maggioranza di quella ricchezza, per cui quel 99% mondiale è posseduto dallo 0,1% della popolazione. Le % indicate  sono approssimate, ma piccoli errori non spostano il significato del ragionamento. La globalizzazione e il web hanno creato un sistema che consente a chi ha avuto l’idea giusta (giusta per lui) di accumulare un patrimonio di 80-100 miliardi di dollari nello spazio di alcuni decenni (il colosso del web sta lottando sul filo di lana con il colosso della vendita via web). Globalizzazione dei mercati, si dice. Ed ora si vuole “globalizzare†il consumatore, concentrandolo in città da 100 milioni di abitanti (Cina, “così me lo gestisco meglioâ€) (1) e si vuole globalizzare il lavoratore, delocalizzando, negandogli i diritti umani, civili e del lavoro e mettendogli al braccio un braccialetto elettronico “così me lo gestisco meglioâ€.
Un gravissimo e deleterio effetto della strumentalizzazione/appiattimento del lavoratore; della normalizzazione razionalizzante del pensiero logico sempre di più affidato alla elaborazione dei computer; della sostituzione della statistica al libero pensiero; della sopraffazione dei numeri sul sentimento; dell’annullamento della motivazione,  è il soffocamento della spinta creativa e innovativa del singolo; del suo sentirsi parte attiva del tutto; della sua capacità di fornire spontaneamente e autonomamente un apporto al miglioramento del sistema-uomo. Con una estremizzazione del concetto – ripeto è solo una estremizzazione – si tende a trasformare l’Uomo Lavoratore  in un “pezzo” (stuck) di tristissima memoria. E ciò perché …”tanto se non ti va, ne trovo 100 che anelano al tuo posto di lavoro”.
Questi fenomeni sono la degenerazione del processo (positivo, questo) di mondializzazione del mondo, ovvero di normalizzazione dei diversi livelli di potenziale sociale quale era stato avviato 60 anni fa – per fare un esempio che ci riguarda più da vicino – con i Trattati di Roma, quelli che diedero l’avvio al processo di integrazione europea. Degenerazione che ha creato un imperialismo coloniale di nuovo tipo e non più  esclusivo dell’Occidente  (quello delle multinazionali e sei super-ricchi di fronte ai super poveri); quello del “mio paese firstâ€; della corsa agli armamenti; dei muri di cemento, di filo spinato e di dazi doganali. (Leggete il libro qui a fianco: lo sviluppo del colonialismo di pari passo con lo sviluppo della tecnologia, un libro che si beve d’un fiato!)
Da europeista convinto e purtroppo non addentro a molte segrete cose, mi perdonerete se ragiono sulla base di sensazioni: ebbene, io ho la sensazione che tre grosse potenze (senza fare nomi: USA, Russia, Cina) ci considerino come un grande mercato di consumatori poco influenti politicamente in quanto “divisiâ€, per cui la nostra migliore risposta sarebbe creare gli Stati Uniti d’Europa. In tal caso avremmo anche la forza politica di respingere quel tipo di aggressione e di rilanciare una politica di temperamento delle diverse differenze di potenziale a livello mondiale in ambito dei diritti umani e civili, finanziari, economici.
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Ecco, ho creato due nuove categorie di diritti: quelli finanziari, ovvero di NON essere schiacciati dalla mega finanza; quelli economici, ovvero di poter avere la possibilità di accedere – quanto meno – ad una parte minima vitale dell’economia mondiale. Utopia la mia? Certo … ma … badate bene, utopia è un traguardo semplicemente “non ancora†raggiunto, e poi nella vita … guai a non avere un’utopia! Sai che grigiore!
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(1) attenzione, però! Ai tempi dello Scià di Persia, la concentrazione in città delle popolazioni dei deserti, popolazioni attratte dalla possibilità di una vita migliore, creò una forte concentrazione di “potenziale umano scontento ed arrabbiato” che contribuì alla caduta di quel regime.
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FERROVIE SUD EST SpA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Febbraio, 2018 @ 2:39 pm(Dopo il LP-Long Post precedente, eccone uno brevissimo, per fare media!)
Detto altrimenti: le “Iene†l’avevano intuito …  (post 3053)
Ferrovie Sud spa … risce il denaro pubblico! Poco tempo fa, la Iene avevano mostrato alcuni treni nuovi, mai usati, lasciati da anni ad arrugginire su binari morti a Battipaglia. Oggi la TV ci informa che dal 2001 ad oggi è maturata in capo a quella società una bancarotta fraudolenta per oltre 230 milioni di Euro. Oggi 14 arresti. E noi? Noi …
- … ci si scandalizza che ciò sia successo;
- ci si scandalizza che la cosa sia maturata indisturbata per tanti anni;
- ci si scandalizza perché ci si scandalizza di più dei furti di cui sub 1) che non dell’omesso controllo di cui sub 2).
Maccome? In una grande SpA pubblica che gestisce un servizio pubblico si può arrivare a tanto? Siano pur stati ladri i suoi amministratori, nel (lunghissimo) frattempo dove erano i controllori interni, l’Internal Auditing, i revisori esterni, le banche, il controllo del Ministero competente? What were they all doing? Sleeping?
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Già qualche anno fa un tale Giovenale nelle sue Satirae affermava: va bene mettere custodi, ma chi controllerà i custodi? Quis custodiet custodes ipsos?
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LA CICLABILE DEL GARDA 2 (e molto altro ancora!)
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Febbraio, 2018 @ 8:58 am(Questo è un LP- Long Post, ma leggetelo, dai, è molto diversificato, articolato … non vi annoierete!)
Detto altrimenti: la stampa locale riporta la notizia di un convegno sul tema, il secondo in zona Garda in pochi giorni (post 3052)
Premessa
La stampa locale avvisa che il 3 febbraio p.v. a Dro, presso il Centro Culturale, si terrà sull’argomento Ciclabile del Garda un dibattito moderato dal professor Giorgio Daidola (docente universitario, giornalista, maestro di sci, etc.). Interverranno il sindaco Vittorio Fravezzi; Heinz Grill (alpinista e scrittore tedesco); gli alpinisti italiani Marco Furlani e Ivo Rabanser; Alessandro Gogna (alpinista, scrittore, guida alpina, esploratore, personaggio internazionale); Stefano Pisoni (agricoltura sostenibile); Roberto Bombarda (sulla mobilità ); Paolo Malfer (giornalista).
Due particolari mi hanno colpito: l’assenza di esponenti del mondo della bicicletta e la presenza del mio “antico†amico Alessandro Gogna. Sul primo aspetto, mi è venuto alla mente un libretto satirico che conservo da decenni, una critica al maschilismo, nel quale con una serie di vignette si critica la vita esclusivamente “al maschileâ€. Una per tutte: un gruppetto di sei omaccioni seduto ad una scrivania che parlano, parlano, parlano con fare da sapientoni, sulla “sensibilità della donna, la femminilità della donna, la sessualità della donna, le aspirazioni della donna … etcâ€. Ma ce ne fosse stata almeno una di donna a quel tavolo! Su Alessandro Gogna … ecco qui sotto
Alessandro, c’è posta per te …
Ragazzi, abitavamo nella stessa via, Via Rodi, a Genova. Tu classe 1946, io ’44. Iscritti alla stessa, sezione del CAI, la “Ligureâ€, prima in Via SS. Giacomo e Filippo, poi in Via Serra, poi in Piazza Palermo e da ultimo in galleria Mazzini. Ricordi … se sbaglio mi perdonerai, Alessandro … sono passati tanti anni … i tuoi non volevano che arrampicassi e tu uscivi di casa con gli sci in spalla, salvo poi depositarli alla stazione FS di Genova Brignole e andare in treno ad esercitarti nella palestra di roccia dell’Acquasanta (Genova Voltri). ragazzi. E quando in sede (Via Serra) ci hai fatto vedere quanto tempo riuscivi a stare appeso sui soli polpastrelli allo stipite della porta, o facevi da sotto la “traversata in arrampicata libera†del “tetto a strapiombo” della scrivania della sede, senza toccare il pavimento. Ragazzi. O quando ancora nel 1965 a 100 anni dalla prima arrampicata del Cervino stavamo quasi concordando di andare anche noi due in cima a quel nobile dente per quella ricorrenza! E la tua prima invernale (capodanno 1968) sulla Nord Est del Pizzo Badile? Ragazzi? Si, ragazzi … da 10 bivacchi invernali in parete …  ma tu che ragazzo eri, sin d’allora! Poi le strade si sono separate, ci siamo rivisti a Milano (1974?) quando accettasti di tenere una conferenza presso la Direzione Centrale della Comit in Piazza Scala, dove io lavoravo … Ecco, Alessandro, il 3 febbraio prossimo non potrò essere a Drò a salutarti e me ne dispiace veramente tanto: infatti ti sto scrivendo da Bologna dove sono “sceso†da Trento per alcuni giorni per fare il nonno alla mia ultima nipotina, la splendida Bianca. Chissà se leggerai mai queste righe … Comunque io abito a Trento (Viale Trieste, 13), il mio tel. è 335 5487516 e la mail riccardo.lucatti@hotmail.it: se avrai letto, fatti vivo!
Una lettera di Guglielmo Duman, Presidente FIAB, Federazione Italiana Amici della Bicicletta, sezione di Trento.
Mi telefona il “mio†Presidente FIAB, visto che io stesso – da ex alpinista – sono rimasto sciatore, velista regatante e soprattutto ciclista (non competitivo) già nel suo direttivo Fiab Trento (v. foto). Mi telefona perché pochi giorni fa mi aveva delegato a partecipare ad analogo convegno a Riva del Garda (v. mio post n. 3048 del 27 gennaio) e mi chiede se io non possa partecipare anche a questo secondo incontro. No, Guglielmo, mi dispiace, il 3 febbraio (giorno del mio compleanno!) sono ancora a Bologna presso figlio, nuora e nipotina! Ed allora, non potendo partecipare lui stesso a causa di precedenti impegni, mi anticipa la lettera che sta inviando al giornale:
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Egregio Direttore, mi riferisco alla lettera di Arianna Florio ed alla risposta di Franco De Battaglia a pag. 46 de l’Adige del 31 gennaio in merito alla Ciclabile del Garda. Nella impossibilità di prender parte al Convegno del 3 febbraio prossimo a Drò, affido alle pagine del Suo quotidiano un mio contributo. Innanzi tutto infatti confermo ben volentieri – anche tramite il Suo giornale – la piena disponibilità di Fiab Trento a partecipare per il futuro a convegni del genere previo un minimo preavviso, come del resto è avvenuto per la serie di convegni organizzati a Trento dalla PAT, il cui materiale sarebbe comunque interessante che fosse consultato da chi si occupa di questo progetto. Infatti anche il contributo di noi “ciclisti per e nella naturaâ€, appassionati utenti e conoscitori della bici e delle piste ciclabili in città e fuori, può fornire utili elementi di valutazione. Ciò perchè – se non altro – fra i nostri soci vi è chi ha percorso a pedali l’intera tratta VenTo (Venezia-Torino) o il percorso “europeo†da Roma a Bruxelles, maturando esperienze molto significative in materia di interconnessione di percorsi ciclabili e di valorizzazione dei paesi e della città attraversate. Sento dire che occorre un progetto unitario. Più che d’accordo, e non solo unitario perché tenga conto di tutte le componenti realizzative, ma anche perché dovrebbe svilupparsi in modo armonico lungo tutte le tratte dell’intero percorso, armonico ma specifico per ogni tipo di singola tratta. Si parla infatti di pista ciclabile, salvo apprendere che si tratterebbe di una pista ciclopedonale, il che comporta una larghezza di ben 4,5 metri, non sempre realizzabile lungo l’intero percorso. Ed allora mi permetto di suggerire che il progetto sia denominato “Sistema Ciclabile del Garda†e sia composto da tratti di pista ciclabile e da altri di pista ciclopedonale. Ciò in quanto il meglio è talvolta nemico del bene e l’obiettivo di una pista ciclopedonale di 4,5 metri tutto intorno al Garda potrebbe dare spunto ai detrattori per ostacolare comunque l’opera o – nella migliore delle ipotesi – per rallentare la sua esecuzione. Per converso, un approccio più specifico, trasformerebbe in opportunità ciò che altrimenti verrebbe interpretato come negatività : ad esempio creando “percorsi di visita†alle cittadine del lago attraversate dal percorso, non necessariamente lungo piste ciclopedonali di quella larghezza. La ringrazio se riterrà di pubblicare questa mia. Voglia gradire distinti saluti. Guglielmo Duman. Presidente FIAB-Trento.
Che dire, Guglielmo? Hai centrato in pieno il problema! Complimenti! Permettimi solo di aggiungere un particolare: tu, per discrezione, non hai voluto nominare i nostri due “eroi a pedaliâ€, ovvero chi ha “esplorato†la VenTo per studiarne la migliore realizzazione effettiva e completa(Fabio Martorano, Bolzano di Fiab Trento visto che Fiab Trento è “regionaleâ€) e chi (Lucia Bruni, Bologna ma traferita a Trento come lavoro e come Fiab) a cavallo del fine giugno scorso e della sua biciletta si è concessa in 16 gg la traversata di 2000 km da Roma a Bruxelles (in solitaria e bagaglio appresso!) per celebrare i 60 anni dei Trattati di Roma, quelli che hanno dato l’avvio al processo di integrazione europea. Lo faccio io in questa sede più discreta delle pagine del quotidiano.
Goob Bike, Good Garda, Good Fiab everybody!
P.S: Joint us, unitevi a noi, iscrivetevi alla FIAB (v. internet)
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