FINE SETTIMANA RICCO DI ARTI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Marzo, 2018 @ 2:02 pmDetto altrimenti: venerdì, ieri, oggi, domani                        (post 3100)
1 – Trento. Venerdì pomeriggio. Foyer del Teatro Sociale all’incontro con gli attori de “Le sorelle Materassi†(v. infra, dopo).
2 – Riva del Garda. Ieri sera, Arte Fotografica e il Manzoni (v. post precedente)
3 – Trento. Questa mattina. I concerti della Domenica alla sala della Società Filarmonica: i fratelli Bortoluzzi: Gabriele  al violino e Federica al pianoforte: 23 anni lui, 29 lei. La loro mamma, una giovane distinta signora più sorella che mamma, casualmente seduta in sala a fianco di mia moglie Maria Teresa. I due ragazzi, mi permetteranno di chiamarli così, hanno portato nella sala il sole che – finalmente! – splendeva fuori, dopo giornate di nevischio e temperature quasi siberiane: il sole, la sua energia, quello che ci ha avvolti all’uscita dal Concerto, loro due ce lo avevano già regalato all’interno. Grazie, raga!
A. Mozart, Sonata in Sol magg. KV 379 –    L.V. Beethoven, Sonata in La magg. n. 9 op. 47 “Kretzer†– J. Brahms, Sonata in re min. n. 3 op. 108. Un programma ricco, complesso, assolutamente generoso … ecco il termine: generoso, come sa esserlo la natura dei giovani, ed alla fine un bis, il cantabile di Paganini. Perfetta la pianista; corporeo il violinista, che suonava con il … corpo, lui che non lasciava raffreddare le corde del violino anche quando aveva terminato di suonare, lui che le accompagnava nel loro quietarsi anche dopo la tempesta di note che le aveva animate. Ecco, erano le note ad animare le corde, non viceversa.
Che peccato, mi dico, non essere un vero critico musicale, un musicologo, ma un vile meccanico (manzoniano, v. sopra, ieri sera) della Musica; un semplice musicofilo amante della Musica alla quale sa dare il solo tributo di essere tesoriere dell’Associazione Amici della Musica di Riva del Garda (Presidente Franco Ballardini, professore al locale Conservatorio Bonporti)! E che peccato che oggi non fosse con noi Cristina Endrizzi, pianista già cantante lirica, Presidente dell’Accademia delle Muse, circolo culturale privato in Trento; o ancora, la cara amica Stefania Neonato, pianista e fortepianista internazionale (docente in Germania); e il mio amico conterraneo ligure Carlo Fierens, chitarrista classico in USA; e il compianto pianista-violinista Ruggero Polito, lui che oltre che “fare†il Presidente del Tribunale di Rovereto e della citata Associazione(per 50 anni!), alla sua tenera età frequentava l’ultimo anno di conservatorio di violino a Riva del Garda suonando su violini modello Guarneri!
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Ma bando alle recriminazioni e accontentiamoci – anzi, accontentatevi – di quello che può scrivere il vostro blogger preferito (lo sono, vero?). I due musicisti, credo milanesi … aspetto che mi inviino tramite la mamma (alla quale ho subito rifilato un mio biglietto da visita) la nota riportata sul programma dei concerti, nota che mi affretterò aa riportare qui nel testo; una loro foto e notizie sul tipo di violino utilizzato da Gabriele. Far tornare i due Musicisti qui in Trentino? Come? Noi a Riva potremmo certo e ben volentieri inserire un loro concerto le programma 2019 o 2020, anche se i nostri emolumenti sono così ridotti che imbarazzano un po’ … Ne parlerò in Consiglio Direttivo. Certo che però  l’alloggio sarebbe comunque a carico nostro (una casa a loro disposizione) e così pure una bella veleggiata in barca a vela da regata con il mio FUN di sette metri. Ma chissà se basterebbe … io comunque ci sto provando … E poi … se invece riuscissimo a far loro conoscere il ben più noto MusicaRivaFestival? Vedremo.
4 – Trento, oggi pomeriggio, Teatro Sociale. “Le sorelle Materassiâ€, libero adattamento di Ugo Chiti dal romanzo capolavoro di Aldo Palazzeschi, pubblicato nel 1934 e già più volte approdato con successo al cinema, in televisione e in teatro, che torna felicemente sulle scene in uno spettacolo di grande divertimento. Ambientato nei primi anni del secolo scorso, narra la vicenda di quattro donne che vivono una vita tranquilla e isolata: tre sorelle e la loro fedele domestica. Tutto sembra scorrere su tranquilli binari, quando in casa Materassi giunge il giovane nipote Remo. Bello, pieno di vita e spiritoso, diventa l’oggetto di una predilezione venata di inconsapevole sensualità . E così il sereno benessere della vita familiare comincia a incrinarsi. Regia di Geppy Gleijeses, interpreti Lucia Poli (di cui Paolo Poli è fratello), Milena Vukotic (la “moglie†di Fantozzi) e Marilù Prati. Il giovane nipote spendaccione Remo è interpretato da Gabriele Anagni (già attore di successo  in originali televisivi), Niobe da Sandra Garuglieri (ottima), Palle da Luca Mandarini, l’americana Peggy da Roberta Lucca.
Ottimo il lavoro di Ugo Chiti: ridurre ad 80 minuti di spettacolo un romanzo di 300 pagine! Altrettanto lodevole la combinazione registra-scenografo per le “invenzioni” delle ombre cinesi e delle corse in automobile!
L’altra sera ho chiesto a Lucia Poli come fossero stati scelti gli attori rispetto ai ruoli, ma la domanda più interessante non l’ho fatta: la pongo qui. Nel cinema si girano diverse scene, se ne sceglie una e la si proietta per anni ed anni; in teatro ogni recita è una nuova edizione della stessa scena: maturano i personaggi, gli attori che li rappresentano ed anche – mi chiedo e le chiedo – gli attori in quanto persone? Nel frattempo … pieno successo di pubblico e di critica, la mia compresa, per quel poco che può valere.
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5 – Domani mattina in Paganella: a sciare! Ecchè … è un’arte anche quella!
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6 – Domani sera, a Trento. Serata dell’Accademia delle Muse. Musica e canto a sorpresa e poi un “Boato†di colori, incontro con l’ingegnere, professore di chitarra classica ma soprattutto pittore Matteo Boato (seguirà post).
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(Per la regia: inserire qui il filmato delle pecorelle-intervallo della vecchia Rai-TV, con relativa melodia. €10,00 di premio a chi individua la melodia e il suo autore).
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Nient’altro fino a martedì mattina, quando sarà pubblicato il post sulla serata accademica. Ce ne scusiamo con i post-lettori
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VUOI METTERE A … FUOCHI?
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Marzo, 2018 @ 7:32 am-
Detto altrimenti: l’Arte fotografica di Enrico Fuochi  (post 3099)
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“Gli improbabili sposiâ€, ovvero “I promessi sposi†rivisti in chiave moderna attraverso l’obiettivo di Enrico Fuochi, uomo di un nuovo Rinascimento per i molti interessi che coltiva: la sua famiglia, la sua cagnotta Isotta, i suoi (tanti) amici, i viaggi in camper, la vela, il volo a vela, la pesca, la ricerca di tartufi, i libri che scrive e pubblica (“FotoStorie”, “FotoGrafie”, “FotoFiabe”, “A bordo della Città di Milano”), la partecipazione attiva all’Accademia delle Muse della Presidente Cristina Endrizzi (il cui suocero era il medico di bordo della nave Città di Milano, quella per l’assistenza alla spedizione di Nobile) e ad alcuni circoli di foto-amatori.
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.Una mostra fotografica già presentata a Rovereto, città nella quale, passeggiando il Manzoni con il suo amico filosofo Rosmini, era maturato il cambio del titolo da “Fermo e Lucia†in “I promessi sposiâ€, per maturare ora, a Riva del Garda, questo terzo nuovo, provocatorio titolo. La nuova presentazione è stata arricchita da una recita per estratto dell’opera manzoniana, messa in scena da Alfonso Masi con Ester D’Amato e Fiorenzo Poier. Mancaddirlo gran successo di pubblico nella Sala G. Craffonara ai Giardini di Porta Orientale in Riva del Garda.
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“Sono sempre stato un convinto assertore – spiega Enrico Fuochi – che la fotografia, la vera fotografia, per essere un’arte indipendente e non una semplice rappresentazione di quello che l’occhio vede, debba essere un mezzo per inventare e interpretare storie e non per riportare storie. Ecco perché per me sarebbe stato oltremodo banale, e quindi di nessun interesse, raffigurare alcuni personaggi del romanzo in modo realistico e quindi riferito alla loro epoca. Mi riferisco non solo agli abiti, ma anche alle posture, alla fisicità e alle descrizioni situazionali. Sarebbe stato come svilire il lavoro del grande Manzoni, che, a ben osservare, non voleva certo ingabbiare la mente del lettore ma aprire nuove visioni, nuove fantasie e nuove interpretazioni. E quale miglior occasione per me di questa per dar sfogo alla mia creatività ? Perché non enfatizzare quella sua nascosta modernità rappresentando Lucia come una ragazza discinta con il volto all’interno di una cornice, quasi a voler simboleggiare il ruolo importante che lei riveste nel romanzo, esagerando così quell’aspetto psicologico e quell’idea che io mi sono fatto di lei e che il Manzoni stesso descrive come “modestia un po’ guerriera delle contadine†ma che poi rivela un carattere forte e determinato?.
Oppure interpretare Geltrude, la monaca di Monza, in modo provocatorio – dice Fuochi – esasperando il contrasto tra la “modernità â€, che lei probabilmente avrebbe accettato più volentieri, e il ruolo che invece le è stato imposto da genitori e famigliari? E – perché no – un don Abbondio, travolto da un colpo di vento che allegoricamente parlando rappresenta gli eventi che la sua codardia non ha saputo dominare? E come rappresentare la Provvidenza, quel personaggio misterioso ma presente in ogni pagina dei Promessi Sposi, se non come una grande mano che accoglie e protegge sempre Lucia? Ecco, questi sono solo alcuni esempi di come ho fatto volare la mia fantasia nell’interpretare questo romanzo capolavoro creando una storia dentro una storia. Identità “improbabili†che spero non facciano arrossire di rabbia il Manzoniâ€.
Una ri-creazione dei personaggi la sua, una loro rilettura in chiave personale direi, più che “moderna†visto che il Manzoni è già “modernoâ€, attuale di per se’. La mostra, promossa ed organizzata dall’Associazione Culturale ART VISION, con la sponsorizzazione della Fondazione Caritro e del Comune di Riva del Garda, è aperta fino all’11 marzo.
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IL MINISTERO DELLA PACE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Marzo, 2018 @ 8:13 amDetto altrimenti: era ora che qualcuno lanciasse l’Idea!                                (post 3098)
Esibizione di muscoli, infantilismo politico, ritorno alle (peggiori) origini con l’aggravante che a differenza dei secoli e millenni del passato, oggi dietro la non-Pace vi sono le multinazionali industrie pesanti degli armamenti anche nucleari. Dopo la seconda guerra mondiale fu istituita la CECA-Comunità Europea Carbone e Acciaio per controllare due componenti fondamentali alla fabbricazione delle armi. Oggi assistiamo a processi inversi (protezionismo USA su acciaio e allumino, per cominciare) con motivazioni (apparentemente) diverse … Muscoli nordcoreani, russi, made in USA. Ma … a forza di fabbricarle, queste armi, poi a qualcuno verrà voglia di usarle. O no? E allora ecco il piccolo grande contributo di un semplice blogger, con la pubblicazione di un importante POSTALTRUI, quello dell’amico Fabio Pipinato (certo che la prima riflessione che il suo importante contributo mi induce a fare è che non mi pare che il tema della  Pace abbia avuto grande risonanza nell’attuale campagna elettorale da parte dei partiti politici  … ma si … sa, non si può pretendere tutto … evvabbè …)
 Inizia
Tra le molte idee emerse negli atenei, in vista delle elezioni del 4 marzo, certamente la proposta del Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca†dell’Università di Padova e di molta società civile è stata tra le più pertinenti: istituire un Ministero della Pace. In presenza di ben 35 conflitti violenti che coinvolgono un numero doppio di Stati e di un anno 2018 che è iniziato con dichiarazioni su “chi ce l’ha più grosso†(il pulsante nucleare), credo che parlare di Pace non sia fuori luogo … anzi!
Secondo i promotori della conferenza che ha avuto luogo all’Archivio Antico del Bo di Padova il 12 febbraio scorso, nel nostro Paese vi sono diversi organi (consulte, comitati, osservatori) che in modi differenti si occupano di attività connesse alla promozione della Pace e alla prevenzione della violenza. Manca però una cabina di regia istituzionale quale potrebbe essere un apposito Ministero. Questo ente avrebbe come compito la gestione dei conflitti sociali, la promozione della difesa civile, l’attuazione di politiche di disarmo, la difesa dei diritti umani, l’educazione alla non violenza e la relativa prevenzione della violenza stessa.
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Utopia? Certo. (Utopia: obiettivo semplicemente non ancora raggiunto, n.d.r.) Ma anche il “diritto alla pace†fu un’utopia il quale, tuttavia, dopo decenni d’impegno, fu ratificato dall’Assemblea Generale dell’ONU. Parimenti il nuovo Ministero, oltre ad avere fondamento giuridico nelle carte transnazionali e negli artt. 10 e 11 della nostra Costituzione, come ribadisce il prof. Marco Mascia avrebbe un ampio consenso popolare. Infatti, oltre il 66% degli intervistati, su un campione di centinaia di persone, sarebbero d’accordo nell’istituirlo. Nello stesso sondaggio l’85% afferma che non esistono “guerre giusteâ€.
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Il prof. Valerio Belotti, nella sua lettura del sondaggio, mette in evidenza come nel Paese vi sia un “… dilagare di un senso di insicurezza e paura ma, nel contempo, un altrettanto forte sentimento di coesione e di giustizia socialeâ€. Il dott. Davide Girardi dà corpo al “si vis pacem para pacem†e sottolinea “come la Pace positiva sia fatta di programmi scolastici; di amministratori e politici formati; di forze dell’ordine e militari in grado di padroneggiare anche metodi non violenti. Insomma, una costruzione complessiva, tesa a fornire al discorso di Pace solidi appoggi su cui reggersiâ€.
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Ancor più concreto il prof. Marco Mascia che dà indicazioni politiche assai chiare: “L’Italia dovrà promuovere la ratifica del trattato internazionale per la messa al bando delle armi nucleari; ridurre la produzione e il commercio di armi; riconvertire l’industria bellica; dare attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile; realizzare programmi di educazione e formazione alla pace e ai diritti umani; istituzionalizzare i Corpi Civili di Pace quale strumento di trasformazione nonviolenta dei conflittiâ€.
Per Nicola Lapenta dell’Associazione Giovanni XXIII°, la Persona che ha promosso la campagna “Un ministero della pace, scelta di governo†non si tratterebbe dell’ennesimo carrozzone in quanto la Difesa costa 25 miliardi di euro anno (pari a circa 68 milioni di euro al giorno, per ai 68 milioni che vengono investiti – ma all’anno – per la difesa idrogeologica del paese!, n.d.r.) ma non educa i giovani. “Un giovane che viene educato a gestire positivamente i conflitti con la nonviolenza, invece, sapraÌ€ trasformare i problemi in opportunitaÌ€, rispondere alle sfide che la vita impone, a relazionarsi con le altre culture e vivere con meno paura il quartiere, la cittaÌ€â€
Gli fa eco don Aldo Buonaiuti dell’Apg23: «I parlamentari devono essere i primi responsabili per ricostruire una cultura della Pace. Bisogna che tutti i politici si uniscano nella promozione della non violenza e della costruzione della Pace, perché questo è un tema centrale. Oggi vediamo che c’è una violenza inaudita su tutti i fronti, anche nel modo di parlare, nel modo di porci».
Sarebbe inoltre un Ministero che potrebbe cogliere le opportunità come quella offerta dalle ultime olimpiadi invernali di Pyeongchang. La Corea del Nord, che spaventava il mondo lanciando missili a destra e a manca, ha cambiato radicalmente posizione. Dalla preparazione della guerra all’apertura del dialogo. Gli atleti della Corea del Nord hanno partecipato alle Olimpiadi insieme agli atleti della Corea del Sud, sfilando sotto un’unica bandiera. Non solo. Le delegazioni e i leader delle due Coree si sono incontrati amichevolmente, hanno rilasciato dichiarazioni distensive e collaborative e, finalmente, il dialogo si è riaperto dopo dieci anni di ostilità . Un Ministero della Pace non può che consolidare ogni spiraglio e incoraggiare ogni spiraglio.
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Sino ad oggi abbiamo conosciuto il “Ministero della Difesa†istituito nel ’47 dal III° Governo Degasperi che accorpò il Ministero dell’Aereonautica e il Ministero della Marina. Oggi è arrivato il tempo d’istituire un Ministero della Pace in quanto, per dirla con il compianto Prof. Antonio Papisca, “La pace impossibile è l’unica possibileâ€.
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Finisce
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Mi permetto di aggiungere
Pace innanzi tutto nei rapporti umani ad ogni livello, in ogni ambito: fra singole persone: alla guida delle automobili, alla ricerca di un parcheggio, nelle famiglie, nelle Associazioni, nei partiti politici, fra religioni diverse. Confronto civile; argomentazioni e contro argomentazioni specifiche e puntuali; rispetto delle regole scritte e non scritte; rispetto della logica e del rapporto causa-effetto; toni pacati.
Al bando parole gridate, proclami generici, retorici, aggressivi, totalizzanti, escludenti, bensì pacati e puntuali contenuti, rispettosi dell’Altro.
E poi, molto prosaicamente … quante altre cose potrebbe fare il mondo intero con i “soldi delle armi”!
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DEMOCRAZIA? SOLO UN POCO, GRAZIE …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Marzo, 2018 @ 3:10 pmDetto altrimenti: “Ciao, democrazia, ciao …†direbbe Antonio Albanese     (post 3097)
Ho già chiarito che io non “faccio politica†bensì “faccio democrazia†o almeno ci provo. Scorrendo i programmi dei vari partiti, sono rimasto colpito da uno in particolare. Infatti, in tutti io cerco sempre il capitolo “democrazia†e in quello de quo agitur che non nomino per ragioni di riservatezza pre-elettorale, ho trovato il capitolo “Democrazia e giustiziaâ€, nel senso che l’argomento democrazia è esaurito in poche righe: “Tutti innocenti fino alla sentenza passata in giudicato… imparzialità dei giudici … riequilibrare i poteri dello Stato … accorciare i tempi della giustiziaâ€. Concordo, ma mi sembra un po’ pochino, un po’ semplicistico cavarsela così, sulla “democrazia†in un paese nel quale esiste una democrazia formale ed una (minore) democrazia sostanziale; nel quale molti Statuti sono impunemente violati (da quello post Albertino, ovvero la nostra Costituzione, a quelli di partiti politici e associazioni varie e chi più ne ha più ne metta); nel quale si tende a far regredire al suo primo significato storico il significato che nei secoli ha assunto in successione la parola “democrazia†(potere sul popolo; strapotere del popolo; potere del popolo); nel quale la “catena di trasmissione†della democrazia (volontà popolare) dal voto alle decisioni di governo è come un ruscello che sgorga acqua limpida alla fonte, acqua splendidior vitro, come quella della Fons Bandusiae di Orazio, ma che, durante il percorso, subisce derivazioni varie da parte di chi si prende la sua fetta di democrazia privata (tipo quella che a me i diritti acquisiti si  e a te no; la legge è uguale per tutti tranne le eccezioni e le violazioni di legge; etc.); altri vi riversano scarichi d’acqua non proprio limpida, ragion per cui chi sta a valle e vuole abbeverarsi, dei democrazia pura ne beve veramente ben poca.
Un giorno un amico mi disse: “Non voto per quel partito perché non è democratico al suo internoâ€. Concordai con lui e risposi: “Ma perchè … gli altri lo sono?†In sintesi: se si dovesse riscontrare in tutti i partiti una uguale o equivalente carenza di democrazia interna (ed esterna), allora la nostra scelta dovrebbe basarsi su altri aspetti. E non si pensi che io sia contro la democrazia, anzi! La reputo il migliore – anche se non ancora perfetto – sistema di governo, al cui interno una categoria di persone si destreggia traendone vantaggi personali, mentre un’altra – nella quale mi colloco io stesso – cerca di migliorarla anche a costo di apparire polemico.
Buona democrazia formale e sostanziale a tutte e a tutti!
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IL PESTO GENOVESE ALLA … TRENTINA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Marzo, 2018 @ 1:29 pmDetto altrimenti: si fa quel che si può, e non viene nemmeno male … (post 3096)
.“Siccome che†io sono Ligure (un pronipote di quei Ligures il cui territorio dalla Spagna si spingeva fino a Riva del Garda a confinare con i Venetes), “a me mi†piace il pesto genovese. Pesto, da “pestare†in un mortaio, il frullatore di sti ani, degli anni che furono. Eh già … nella Liguria di ieri ci si arrangiava con quel che si aveva: mortaio e pestello in pietra, basilico, sale, aglio, olio di oliva, pinoli, formaggio (meglio se pecorino sardo che con le galee ci voleva un attimo a farlo arrivare).
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Ligures a Riva del Garda? Lo testimonia la lapide delle dominazioni nel porticati della Casa Comunale a Riva: siamo stati i primi!
D’altra parte anche qui in Trentino ci si arrangiava, perché “di quel che ghe non manca nulaâ€: polenta, smaccafam, canederli, luganeghe, carne salada, tortel di patate, etc.. Ma torniamo al pesto. Innanzi tutto comperate le piantine di basilico, piccole piccole (dicono che il basilico ligure è migliore: si, soprattutto se fate un infanticidio di foglioline ancora in tenera età , n.d.r.). Le sistemate nei vasi del vostro balcone, non troppo al sole diretto. Molta acqua. Quando sono ben cresciute (ma non troppo sennò i gambi diventano legnosi), fate la raccolta (la mia è ogni volta di 800 gr. di foglioline ripulite dal gambo). Tagliate i gambi principali, poi quelli secondari e lasciate le foglioline ben pulite (non lavatele, per carità ! Perderebbero sapore e colore!). In una estate potete arrivare a tre raccolti. Indi nel frullatore, con olio, sale, aglio, pinoli (qualcuno usa le noci). Frullate e il gioco è fatto. Riponete il pesto nei quadrettini di plastica del ghiaccio e lo estraete s.q. (secondo la quantità necessaria), sghiacciandolo, per utilizzarlo di volta in volta.
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Per condire la pastasciutta (“trofie e trofiette) a Zena (Genova) mettono nel pesto anche fagiolini interi bolliti e pezzi interi di patate bollite. Provare per credere.
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Buon appetito … bis garantito!
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LA ZUPPA DELLO SCIATORE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Marzo, 2018 @ 6:29 amDetto altrimenti: inizia oggi una sorta di rubrica gastronomica. Le lettrici ed i lettori che vorranno contribuire con proprie ricette, saranno molto graditi.     (post 3095)
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Perché, mi sono detto, non rendere partecipi le mie lettrici ed i miei lettori di una buona ricetta dopo-sci, particolarmente gradevole dopo le sciate alle basse temperature di questi giorni? Ed allora ecco una ricetta farina-non-del-mio-sacco, bensì farina-del-sacco di mia moglie Maria Teresa:
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La zuppa dello sciatore
- Mettere a bagno per almeno 12 ore fagioli secchi.
- Fare cuocere in acqua salata i fagioli insieme ad un gambo di sedano, una carota ed una cipolla, per 2-3 ore in pentola normale oppure per 90 minuti in pentola a pressione (P1). Conservare a parte sedano, carota e cipolla cotti (v. successivo n. 6).
- In altra pendola (P2), con poco olio, soffriggere per pochi minuti altro sedano ed altre carota e cipolla crudi.
- Versare nella pentola col soffritto (P2)  buona parte dell’acqua di bollitura della prima pentola e fare cuocere qui il farro (v. tempi di cottura indicati sulla relativa bustina).
- Durante la cottura aggiungere i fagioli.
- A parte, frullare sedano, carota e cipolla di cui al punto 2) e aggiungere il tutto in pentola.
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Impreziosire con un gambo di rosmarino o di prezzemolo. Servire caldo, meglio se in terrina preriscaldata, in un mix più o meno brodoso a seconda dei gusti; aggiungere un filo di olio crudo e una nevicata di formaggio grana; taluno gradisce una spruzzata di pepe.
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Buon appetito e … bis garantito!
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MOTORI AUTO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Marzo, 2018 @ 7:42 amDetto altrimenti: parliamone un po’, così, semplicemente … (post 3094)
1955, esce la Fiat 600! La grande piccola utilitaria sogno di moltissime famiglie italiane. Una signora apre il cofano anteriore: “Mi hanno rubato il motore!†Poi apre quello che crede essere il bagagliaio (posteriore, n.d.r.): “Ma per fortuna ne hanno messo uno di scortaâ€. Una barzelletta, certo. La prima auto a motore posteriore. Per chi proveniva dalla “Topolino†era un’auto di lusso. Non ho voluto risalire oltre nel tempo, comunque il motore a scoppio a combustione interna a quattro tempi denominato a ciclo Otto (ing. Otto, il tedesco che lo ha inventato) è rimasto lo stesso.
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L’unico tentativo di variazione sul tema è stato il motore rotativo Wankel (ing. Wankel, 1957, cfr. in Wikipedia), più leggero, più potente ma soggetto a rapida usura e molto inquinante. L’inquinamento. Oggi si inizia a fare il processo ai motori a ciclo Diesel (ing. Diesel, altro inventore) perché troppo inquinanti. Con i motori diesel varia il carburante che è  il gasolio, una frazione più pesante della distillazione frazionata del petrolio, quindi dalla combustione più lenta della benzina (ing. Benz, altro tedesco) e questo è un vantaggio, ma dalle emissioni più inquinanti (ed ecco lo svantaggio).
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Il vantaggio dei diesel consiste che la “bruciatura†del gasolio è più lenta, quindi è più una combustione e meno una esplosione, il che determina che la spinta sul pistone dura per tutta la discesa del pistone all’interno del cilindro: motore più elastico, maggiore potenza ad un minor numero di giri/min del motore, migliore rendimento kilometrico. Nei diesel il gasolio si accende per riscaldamento e compressione (non servono le candele per l’accensione) il che determina maggiori pressioni interne alla camera di scoppio e quindi  la necessità un blocco motore più robusto e più pesante e l’inserimento delle candelette di pre-riscaldamento inventate da un altro tedesco, l’ ing. Ricardo con una “c†sola.
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Motori diesel aspirati, una volta; oggi “turboâ€: prestazioni esaltanti, niente da invidiare ai motori a benzina. Solo che adesso si stanno diffondendo i motori a metano, a GPL, elettrici, ibridi e sta iniziando la fase di uscita di scena dei diesel. Nei due casi di motori a metano e a GPL varia solo il combustibile. In quelli elettrici varia il motore. In questi ultimi non si elimina l’inquinamento, ma lo si “sposta†nei luoghi di produzione dell’energia elettrica e nei luoghi smaltimento delle batterie esauste. L’evoluzione della tecnologia va in questa direzione. Tuttavia, la fase di riconversione delle fabbriche e del mercato sarà costosa per i produttori e per l’utenza, quindi ci si augura che sia graduale. Nel frattempo si sta incrementando l’uso della bicicletta come mezzo di locomozione urbana.
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FIAB-FEDERAZIONE ITALIANA AMICI DELLA BICICLETTA, sono aperte – sempre – le iscrizioni presso ogni vostra città ! Joint us, unitevi a noi, iscrivetevi alla FIAB!
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C’E’ SEMPRE DA IMPARARE …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Febbraio, 2018 @ 7:01 pmDetto altrimenti: più sai e più ti accorgi di non sapere        (post 3093)
Quasi 100 articoli (posts … che ridere quella “s†del plurale!) in due mesi, non c’è male. Ma, raga, scialla, calma, non è che io scriva “a pesoâ€: io scrivo se e quando “mi scappa da scrivere†nel senso che mica sono io … sono la mia testa e le mie mani che coinvolgono il computer. La cosa funziona così: io scrivo “a mia insaputaâ€. Ecco, devo fare mio questo lessico: d’altra parte se è stato deciso che “lui poteva ben non sapere che gli stavano pagando la casa, che ciò era avvenuto a sua insaputaâ€, chi volete che possa contestarmi questa mia incolpevole particolare mancanza di consapevolezza?
Ma veniamo al post. In questi giorni fa molto freddo; la neve è ottima; io abito pericolosamente vicino alla partenza degli impianti sciistici di risalita (Trento-Bondone 30 min.; Trento-Paganella 30-40 min.); io sono un V.I.P.- Vecchietto In Pensione; mi è sempre piaciuto sciare, ed allora …
… ed allora ecco che dopo quasi 60 anni di sci, ogni giorno imparo a stimare il valore e quindi ad apprezzare qualche sfumatura in più. Le ultime? Eccole: la differenza fra una perfetta regolazione dello scarpone ed una non così perfetta; il diverso grado di spigolatura degli sci all’entrata e all’uscita di curva; la muscolatura allenata ma non rigida; la curvatura dell’intero corpo e non di sue singole parti. Per sciare molto bene occorre sciare molto. Banale, lo so, ho scoperto l’acqua calda. Ma solo sciando molto il tuo cervello impara a gestire in automatico quelle decine di variabili – non sono di più – che ti consentono di sciare bene.
Dicono che le competizioni sportive formano molto di più che una lunga pratica non competitiva di ogni sport. E’ vero. Io l’ho sperimentato su me stesso. Mi spiego. L’unico sport che io ho praticato a livello competitivo è la vela. Oltre vent’anni di regate. Ecco, quando sono al timone del mio FUN, anche non in regata, io gestisco automaticamente (questo è il punto!) tutte le decine (due sole? Forse è così …) di variabili, quali, ad esempio, il grado di tensione delle vele e delle sartie volanti; l’evoluzione della direzione e intensità del vento; la distribuzione dei pesi a bordo, lateralmente e longitudinalmente; il tipo di vela da utilizzare; il maggiore o minore angolo di bolina; l’evoluzione delle condizioni meteo nella giornata; il grado di stanchezza mio e dell’equipaggio; il tipo di andatura da adottare in relazione al tipo di equipaggio di cui dispongo; la decisione circa i bordi (la rotta) da fare rispetto alla meta (boa di regata o semplice meta turistica); etc.
Automaticamente, dicevo, cosa che mi capita meno – anche se solo un poco meno -automaticamente con lo sci, e dire che sto sciando da quasi 60 anni! Rispetto a queste mie due (relative) “abilità †io ne invidio un’altra, un’altra che purtroppo non ho: quella dei musicisti che riescono a dominare milioni di combinazioni di note e di loro gradazione “a memoriaâ€: quando, ad esempio, un pianista esegue a memoria un intero concerto di musica classica. Ecco, è a questo punto che comprendo e condivido un’affermazione, e cioè che il computer più complesso, completo ed efficiente al mondo è la mente umana.
Buono sci, buone vela e buona musica a tutte e a tutti!
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UNA FAVOLA di POLITICA ECONOMICA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Febbraio, 2018 @ 3:52 pmDetto altrimenti: una favola “che insegnaâ€, come quelle di Esopo (620-564 a. C.)      (post 3092)
C’era una volta un padre che aveva dieci figli. Egli conduceva una piccola impresa nella quale – data la limitata dimensione – potevano trovare lavoro solo cinque dipendenti. Egli si prese cura di addestrare i suoi figli e ne impiegò cinque nei lavori dell’impresa. Per responsabilizzarli, egli delegò loro il potere di intervenire sulle singole fasi della lavorazione rendendo ognuno responsabile del risultato. In parallelo stabilì anche di pagare loro lo stipendio che avrebbe pagato a personale non della famiglia. Per anni quello stipendio rimase inalterato e non furono concessi aumenti di sorta, per cui, un giorno, quei cinque figli reclamarono un suo adeguamento. Il padre fece i suoi ragionamenti e decise diversamente: dedicò quei denari all’ampliamento della sua piccola impresa e diede lavoro anche agli altri suoi cinque figli.
Le favole di Fedro finivano con la frase “o muzos deloi oti …†ovvero “la favola insegna che ..†E allora, cosa insegna questa favola? Fate voi, raga, ecchè? Vi devo dire tutto io? Quando mai!?
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RIFORMA DEL TERZO SETTORE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Febbraio, 2018 @ 6:19 amDetto altrimenti: i problemi della crescita               (post 3091)
(questo è un post tecnico, per gli addetti al settore)
Kleine Kinder, kleine Probleme, dicono i tedeschi, ed hanno ragione: figli piccoli, problemi piccoli. I problemi maggiori si hanno quando i figli crescono. E il terzo settore è cresciuto molto anzi moltissimo. Copre molti ambiti del sociale che altrimenti dovrebbero far carico all’Ente Pubblico o al settore privato. Ma l’Ente Pubblico è già molto gravato ed il privato mirerebbe a fare utile. Ed allora … allora ecco il Terzo Settore. Onlus e entità varie, “autorizzate†e/o “accreditate†o “da accreditarsiâ€, sovvenzionate con denaro pubblico: ed ecco l’UE, ed ecco la normativa, ed ecco i controlli non solo della gestione operativa e di quella economica-finanziaria-patrimoniale (di bilancio, e qui non faccio nomi di una grande, nazionale …) ma – si impone – anche della correttezza morale (si vedano gli scandali di grandissime organizzazioni in materia sessuale).
La Provincia Autonoma di Trento si mette al lavoro. Ieri io che non sono un esperto della materia specifica ma sono un (esperto – così dice la mia vita lavorativa-) ex manager, ho partecipato ad una riunione del sistema degli Enti operanti nel Terzo Settore.
L’aspetto che ho colto come suscettibile di maggiore attenzione e miglioramento è uno solo, ovvero la necessitÃ
- del coordinamento fra l’azione normativa della PAT – Provincia Autonoma di Trento e quella dei comuni;
- del coordinamento fra la legge, il suo regolamento, le istruzioni per la compilazione del bilancio, i documenti di specifica ancora successivi (ad esempio, il catalogo dei servizi);
- del coordinamento delle diverse istanze dei singoli sub-settori da parte di un loro unico ente di coordinamento;
- di semplificare l’intero processo;
- di calcolare il costo complessivo che graverebbe l’intero sistema delle Onlus e farne carico all’ente pubblico.
In attesa di tutto ciò, si potrebbe andare a vedere come (meglio) si stanno già comportando altre regioni, ad esempio l’Emilia Romagna.
Fine di un post tecnico.
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