AQUARIUS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Giugno, 2018 @ 6:17 am

Detto altrimenti: le leggi son ma chi pon mano ad esse?   (Dante, Div. Comm., Purg., XXI,  97)   post 3229

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La decisione di un nostro ministro vice premier (divieto di attracco per la nave Aquarius) che ha preceduto e sostituito quella del suo premier (v. due post fa “Due papi e tre presidenti …”) oltre ad avere violato molti trattati internazionali e l’art. 95 della nostra Costituzione, ha violato anche le seguenti norme del diritto italiano:

  •  L’Art. 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
  • L’Art. 1113 del Codice della Navigazione prevede la reclusione da un anno a tre anni per chiunque “omette di cooperare con i mezzi dei quali dispone al soccorso di una nave, di un galleggiante, di un aeromobile o di una persona in pericolo”.

La decisione assunta espone inoltre alla seguente ulteriore violazione:

  • L’art. 1158 del Codice della Navigazione prevede pene di reclusione fino a 8 anni laddove una delle persone alle quali non si è prestato soccorso dovesse morire.

Fine

Aggiornamento del 12 giugno: da un lato (Spagna) il capo di un governo o il Presidente della Repubblica (Francia). Da parte nostra un vicepremier-ministro. Dov’è il premier? Chi è il premier?

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LA POLITICA DELL’AGENDA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Giugno, 2018 @ 9:31 pm

Detto altrimenti: si, avete capito bene, non l’agenda politica che è un’altra cosa!   (post 3228)

La politica vincente non è quella che dice la verità, ma quella che sa prevedere la reazione delle proprie dichiarazioni, vere o false che siano. Questo però ve l’avevo già detto qualche post fa. Ora ve ne racconto un’altra: la politica vincente è quella che riesce a imporre ciò di cui si deve parlare, anche se non è il tema più importante per lo sviluppo della comunità. In altre parole: è quella che stabilisce il palinsesto, l’agenda della rappresentazione: la “politica dell’agenda”, appunto …

Fine

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DUE PAPI E TRE PRESIDENTI DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Giugno, 2018 @ 1:13 pm

Detto altrimenti: passi per i due Papi, ma per quei tre … (post 3227)

Due Papi vabbè, uno è in pensione … Ma quei tre sono in SPE-Servizio Permanente Effettivo! E dei due “affiancati” uno decide: “Porti chiusi per le navi delle onlus con migranti a bordo”.  E prosegue: “Il premier è informato”. Dal premier nessuna preventiva decisione o immediata reazione .

Gli aspetti sui quali occorrerebbe riflettere sono due: il merito è la costituzionalità del provvedimento: in  questa sede mi limito ad una considerazione sul secondo aspetto.

Art. 95 della Costituzione

“Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile”.

Al che mi domando: il premier “dirige la politica” o “ne è informato”? Il premier ed altri hanno parlato solo dopo: “Il Governo è compatto”, “Siamo stati in  contatto” etc.. Tutte dichiarazioni postume, tutte “a ratifica”.

Aggiornamento del 12 giugno: da un lato (Spagna) il capo di un governo o il Presidente della Repubblica (Francia). Da parte nostra un vicepremier-ministro. Dov’è il premier? Chi è il premier?

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SEMPLIFICAZIONE E SINTESI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Giugno, 2018 @ 6:25 am

Detto altrimenti: due “cose” molto diverse     (post 3226)

Le parole sono pietre, scriveva Don Lorenzo Milani ad una professoressa … ed allora stiamo attenti ad usarle con cautela perché se ci sfuggono di mano possono farci male. Un esempio:

  • Semplificazione: rendere immediatamente comprensibile una parte del tutto, ma non il tutto.
  • Sintesi: rendere immediatamente comprensibile il tutto.

Detto ciò, quali messaggi sta utilizzando una parte della politica attuale? Quelli che passano subito, cioè i messaggi semplicistici, del tipo “introduciamo il vincolo di mandato per i parlamentari eletti: non è accettabile che dopo l’elezione cambino bandiera alla Scilipoti”.

Più difficile invece è far passare  i messaggi sintetici, quale “il referendum popolare propositivo senza quorum unito al vincolo di mandato parlamentare trasforma la democrazia delle promesse elettorali  in una oligarchia della  condizione meramente potestativa: farò ciò che vorrò”.

Ecco, spero che questo mio breve post non sia una negativa  semplificazione bensì sia una positiva  sintesi ed aiuti a capire il tutto.

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IL VANGELO SECONDO MARCO (3, 20-35)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Giugno, 2018 @ 6:21 am

Detto altrimenti: ecchè blogger … ora ci fai le prediche?       (post 3225)

No raga, scialla calma, nessuna predica, solo che quel testo ha anche valori non religiosi. Per intenderci: in questa sede facciamo che parliamo di un Gesù personaggio storico, così nessuno si sente “predicato” (= destinatario di una predica). D’accordo?

Dal testo citato traggo due spunti:

1 – La reazione spesso violenta di chi ha paura di cambiare. Gesù fu un rivoluzionario. E per questo fortemente osteggiato fino alla crocefissione. Tuttavia si è poi preso una bella rivincita, nel senso che i suoi insegnamenti hanno costituito la base di una fede-credenza popolare diffusa, in quanto alla base dei essi vi era l’Amore per il prossimo e la Verità.

2 – l’indicazione che il rifiuto della Verità (o della verità con la minuscola, fate voi) è un peccato non perdonabile. Prima di Lui l’aveva già detto un avvocato, tale Cicerone, quando accusava Catilina di essere simulator et dissimulator omnium rerum, cioè di far apparire vere tutte le falsità e false tutte le verità.

Veniamo ai giorni nostri.

La politica sta cambiando sulla base di un forte consenso, e ciò comporta anche una forte reazione da chi questo cambiamento proprio non lo vorrebbe. E la reazione è basata sulla verifica dei contenuti del cambiamento: e cioè se rispettino i due principi di “rispetto e amore per l’Altro” e se siano “veri”.

1 – Il rispetto dell’Altro in politica è il rispetto della demo-crazia, cioè della volontà dell’altro, di tutti gli altri, anche di chi non la pena come te, il che non avviene di certo ove si mettessero in atto una serie di decisioni dal cui combinato disposto discenderebbe una democrazia formale ma una oligarchia sostanziale. Ciò accadrebbe ove si inserissero nel nostro sistema democratico il referendum propositivo senza quorum e vincolo di mandato. Infatti in tal caso, alcuni pochi capi politici potrebbero fare votare qualsiasi legge, anche costituzionale, in modo formalmente democratico ma sostanzialmente oligarchico.

2 – La verità è un’Utopia, ovvero un bene al quale tutti tendiamo e che nessuno ha ancora mai raggiunto, un po’ come la Fede. Quindi si può legittimamente dubitare di chi affermi di possederla. Personalmente io – anche in politica – preferisco un onesto dubbio ad una verità certa.

Fine (sennò sai cheppalle …)

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COLORI D’ITALIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Giugno, 2018 @ 8:22 am

Detto altrimenti: siamo un Paese colorato, non c’è che dire!       (post 34224)

  • Nero Fascista
  • imagesRosso e Azzurro Partigiano
  • Bianco Balena
  • Rosso Togliatti
  • Bianco Rosso Moro
  • Azzurro Silvio
  • Verde Lega
  • Giallo Grillo
  • Giallo Verde Governo
  • Bianco Rosso e Verde Bandiera

Italia tavolozza per dipingere quale quadro? Il quadro di vari stili sovrapposti, uno sull’altro a coprire il precedente. Se dovessi sceglierne uno direi lo stile impressionista, si … quello, perché mi fa “impressione” il passaggio improvviso da uno stile troppo vecchio ad uno troppo giovane. Già, perché per dipingere non basta la volontà, l’ispirazione, il desiderio: occorre anche aver frequentato una scuola, essere maturati almeno un poco, avere imparato la tecnica: solo dopo si può lasciar libero corso al sentimento.

“Politica”: nell’antica Grecia era un aggettivo che definiva un sostantivo: la “tecnica” da cui “teknè politika, ovvero la capacità di governare la polis che poi era lo stato. Noi oggi utilizziamo questo termine come aggettivo sostantivato: politica tout court.

Ma direi che nemmeno a quel punto si è maturi. Infatti oltre alla capacità (di affrontare e risolvere i tanti aspetti (sono trenta, descritti in un manuale di 57 pagine reperibile on line) della tecnica pittorica, occorre avere la conoscenza, cioè  un’idea del “modello” di pittura che si vuole realizzare, un’idea di futuro, e non mi riferisco al futurismo, per carità! Oggi purtroppo la scuola insegna solo  capacità: ti fa leggere un brano e ti chiede di ripeterne il contenuto con parole tue. Invece dovrebbe insegnare la conoscenza, ovvero il fare raffronti e collegamenti, l’esprimere giudizi di valore. E invece gli industriali chiedono a gran voce la scuola delle capacità, quella che genera ottimi-operai-non-troppo-pensanti: mi viene in mente una vecchia scritta sbiadita dal tempo che ho letto recentemente su una fabbrica dismessa: “Qui non si fa politica: si lavora”.

E non basta avere autorità, cioè un potere che ti hanno dato gli altri, quelli che apprezzano la tua pittura. Occorre avere autorevolezza che invece è una “cosa” che uno ce l’ha di suo o non ce l’ha, non c’è niente da fare. Un’autorevolezza che presuppone una giovinezza matura o una maturità giovane: il troppo giovane  non funziona, così  come ha smesso di funzionare il troppo maturo.

Ma tu, caro blogger, che ormai sei un V.I.P.-Vecchietto In Pensione, quale esperienza hai di tutto ciò? Rispondo: studi classici; laurea in giurisprudenza; servizio militare; una moglie e due figli; cinque anni in dieci filiali di una grande banca (tutti i servizi):  a 30 anni dirigente d’azienda privata con rapporti internazionali; a 32 anni dirigente capo della finanza Italia di una grande finanziaria pubblica; a 37 anni direttore di una Spa multinazionale, poi Direttore Generale e/o Presidente e/o Amministratore Delegato di altre SpA etc.  etc.. Capirete che quando vedo certe improvvise  emergenze giovanili, quanto meno sono un po’ perplesso …

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Ma torniamo ai colori. Dice … ma tu, caro il nostro blogger, quali colori preferisci?  Ecco, ve lo dico subito: io preferisco un gran campo bianco, con un riquadro interno in alto a sinistra a fondo azzurro con tutte le stelline della bandiera UE. Nella parte rimanente tante belle strisce orizzontali: insomma, una bella bandiera. Gli Usa quelle strisce le hanno messe rosse, noi potremmo usare chessò … di nuovo l’azzurro: strisce azzurre in campo bianco. Che ne dite?

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PROFUMI IN BICICLETTA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Giugno, 2018 @ 2:19 pm

Detto altrimenti: pedalando all’aria aperta (post 3223)

Corsica: mare … ma anche montagne fino a 2700 m! Ne avete da pedalare!

 

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Anni fa, in vacanza in Corsica, in un villaggio  Club Med. All’aeroporto di partenza avevo con me il contenitore rigido della mia bici da corsa ovviamente smontata, il quale – in corrispondenza delle ruote –  mostrava all’esterno due rigonfiamenti circolari. “Cos’è?” Mi chiede un collega di vacanza. “Uno stereo” rispondo! L’altro sbarra gli occhi: “Noooo … nel villaggio vogliamo stare in pace, in silenzio!”

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imagesAl villaggio. Mi alzo la mattina presto. In bici dalle 05,30 alle 08,30, con il fresco. Pedalo in assoluta “solitaria” (1). Ogni tanto mi attraversa la strada un animaletto selvatico. Sempre, negli occhi la natura; nelle orecchie il silenzio e addosso il profumo della menta selvatica, del mirto, di altre erbe che non conosco. Rientro alla base e mi getto come un lupo affamato a divorare un’abbondante colazione, fra gli altri ospiti stupiti della mia grande voracità.

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Trentino. Pedalo nelle piste ciclabili. Ogni tanto il profumo dei fiori. Sempre, quando sorpassi un collega o quando ne sei sorpassato, il profumo del suo deodorante. Un’idea: che si producano deodoranti specifici regionali per ciclisti: al mirto, al pino mugo, al bergamotto, al sale marino, etc. rispettivamente per ciclisti che pedalano in Sardegna, in Trentino, in Sicilia, in Liguria … e così via. Che ne dite?

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(1) Alcune volte, previo accordo, pedalata one way, nel senso che dopo tre ore smontavo la ruota anteriore, mi cambiavo le scarpe e scendevo per circa una mezz’ora di cammino fin su una spiaggia isolata alla quale sarebbe arrivato il battello della gita sociale del villaggio. Ritorno via mare. Mai sbagliata spiaggetta, per mia fortuna! (Nel vedermi spuntare dall’intricata macchia mediterranea  bici da corsa in spalla – non vi dico la faccia di quei pochi che erano già arrivati via mare su quella spiaggetta, ovviamente ignari del mio accordo per il ritorno!)

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30 PUNTI, 57 PAGINE: CHI LE HA LETTE?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Giugno, 2018 @ 5:16 am

Detto altrimenti: quelle del Contratto per il governo del cambiamento (post 3222)

 

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Oggi “giornata di riposo” ed allora ….

 

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download“Occorre, è necessario, s’impone, bisogna” etc. Una serie di imperativi categorici, molti dei quali condivisibili, quali ad esempio la semplificazione legislativa, la riduzione del numero dei parlamentari, l’acqua pubblica, etc.. Tuttavia, e questo è un problema, tutti senza l’indicazione del “come” fare tutto ciò. Ma questo che sto scrivendo è un “post di un blog” e non può essere un trattato completo di quel lungo documento. Mi limiterò quindi a qualche riflessione su un punto, il

n. 20- Riforme istituzionali, autonomia e democrazia diretta.

E’ un dato di fatto che il grande consenso elettorale dei firmatari del Contratto è stato raggiunto innanzi tutto grazie a SLOGAN e alle RETI. Gli slogan originari sono stati Vaff e Roma ladrona. Poi, via via che la pancia di chi ascoltava si convinceva di quanto affermava la pancia di chi parlava, gli slogan si sono modificati ed è subentrato il dominio della rete, cioè la demo-rete-crazia realizzata via web e via gazebi.

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Le reti. Mi chiedo:

  • quali garanzie abbiamo sulla democraticità del funzionamento del SW di queste reti?
  • Quali ragionamenti e approfondimenti stanno alla base del loro pronunciamento?
  • Qual è il loro peso specifico (numerico) rispetto alla totalità dei votanti, ovvero qual è ad esempio  il “valore democratico rappresentativo” dell’approvazione di 40.000 retiarii (gli utilizzatori della rete) rispetto ai milioni di votanti?

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La conclusione che io – uomo d’azienda – traggo da tutto ciò è che mi sento governato da due Direzioni aziendali: la Direzione Marketing e la Direzione Sistemi informativi. A ciò si aggiungono le previsioni del punto 20 del contratto, e cioè

  • l’introduzione del vincolo di mandato
  • l’eliminazione del quorum referendario
  • l’introduzione del referendum propositivo.

Vincolo di mandato. Le due Direzioni aziendali citate tendono ad attribuire a molti (milioni di) elettori la riflessione di pochi (40.000b retiarii). Dopo di che, dopo che l’elettorato è stato imbrigliato dalla rete, con l’introduzione del vincolo di mandato sarebbero imbrigliati anche i parlamentari ai quali si direbbe: “E’ così oppure è così”. Infatti, all’atto pratico i parlamentari sarebbero vincolati al Libro delle Promesse della campagna elettorale e non sarebbero invece liberi di valutare una eventualmente diversa azione del governo, diversa fra l’altro in spregio al principio della separazione dei poteri (legislativo ed esecutivo).

Referendum. Infine le due Direzioni, attraverso le due reti (web e gazebi) e una serie di referendum propositivi senza quorum potrebbero ottenere multa paucis, ovvero – secondo una traduzione più corretta della prima – potrebbero emanare tutte leggi che vogliono, anche costituzionali (anche l’elezione diretta del capo dello Stato, ultimo baluardo democratico) con il voto consapevole di pochi, a prescindere da una reale rappresentatività democratica, superandosi anche la funzione dei partiti.

I capi delle reti decidono; le reti approvano;  si va al referendum propositivo senza quorum; si va in parlamento (“tenuto a calendarizzare con tempestività“) che approva.

Quindi in sintesi ci troviamo di fronte ad una contrapposizione fra “populismo” e “vera democrazia rappresentativa”. Ora, se manca la rappresentatività reale, manca la democrazia. Al che mi domando: come si definisce un sistema di governo che riunifichi i poteri legislativi ed esecutivo e nel quale manchino la democrazia rappresentativa e la funzione sostanziale dei partiti politici?  Si dice: non esistono più la “destra” e la “sinistra”. .. ok, ma per me è solo una questione di termini: certo è che esiste 1) la democrazia rappresentativa oppure  esiste 2) il suo contrario. Quanto ai termini, be’… ragazzi, ecchè? vi devo dire tutto io? Fate voi … non litigheremo certo per questo!

Fine (per oggi)

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TRENTO – BORGHETTO ALL’ADIGE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Giugno, 2018 @ 4:16 pm

Detto altrimenti: in bicicletta!     (post 3221)

davE’ una classica. Sola andata, 55-60 km a secondo dei percorsi di accesso e di uscita dalla pista ciclabile a Trento. Oggi (come da giorni!) il tempo è un po’ troppo “primaverile! Chi si fida? Parto da solo alle 08,15 con il sole, 25+25 km a/r Trento-Borgo Sacco di Rovereto con sosta al Ristorante Moja con prato e sdraio al sole. Prevedevo di rientrare da qui.

Moja. Prima foto: arriva una mamma con mtb elettrica, una bimba (Chiara, sette mesi) al traino; una grande (Sara, 3,5 anni) nel seggiolino; un maschietto (6 anni) a … scuola! Da nonno qual sono mi offro di dare una mano ma no grazie non serve molto gentile si vede che lei è un nonno e intanto mi faccio presentare le bimbe. Sara? Io ho due Sara, nuora e nipotina! Foto alle bimbe no ma alla bici si, la Bici di Madre Coraggio. Vuole un seggiolone? No grazie non serve. Complimenti mamma coraggio!

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Il sole insiste. Messaggio a casa, non vengo a pranzo va bene vai pure non piango grazie prego. Proseguo per Borghetto. Seconda foto: rose rosse per me e per la mia bici.

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Terza foto, Borghetto, piccolo spuntino di spaghetti alla marinara in dose gigante che poi la porzione per uno l’abbiamo mangiata in due.

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A braccetto con Rudy, il titolare della Trattoria Vccchio Porto tel. 0464 689094.

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Quarta foto: siesta. Si impone che altrimenti non riesco nemmeno a salire sul treno: evviva la vita di paese con gli amici ritrovati ogni volta!

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Treno? Quinta ed ultima foto. I want to ride again on the three train to … no … non to Yuma, bensì to Trento!

Fine

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TIRO AL BERSAGLIO UMANO IN CALABRIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Giugno, 2018 @ 5:52 am

Detto altrimenti: roba da KKK!         (post 3220)

Il clima che si genera … le affermazioni che innescano odio … (“è finita la pacchia”) nei giorni in cui annegano 60 persone; nel giorno in cui si spara ad altre; nel giorno in cui ci si fa rimproverare dalla Tunisia; nel giorno in cui uno schiavo dice “Questa qui per noi non è certo una pacchia!”

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Calabria si spara (3 giugno 2018). Roba da KKK! Roba da Portella della Ginestra (1 maggio 1947). Con un fucile di precisione, quattro colpi da 150 metri, due a segno: muore colpito alla testa il giovane sindacalista Sacko Soumayla, padre di una bimba di 5 anni. Ferito alla gamba Madiheri Drame, 30 anni; illeso Madoufoune Fofarne, 27 anni: evvabbè, la prossima volta si può migliorare (!)

Sacko cercava di difendere i diritti dei suoi colleghi schiavi che lavorano a 3 euro l’ora, anzi, cercava di far “nascere” in capo a loro diritti che sono loro negati. Schiavi al lavoro nero, nero due volte: nero perché non pagato, nero come la loro pelle.

“Se sei disoccupato la colpa è degli immigrati!”. Ma noi Italiani bianchi accetteremmo mai di lavorare come quei “neri”? No, noi vogliamo il reddito di cittadinanza e far lavorare loro in quelle condizioni. Semplice.

Nel post 3200 “Democrazia e fake news” (cfr.ivi) evidenziavo come di un’affermazione non conti tanto il fatto se sia vera o falsa, ma la reazione che determina in chi l’ascolta. Ecco, certe irresponsabili affermazioni contribuiscono ad indurre qualcuno a sparare. Come quando quel tale ministro indossò una camicetta blasfema per i musulmani, causando l’uccisione per vendetta di nostri correligionari in oriente.

Le reazioni? Ormai siamo alla seconda sparatoria contro i “neri”, dopo quella – recente –  di quel tale con la pistola. Ora siamo al fucile. La prossima volta cosa useremo? Un Kalashnikov?

La TV ci mostra la meno-che-una-baraccopoli dove vivono gli schiavi: nemmeno ai tempi dell’antica Grecia e di Roma erano trattati così! Peggio delle bestie, letteralmente. Tutti noi vediamo. Le autorità vedono. Ma la schiavitù continua. Ora inoltre è cominciato il tiro al bersaglio dei loro sindacalisti. Oggi laggiù si sciopera. Io Vorrei vedere in sciopero tutti i nostri sindacati “bianchi” di pelle. E noi? Noi mangiamo i “loro” pomodori rossi. Rossi di sangue. Retorica la mia? No, indignazione contro la superficialità, la pressapocaggine, l’indifferenza, l’ipocrisia.

Schiavo, che brutta parola! Meglio dicevano gli Inglesi che i loro schiavi in India li chiamavano coolies. E noi? Noi li chiamiamo immigrati, lavoratori irregolari. Ma schiavi no, suona male, offende la nostra sensibilità … quando mai  … coolies e immigrati fa più fine, volete mettere?

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