DEMOCRAZIA VERA O DEMOCRAZIA DIRETTA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Dicembre, 2018 @ 2:54 pm

 (Attenzione: questo è un LP-Long Post)

Detto altrimenti: questo è un postaltui, nel senso che un’amica mi ha girato questo pezzo. Non so chi sia stato l’intervistatore: io l’ho trascritto perché arriva alla mia stessa conclusione, e cioè che la Democrazia Diretta (referendum propositivo senza quorum + obbligo di calendarizzazione per il parlamento + vincolo di mandato per i parlamentari + prevalenza comunque del testo referendario sul testo della legge se difforme) trasformerebbe la Democrazia vera in una oligarchia. Non condivido una sola affermazione, e cioè che democrazia sia il governo della legge: mi sembra molto pericolosa: i nazisti che rispettavano la loro legge, vivevano forse in una democrazia? E poi, governo della legge nel senso di rispetto della legge, ma … rispetto sostanziale o solo formale? Già, perché noi “taliani” siamo speciali nel rispettare formalmente la legge ed eluderla sostanzialmente!      (post 3342)

 Inizia 

“Democrazia non è solo governo del popolo”. L’intervista al coautore, con Dario Antiseri e Flavio Felice, del volume “Democrazia avvelenata”, ed. Rubbettino.  La democrazia non è il governo del popolo, ma il governo della legge. E chi prende più voti non diventa automaticamente uno statista. Un concetto semplice che, però, nel nostro Paese si fa fatica a comprendere. Forse perché scarseggia un certo tipo di cultura”.

Ne è convinto Enzo Di Nuoscio, ordinario di Filosofia della scienza e direttore del dipartimento di Scienze umanistiche, sociali e della formazione presso l’Università del Molise, autore con Dario Antiseri, filosofo e Flavio Felice, ordinario di Storia delle dottrine politiche all’Università del Molise, del libro Democrazia avvelenata, edito da Rubbettino, in cui non solo si analizzano le cause della malattia delle democrazie occidentali, ma si cercano possibili vie d’uscita. Una su tutte, il recupero della cultura umanistica.

Professore, come può funzionare un antidoto così, se chi ci governa non perde l’occasione per elogiare l’incompetenza?

Ci vuole buon senso: se la conoscenza e la preparazione non garantiscono la migliore soluzione ai nostri problemi, l’ignoranza e la sprovvedutezza garantiscono invece, come direbbe Herbert Spencer, mali collaterali superiori a quelli che si vogliono curare. Le scienze umane e sociali servono anche a farci capire come, a causa della tecnologia, della globalizzazione e di tanti altri fattori, le nostre società sono diventate sistemi estremamente complessi e di conseguenza chi, come i politici, si misura con i problemi sociali, deve avere la saggezza di affidarsi a bravi tecnici, ma anche una competenza necessaria per entrare nel merito dei problemi e delle soluzioni. Ed è disarmante, oltreché pericolosa, la litania, ripetuta ogni giorno, che la legittimazione popolare debba imporre qualunque tipo di scelta, quasi che la democrazia possa annullare la conoscenza. E’ bene ricordare che la conoscenza, faticosa e, a volte scomoda, che può crescere solo in un ambiente di libertà, è l’unico mezzo per comprendere meglio la realtà e produrre più soluzioni a problemi, quindi perincrementare il benessere di un popolo. E’ proprio questo che ha storicamente conferito un vantaggio evolutivo all’Occidente. Ed è bene inoltre non dimenticare che solo la conoscenza può ridurre gli effetti perversi delle decisioni politiche. Quando sento alcune proposte di autorevoli esponenti del Movimento Cinque Stelle, penso che non si rendano conto che le buone intenzioni non siano sufficienti e mi convinco che manchi loro la prima, essenziale, lezione per chi fa politica: fiat justitia ne pereat mundus. Non si capisce un dato fondamentale. 

Quale?

La democrazia è una poliarchia nella quale il Parlamento e il Governo, espressioni della volontà popolare, sono solo una parte dello Stato, il quale è composto anche di istituzioni non elettive. E lo Stato stesso, a sua volta, è parte di un ordine più grande, fatto di corpi intermedi (istituzioni locali, associazioni di tutti i tipi, partiti, sindacati, ecc.). La democrazia è il risultato dell’interazione e anche della competizione di tutti questi soggetti, regolate dallo Stato di diritto. Luigi Sturzo la definiva una plurarchia. Non è difficile capirlo. Ma se gli intellettuali sono visti come inutili speculatori di idee, le università servono solo a fare cassa, i partiti come luogo di formazione e discussione devono essere sepolti con il secolo breve, le scuole di partito sono considerate roba dello scorso millennio, la discussione politica teme quasi di essere infettata dal dibattito culturale, non ci si deve meravigliare se qualcuno si convinca di essere uno statista solo perché ha preso tanti voti.

Pensa che la democrazia in Italia sia più avvelenata rispetto ad altri Paesi?

Non credo. Siamo l’unico Paese dell’Occidente europeo che non ha un consistente partito di estrema destra. E questo non è poco, vista la gravità della lunga crisi economica che abbiamo alle spalle. E tuttavia un veleno preoccupante sta infettando anche la nostra democrazia: il populismo. Per mera ignoranza di cosa sia la democrazia e per convenienza propagandistica, il consenso e il legame, direi empatico, con il popolo vengono considerati – soprattutto dal M5S – gli unici criteri performativi della democrazia. Si pretende che essi prevalgano su qualsiasi altro vincolo. Per cui, autorità indipendenti, ma anche organismi e istituzioni internazionali, in quanto non eletti, si dovrebbero sottomettere alla volontà popolare incarnata da chi ha vinto le elezioni. Eppure, la prima cosa che deve fare un sincero democratico è non mitizzare il popolo che, in una famosa Pasqua ebraica di 2018 anni fa, pare, si sbagliò. E a pensarci bene, non andò meglio neanche nel 1933 in Germania. Anche qui siamo alla prima lezione di politica: la democrazia non è il governo del popolo, ma il governo della legge. Ma questo succede perché si è abbassato il livello culturale, soprattutto riguardo alla formazione umanistica, di buona parte della classe politica.

Quella che, come scrive nel libro, aiuta a capire che la felicità non può venire né dallo Stato, né da un algoritmo.

Certo. Dietro la promessa di dare al popolo la felicità vi sono proprio una scarsa preparazione culturale e una inadeguata comprensione di alcuni aspetti fondamentali dell’esistenza umana. Diceva Leopardi che la felicità si misura dall’interno, è la più privata delle avventure. Parafrasando Thoreau, direi che se qualcuno avesse intenzione di venire a casa mia per rendermi felice, scapperei a gambe levate. Sconsiglierei vivamente ai politici di pronunciare questa parola. Per perseguire la felicità dei singoli i regimi totalitari hanno costruito i gulag e i lager. Non è un caso che i saggi padri fondatori della più grande democrazia del mondo, nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776, non attribuirono allo Stato questo obiettivo, e scrissero: “A tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”. Tuttavia, per i nostri politici, che si avventurano a promettere la felicità, non scomoderei, almeno per ora, la nozione di Stato etico. Direi molto più semplicemente che si tratta di sprovveduta ingenuità. Sono tanto sprovveduti perché alzano irresponsabilmente le aspettative e non pensano alle conseguenze.

In concreto perché c’è scarsa cultura umanistica nel nostro Paese?

Negli ultimi decenni si è radicata la convinzione che una società dominata dalla ricerca del profitto e dall’innovazione tecnologica abbia meno bisogno della cultura umanistica, da molti vista come una erudizione ormai démodée. E questo ha portato a scelte scellerate. Nelle scuole superiori abbiamo assistito ad una deleteria semplificazione dei programmi delle materie umanistiche. Per non parlare di quello che è accaduto nelle università: intere discipline vanno scomparendo, molti corsi di studio stanno chiudendo. Inoltre, i criteri di finanziamento e valutazione della ricerca hanno fortemente penalizzato gli studi umanistici, perché ispirati dall’errata convinzione che la crisi economica richiedesse uno spostamento di risorse dalla ricerca di base a quella applicata, dalle scienze umane e sociali a quelle naturali. Niente di più sbagliato e pericoloso, perché la formazione umanistica contribuisce in modo determinante a formare una mente critica, sviluppare autonomia di giudizio, collocarsi nel più ampio mondo, e quindi a generare anticorpi per difendere la democrazia. Quando un professore insegna agli studenti a fare la versione di greco o latino, oppure a fare l’analisi critica della Divina Commedia o dei Promessi Sposi, non sempre se ne rende conto ma sta difendendo la democrazia, perché insegna a ricostruire il senso di un testo, a controllare le ipotesi di interpretazione. Questo aiuta il cittadino democratico a cogliere il significato di un discorso politico o un programma elettorale, a scegliere in modo più consapevole e quindi a difendersi da imbonitori, sempre in agguato nei momenti di crisi. E quando un professore di storia spiega agli studenti la tragica vicenda del secolo breve, difende la democrazia perché fa capire come, con tutti i loro difetti, le democrazie – come diceva Salvemini- sono il purgatorio, ma l’alternativa è l’inferno della dittatura, e come sia uno dei più gravi errori scambiare i difetti, i limiti e le ingiustizie dei regimi democratici con la prova del loro fallimento.

Salvemini, Popper e Aron: è a loro che nel libro affida il compito di salvare la nostra democrazia.

Salvemini, Popper, Aron, e prima ancora John Stuart Mill, vedono la democrazia come discussione continua che può funzionare solo se ci sono cittadini dotati di capacità critica e autonomia di giudizio. La condizione essenziale affinché una democrazia sopravviva, scrive Aron, “è che si riesca a mantenere un numero sufficiente di uomini indipendenti, capaci di essere in disaccordo sia con i giornali in cui scrivono, sia con i partiti a cui appartengono, sia con lo Stato che li stipendia”. Difficile dirlo meglio.

Quando invoca una maggiore cultura umanistica si riferisce a programmi ministeriali particolari?

Occorre innanzitutto migliorare la didattica degli insegnanti di filosofia e storia. Far capire agli studenti che le teorie filosofiche sono risposte ad autentici problemi filosofici, i quali traggono origine nell’esperienza umana. Il loro contenuto riguarda tutti, anche se la loro forma è per pochi. Le risposte della filosofia sono sempre provvisorie, plurali, contraddittorie e complementari, perché tale è la nostra esistenza. Dunque, il suo studio è una potente profilassi per immunizzare contro la pericolosa assolutizzazione (per ragioni ideologiche, teologiche, politiche, economiche, ecc.) di una delle tante prospettive, come accade con le dittature. La filosofia aiuta a uscire dai pregiudizi del proprio villaggio, collocarsi in uno spazio pubblico, mettere in discussione pregiudizi. Come scriveva Bertrand Russell, scuote il dogmatismo arrogante di coloro che non sono mai entrati nel dubbio liberatore. In altre parole, aiuta a convivere con l’incertezza e la pluralità senza rinunciare alla verità, ad una verità rivedibile, di cui nessuno può rivendicare un sicuro possesso, perseguibile attraverso la continua e libera discussione. E questa è anche la logica della democrazia. Per questo lo studio della filosofia aiuta la pratica democratica, e non è un caso che l’insegnamento della filosofia sia vietato in molti Paesi non democratici. Anche l’insegnamento della storia può essere utilizzato per rafforzare gli anticorpi dell’ homo democraticus. I nativi democratici, che non hanno conosciuto la guerra e le dittature, non sempre si rendono conto che tutto è possibile, che non c’è alcuna legge ineluttabile in grado di garantire alle democrazie di continuare ad esistere. La falsa certezza dell’irreversibilità della conquista democratica abbassa le difese immunitarie contro le dittature. Ecco, la conoscenza storica ha anche questa funzione: far capire quanto deboli, reversibili e delicate siano le democrazie, e quanto lungo e sanguinoso sia stato il percorso che ha portato ad esse. E che con tutti i loro difetti, sono l’unico regime che permette ai propri cittadini di criticarlo. La conoscenza storica aiuta inoltre a capire un altro fatto importante: quello democratico è un ordine politico e sociale che ha storicamente prodotto più ricchezza per tutti. Non è un caso, come osserva Amartya Sen, che nessuna carestia si registri in un Paese democratico. E potremmo aggiungere, nessuna guerra si registra tra le moderne democrazie. Quando poi, però, vediamo che nei licei vi è quell’ircocervo chiamato geostoria e che i criteri di finanziamento e valutazione della ricerca penalizzano pesantemente queste discipline e, più in generale, le scienze umane, viene da pensare che il ministro dell’Università farebbe bene a fare il contrario di quello che hanno fatto i suoi predecessori, anche se ha iniziato con il piede sbagliato, eliminando la traccia di storia dalla prova scritta del nuovo esame di maturità.

Se la cultura umanistica è sempre stata debole, ammetterà che anche quella scientifica non se la passa meglio, altrimenti non si diffonderebbero bufale, non si metterebbe in discussione lo sbarco sulla luna, non si penserebbe di curare un cancro con limone e bicarbonato.

Al di là del caso particolare delle fake news dolosamente pianificate, la diffusione di notizie false è un fenomeno che si è dilatato con i nuovi media. L’accesso alla rete dà possibilità – che spesso si rivela ingannatrice – di formarsi una opinione in proprio anche sulle questioni più tecniche, saltando la mediazione delle autorità epistemiche (figure e istituzioni detentrici di determinate conoscenze). Diciamo che nella web society l’intuizione espressa da Tocqueville ne La democrazia in America, secondo la quale l’idea di uguaglianza – insita nella democrazia – porta a svalutare le gerarchie conoscitive, ha subito una rapida accelerazione. Cresce soprattutto l’errata convinzione che non ci sia criterio più democratico di quello secondo cui la verità di una teoria debba dipendere dal consenso che riceve. A ciò dobbiamo aggiungere che ogni cattiva notizia seppellisce le tante buone, perché colpisce le aspettative delle persone. Si propaga molto di più, ad esempio, la falsa informazione, messa in rete in buona fede da un genitore, secondo cui l’autismo del proprio figlio sia stato prodotto da un vaccino, della notizia vera che in Occidente è stato il vaccino ad eliminare del tutto terribili malattie, come il vaiolo o la poliomelite. Ecco, il combinato disposto di questi fattori rischia di produrre la Democrazia dei creduloni, per usare il titolo del bel libro di Gérald Bronner. Per contrastare questi effetti perversi occorre rafforzare le capacità critiche delle persone, dotarle, anche attraverso gli studi umanistici, di criteri per orientarsi nel mare magnum di informazioni di cui in ogni momento ci inonda la rete. Serve, ad esempio, ricordare che, se abbiamo aspettative di vita tanto elevate, lo dobbiamo soprattutto alla scienza e alle innovazioni tecnologiche che essa ha prodotto. E che, come testimonia il caso di Galileo – solo contro tutti nel difendere la tesi che i corpi celesti non fossero perfettamente sferici – nella scienza consensus non facit veritatem. Dunque, è sbagliato usare il numero di like per stabilire se i vaccini provocano l’autismo, se è stato il governo degli Stati Uniti a organizzare l’attentato alle twin towers o se l’uscita dall’euro ci renderà tutti più ricchi. Infine, per arginare il dilagare di convinzioni infondate occorre che anche le istituzioni scientifiche e culturali siano maggiormente presenti nella rete. In questo siamo solo all’inizio. Non spariamo addosso alle nuove tecnologie che, invece, pongono una sfida interessante anche alla democrazia.

A cosa allude?

Ai mutamenti che le nuove tecnologie impongono alla politica e alle istituzioni, messi in luce già nel 1997 da Stefano Rodotà, quando pubblicò quel libro eccezionale che è Tecnopolitica. Le democrazie occidentali sapranno mostrare anche in questa fase storica quella forza che nel secondo dopoguerra ha permesso loro di consolidarsi grazie alla capacità di affrontare le grandi rivendicazioni sociali (lavoro, casa, sanità, previdenza) che rischiavano di spazzarle via? Le nuove tecnologie, ricordiamolo, danno la possibilità di un rapporto non intermediato con i governanti, e quindi illudono che si possa fare a meno di corpi intermedi come i partiti, e più in generale delle forme di associazionismo che aiutano la democrazia a raccogliere e a selezionare la domanda sociale. Questa è una illusione pericolosa, coltivata soprattutto dai grillini, perché attraverso i social si crea un rapporto di fatto unilaterale dei leader con l’opinione pubblica, senza la possibilità di un minimo confronto critico. Il rischio è che si passi dalla democrazia dei cittadini alla democrazie del pubblico, dal consenso – frutto del dibattito pubblico – agli applausi degli studi televisivi o ai like distrattamente espressi con il proprio smartphone, fortemente condizionati da sofisticate strategie comunicative.

E quindi?

Se non sappiamo come finirà questa sfida, ma possiamo essere certi che la democrazia sarà più forte se combatteremo la pericolosa illusione della democrazia diretta, che ci fa credere di contare di più e che in realtà svilisce il nostro potere di scelta. I partiti, senza dei quali una democrazia non è pensabile, devono, però, rinnovarsi anche utilizzando le nuove tecnologie. Ma, prima di ogni cosa dobbiamo far crescere la capacità di comprensione e scelta dei cittadini democratici.

Finisce

Io sono assolutamente convinto sulla importanza degli studi classici, della filosofia e della storia, materie che danno “conoscenza” e non mera “capacità”. Dobbiamo combattere il “panem et circenses”, cioè il, dare al popolo quel tanti da sfamarsi e i giochi del circo (oggi si direbbe pensioni anticipate, stipendietto a tutti, TV e calcio a piene mani. Facciamo in modo che dopo avere letto i Promessi Sposi gli alunni non abbiano solo la “capacità” di farne un riassunto, bensì che abbiano acquisito anche la “conoscenza” per trarne insegnamenti, di fare paralleli, confronti, analisi critiche.

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ANTONIO MEGALIZZI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Dicembre, 2018 @ 8:42 am

Detto altrimenti: un Eroe, una Vittima, un Simbolo                      (post 3441)

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Oggi è tornato a Trento. Antonio già Eroe e Vittima, oggi è diventato un Simbolo. Come meglio chiarisce Gustavo Zagrebelsky nel suo bel libro “Simboli al potere” il Simbolo è qualcosa che unisce. E l’uccisione di Antonio unisce ancora di più coloro che quel gesto criminale voleva dividere, annientare.

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Megalizzi, megale lizos, grande pietra: Antonio è di origine calabrese e il suo cognome di sicura origine greca ovvero della Magna Grecia (lizos: “pietra”,  “oggetto che incide”, che incide come la sua azione!)

Certo che sorge una constatazione amara: occorre morire per far valere le proprie idee? In questo caso l’idea europeista oggi così osteggiata dalla superficiale ignoranza dei sovranisti di turno! E Antonio? Antonio, Eroe già da vivo.  Eroe  quando difendeva l’Idea Europa contro una corrente devastante di una fiumana torbida e cieca di ottuso sovranismo (per inciso: se non altro, come contrastare l’innalzamento della temperatura del pianeta se non attraverso accordi ed azioni internazionali e intercontinentali? Altro che sovranismi!)

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           Le strisce! Mettiamole le strisce!

Antonio, trucidato,  Vittima. Già, perché Antonio non era andato volontariamente in un luogo nel quale avrebbe potuto rischiare la vita pur di difendere e propagandare la sua Idea Europa. E’ stato ucciso “per caso” da un criminale che sparava “per caso”, ucciso per avere cercato di evitare una strage, ucciso da un criminale che nel far questo, inconsapevolmente ha prodotto per i suoi ispiratori-mandanti-criminali l’effetto contrario a quello desiderato: ha rafforzato la nostra Idea Europa e di Civiltà.

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imagesAntonio, da oggi Simbolo. Simbolo che unisce che esige il rispetto che si deve ad una Bandiera Simbolo, in questo caso alla Bandiera dell’UE, “dentro” la quale c’è anche la nostra Bandiera Nazionale. Ben vengano ora i riconoscimenti postumi alla sua idea, le numerose iniziative di ispirazione UE, ben vengano! E nel frattempo non dimentichiamo le altre vittime, in particolare due: il suo amico Bartosz e il padre di tre figli ucciso davanti a tutta la sua famiglia.

Grazie Antonio per il grande (great) lavoro che stavi facendo per tutti noi! E grazie per i sentimenti pro UE che il tuo sacrificio sta rafforzando. Siamo tutti molto vicini a te, alla tua idea, ai tuoi cari. Meriti che al tuo nome siano dedicate vie, piazze ma soprattutto scuole.

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P.S.: come si evince da numerosi miei post, io sono a favore dell’accoglienza degli immigrati ma se uno ha decine di condanne (anche se “solo” per reati comuni) ed è fondatamente sospettato di radicalizzazione, va arrestato ed espulso, per essere arrestato nel paese d’origine. Qui a fianco il ventinovenne Cherif Chekatt: killer? Terrorista? No, criminale assassino vigliacco, traditore della terra e della cultura che lo aveva accolto.

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Scrive LUCIA BRUNI (europeista molto attiva, premiata dalla Commissione UE. Su di lei trovate molti post, qui sul blog)

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Lucia, premio UE “Altiero Spinelli”: in bici da Roma a Bruxelles per commemorare i 70 anni dei Trattati di Roma che diedero l’avvio al processo di integrazione Europea (con soste-eventi in ogni luogo significativo attraversato)

“Antonio e Bartosz – La terra promessa è un mito millenario. La distanza tra l’ideale della terra promessa e la terra reale è sempre dolorosa. Molte volte, tanti popoli diversi, hanno visto infrangersi il cammino verso la costruzione della Polis che li avrebbe riscattati, resi liberi, resi se stessi. Ma anche senza una rottura violenta, è esperienza comune di ogni essere umano una certa opacità della storia, l’esperienza umiliante del compromesso tra l’ideale di un mondo migliore e la concretezza storica segnata da limiti ed errori. Questa esperienza porta qualcuno al cinismo, a non credere che possa mai esserci un avvicinamento della Polis terrena alla Polis ideale. Non tutti però cedono a questa tentazione. Non Antonio Megalizzi, che credeva nella Polis europea, che lottava per migliorarla, che lavorava per aiutare i cittadini europei a conoscerla meglio. Era un ragazzo giovane ma non era ingenuo, sapeva quali e quanti ostacoli ci sono sul cammino verso la Polis europea. Eppure, come nella migliore tradizione della terra promessa, essa già esisteva per lui, che ci abitava, ne era cittadino. I suoi concittadini, i suoi amici, i suoi orizzonti, i suoi riferimenti, erano quelli della casa comune europea, a dispetto di cinici e demolitori di ogni latitudine. È morto con il suo fratello polacco Bartosz, per impedire al terrorista di Strasburgo di entrare in un locale e fare una strage peggiore. A noi che siamo vivi resta il compito di scegliere di chi essere concittadini: se dei delatori, dei distruttori, degli odiatori seriali; o di Antonio, di Bartosz, dei loro amici e colleghi, di tutti e tutte coloro che non smettono di cercare attivamente la Polis europea”.

Lucia, europeista convinta e attiva, ciclista iscritta a Fiab Trento, bolognese per nascita e residenza, due anni fa ha deciso l’impresa. 2000 km, direte, per una ciclista allenata, in due settimane non sono poi gran che. E invece no, sono una vera impresa per molti motivi. Innanzi tutto perché la tabella di marcia era rigida (Lucia aveva preso ferie e non avrebbe potuto derogare né avrebbe potuto disdire i vari alberghi precedentemente fissati è prepagati per le notti.) il che, ad esempio, le ha fatto passare il Brennero sotto una tempesta di neve.  Poi perché era una donna sola e con il pesante bagaglio appresso. Ma soprattutto perché, nonostante la rigida e dura tabella di marcia, Lucia si è fermata per commemorare ogni luogo che attraversava, che fosse significativo rispetto al Progetto Europeo; si è fermata per incontrare istituzioni e persone significative, testimoni attivi del processo di integrazione europeo. Noi di Fiab Trento l’abbiamo accompagnata lungo la tratta della nostra regione.

Antonio, Lucia … Giovani cariche di energia che trasmettono la loro Idea, il loro entusiasmo, il loro esempio, la loro determinazione a tanti altri Giovani: al nostro ma soprattutto al loro stesso futuro.

P.S.: sono due giorni che riprendo in mano questo post: oggi mi chiedo: ma è mai possibile che i nostri “sovranisti” non comprendano che l’UE siamo noi, che l’UE non è una matrigna, che l’UE può e deve essere migliorata e soprattutto accresciuta? E’ così difficile vivere e operare positivamente anziché fare la “politica contro”? L’UE non è una entità diversa da noi, come l’Italia non si contrappone a ciascun cittadino italiano. Ogni cittadino “regionale” italiano è italiano. Ogni cittadino “statale” europeo è europeo. Governanti (pro tempore) della nostra Italia, coraggio, maturate un po’, elevate lo sguardo, raggiungete una visione d’insieme e non fermatevi alle percezioni sensoriali …

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NATALE SENZA NEVE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Dicembre, 2018 @ 7:47 am

Detto altrimenti: almeno per adesso, poi chissà … (post 3440)

Vi assicuro, dietro il petalo del fiore c’è una piccola ape che non ama farsi fotografare …

La neve non c’è …

Dicembre.

davIntenta sui fiori di casa

la Rosa Natale ti nutre.

Un Nokia vicino ferma il tuo sguardo

che legge nel mio

e mi parli:

“La neve non c’è?

Di che ti lamenti”

par che mi dica la piccola ape

“Non vedi? Lavoro

– io fabbrico il miele

– trasporto i semi del fiore

– inietto la vita nel mondo

per ore

in silenzio

e tu ti lamenti?

La neve?

Verrà …

Ma intanto

sii bravo

tu fatti più in là

lo sai che devo rientrare

e un poco riposi 

ben prima che ‘l sole tramonti

su Trento indifesa

 dagli alti suoi monti

ancora sì bruni

ed ombrosi”.

Buona neve a tutte e a tutti!

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NOTTE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Dicembre, 2018 @ 3:53 pm

 

Detto altrimenti: si avvicina la Notte di Natale … ma … per tutti?       (post 3439)

Notte 

Si alza da terra una foglia

un lampione che danza sospeso

un bavero alzato

persiana che sbatte

e l’aria corrente sui tetti.

 

Vive la Notte

e respira di un vento leggero

che tien desti i rami

protesi a far compagnia

ai freddi letti alberati

della solitudine.

 

imagesInvisibile al mondo

attraversi lo spazio

dei tuoi pensieri

che liberi

ti camminano a fianco

insieme ad un gatto.

 

Il silenzio ti regala il Tempo

che gli altri

dormendo inutili sonni

han chiuso al di là della porta.

 

dav

  (foto r.l.)

La luce del buio

dipinge a pastello la strada

che suona

al passare dei tuoi sentimenti

usciti nella notte

a cercare

sperando di trovare aperta

L’Umanità di turno.

 

Lo so, raga, scialla, lo so … è un po’ triste, macchevvoletemai?! Questi Natali-Supermercato, tutti regali e consumismo mi hanno stancato, oserei dire nauseato: abbiamo bisogno di una pausa, di un momento di riflessione per cercare di capire cosa stiamo facendo, cosa siamo diventati, cosa abbiamo dimenticato. Ad esempio per capire che abbiamo dimenticato il Vero Significato del Natale, cioè la Rinascita di un Bambinello per chi crede nella nostra religione e comunque la Rinascita di una Speranza per chi non ne aveva più. Magari con il nostro aiuto. Buon Natale a tutte e a tutti!

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NOTTE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Dicembre, 2018 @ 8:03 am

Detto altrimenti: se ti svegli di notte per … una sistematina al sistema idraulico   (post 3438)

Be’ raga si sa, compiuti  74 anni (ultimo anno dell’età adulta: a 75 si è anziani) può capitare di fare quattro passi per casa alle due di notte, vero? Evvabbè, se tutti i mali fossero questi! Ecco, passeggiavo. “Fuori la finestra” della sala (espressione dialettale che “a me mi” piace tanto!), in fondo, le luci di un cantiere le quali, attraversando le foglie dei rami semi spogliati del viale, entrano in casa e, sulla parete opposta, danzano riflessi chiaroscuri sul dorso dei libri addormentati sugli scaffali.

Ombre

La luce del cantiere

penetra la stanza

e disegna sulla parete

la danza delle foglie

incontrate

nel suo breve cammino.

downloadMobili dita

accarezzano i libri

a svegliare pagine assonnate

che s’aprono liete

all’invito.

E mentre le osservi

raccontare

le mille piccole fiabe

alla notte

ti sembra di rubare

ciò che avevi abbandonato

per la fretta di vivere

e che da tempo

non era più tuo.

Ecco, riprendere in mano libri “abbandonati” da anni, in bell’ordine, negli scaffali: è un po’ come ringiovanire, ritrovare se stessi, riprendersi il tempo trascorso, inventare una sorta di macchina del tempo. E dopo, tornati a letto, si dorme meglio.

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TEATRO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Dicembre, 2018 @ 7:38 am

Detto altrimenti: forse anche un pochino  maschilista, tuttavia … (post 3437)

GRANDE PROSA, stagione teatrale al Sociale di Trento, è di scena “A testa in giù”: testo Florian Zeller; regia Gioele Dix; scena Andrea Taddei; costumi Barbara Bessi; luci Carlo Signorini; musiche Savino Cesario e Silvano Belfiore; assistente regia Sara Damonte; produzione ErreTiTeatro30.

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                         Isabelle e Daniel

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In scena due coppie: Emilio Solfrizzi (Daniel) e Paola Minaccioni (Isabelle) ; Bruno Armando (Patrick) e Viviana Altieri (Emma). Daniele Patrick, vecchi amici. Isabelle molto amica di Laurence, la moglie di Patrick che è stata lasciata dal marito che si è messo con la (più) giovane (fotomodella, spogliarellista) Emma.

Commedia originale: i protagonisti “pensano” a voce alta, spesso contraddicendo quanto esprimono a voce, sia nel rapporto marito-moglie sia in quello fra amici; molto divertente. Ottima la recitazione soprattutto della prima coppia, spesso così mimica da non necessitare di un testo!

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                           Emma e Patrick

Una nota seriosa. Commedia un po’ maschilista per due motivi: viene demonizzato il mestiere della fotomodella e spogliarellista, senza considerare che esso esiste perché vi sono clienti maschi. Ma ciò che mi ha maggiormente colpito è che (sembra ma non è così) Isabelle condanni il comportamento di Patrick soprattutto perchè “si è messo con una come quella”. In altre parole: lo spettatore è portato (per colpa propria, non certo dell’autore e degli interpreti) ad attribuire molta più evidenza alla scelta del tipo di compagna che non all’abbandono della moglie e dei figli che pure viene fortemente stigmatizzato da Isabelle. Comunque è bene ciò che finisce bene e la coppia “base” (Isabelle e Daniel) quando cala il sipario sono teneramente abbracciati.

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                               Florian Zeller

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Tuttavia … cosa? Tuttavia quel po’ di maschilismo è ottimamente bilanciato dall’evidenziazione della superiorità di una moglie “donna-domina”, forte, perspicace e intelligente di fronte ad un marito un po’ impacciato, incerto, in-determinato, un po’ debole il quale spesso si incarta da solo.

La commedia è sicuramente da vedere sia perchè è indubbiamente molto divertente, sia perché, con un piccolo sforzo di riflessione, può indurre nello spettatore ragionamenti come quelli che ho cercato di fare io.

Buon Teatro e tutte e a tutti!

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IL PRESEPE DEL PONTE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Dicembre, 2018 @ 1:30 pm

Detto altrimenti: in una chiesetta sperduta … (post 3436)

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Una frazioncina montana, una chiesetta piccola piccola, in un angolo il Presepe del Ponte (Morandi). Ma dove, chiederete? Provate a indovinare. Una chiesetta fra gli aspri contrafforti dell’entroterra ligure? No amici, siete molto lontani! Infatti, inaspettatamente, la chiesetta è quella di Balbido, una frazioncina del Comune di Bleggio Superiore, nelle Giudicarie Esteriori, in provincia di Trento.

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Balbido, il Paese Dipinto per via dei suoi tanti e bei murales, è il paese natale di Marcello Farina, un carissimo amico, storico, filosofo … anche sacerdote. Sul campanello di casa sua una scritta: “Le parole sono pietre”. Marcello ogni domenica “sale” da Trento per celebrare la S. Messa per i suoi compaesani e noi, quando possiamo, lo raggiungiamo per partecipare alla celebrazione.

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Così abbiamo fatto oggi, e da bravi genovesi espatriati in Trentino da trent’anni ma sempre genovesi d’origine, potete immaginare la sorpresa che abbiamo provato nel vedere quel Presepe! E così si è stabilito un nuovo “ponte”: il “Balbido-Genova” rafforzato dal pandolce genovese (il nostro non è un panettone e non si chiama panettone!) che Maria Teresa ha fatto con le sue mani e che abbiamo portato al nostro caro amico. Insomma, una terza Domenica d’Avvento diversa.

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P.S.: il fatto è tanto più sorprendente perché all’esterno della chiesetta è allestito un Presepe con statue lignee quasi a grandezza naturale. Comunque: qui a fianco un “pandolce”, ovviamente genovese!

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TRENTO CITTA’ NATALE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Dicembre, 2018 @ 8:19 am

Detto altrimenti: natale o a Natale? fate voi …   (post 3435)

 

Trento – Città – Natale

 

downloadTrento città Natale

Trento di acqua e di vino

Trento adottiva

Schiva – Schiava – Surgiva.

 

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download (1)Trento in verticale

Bondone si sale

In Vigolana l’Orsa s’inchina

A Trento – al Concilio – A birra alla spina.

 

 

imagesTrento la Torre Verde

Adige sponda di erbe

Trento si tiene

A valle Fiume si perde.

 

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7 - Natale

(foto r.l.)

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Trento Fersena un rivo

Trento dove io vivo

Trento un nome

Un sostantivo.

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Trento illividita

Inverno delle mie dita

Trento dolomia scolpita

Trento invita.

 

download (2)Trento le mille voci

Todeschi Taliani Ladini

Città Provincia Confini

Trento i mercatini.

 

 

download (1)Trento due volti

Trento in molti

Trento da solo

Trentino – Tirolo.

 

 

download (2)Trento neve fa bianca

Trento mai stanca

Di Autonomia

Di Sociologia.

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4 - Verde Fersina

(foto r.l.)

Trento corona di monti

Trento traversano i ponti

Trento la Vigolana

l’Orsa – la maglia – di lana-

 

 

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Trento colori

Bandiere Governatori

Trento viva diletta

Salita – Povo – Spalletta.

 

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(foto r.l.)

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Trento la mala voce

Trento delizia e croce

Trento Piazza del Duomo

Campana – Fulmine – Tuono.

 

 

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download (3)Trento i Senatori

Curia – Silenzio – Pastori

Trento caccia nei boschi

Politica – Cervi – Umori.

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Dante Degasperi addita

Trento in sordina

Trento stupita

Trento – Marcello – Farina.

 

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(foto r.l.)

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Trento studenti bolletta

Ragazze sci bicicletta

Trento giovane e bella

Amore in Camporella.

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download (4)Trento lo smaccafam

Nonesi Pedavena

Birra Solandri

Polenta – La cena.

 

 

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Trento la Via Grazioli

Vino – Dolci – Pinoli

Trento soffonde le luci

Il Natale gli Amici.

 

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(foto r.l.)

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Trento la Villa Moggioli

Trento il Viale Trieste

Trento le Buone Feste

Trento le Buone Intenzioni …

 

… ed i panettoni.

 

 

Buon Natale a tutte e a tutti!

 

 

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BUON NATALE DA BLOGGER

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Dicembre, 2018 @ 8:09 am

Detto altrimenti? Un post di Parole di Buon Natale     (post 3434)

Immag1221In una malga (Malga Zambana) in Paganella, un cartello: “Non abbiamo Wi-fi: parlate fra di voi”. Ecco, questo è l’augurio che mi è venuto spontaneo da fare a voi tutte e tutti. Parlarsi, perché, come ha detto Papa Francesco, “la Verità è relazione”. Relazione è parlarsi rispettandosi, il che significa innanzi tutto attenzione per l’Altro, se non altro perché l’altro per gli Altri siamo ciascuno di noi (perdonate il gioco di parole). Spesso invece noi (io in testa, s’intende) non ci pensiamo: ci troviamo bloccati nel traffico e ce la prendiamo con gli Altri automobilisti: ma perché non se ne stanno a casa!? Ma nello stesso momento n-1 automobilisti (ovvero, tutti gli Altri tranne noi stessi) stanno pensando la stessa cosa di noi.

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Dice … ma dov’è il messaggio natalizio? Eccolo, arriva … arriva, o almeno ci provo. Gli Altri, nel mondo, così lontani da noi ed allo stesso tempo così vicini … come le parole dal loro significato, talvolta vicine, più spesso lontane. Umanità, accoglienza, democrazia, equa distribuzione della felicità (stavo per scrivere della ricchezza, ma avrei sbagliato: pensate un po’, ci sono persone  povere, ma così povere che possiedono solo tanto denaro!) … parole spesso troppo lontane dal loro significato. Ecco il mio augurio di Natale: che da una più stretta relazione fra le parole e il loro significato emerga finalmente la Verumanità.

 

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Le pietre possono essere lanciate,  possono colpire, ferire …

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Le parole sono pietre, scriveva Don Lorenzo Milani. Ma le pietre possono essere diverse ed utilizzate in modi diversi: possono essere stratificate, facili allo sfaldamento, taglienti; oppure possono essere granitiche. In ogni caso, tutte possono essere utilizzate per costruire oppure per ferire ed uccidere. Ecco, allora utilizziamole con prudenza solo per costruire  e comunque facciamo in modo che esse siano in stretta relazione con il loro significato positivo: solo in tal modo potremo essere costruttori di Verumanità.

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Buon Natale a tutte e a tutti!

P.S.: fu il romano “immigrato” Terenzio (nato a Cartagine) che nel 200 a. C. tradusse la parola greca “filantropia” nel termine latino “humanitas”, che significava “attenzione all’interiorità dell’altro, rispetto dell’altro”.

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NATALE SURREALE 2018

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Dicembre, 2018 @ 7:48 am

Detto altrimenti: ma dai, Riccardo, sdrammatizzala un po’ … (post 3433)

In questo giorni “gira” in TV uno spot pubblicitario che mi raggela: “Natale con la famiglia, l’albero, gli amici, il Presepe? Quanto mai!? La gente vuole solo i regali!” Lo trovo assolutamente fuori luogo, dissacrante, ma … si sa, così va il mondo (purtroppo!). Ed allora ho ripescato una mia vecchia poesiola che parte dal Natale Commerciale per arrivare al Natale Vero. Spero che vi piaccia.

NATALE SURREALE

E’ questo il Natale?

Scoppiettan parenti sul fuoco

e rossa la neve dal forno

inonda la casa di un caldo profumo di arrosto.

Farina nel cielo:

bei fiocchi giganti

sprigiona la terra per l’aere spandendo rintocchi argentini.

La gente s’incontra, si scontra

si chiede permesso

poi s’urta, si scusa

prosegue la corsa.

download (1)Regalan le merci al super mercato:

tu prendi dei doni, li scarti

li cedi agli amici

a prezzo d’usura.

Un bel pino acceso

in mezzo alla sala

dà fuoco al palazzo.

Accorron pompieri

e inondan l’incendio

di fresco Clicquot.

imagesUn’ostrica, sola, s’aggira sparuta in cucina:

poi, ratta, si tuffa nel biondo vin franco

s’asconde al tuo sguardo

e corre nuotando al suo mare.

Tu resti da solo a pensare

a questo sì strano Natale

a quanto di bene v’è intorno

a quanto di male.

downloadMa ecco che in mezzo al frastuono

di luci e colori

compare una bella cometa

s’accende una stella

ed ogni altra cosa si spegne.

Risplende per tutti, sol quella.

Adesso è Natale!

Buon Natale (Vero) a tutte e a tutti!

 

 

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