POST PER PASSARE IL TEMPO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Aprile, 2019 @ 5:07 pmDetto altrimenti: dai che lo sapete che sono bloccato in casa … (post 3556)
… con la spalla sinistra immobilizzata dal bendaggio Desault … ed allora che faccio? Leggo, TV, scrivo, ascolto musica, riordino 15 anni di foto. Poi ricomincio. Riordinando le foto, sono emerse quelle scattate ai giocattoli di cartone che ogni tanto realizzo. Che poi più che giocattoli sono modellini, che se li mettete in mano ad un bimbo non durano certo!
Come si fa? Si fa così: si va al supermercato e si scelgono i cartoni più adatti … sapete, un po’ come i maestri liutai che andavano nei boschi della Val di Fiemme a scegliere l’abete più “sonoro”. Indi decidete cosa realizzare. Fino ad oggi ho costruito tre tipi di modellini: barche, soprattutto a vela; areoplani; la carrozza di Biancaneve. Le barche le realizzo “a getto”, senza disegni preparatori. Per la carrozza ho dovuto fare prima qualche schizzo. Adesso ci sarebbe in cantiere un elicottero che ho progettato su carta millimetrata, ma disponendo al momento di una mano sola, la realizzazione è rimandata. Intendiamoci, le barche non galleggiano; gli aerei e gli elicotteri non volano e la carrozza è trainata da due cavalli comperati al negozio di giocattoli.
I materiali utilizzati: cartone, nastri adesivi, colle varie, i tutori dei fiori, gli spiedini per cucina, stuzzicadenti, spaghi, cordoncini, fazzoletti (per le vele), pennarelli, graffette fermacarte. I soli materiali acquistati al brico sono anellini, filo di ferro sottile, gancetti e catenina di metallo.
Quanto impiego a realizzare una barca a vela? Per quelle delle foto, sei sette ore ciascuna. Un po’ meno per gli aerei. La carrozza è un caso a se’. Dice … ma modellini “veri” non ne hai mai realizzati? Si, tanti anni fa, da ragazzo, all’oratorio, una barca a vela modello Star di 35 cm, navigante. Ma questa è un’altra storia.
Buoni modellini a tutte e a tutti!
.
Comments Closed
FOTOGRAFIE, QUADRI, POESIE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Aprile, 2019 @ 5:25 am
Detto altrimenti: piccoli tesori estratti dalla miniera del computer (post 3555)
Costretto a casa dalla caduta sugli sci, mi sono messo a riordinare 15 anni di foto-files, scusate se è poco! Scattate tutte con il telefonino, riemerge un periodo della mia vita. Ve ne presento alcune: peccato che non siano quadri!
Comments Closed
ACCADEMIA DELLE MUSE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Aprile, 2019 @ 12:26 pmDetto altrimenti: la serata di ieri (post 3554)
Questo è un post in contumacia in quanto io non ero presente alla serata del nostro circolo culturale privato per via di quanto “accidentalmente” narrato in alcuni post precedenti. Inoltre è un post scritto a (un solo) braccio, cioè con il solo braccio destro che usare l’altro è già tanto se riesco a schiacciare i tasti delle maiuscole e della punteggiatura.
Prima parte della serata: chitarra, tromba e voci di Genio & Co, Patrick, Flavio, Sandra, Giovanna, …. (aspetto che mi comunichino i nomi degli altri artisti!), in “OMAGGIO A LUCIO BATTISTI”.
Dieci pezzi famosi fra i quali i giocherelloni hanno inserito a mo’ di pesce d’aprile un brano di un altro cantautore! Insomma, mi dicono successo da standing ovation!
Dopo la consueta pausa gastroastromica …
… seconda parte della serata, dedicata alla follia nell’arte, cioè alla dissertazione di Umberto Sancarlo su “ARTE E FOLLIA”. A questo riguardo ecco qui si seguito l’estratto scritto e inviatomi da Umberto:
Inizia
Gli effetti di gravi ‘malattie mentali’ spesso alterano le ‘capacità percettive ed emotive’ dell’artista e possono influire sulla sua espressione pittorica. Tutto ciò affiora nei quadri di alcuni grandi pittori in momenti particolari della loro vita. Ho presentato le opere di alcuni artisti famosi che hanno sofferto di disturbi mentali e poi ho fatto alcune considerazioni sul rapporto tra arte e malattia mentale. L’artista che è considerato oggi “il pittore malato” per eccellenza è Vincent van Gogh (1853-1890). La natura della sua malattia, che si manifestò prima dei trent’anni, è stata oggetto di numerose interpretazioni diagnostiche, fondate soprattutto sulle numerose lettere che Van Gogh stesso scrisse al fratello Theo. Notte stellata (realizzato durante il ricovero di Saint Remy, in Provenza). Campo di grano, realizzato 2 giorni prima di suicidarsi. In questi due quadri non è rappresentata una natura serena ma viene espresso il “male di vivere”. E’ evidente la perturbazione della psiche dell’autore che si trasmette nei quadri. Si ritiene fosse affetto da una forma di schizofrenia. l’urlo, di Edvard Munch (Norvegia, 1863-1944). Il contenuto dell’opera raffigura un uomo che si rifiuta di sentire il suo stesso urlo di dolore. Il dramma che vive il personaggio sembra riverberarsi sull’intero paesaggio. Convergenza, di Jackson Pollock (USA, 1912-1956). Quest’artista è considerato l’emblema del ‘genio maledetto’ del secolo scorso. Conflitto e morte, di Antonio Ligabue (Reggio Emilia, 1899-1965). Ligabue narra il conflitto, la violenza e l’angoscia eterna della morte, attraverso l’atto violento. Il disturbo mentale può contribuire ad una maggiore creatività artistica? Queste sono le due posizioni prevalenti: SI, la “follia” può, in alcuni casi, favorire una “geniale” creatività artistica. NO, la creatività è una ‘realtà psichica’, la malattia mentale è un’altra cosa. Tra l’una e l’altra non c’è alcun nesso causale, nel senso che non è la tendenza a sviluppare una patologia mentale a rendere creativa una persona.
Finisce
Che altro dirvi, se non di fare un po’ di compagnia a questo vostro mal-sinistro blogger, mal-sinistro perché sono ferito alla spalla sinistra, quindi non sono mal-destro! (ah ..ah … che monade che ci si inventa pur di passare il tempo!). Come fare? Innanzi tutto leggendo i miei post: vi sentirò tutti più presenti, grazie.
Comments Closed
SCI DA GARA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Aprile, 2019 @ 7:55 amDetto altrimenti: parliamone un po’ … (post 3553) (v. anche qualche post fa “Dalla Malga Zambana all’ospedale S. Chiara di Trento”).
Scio da una vita. All’inizio vecchi sci di icori; poi i Devil Rosso metallici (due paia) della Persenico; una serie infinita di Rossignol strato (tutti m. 2,05); da militare gli Alu Fischer (m 2,15!); un paio di Rossignol da gara slalom gigante regalatimi dal papà di Gianluca Grigoletto, un campione di sci (m 2,05). Quando li portai a fare adattare gli attacchi, l’addetto mi disse “Ma lei è sicuro di volere sciare con questi sci?”. In realtà erano un po’ faticosi, pesanti (soprattutto quando li dovevi trasportare dall’auto alla pista!) cioè presupponevano che ad essi si imprimesse una forza superiore al normale, cioè una forza da atleta, ed io atleta fino a quel punto non ero e non sono. Tuttavia con quegli sci da gara non ebbi problemi, se non invidiare chi sciava senza fatica con serpentine molto strette!
Da 15 anni, alla tenera età di 60, sono passato agli sci “moderni”: m 1,70, rastremati, quelli che devi cambiare modo di sciare, ed io l’ho cambiato. Ho sciato con alcune marche diverse, fino a concentrami sui Salomon da turismo, m 1,70 – r 14,8 (cioè lunghi m1,70, con raggio di curvatura di m 14,8). Dopo anni ed anni di utilizzo, mi sembravano un po’ sfibrati ed ho deciso di cambiarli.
Quasi a fine stagione, le occasioni d’oro: un paio di Fischer 1,75 r 16 ed un paio di Salomon Race m1,70 r 18. I Salomon (dello stesso colore della mia giacca a vento, ah …ah …!) erano i più moderni, quelli con la punta quasi appiattita: su suggerimento del venditore compro questi con sconto del 50%: un affarone. Li provo e per la prima volta in 60 anni di sci mi accorgo che sono “diversi”, pericolosamente diversi, intendo, nel senso che l‘‘inclinatura, la precisione, l’aggressività e la reattività delle lamine nell’attaccare le curva sono tali che se non stai molto attento e non li tieni abbastanza inclinati (ecco la curvatura del corpo a valle!), spigolano all’esterno, ti portano ad aprire le punte con rischio di caduta rovinosa in avanti o, se sei al traverso, di volare altrettanto rovinosamente di spalla verso valle (quello che è capitato a me il 25 marzo scorso, v. post).
Con questi sci ai piedi sei e fai il figo: chi non li ha, te li ammira; i maestri – non richiesti – ti dicono che sono sci per chi “sa sciare veramente bene” e tu ti spari le pose (dialetto napoletano: di dai le arie). Ma poi cadi, ti fai male ed allora ti dai una calmata: che fare? Rivenderli? Sarebbe saggio, ma anche una sorta di sconfitta. Oppure sciare con più attenzione e soprattutto più lentamente. Mi spiego: i “riflessi” di questi sci sono più rapidi dei miei, per cui io rischio di “arrivare in ritardo” rispetto al loro assetto. Quindi dovrò rallentare la sciata, eseguire serpentine più lente e soprattutto curare una maggiore angolazione del corpo nelle curve e nei tratti al traverso.
Un mio amico, qualche hanno fa, ha comperato un paio di sci da gara per slalom speciale, raggio di curvatura 12 o 13 metri, (uno dei due valori, non ricordo). Li ho provati: uno stress! Ti vogliono far curvare con un forte accelerazione anche quando tu non vorresti: dopo una discesa li ho restituiti al proprietario.
Dice: tu sei caduto in un rettilineo al traverso di un pendio da destra nemmeno troppo accentuato, su una pista molto ben conosciuta, con gli sci paralleli: come è successo? Una caduta improvvisa, non annunciata, non correggibile, una frazione di secondo. Cerco di spiegare ciò che credo di avere capito: ero veloce, probabilmente non avevo il corpo sufficientemente arcuato verso valle, lo scarpone sinistro (quello a valle) si è inclinato un po’ verso valle (cioè con il proprio asse perpendicolare alla superficie inclinata del pendio), lo sci ha subito risposto spigolando all’esterno ed ecco il volo a valle con atterraggio di omero e trochite!
Prima morale: il mio consuocero, un ragazzo di quasi 90 anni: “Riccardo, considera il lato positivo della faccenda: hai imparato ad essere più attento e tutto sommato te la sei cavata ancora a buon mercato. Sai … le persone alle quali non succede mai nulla quelle sì che sono a rischio: troppo sicure di sé, se hanno un incidente lo hanno ben più grave del tuo”.
Seconda morale: li tengo, ne acquisto un secondo paio da turismo-top, faccio il confronto e solo dopo, eventualmente, li vendo.
Terza ed ultima morale: o muzos deloi ... la favola insegna che si deve stare molto attenti nel fare la scelta giusta, quando si cambiano gli sci, e adattare la sciata al tipo di sci.
P.S.: prima dell’avvento degli sci rastremati, il passaggio da sci no-race a sci race non era così complesso. Oggi, l’introduzione della rastrematura ha esaltato l’effetto della loro capacità di “mordere” la neve, per cui se da uno sci no-race raggio di curvartura 14,8, passate ad uno sci race, dovete sceglierne uno con raggio da 20 in su. In altre parole, il passaggio che ho fatto io da m 14,8 a soli m 18 vi impegna ad una sciata molto attenta.
Buone sciate a tutti!
Comments Closed
PRIMAVERA, VA VIA LA NEVE E SPUNTANO LE BICI!
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Aprile, 2019 @ 5:19 pmDetto altrimenti: da un mio vecchio post (post 3552)
.
Una settimana fa (v. post 3648 del 27 marzo) vi ho scritto della mia brutta caduta in sci: omero fratturato, 5 settimane d’immobilizzo + riabilitazione. Evvabbè, dice … tanto la stagione sciistica era al termine … Magra consolazione, tuttavia consolazione (a dirla tutta: volete mettere, che vostra moglie si accorge d’un colpo che alcuni o molti lavori di casa e commissioni fuori casa le facevate voi! Un bene si apprezza quando viene a mancare!) Si, finiva la stagione dello sci, ma stava iniziando quella della bici, cribbio! Ed io mi perdo minimo due mesi di primavera a pedali, mi perdo! Ora il problema è mettersi a dieta sennò si ingrassa. Poi, come passare il tempo a casa. Soluzioni: mettere finalmente in ordine 10 anni di fotografie archiviate sul PC un o’ alla rifusa; procurarsi una ciclett; leggere e scrivere. Detto, fatto:
.
.
- Dieta: aboliti vino, pane, dolci. Ridotta la frutta.
- Foto: già oggi, in tre giorni sono arrivato a ritroso ad ordinare il 2017.
- Ciclett: vado oggi a provarne una.
- Leggere: “Mussolini ha fatto anche cose buone – Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo” di Francesco Filippi, Ed. Bollati Boringhieri, marzo 2019.
- Scrivere … sulle E bike: la racconto a chi non ha spalle immobilizzate, riprendendo un mio “vecchio” testo, per cui modelli e marche on sono più aggiornatissimi, ma fa istess …
LE CATEGORIE DI E-BIKERS
1 – Coloro che non andavano in bicicletta e hanno scoperto un piccolo scooter senza targa, casco, assicurazione, bollo. Costoro utilizzano la eb per spostamenti brevi: per fare la spesa, andare in centro, in ufficio, in spiaggia. Costoro non hanno bisogno che la loro eb abbia una grande potenza e/o autonomia. In genere si avvalgono di city bike. Quando si cimentano con grandi salite, utilizzato il livello massimo di potenza e poco dopo la partenza rimangono a secco di … carburante! Ma per loro questo non è un problema, perché le “grandi” salite con le quali si cimenta questa categoria di ciclisti sono sempre molto corte.
2 – Persone che già utilizzavano la bicicletta anche in vacanza per fare bici turismo, ma non molto allenate. Si tratta perloppiù di persone di mezz’età o anche di una certa età che viaggiano cariche di bagagli o che i bagagli se li fanno trasportare da apposite organizzazioni. Batterie da 11 AH e motori da 400 Watt..
3 – Sportivi molto allenati che addirittura con le eb ci fanno gare o ciclo escursionismo in montagna (si leggano – reperibili anche in internet – i Quaderni di ciclo escursionismo del CAI Centrale). La loro bici è una mountain bike preferibilmente dotata di batteria da 18AH e motore da 500 Watt..
4 – Infine c’è la “mia” categoria, quella di persone di una certa età (diversamente giovani), allenate, che hanno semplicemente “aggiunto” la eb alle altre loro bici (corsa e mountain bike) che peraltro continuano ad usare. Costoro grazie alle eb si concedono salite che altrimenti non sarebbero più state alla loro portata o veri e propri tour di molti e molti km. In genere prediligono la e-mountain bike, la utilizzano pedalando “in proprio” con energia – il che aumenta l’autonomia della batteria la cui energia sfruttano con parsimonia, cioè appena quel tanto che serve a “non soffrire” – – e tuttavia avvertono l’esigenza di avere una seconda batteria al seguito per raddoppiare il raggio d’azione delle loro uscite. “Noi” ci accontentiamo di 11 AH e 400 Watt, soprattutto se … moltiplicati per due! (Io stesso presto mi doterò di una seconda b, per arrivare ad autonomie effettive di 200 km).
- Marca suggerita Lombardo
- Tipo mountain bike
- Ammortizzatore solo anteriore (non serve avere anche il posteriore per chi non fa il salta rocce)
- Cambio meccanico solo alla ruota posteriore, quello a pedale è un’aggiunta non necessaria per l’uso normale
- Motore Bosch 400 (o anche 500 watt)
- Batteria 11 (o anche più Ampere)
- Ruote da 29
- Misura M (intermedia, fra la Small e la L)
- Telaio Alluminio (no carbonio: troppo rigido, fragile, costoso)
- Peso Circa 25 kg (cercare di evitare pesi superiori)
- Pneumatici slim, quelli lisci da città, vanno bene anche su sterrato
Ad esempio, mod. MTB E-SESTRIERE 29 PERFORMANCE nero blu Lombardo Bikes 2017 a poco meno di €2.200,00, reperibile in internet (i modelli 2017 e 2018 ormai sono in uscita e costano meni dei modelli 2019)
Accessori: camera d’aria di scorta e attrezzi per cambiarla, bomboletta ripara fori, pompetta, portapacchi posteriore con due borse laterali, luci anteriori e posteriori su supporto in lattice, campanello.
Autonomia: In pianura, 150 km. Tuttavia appena si parte il computer indica 135 km. Dopo qualche km siete a 120. Se mantenete lo stesso rapporto alla ruota e aumentate la spinta al pedale, vedrete che l’autonomia indicata aumenta!
ESEMPI DI AUTONOMIA
salite | Consumo elettrico ciclista allenato | Consumo elettrico ciclista non allenato | |||
100 km | poche | 60% | 90% | ||
50 km | Compresi 1200 metri di dislivello su 12 km | 85% | sconsigliato | ||
50 km | poche | 20 % | 40% |
COMPUTER DI BORDO
Quattro tasti: (1, 2 a sinistra dello schermo; 3, 4 a destra)
- accensione-spegnimento
- modalità d’uso
- eco
- tour
- sport
- turbo
- info
- velocità istantanea, media, massima
- durata della pedalata
- km totali percorsi dalla bici (non azzerabili)
- km residui (autonomia residua)
- reset (in corsivo i valori azzerabili dal reset)
Parte destra dello schermo: colonnina che si colora dal basso verso l’alto con l’aumentare del flusso di corrente elettrica erogata.
Parte alta dello schermo: 5 tacche che si scolorano da destra a sinistra man mano che si consuma la batteria.
Se avete appena fatto una salita e leggete un livello di autonomia residua bassa (in termini di km), nessuna paura: il dato è riferito solo a quella salita. Voi tenete premuto “reset” e cancellerete quella memoria: il computer quindi vi indicherà i km residui veri, cioè molti di più , per pedalata in condizioni normali.
APPROCCIO, LA PRIMA VOLTA
Partire senza aiuto elettrico, in pianura. Inserire marce più veloci e farsi dare il primo livello di aiuto. Con l’incremento del livello elettrico si potranno usare marce meccaniche più veloci ma il consumo aumenta. Una condotta regolare aumenta l’autonomia. Come nelle auto. Indi provate ad aumentare man mano le vostre uscite, inserendo km e salite. Imparerete a conoscere la vostra gamba e la vostra bici.
Good E-Bike everybody!
Comments Closed
ACQUA PUBBLICA O PRIVATA?
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Marzo, 2019 @ 4:50 pm
Detto
altrimenti e meglio: acqua si o acqua no? (post 3551)
Un disegno di legge (dep. Federica Daga) del 23 marzo 2018: “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque”.
L’acqua? Deve essere pubblica, cribbio! “Ecchè, vogliamo che il privato speculi e si arricchisca assetandoci?” Ecco la risposta di pancia ad una promessa demagogica (demagogia? V. post precedente). Già, perché il problema è che l’acqua comincia a mancare, anche qui da noi: il 2019 mostra un – 40% rispetto al 2018, solo per citare un dato: inoltre a terreni secchi e rigidi corrispondono maggiori rotture della rete di distribuzione. Oggi il ciclo dell’acqua è gestito da spa regionali o interregionali a maggioranza azionaria pubblica. Quindi vi è anche un apporto di capitale privato, e poi si sa quelle le Spa “devono” fare utili. “Ecco, caro blogger, l’hai detto: utili alle nostre spalle! Quindi ben venga una legge che moderi la politica tariffaria, degli ammortamenti e del risultato (utile) di bilancio”.
Eh già, caro lettore, ma per avere l’acqua in casa occorre finanziare e compiere le seguenti fasi “di servizio”:
- ricerca e captazione delle fonti idriche;
- potabilizzazione;
- ricerca delle perdite e distribuzione;
- sistema fognario;
- depurazione;
- reimmissione nell’ambiente;
- manutenzione degli impianti.
Quindi il problema non è pubblico / privato, ma economico funzionale / o no, ragion per la quale 1) il sistema tariffario; 2) il sistema di pianificazione pluriennale; 3) le politiche gestionali e 4) le politiche di bilancio devono essere tali da attrarre (e remunerare) i capitali necessari. Siamo certi che senza una remunerazione equa, il capitale privato e pubblico arrivi? Siamo certi che il pubblico abbia da solo la capacità ed i denari per far fronte a questa situazione che ormai è di emergenza? A mio avviso il sistema migliore è misto pubblico-privato, a condizioni economiche che siano attrattive degli investimenti necessari.
Concludo con l’auspicio che la nuova legge tenga conto di quanto sopra. Infine, a quanti vorrebbero che l’acqua fosse pubblica ricordo che l’acqua è già pubblica: ciò non contrasta con il fatto che i relativi investimenti e servizi, come in ogni altra impresa, debbano essere remunerati.
Comments Closed
DEMAGOGIA E POPULISMO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Marzo, 2019 @ 2:57 pm
Detto altrimenti: nel loro rapporto con(tro) la democrazia (post 3550)
DEMAGOGIA
“Trasformazione della democrazia, per cui al normale dibattito politico si sostituisce una propaganda esclusivamente lusingatrice delle aspirazioni economiche e sociali delle masse, allo scopo di mantenere o conquistare il potere”. Quindi demagogia come forma di comunicazione.
POPULISMO
In internet trovate l’origine storica e l’evoluzione dei vari significati che questo termine ha assunto negli anni. L’interpretazione più moderna e attuale e’ quella di Umberto Eco (Columbia University 1995 – “Il Fascismo eterno”, La nave di Teseo, 2018), secondo cui il populismo oggi è “populismo qualitativo” (v. dopo).
AUTODISTRUZIONE DELLA DEMOCRAZIA
Si fa così: si comincia con la demagogia, si promettono mare e monti a tutti e si prendono i voti e il potere. Poi ci si accorge che non si riescono a mantenere molte promesse, che molte altre è meglio non mantenerle e che nel frattempo il paese si è impoverito. E allora si fa così: si passa al populismo qualitativo, cioè si dice che la volontà che stava alla base delle decisioni di ieri come pure alla base delle nuove, pesanti, dolorose decisioni di correzione della rotta dell’oggi è stata ed è la volontà della gente, del popolo, dei 60 milioni di italiani. In altre parole, si attribuisce ogni decisione propria ad un entità inesistente quale soggetto pensante – il popolo – asserendo che il popolo sta esprimendo una unanime volontà. Il popolo viene presentato come una massa qualitativamente omogenea, uniforme, esprimente un unico pensiero: in realtà il pensiero espresso è quello del populista qualitativo di turno. Quindi, populismo qualitativo come tipo di azione di governo.
DEMOCRAZIA E OLIGARCHIA
La democrazia è sempre e solo rappresentativa. Dire che esiste quella non rappresentativa (o diretta!) è come affermare che esiste l’acqua asciutta. Il populismo qualitativo distrugge la rappresentatività, cioè distrugge la democrazia e la trasforma in un oligarchia. Scrive Umberto Eco (op.cit. pag. 47: “Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimità del parlamento perchè non rappresenta più la “voce del popolo”, possiamo sentire l’odore (la puzza, n.d.r.) di Fascismo”.
.
Comments Closed
FUNIVIA TRENTO – BONDONE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Marzo, 2019 @ 1:48 pm
Detto
altrimenti: “Trento 2000” è meglio! (post 3549)
(Articolo scritto per la rivista online “IlMulo.it” edita dall’Associazione Culturale Lavisana, Lavis, TN)
.
.
.
.
Innanzi tutto il nome: Merano 2000? E allora “Trento 2000” sia … e non “Trento-Bondone”! Infatti non bisogna portare la città in montagna, ma la montagna in città: occorre quindi valorizzare la città e il fondo valle in genere in quanto entrambi dotati della loro montagna piuttosto che: 1) cercare di valorizzare una montagna perché vicina ad una città, ad un fondovalle oppure 2) voler costruire un quartiere cittadino in montagna.
.
.
.
Funivia o altro sistema di risalita. L’infrastruttura non deve essere nemmeno interpretata e presentata come una componente del sistema della mobilità tradizionale perché in tale prospettiva è perdente rispetto ad altri interventi maggiormente prioritari quali – ad esempio – lo spostamento e/ o interramento della ferrovia, il tram elettrico in città, etc.. Essa piuttosto deve essere letta come il primo passo regionale verso la valorizzazione di un bene naturalistico ed economico della Regione Trentino Sud Tirolo in quanto importante prodotto turistico: i Dislivelli.
Il Dislivello, un termine che il marketing del prodotto turistico non utilizza ancora pienamente. L’unico caso in cui in Trentino vi si accenna è il dislivello invernale al Passo del Tonale, con riferimento agli impianti sciistici che consentono la risalita (risalita: attenzione a questo termine!) fino ai 3000 metri del Presena. Idem dicasi per la Marmolada. Bici in montagna? Ohibò! E invece il CAI centrale ha editato alcuni “Quaderni” – reperibili in internet – per la regolamentazione e l’utilizzo della bici in montagna: regolare quindi, anzichè vietare tutto o permettere tutto. Comunque, per tranquillizzare i puristi, i due unici nostri ghiacciai trentini possono essere esclusi dal progetto che sto per esporre.
Ed allora veniamo al nocciolo del discorso. A causa dei mutamenti climatici (e non vi parlarerò della regressione dei ghiacciai!) in Sicilia si è iniziato a coltivare piante tropicali quali il tè e il mango; nell’Alto Garda Trentino la coltivazione dell’ulivo si spinge ogni anno qualche decimetro più a nord; l’innevamento naturale delle nostre piste da sci è sempre più irregolare e imprevedibile e le stazioni invernali con altitudini minori (ad esempio, Folgaria, Bondone, Paganella) si sono organizzate con i cannoni spara neve. Ma per fabbricare la neve artificiale occorrono tre ingredienti: freddo, acqua ed energia elettrica, ingredienti che ormai sono diventati veri e propri “beni economici”, cioè limitati e quindi costosi ma soprattutto sempre meno disponibili (si veda l’acqua). Ed allora?
Allora in Austria, zona molto più favorita della nostra regione quanto a innevamento naturale, hanno creato il Tirol Mountainbike Safari, un circuito di discese per mtb-mountain bike lungo circa 700 km, percorso assistito da una rete di 17 funivie con biglietti di risalita giornalieri o pluri giornalieri. Su di esso trovate molto in internet. I percorsi di discesa sono diversificati: vi si trovano quelli hard per bikers atletici e quelli soft per famiglie. Lungo tali piste vengono offerti molti prodotti turistici: il servizio “guida”; il noleggio e la riparazione bici; la ristorazione, i pernottamenti; la vendita dei prodotti tipici del luogo; le indicazioni turistiche per la visita alle località storico-paesaggistiche del luogo; etc.. Scusate se è poco.
E allora torniamo alla nostra “Trento 2000”. L’infrastruttura deve essere realizzata e presentata come il primo mattone di un nuovo Trentino: Trentino BikeLand, meglio se realizzato di concerto con Bolzano, per cui Trentino-Sud Tirolo BikeLand. Ora, conoscendo la grande capacità innovativa di Bolzano, “suggerirei di suggerire” loro il lancio congiunto di un progetto regionale. Le argomentazioni in favore del progetto sono:
- la messa a reddito della nostra già importante struttura regionale “a stella” delle piste ciclabili di fondovalle, collegandola con il sistema delle ridiscese dalle quote più alte e viceversa;
- non riservare le piste ciclabili montane solo ai bikers esperti (ciclo escursionisti), ma aprire quel mondo alla sempre più folta classe emergente dei ciclo turisti: famiglie intere e persone più avanti in età (la popolazione sta invecchiando!), categorie fra l’altro economicamente più dotate;
- l’estensione dell’attività dei ciclo escursionisti verso il ciclo turismo di fondo valle;
- l’innalzamento della nostra Regione Trentino-Sud Tirolo un livello concorrenziale rispetto alla vicina Austria;
- la destagionalizzazione della stagione turistica invernale e di quella estiva;
- l’incremento dei bilanci delle società impiantistiche di risalita;
- un importante contributo ecologico all’ utilizzo parsimonioso della risorsa idrica, oggi molto sfruttata dai cannoni da neve, in quanto per far quadrare i conti delle stazioni invernali non sarebbe più necessario sparar neve fino al massimo consentito dall’andamento delle temperature.
.
.
Quindi, ben venga l’impianto “Trento 2000” inserito in questo più ampio progetto. Cosa? Dite che il progetto di cui sopra è un’utopia? Certo, ma l’utopia è un traguardo semplicemente non ancora raggiunto. E poi nella vita … guai a non avere utopie cui tendere! Per capirsi: chi scrive è stato – “qualche” anno fa! – istruttore sezionale di alpinismo presso la Scuola Bartolomeo Figari del CAI Sez. Ligure, Genova; è “senatore” di quella sezione; è sciatore e ciclista trentino e velista gardesano.
.
Comments Closed
DALLA MALGA ZAMBANA ALL’OSPEDALE S. CHIARA DI TRENTO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Marzo, 2019 @ 3:56 pmDetto altrimenti: sciando sciando può capitare … (post 3548)
I miei fedeli lettori si saranno chiesti come mai da due giorni non pubblico post. Semplice: lunedì 25 scorso sciando in Paganella sono caduto e mi sono rotto una spalla. Come è possibile, sulle nevi e sulle piste di casa!? E invece si. Stavo andando a trovare l’amico Mirko Michelon, gestore della Malga Zambana.
Usualmente seguo il percorso 1 (verde) nella foto qui sopra. Questa volta ho scelto il percorso 2 (rosso) e mentre ero su una rotta rettilinea, sci uniti e paralleli (sci modello Salomon Race, m 1,70 – r 16), posso solo presumere di avere appena appena spigolato con la lamina esterna dello sci a valle (i miei sci sono molto permalosi: reagiscono subito!) e nel punto contrassegnato dalla X nera … bum! Omero e trochite, 35 giorni di fasciatura poi riabilitazione.
Morale: comprerò una ciclette per non restare indietro con l’allenamento bici, ma soprattutto voglio ringraziare il S. Chiara e il suo personale, dagli addetti alle pulizie agli ottimi medici e Primari del Pronto Soccorso, radiologia, ortopedia, pneumologia, chirurgia. Tutti bravi, ma nessuno s’offenderà se voglio citare in modo particolare il personale che sta più a contatto e per più tempo con noi “pazienti spesso impazienti”: il personale infiermieristico di Chirurgia 1 e 2. Tutte persone preparate, capaci, disponibili, gentili, sicure, efficienti ed efficaci. Lasciatemi dire una cosa da vecchio manager, mestiere che ho fatto per una vita: tutte dotate di un senso di appartenenza e di responsabilità veramente rari. Brave anche quali tutor degli studenti allievi infermieri!
.
.
Grazie, ragazze e ragazzi (posso chiamarvi così dall’ “alto” dei miei 75 anni?). La chiudo qui perché con il braccio sinistro bloccato faccio fatica con le maiuscole e la punteggiatura. Non vi saluto con un “alla prossima” a meno che non sia una prossima sciata in Paganella, o una prossima pedalata con Fiab Trento – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, o sia una delle prossime volte che leggerete i miei post: ci conto!
P.S.: e che dire del mio medico di fiducia, Dr. Matteo Giuliani (ormai un vero amico!) il quale oggi, non chiamato, è venuto a casa mia a visitarmi, farmi alcune raccomandazioni, a rincuorarmi?
P.S.: mi resta un solo punto da chiarire: perchè nei bagni delle case installano gli attacchi per i rotoli della carta igienica solo sulla sinistra e molto, “troppo” arretrati rispetto al sedile?
.
.
Comments Closed
TRENTO E TRENTINOINBICI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Marzo, 2019 @ 6:32 amDetto altrimenti: come nasce una foto “trentina” a pedali (post 3547)
Nel post precedente vi ho parlato anzi scritto della mia vecchia bici da corsa (oggi si dice “da strada”, evvabbè …). Ora che ci penso, non le ho mai dato un nome proprio … potrei farlo ora e battezzarla la Numero Uno, in quanto è stata ed è la prima bici “seria” della mia vita, preceduta solo da una biciclettina da bimbi e da una da passeggio da adulti di quelle per fare quattro passi a pedali in città. E allora, Numero Uno sia!
Ma parliamo anzi scriviamo di foto: come nascono quelle a pedali”? Eccone un esempio. Partito da Trento, stavo per arrivare con la Numero Uno a Borghetto all’Adige: mi fermo 300 metri prima, sul ponte sull’Adige, isso la bicicletta sul guardrail e scatto.
Anche in questo caso ho issato un’altra mia bici (mtb Wilier, la Numero Due) sulla ringhiera di un marciapiede facendola reggere da un amico fuori campo (volete mettere l’effetto per chi non conosce questo trucco!?) ed ho “immortalato” il Duomo di Trento.
Terza foto, questa non è mia (la bici si, la Numero Due, quella della foto precedente) bensì dell’amico Luigi Zullo, di mio c’è solo la regia: il Castello del Buonconsiglio “attraverso” una bicicletta.
Quarta foto, mia. Ero in sella alla Numero Due in attesa degli amici con cui andare a pedalare ed ho colto l’acqua della fontana controluce e al volo.
Insomma, mi sono detto: abbiamo telefonini che scattano foto; forse presto avremo macchine fotografiche che telefonano. Perché non avere anche biciclette con macchina fotografica incorporata?
P.S.: le mie 3 foto sono state scattate con un telefonino. Quella di Luigi con una macchina fotografica.
Comments Closed