CICLISTI E PEDONI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Settembre, 2019 @ 6:57 amDetto altrimenti: tenersi discosti (post 3656)
Le regole della navigazione a vela (ma i principi valgono anche per i cosiddetti ferri da stiro: i motoscafi e le imbarcazioni e navi a motore) prevedono che chi proviene da destra e/o si trova sottovento e/o ha mure a dritta abbia la precedenza in caso di incrocio con altra imbarcazione. Inoltre e soprattutto tuttavia c’è un’ulterioore regola aggiuntiva: tutti hanno il dovere di “tenersi discosti” reciprocamente, il che presuppone che si valuti la rotta presunta dell’altra imbarcazione e si prevenga in ogni caso lo speronamento.
Sulle piste ciclopedonali pare che questa saggia logica non valga. Alcuni ciclisti (solo una minoranza, per fortuna) sfrecciano come se fossero su un circuito sportivo di allenamento ad una velocità troppo elevata per una ciclopedonale. Alcuni pedoni passeggiano lentamente anche a zig zag confidando (erroneamente) nel fatto che lentezza sia sicurezza (per se stessi e per i ciclisti). Nessuna delle due categorie citate si preoccupa di “tenersi discosta” dall’altra.
Alcuni giorni fa. Pista ciclopedonale Lungo Fersina a Trento. Pedalavo lentamente sulla mia bici da strada. Davanti a me un podista procedeva sula destra (errore!) nella stessa direzione. Nel momento in cui io lo affiancavo, il podista decideva di invertire la marcia, mi urtava procurandomi un taglio sull’avambraccio destro e – soprattutto – rischiava di farmi cadere. Dice … ma se andavi piano, la caduta non sarebbe stata un gran che. Dico: non è vero: a velocità ridotta tutto il peso si scarica tutto lateralmente ed è a rischio una spalla o un gomito.
Ieri. Stessa pista, stessa mia velocità molto ridotta. Davanti a me un pedone, nella stessa direzione, al centro della pista. Si sposterà a destra o a sinistra? Suono. Si volta scocciato: Ma cosa suoni? Non vedi che c’è spazio per passare? Mi fermo e gli parlo: Caro signore, come faccio a indovinare da che parte lei si sarebbe spostato? E poi lei deve procedere sulla sinistra della pista, non al centro, non a destra. Replica: Si, ma io stavo attraversando! (Non era vero, n.d.r.). Quand’anche fosse – replico – lei dovrebbe prima accertarsi di non tagliare la strada a nessuna bici. A sua volta replica: Lei deve essere sempre in grado di frenare, io sono un pedone ed ho sempre la precedenza. A questo punto capisco che non c’è peggior sordo di chi non viol sentire e me ne vado, inseguito da un suo invito: “Ma vai in m…”.
Altro caso. Sto per incrociare una “pedonessa” che correttamente procede sulla propria sinistra. Mi vede, nell’intento di agevolarmi traversa la pista e si sposta sulla propria destra rischiando di essere investita alle spalle da un ciclista che proveniva dalla sua stessa direezione.
Ecco, fino ad oggi ci siamo preoccupati di stabilire le regole per i ciclisti e le regole per i pedoni: da oggi dovremmo puntare a far prendere coscienza a tutti del “rapporto” fra le due categorie, partendo da quello “stare discosti” della nautica: il ciclista troppo veloce non può garantire di essere in grado di stare discosto dai pedoni o da altri ciclisti; il pedone – anche se la sua velocità è molto, molto inferiore! – non deve contare sul fatto che lentezza sia sicurezza, perché non è vero. E poi, se è vero che è più facile immaginare che sia il ciclista ad investire il pedone, spesso può accadere l’inverso. E basta poco per farci rovinare a terra!
Firmato: un ciclista che è anche pedone e automobilista
P.S. 1: bene hanno fatto i Comuni delle valli di Fassa e Fiemme e vietare il transito dei pedoni sulle piste cilcopedonali – ora solo ciclabili – durante i mesi esitivi di grande affollamento “a pedali”: infatti quest piste sono caratterizzate da numerosi saliscendi e curve che rendono pericolosa la convivenza fra le due categorie di utenti.
P.S. 2) Oggi, il giorno dopo. Arrivo con la mia bici da strada al bicigrill di Nomi. Alcuni ciclisti sono seduti sulle panche del bar. Io sto per smontare e noto che due di essi, riparandosi gli occhi dal sole, guardano … no, non me, ma la mia bici!
Sono due “ragazzi” più o meno della mia stessa età ed hanno notato la mia bici storica! Iniziamo a parlare, io orgoglioso del riconoscimento, loro in ammirazione della … storia! La marca? E’ una “Mario Camilotto Expert”, nove kg, fatta su misura! Camilotto? Ah, si, lo conosciamo.
Bene. Parliamo, ci scambiamo esperienze e storie a pedali, simpaticamente. Dopo un po’, io riparto, tanto voi siete più veloci, dico! Dopo qualche km mi raggiungono, buona passeggiuata, mi dicono. Esito qualche secondo decido: mi accodo! Mi alzo sui pedali e a 30 kmh in poche pedalate li raggiungo. Loro tagliano l’aria, io mi accodo. Procediamo a 25 kmh.
Al ponte di Mattarello una foto ricordo. Ho dato loro l’indirizo di questo blog. Spero che si facciano vivi (335 5487516 – riccardo.lucatti@hotmail.it) . Anche perchè l’amico di destra nella foto è un collezionista di oggetti d’epoca ed io sarei lieto di visitare la sua casa museo e di pubblicare un post sulle sue raccolte. In ogni caso ci incontreremo ancora sulla ciclabile! Bravi “ragazzi” e grazie della compagnia!
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POLITICA SPA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Settembre, 2019 @ 6:51 amDetto altrimenti e meglio: valutata con il metro della cultura manageriale delle SpA (post 3655)
In realtà questo è uno dei tanti
DIALOGHI DI PLUTONE
(Tizio e Caio sono seduti all’interno di un bar in Piazza Duomo a Trento)
Tizio: Allora Caio, hai visto ieri alla TV i lavori della camera dei deputati, il discorso del premier …
Caio: Si, discorso, interventi, replica e votazioni, qui, in questa sala, perché fuori faceva un freddo insolito per la stagione … la neve a 1300 metri, ma ti pare possibile?
Tizio: Cosa ne pensi? No … non della neve, ma della politica, del governo!
Caio: A dire il vero la mia attenzione è stata attratta soprattutto dalla manifestazione di piazza di due partiti d’opposizione e dal fatto che un terzo partito d’opposizione ha dichiarato che l’opposizione si fa in Parlamento … ma … guarda … qual signore laggiù, in fondo alla sala … quello che sta impartendo disposizioni al personale del locale … ma non è il nostro amico Sempronio? Ehi, quel signore … Sempronio … chi si rivede … venga qui al nostro tavolino!
(Il diavolo Plutone, sotto le mentite spoglie di Sempronio, si avvicina ai due)
Sempronio: Buongiorno signori o posso dire amici? Sono lieto che abbiate scelto il mio locale per bere un buon caffè.
Tizio: Oh, finalmente sappiamo qualcosa di lei, è sempre stato così misterioso! Dunque lei è un imprenditore?
Sempronio: Si, ho una catena di locali: bar, negozi, una piccola birreria, piccola ma tutta mia, ci tengo molto a dirlo. In totale una cinquantina di dipendenti. Ma non parliamo di me. Di cosa stavate discutendo, se non sono indiscreto?
Caio: si parlava delle manifestazioni di piazza che stanno affiancando la concessione della fiducia parlamentare al governo. Lei cosa ne pensa?
Sempronio: Bah … io sono un imprenditore e come tale guardo ai risultati. La nostra categoria, soprattutto qui al nord, aveva dato fiducia a quel tale … si, a quell’ex ministro, quello che ora grida più di tutti contro cosa? Contro chi ha la maggioranza in parlamento? Lui che grida contro gli ex DS, vorrebbe la DS-Democrazia dei Sondaggi? Lui che chiama questo “Goveno di due partiti comunisti” e poi afferma che le categorie del fascismo e del comunismo non esistono più! Lui che ora vorrebbe il voto anticipato? Ma se c’è una maggioranza! Non la sua, ma c’è. E poi, i risultati … costui aveva avuto la nostra fiducia, il nostro voto: sapete, la flat tax ci avrebbe agevolato molto, e poi anche noi siamo per l’ordine una buona volta e lui cosa fa? Si autoesclude dal governo! Ma si può?! E ora grida all’inciucio, anzi, fa gridare i suoi all’inciucio solo perchè si è formata una maggioranza diversa dalla sua, fra i due partiti arrivati al primo e secondo posto alle ultime elezioni? Ma la sua, cos’era? Non era un inciucio anche quella? Si era presentato alle elezioni con una coalizione e poi ha formato il governo con un’altra. Ma via … non è più credibile di fronte alla nostra categoria. Se fosse il direttore del mio sistema di imprese, lo licenzierei in tronco. I risultati, dicevo prima: aveva il potere e lo ha buttato via dalla finestra. Come possiamo fidarci ancora di lui? Non ci serve più. Scommetto che appena ha riflettuto sul male che si è fatto da solo …
ambo le labra per furor si morse!
Tizio: Ho capito e condivido il suo ragionamento, anche se politicamente io sono favorevole a questa coalizione, non alla precedente, anche perché questa si è formata con il contributo della democrazia diretta, il voto favorevole di quella tale piattaforma …
Sempronio: Ma via, siamo seri, ma quale democrazia diretta? Era già tutto deciso dai manovratori! Quanti erano quei votanti? 60.000? Su quanti milioni di aventi diritto al voto? Fumo, fumo negli occhi della gente per cercare di arrivare ai referendum propositivi senza quorum o con quorum limitato e al vincolo di mandato per i parlamentari! Con il che la democrazia si auto trasformerebbe in una oligarchia guidata dai gestori di una rete web! A quel punto modificare la Costituzione, introdurre l’elezione diretta del Presidente della Repubblica sarebbe un gioco da ragazzi. E poi, l’ultimo baluardo, la magistratura: basterà abolire l’obbligo dell’azione penale e si farebbero solo i processi decisi dal potere politico.
Caio: La vedo un po’ sul pessimista, non le pare? Per fortuna non credo che tutto ciò possa passare, con l’attuale maggioranza la quale vede l’equilibrato apporto di un’area politica più ragionevole …
Tizio: Hai ragione Caio: anche perchè oggi fra i due attuali componenti della maggioranza chi avrebbe maggiormente da perdere darebbe il partito nuovo, quello appena “scaricato” da destra.
Sempronio: No signor Caio, io non sono pessimista bensì realista. Sa … noi imprenditori siamo abituati a cercare d prevedere gli effetti delle azioni, nostre e altrui. Nulla succede per caso e per capire dove si andrà a parare occorre fare i collegamenti fra i vari eventi. Chi sa fare i collegamenti vince.
Tizio: (fra se’ e se’): Ah, adesso ho capito perché il nostro blogger – che ha passato una vita a dirigere SpA – ha scelto questo titolo per il nostro dialogo di oggi: Politica Spa, la Politica valutata attraverso la cultura di chi opera nelle Società per Azioni … ma … (a voce alta): Ehi, Sempronio … dico a lei … dove sta andando? (Rivolto a Caio): Gli stavo parlando e lui è scomparso nel buio del retrobottega … diavolo d’un uomo!
Caio: Sì, è uno strano personaggio. pare di un altro mondo. Ora fa l’imprenditore ma chissà per il futuro quale altra diavoleria si sta inventando. Cameriere, il conto per favore!
Cameriere: Il caffè è offerto da nostro titolare. Si scusa se si è assentato, ma si è rotto l’impianto di condizionamento e lui ha un diavolo per capello!
Tizio: Beh … che dire? Ce lo ringrazi. Dai Caio, andiamo a casa mia a vedere la discussione al senato: ho un apparecchio TV nuovo, una cannonata, vedrai.
(Tizio e Caio escono dal locale e si avviano verso la casa di Tizio)
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OGGI, 8 SETTEMBRE …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Settembre, 2019 @ 8:15 amDetto altrimenti: armistizio (post 3654)
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Settembre, andiamo, è tempo di migrare, scriveva quel tale D’Annunzio, concludendo con un retorico “Ah perché non son io co’ miei pastori?”. Ma dai … chi ci crede, Gabriele? Tu, dalla villa di Gardone agli stazzi montani delle montagne d’Abruzzo? Ma via, siamo seri … Comunque la poesia è bella, questo te lo riconosco. Forse un po’ troppo dannunziana, ma è bella.
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8 settembre 1943. Il Maresciallo Badoglio dà notizia dell’armistizio, firmato con gli alleati il 3 settembre. Una guerra cominciata male e finita peggio. Già, ma quali sono le guerre iniziate bene e finite bene? Quelle vinte, dice taluno. Dico: ma nel frattempo quanti morti, quante distruzioni … Noi poi, non ci era bastata la prima guerra mondiale, alla quale avevamo partecipato per iniziativa personale di un ministro degli esteri (Sidney Sonnino: Di Maio, che non ti venga in mente una roba del genere, chessò … dichiarare guerra al Principato di Seborga, la piccola San Marino della Liguria!) da un ministro degli esteri – dicevo – non autorizzato dal Parlamento. Ora, dopo avere perso la seconda, ne uscivamo entrando in una terza guerra, non più mondiale bensì civile!
E Sua Maestà? Sua Maestà, quella del “Non fermiamo la marcia su Roma, non condanniamo le stragi di Graziani in Africa, facciamo tante belle guerre (perse), promulghiamo le leggi razziali e scappiamo a Bari”. Mi pare che basti.
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8 settembre 1943, ricordo … ero da pochi mesi nel grembo di mamma (sarei nato il 3 febbraio 1944). Babbo, Brigadiere dei Carabinieri, catturato dai tedeschi, due anni in campo di prigionia in Germania. Mio fratello maggiore, nato nel 1942, sfollato presso i nonni paterni in Toscana (S. Angelo in Colle, frazione di Montalcino: un paesino splendido, andate a visitarlo!).
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8 settembre 2019. Fra tre giorni commemoreremo l’11 settembre 2011, gli attentati delle Torri Gemelle a New York. Fra 12 giorni ricorderemo il 20 settembre 1870, la breccia di Porta Pia, la presa di Roma. L’unità d’Italia, la liberazione (rectius: conquista) del Sud era già avvenuta. Il confine al Brennero regalatoci dalla distrazione degli Alleati su proposta dei Russi; dalle Alpi alle Piramidi; dalla lingua tedesca del Sud Tirolo alle lingue sarde e siciliana. Ci sarebbe poi voluto il maestro Alberto Manzi (1961) con “Non è mai troppo tardi” per iniziare ad insegnare a tutti il dolce idioma, quello ove il dolce sì suona.
Domani, 9 settembre 2019, il Governo chiede la fiducia al Parlamento. Manipoli dissenzienti a rumoreggiare in piazza.
Settembre andiamo è tempo di pensare …
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PRIMA PAGINA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Settembre, 2019 @ 5:43 pmDetto altrimenti: sono o non sono il “direttore” di questi post? Ed allora, ecco la prima pagina di oggi (post 3653)
POLITICA
Sono contento che si sia formato il governo Giallo-Rosso senza che qualcuno abbia i “pieni poteri”. La mia attenzione ora è 1) che non si elimini l’obbligatorietà dell’azione penale; 2) che non si introduca il vincolo di mandato per i parlamentari; 3) che si faccia una legge elettorale proporzionale; 4) che non si instauri la cosiddetta democrazia diretta che sarebbe in realtà un’oligarchia; 5) che mi si spieghi perché si vuole introdurre per i cittadini il “diritto di accesso alla rete” (come se non non ci fosse già! Ricordate? Timeo Danaos et dona ferentes … temo i Greci anche quando mi offrono doni … diceva quel tale Laocoonte quando cercava di dissuadere i suoi concittadini Troiani dal fare entrare il famoso cavallo di legno dentro le mura della città … capito mi avete?)
MOBILITA’
Non si tratta di regolare meglio il traffico auto, pedoni e biciclette, ma di dare centralità alla regolamentazione del rapporto reciproco delle tre categorie. In particolare mi è piaciuta una pista dichiaratamente solo pedonale, qui sotto:
Per converso, mi dispiace che l’amministrazione comunale non regoli questo pericoloso incrocio ciclopedonale con un paio di stop ben assestati: prima o poi ci scappa lo scontro!
BELLEZZA
La foto qui sotto
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ED ORA CHE OCCORRE TROVARE 30 MILARDI …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Settembre, 2019 @ 7:23 amDetto altrimenti: … e restituire 49 milioni … io non gioco più! (post 3652)
Ricordate, da bambini … quando le regole del gioco non gli andavano bene, c’era sempre quel bambino che lo abbandonava pronunciando la famosa frase “e allora io non gioco più!”
E allora io … lasciatemi tornare alle mie origini, a quelle toscane, a quelle del mi’ babbo Montalcinese, a quelle dei “Maledetti Toscani” di Curzio Malaparte, a quelle di Cecco Angiolieri che “ di tutti disse mal fuor che di Cristo, scusandosi col dir: non lo conosco!” Insomma, la mia è una esagerazione, prendetela come uno sfogo, ma un paese che vota affascinato dallo slogan “Vaff …” o che ha nostalgia dell’uomo forte, dell’uomo della Provvidenza anzi della Madonna … insomma c’è ancora molto da lavorare, non credete? Che poi l’uomo forte prima di arrivare al redde rationem (a quei famosi 30 miliardi necessari per scongiurare l’aumento dell’IVA) ha deciso che lui non gioca più. Evvabbè …
C’è molto da lavorare sulla maturazione della popolazione, ovvero sulla scuola, sull’educazione civica e poi ovviamente su università e ricerca. Ma prima sulla scuola e sull’educazione civica. E invece pare che sia di moda il panem et circenses, ti do la paghetta e l’abbonamento a tutte le TV che trasmettano il calcio e la F1, ed il gioco è fatto. Cosa? Volete anche a quelle erotiche? Si può fare ma più riservatamente, ecchè’? Vogliamo far arrabbiare la Madonna, quella che ci ha aiutato a far approvare i decreti sicurezza? Ci mancherebbe altro!
Dice, ma tu, blogger, con chi stai? Dico: io non sono (più) iscritto a nessun partito e la mia politica la faccio (anche) qui sui miei post: è la politica della cultura (per tutti!), della democrazia (vera, quella parlamentare, non certo della cosiddetta democrazia diretta, che poi sarebbe una oligarchia: leggete i numerosi post al riguardo! Con buona pace del signor Casaleggio!), Democrazia Vera cioè Parlamentare per tutti, dicevo, nel rispetto formale e sostanziale della nostra splendida Carta Costituzionale, da parte di tutti.
Casaleggio … Casaleggìo, ma guarda amico che legg’io, cioè leggo anch’io cosa sarebbe la tua democrazia diretta: una oligarchia nelle mani di una sorta di Grande Fraatello, il gestore della piattaforma di turno. E invece no: viva la Democrazia Parlamentare!
Buona Costituzione e Buona Democrazia Parlamentare a tutte e a tutti!
P.S.: e dai, leggete i miei post! Chi ne avrà letti cinque riceverà un buono per pubblicarne uno tutto suo!
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LE GESTIONI SEPARATE …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Settembre, 2019 @ 7:08 amDetto altrimenti: … della finanza pubblica (post 3651)
Immaginate di avere un sistema di vasche comunicanti a cascata, piene d’acqua, su livelli diversi.
- Sul livello più elevato, una vasca molto grande, la cosiddetta n. 1, alimentata da 60.000.000 di potenziali rivoli, la maggior parte piccoli, alcuni molto grandi.
- Da essa si diparte una serie di tubi che conducono l’acqua ad alcune vasche più piccole, le vasche nn. 2, poste ad un livello inferiore, ognuna delle quali consuma gran parte dell’acqua che via via le arriva.
- Da ciascuna vasca di questo secondo livello si diparte una serie di tubi che conducono l’acqua ad un numero maggiore di vasche ancora più piccole, le vasche nn3, poste ad un livello ancora più basso, ognuna delle quali consuma gran parte dell’acqua che via via le arriva.
- E così via.
E’ chiaro che a ciascuna delle numerosissime vasche del livello più basso giungerà una quantità minima di acqua. Orbene, se si vuole alimentare le ultime vasche di una quantità maggiore di acqua, bisogna A) che aumenti l’alimentazione della vasca maggiore (lotta all’evasione fiscale); oppure B) che le vasche dei livelli superiori consumino meno acqua (rivedere al ribasso i livelli delle somme impegnate); oppure C) occorre creare una derivazione diretta di acqua dalla vasca n. 1, quella del livello più elevato, direttamente alle vasche del livello più basso.
Il gestore del sistema non riesce al eliminare l’evasione fiscale. Quindi chiede ai gestori delle vasche dei livelli superiori di consumare meno acqua e conseguentemente di avere bisogno di meno acqua per poterne cedere alle vasche inferiori una quantità maggiore, ma essi rispondono che per legge è stata loro assicurata per molti anni quella quantità d’acqua direttamente consumabile, che la loro gestione è una “gestione separata” che deve essere assicurata a prescindere dalle necessità di altre parti del sistema. Al gestore non resta che attivare la soluzione C, e poiché è obbligato a continuare a fornire la stessa quantità d’acqua alle vasche del secondo livello, quelle delle gestioni separate, è costretto ad acquistare acqua da terzi. E il debito pubblico aumenta. Ops, scusate, stavo trascurando un altro paio di soluzioni: far pagare più tasse a chi già le sta pagando e ridurre il welfare.
P.S.: “… la solidarietà abbatte le barriere dei privilegi, tende a far sì che i vasi siano comunicanti, va contro la prassi delle gestioni separate: per questo di fatto viene frenata. E’ un fatto concettuale prima che economico e sociale …”
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UNA SALITA IN BICI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Settembre, 2019 @ 3:19 pmDetto altrimenti: 950 metri su 11 km (post 3650)
Questa mattina non avevo deciso dove andare. In bicicletta, naturalmente. Esco di casa alle 08,15, mi avvio lungo la pista ciclabile Riva- Varone, scendo a destra verso Arco, ancora incerto sulla meta. Un cartello verso sinistra, una decisione improvvisa: S. Giovanni al Monte, da 100 a 1050 m di quota, 950 m di dislivello su 11 km. La bici ha girato a sinistra da sola, che ci volete fare … e dire che sono senz’acqua … tanto la ritrovo per strada pensavo alla partenza da casa (ma non su questa salita … acc… evvabbè …). Inizio a salire alle 09,00. I primi 2,5 km (dislivello 375 m) fino alla località Padaro sono “la sveglia”! Infatti si accontentano di una pendenza del 15%, a muscoli praticamente freddi. Poi “spiana”, nel senso che gli altri 8, 5 km “si accontentano” di una pendenza media del 7% con alcuni brevi tratti quasi pianeggianti il che poi la paghi: insomma, pendenza media 8,6%: non male!
Lungo il percorso: sorpasso alcuni ciclisti non elettrici. Pedalata molto stanca già al terzo km, questi non ce la fanno, hanno sbagliato la scelta del percorso. Infatti poi, scendendo, non li avrei incontrati. Uno mi sorpassa, elettrico anche lui, ma forse ha la batteria più potente e/o le gambe più potenti. Già, perché io quest’anno, a causa di due eventi, uno negativo (spalla rotta sciando il 25 marzo) e uno positivo – nascita della terza nipotina in agosto, la piccola Matilde – sono molto indietro con l’allenamento (sono a quota 1250 km, un terzo di quanto avrei raggiunto in condizioni normali).
Lungo il percorso: alcuni cartelli avvertono che siamo in “Zona orso”: non lasciate in giro cibo, non lo avvicinate, se lui è aggressivo, restate indifferenti e telefonale al … Speriamo bene, mi dico! Lungo il percorso poche le auto: alcune mi sorpassano altre mi incrociano. Solo poche rallentano nell’affiancarmi o nell’incrociarmi. Evvabbè, “quello il senso civico” uno o ce l’ha o non ce l’ha … ccheccivoletefare?
Ore 10,30: arrivo alla Malga Ristorante S. Giovanni (tel. 0464 541101 – 335 6495386, no credit cards, no bancomat), un caffè e – finalmente – mezza borraccia d’acqua con i miei sali. La discesa tutta “sui freni”. A Padaro mi fermo un po’, ho le dita informicolate! In 40 minuti dai 1050 m sono ai 60 m della spiaggia di Riva del Garda: un tuffo in un lago ai 21 gradi me lo sono meritato!
Bici utilizzata: e-mtb, batteria da 400, consumo in salita tre tacche pari al 60% della capacità totale. Temperatura alla base-in montagna-alla base: 24 – 24 – 30 gradi. Mia età: 75 anni; mia saturazione O2: 93-95%; mio peso: 75kg. Km percorsi oltre ai 22 della salita-discesa: 18 (in totale quindi 40) dalle 08,15 alle 11.15.
Good bike & good FIAB everybody!
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UNA REGATA, UN AMICO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Agosto, 2019 @ 1:56 pmDetto altrimenti: con un amico scomparso (post 3649)
Questo è un postaltrui, scritto da mio figlio Edoardo un anno fa
Inizia
Oggi è morto un mio compagno di regata. In realtà insieme abbiamo fatto una sola regata ma, insomma, per quella regata è stato il mio compagno. Un grande compagno. Parliamo, almeno, di 23 anni fa, ma lo ricordo benissimo. Sono salito sulla sua barca all’ultimo minuto, perché era rimasto da solo e non se la sentiva di affrontare la regata sociale, quella del Circolo, senza manco un elemento di supporto. Fu mio padre, che a bordo del suo Fun stava già impartendo ordini marziali a me e a tutti gli altri due dell’equipaggio, a dirmi che potevo andare con lui: “Noi ce la caviamo anche in tre”, sentenziò, e subito prese a delegare le mie mansioni di volantista a qualcun altro, per poi avocarsele – immagino – nel giro di due furenti minuti. Ricordo che erano circa le 12 e il vento da sud, la famosa Ora, aveva già cominciato a battere sulla sponda trentina del Garda.
Mentre camminavo veloce sul molo verso il mio nuovo compagno, controllavo di avere con me tutto il necessario: soprattutto gli occhiali e il berretto ben legati e i guantini per evitare che le scotte mi aprissero le mani come prugne sfatte. Mi presentai vagamente sull’attenti perché venivo da una scuola di vela, quella di mio padre, assolutamente militare:durante le regate, per dire, ero abituato a osservare un religioso silenzio, parlavo solo se interpellato e per lo stretto indispensabile, eseguivo al secondo gli ordini ricevuti e mi guardavo intorno in continuazione per capire se e cosa fare e chi arrivasse, soprattutto, dal lato cui era dovuto dare la precedenza. E se intorno non c’era nessuno si doveva stare zitti lo stesso, perché così sentivi il rumore delle vele e le guardavi con più attenzione e capivi se c’era un tesabase da lascare di un centimetro o la randa che lungo l’albero ti rifiutava il vento rigonfiandosi impercettibilmente dal lato sbagliato. “Se cazzeggi queste cose non le vedi”, diceva mio padre.
Fu con grande sorpresa, quindi, che mi resi conto dell’atteggiamento diametralmente opposto del mio nuovo capitano. Mentre tutti si affrettavano a passare in rassegna le vele e ad uscire dal porto per essere subito sul campo di regata, lui se ne stava seduto nel pozzetto, vicino al timone, con la barca ancora saldamente ormeggiata, a trastullarsi con alcune piccole cime. “Queste le mettiamo via, che fanno casino” mi disse salutandomi, e poi aggiunse: “Mettiti comodo, dai”. Mettiti comodo, capite? Mi disse così, mettiti comodo. Il vento raggiungeva i 20 nodi e il lago cominciava a imbiancarsi e a diventare cattivo, ma lui mi diceva di mettermi comodo! E io che a mala pena conoscevo il significato di quelle parole … “Tranquillo il papà oggi?” Mi chiese sorridendo mentre uscivamo dal porto con il vento in prua e la barca, ancora a motore, che sbatteva sull’acqua come lo schiaffo di Dio ai popoli peccatori. “E’ tranquillo papà oggi?” Mi chiede. “Insomma è’ bravo eh il papà. Più bravo di me. Ma insomma dai… – Cosa? – Niente, oggi lo battiamo, tranquillo”.
Lo disse così, con la voce che si riserva alle battute di contorno, senza grande enfasi. Io ero un po’ stranito e allora mi misi a fare ordine tra le scotte e le drizze, che alcune si accavallavano un po’ troppo; liberai un paio di carrelli di scorrimento che sarebbero tornati utili in virata e mi rimisi a sedere. Lui annuì sorridendomi, più per farmi contento che altro. Probabilmente avrebbe tenuto tutto incasinato e vaffanculo. Ma quello che proprio non capivo era come mai, a pochi minuti dal via, si tenesse così lontano dalla linea di partenza. Tutte le altre barche, come sempre, si affollavano su quel segmento immaginario, attraversandolo di qua e di là, cercando un posto al sole, sgomitando come pazzi. Forse della vela si ha una visione un po’ edulcorata ma vi assicuro che sulla linea di partenza di una regata si sentono cose, da una barca all’altra, al cui confronto campi di calcio e curve degli stadi sono collegi di educande: scafi che superano la tonnellata si sfiorano, si toccano, a volte si rompono, si passano – in ogni caso – a pochi millimetri, mentre il vento aumenta e il casino prodotto da vele, alberi e voci ti scartavetra il cervello, elettrificando l’aria e tutti i tuoi gesti. Anzi, tutti i loro gesti. Perché noi ce ne stavamo a un centinaio di metri di distanza, impegnati in un giro più largo e solitario. “Tanto ho preso il tempo – diceva il mio capitano – quando arriviamo lì suonano la partenza e siamo giusti, inutile andarci ora per infilarci nel casino”. Io tacevo, perché l’equipaggio – se non è interpellato – tace – o no? – “Bravo, adesso fai una cosa” Cosa? “Vai di sotto e prendi qualcosa da mangiare, che ho fame. Vedi un po’ cosa c’è”. Io andai, signori. Andai, scelsi con calma le cibarie e tornai di sopra, porgendogli qualcosa (del formaggio, non ricordo). Solo a quel punto mi resi conto che mancava veramente poco, alcune decine di secondi. Là davanti infuriava il finimondo, la gente si gridava cose orribili e le barche sembravano squali pronti a divorarsi a vicenda. La nostra no, sembrava una foca. Ma si avvicinava, a suo modo, alla linea di partenza. Ebbene, io non so – veramente – come sia possibile, ma sta di fatto che siamo partiti fra i primi quattro, perfetti come da manuale. Sopravento, mure a dritta, attaccati alla barca giuria e perfino Dio, su quel primo bordo di bolina, avrebbe dovuto darci la precedenza. “Cazzo siamo primi!” Urlai infoiatissimo mentre già guardavo il fiocco per capire come coccolarlo e farlo rendere di più. “Forse terzi o quarti” Corresse lui mentre un’onda picchiò contro lo scafo e mi lavò la faccia. “Buono ‘sto formaggio vero? Prendine ancora va’”. E insomma io andavo su e giù dalla cambusa, prendevo da bere e da mangiare, facevo anche le cose della regata, intendiamoci, ma nei ritagli, ecco. E a quella prima boa ci arrivammo come gli dei, davanti a noi – al massimo – cinque imbarcazioni, tutte molto più veloci e doverosamente in vantaggio. A quel punto cominciammo a parlare di tutto, di calcio, della scuola, della vela, sì anche della vela però prendila tranquillamente mi raccomando, non come il papà, e nel dirlo indicava dietro, visto che il papà – assieme al grosso delle altre barche bestemmianti – era rimasto laggiù, nel gruppo, una sorta di macchia rombante di vele che ci inseguiva sputando bile dappertutto. Alla fine ci sorpassarono in molti, diciamolo francamente. Non mio padre, però.
E insomma facemmo la nostra porca figura e qualcuno, all’arrivo, ci fece addirittura i complimenti per la partenza e per quella prima gloriosissima boa di bolina, passata da gran signori a poche lunghezze da quelli che facevano sul serio. “Ma mangiavate, cazzo, su quella bolina”? Mi avrebbe chiesto più tardi uno della giuria £ …sembrava che stavate lì a mangiare e bere”. Prima di sbarcare ci salutammo e lo ringraziai davvero, come fino a quel momento – in vita mia – avevo ringraziato poche, pochissime persone. Grazie. “Di cosa? Grazie a te” mi rispose. E poi sorrise. Sorrise contento, come se avessimo vinto davvero. Perché un po’ era così. Ciao Guido, tante prime boe.
Finisce
Grazie, Edoardo, per avere ricordato in questo modo il nostro comune amico Guido Parente.
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TIMEO DANAOS ET DONA FERENTES
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Agosto, 2019 @ 7:39 amDetto altrimenti: ogni proposta può contenere una fregatura (post 3648)
Ero a capo della Finanza Italia della maggiore finanziaria italiana, la STET. Società Finanziaria telefonica per Azioni. Un importante finanziere milanese, direi il più grande (great) in assoluto, Giancarlo Gloder, mi disse: “Vede, per operare nel nostro settore occorre innanzi tutto avere una grande credibilità, occorre ispirare e meritarsi dagli interlocutori la massima fiducia. Lei ha tutto ciò”. Lo ringraziai e feci tesoro delle sue parole.
Timeo Danaos … temo i Greci anche quando mi fanno regali, così Laocoonte ai suoi concittadini Troiani per cercare di convincerli a non accettare il cavallo di legno donato loro dai Greci. Bene ha fatto quindi quel tale a non accettare la proposta del premierato, avanzatagli da chi ha dimostrato di non meritarsi la fiducia altrui. Sia ben chiaro: io non aderisco a nessuno dei due gruppi in questione, ma “a me mi” piace ragionare, o almeno, tentare di ragionare.
Maccome? Tu che accusi chi praticherebbe la politica Poltronesofà pensi di costruire un’alleanza offrendo poltrone? Eppoi (eppoi) ove io accettassi, “chimmidice” che tu, un attimo dopo, non mi denunceresti come cacciatore di poltrone? Anzi, sai che faccio? Dico a tutti della tua offerta e che l’ho rifiutata. Mo’ so’ cavoli tuoi …
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L’ACQUA: BENE COMUNE O BENE PUBBLICO?
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Agosto, 2019 @ 7:18 amDetto altrimenti: le parole sono pietre, usiamole con precisione (post 3647)
Le parole sono pietre, scriveva Don Milani alla professoressa. Bene collettivo o pubblico: una piazza, una scuola: Bene Comune, quel bene costruito sin dall’inizio con l’apporto di tutti. E l’acqua, cos’è? Oggi è un bene collettivo, nel senso che tutti ne godono, o almeno di cui tutti dovrebbero godere. A mio avviso deve diventare un Bene Comune, cioè un Bene realizzato e messo a disposizione di tutti con il contributo iniziale e continuativo di tutti. A tale riguardo una forza politica afferma che l’acqua deve essere pubblica, intendendo che le aziende che gestiscono il ciclo dell’acqua devono essere de-privatizzate, cioè che tutto deve essere messo in mano al pubblico e che l’acqua deve essere gratuita.
Ma affinchè abbiamo l’acqua a portata di rubinetto, occorre trovarla, captarla, depurarla, potabilizzarla, distribuirla, depurarla e “fognarla”. Tutto ciò richiede programmazione, progettazione, finanziamenti, investimenti, gestione. Tutto ciò richiede capacità e coperura dei costi. Chi ha questa capacità manageriale? Chi sostiene questi costi? I “pubblicisti” affermano: lo Stato. Io mi permetto invece di affermare che per l’acqua occorre andare verso il going public nel senso anglosassone: infatti to go public in inglese significa andare verso la popolazione. Occorre cioè “privatizzare”, ovvero gestire attraverso SpA, affidarne la gestione a chi ne ha le capacità ed aprirne il capitale all’azionariato diffuso, al pubblico, a tutto il pubblico.
Dice … ma se una Spa non è pubblica al 100%, cioè se non è “in house” l’Ente pubblico non può affidarle direttamente la gestione. Evvabbè, dico io, allora vuol dire che la SpA sarà posseduta da molti comuni appartenenti ad uno stesso bacino funzionale. Oppure si fa una Spa pubblica al 100%, le si affida la funzione e poi si fa una gara per trovare soci privati i quali come prestazione accessoria forniscano progettazione, gestione, costruzione etc.. Insomma, purchè sia una Spa gestita come una Spa. L’Ente pubblico azionista di maggioranza può sempre riservarsio delle golden shares (le cosiddette azioni d’oro, privilegiate) che incorporino diritti particolari in merito a investimenti, dividendi, etc.).
In Italia oggi, l’acqua è a due velocità: nel nord e nel centro grandi imprese privatizzate gestiscono con successo. Nel meridione invece agiscono migliaia di piccole gestioni comunali, molte delle quali “fanno acqua” da tutte le parti: dobbiamo adeguare il sud al nord e non viceversa. La gestione dell’acqua è una scienza che non può prescindere da ricerca, investimenti, capacità specifiche che non si trovano all’interno di uffici pubblici.
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