CAMBIAMENTI CLIMATICI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Novembre, 2019 @ 7:35 am

Detto altrimenti: novembre andiamo, è tempo d’allagare …       (post 3687)

Povera Italia, povera Terra! Dove non si allaga e frana (Indonesia, Piemonte, Liguria, Campania, Francia), brucia (California, Siberia, Amazzonia). Quo usque tandem? Fino a quando, insomma? E allora interveniamo, innanzi tutto con un cambio di rotta culturale. Cultura = insieme di conoscenze. Ma noi, abbiamo le conoscenze necessarie alla comprensione del fenomeno e all’assunzione dei provvedimenti necessari? Oppure per ignoranza (+ pigrizia + malafede) rischiamo di passare da un eccesso all’altro?

La nostra era nera …

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Anni ’60. Mia famiglia d’origine. Auto familiare una Fiat 1221 GL nera con il tetto grigio perla, le fasce laterali e i montanti posteriori cromati, ruote bianche: una sciccheria! In famiglia eravamo in cinque, un po’ strettini su quei sedili. Nei viaggi “familiari”: “C’è caldo, aprite i finestrini”. Detto fatto: tutti i finestrini aperti. Dopo un po’: “C’è troppa aria, chiudete”. Tutti chiusi. Dopo un po’ si ricominciava …

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Anni 2000.Bici elettriche in montagna, troppe, ovunque. Dice … ed allora, vietiamole! E invece il CAI Centrale ha pubblicato numerosi quaderni sul ciclo escursionismo, materia che non va totalmente liberalizzata né totalmente vietata, bensì va “intelligentemente e scientificamente regolamentata”.

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Copenaghen, centro città: si scia sui rifiuti!

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Dice …inceneritori avanti tutta. Anzi, “Basta inceneritori!” Ma quale tipo di rifiuto va negli inceneritori? Non lo sapete? Ve lo dico mio: l’indifferenziato. E dove mai dovrebbe andare, sennò? Dice … ma bruciare inquina. No amici: a Copenaghen ne hanno costruito uno enorme in pieno centro e sul tesso spiovente hanno realizzato una pista da sci!

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Dice …basta centrali a carbone, “decarbonizziamo”. Va bene, ma anche se aveste decarbonizzato tutte le centrali avreste risolto solo metà del problema, perché una quota analoga di inquinamento deriva dall’economia dell’allevamento del bestiame e dall’agricoltura, settori quasi del tutto orfani di una politica di decarbonizzazione.

La Cina decarbonizza le centrali a casa propria, ma ne costruisce una enorme nei Balcani che se poi il vento soffia da quella parte ci farà un gran bel regalo!

Dice: l’acqua deve eessere pubblica e gratuita! Ma … siamo certi che la complessa industria del ciclo dell’acqua (ricerca, captazione, potabilizzazione, distribuzione, investimenti relativi) possa essere affidata ad uffici pubblici? Siamo certi che senza il contributo finanziario e gestionale dei privati il sistema possa funzionare? E se l’acqua fosse gratuita, quanto aumenterebbero gli sprechi? Già in Italia siamo i primi in Europa quanto a consumo giornaliero pro capite di acqua potabile, con ben 428 litri!

Dice … adottiamo l’economia circolare! E pensiamo solo ai rifiuti ma nulla si fa per l’allungamento della vita dei beni di consumo, per i quali anzi vige la prassi della loro “durata programmata”  “così poi si è certi che si romperanno e i consumatori ne acquisteranno altri!”.

Dice … la l’economia verde fa perdere posti di lavoro! Dico: costoro però si fermano lì, non avanzano proposte alternative. E invece qui non si tratta di deindustrializzare, ma di governare l’innovazione e il passaggio ad una industrializzazione responsabile.

Dice … insomma, caro blogger, ma tu cosa proponi? Un’ideuzza ce l’avrei anzi due: 1) per la soluzione del problema nel medio periodo (la soluzione “ a breve” la lascio alla politica, anzi, alla Politica): nelle scuole, all’interno della materia “Educazione Civica” inseriamo un corposo capitolo di “Educazione ambientale”. 2) Nell’elenco degli “Stati canaglia” oltre che quelli che agevolano il terrorismo, inseriamo anche gli stati finanziariamente canaglia (ad esempio Malta) o ecologicamente canaglia (ad esempio il Brasile).

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IN VINO VERITAS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Novembre, 2019 @ 8:43 am

(Questo post sta “avendo successo”: la durata media di ogni visita sta passando da 1 a 3 minuti e il ritorno dei lettori affezionati (i non nuovi) dal 7 al 25% del totale!

Detto altrimenti: in trattoria nel basso Piemonte      (post 3685)

Pellizza da Volpedo: “Il quarto stato”

Dopo la visita alla tomba di famiglia di mia moglie a Volpedo (AL): 300+300 km Trento-Volpedo-Trento, in giornata.

Ristorante Enoteca Le Vinaie (foto ufficioturisticodellevallideltortonese.it)

Monleale, confinante con Volpedo. In trattoria (ve la suggerisco): si tratta de “Le vinaie”, Piazza IV Novembre, Monleale (AL) Tel. 346 6301029.   “Quanto vino c’era nella bottiglia che vi abbiamo servito?” Così siamo stati interpellati alla cassa, al momento di saldare il nostro pranzo.

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In un atttimo ho rivisto una scena antica: S. Angelo in Colle (Siena), splendido paesino-frazione “vicino al quale” c’è Montalcino, patria del mio babbo. Il “trattore” (soprannominato “Buonanotte” e come diversamente, sennò?) predispone la merenda per alcuni avventori: pane, affettati, formaggi. Poi alza il fiasco del vino, lo “analizza” controluce per registrare quanto vino contenga. Lo stesso gesto farà al momento del conto, per valutare la quantità di vino bevuto e quindi da pagare.

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Ebbene sì!

Secondo pensiero istantaneo: maccome (maccome) si può pensare che noi due (Maria Teresa della zona ed io di padre Montalcinese!) durante un pranzo nella campagna del basso Piemonte non si sia bevuta (almeno) un’intera bottiglia di croatina?

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Monleale (foto vivitortona.it)

Croatina: dicesi di vino “bonarda-di-fuori zona-ma-ottimo- anzi!” quasi barbera, naturalmente spumeggiante. Quello del quale si tratta è lo ”Scaldapulci” della cantina di Franco Scherpa sulla splendida collina di  Monleale (AL) tel. 338 6585785. E Franco, ormai un amico, noi ogni anno ci concediamo il suo vino (evviva gli anacoluti manzoniani, quelli con due soggetti!). Una telefonata e ce ne fa trovare un cartone direttamente in trattoria. Ma non basta: Franco è venuto a salutarci di persona, quando si dice un amico, un vero signore!

In cantina con Franco Scherpa

I vini. Oltre la croatina: lo chardonnay e soprattutto il barbera di quello che quando lo versi fa la schiuma che poi se ci metti dentro un coltello “sta in piedi”;  lo spumante di Monleale.

Spumante di Monleale: ne conservo una bottiglia dell’anno del mio matrimonio, 5 gennaio 1971. Lo so, lo so che non è un vino da invecchiamento, ma per noi due è un ricordo prezioso: la stapperemo a Monleale al compimento dei 50 anni di matrimonio, nella cantina di Franco, in presenza di un enologo che rediga un verbale su come si è tramutato qual vino. Franco, sei avvisato, preparati!

Prosit!

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Altro vino, lo spumante brut DOC dei Colli Tortonesi, bottiglia omaggiataci dalla gentile signora gestrice (grazie!). Evvabbè … il cibo ottimo, l’accoglienza in trattoria spontaneamente e genuinamente amichevole … possiamo ben perdonare il gestore (che poi era una bella signora) per avere dubitato della nostra leale e generosa predisposizione al buon vino.

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Pedalare necesse est!

Anzi, le abbiamo chiesto di segnalarci un appartamentino da affittare per una decina di giorni la prossima primavera: infatti da “sposini a pedali” vogliamo concederci una bici-vacanza sulle splendide colline del Volpedese. Abbiamo poi una seconda idea: portare a pedalare su quei colli i colleghi di FIAB Amici della bicicletta, Trento, purchè si trovi la sistemazione alberghiera per un paio di notti per 25-30 persone. Vedremo.

Coppi e Bartali: chi passa la borraccia a chi?

Volpedo, Pellizza da Volpedo e l’antica pieve romanica di San Pietro (già citata nel X secolo); Monleale, le sue colline; Monleale e Volpedo, vicini a Castellania, la patria di Fausto Coppi; Monleale e Volpedo: i loro vini; il loro cibo; soprattutto la loro Gente.

Pescheti in autunno: foto o quadro di Van Gogh?

Da visitare in primavera e in autunno, le stagioni migliori, le più colorate. Meglio se “a pedali”.

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LIBRI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Ottobre, 2019 @ 4:28 pm

Detto altrimenti: libri, che si affollano sulla mia scrivania, che litigano per essere letti prima degli altri … (post 3683)

David, un amico, mi ha mandato un sms: “Grazie per i libri che mi suggerisci di leggere”. Questo per me stato un motivo rassicurante (ma allora vi sono persone che leggono libri!) e di soddisfazione personale: come è bello ritrovarsi “sui libri”, condividerne i principi, ragionare sui contenuti, riflettere, pensare! E poi … tutto ciò per un blogger vale ancora di più, perché il blogger ne scrive ogni giorno nei suoi post, si apre agli altri: non è mai solo.

Solo? Solo che io ho un problema: quelli i libri (due soggetti alla napoletana, bellissimo!) quelli i libri, dicevo, sulla mia scrivania fanno l’ italian file, la fila all’italiana (cfr. post “Italian file”!): si spintonano, cercano di aggirare la fila sui lati: insomma, vogliono “letti” (participio passato secondo il diletto sardo, cioè vogliono essere letti) con precedenza sui colleghi.

Un esempio? Eccolo! Appena fra di loro si è sparsa la voce che io stavo leggendo un giallo (cfr. post Giallisti a confronto”), si sono levate mugugni e voci di corridoio fra la fila dei libri in attesa: “Maccome? Un altro giallo? Non gli sono bastati quelli di Mankell?  E poi, con i tempi che corrono, non è meglio se legge e scrive di noi?” A parlare sono i due ultimi arrivati, che poi a forza di spingere sono qui davanti a me in prima fila. Eccoli: “Il potere, la carriera e la vita – Memorie di un mestiere vissuto controvento” di Pier Luigi Celli, Chiarelettere Editore; “Dì la verità anche se la tua voce trema” di Daphne Caruana Galizia, Bompani “Munizioni”.

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Ed io? Io per mettere pace fra di loro, ho iniziato a leggerli entrambi ma siccome che (“siccome che”, evviva i dialetti, quello trentino questa volta!) ne stavo già leggendo uno, mi chiedo chissà come si dice “entrambi” quando i “due” sono “tre”? Eppoi (eppoi) uno si domanda perché io faccia tutto questo. Semplice: non volete mica che io limiti la capacità di lettura delle mie lettrici e dei miei lettori e la costringa entro i confini del mio già letto! Io leggo e segnalo, segnalo e leggo: in tal modo le varie letture progrediscono in parallelo, come una serie di lampadine collegate in parallelo, circuito nel quale ognuna si accende insieme alle altre e non è condizionata dall’accensione della lampadina precedente, come invece accade nei circuiti-in-serie e come accadrebbe se io segnalassi solo un libro già letto.

Cosa? Qualche cenno sui contenuti dei due libri? Celli: il primo fattore della produzione non è nè il capitale né il lavoro, bensì la motivazione di chi lavora. E guai agli organigrammi verticalizzati! Caruana Galizia: giornalista uccisa con il tritolo perchè svelava la mafia maltese: non per niente la collana “Munizioni” è curata da Roberto Saviano.

Buoni libri a tutte e a tutti!

P.S.: la mia madrina blogger, grande lettrice e conduttrice di Libincontri, è informata”! (www.trentoblog.it/mirnamoretti)

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ACHTUNG! SOVRANISTI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Ottobre, 2019 @ 9:32 am

Detto altrimenti: uscire dall’UE e/o dall’Euro? Una follia!     (post 3682)

(a seguito del post precedente “Finanziaria”)

1944, seconda guerra mondiale in corso: a Bretton Woods gli alleati stabiliscono il sistema dei cambi fissi parametrati sul dollaro USA e sull’oro: l’oro valeva 35 dollari l’oncia; il dollaro 625 lire; il franco svizzero 175; il marco tedesco 145 (ricordo bene? Ma anche se mi sbagliassi, farebbe lo stesso …). Perché tutto ciò? Per dare stabilità e certezze (innanzi tutto agli USA, ma anche a noi). 1970: il regime dei cambi fissi viene abbandonato (troppi andavano in USA a comperare l’oro delle sue riserve contro un prezzo troppo conveniente solo per l’acquirente!).

La lira, come le altre valute, fu abbandonata a se stessa e tutti si accorsero che essa valeva di meno di quanto risultasse da quel rapporto fisso con il dollaro USA e che conveniva acquistare valuta estera contro lire. Da qui fuga di capitali, stretta valutaria, stretta creditizia. Ricordo solo alcune regolette degli anni ’70:

divieto di possedere valuta estera (stretta valutaria); limiti alla concessione del credito (stretta creditizia); costo effettivo annuo del denaro anche oltre il 30-35 %; obbligo per ogni importatore di versare a Bankitalia su un conto infruttifero bloccato per sei mesi la metà delle somme pagate all’estero a fronte delle merci importate. Può bastare? E’ a questo che i sovranisti ci vogliono riportare?

Infatti, l’appartenenza dell’Italia all’Euro per certi aspetti è simile al regime dei cambi fissi: la moneta che noi utilizziamo (i “nostri” Euro) è soggetta solo alle variazioni che riguardano l’intera area euro e non solo l’area Italia. Quindi guai ad uscirne! Dice … ma noi von “vogliamo” uscirne! Dico: si, basta che non siano gli altri a cacciarci, quando riscontrassero che spendiamo una moneta sorretta solo dalla loro economia e non più anche dalla nostra.

40 anni fa, durante una mia vacanza in Grecia. All’entrata in quel paese avevo dollari USA che cedetti contro dracme. All’uscita mi obbligarono a cedere le mie dracme residue contro dollari: fui stupito: maccome? Non conservate gelosamente la valuta pregiata? La ragione era che “guai” se le dracme fossero circolate all’estero: tutti avrebbero capito quanto meno esse valevano rispetto al valore loro attribuito all’interno di quel paese!

Ecco perché ho intitolato questo post “Achtung! Sovranisti”


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FINANZIARIA 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Ottobre, 2019 @ 8:39 am

Detto altrimenti: nelle SpA è diversa, da sempre     (post 3681)

SpA, Società per Azioni, usualmente di proprietà dei privati (ma oggi esistono molte grandi SpA pubbliche e miste pubblico-privato) e gestite secondo quell’ottica originaria (salvo eventuali correzioni “pubbliche”). In queste mie brevi riflessioni prendo in esame solo le SpA private-private.

Esse erano gestite secondo un principio oggi superato: massimizzare fatturato e utile, a prescindere (dal trattamento riservato ai dipendenti). Oggi (per fortuna, grazie anche ad Adriano Olivetti!) si sta capendo che il primo fattore della produzione non è né il denaro né il lavoro, ma la motivazione dei dipendenti. Ma non è di questo che voglio parlavi … ma tant’è … mi scappava di dirvelo!

Orbene, queste SpA sono gestite secondo una pianificazione triennale scorrevole, cioè rinnovata di anno in anno. Al suo interno, secondo un budget annuale il quale non viene modificato in corso d’anno, bensì serve per verificare mese per mese le cause di eventuali scontamenti i quali rappresentano o una certa incapacità previsionale o il verificarsi di eventi imprevedibili.

Ero a capo di una SpA italiana a maggioranza Siemens. Verso il fine d’anno riscontrammo un utile molto superiore al previsto. Ai dirigenti che me lo segnalavano io manifestai soddisfazione. Uno di loro, tedesco, mi disse: “No, dottore, da Monaco arriveranno critiche perché non siamo stati in grado di prevederlo!” Superato questo “scoglio”, restava la mia soddisfazione perché saremmo stati in grado di distribuire un dividendo maggiore del precedente. Lo stesso dirigente. “No, dottore, l’azionista vuole un dividendo maggiore di quello che avrebbe avuto se avesse investito sul mercato tutte le somme che ha investito su di noi”. Insomma: capacità previsionale perfetta e rendimenti ai migliori livelli del mercato sul totale del capitale investito. Dalla Siemens io ho imparato moltissimo, anche se poi al mio dirigente che si chiamava ( e mi auguro che “si chiami” ancora!!)  Klage, dissi: “Her Klage, bitte, keine Klage!” E klage in tedesco significa “lamento”!

Ciò premesso, i concetti che vorrei vedere trasportati e recepiti nella metodologia delle nostre leggi finanziarie sono i seguenti:

  1. non ritenere vincolate somme che sono state rese tali nel passato rispetto a priorità non più tali (= revisione delle priorità e cioè della pianificazione pluriennale); 2) valutare ogni scelta di spesa e di investimento secondo il criterio economico del costo di ciò che di diverso e di meglio potrei realizzare con quella somma; 3) non prescindere mai da come coprire il fabbisogno finanziario, copertura da effettuare pur mantenendo una costante riduzione dell’indebitamento pubblico.

Perché tutto questo? Perché la moneta (euro) rappresenta l’economia reale dei paesi aderenti e se l’Italia non produce abbastanza e/o rischia la bancarotta finanziaria, potrà essere estromessa dall’euro, il che sarebbe una rovina. Ma della sciagura dell’autarchia monetaria ve ne parlerò nel prossimo post.

(continua)

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DEMOCRAZIA E POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Ottobre, 2019 @ 9:26 am

Detto altrimenti: dobbiamo moltissimo alla Grecia!       (post 3680)

Per comodità dei lettori, copio qui la sinetsi che troverete in fondo all’articolo: … in gioventù sono stato istruttore sezionale di alpinismo. In età matura velista appassionato. In entrambi i casi non mi è mai capitato di trovarmi in situazioni di estremo pericolo di vita, cioè non sono mai stato bloccato su una parete durante una tempesta di neve e ghiaccio né in balia di grandi onde sotto il Mistral. Tuttavia in entrambi i casi la prima regola da applicare sarebbe stata una sola: “durare”. Cito questa regoletta perché in democrazia e in politica la prima regola da applicare – innanzi tutto a se stessi – è “esserci”, fare demos, cioè fare popolo.

Demo-crazia, demos-kratos, potere-popolo. Nei millenni il termine ha assunto significati molto diversi.

  1. Inizialmente significava “potere sul popolo” e il democrator era il dittatore. Al riguardo mi piace citare una lirica che ho scoperto in internet: Who opened the door for the democrator? / And how come he let in the market-conquistadors? / Why is he acting as if he has something to hide? / The privilege of the stupid is to be taken for a ride… Chi ha spalancato la porta al democrator? Come mai costui si è collocato nel gruppo dei conquistadores? Perché si sta comportando come se avesse qualcosa da nascondere? Il privilegio dello stupido è quello di farsi prendere in giro.

Mi piacerebbe sapere chi sia l’autore di questi versi, se non altro per ringraziarlo di averci messo in guardia contro un uso particolare del termine (e del potere). Democrator, cioè di fatto dittatore, era sicuramente Pericle il quale per non rendere il previsto rendiconto finanziario annuale si fece rieleggere per trent’anni di fila. Pericle il guerrafondaio di guerre tutte perse (in Egitto, a Siracusa, infine contro Sparta, quella fatale per Atene, che se non fosse morto prima di peste, avrebbe chiesto la pace!).

Per comprendere la “democrazia “ ateniese mi permetto di suggerire la lettura di un breve testo scritto da un anonimo, l’ Anonimo Ateniese, “La democrazia come violenza” edito da Sellerio: un tale, contrario al regime ateniese e quindi esule, ci spiega come mai la “democrazia” di Atene perdurasse per tanti anni nonostante i suoi molti difetti che in realtà ne snaturavano l’essenza.

2) La seconda vita del termine democrazia: “strapotere del popolino”, espressione usata in senso critico e dispregiativo dalle classi nobili e ricche per criticare un governo a maggioranza popolare. Oggi forse potremmo trovare un equivalente dire “strapotere del web”.

3) Terza vita: potere del popolo. Ma a questo punto occorre fare attenzione: di quale popolo? Di un popolo che si parla, che si incontra, che discute nei luoghi deputati e che alla fine esprime una volontà-maggioranza (come dovrebbe essere); oppure di un popolo che non si parla; che si incontra solo sul web con un like; che inneggia a chi parla in sua vece e afferma di esprimere la volontà del popolo?

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A quest’ultimo riguardo mi permetto di suggerire la lettura di un piccolo ma great libro di Umberto Eco, “Il fascismo eterno” edito da La nave di Teseo, 60 paginette per i 5 Euro mai così ben spesi. Eco mette in guardia contro il populismo qualitativo, cioè contro la pretesa di taluno di esprimere la volontà uniforme dell’intero popolo, considerato come una massa qualitativamente omogenea (il che non esiste, n.d.r.).

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Circa il pericolo delle folle osannanti, delle unanimità assolute, leggete la prefazione dell’autore Josjf Brodskj al proprio libro “Il canto del pendolo” Ed. Adelphi. Cito a memoria: “Giovani, diffidate delle folle osannanti, delle unanimità di pensiero … se non altro perchè dentro i grandi numeri più facilmente può nascondersi il male”.

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Ecco quindi che noi, che viviamo il terzo significato del termine, non dobbiamo regredire al secondo né tanto meno al primo!

Quindi il problema “democrazia” diventa problema “popolo”: se manca il popolo comunicante al suo interno (nei partiti politici) manca il demos e senza il demos, ecco che il kratos-potere da solo non può far nascere la demo-crazia. Ecco quindi l’importanza di “esserci” in politica. Politica, anche qui un “grazie!” alla Grecia, per la quale il termine politica era un aggettivo di teknè, tecnica, ovvero tecnica politica. Noi lo abbiamo sostantivato e lo utilizziamo così, tout court. Tecnica di governo della polis che poi era la città stato, quindi oggi tecnica di governo dello Stato. Ma … lo Stato siamo noi! E allora innanzi tutto andiamo a votare, non facciamo come in una città di poco più di 100.000 abitanti che non nomino per ragioni di privacy, nella quale ben 30.000 aventi diritto al voto non vanno a votare alle Comunali!

Dice … si caro blogger, predichi bene tu, ma non esiste nessuna forza politica che mi rappresenti interamente il mio pensiero.  Rispondo: che bella pretesa, fare politica senza scendere ad alcun compromesso, anche con se stessi. Dice: ecco vedi? Parli di compromessi, di una cosa negativa!

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Rispondo: no caro amico, il compromesso ha fatto la storia, da sempre. Al riguardo ecco un altro libro fondamentale di cui mi permetto di suggerire la lettura: “I conti con la Storia – Per capire il nostro tempo” di Paolo Mieli (Ed. Rizzoli), al capitolo “Mosche e scarafaggi: quando i compromessi fanno la storia” (pagg.- 38-47), là dove Mieli cita il filosofo israeliano Avishai Margalit, secondo il quale se una mosca si posa sull’unguento di una vostra ferita, la scacciate e la cosa finisce lì: un compromesso accettabile. Per contro vi sono compromessi sordidi, nel senso che non potreste mai mangiare una minestra nella quale fosse caduto uno scarafaggio: fuori delle immagini Mieli cita una serie di compromessi della storia, alcuni accettabili anzi necessari e utili ed altri sordidi. Leggete voi stessi il testo completo.

Dice … quali sono oggi secondo te, blogger, i peggiori nemici della democrazia? Rispondo: la retorica, la demagogia, il polulismo, il sovranismo, l’antieuropeismo. Ah … dimenticavo: il disinteresse, la distrazione, l’assenza da parte dell’elettorato.

A quest’ultimo riguardo, perdonate un riferimento personale: in gioventù sono stato istruttore sezionale di alpinismo. In età matura velista appassionato. In entrambi i casi non mi è mai capitato di trovarmi in situazioni di estremo pericolo di vita, cioè non sono mai stato bloccato su una parete durante una tempesta di neve e ghiaccio né in balia di grandi onde sotto il Mistral. Tuttavia in entrambi i casi la prima regola da applicare sarebbe stata una sola: “durare”. Cito questa regoletta perché in democrazia e in politica la prima regola da applicare – innanzi tutto a se stessi – è esserci”, “fare demos” cioè fare popolo.

Grazie per esserci stati, nel senso di avermi letto sin qui!

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GIALLISTI A CONFRONTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Ottobre, 2019 @ 8:32 am

Detto altrimenti: entrambi svedesi      (post 3679)

Due post fa (post n. 3678, “Libri”) vi parlavo di libri. Sapendomi ammiratore di Henning Mankell, Roberto, un amico del gruppo di lettura Librincontri di Mirna Moretti, mi ha prestato un giallo,“Il poliziotto che ride”, di Maj Djowall e Per Wahloo (Sellerio Ed.).

Librincontri

In un giorno ne ho letto quasi un terzo, 100 pagine su 338, quanto basta per azzardarmi ad esprimere un primo verdetto: Mankell- Diowall Wahloo, 3 a 0. Non c’è partita. Mi dispiace per i due coautori, il loro libro sicuramente val la pena di essere letto, ma Mankell è un’altra cosa. E non si tratta dell’idea dalla quale è nata la trama, della trama stessa, dell’azione (che in queste 100 pafine manca del tutto!) o dello stile della scrittura, ma di una differenza per me sostanziale: Mankell dedica molte pagine all’analisi e descrizione dello stato d’animo e della vita privata dei suoi personaggi, ed in particolar modo “del” suo personaggio, il commissario Kurt Wallander, tal che dopo un po’ vi pare che si tratti di una persona vera e non di una creazione letteraria dello scrittore. E accade che voi stessi confrontiate i vostri sentimenti e la vostra vita con la sua. Insomma, Wallander diventa una persona vera, un vostro amico, ed ora che ho esaurito la serie delle sue avventure, lo confesso, mi manca! Azzardo: mutatis mutandis, nell’ambito della giallistica, quanto ad analisi introspettiva dei suoi personaggi, Mankell è un vero “manzoniano”.

Henning Mankell

Nel libro che sto leggendo tutto questo non c’è. Ricordate da bambini … ogni tanti ci capitava in mano un piccolo blocchetto di foglietti riportanti tutti un disegno quasi uguale? Se facevamo scorrere velocemente quelle paginette, il disegno pareva animarsi, il personaggio rappresentato pareva compiere un piccolo semplice gesto. Orbene, io ho fatto lo stesso con le pagine del giallo che sto leggendo e cosa ho visto? Che sono tutte pagine-dialogo. Ovvero, mancano le pagine-indagine-introspettiva-riflessione di Mankell. La differenza salta agli occhi. Ora … lo confesso … è pur vero che sulle prime io stesso, leggendo Mankell, talvolta ero portato a saltare quelle pagine per vedere come si sarebbe svolta l’azione. Ma solo all’inizio, prima di capire il valore di quella immersione nel personaggio.

Insomma, Mankell mi ha stregato. E non ha stregato solo me. Una mia amica, Maria Lia, autentica  “collezionista” di Mankell, alla quale ho prestato un giallo di un altro autore (inglese) famoso, ringraziandomi mi ha detto che dopo Mankell quel libro no, non riesce a leggerlo … le sembra “piatto”.

In ogni caso, buoni libri a tutte e a tutti, siano essi gialli, neri, rosa o d’altro colore!

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LA MANOVRA FINANZIARIA D’AUTUNNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Ottobre, 2019 @ 1:29 pm

Detto altrimenti: burro o cannoni?     (post 3678)

Paul Samuelson, grande economista (USA) morto nel 2009. Lo studiavo 55 anni fa per l’esame di Economia Politica (mio Prof. Mario Talamona). Samuelson ci poneva di fronte ad una scelta: vogliamo burro o cannoni?  Il dilemma si ripete da sempre, anche oggi quando le forze politiche si confrontano sulla destinazione della finanza residua o di quel poco che ancora ci danno a credito peraltro senza riflettere sulle grandi somme del bilancio pubblico vincolate nelle cosiddette gestioni separate, somme garantite in favore di chi le percepisce per decine di anni “a prescindere”,  in grazia di priorità che forse oggi non son o più tali. Burrro o cannoni? Finanziamo le borse di studio per i medici specializzandi in pronto soccorso (circa 250 milioni di Euro l’anno) o compriamo un cacciabombardiere F35 in più all’anno? Il costo è solo apparentemente equivalente.

Burro …

Infatti il costo di un F35 non è rappresentato da quei 250 milioni di Euro malcontati (fra acquisto e manutenzione, ma poi le cifre cambiano di anno in anno): infatti il vero costo di un F35 – calcolato secondo i migliori criteri della scienza economica – è il costo di quanto non possiamo fare con quella stessa somma: nell’esempio, quanto ci costa non avere una assistenza immediata al pronto soccorso.

… o cannoni?

Questa mia non è una presa di posizione contro il governo. E’ solo il richiamo ad un metodo di ragionamento e di gestione improntato ai criteri della scienza economica.

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LIBRI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Ottobre, 2019 @ 5:57 pm

Detto altrimenti: dal latino liber, plurale libri: “liberi” e “libri” (da leggere) (post 3677)

Libri o automobili? Avete notato cone sempre più spesso in TV si reclamizzino auto e come sempre più spesso in ogni talk shaw presentino un libro?

Si è constatato che purtroppo in Italia si legge poco. E dire che liber significa libro ma anche libero! Infatti leggere arricchisce e soprattutto libera la mente. Quanto a me leggo, ma non abbastanza “distratto” come sono dalla partecipazione a tante associazioni e alla cura amorevole verso tre splendide nipotine. Tuttavia leggo. E poi mi piace prendere nota dei libri che vorrò leggere, quelli che ho messo in lista di attesa per averne avuto notizia dai media o da amici.

Librincontri

Non considero qui i tanti libri segnalati dagli amici del gruppo di lettura di Maria Lia Guardini sui classici greci e latini e soprattutto quelli segnalati nelle riunioni Librincontri di Mirna Moretti www.trentoblog.it/mirnamoretti, blog che vi suggerisco caldamente di frequentare: infatti con le sue analisi Mirna vi apre la mente ed il desiderio alla lettura. Ma vediamo alcuni libri “miei”, che riporto secondo l’ordine che seguirò nel (tentare di) leggerli.

  1. “Il poliziotto che ride” di Maj Sjowall e Per Wahloo, Sellerio Ed. (libro prestatomi da un amico). Si tratta di un giallo svedese di due autori che dal 1965 al 1975 hanno composto il Decalogo dell’ispettore Martin Beck. Lo leggo sulla scia della serie Commissario Wallander di Henning Mankell, autore e soprattutto personaggio che mi ha letteralmente catturato.
  2. “Di la verità anche se la tua voce trema” di Daphne Caruana Galizia, Ed. Bompiani Catena Munizioni diretta da Roberto Saviano. E’ un interessante tragico approfondimento su uno stato dell’UE (Malta) che fa un po’ quello che vuole, nel bene ma soprattutto nel male: corruzione, contrabbando, evasione fiscale. Il tutto costato la vita all’autrice, fatta saltare in aria con una carica di tritolo.
  3. “La svolta – Dialoghi sulla politica che cambia” di Sabino Cassese, Ed. Il Mulino.
  4. “Austerità – Quando funziona e quando no” di Alesina, Favero, Giavazzi, Ed. Rizzoli.
  5.  “I vagabondi – Autobiografia di una costellazione” di Olga Tokarczuk, premio Nobel 2018 per la letteratura. Da internet: “La narratrice che ci accoglie all’inizio di questo romanzo confida che fin da piccola, quando osservava lo scorrere dell’Oder, desiderava una cosa sola: essere una barca su quel fiume, essere eterno movimento. È questo spirito-guida che ci conduce attraverso le esistenze fluide di uomini e donne fuori dell’ordinario, come la sorella di Chopin, che porta il cuore del musicista da Parigi a Varsavia, per seppellirlo a casa; come l’anatomista olandese scopritore del tendine di Achille che usa il proprio corpo come terreno di ricerca; come Soliman, rapito bambino dalla Nigeria e portato alla corte d’Austria come mascotte, infine, alla morte, impagliato e messo in mostra; e un popolo di nomadi slavi, i bieguni, i vagabondi del titolo, che conducono una vita itinerante, contando sulla gentilezza altrui. Come tanti affluenti, queste esistenze si raccolgono in una corrente, una prosa che procede secondo un andamento talvolta guizzante, come le rapide, talvolta più lento, come se attraversasse le vaste pianure dell’est, per raccontarci chi siamo stati, chi siamo e forse chi saremo: individui capaci di raccogliere il richiamo al nomadismo che fa parte di noi, ci rende vivi e ci trasforma, perché “il cambiamento è sempre più nobile della stabilità”.

Buona lettura a tutte e a tutti!

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ITALIAN FILE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Ottobre, 2019 @ 7:49 am

Detto altrimenti: fila, coda all’italiana       (post 3676)

Anteprima

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I miei amici sanno che da qualche tempo sono spesso a Bologna a fare il nonno. A Bologna i pensionati come me, curiosi, un po’ polemici sono chiamati “umarell” (plurale umarells; altri vorrebbero umarelles). L’umarell è quello che “controlla” i lavori stradali; corregge la manovra di parcheggio altrui; stigmatizza ogni comportamento men che regolare; arriva mezz’ora prima dell’orario di apertura di supermercati; ha soluzioni per ogni problema; etc. etc. Sull’argomento esiste una vasta letteratura, cfr, ivi. Fine dell’anteprima. Ora possiamo iniziare a parlare dell’italian file.

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Italian file: pista ciclabile della Valle dell’Adige

L’anno scorso. Guidavo una comitiva di ciclisti Fiab da Trento a Borghetto all’Adige. Mi si affianca un ciclista estraneo al gruppo e mi si rivolge in tedesco: “Da dove venite? Dove andate?”. Rispondo grazie, siamo italiani, Trentini come lei “Ah … eravate così ordinati, in perfetta fila indiana che ero convinto foste tedeschi”. Umarell autorevole.

Altro esempio di (una) umarell autorevole, questa volta verso nord

Italian file: Auditorium S. Chiara

Work in progress umarell

Una lettera che vorrei inviare alla direzione dell’Auditorium: “Spett.le Direzione, questa mattina alcune persone si sono presentate alla porta dei rinnovi abbonamenti teatrali alle 07,00, pur consapevoli che l’orario di apertura erano le 10,00. Dopo di loro sono arrivati via via altri e alle 10,00 eravamo oltre trenta in attesa, in ordine molto sparso. Aperte le porte, sono entrati per primi i più furbi e all’interno  hanno ricevuto un “numerino” più basso, ottenendo una ingiusta precedenza. Inoltre fuori faceva “freschino”. Mi permetto di suggerire l’adozione di una procedura on line per prenotazioni e pagamenti; in subordine di provare a organizzare l’attesa all’interno dei locali o, in ulteriore subordine, che siano poste delle transenne all’esterno per incolonnare le precedenze in modo corretto, e comunque che i numerini possano essere distribuiti dalla macchinetta interna o esterna con un breve anticipo, ad esempio dalle 09,30. Ringrazio e porgo distinti saluti”. Umarell risolutivo.

Italian file: Laboratori Crosina Sartori per i prelievi di sangue

A Bologna!

Ieri mattina. Non sapevo che si potesse prenotare un appuntamento, mea culpa. Per evitare la fila mi presento alle 06,30. E’ ancora buio ma non sono il primo: quattro persone sono più bonorive di me. Evvabbè. Provenendo da nord un ciclista, velocissimo sul marciapiede in discesa, sfiora pericolosamente noi cinque in attesa: “Vai piano, giovanotto!” L’umarel ha colpito. Domando ad una “collega”: quando aprono? Alle sette, risponde. Sono le 06,45. Arriva in auto un’addetta ai laboratori, ferma l’auto davanti al cancello occupando mezzo marciapiede e mezza corsia stradale. Quattro frecce lampeggianti, all’interno la tizia …  gioca? Legge? Scrive sul telefonino? Sulla strada le auto che si incrociano in quel punto, rischiano un incidente. L’umarell che è in me freme, vuole dirle che non si fa così, è incerto, alla fine tace. L’umarell contenuto, soffrendo un po’, non ha colpito. Scattano le 07,00, si apre il cancellettto esterno: alcuni ritardatari scavalcano la coda. Tutti in rigorosa fila indiana (no italian file, questa volta) entriamo nel locale della macchinetta che distribuisce i numerini: io sono quinto come prima, ma i quattro prima di me, sul marciapiede, erano dopo di me. Evvabbè … Come rimediare? Reclamizzando ed attivando al massimo il sistema delle prenotazioni  e destinando una corsia privilegiata non solo ai bambini (esiste già, molto bene!) ma anche agli anziani specie se difficilmente deambulanti.  Umarell propositivo.

Buoni umarells a tutti!

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