SCHERZA COI FANTI E …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Agosto, 2019 @ 6:27 pm

Detto altrimenti: … E LASCIA STARE I SANTI!          (post 3632)

Due post fa (“Il gioco di Trump”) non ho condiviso quel continuo affermare che Dio è con noi (Americani), Dio benedica noi (Americani), Dio salvi noi (Americani) se non altro perché mi viene spontaneo chiedere: “E gli altri no?”

Ma veniamo all’oggi anzi all’ieri. Già perché ieri abbiamo avuto l’uomo della provvidenza, quello delle leggi raziali, della cancellazione della democrazia, dell’uccisione di Giacomo Matteotti e di tanti altri, delle tante guerre (per di più perse!); oggi abbiamo l’uomo della Madonna. Eh sì, perché felice dell’approvazione del Decreto Sicurezza 2, oggi quel tale ha ringraziato anche la Madonna Santissima Immacolata (sic!). Ma si può? Ma … la Madonna non è la Madre di Quel Tale che nel Vangelo insegna che la Carità è più importante della Fede e della Speranza? Inoltre, quel decreto viola accordi internazionale. Infine, quel decreto è incostituzionale in quanto viola l’art. 10 della nostra Costituzione, che recita:

“L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici” (La Legge costituzionale 21 giugno 1967, n. 1 ha disposto che l’ultimo comma del presente articolo non si applica ai delitti di genocidio). 

E allora, come la mettiamo?

Dice … ma la formulazione della legge chiarisce che sono puniti coloro che collaborano con i mercanti di essere umani … Dico: si, vabbè, ma come si fa a distinguere le due categorie, quella dei soccorritori e quella dei mercanti? Chi decide se una nave sta salvando naufraghi o se invece sta collaborando con quei mercanti? Semplice: lo decide lui.

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POLITICA e DEMO-CRAZIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Agosto, 2019 @ 6:41 am

Detto altrimenti: dalla lingua greca …    (post 3631)

Politica. Gli antichi Greci parlavano di teknè politika, tecnica politica, ovvero l’arte di governare la polis, la città, che poi era una città stato. Noi abbiamo sostantivato quell’aggettivo e parliamo tout court di politica. Solo che così facendo abbiamo perso per strada quell’ “arte” che si è smarrita perché le masse sono catturate dalle reti (di retorica, demagogia e populismo) dei moderni retiarii ed inoltre perchè a votare vanno in pochi.

Le reti d’un tempo bloccavano il corpo: quelle di oggi, il cervello

Che fare? Occorre fare cultura e (far) andare a votare. Tutto qui. A cominciare dalle elezioni della polis, della città, della nostra città: le “comunali”. Questo potrebbe essere il primo punto del programma di una forza politica: mettere al centro della propria azione il “dovere di voto” a cominciare appunto dal voto per il governo della polis.

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Andare a votare. Piero Calamendrei, per descrivere i pericoli del disinteresse dalla politica, ai suoi allievi raccontava: “Una nave sta affondando. Il capitano avverte i passeggeri. Uno di essi esclama: “Oh che m’importa, un è mica mia!”

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Demo-crazia. E dai co ‘sti Greci! Già perchè anche qui l’origine del termine è loro! Pensate un po’ … all’inizio democrazia significava “potere sul popolo” e il democrator (1) era il tiranno. Poi le classi più umili, il cosiddetto popolino prese il potere ed allora le classi nobili escluse dal governo usarono quel termine per indicare con spegio lo “strapotere del popolo”. Solo alla fine il termine ha indicato “potere del popolo”. Dice … ma come “ha indicato”? Forse non “indica” anche oggi? Eh no, cari, oggi siamo regrediti dal terzo al secondo sighnificato, cioè dal potere del popolo esercitato attraverso un parlamento allo strapotere del popolo della rete. Stiamo attenti a non fare un ulteriore passo indietro! Dice … ma come potrebbe accadere ciò? Eh, cari, con la cosiddetta democrazia diretta (2), diretta da chi? Da chi ha il controllo della rete, i moderni retiarii, e da chi altro se non da costoro? Già, perchè con la democrazia diretta la democrazia si trasformerebbe in una oligarchia. Leggete i miei post al riguardo, leggeteli gente!

(1) Who opened the door for the democrator? / And how come he let in the market-conquistadors? / Why is he acting as if he has something to hide? / The privilege of the stupid is to be taken for a ride. – / Chi ha spalancato la porta al democrator? / E com’è che egli si è collocato nel novero dei conquistadores? / Perché si sta comportando come se avesse qualcosa da nascondere? / Il privilegio dello stupido è l’essere preso in giro.

(2) “diretta”, participio passato del verbo “dirigere”, verbo della terza coniugazione, che come tale ha sempre significato passivo: “orchestra diretta da …”; “associazione diretta da …” ; “democrazia diretta da …” .

THE END (nella speranza che non sia quella della democrazia vera!)

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IL GIOCO DI TRUMP

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Agosto, 2019 @ 6:29 am

Detto altrimenti: … gioco? Anche in borsa!       (post 3630)

Un mio vecchio amico genovese, commerciante ed ebreo (dico questo solo per sottolineare positivamente la sua grande capacità commerciale e finanziaria, s’intende!) affermava: “Basta che i mercati si muovano, al resto penso io”. E certo che le dichiarazioni di Trump sui prossimi dazi all’import dalla Cina hanno fatto muovere le borse! Quella italiana in un giorno ha perso 14 miliardi, quella tedesca 45.  Ora, siccome nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma (anche in borsa), quando qualcuno perde, un altro guadagna. E non volete che Mr. Trump si sia attrezzato (non direttamente, ci mancherebbe, bensì tramite “amici”) per lucrare sui movimenti di borsa che lui stesso determina? Lui nel frattempo “tira dritto” per la sua strada.

Montalcino (SI) – La fortezza

Il mio babbo, toscanaccio Montalcinese doc, quando voleva dire che non gli venissero a raccontare frottole, se ne usciva con un’espressione colorita: “O te, un mi venire a dire che Cristo gli è morto di sonno, tira via … gnamo … che ‘sta mattina un è serata!” Cosa? Sono un malpensante? Certo, ma “piensa mal y acertaras”, pensa male e indovinerai!

Appendice n. 1

Mappoi (mappoi) Trump gioca anche con i cambiamenti climatici, e qui alla fine riuscirà perdente, solo che nel frattempo farà perdere anche noi!

Ancora: Trump gioca con le armi, quelle portatili dei suoi connazionali che fanno una strage al mese, e le sue, quelle atomiche … che se gli scappa il grilletto distrugge il mondo! E bravo Trump!

Infine Trump gioca anche con l’UE, una costruzione che alcuni di noi si sforzano di comporre ma che lui vuole rompere. E dire che alcuni di noi europei fanno il suo gioco … ma si può?

Appendice n. 2

God bless … God save … insomma, questo nostro Dio chiamato a “benedire …”, a “salvare …”, a “stare con noi” (ricordate quel Got mit uns di tristissima memoria?), a “volere con noi” (Deus vult, di altrettanto tristissima storica memoria) … ma, dico io, o ci crediamo o non ci crediamo in questo Dio. Se non ci crediamo, è inutile invocarlo. Se ci crediamo che facciamo? Gli chiediamo di aiutarci a dominare gli altri, ad arricchirci a scapito del resto del mondo? Eppure il Vangelo di oggi ci avverte che è semplice vanità accumulare ricchezze: “Stolto, tu che hai accumulato tanto … questa stessa notte morirai e a chi andranno le tue ricchezze?”. 

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Agosto, 2019 @ 6:39 am

Detto altrimenti: piccoli grandi segnali …   (post 3629)

Fichi d’india che maturano lungo le strade a monte di Riva del Garda! Quando mai, prima d’ora?

Milano Marittima: pinete di ieri

Milano Marittima: pinete di oggi (dopo la tromba d’aria)

Bocche di Bonifacio: in solitaria e a vela, io. A motore quelli là ...

Traversate di ieri e non più. “Ieri” cioè 20 anni fa mi azzardavo a traversare il Tirreno con il mio FUN, una barca da regata che disloca (pesa) 1000 kg. Controllavo le previsioni del tempo e via! Oggi non mi fiderei più, e non solo per il 20 ani di più che ho, ma perchè si passa dal bel tempo alle trombe marine con estrema disinvoltura …

Bologna: mio figlio non si fida più a lasciare i vasi dei fiori appesi all’esterno della ringhiera del balcone: già una volta il vento ne ha sollevato uno e lo ha scaraventato di sotto!

E le zanzare? Una volta erano di tipo standard: le sentivi volare, le vedevi, le abbattevi. Poi è arrivata la zanzara tigre. Ora sono arrivati moscerini piccolissimi, quasi invisibili ai nostri radar, silenziosi ma urticanti … Cos’altro ci aspetta?

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UN PO’ DI STORIA (SCONOSCIUTA) DEL 1940-1941

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Luglio, 2019 @ 3:56 pm

Detto altrimenti: dal libro “Congo” di David Van Reybrouck (Ed. Feltrinelli, 2014)

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Pagg. 202-204, una particolarmente brutta storia. Già, anche perché tutte le storie di guerra sono brutte, ma questa ha dell’incredibile. Seconda guerra Mondiale. La Germania in 18 giorni invade il Belgio. Il Re Leopoldo III° riconosce la vittoria tedesca, viene catturato e verso la fine della guerra vive nella Germania nazista.

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In Congo Belga, il Governatore Generale Pierre Ryckmans si schiera con gli alleati: l’11° Battaglione congolese della Force Publique (3000 soldati e 2000 portatori, un ufficiale belga ogni 50 africani) parte dal Congo, attraversa a marce notturne (con direzione NE, “rotta” 45°) il deserto del Sudan (!), si unisce alle forze inglesi provenienti dal Kenia e dopo alcune prime battaglie vittoriose contro gli Italiani (Asosa e Gambela), il località Saio induce alla resa  Italiani, “pur numericamente e militarmente superiori”.

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In questa circostanza “furono fatti prigionieri ben nove generali italiani, tra cui Pietro Gazzera, il comandante in capo delle truppe italiane nell’Africa Orientale e il conte Arnocovaldo Bonaccorsi, l’ispettore generale delle milizie fasciste che aveva terrorizzato Maiorca durante la guerra civile spagnola. Furono inoltre fatti prigionieri 370 ufficiali italiani  (di cui 45 di alto rango), oltre a 2.574 sottufficiali  e 1.533 soldati indigeni. Infine, altri 2.000 irregolari indigeni furono rispediti a casa.  … Il bottino di guerra: 18 cannoni con 5.000 bombe; 4 mortai; 200 mitragliatrici; 330 pistole; 7.600 fucili; 15.000 granate; 2.000.000 di cartucce; 20 tonnellate di materiale radio comprese 3 stazioni trasmittenti complete; 20 motociclette; 20 automobili; 2 carri armati; 250 camion; 500 muli”.

Episodio di guerra mai menzionato nei tanti libri di storia che mi sono passati per le mani durante il mio corso di studi (elementare, medio, superiore). Sarebbe interessante conoscere eventuali altri riscontri storici (cioè non di parte) sull’episodio ed in particolare sul numero di nostri soldati italiani caduti sul campo o fatti prigionieri: almeno questo credo che sia loro dovuto.

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POSTALTRUI DI LORENZO TOSA, ANZI … ALL’INSAPUTA DI “ALTRUI”!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Luglio, 2019 @ 5:44 am

Detto altrimenti: contro il razzismo val la pena di copiare … (post 3627)

Scrive Lorenzo Tosa:

Inizia

Frecciabianca, all’altezza di Campiglia, una tranquilla serata di luglio. Delle urla forti e indistinte irrompono nel tuo vagone. È difficile capire a chi appartengono e a chi sono rivolte. Poi alzi lo sguardo, metti a fuoco e vedi un uomo sulla quarantina portata male, occhiali dalla montatura spessa e indosso la pettorina del servizio di pulizia. Man mano che si avvicina, anche la voce si fa più nitida. Ora capisci bene cosa dice: “Negra di m… Tornatene al tuo paese”. “Devi levarti da qui, schifosa, lascia il posto a chi paga il biglietto”.

La terra d’origine della ragazza, il Mali

Di fronte a lui – ora la vedi bene – c’è una ragazza di 23 anni del Mali. Una splendida ragazza, in evidente stato di shock. Prova a difendersi, gli urla con una strana mescolanza di accenti, tra italiano, francese e toscano stretto: “Razzista!” “Fascista!”. E l’uomo – se così volete chiamarlo – l’uomo esplode: “Ma quale fascista. Zitta, negra, che c’avete tre strade e le abbiamo costruite noi nel ‘39”. Già. Lui che “fascista” non è.

A quel punto è impossibile far finta di niente, anche perché nessuno si è mosso di un millimetro: ognuno seduto sulle proprie poltroncine con un Ipad in mano, un paio di cuffie nelle orecchie e uno sguardo di compiaciuta indifferenza, come se quella cosa, in fondo, non li riguardasse. E che, tutto sommato, finalmente c’è qualcuno che dice le cose come stanno e difende “gli italiani onesti e perbene”.

Ti alzi in piedi e corri verso l’uomo, che nel frattempo ha alzato persino la voce ed è a un centimetro dalla ragazza. Pensi che possa addirittura metterle le mani addosso, allora ti metti in mezzo, lo allontani, lo guardi negli occhi. E dentro vedi qualcosa che non avresti mai immaginato. Vedi il vuoto. Non c’è nulla in quello sguardo, solo rabbia cieca, senza un senso né una direzione, caricata da chissà quante migliaia di voci sentite, commenti letti, discorsi fatti, dichiarazioni ascoltate sui social o in tv ed esplose di colpo in un pomeriggio di mezza estate.

C’è il vuoto in quegli occhi. E fa paura. “E lei che cosa vuole?” chiede. “Voglio, anzi pretendo, che non si permetta mai più di rivolgersi così a questa ragazza – rispondo -. Lei ha una divisa, rappresenta il treno, le ferrovie italiane, questo paese. Si vergogni e chieda scusa”. “Lei mi ha dato del fascista”, dice indicando la ragazza. “E ha fatto bene – rispondi -. È esattamente quello che sta dimostrando di essere”.

E, in quel momento succede un’altra cosa che non avevi previsto. Accade che abbassa lo sguardo, di colpo sembra aver cambiato atteggiamento. “Ok, tutto a posto – dice -. Non è successo nulla”. “Nulla è a posto. Mi hai dato della negra di m…”, interviene lei alle tue spalle. “E tu stai zitta, non vedi che sto parlando con lui!”. Il tono ora è di nuovo alto. “Lui”, nel suo delirio, significa italiano. Connazionale. Uno dei nostri. Ecco quello che tu sei per lui. E, mentre li fissi entrambi, per qualche secondo, non riesci a non sentirti umanamente, moralmente, mentalmente, con ogni muscolo o nervo del tuo corpo, infinitamente più vicino a lei che a lui.

In quel momento, su quel vagone in corsa da qualche parte per la campagna toscana, per la prima volta forse nella tua vita ti senti straniero in Italia. Se lui è l’italiano e lei la straniera, allora sei straniero anche tu. E mai, prima d’ora, è stato così disperatamente chiaro. L’uomo a quel punto si placa, ma è tardi. Il controllore è stato richiamato dalle urla e ha allertato il capotreno. Pretendi che non finisca lì. E sei fortunato, perché il capotreno è un uomo perbene. Ha lo sguardo di chi ne ha viste tante, troppe, ma non è tipo disposto a tollerare. Lo obbliga a scusarsi. A suo nome e a nome del treno. In un mondo normale non finirebbe qui, ma basta uno sguardo tra te e il capotreno per capire che è meglio per lei se tutto quanto resta lì. Con tante scuse e nessun rapporto o segnalazione. Perché è probabile che, tra i due, una volta che si va a scavare, sia lei quella che ha più da perdere. Non è giusto, ma è meglio così.

Lei ti ringrazia, ti abbraccia, ti dice che non sa come sdebitarsi, e che, anche volendo, non saprebbe come fare. Ed è strano, perché sei tu che in quel momento vorresti scusarti con lei per quello che ha subìto, per quella violenza inaudita, per il silenzio complice di decine di persone, di italiani, che hanno assistito alla scena senza muovere un muscolo. Vorresti chiederle scusa per essere ospite di un paese che la tratta come una criminale perché è donna e perché è nera. Vorresti chiederle scusa, come italiano, e dirle che questa non è l’Italia, anche se non ne sei più così convinto.

Ti accorgi che è da un’ora che la conosci, ma non sai nulla di lei. C’è appena il tempo per scambiarsi i nomi, un frammento della sua storia, tra la Toscana e Parigi, tra il sogno di diventare una parrucchiera di successo e la realtà di sfruttamento, lavori neri, precari e malpagati, ogni settimana uno diverso. Si chiama Mailuna, il nome è di fantasia, ma la violenza di quelle parole, la sensazione di essere stata violata nel proprio intimo, nell’indifferenza generale, quella è reale, viva, e non se ne andrà con un bicchier d’acqua al vagone ristorante.

L’ultima cosa che vedi di lei, prima che scenda dal treno, è un sorriso. E ti sembra impossibile che sia della stessa ragazza che fino a mezz’ora prima stava per scoppiare in lacrime. E allora capisci che ne vale ancora la pena. Di restare umani. Di alzarsi in piedi e andare a occupare fisicamente quel posto dalla parte giusta della storia che decine di passeggeri e milioni di italiani hanno rinunciato a prendere.

Fai in tempo a chiederti dove sarà ora Mailuna, cosa farà stasera, quello che deve aver passato fino ad oggi, chi diventerà, dove la porterà la vita tra cinque, dieci, vent’anni. E, per un attimo, le auguri che sia ovunque ma non in Italia. È un attimo, già, solo un attimo. Perché, tra i due, tra Mailuna e quell’uomo sulla quarantina dalla montatura spessa, lo straniero non è e non sarà mai lei. Vorresti urlarglielo, ma è troppo tardi. È tardi per un sacco di cose. È accaduto ieri, poche ore fa, su un Frecciabianca, da qualche parte in Toscana, Italia, pianeta Terra, 2019.

Finisce

Scrive Fabio Pipinato

Inizia

Chi è più “civile”? Chi costruisce strade d’asfalto o chi innalza cattedrali di sabbia?

Forse non sa l’uomo in divisa che:

  1. l’Impero del Mali o di Manden vide l’incoronazione di Mansa Musa, l’uomo più ricco della storia (ricco non sta per denari);
  2. la prima carta sui diritti umani fu proprio quella di Manden del XIII secolo;
  3. in Mali v’è Timbuktu, la città d’oro che intreccia il lento Niger con le carovane del deserto dei Tuareg; qui si celebrava il Festival del deserto dove le più note rock star europee facevano a gara per partecipare;
  4. in Mali v’era come Ministro Aminata Traore’ teorica dell’immaginario violato che ospitò il World Social Forum internazionale;
  5. a Segou ha luogo una delle più interessanti mostre d’arte moderna d’Africa con installazioni anche sul fiume Niger: fa il paio con la biennale di fotografia africana di Bamako che ha sede proprio nel Museo Nazionale dove sono raccolti i più bei tessuti color terra del west Africa;
  6. i villaggi Dogon sulla falesia di Bandiagara sono meta dei più importanti antropologi al mondo;
  7. la Grande moschea di Djenné e’ la cattedrale in sabbia più alta al mondo e patrimonio dell’Unesco. Attorniata da scuole coraniche con arte che miscela diversi stili architettonici;
  8. da Bamako ma anche da Mopti (la Venezia maliana) partono le piroghe per il nord via fiume; una delle avventure più affascinati del west Africa;
  9. nei paesi Dogon il Toguna sta al centro del villaggio ed è sorretto da antenati raffigurati in statue in legno;
  10. la stella Sirio B che orbita attorno a Sirio A era forse nota ai maliani ancor prima dell’avvento dei telescopi europei!
  11. Dimenticavo! Gli italiani … in divisa … non hanno fatto una sola strada in Mali!

Un abbraccio e un mio personale benvenuto alla giovane principessa maliana offesa

Finisce

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SOGNO DI UN’ACCADEMIA DI MEZZ’ESTATE …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Luglio, 2019 @ 9:40 pm

Detto altrimenti: … come ogni anno      (post 3626)

Eccoci!

Buon pomeriggio amici! Ieri sera ci siamo ritrovati per la nostra Festa annuale nello splendido giardino della nostra Pres Cristina. Quest’anno il tempo è stato ok, cioè estivo e ci siamo goduti il verde del prato, il tuffo in piscina, le chiacchere all’aperto e la musica dal vivo: già, perché Patrick alla chitarra, Luciano alla fisarmonica, Giovanna vocalist, Adriana all’armonica a bocca ci hanno deliziato con la loro arte.

Patrick, Cristina, Luciano

Fra i brani eseguiti musica degli anni ’60 e per finire la Casta Diva (Norma, Bellini of course!) e gli assoli vocali di Patrick e Luciano, il quale ultimo si è cimentato anche con la canzone napoletana in puro dialetto originale.

Il nostro regalo

Ad un certo punto Cristina, Giovanna e Sergio sono spariti. Poi, dalle finestre aperte della sala, è scesa in giardino una dolce musica e di canti, ad accompagnare il bagliore delle candele accese sparse tutt’intorno (“Lascia ch’io pianga” dal Serse di Haendel; “Plaisir d’amour” di Martini; “Non ti scordare di me” di De Curtis; ”River flows in you” di Yiruma, giovane sudcoreano).

Le nereidi, le ninfe dei laghi

Per non parlare dei cibi e delle bevande! In un intermezzo abbiamo dato a Cristina il nostro regalo a sorpresa (era il suo onomastico!) e di ringraziamento per la grande sua disponibilità ad accoglierci e per il gran lavoro di cui si fa carico a nostro vantaggio.

La prossima riunione: lunedì 7 ottobre per l’inaugurazione dell’anno accademico 2019-2020.

Buona Estate e Buona Accademia a tutte e a tutti!


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BIKE ADVENTURE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Luglio, 2019 @ 6:21 am

Detto altrimenti: tutto è bene ciò che finisce bene      (post 3625)

Foto di salita precedente

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In bici, il Giro del Ballino … pare che io sia diventata la “Guida Fiab” per questo percorso. Due post fa l’ho fatto con l’amico Guglielmo, per metà sotto la pioggia evvabbè … Poi sarebbe stato programmato per gli amici che a fine agosto arrivano da Trieste e dintorni. Nel frattempo ieri …

… ieri gli amici Fiabbini Franco e Rosa arrivano a Riva del Garda da Trento. Parcheggiano, scaricano le bici e … dov’è la batteria della e-bike di Rosa? Enigma n. 1: la colpa della dimenticanza è del marito o della moglie? Io non mi schiero.  Franco propone: noleggiamo una bici. Andiamo dal ciclista Alberto Brichese: spiacente, le e-bike sono tutte noleggiate. Propongo: andiamo a casa mia e prendiamo quella di mia moglie che oggi non pedala, anche se la batteria è caricata solo a metà. Detto fatto: salgo in casa a prendere il caricabatteria, spostiamo le borse fra le due bici e partiamo.

Enigma n. 2: Franco e Rosa hanno dimenticato in auto le scorte alimentari (panini e frutta): di chi è la colpa?

Salendo al Passo: il Lago di Tenno

Saliamo al Passo: io  (e-mtb bike) faccio strada lentamente (8,5kmh): Franco (bike normale) segue; chiude la fila Rosa la quale usa erroneamente rapporti troppo duri perché non si è accorta che sulla manopola l’ordine dei comandi è invertito: morale consuma molta corrente. Enigma n.3: di chi è la colpa di non averla avvertita di come si manovrano quei cambi?

Il Maso Limarò, dalla pista ciclabile

Arriviamo agli Hotel del lago di Tenno: 10 km in un’ora e venti per 600 m. di dislivello. Sosta per ricaricare la batteria di Rosa. Si riparte, arriviamo al Passo del Ballino (da Riva del Garda km 15 per  700 metri di dislivello). Tutto bene. Discesona a Fiavè, sosta a Vigo Lomaso per una sosta davanti alla casa di Don Lorenzo Guetti, fondatore della Cooperazione Trentina. Poco dopo Franco ci propone una sosta ad un mini supermarket per comperare panini e frutta. Detto fatto. Si riparte, discesona fino a Ponte Arche, tratto di provinciale un po’ pericoloso (per il traffico) fino alla pista ciclabile del Maso Limarò.

Il Maso Limarò e la sua ciclabile, visti dall’alto

Iniziamo a fermarci per due foto. Poco dopo mi fermo per il terzo scatto, mi volto, e 20 metri più indietro vedo i miei amici fermi a rovistare nelle loro borse, con i panini in mano. Cosa stanno facendo? Non è il posto né l’ora per fermarci a mangiare. Perché si sono fermati? Enigma n. 4.

Franco e Rosa, poco prima della scoperta della mancanza del borsello

Spiegazione dell’arcano: sono le 12,30. Franco non trova il suo borsello contenente documenti, telefono e denaro. Che si fa? Forse è stato dimenticato al supermaket. Cerchiamo di telefonare ma non troviamo il numero. Sentiamo i CC, niente da fare. Propongo a Franco di fiondarsi da solo a Riva, prendere l’auto e risalire alla ricerca del borsello. Ok. Gli diamo qualche euro di scorta. Franco parte. Dopo un minuto esclamo: ma è senza telefono! Gli dobbiamo dare quello di Rosa: mi precipito all’inseguimento. Io sono sulla SP che scende verso Sarche.

La discesa su Sarche (foto estate 2018)

Poco traffico, faccio i 55 kmh e lo raggiungo a Sarche all’imbocco della ciclabile per Pietramurata. Rosa ci raggiunge. Ok, questa è sistemata. Per far prima, gli suggerisco che a Pietramurata scenda per la SP; a Ceniga prenda la destra Sarca e ad Arco pedali lungo ciclabile a fianco della SP. Franco riparte.

Fine dell’avventura: Franco, Rosa e … il borsello ritrovato!

Rosa ed io scendiamo a Pietramurata e traversiamo per il lago di Cavedine, dove ci ristoriamo: io con un piatto di fettuccine ai funghi, Rosa con un gelato. Mettiamo in ricarica la batteria di Rosa.

Lago di Cavedine: con il titolare della struttura Wind Valley, Andrea Danielli (foto 2015)

Ogni tanto io telefono al tel. di Franco, quello smarito: l’apparecchio suona ma nessuno risponde, segno che probabilmente è all’interno del supermarket (che chiude alle ore 12,00). Alle 13,30 saliamo alle Marocche, discesone su Dro, ponte romano di Ceniga, Arco. Fa caldo, ci concediamo una sosta al chiosco ombroso davanti al casinò della città. Ripartiamo, salitella fino a Varone, bellissima discesa lungo la ciclabile Varone- Riva del Garda – Parco Miralago- Lago. C’è una magnifica Ora che ci ristora dalla calura. Andiamo a casa mia, ci telefona Franco: ho recuperato tutto, poi vi spiego! Cosa era successo? Enigma n. 5. Franco ci raggiunge: stappiamo una bottiglia di bollicine per festeggiare.

E’ sempre l’ …”Ora” del Garda!

Spiegazione dell’arcano: Franco aveva dimenticato il borsello all’interno del supermarket su un ripiano più basso fra due banconi. Tornato in auto sul luogo del delitto, era andato alla casa-madre del supermercato a Fiavè e dopo alcuni tentativi era riuscito a farsi accompagnare alla piccola filaile del supermarket che normalmente è aperta solo di mattina ed aveva recuperato il borsello.

Km percorsi: Rosa ed io, 65. Franco 60. Morale: tutto è bene ciò che finisce bene.

P.S.: fra tutti coloro che avranno risolto i primi tre enigmi sarà sorteggiato un accompagnamento in bici per il Giro del Ballino.

Scrive Edoardo P.: “Ciao Riccardo, stavo leggendo il tuo post “Bike adventure” e m’è venuto da ridere, per la serie di inconvenienti e dimenticanze capitatevi durante l’escursione. Volevo aggiungere che se Franco e Rosa hanno lasciato a casa la batteria, io un paio d’anni fa dimenticai a casa la sella della bici… Un caro saluto”

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COSI’ PARLO’ BELLAVISTA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Luglio, 2019 @ 8:07 am

Detto altrimenti: è morto l’Ing. Luciano De Crescenzo    (post 3624)

Di questi giorni anche la scomparsa di Camilleri. Ora De Crescenzo. Chi riempirà questi vuoti?

Anni fa. Via Manzoni a Milano. Passeggiavo con mia moglie alla ricerca di un film, così, letteralmente “a zonzo”, senza una meta pre studiata. Da un cinema esce molta gente. Il film proiettato era “Così parlò Bellavista”. Ad una persona che stava uscendo dal locale domandiamo: “Com’è questo film?” Ci risponde: “Vuie, o capite o napoletano? Si? E allora trasite!” E siamo trasiti. Lo confesso, è stato così che ho iniziato a conoscere il valore di Luciano De Crescenzo, non me ne voglia l’ingegnere filosofo.

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Il titolo del film derivato nientepopodimenoche da Friedrich Nietzsche con il suo “Also sprache Zarathustra” ovvero “Così parlò Zaratustra”, libro veramente difficile anche se strutturato in tanti brevi capitoletti. Per avvicinarsi a questo grande filosofo mi permetto invece di suggerire un’altra sua opera: “ Divieni ciò che sei” (Ed. Christian Marinotti). Non vi spaventi il fatto che l’autore sia un filosofo che scrive in tedesco: la lettura (in lingua italiana!) di questo libro è piacevole, istruttiva e arricchente. Dai, leggetelo e poi mi direte se ho ragione o torto …


Cosa accomuna i due filosofi? L’immanenza del loro pensiero, la ricerca della “vita adesso”, nel mondo, giorno per giorno. Luciano De Crescenzo, un filosofo, un Maestro. Ci mancherai molto.

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BICIPOST

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Luglio, 2019 @ 3:31 pm

Detto altrimenti: M.A.S. – Memento Audere Semper … ricordati di osare sempre … di andare in bicicletta!        (post 3623)

Era tanto che il mio amico voleva fare il Passo del Ballino con relativo “giro” sul versante opposto, in bicicletta. Detto fatto: partiamo da Riva del Garda alle 08.00 di questa mattina. Le previsioni sono per cielo nuvoloso-coperto con temporali e noi … noi speriamo che ce la caviamo! Dopo pochi km ecco le goccioline che presto sono diventate gocce! Io ho la mantellina da pioggia, il mio amico no (N.B.: mai sottovalutare l’abbigliamento!). Insomma, dei 15 km (a pendenza molto variabile!) della salita, 12 li abbiamo fatti sotto l’acqua. Arrivati al Passo io sono quasi intenzionato a rientrare … ma … guarda … laggiù schiarisce … e poi … tanto vale … Ho capito, mi hai convinto: si prosegue … comunque se vuoi possiamo rientrare … ma no, dai, tirem innanz!

Quasi al Passo, un altro giorno di un altro anno!

Con 13 km di discesa bagnata planiamo su Ponte Arche: un bar, un bar per il mio regno! Entriamo: te’ caldo, cappuccino, due brioches, due caffè anzi grazie anche un altro cappuccino … dov’è  il bagno … . Il mio amico attraversa la strada e va in un negozio cinese a comperarsi una maglietta asciutta. Io a ruota mi compero tre paia di calze “asciutte”: ne indosso un paio. Le altre nella borsa. E … quelle bagnate? Le butto via tanto sono sciupate.

Finalmente al sole, un po’ velato ma sempre sole è!

Smette di piovere, si riparte con uno sguardo al cielo che in effetti “schiarisce”. Evviva! Solo che non ci fidiamo e pedaliamo di lena saltando le soste-foto e la visita alla casa di Don Lorenzo Guetti, fondatore della Cooperazione Trentina; non facendo la deviazione per il Lago di Cavedine; fiondandoci a Dro-Ceniga.

Tuffi dal ponte romano (foto di repertorio)

Ceniga ponte romano: cè il sole! Foto ricordo da un tedesco di passaggio e si riparte al galoppo per Riva del Garda, dove arriviamo alle 13,00.

Distanza percorsa: 65 km / Dislivello della salita al  passo, 700 m circa / Velocità media di salita: 10,5 kmh / Tempo totale utilizzato (al netto della mega sosta a Ponte Arche e delle soste per vestirsi-svestirsi): 4 ore / Consumo elettrico: 60% del totale disponibile / Bici utilizzate: il mio amico una e-city bike, io una e-mtb / Somma dell’età di noi due: 153 anni / Al rientro: 200 gr. di spaghettata al pesto.

Dice … ma chi è il tuo amico? E’ Guglielmo Duman, Presidente di FIAB Trento.

Acque color verde Sarca

P.S.: e invece il giorno dopo ci sono tornato e due foto le ho scattate

Il Sarca, il fiume Sarca … qualcuno dice “la” Sarca ma “a me non mi” piace qui questo femminile: “la” che cosa? La fiume? La torrente? La corso d’acqua? Via … lasciatemelo al maschile che suona meglio e non mi dite che sono maschilista che non è vero!

Il giorno dopo ancora, oggi, domenica 21 luglio 2019 – Mancato per poco un’inaspettato incontro con gli amici colleghi Fiabbini di Feltre

Altra pedalata. Questa volta Riva-Arco e quindi uscito dal paese, poco dopo la prima “rotonda”, prendo a destra per 150 m in leggerissima salita per “Falesia Policromuro” e quindi a sinistra per “Bosco caproni” e “Chiesa di S. Martino”. Passata una strettoia di antiche casette, giro a destra in salit … accia ripida! Inzia la scalata al Bosco Caproni e oltre. Pendenza del 10-12%, poi la strada (stretta per essere una carrozzabile, larga se fosse una ciclabile), tutta asfaltata, spiana e sovrasta sulla verticale la valle sottostante all’altezza della zona compresa fra Dro e Pietramurata.

Il Bosco Caproni

Il mio telefonino fa blip! Mi fermo e leggo un messaggio
sul gruppo “uozap” della Fiab dell’amico Pierluigi che guida un gruppo di Fiabbini di Feltre: pedaleranno da Terlago a Riva. Inizia uno scambio di messaggi per cercare di concordare un incontro.

Nell’immissario del lago di Cavedine, un ardimentoso fa rafting senza gommone!

Per intercettarli, dopo lo scollinamento, scendo a Drena, supero il bel castel Drena …

Castel Drena. Dietro il bauletto rosso spunta il guidoncino giallo della FIAB

… e plano velocemente a 50 kmh sulla SP 84 liscia come in biliardo fino al bivio a destra per il lago di Cavedine (SP 214), lo sorpasso pedalando verso nord, dopo 1,3 km giro a sinistra per la ciclabile fino all’incrocio ciclabile di Pietramurata che raggiungo alle 10,00. Calcolo che gli amici non dovrebbero essere ancora passati … aspetto … ma alle 10,32 avviso che riparto verso Riva dove mi aspetta mia moglie. Scoprirò dopo che alle 10,29 loro erano ai laghi di S. Massenza-Toblino …

Eccoli!

… quindi il rendez-vous è mancato veramente per poco, peccato, colpa mia! In totale ho percorso 50 km in tre ore, salitaccia e soste telefoniche e fotografiche comprese. Bicicletta: e-mtb; consumo elettrico 60%.

Nel primo pomeriggio apprendo che gli amici hanno potuto fare un tuffo nel Garda e riprendere il pullman per Feltre prima di un improvviso temporalone, ma si sa che al tempo non si comanda, perchè “il temp, le done e i siori i fa quel che i vol lori!”. Buon viaggio, amici, alla prossima!


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