RESTART RESTARTS
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Novembre, 2019 @ 2:14 pmDetto altrimenti: l’Associazione Restart Trentino riparte! (post 3704)
Mi riferisco alla ripresa degli Eventi dell’Associazione Restart Trentino che presiedo: Restart, ripartenza, ripartire … ma in che senso? Semplicemente nel senso di riprendere la serie di Eventi che fino a poco oltre un anno fa avevamo organizzato: le famiglie con bimbi portatori di handicap; il lavoro e l’imprenditoria giovanile; la parità di genere; l’autonomia innanzi tutto del pensiero solo per citarne alcuni.
Il 30 novembre presso il Centro Cooperazione Internazionale di Vicolo S. Marco 1, alle ore 15,00, preceduto da un video messaggio dell’ideatrice di Restart, Donatella Conzatti, Guido Marangoni ci ha presentato il suo secondo lavoro “Come stelle portate dal vento”. Il primo libro dell’autore “Anna che sorride alla pioggia ha avuto un grande successo (fra l’altro il Premio Bancarella).
Questo secondo lavoro tratta lo stesso argomento: venti che muovono o meglio scuotono persone e famiglie ma che non incidono sul loro “essere stelle”, ognuna diversa dalle altre, ove la “normalità” è semplicemente la diversità di ognuno. Dire ad una persona “Sei unico” viene preso come un complimento. Dirgli “Sei diverso” ha invece un’accezione negativa: eppure stiamo dicendo la stessa cosa. Questo il nocciolo del messaggio che l’autore ha magistralmente affidato alla nostra riflessione:
La diversità intesa come normalità, il che ha una portata umana, morale, civile, sociale, e quindi – mi permetto di aggiungere io – necessariamente anche politica, soprattutto in questi tempi nei quali – a detta di taluno – il “diverso” deve essere lasciato al suo destino, in mare.
Il primo capitolo del libro si intitola “Le mutande rotte”, nel senso delle rotte della nostra “nave vita” che spesso sono “mutande” cioè devono essere cambiate a seguito di eventi imprevisti.
Ad intervistare l’autore è stata Martina Dei Cas, una giovane donna che quando era una giovane studentessa nel 2010 fu insignita dal Presidente della Repubblica del titolo di Alfiere del Lavoro, a riconoscimento del suo impegno scolastico. Martina, testimone del suo tempo, cooperatrice internazionale, giornalista, scrittrice, comunicatrice.
E noi di Restart siamo ripartiti da temi pre-politici o pre-partitici che dir si voglia, ovvero occupandoci di problematiche che devono interessare tutti a prescindere dalla collocazione partitica di ognuno. Il che non significa che noi stessi non si faccia parte di una componente politica. Inoltre ripartiamo cercando di avere di ogni problema una visione d’insieme e non solo la sua percezione sensoriale. Un po’ come quando la si ha del mare se lo si osserva dall’alto di una scogliera. Già, perchè se nuotiamo nel mare, sicuramente avremo la migliore percezione sensoriale dell’acqua salata ma guai a perdere la consapevolezza dell’insieme nel quale ci troviamo! Ancora, ripartiamo non fermandoci all’informazione che ognuno può procurarsi o alla comunicazione che può essere fornita a ciascuno, ma puntando sul dialogo, cioè su una informazione e comunicazione bidirezionale: cioè su un dialogo libero e reciprocamente rispettoso. Ripartiamo, per contribuire alla vittoria della laicità intesa come pluralismo del libero pensiero originario contro una omologazione derivata da un palco dominante la piazza di turno. Ripartiamo, infine, per contribuire a sconfiggere la retorica, la demagogia, il populismo: malattie micidiali che nate in un certo ambito politico, rischiano di invadere – nefande metastasi – ogni aspetto del pensiero e del comportamento umano, mettendo a rischio la democrazia del pensiero e cioè il potere e la forza “del” libero pensiero di ognuno che invece non vogliamo che soccomba di fronte al potere “sul” pensiero – non più libero – di ognuno.
Grazie a tutte e a tutti voi che eravate presenti all’Evento e a voi che ne leggete questo breve resoconto!
Riccardo, il vostro blogger, presidente dell’Associazione Restart.
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SOCIETA’ LIQUIDA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Novembre, 2019 @ 10:41 amDetto altrimenti: la forza pancio-dinamica (post 3703)
(Liquidi … fluidi … mi sono detto: ma tu, blogger, velista che conosci il vento e la dinamica dei fluidi, applica in questo caso le leggi delle aereo-dinamica!)
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2017. Roma. Zygmung Bauman elabora il concetto di società liquida, quella in cui prevale l’individualismo sfrenato, l’apparire a tutti i costi, l’apparire come un valore, il consumismo. Società nella quale l’unica certezza è l’incertezza.
L’apparire, l’esteriorità … anche in politica. Il leader che appare il più forte, il più determinato a prescindere, sviluppa la forza pancio-dinamica, quella che fa veleggiare le pance dell’elettorato con il vento in poppa, a fil di ruota verso il loro-nulla-pensiero (“Tanto … ghe pensi mi!”). Tuttavia subito dopo avere vinto la regata dei sondaggi, costui applica le regole della forza pancio-statica: in altre parole, dopo avere generato e utilizzato il vento che grazie alla legge della pancio-dinamica fa navigare la pancia dei elettori vento in poppa verso il porto che vuole lui, egli applica la prima legge della pancio-statica: guai a chi cambia opinione, guai a chi non accetta la rotta estremista e sovranista, guai a chi cerca di risalire controvento (di bolina) questo mistral antidemocratico: “Voltagabbana, traditore!” Da qui innanzi tutto, la volontà di introdurre il vincolo di mandato per i parlamentari.
Prosegue Bauman (e con lui Eco): nella società liquida prevale anche il consumismo. Società consumistica? Certo, mi permetto di dire io, società nella quale si “si consuma di tutto e tutto si consuma”: il rispetto sostanziale della Costituzione; la capacità critica dell’individuo; la sua capacità di generare un pensiero autonomo, di indignarsi, di reagire. Ma soprattutto si consuma la memoria del passato. E dire che a ben vedere … quel re è nudo!
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P.S.: la navigazione in poppa piena, detta anche a fil di ruota, è pericolosissima: infatti la randa può decidere da sola ed inaspettatamente di “strambare” (tecnicamente: abbattere) ovvero passare di sua iniziativa al lato opposto della barca (dalla democrazia alla dittatura) cogliendo di sorpresa un equipaggio (il cittadino elettore) non attentissimo, rischiando di ferire gravemente chi (l’elettore di prima) si trovi nella sua traiettoria, per poi far sdraiare pericolosamente la barca (il Paese) sulla murata, con rischio di naufragio (morale, sociale, democratico, economico) del Veliero Italia.
Fuor di metafora: siete in una regata a vela. Vi avvicinate in poppa piena alla boa di poppa, quella che dovete aggirare passando a destra e lasciandola quindi alla vostra sinistra, per risalire di bolina. Per aver voluto il diritto di precedenza durante quato bordo, arrivate in boa con le mura a destra (la randa è fuori sulla sinistra della barca e prende vento sulla sua parte destra); avete lo spinnaker issato ed il fiocco-genoa ammainato sul ponte a prua, già posizionato sulla destra. Questa è una delle manovre più difficili. Infatti dovete nello stesso tempo 1) “strambare” (abbattere) la randa facendola passare fuori dal lato destro; 2) recuperare metri e metri di scotta randa; 3) lascare la sartia volante di destra e cazzare quella di sinistra; 4) ammainare lo spinnaker e riporlo dentro la barca; 5) riporre il boma nel suo alloggio; 6) issare il fiocco-genoa e cazzarne la scotta; 7) evitare che un concorrente si infili fra la boa e voi; 8) far sì che l’equipaggio, immediatamente dopo avere eseguito tutte queste manovre, si sieda sporgendosi oltre il bordo sinistro della barca per cercare di mantenerla il più dritta possibile facilitando in tal modo la migliore risalita di bolina. In questo caso però siete “mure a sinistra (le vostre vele prendono il vento sulla loro superficie sinistra) e se un altro concorrente, ben prima di voi, vi ha preceduto, ha effettuato una virata e viene al vostro incrocio con le mure a destra, 9) dovete fare subito una virata improvvisa e cedergli il passo; 10) in questo caso, tutto l’equipaggio si sposta velocemente sul bordo opposto); 11) pesarvi a fine regata: avete perso due kg a testa! Tutto qui.
Nella foto, manovra opposta: dal mio FUN Whisper ITA 526 è stata appena superata la boa di bolina, la randa è già fuori, si sta issando lo spinnaker; subito dopo si ammainerà il fiocco.
Noi esponiamo bandiera rossa, segno che abbiamo elevato protesta contro altro concorrente che – poco prima – non ci ha concesso la dovuta precedenza. Dietro la base del nostro albero spunta la boa gialla che abbiamo appena superato. Sulla destra della foto, la prua di un secondo “Fun” che sta ancora risalendo di bolina mure a destra, il quale dovrà vedersela con un terzo Fun, quello la cui poppa spunta dietro il nostro spinnaker rosso e che sta arrivando anch’esso alla boa di bolina ugualmente mure a destra con una rotta più poggiata: essendo sopravvento rispetto al secondo Fun due, dovrà eventualmente dargli la precedenza. E sarà stata una bella lotta alla quale tuttavia non abbiamo assistito impegnati come eravamo a fare una bella poppa veloce.
Il Fun è un “natante” (cioè è una barca non immatricolata, non definibile “imbarcazione”) da regata, monotipo, costruito e mantenuto secondo precise caratterisstiche non modificabili se si vuole restare all’interno della “classe” e partecipare alle sue regate. Il nome deriva dalla sua origine francese e significa Formule un: in effetti è una Formula Uno del mare, modello di 30 anni fa, oggi ovviamente superato dai più recenti monotipi .
Stazza meno di 3 tonnellate (la tonnellata/stazza è una misura di volume (capacità degli spazi chiusi): 1 Ton = 2,83 m3; dislocamento (peso) in ordine di regata, senza equipaggio, kg.1000; Lft lunghezza fuori tutto m.7,10; lunghezza al galleggiamento m. 6; velocità massima (bolina), 6 nodi = 11 kmh; carena planante (cioè non dislocante): nelle andature “larghe” con oltre 22 nodi di vento, plana come una tavola da surf: velocità da me sperimentata, 12 nodi = 22 kmh! Motore fuoribordo max 5 CV; armamento a 7/8 (lo strallo di prua arriva ai 7/8 dell’albero); sartie volanti; deriva mobile a bionetta di m.1,60 – 0,60 pari al al 33% del peso; vele: fiocco autovirante, 8 m2 – Genoa, 16 m2 – Randa, 16 m2 – Spinnaker, 40 m2; equipaggio in regata: quattro persone; si può condurre anche in solitaria ma ovviamente non se ne ricavano le massime prestazioni.
Unica regata in solitaria che ho fatto: la Regata dei Bravi nel Garda. Mie regate più consociute: una vittoria al campionato sociale di 12 regate della Fraglia vela Riva; una Barcolana a Triste; molte Centomiglia. Traversate in mare aperto: sei volte Toscana-Palau, anche in solitaria, anche in notturna. Ora, alla tenera età di quasi 76 anni, non regato più e non faccio più traversate in mare aperto.
Ci ho preso gusto. Vi descrivo un’altra manovra. Siete usciti in acqua da Riva del Garda col vento da nord. Arrivati all’altezza di Malcesine, volete passare dalla poppa piena alla bolina, cioè volete tornare indietro risalendo il vento. Non siete in regata. Siete in poppa piena mure a sinistra (la randa è tutta fuori, sulla destra); la sartia volante destra è lascata, quella sinistra poco tesa. Lo spinnaker è “a riva” cioè è issato ed è pieno di vento. Issate il fiocco che in tal modo “copre” un po’ lo spi, togliendoli un po’ di forza. Lascate il braccio dello spi che viene a ritrovarsi “coperto” dalla randa e lo ammainate da sottovento. Iniziate ad orzare, cioè ad abbandonare la poppa piena spingendo delicatamente la barra del timone a destra e quindi facendo muovere la prua un po’ a sinistra; cazzate la scotta del fiocco; man mano che continuate ad orzare, cazzate la scotta della randa e tirate forte la sartia volante sopravento. Se non avete lo spi issato, tutto questo si fa anche da soli. Con lo spi “a riva” ce la potete fare solo con vento debole. Con vento sostenuto occorre essere almeno in due. Buon rietro! Fine.
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DECRETO SICUREZZA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Novembre, 2019 @ 7:40 amDetto altrimenti: ma di quale sicurezza dobbiamo parlare? (post 3702)
Più volte nelle mie riflessioni torno sul tema della necessità di aggiornare le priorità di spesa e investimento del nostro Paese. La domanda che mi pongo è: siamo certi che le priorità individuate come tali di ieri siano ancora tali oggi? Prendiamo ad esempio la “sicurezza” . Cosa è più urgente: mettere in sicurezza la nostra persona fisica dal pericolo rappresentato dai possibili reati compiuti da immigrati oppure è maggiormente prioritario mettere in sicurezza l’intero paese dai pericoli idrogeologici?
A mio avviso il contrasto a questo tipo di delinquenza può rientrare all’interno di un’azione ordinaria che prenda le mosse innanzi tutto dal contrasto alla criminalità (nostrana) organizzata e “scenda” via via fino ai livelli “minori”, mentre la messa in sicurezza idrogeologica dell’intero territorio richiede un’azione straordinaria, immediata e prioritaria.
Ecco, mi piacerebbe vedere scendere in piazza – pacificamente, s’intende – folle di cittadini reclamanti un simile intervento. A questo punto mi chiedo perché ciò non stia avvenendo: forse dipende da una carenza d’iniziativa dei mass media? Oppure dalla ubriacatura di una retorica mirata ad effetto elettorale? Eppure sono convinto che molto elevato sarebbe il consenso politico per chi ponesse il problema sicurezza in questi termini, attribuendo al problema idrogeologico centralità e priorità.
Ed allora mi do un’altra spiegazione: affrontare globalmente il problema del riassetto idrogeologico del Paese richiede una grande capacità, un gran lavoro, grandi risorse e soprattutto tempi molto lunghi, tempi che non sempre “piacciono” ai politici nostrani. Ricordate Alcide De Gasperi: “Il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni”.
Altro possibile rimpasto di priorità: continuare ad investire miliardi di euro nell’acquisto dei cacciabombardieri F35, oppure ridurne il numero in favore di un intervento straordinario per il problema ex Ilva di Taranto?
Io non sono un politico. Ho lavorato una vita da manager in posizioni apicali. In azienda, in casi come questi si programmerebbe secondo la tecnica dello zero base budget: ovvero, si azzererebbero tutte le decisioni precedenti e si riprogrammerebbe tutto ex novo alla luce della nuova situazione finanziaria, di mercato, delle risorse umane disponibili etc..
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I DIALOGHI DI PLUTONE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Novembre, 2019 @ 9:54 amDetto altrimenti: dialoghi veramente diabolici! (post 3701)
(Trento, l’interno della casa di Tizio, in collina. Tizio e Caio sorseggiano un tè davanti ad una vetrata dietro la quale appare la vallata, chiusa ad ovest dal Monte Bondone).
Tizio: O miga o massa, o niente o troppa, la neve, intendo! L’anno scorso si è fatta pregare e quest’anno invece fa danni …
Caio: Sai amico, il temp, le done e i siori i fa quel che i vol lori ..
Tizio: Veramente io la sapevo diversa, il temp, il cul e i siori …
Caio: Si vabbè, la conosco. Ma dimmi, perché hai insistito tanto a che venissi a trovarti?
Tizio: Ieri ero ad un concerto ed un’amica ha dato del voltagabbana ad un parlamentare che ha cambiato partito.
Caio: E allora?
Tizio: Volevo ragionarne con te. Tanto per cominciare la nostra Costituzione afferma che i parlamentari agiscono senza vincolo di mandato.
Caio: Si ma se uno di loro cambia partito, tradisce il voto ricevuto.
Tizio: Non direi “tradisce” bensì si svincola da quel mandato e lo fa in quanto ciò è previsto dalla Costituzione. In ogni caso, ammettiamo pure che egli “tradisca” chi lo ha eletto. Tuttavia se costui lascia il partito di prima appartenenza perché lo stesso ha tradito i propri presupposti di base …
Caio: Spiegati meglio.
Tizio: Ammettiamo che il partito “abbandonato” sia passato dall’area Costituzionale ad un’area populista sovranista non costituzionale. Ove quel parlamentare rimanesse in quel gruppo, tradirebbe i principi che stanno alla base del pensiero dei suoi elettori. Quindi il voltagabbana non è lui, bensì il partito entro le cui fila è stato eletto.
Caio: Ho capito, hai ragione. Infatti se adottassimo quel criterio di rigida fedeltà-a-prescindere ricadremmo in una sorta di moderno credere-obbedire-combattere di triste memoria.
Tizio: Ma … chi suona alla porta? Con questo tempaccio chi sarà mai che è salito fin quassù? Vado ad aprire.
(Tizio si alza e va ad aprire la porta e si trova davanti il Diavolo Plutone sotto le mentite spoglie del solito Sempronio)
Tizio: Signor Sempronio? Buongiorno, qual buon vento? Come mai da queste parti?
Sempronio: Buongiorno signor Tizio. Qualche post fa, al bar, lei ha perduto il suo portafoglio. Sono venuto a riportarglielo.
Tizio: oh, grazie davvero, lei è un angelo!
(Sempronio si volta verso il pubblico storcendo la bocca: “Un angelo io? Questa è buona”)
Tizio: Ma si accomodi, la prego, prenda un tè con noi … con questo freddo … Noi si stava discutendo sul fatto che i nostri parlamentari agiscono senza vincolo di mandato.
Sempronio: Grazie, accetto volentieri il suo invito. Vincolo di mandato? Guai ad inserirlo!
Caio: E perchè di grazia?
Sempronio: Mi spiego. Vedete, ogni provvedimento va inquadrato in tutti gli altri possibili provvedimenti che lo accompagnano e bisogna essere maliziosi: piensa mal y acertaras, dicono in Spagna. Da noi si dice che a pensar male …
Tizio: Si, va bene, sappiamo, ma si spieghi
Sempronio: Ecco qui: se si introduce la cosiddetta democrazia diretta con il referendum propositivo senza quorum o con un quorum limitato, le proposte di legge saranno fatte da poche persone; se poi si introduce il vincolo di mandato, il gioco è fatto, il parlamento dovrà approvare e basta. Ciao democrazia parlamentare, ciao!
Caio: Ma “finalmente”, per dirla con il Manzoni, avremo sempre la garanzia della magistratura …
Sempronio: E qui casca l’asino, con rispetto parlando, s’intende. Si vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale! Vedete che i provvedimenti vanno messi in relazione fra di loro? Se passasse questa ulteriore novità, i processi scomodi verrebbero rinviati sine die.
Tizio: Ma lei che diavolo d’un uomo è? Le pensa tutte!
(Sempronio si volta verso il pubblico, ammiccando: oh, questa volta sì che hanno detto bene: diavolo d’un uomo, altro che angelo!)
Caio: Ma allora voltagabbana non sono i parlamentari che mantengono fede alla democrazia, ma quelli che passano dall’area democratica a quella non democratica.
Sempronio: proprio così. Ma … così questa nebbia che sta salendo dalla valle? E’ nebbia o fumo di un incendio? Lasciate che esca a vedere …
(Sempronio esce e non fa rientro nella casa)
Tizio: Come al solito. Quel diavolo d’un uomo sparisce in una nuvola, in un banco di nebbia, in uno sbuffo di vapore, in un turbinio di neve, in un polverone …
Caio: Però ci dice sempre cose interessanti sulle quali riflettere. Dai, finiamo il nostro tè
(Sipario)
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SOCIOLOGIA POLITICA 1
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Novembre, 2019 @ 8:52 amDetto altrimenti: i comportamenti umani in politica (post 3700)
Per un post-numero-tondo, il 3700°, ho scelto un argomento serio che però voglio trattare in modo semplice e immediatamente comprensibile, nonostante i “paroloni” del suo titolo.
Sociologia: scienza che studia i fatti sociali considerati nelle loro caratteristiche costanti e nei loro processi. Politica: gli antichi Greci parlavano di teknè politikà, tecnica di gestione della polis, la città stato. Noi utilizziamo solo l’aggettivo e lo abbiamo sostantivato (e la teknè, che si sia persa strada facendo?).
Quindi: quali sono e quali dovrebbero essere gli atteggiamenti umani di chi si occupa della soluzione dei problemi dello Stato? Se scorrete con lo sguardo (e soprattutto con la mente) i miei ultimi post, troverete riferimenti alla gestione aziendale anche con riferimento ai contenuti di un libro di Pier Luigi Celli. Ecco, è da qui che ho preso lo spunto, nel senso che tutto quello che Celli ha individuato e scritto circa l’ambiente aziendale, a mio sommesso avviso vale anche nell’ambiente politico. Un esempio: Celli afferma – ed io condivido in pieno questa sua convinzione per avere sperimentato di persona molte situazioni del genere – che occorre motivare e rispettare il lavoratore ( a me piace usare queste parole: il primo fattore della produzione non è il capitale né il lavoro, bensì la motivazione dei lavoratori). Ugualmente la Politica – per meritarsi quella “P” maiuscola – deve rispettare il cittadino. E lo rispetta se l’aiuta a crescere intellettualmente; se non approfitta della sua eventuale impreparazione per condurlo “a sua insaputa” verso i propri obiettivi personali; se si sforza di renderlo veramente partecipe dei processi mentali e delle scelte; se cerca di fargli acquisire conoscenza e non solo capacità.
Se leggi un brano dei promessi Sposi e lo sai ripetere a senso, hai capacità. Se ne sai trarre considerazioni tue, se sai fare confronti e connessioni con altri testi ed altre situazioni, hai conoscenza. Se insegniamo ai giovani solo la capacità di eseguire i lavori dell’oggi, non avranno la conoscenza necessaria per imparare i lavori del domani.
Solo il cittadino libero dalle gabbie della retorica, della demagogia e del populismo sarà un elettore partecipe e responsabile. Ma in azienda e nella politica c’è un fotte ostacolo a che ciò avvenga: la tendenza al pensiero unico (quello del princeps di turno); al “vieni qui che ti dico come si fa a votare” (e ad aver fede, ma questa è un’altra storia!); la tendenza all’inscatolare le menti entro rigidi organigrammi che imbrigliano la libertà e la creatività di ognuno: chi ha raggiunto un “potere vecchia maniera” è portato a dare ordini a prescindere, per evitare di essere messo in discussione. Costui è portato a costruire un suo luogo fisico e mentale lontano dai luoghi altri, imbrigliando le relazioni altrui solo all’interno di schemi funzionali (a se stesso), uccidendo sul nascere ogni spunto creativo. E quando si offre all’acclamazione del popolo, lo fa solo per considerarlo come una massa informe ed uniforme che egli pretende che esprima – con l’acclamazione – un pensiero unico, mentre quella è una acclamazione-non-pensiero: infatti il pensiero unico esiste, ma è il suo pensiero personale. Ha ottimamente espresso questa mistificazione Umberto Eco nel suo breve ma importantissimo capolavoro “Il fascismo eterno” un libretto che si legge in un’ora ma che vale per tutta la vita, quando parla di populismo qualitativo.
Chiudo qui, perché post lungo nessuno lo legge (tanto poi scriverò il Sociologia Politica 2 … ah…ah!). Però i due libri che ho citato potete ben leggerli dai … che vi costa? Se poi non vi saranno piaciuti, ve li ricompro io, stesso prezzo.
Buona sociologia politica a tutte e a tutti!
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I DIALOGHI DI PLUTONE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Novembre, 2019 @ 1:58 pmDetto altrimenti: una managerialità diabolica … (post 3699
(Trento, la sala di un bar in Piazza Duomo. Tizio e Caio sorseggiano un tè ad un tavolino. Fuori nevica)
Tizio: Buono ‘sto tè … ma, dimmi, che libro hai lì, in mezzo al giornale?
Caio: un libro molto interessante, l’ho scoperto leggendo i post di quel blogger, sai … quel Riccardo …
Tizio, si, lo conosco, ha una produttività diabolica, ma non si stanca mai di scrivere? Ma dimmi, di che libro si tratta,
(Prima che caio abbia il tempo di rispondere, si avvicina il diavolo Plutone, sotto le mentite spoglie di Sempronio)
Sempronio: Buongiorno amici! Cosa c’è mai di così diabolico? Sapete … la cosa mi interessa (sogghigna).
Tizio: Buongiorno a lei Sempronio. Si parlava del libro che sta leggendo l’amico Caio … ecco, l’autore è un certo Pier Luigi Celli … è stato recentemente oggetto di un post di quel diavolo di un blogger …
Sempronio: Quel blogger è un mio collega. Cosa? Perché è un diavolo? Nooo, perché anch’io sono un blogger e mi diletto a scrivere una serie di dialoghi che ho intitolato “I dialoghi di Plutone” …ah … ah! Che ne dite della mia trovata?
Caio: Bella davvero, bravo. Ma lei, lo ha letto questo libro?
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Sempronio: si, certo, subito dopo che ne ho visto una specie di recensione fatta da quel Riccardo. E l’ho trovato molto interessante. Pensate, a pagine 90 e seguenti ho trovato “Il falso mito dello storytelling”, il racconto del passato, come viene fatto dai nuovi manager dopo un loro subentro al vertice di un’azienda. Nella mia vita lavorativa in posizioni apicali presso molte diverse realtà aziendali, ho vissuto anche questa esperienza e non una sola volta.
Premetto: un giorno un indovino mi disse: “La riconoscenza è la speranza di avere nuovi favori”. Pessimista? No, realista! Nei miei diversi “cambi di lavoro infatti io ho ricevuto di più quando ci si aspettava che io raggiungessi un risultato di quanto non abbia poi ricevuto a risultato raggiunto.
Tizio: Ma dai, ci racconti qualche caso che le è capitato
Sempronio: Una volta dopo il salvataggio di alcune SpA del suo gruppo, il mio gran gran gran capo che mi aveva promesso mari e monti se ci fossi riuscito, mi disse: “Ma si rende conto lei che i suoi successi sono la testimonianza dei miei precedenti insuccessi?” Ed allora, il “sistema” che fa? Semplice, basta applicare la damnatio memoriae: “Quel tale manager chi? Non è mai esistito”. Oblio verticale, si chiama.
Caio: Orca miseria! Gran politicone quel suo gran gran gran capo!
Sempronio: Ma ve ne racconto un’altra. Una volta lasciai una SpA dopo avere conseguito tutti gli impegnativi obiettivi che mi erano stati prefissati. La gestione dell’esistente venne affidata ad un mio ex dipendente che si trovava in difetto di cultura manageriale. Cosa avvenne? Che costui iniziò a dare ordini “a prescindere” per evitare di essere messo in discussione; spostò la sede direzionale lontano dai punti operativi per creare uno spazio vuoto anche fisico fra sè e i dipendenti; demotivò il personale; agevolò uno storytelling a mio danno, ovvero una narrazione sfalsata del mio precedente operato, fatta ovviamente in assenza di alcun contraddittorio.
Tizio: Ma è diabolico, tutto ciò, non trova?
(Sempronio distoglie lo sguardo e mormora sottovoce, fra sé e sé: Ma … questo termine … diabolico … avranno mica capito chi sono io in realtà?)
Sempronio: Be’ si, non è molto umano, ma definirlo diabolico mi pare un’esagerazione. Ma … scusate … guardate come nevica … ed io che ho lasciato aperti i finestrini della mia auto … corro a chiuderli!
(Sempronio si allontana correndo e scompare fra il turbinio di una tempesta di neve)
Tizio: Siamo alle solite, la solita uscita di scena da indiavolato! Ma tanto ormai lo conosciamo, ci siamo abituati. Cameriere, il conto per favore, anche quello di quel signore che è appena uscito!
Caio: Ma vuoi vedere che ogni volta scappa così per non pagare il conto!? Diavolo d’un uomo!
(Sipario)
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IL PULLOVER
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Novembre, 2019 @ 8:48 amDetto altrimenti: una bella canzone del 1961 … ma oggi voglio parlarvi di maglioni (post 3698)
Il primo maglione è stato di Sergio Marchionne. Una sua abitudine che è diventata una moda. Nel gruppo Fiat è stata la seconda: prima di lui un giovane rampollo di casa portava l’orologio sopra il polsino della camicia.
Poi è stata la volta un politico che di maglioni ne aveva una serie, ognuno sponsorizzato per l’occasione: da poliziotto, capitano di nave, aviatore, etc. . Mi ricordava quando, tanti anni fa, ero a Teheran per lavoro, all’epoca dello Scià: ovunque si andasse c’era una grande raffigurazione dello Scian Scià, il Re dei Re, in divisa: da ferroviere, militare, aviatore, etc.
Ora è il turno del maglione del nostro Premier Conte. Questo è quello che preferisco di gran lunga: non è una moda, non è un’ostentazione, è un modo di essere pratici e funzionali quando ci si reca fra gli operai di Taranto, le macerie di un terremoto, l’acqua alta di Venezia. Bravo Premier!
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VENEZIA SOTT’ACQUA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Novembre, 2019 @ 8:08 amDetto altrimenti: managerialità assente! (post 3697)
Amiche ed amici, “managerialità”, capacità di dirigere, programmare, organizzare, fare eseguire con efficienza, efficacia e responsabilità. Lo so che l’Italia non è una SpA, ma quanto avrebbe da guadagnare il nostro “bel paese ove il sì suona” (Dante Alighieri) se fosse governata con managerialità!
Quasi ogni anno noi della FIAB Trento ci facciamo una bella pedalata nel Delta del Po o nella Laguna di Venezia. L’anno scorso il MOSE l’ho visto con i miei occhi, l’ho toccato con (mano e) le ruote della mia bicicletta : un cantiere lungo lungo, fermo, con le erbacce che crescevano alla base dei cancelli (!); un guardiano che “solo e pensoso andava misurando a passi tardi e lenti” (Petrarca) le ore che gli restavano prima di smontare dal servizio. La nostra “guida” locale, Fiabbino come noi, ci spiegava che a causa dell’inutilizzo ultra decennale, i cardini subacquei delle paratie sono ormai cementati da incrostazioni per cui anche i moduli già installati sono inutilizzabili.
Io ho vissuto una vita da manager in SpA e gruppi di SpA, grandi e piccoli, operativi e finanziari, italiani ed esteri: se in uno qualsiasi di questi ambienti io fossi stato così irresponsabile, sarei stato licenziato in tronco ad avrei subìto un’azione legale di responsabilità per danni.
Ora, pur volendo evitare di “perdere tempo” a dar la caccia alle (irresponsabili) streghe del passato, mi chiedo: quali sono le prime priorità del paese? Respingere gli immigrati e dotarci di una flotta di cacciabombardieri F35, oppure riprogrammare in modo manageriale i nostri obiettivi, dando priorità, ad esempio, 1) trattenere i 100.000 nostri giovani laureati annualmente emigranti; 2) dotare i nostri Pronto Soccorso dei medici necessari; 3) risolvere il problema di Taranto e di Venezia?
In materia di programmazione ho pubblicato due recenti post sulla tecnica dello zero base budget.
W l’Italia, un’Italia viva, pulsante, bene organizzata managerialmente!
P.S.: ammettiamo che il Mose sia completato. La marea respinta da Venezia, dove va? a Chioggia?
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PIER LUIGI CELLI’S BOOK
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Novembre, 2019 @ 6:46 amDetto altrimenti: mi ci ritrovo in pieno! (post 3696)
Per capirsi di cosa stiamo parlando: Azionista, in inglese shareholder, il proprietario – Amministratore, in inglese “director”, membro del Consiglio di Amministrazione – Amministratore Delegato, in inglese managing director – Direttore, in inglese manager –Direttore generale, in inglese general manager.
Pier Luigi Celli classe 1942, un grande manager, il suo ultimo libro: “Il potere, la carriera e la vita – Memorie di un mestiere vissuto controvento” Chiarelettere Ed. S.r.l., 196 pagine, €17,00 mai spesi così bene (chi era che diceva “Se ho del denaro mi compro libri. Con quel che resta, cibo”?). Un libro il suo che sto leggendo con la matita in mano per segnare i punti che vorrò citare. Chiedo scusa sin d’ora all’Autore se le mie citazioni saranno “miste”, cioè un po’ letterali e un po’ no, ma devo tradurre il suo testo in “bloggese”.
Ogni modello di carriera è precario: non contiamo sulla tenuta delle relazioni umane che traggono significato dal (nostro) potere conquistato (sic transit gloria mundi, n.d.r.). – Il successo aziendale è fatto di storie umane: dobbiamo avere rispetto per i nostri compagni di viaggio – Cerchiamo di immaginare come vorremmo essere ricordati dai nostri compagni di viaggio – Il modo migliore per sopravvivere nel ricordo è costruirsi allievi, eredi – La tentazione (errata) dei vertici aziendali è quella di distanziarsi anche logisticamente dalle sedi operative – E’ un errore relazionarsi con gli altri solo in ragione della posizione raggiunta – L’organizzazione gerarchica è la tomba dei desideri personali nella quale si inaridiscono le storie che invece sono il contenitore principe dell’identificazione dei dipendenti con l’azienda – Le storie umane sono l’unica salvezza delle aziende che vogliono durare – L’intelligenza dell’azienda è un’intelligenza collettiva – I mediocri si adeguano ai modelli di relazione dominanti e capiscono che comandare a prescindere li mette al riparo dall’essere discussi – I fatti decisivi di una vita avvengono nella “biografia” e non nel “curriculum” – Non ha senso una vita alla quale viene meno una prospettiva capace di evocare il futuro con la possibilità di riconoscersi come attore – Occorre accentuare la valorizzazione delle persone come asse fondante della strategia di governo manageriale – E’ una condizione di vantaggio il disporre di persone capaci di adattamento e anticipazione indipendentemente dalla loro collocazione nell’organigramma – Purtroppo, spesso l’unico scopo di chi raggiunge la vetta è sopravvivere e il potere non vuole eredi.
La valorizzazione delle persone è l’asse portante della strategia manageriale. Per il capo, non c’è legittimazione senza la stima e la fiducia dei dipendenti.
Potrei andare avanti per pagine e pagine. Ma questo mio post vuol solo essere lo spunto perché andiate a comperare questo che non esito a definire un vero e proprio Vangelo aziendale e soprattutto di vita.
Firmato: un vecchio manager classe 1944, velista regatante altogardesano, che si riconosce in ogni passaggio del tuo libro. Grazie, Pier Luigi!
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SCI E PISTE DA SCI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Novembre, 2019 @ 4:35 pmDetto altrimenti: a marcord … mi ricordo … (post 3695)
Io, Genova, classe 1944. Prima sciata a 17 anni a Frabosa Soprana (CN). Un po’ tardi per cominciare, ma si sa, erano altri tempi. E poi, da Genova era lunga. Mappoi ho recuperato alla grande! Ma … come si fa? Vediamo un po’ con ordine.
Vestiti, tutti “da montagna” cioè non tecnici, tranne i pantaloni di lana, prestati da un amico. Sci. Da amici, un paio di vecchi “icori” quelli con la gobba e il pirulino in cima per fissare le pelli di foca. Tagliato il pirulino; verniciata con lacca la suoletta; date molte mani di olio di lino al legno; sostituite le ganasce degli attacchi con il formaggio marker. Presto sostituiti con …udite udite: Devil Rosso della Persenico, di metallo! Uao! Scarponi: marca Munari (prestigiosa) con tre file di stringhe, acquistati di seconda mano al CAI Ligure. Questo l’inizio. Non vi annoio con l’elenco dei tipi di sci che ho avuto, diri che hanno prevalso i Rossignol Strato con attacchi Nevada a cinghia lunga (una figata passeggiare sci in spalla e cinghie a penzoloni!) salvo qualche puntata Alu Fisher e di Salomon.
Alpi Marittime (Limone Piemonte, Frabosa, Prato Nevoso, Artesina), tante sciate domenicali da Genova, dalla mattina presto alla sera tardi. Poi, piano piano, le settimane bianche (CH, Megeve, Livigno).
1976, lavoro a Torino, casa in montagna a Cesana Torinese: abbonamento stagionale sulla Via Lattea! Scusate se è poco!
Da 33 anni a Trento, Paganella mon amour, si inizia alle 08,30 ed alle 13 a casa a mangiare! Poi il Tonale, dove mi recavo per lavoro e dove ho costituito la Carosello Tonale SpA.
Oggi gli impianti di risalita sono anni luce migliori e le piste sono diverse rispetto ad allora: lisce, veloci, senza gobbe. E gli sci: più corti, rastremati, curvaioli, sensibilissimi. La gente … tanta, soprattutto nei mesi caldi (febbraio-marzo). Io le migliori sciate per me sono quelle di dicembre e gennaio (due soggetti, un anacoluto, ma se quelli gli anacoluti li faceva il Manzoni!).
Che dirvi di non scontato, noioso, banale …? Che è bene fare ginnastica presciistica; non bere alcolici mentre si scia; moderare la velocità; rispettare le code; dare la precedenza a chi sta a valle o proviene da destra? Ma dai che queste cosette le conoscete già. Ne aggiungo una che mi sta molto a cuore: quando scendete eseguendo una serie di curve, state attenti a non fare soprattutto una serie di lunghi traversi diagonali: tagliereste la strada a molti sciatori. E poi, in ogni caso, quando arrivate vicino al bordo pista, curvate o fermatevi un paio di metri prima: in tal modo lascerete comunque una fascia libera sulla quale chi scende zigzagando a bordo pista per non intralciare gli altri non si troverà un improvviso e imprevisto ostacolo. Uno zigzagatore appassionato vi ringrazia di cuore!
I miei sci oggi? Salomon Race, m. 170, raggio di curvatura 17 metri: non ti consentono distrazioni. Il 25 marzo scorso mi sono distratto: un volo e rottura della testa dell’omero sinistro e del trochite. Che vi dicevo?
Ah … dimenticavo: quest’anno pagherò di meno l’abbonamento stagionale! Sono entrato nella categoria super-senior, quelli nati prima dl novembre 1944. Che c ……!
Good skying everybody!
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