PINOCCHIO OGGI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Dicembre, 2019 @ 6:36 am

Detto altrimenti: un testo di filosofia di vita per adulti     (post 3724)

Ho visto il film di Garrone. Quando quel “benedetto Toscano” di Carlo Lorenzini detto Collodi lo scrisse nel 1883, sicuramente non avrebbe potuto immaginare quanto ancor oggi sarebbe stato attuale il suo insegnamento!

Pinocchio è un’icona universale e quel pezzo di legno è una metafora della condizione umana. Il libro è un capolavoro mondiale che ha ispirato centinaia di edizioni, traduzioni in 260 lingue, trasposizioni teatrali, televisive e animate, come quella di Walt Disney. Tra i giudizi favorevoli, quello di Benedetto Croce: “Il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità … una fra le grandi opere della letteratura italiana”.

Un libro ed un film per adulti, affinchè aiutino i bambini a capirne i significati più profondi. Fra questi, molto attuali, ne cito alcuni:

  • “Sei innocente? In prigione! Hai rubato molto? Sei libero!” (Questo è veramente tragico!). E qui fra i GL-Grandi Ladri a piede libero io mi permetto di collocare in prima posizione i GEF-Grandi Evasori Fiscali. In seconda posizione a pari “merito” gli (ex) amministratori di una (ex) grande banca senese, capaci di mettere in crisi in qualche anno una banca plurisecolare (fondata nel 1472!) e con lei molte istituzioni della sua città i cui bilanci contavano sui suoi contributi (ospedale, università, biblioteca, etc.).
  • “Diffida di chi ti dice che puoi arricchirti senza fatica in pochissimo tempo!”. E qui i “trafficanti di illusioni” colloco i venditori-allo-sportello-delle azioni-della-banca-stia-tranquillo-sono-un investimento-sicuro …
  • Le bugie hanno il naso lungo ma le gambe molto, molto corte: non ti portano lontano.
  • L’istruzione, la cultura ci trasforma da oggetto della politica altrui in soggetti liberamente pensanti, artefici della nostra politica.
  • Il Paese dei Balocchi: tutto a tutti, tanto aumentiamo il debito pubblico. Ed eccoci trasformati in tanti asinelli.
  • Il valore del lavoro e della sua equa retribuzione.
  • La famiglia, il rispetto dovuto ai genitori, l’amore dei genitori per i figli.
  • La scuola: non selettiva, nozionistica e elargitrice di sola capacità, bensì formatrice e dispensatrice di conoscenza (la capacità ci rende abili a svolgere i lavori attuali; la conoscenza ci rende capaci ad apprendere i nuovi lavori del domani, n.d.r.).
  • La malvagità non premia.

Rileggiamolo, questo capolavoro, rileggiamolo oggi che siamo cresciuti e siamo ben più alti dei bambini: ci aiuterà a diventare anche grandi, per non essere come quel  corazziere che aveva detto a Napoleone: “Maestà, io sono più grande di Voi” ed al quale Napoleone rispose: “No, tu sei solo più alto”.

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PROVERBI TRENTINI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Dicembre, 2019 @ 6:04 am

Detto altrimenti: la saggezza del popolo      (post 3723)

Pan e nos …

Pan e nos l’è en magnar da spos, pane e noci è un mangiare da sposi. Il primo significato, quello di base, era che di ‘sti ani (tanti anni fa) già potersi concedere pane e noci era una rarità, nel senso che in questo caso finalmente ci si sfamava e alimentava abbondantemente e con gusto. Il secondo significato era che questo menu rappresentava una delle portate importanti in un (allora povero) pranzo di nozze. Il terzo significato, un po’ malizioso: che lo sposo, così alimentato, sarebbe stato più gagliardo. Nella foto io ho voluto raffrontare l’ieri all’oggi, aggiungendo un piatto di Thun, una sciccheria moderna, a sottolineare il contrasto, il cambiamento dei tempi, per invitare me stesso a non perdere di vista ciò che conta maggiormente: l’essenziale che, come ci insegna il Piccolo Principe, è invisibile agli occhi.

Buon Natale e Buone Feste a tutte e a tutti!

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DALL’ASSOCIAZIONISMO ALLA POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Dicembre, 2019 @ 7:02 am

Detto altrimenti: un po’ di sociologia sul nostro tempo         (post 3722)

Dice … ma tu blogger, sei laureato in sociologia? No raga, in giurisprudenza, ma poi ho fatto un altro mestiere tutta la vita: il manager. Dice … e allora che c’azzecca questo tuo post? C’azzecca, c’azzecca! Perché, vedete raga, quando non lavori più ti si libera molto spazio sull’hard disk del cervello e rifletti sulla tua esperienza di vita ed allora … Dice: allora cosa?  Allora ti fermi a ragionare ad esempio sui comportamenti umani, o almeno su quelli delle persone che ti stanno vicine: quelli di noi Italiani, ad esempio.

11 luglio 1982, Campionati mondiali di calcio, Italia-Germania, 3:1. Io ero in Baviera a studiare tedesco. Non seguivo i campionati. I miei compagni di classe, persone di varie nazionalità, ogni tanto mi si avvicinavano e mi salutavano con un “gratuliere”, “mi congratulo2. Io non capivo. Il fatto era che stavamo vincendo tutte le partite di calcio che ci avrebbero portato alla finale. Dopo la quale, arrivarono i “gratuliere” degli amici tedeschi. In quel periodo cambiò il governo tedesco, io chiesi loro come giudicassero la nuova compagine di governo. Mi risposero: aspettiamo di vedere come opera. Il che mi stupì: infatti noi Italiani giudicavamo sempre tutti a priori! Due fatti diversi, due comportamenti simili: pacatezza ed equilibrio sportivo e nella politica. Diversi dai nostri: acredine e violenza nello sport e nella politica. Ma il fatto che voglio sottolineare fu la mia reazione di stupore: io mi stupii! Questo mio stupore avrà pur voluto significare qualcosa? Infatti ci si stupisce per un fatto inusuale!

Ogni Italiano è tendenzialmente individualista. Geni, poeti, navigatori, inventori molto. “Soci” poco: ognuno per sé, tendenzialmente, s’intende, esasperando il discorso per cercare di capire il senso di ciò che sto scrivendo. Anche nelle associazioni. L’associazione del presidente e non “dei soci”: questa è una malattia abbastanza diffusa. Di un presidente che dopo di me il diluvio perché non mi preoccupo di far maturare dall’interno la successione al mio mandato. Ecco, dall’interno: questo è il punto. Mi piace citare una vignetta che non riesco più a ritrovare in internet: davanti al portone di un grattacielo un cartello: “E’ morto il Presidente – Si assume un fattorino” ad indicare il processo interno di maturazione dei gradi.

Associazioni senza futuro quelle che si trasformano come camaleonti, preda di new entry che non hanno alcun vissuto sociale di quella societas che vogliono conquistare. E così anche in politica, nazionale intendo. I partiti tradizionali di quelli che oltre noi non esiste nulla, noi uguali a noi stessi ed invece fra vaff, pieni poteri e branchi di pesciolini rischiano di essere cancellati dal panorama politico.

Io vedo un phil rouge (ah … ah! Ho trovato scritta così questa espressione in una relazione aziendale, lo giuro!) fra l’individualismo di chi parcheggia un’auto di traverso su due posti; chi non si preoccupa della continuità nella successione in un’associazione; chi “sfa” (contrario di “fa”) politica chiusa in se stessa.

“A me quella poltrona!”

Da manager qual sono stato e sono, per me la managerialità consiste soprattutto che la Spa che gestisco deve sopravvivere alla mia persona: per ottenere ciò occorre una gestione chiara, il rispetto delle regole, la valorizzazione di ogni persona: in breve, un sistema in cui ognuno sia “libero” di partecipare e quindi di crescere. Il percorso è il seguente:  managerialità cioè partecipazione cioè crescita cioè libertà cioè democrazia. Democrazia in ogni comportamento umano, dal parcheggio dell’auto alla politica nazionale. In caso contrario alla fine si è governati da paracadutisti, cioè da persone calate da un altro mondo: nelle associazioni, nelle SpA, nella politica nazionale.

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L’Attesa

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Dicembre, 2019 @ 5:00 pm

Detto altrimenti: una virtù da riscoprire (post 3721)

L’Attesa

Di fretta anzi di corsa, tutto e subito. E invece fermiamoci un poco e attendiamo … e nell’attesa riflettiamo. 24 dicembre, l’Attesa, con la “A” maiuscola. Il S. Natale. Per un semplice blogger qual sono io non è facile, ogni anno, scrivere un quid novi sul Natale, ragion per la quale vi chiedo la cortesia di andare nell’apposito riquadro e cliccare la parola “natale”. Potrete quindi scegliere il tipo di messaggio che più vi sarà gradito.

L’attesa

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Io, per far passare presto il tempo dell’Attesa, questa mattina (24 dicembre n.d.r.) mi sono concesso tre ore di sci in Paganella con un amico di Montegrotto (PD) e – per evitare l’affollamento – mi sono presentato ai tornelli con un congruo anticipo. Infatti le prime sciate sono le migliori: le piste sono ancora intatte, la gente poca. E poi per un giovane tri-nonno come me, tre ore filate (08,30-11,30) vanno più che bene. Anche in questo caso, come vedete dalla foto, c’è stata un’attesa, questa volta con la “a” minuscola (e ci mancherebbe altro!)

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Concludo: Buona Attesa con la “A” maiuscola a tutte e a tutti! E faccio mia la richiesta a Gesù Bambino scritta in una letterina da una bimba di nove anni: “Il tal libro, il tal gioco ma soprattutto la pace nel mondo“.

P.S.: Fra qualche ora aggiungerò la foto con il Bambinello nella culla


L’Attesa è finita!

Buon Natale a tutte e a tutti!

POST-FAZIONE, una prefazione scritta dopo! Due foto:

Natività oggi

Natale: gli angeli volano, anche quelli di ceramica Thun!

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INCONTRI: M° RICCARDO GIAVINA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Dicembre, 2019 @ 7:26 am

Detto altrimenti: è mancato un Amico, ma noi lo vogliamo “incontrare” ancora, con le parole del suo collega Prof. Franco Ballardini      (post 3720)

Riccardo Giavina, Musicista pentadimensionale: compositore, direttore, professore, pianista, per decenni nella Presidenza dell’Associazione rivana Amici della Musica.
Soprattutto Amico. Lo intervistavo con il post n. 2908 del 9 novembre 2017 in occasione del suo ottantesimo compleanno
http://www.trentoblog.it/riccardolucatti/?p=53032 .

Scrive oggi Franco Ballardini:

“Un bel concerto ha reso omaggio sabato pomeriggio, nell’Auditorium comunale annesso al Conservatorio, al Maestro Riccardo Giavina, appena scomparso. Bello non solo per i contenuti musicali – per altro di tutto rispetto – ma anche per la ‘naturale’ dedica a Giavina e per il clima affettuoso che lo ha accompagnato. Il programma, preparato in poche settimane, prevedeva un semplice saluto con musiche del repertorio natalizio: ma ‘schierava’ una nuova orchestra giovanile della sede rivana del Conservatorio, ricca di archi, fiati, percussioni, nata dall’iniziativa di vari docenti e dall’entusiasta adesione degli allievi; alla quale si sono aggiunti tre studenti di canto dei corsi superiori, già premiati in vari concorsi, due giovani pianisti assai promettenti. Infine il coro del Liceo musicale collegato al Conservatorio. La sala era gremita quanto il palco e ha seguito ogni momento con calorosa partecipazione. Presenti la figlia maggiore di Giavina, anche a nome della sorella e della madre e il Sindaco, che ne ha ricordato l’importante biografia artistica e il grande contributo dato alla vita culturale della ‘città d’adozione’, dal ’70 ad oggi. Altri docenti del Conservatorio (molti già allievi del Maestro) ne hanno rievocato, fra un brano e l’altro, certe caratteristiche umane e musicali indimenticabili: da un lato gli oltre trent’anni dedicati al Conservatorio come docente di pianoforte e – per oltre venti- anche come fiduciario, anni nei quali la sede di Riva è passata da 6 a 30 cattedre, da 20 a 200 studenti . Sono state ricordate le oltre 500 sue composizioni (corali e strumentali) pubblicate ed eseguite in Italia e nel mondo, al Teatro alla Scala e nella Sala Nervi in Vaticano, registrate su disco e trasmesse da radio e televisioni in tutta Europa e non solo; ma al tempo stesso è stata sottolineata anche la sua personalità così vitale e rispettosa, esuberante e discreta, la qualità ‘più unica che rara’ del suo tocco pianistico e la versatilità che gli permetteva di passare con disinvoltura dall’organo alla tromba, dalla chitarra alla fisarmonica, il rigore assoluto del suo approccio al repertorio classico e la straordinaria capacità d’improvvisare su qualsiasi tema in stile barocco o moderno, romantico o jazz. Un’autentica ‘incarnazione della Musica’ insomma, frutto di doti naturali ma anche di uno studio continuo e infinito- che il Conservatorio, sua seconda casa, certo non dimenticherà”.

Finisce

Due Maestri

La sua capacità d’improvvisare. Un giorno Riccardo mi disse: “Riccardo, suona qui, al pianoforte, qualche nota, accenna un motivetto”. Io, imbranatissimo, con l’indice destro schiacciai in sequenza una decina di note a caso. Ne venne fuori un qualcosa che lui trasformò in un tema eseguito in successione secondo lo stile dei più famosi musicisti dei secoli scorsi: ed allora anche un ignorantone musicale qual sono, riconobbe via via Mozart, Haydn, Schumann, Chopin, Beethoven, Brahms, etc.. Io non ho potuto essere presente a questo concerto, impegnato come sono stato a ricevere a Trento quattro bolognesi: figlio, nuora e due nipotine in visita ”natalizia”, visto che poi il Natale lo passano in Toscana con gli altri nonni. Comunque, Riccardo, sono stato vicino a te e alla tua famiglia con tutto il mio affetto e tutta la mia riconoscenza. Oggi ti sarò vicino in Chiesa a Riva del Garda. Un abbraccio, Riccardo, dal tuo amico omonimo (già, quando ci incontravamo ci salutavamo così: “Ciao, omonimo!”).

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POPULISMO DIFENSIVO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2019 @ 8:35 am

Detto altrimenti: una miscela al 50% di retorica e di populismo        (post 3719)

Processo per il sequestro della Nave Gregoretti. La voglio prendere alla larga e cito una vecchia canzone degli Alpini: “Al comando dei nostri ufficiali”:

Al comando dei nostri ufficiali / caricheremo cartucce a mitraglia / e se per caso il colpo si sbaglia / a baionetta l’assalto farem. / E tu Austria  che sei tanto forte / fatti avanti se hai del coraggio / che se la buffa ti lascia il passaggio / noi altri alpini fermarti saprem. / Care mamme che tanto tremate / non disperate pei vostri figlioli / che qui sull’alpe non siamo noi soli / c’è tutta Italia che al fianco ci stà.

Per ragioni di buona convivenza internazionale, quel “E tu Austria” è poi stato cambiato in “E tu nemico”. Per ragioni diverse, quel “che se la buffa “ (la fanteria, n.d.r.) è stato cambiato in “che se qualcuno”. Ma queste sono altre storie. A me in questa sede interessa l’ultimo verso: “C’è tutta Italia che al fianco ci sta”.

Alpini. No, non c’era tutta l’Italia con loro sull’Adamello, a oltre 3000 metri, in inverno, con equipaggiamenti che oggi definiremo ridicoli, cibo scarso, sonno poco, pidocchi tanti, igiene nulla, esposti al tiro del nemico e alle decimazioni di casa propria. No. Ma alla retorica del tempo veniva bene cavarsela in quel modo: “C’è tutta l’Italia con noi, e allora, mamme, di che vi preoccupate?”

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E dopo la retorica il populismo. “Cosa? Che dite? Che io decido troppo e da solo, anche sulle navi dei migranti? Ma no … non si tratta della mia volontà bensì della vostra, quella di 60 milioni di Italiani, una massa informe ed uniforme che esprime un’unica, identica volontà, questa, quella che io sto semplicemente attuando”. Questo dicesi populismo qualitativo: così Umberto Eco nel suo prezioso libro “Il fascismo eterno” (Ed. La nave di Teseo): i 5 Euro mai così ben spesi in vita mia. Acquistarlo e leggerlo per credere.

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Giacomo Matteotti

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E adesso arriva il populismo difensivo:Mi processate? Milioni di Italiani con me al processo. Ebbene, se il capo di questi milioni è un delinquente, ebbene quel capo sono io, io mi assumo la responsabilità anche politica di …” . Cosa vi ricordano queste parole? Eh no, raga, non ve lo dico! Ecchè? Vi devo dire tutto io? Quando mai!?

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BANCHE CHE FALLISCONO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Dicembre, 2019 @ 1:33 pm

Detto altrimenti: ieri sera, RAI Uno, quella di Michele Sindona      (post 3718)

Giorgio Ambrosoli: un eroe assassinato per ordine di … (1979)

Tempistica casuale ma opportuna: una rievocazione fra documento storico e fiction. Anni ’70 (ma 1970 non 1870!): la banca di Michele Sindona raccoglieva denari dai risparmiatori e dalle più importanti aziende dell’epoca i cui manager venivano “ringraziati” con laute ricompense “in nero”. Inoltre la stessa riceveva grossi depositi dallo IOR i cui denari non erano controllati da alcun ente antimafia e/o antiriciclaggio. Poi finanziava partiti politici e altre iniziative. Ad un certo punto la bolla scoppia. Bankitalia conferisce l’incarico di liquidatore all’Avv. Giorgio Ambrosoli. Dietro/insieme a Sindona: la DC, la P2, la mafia, lo IOR, etc.. Giorgio Ambrosoli è sostenuto solo da Bankitalia il cui governatore Baffi e il cui VDG Sarcinelli vengono “frenati” con un arresto. Il deficit si aggira intorno ai 500 mildi di lire. Sindona chiede a Mediobanca di aiutarlo a far ripianare il deficit con denari pubblici. Cuccia si rifiuta e viene minacciato di morte. Ambrosoli viene ucciso a colpi di pistola.

Scrivo questo post per tre motivi:

Michele Sindona, avvelenato in carcere con il cianuro per ordine di … (1986)
  1. La casuale coincidenza con il 14° default bancario (Banca Popolare Bari: pare che il deficit sia di 1,5 mildi di euro, pari a 3.000 mildi di lire);
  2. I giovani di oggi devono sapere che se si è da soli a difendere la legge contro tanti, quei tanti sono contro la legge.
  3. Negli anni ’70 io ero a capo della Finanza Italia della più grande società finanziaria italiana, la Stet-Società Finanziaria Telefonica p. Azioni, Torino e seguii la vicenda – da esterno ovviamente – con grande attenzione.

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Gaspare Pisciotta, avvelenato in carcere con il cianuro per ordine di …  (1954)

Non voglio dire – e non dico – che oggi sia successo un fatto analogo, ma certo sarebbe interessante conoscere i nomi di chi ha sbagliato; di chi ha/non ha controllato; di chi ha preso i soldi e non li ha restituiti. Quanto a Baffi e Sarcinelli io non avevo occasione di rapporti diretti, ma i miei gran capi della Stet (Presidente, Amministratore Delegato, Direttore Generale) e tutti i numeri uno delle tantissime banche con le quali avevo un rapporto personale di lavoro, testimoniavano la loro integrità assoluta. E Giorgio Ambrosoli? Un vero eroe. Non dimentichiamo una simile Persona.

Un ricordo di tipo diverso va riservato a chi (Roberto Calvi, 1982) è stato trovato “suicidato” sotto un ponte di Londra per ordine di …; o a chi (Gianmario Roveraro, 2006) è stato rapito e fatto ritrovare depezzato per avere perso denari affidatagli, per ordine di …

Non c’è che dire: nel nostro Paese non è mai mancato l’ “ordine”!

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ASSOCIAZIONI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Dicembre, 2019 @ 8:43 am

Detto altrimenti: “Managerialità, libertà e democrazia nelle – “ (vedere alla voce “Associazioni” )   (post 3717)

Ovvero: con queste riflessioni mi sono fatto il regalo di Natale!

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Una sorta di vocabolario, questi miei post, lo confesso. Quelle le associazioni io ne ho  conosciute molte e ne frequento alcune (quanto mi piace italianizzare il dialetto napoletano!). La prima differenza che noto è il diverso livello di democrazia che ho riscontrato via via negli anni all’interno di ognuna di esse, livello che deriva dal grado di partecipazione alla loro vita. E la partecipazione si attua in due modi: alla loro vita operativa e/o alle loro assemblee.

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1 – La partecipazione alla vita operativa

Le Associazioni vivono del contributo, delle idee e del lavoro degli associati: non solo dell’azione del Consiglio Direttivo o di qualche dipendente. A rigore infatti occorrerebbe distinguere fra soci semplicemente fruitori e soci anche operativi. Una analoga distinzione potrebbe essere fatta all’interno del Consiglio Direttivo stesso: infatti qualche Consigliere eletto può pensare di avere a disposizione una Direzione Operativa, il che molto spesso non è, per cui il Consigliere deve rendersi operativo esso stesso: e ciò non sempre accade.

2- Le due facce della vita operativa

Quella interna, rivolta alla vita degli stessi soci. Quella esterna, indirizzata ad attivare iniziative ed attività esterne. Occorre avere presente questa distinzione per valutare il mix dei due tipi d’azione che sotto questo profilo definisce il tipo di associazione: troppo chiusa; chiusa; aperta, troppo aperta.

3 – La partecipazione alla vita assembleare

200 iscritti, 50 presenti? Troppo pochi. L’associazione non è “libera” – e con lei non è libero ogni associato – perché, per dirla con Giorgio Gaber “Libertà non è star sopra un albero / Non è neanche il volo di un moscone / La libertà non è uno spazio libero / Libertà è partecipazione”. Traduciamo: libertà non è stare a guardare ciò che succede  /  non è nemmeno l’azione di uno solo / non è nemmeno poter fare ciò che si vuole / libertà è partecipare alla creazione di una volontà e di una azione collettiva. E se manca la libertà, manca la democrazia.

Don Lorenzo Guetti, il fondatore della Cooperazione trentina, affermava: “Bene Comune è il bene alla cui costruzione hanno partecipato sin dall’inizio tutti i suoi fruitori”. Una piazza, una scuola non sono beni comuni, ma semplici beni pubblici, collettivi.

4 – I numeri

200 iscritti, 150 presenti in Assemblea, di cui la metà per delega? No buono (v. sopra).

5 – La successione

Primo obiettivo di un capo è motivare i suoi e assicurare la vita dell’ente cui è preposto (associazione, società per azioni, etc.) ben al di là della propria persona. E invece in molte SpA (ve lo dice un vecchio manager!) il capo tende a rendersi insostituibile, della serie così “nessuno mi può soppiantare nemmeno tu…” (parafrasando i versi di una nota vecchia canzone di Caterina Caselli!). Nelle SpA l’avvento della tecnologia web ha falcidiato le carriere intermedie. Ciò si verifica in parte anche nelle associazioni: si rischia di passare da una dirigenza troppo vecchia ad una troppo giovane.

6 – La presidenza “vera”

Peggio mi dice quando il presidente  tende a rendersi soprattutto “operativo” e come tale agisce. In questi casi mi chiedo: ma allora, chi svolge nel frattempo il ruolo di presidente? Ed in particolare, chi dà centralità alla partecipazione e alla successione (v. punti precedenti)? Ed allora cosa succede? Succede che le associazioni o muoiono o si auto trasformano. Muoiono se proprio non vi è chi subentra alla loro direzione-presidenza. Si trasformano quando cadono preda dei voti-delega e/o di iscritti che vi sono entrati senza il filtro di alcun requisito richiesto. A quest’ultimo riguardo un esempio. Prendiamo un’associazione di ambientalisti contrari alla caccia che non preveda alcun requisito per gli aspiranti soci. Ipotizziamo che l’Associazione Cacciatori di organizzi e faccia iscrivere tutti i propri associati all’associazione ambientalista. Alla prima assemblea l’associazione ambientalista – per migliorare la vita della selvaggina (residua!) – voterà a maggioranza in favore del sostegno ad una decisione della politica locale nel senso del “prelievo” di numeri sempre crescenti di capi di selvaggina. Per il bene loro, s’intende!

7 – Deleghe e incarichi

Chiarito che il “ghe pensi mi” non funziona, occorre attivare un sistema di deleghe e di incarichi. E “siccome che” (questa volta ho disturbato il diletto trentino) spesso si fa confusione, chiarisco: la delega è un conferimento di responsabilità e di poteri, per cui il delegato agisce e firma impegnando l’associazione. Se poi costui agisce male, la delega gli viene revocata. L’incarico è un agire senza impegnare l’associazione, al fine di portare il prodotto del proprio lavoro all’approvazione del Consiglio Direttivo. Occorrono entrambe le forme di decentramento.

8 – Decentramento

Solo chi decentra può crescere. Chi vuole crescere deve decentrare. Chi non decentra non può crescere. Chi non cresce è (anche)  perchè non ha decentrato.

9 – Come decentrare: l’hardware

Si definisce un piano pluriennale scorrevole (tre pagine arial 12). Al suo interno si definisce un budget annuale (una pagina arial 12). Al suo interno di assume una delibera del Consiglio Direttivo (tre righe arial 12). Su questa base di stabiliscono deleghe e incarichi. Ovviamente, così come esiste una pianificazione, deve esistere un controllo di gestione.

10 – Come decentrare: il software

L’intelligenza che agisce deve essere una intelligenza collettiva: sta al capo far sì che avvenga la “fusione” dei contributi di ognuno, sino ad arrivare ad una sintesi armonica. Come in un’orchestra: è chiaro che ogni singolo violinista muove autonomamente le proprie dita ma l’armonia complessiva che scatutrisce dall’insieme dei suoi colleghi è opera del Direttore d’orchestra, il cui contributo non può mancare e che comunque “è” l’ultima parola. E che nessun violino, nemmeno se è il “primo violino” (o presunto tale) pretenda di sostituirsi a lui … il che avviene – ad esempio – quando qualche consigliere-Pierino ignora l’ordine del giorno e trascina la discussione su altri temi.

11 – L’indotto

Ogni associazione genera un indotto. Ad esempio, un’associazione di volontariato sociale solleva il settore pubblico da certi suoi doveri primari. Occorre chiedersi: questo suo contributo, le viene concretamente riconosciuto in qualche modo? Lo stesso dicasi per associazioni che inducono incrementi turistici/commerciali in favore del territorio. Ma si sa, purtroppo la riconoscenza spesso è il sentimento del … giorno prima!

12 – Il risultato economico

Quello che compare a bilancio deve essere arricchito dal beneficio economico procurato all’indotto. Solo così si potrà esprimere una valutazione significativa di quei numeri (1),

13 – La dimensione

Quale è la dimensione di ogni associazione? Quale si è conquistata? Quale vuole raggiungere? Quale le deve essere riconosciuta? La consapevolezza della propria dimensione è fondamentale – fra l’altro – per l’individuazione della fascia di sponsor ai quali rivolgersi. Un esempio: un’associazione sportiva che produca un rilevantissimo indotto economico a livello locale ed abbia un’ottima visibilità a livello internazionale ha una dimensione enorme e non è certo rappresentata dai semplici numeri del suo bilancio. L’obiettivo è che sia lo sponsor che venga a cercare questa associazione!

14 – La legge elettorale

Per avere un Consiglio Direttivo che copra tutte le competenze necessarie e soprattutto “politicamente” omogeneo, suggerisco l’adozione del voto di lista: in tal modo a confrontarsi per la guida dell’associazione saranno due sistemi omogenei e si eviterà una inutile e dannosa conflittualità interna ad un Consiglio Direttivo entro il quale vi sia una maggioranza ed una opposizione. Sarebbe un po’ come se dopo le elezioni politiche, il governo del paese fosse formato da alcuni ministri della maggioranza ed alcuni dell’opposizione!

15 – La comunicazione

In questa sede mi occupo solo di quella “interna”. Da IT-Information Technology si è passati alla ICT-Information Communication Technology. Ma per la “comunicazione” interna non basta: occorre arrivare alla ICDT, dove quella lettera “D” sta per dialogue, dialogo, ovvero scambio e confronto di opinioni “guardandosi in faccia”. Infatti gli scambi di e-mail non devono e non possono sostituire una riunione fisica delle persone. Solo la presenza fisica può trasmettere il sentimento con il quale si vive la propria idea. Solo con la persenza fisica si può comprendere il messaggio più importante di un processo comunicativo: tutto ciò che non è stato detto! Solo con la presenza fisica si èuò comprendre che una voce unanime spesso è il terreno migliore per coltivare … idee sbagliate e che se “un capo ed il suo vice dicono la stessa cosa, uno dei due è inutile”.

16 – La comunicazione bis

All’atto dell’iscrizione occorrerebbe far firmare a ciscun candidato socio l’autorizzazione a che il suo indirizzzo e-mail e il suo numero di telefono sia messo a disposizione di tutti gli associati. Solo così ogni associato può sapere con chi si è associato, solo così egli può di fatto esercitare quel diritto che molti statuti prevedono (solo in linea teorica: una democrazia finta, solo formale!) e cioè di raccogliere un certo numero di firme per la convocazione dell’Assemblea.

17 – La comunicazione ter

Attenzione al gestore del sito web: che non si prenda un potere che non gli compete! Infatti questa è una tentazione in capo a chi ha in mano il gesso e la lavagna … elettronica! Anche in politica del resto … una società che gestisce il web di un partito è di fatto ai vertici del partito stesso.

18 – Il controllo sugli Amministratori

In ogni Associazione occorre che vi sia un organo che controlli non solo il comportamento degli associati, ma innanzi tutto e soprattutto il rispetto dello Statuto da parte degli stessi Amministratori.

19 – La democrazia

La riforma di legge del cosiddetto Terzo Settore ha incentrato gli interventi sugli aspetti finanziari e fiscali. Nulla è stato purtroppo fatto per verificare che ogni associazione abbia uno Statuto realmente democratico.

20 – L’alternanza

La formazione dei propri successori nella dirigenza di una associazione di cui al precedente n. 5 potrebbe inoltre essere inquadrata in una previsone statutaria che preveda il limite massimo di mandati. Ciò – fra l’altro – indurrebbe il Consiglio Direttivo in carica a fare formazione e cultura, al fine di preparare le future classi dirigenti.

La pagella

Ipotizziamo di assegnare un punteggio da 1 a 10 ad ognuno dei 20 punti trattati. La sufficienza si raggiunge quanto nessun singolo punto sia stato valutato sotto il 6. In caso contrario c’è da chiedersi: ma la democrazia sostanziale è un valore ricercato oppure è qualcosa di temuto e quindi evitato? A mio avviso managerialità e democrazia sono le due facce della stessa medaglia in ogni ambito della convivenza umana “associata”.

(1) Questa l’ho imparata dai tedeschi. Ero direttore in una SpA del Gruppo Siemens. Da Monaco valutavano il nostro bilancio dopo l’addebito figurativo degli “interessi calcolatori”, kalkoratoriche Zinzen, cioè di quelli teoricamente maturati sull’intero capitale investito su di noi dall’azionista. Analogamente venivano valutati i ricavi da noi indotti in altri soggetti del Gruppo. Un altro esempio: anni fa sono stato membro del CDA dell’Ente Fiera di Genova. Molte fiere minori erano “in passivo”; le due maggiori (Euroffora e Salone Nautico) erano rispettivamente in attivo ed in pareggio: ma qual’era per la città l’enorme indotto complessivo di tutte le fiere?

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MALA BANCA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Dicembre, 2019 @ 10:36 pm

Detto altrimenti: maccome è possibile arrivare a quel punto senza che … ?      (post 3716)

Un’altra banca ha bisogno dei denari di noi tutti contribuenti per non fallire. Credo che sia la quattordicesima. Sento che si intende procedere legalmente contro gli amministratori e manager responsabili. Al che mi chiedo: ma costoro, se condannati, avranno un patrimonio sufficiente sul quale rivalersi? Ne dubito. E poi, se i responsabili dei dissesti avessero costituito i loro beni in “patrimonio familiare,” li avrebbero resi comunque inattaccabili da qualsiasi azione risarcitoria.

“Acc … siamo stati scoperti!”

Al che mi viene in mente un particolare: quando io, manager imprenditore di me stesso, semplice privato con partita IVA, fui nominato a capo di una SpA mista a capitale sociale a maggioranza pubblica la quale doveva realizzare investimenti immobiliari per oltre dieci milioni di euro, la legge mi impose di assicurarmi a mie spese per la eventuali danni riconducibili a me anche per colpa grave: In tal modo, se io avessi danneggiato il settore pubblico, esso  sarebbe stato risarcito ben al di là delle mio limitatissimo patrimonio. E allora mi chiedo: 1 – non sarebbe bene imporre anche ai top manager e agli amministratori bancari la detta assicurazione? 2 – Chi erano i controllori che non hanno controllato per tempo? 3 – Possiamo avere l’elenco dei clienti di banca che non hanno rimborsato il proprio debito? Già, perchè mi pare che troppa gente applichi disinvoltamente l’ “articolo quinto” che recita “Chi ha i soldi in mano ha vinto”. Il che non mi disturberebbe affatto se quei soldi non fossero – come invece sono – anche miei nella mia qualità di contribuente che paga le tasse: almeno sapere chi ho beneficiato!

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SCI DA GARA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Dicembre, 2019 @ 7:35 pm

Detto altrimenti: sono realmente diversi …   (post 3715)

(Alcune note tecniche da chi tecnico dello sci non è. Evvabbè …)

Sci da gara. Tanti anni fa (20? 25?) ne ebbi un paio in regalo da un campione vero: erano Rossignol da slalom gigante, l. 2.05 (all’epoca lunghezza normale). La prima grande differenza rospetto a sci “normali”: erano molto faticosi da … portare a spalla dalla macchina fin sulla pista! Infatti erano molto “spessi”, pesanti, cioè robusti, per meglio rispondere alle forti sollecitazioni impresse da un campione in una gara. Io mi adattai subito a loro, salvo invidiare che già sciava con sci più corti, rastremati, che scodinzolava con estrema leggerezza! Negli anni li sostituii con un paio di Salomon “normali” l. 1,70, raggio di curvatura 15,5, che andavano benissimo. Dopo alcuni anni, l’anno scorso decisi di cambiarli solo perché un modello un po’ vecchiotto mi … invecchiava (ulteriormente) agli occhi di amici (e non)! Vado in negozio: un’occasione! Salomon Race in offerta! L. 1,70, raggio 15,00. Li prendo.

In cabinovia mi ritrovo con due ufficiali dei CC ed il loro maresciallo istruttore che – visti i miei sci – afferma: “Sono sci che denotano la bravura di chi li utilizza”. Ed io godutissimo, uao!  Ma … attenzione! Questi sci Formula Uno di oggi sono molto diversi dagli sci Formula Uno di ieri! E non per la maggiore velocità né per il raggio di curvatura, bensì per l’immediatezza con la quale rispondono al comando di “virata”. Mi spiego. A parte la qualità dei materiali, la loro diversa e studiata elasticità e tutte le altre diavolerie della tecnica, la novità prevalente è proprio la loro maggiore sensibilità del “volante” ai vostri comandi: è’ un po’ come guidare un’auto le cui ruote rispondano immediatamente ad un movimento anche solo millimetrico del volante. In tal modo, in una gara, ad ogni curva si risparmia qualche centesimo di secondo. Ciò è dovuto anche alla laminatura in punta e in coda, la quale sporge un po’ rispetto alla suoletta e anticipa la presa sulla neve. Poi c’e anche il grado-angolo di incidenza del piano che comprende la lamina ed il piano verticale della sponda laterale della suoletta: sci normali, 90° – Da anormali (da gara): 88 ° il che significa che la lamina nella parte esterna “punta verso il basso ” rispetto al piano suoletta. Il che comporta una maggiore rapidità di presa ed una maggiore tempestività di risposta. Ora, seguidate un’auto molto sportiva, dovete avere anche una presa perfetta delle mani sul volante: niente sudore nel palmo delle mani e quindi indossate i guanti. Lo stesso con questi sci: lo scarpone deve essere ben stretto e fare tutt’uno con piede, non ci deve essere alcun gioco fra piede e scarpone: sarebbe un po’ come accettare che il volante dell’auto sportiva slittasse un poco dalla presa delle vostre mani. Ma “siccome che” a “me non mi” interessa utilizzare questi aspetti anche perchè alla mia tenera età di quasi 76 anni non credo che mi ammetterebbero a partecipare ai campionati mondiali di sci, mi soffermo su qualche consiglio per utenti “normali” che vogliano utilizzare sci “anormali” come i miei.

E poi i Salomon Race sono belli, dello stesso colore della mia giacca! Qui ho ancora i vecchi sci. Le gambe troppo unite denunciano l’avanzata età dello sciatore!

Siccome la presa delle lamine è immediata, se avendo il monte a destra, in una curva a monte voi spigolate con lo sci a monte appena un po’ di più che con lo sci a valle, lo sci destro curva a monte ben più del sinistro,  le punte dei due sci si aprono, il peso si scarica istintivamente sullo sci a valle la cui lamina esterna fa subito il suo “dovere” e … blocca lo sci! Voi fate un volo a valle e vi rompete la testa dell’omero ed il trochite della spalla sinistra: a me è successo il 25 marzo 2019. Cinque settimane di immobilizzazione e due mesi di riabilitazione. “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”.

Il “volo” è avvenuto nella curva a destra, prima della “x”

Adesso ho imparato: peso del corpo sempre in misura uguale su entrambi gli sci; uguale spigolatura di entrambi gli sci; se la neve non è ghiacciata li tengo tendenzialmente piatti (cioè, spigolo molto poco); infine scio con le braccia un po’ più avanti di come ero abituato, fino a sentire una maggiore pressione dello scarpone sullo stinco: in altre parole, anticipo un po’ io stesso la curva, per assecondare la loro volontà: la volontà dei miei sci.

Ecco, ora un tecnico vero dirà che ho fatto male a comperarli etc., ma ormai ce li ho e me li godo. Per essere più tranquillo poi ho fatto addolcire un poco il rush (lo spigolo delle lamine) sulle punte e sulle code: se dovessi sciare in una competizione mondiale perderei qualche centesimo di secondo ad ogni curva: evvabbè …

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P.S.: che poi in questi giorni in Paganella si stanno allenando le atlete che – sulla nostra pista “nera” – parteciperanno ai Campionati Europei femminili: alcune di loro hanno i Salomon Race, ma noto che sono più lunghi etc.: insomma, i miei sono “solo” da gara, i loro “veramente” da gara!

Buone sciate a tutte e a tutti!

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