LA SUOCERA DI TERENZIO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2020 @ 9:24 amDetto altrimenti: no, non si tratta di un mio amico e della sua suocera … (post 3744)
Martedì 11 febbraio (anniversario dei Patti Lateranensi del 1929 ma questo è solo un caso) ci sarà la riunione del Gruppo di Lettura dei classici della prof (senza puntino) Maria Lia Guardini, presso la Sala Multilingue a piano terra della biblioteca Comunale di Trento, ad ore 10,00 entrata libera. Per allora parleremo della commedia “La suocera” di Terenzio.
Publio Terenzio Afro nasce (in Africa) nel 184 a.C. anno della morte di Plauto. Sono anni di grandi successi politici (cioè militari) di Roma contro Cartagine, la Macedonia, la Siria. Anni in cui Roma ritira i presidi militari dalla Grecia ed in Grecia si reca ben due volte Terenzio alla ricerca delle opere di Menandro, sino a morire per un naufragio durante una traversata di ritorno. Terenzio dopo Plauto. Plauto voleva solo far divertire il pubblico. Terenzio contra. La sua Suocera è forse il primo “dramma borghese” e ben poco spazio è lasciato alla comicità (“ La suocera è il primo dramma borghese della letteratura mondiale” – Ettore Paratore). I personaggi plautini durante lo spazio della rappresentazione “non maturano”. I personaggi di Terenzio invece maturano in corso d’opera e soprattutto ne escono bene le donne contro il falso perbenismo dei vecchi e degli uomini in genere; le donne che sanno soffrire in silenzio pur di -; le donne che sanno modificare se stesse, vincere se stesse pur di -. Le donne e coloro che vivono ai margini della società: sono costoro che sanno trovare la forza per un rinnovamento morale capace di modificare abitudini le più incancrenite e di indurre il lettore alla ricerca di se stesso, del proprio intimo al di là del comune pensare di chi era abituato al panem et circenses. Infatti le sue prime rappresentazioni andarono “buche” in quanto gli spettatori furono distratti da funamboli e giochi gladiatori che si tenevano nelle vicinanze. Mi riservo di tornare in argomento dopo la lectio magistralis che su La Suocera ci terrà la nostra prof senza puntino Maria Lia Guardini il giorno 11 febbraio prossimo.
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Solo mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori due sottolineature: 1) Terenzio contribuisce ad una sorta di rinnovamento morale inaspettato soprattutto dati i tempi delle vittorie militari (cioè della politica tradizionale che altro non era che politica di guerra), tempi che inducevano alla retorica del trionfalismo ed ai fasti della sempre maggiore ricchezza e potenza di una Roma muscolare: il che per fortuna ci lascia oggi ben sperare di fronte alla discultura di una parte della politica odierna fatta di slogan e ostentazione di muscoli gladiatori ad (alto) livello fisico e (basso) livello intellettuale. 2) la seconda è una domanda che mi pongo: questa “commedia” era forse nota a Theodore Dreiser, autore dell’opera “Una tragedia americana”, romanzo del 1925 d.C.?
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Il testo della BUR (di cui alla foto) da me utilizzato, ha introduzione, traduzione e note della Dr.ssa Prof. Marina Cavalli, ricercatrice di Lingua e Letteratura greca presso l’Università degli Studi di Milano.
Ne riparliamo dopo l’11 febbraio.
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LA MOBILITA’ IN POLITICA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Febbraio, 2020 @ 9:24 amDetto altrimenti: essere o non essere … immutabili? (post 3743)
Il cittadino elettore può liberamente cambiare il proprio orientamento politico. I partiti politici possono modificare i propri obiettivi. Il parlamentare agisce senza vincolo di mandato. Liberi tutti, dunque? Ma se un parlamentare cambia partito, viene definito voltagabbana, traditore del mandato ricevuto dagli elettori. Come la mettiamo?
Io ero alpinista. Sono velista. Durante le tempeste o montane o marine la prima regola da seguire è “durare”. Tradotto in politica: “esserci”: da fiume impetuoso (capo politico, parlamentare, amministratore della cosa pubblica) o da semplice goccia (persona attiva, quale io mi sforzo di essere).
Mi chiedo: occorre rimanere fedeli all’etica dei principi o all’etica dei risultati? Il mio “amico” filosofo del diritto, l’austriaco Hans Kelsen che studiai oltre mezzo secolo fa (1967) all’università di Genova per l’esame di Filosofia del Diritto (Prof. Luigi Bagolini), insegna che per valutare un concetto occorre portarlo alle sue estreme conseguenze, salvo poi ritornare sul piano della realtà. Orbene, l’esasperazione dell’ etica dei principi conduce al fanatismo; l’esasperazione dell’etica dei risultati conduce al cinismo. E allora? Vogliamo dei politici fanatici o cinici o essere noi stessi tali? No di certo.
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Infatti “Nell’azione del grande politico, etica della convinzione (circa i propri principi, n.d.r.) ed etica della responsabilità (nei confronti dei risultati che si vogliono raggiungere, n.d.r.) non possono andare disgiunte l’una dell’altra” (Weber in Norberto Bobbio, “Elogio della mitezza” pag. 65). In altre parole meno filosofiche: credo in una mia pluralità di idee; non trovo nessun partito politico che le rappresenti tutte; mi inquadro in un partito che ne condivide alcune, quelle che per me sono le più importanti; voglio comunque “esserci” per contribuire a raggiungere almeno alcuni dei miei risultati prefissati.
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Se poi vedo che all’interno di quel mio partito qualcuno vuole fare del nostro simbolo una sua proprietà personale a costo di spaccare l’unità del partito; che al suo interno sono violate regole e principi democratici (contro le regole dello Statuto, si candida chi fa parte della Commissioine elettorale, per dirne una), mi trasferisco in un altro partito (in cui opera da una persona che conosco e stimo molto) e raggiungo il compromesso fra la mia etica della convinzione e la mia etica della responsabilità dei risultati. Il mio fine (il mantenimento del massimo grado di democrazia e libertà vera e morale) può giustificare i mezzi (cambio di partito) se i fini – come nel mio caso – sono moralmente giustificati (sul rapporto fra morale e democrazia scriverò un apposito post). Rispetto a tutto quanto sopra descritto, domando: chi è il voltagabbana?
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“Simboli al potere – Politica, fiducia, speranza” Ed. Giulio Einaudi. Un piccolo ma grande (great) libro di Gistavo Zagrebelsky. Il simbolo è fattore di unione, è di tutti coloro che ci si riconoscono. Tuttavia, se taluno, fosse pure il suo ideatore, ne vuola fare una sua proprietà privata
espropriandone gli altri e governandone i contenuti, ciò distrugge la fiducia reciproca e la speranza comune e il simbolo diventa segnale di guerra, fattore di divisione, strumento di trasformazione degli uomini in masse fanatizzate. Questo nuovo simbolo-diabolo è un diapason del potere totalitario. Peggio mi dice quando il capo è un demagogo: il popolo nel suo capo, il capo nel suo popolo. Il capo è il simbolo, cioè il simbolo-diabolo, cioè il diabolo.
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Il compromesso: Paolo Mieli, nel suo bel libro “I conti con la Storia” (Ed. Rizzoli, 2013) nelle pagine 38-48, al capitolo “Mosche e scarafaggi: quando i compromessi fanno la storia”, afferma che “Il compromesso è la cosa migliore che ci sia” e che Albert Einstein affermava che gli unici compromessi inammissibili sono quelli “sordidi”. Mieli cita poi il filosofo israeliano Avishai Margalit per il quale scacciare con la mano una mosca che si fosse posata sull’unguento di una vostra ferita sarebbe compromesso accettabile, anzi necessario; mangiare una minestra nella quale fosse entrato uno scarafaggio, sarebbe invece uno “sporco compromesso”, quindi da rifiutare. Seguono poi alcuni esempi di compromessi virtuosi e di altri sordidi, sporchi (cfr. ivi). Nella sostanza: il compromesso, non è ipso facto da condannare. Piuttosto inviterei a distinguere bene tra le espressioni “scendere a compromessi” e “raggiungere faticosamente un compromesso”: la prima adatta ai compromessi sordidi; la seconda a quelli virtuosi, come è virtuoso il compromesso raggiunto da chi, in politica, vuole continuare ad esserci, conciliando la propria etica della convinzione sui princìpi con la propria etica della responsabilità dei risultati.
Un commento: un amico mi dice che a parer suo esisterebbe una terza categoria “etica”: l’opportunismo. Ma a parte che il termine ha un doppio significato, positivo o negativo (“è giusto, doveroso, moralmente necessario e quindi opportuno che io faccia così” – “tu sei un opportunista!”), esso comunque non rappresenta una categoria, bensì un tramite, un ponte verso un’altra sponda, uno strumento (comunque double face) per realizzare l’uno o l’altro dei due obiettivi etici di cui sopra: restare assolutamente fedele alle proprie immutabili idee di base o raggiungere comunque certi risultati. In altri termini, l’opportunista di per sè non mi spaventa: solo, devo capire dove vuole andare a parare. E qui ci risiamo: infatti se si comporta in tal modo per diventare un integralista o un cinico, allora ecco che in entrambi i casi l’opportunismo mi spaventa.
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SALVATAGGIO E ACCOGLIENZA IMMIGRATI, e non solo
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Febbraio, 2020 @ 7:33 amDetto altrimenti: obblighi morali o derivanti dal diritto positivo? (post 3742)
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Da sempre ci governiamo con le leggi. Alcune sono di diritto naturale, altre morali, altre ancora del diritto positivo. Il diritto naturale sembra una cosa bella. Sembra, appunto, perché così non è. Infatti il più forte prevale sul più debole, la proprietà privata è un valore assoluto (asso piglia tutto e gli altri si arrangino). La morale. Taluno la confonde con la religione: agire secondo morale significherebbe seguire gli insegnamenti della nostra religione. E invece no. La nostra religione “ha” una morale, non “è” una morale. Pensate un po’ che già nel Codice di Hammurabi, 1800 anni prima di Cristo, era incisa sulla roccia una piccola grande legge: “Non fare agli altri … fai agli altri …”. La nostra religione è altra cosa: essenzialmente Creazione (Chi ci ha creati?) e Resurrezione (verso Chi andremo dopo la morte?). Ma questa è un’altra storia. Il diritto positivo, be’ quello è il più ssemplice da capire: basta aprire i Codici, leggere le varie leggi …
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Ma vediamo il rapporto fra morale, diritto positivo e politica. Taluno pone un sistema di legge al di sopra dell’altro (per Benedetto Croce prevale la morale; per Hegel il contrario). Altri si concentrano sul diritto positivo che sarebbe l’unico ad essere applicabile, salvo prevedere al suo interno deroghe per particolari situazioni (fare eccezioni alla legge – ad esempio – nei casi di stato di necessità) o per particolari categorie di persone alle quali non si applica lo ius commune bensì lo ius singulare che ad esempio è quello che sta alla base delle etiche professionali: il medico che “può mentire” e non dire tutta la verità ad un malato di una malattia incurabile. E la politica? E il “diritto della politica”… esiste? Come e dove si colloca rispetto al diritto positivo comune e alla morale? Gode anch’esso di uno speciale ius singulare? Le sue azioni sono univoche o si dividono in “azioni finali”, da valutarsi di per se stesse e in “azioni strumentali”, da valutarsi in relazione ai fini che si propongono, nel senso che “il fine giustifica i mezzi”? E ammesso e non concesso che il fine – tiut court – giustifichi i mezzi, chi e cosa giustifica i fini?
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Orbene, salvare in mare vite umane in pericolo di vita a mio avviso rappresenta comunque un adempimento morale. Inoltre, anche sul piano del diritto positivo è un’azione dovuta e quindi legittima (cioè da non condannarsi, mentre da condannarsi sono tutti i comportamenti ad essa contrari) di politica finale e strumentale, da valutarsi sia perchè compiuta in uno stato di necessità sia in quanto valutata in relazione al fine che si propone. Ma c’è di più: c’è il diritto positivo della navigazione, degli accordi internazionali, c’è il codice etico del comandante di ogni nave. Tutte leggi che impongono il dovere del salvataggio.
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Ma … salvare sì, e poi? Salvare per … trattenere i naufraghi sulle navi sine die? Che senso ha?
Accogliere poi! Chi nega il dovere dell’accoglienza si rifà in modo sostanziale al diritto naturale: io sono nato qui, io vivo qui, questo territorio è mio, l’ho segnato con precisi confini di leggi e di filo spinato e farò di tutto per respingere ogni intruso. Come i leoni della savana che segnano il loro territorio con l’urina! Ma noi, amici “… nati non fummo a viver come bruti …”! Immigrati? Risaliamo alle origini delle immigrazioni, alle cause di ieri e di oggi: ieri, colonialismo antico. Oggi multinazionali cioè colonialismo moderno. E allora, di che ci lamentiamo?
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Dice … caro blogger, belle parole le tue, ma nel breve periodo, che fare? Aiutiamoli a casa loro è pur sempre un progetto di lungo periodo, ammesso che lo si voglia e possa fare. E allora? Allora Unione Europea! La risposta deve essere dell’UE non dei singoli paesi dell’Unione. Ecchè? Devo fare tutto io?
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MILES GLORIOSUS
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Gennaio, 2020 @ 2:42 pmDetto altrimenti: una commedia di Plauto (post 3741)
La commedia italiana ha preso molto dalla commedia latina che ha preso molto dalla commedia greca: Graecia capta ferum victorem cepit! Ma veniamo a noi. Plauto, chi era costui? Direbbe il manzoniano Don Abbondio, così come si chiese di quel tal Carneade. Plauto (Sarsina circa 250 a.C.- forse Roma 184 a.C.) nato come attore di successo, alieno della politica, ma non insensibile agli avvenimenti del tempo (la sua produzione si svolse, del resto, praticamente durante la seconda guerra punica, quella contro tale Annibale), visse interamente della sua arte, praticata con instancabile fervore creativo: egli, insomma, scriveva per vivere e per divertire il pubblico.
Oggi, con la nostra prof (senza puntino) Maria Lia Guardini (con il puntino sarebbe prof. , n.d.r.), nella Sala Multilingue al piano terra della Biblioteca Comunale di Trento, abbiamo discusso sulla sua commedia Miles gloriosus, il Soldato fanfarone, spaccone. Plauto e i suoi “nomi parlanti” greci latinizzati, per cui il soldato fanfarone è “colui che distrugge mura e città”, lo scroccone è “colui che rode il pane” etc.. E già qui si vede l’influenza greca. Il soldato fanfarone che si vanta oltre ogni limite e non si accorge di essere preso in giro quando un adulatore gli attribuisce incredibili imprese da super eroe dei giorni nostri (a fumetti) dotato di super poteri. In altre parole, contro chi nega a Plauto ogni intento moralistico e politico, questa è la rivincita del popolino che prende per i fondelli un potente. Di un popolino della provincia romana che parla “in dialetto”. Quindi se nelle sue commedie proprio non vogliamo parlare di “moralità”, nemmeno si può parlare di “amoralità”, cioè di mancanza di un un qualcosa che ci possa essere insegnato dalla muzos, quella della o muzos deloi oti, la favola ci insegna che … che anche oggi possiamo e dobbiamo analizzare e criticare attentamente qualsiasi miles glosiosus (della odierna politica) il quale, anche se non ha i super poteri, quanto meno anelerebbe ad avere i “pieni poteri”. Ma non facciamo nomi … questa è un’altra storia!
Gli intrecci di Plauto sono prevedibili e conducono alla ricostituzione del come “deve essere”: cioè, si parte da una situazione di disordine per arrivare all’ordine. Il tutto secondo uno schema arcaico: il giovane contro il vecchio … un genitore … un potente … per la conquista del denaro o di una donna. I suoi personaggi non maturano, psicologicamente sono interamente uguali a loro stessi alla fine come all’inizio della commedia: Plauto ce li presenta “fisicamente” e attraverso li loro agire. Nella commedia una particolarità: il servo intelligente imbastisce una commedia nella commedia (e qui mi piace citare la cinquecentesca “La fantesca” di Giovanni Battista Dalla Porta che la nostra Compagnia dei Guitti sta allestendo a Trento in un Circolo culturale privato, in forma ridotta, nella quale si ricalcano situazioni plautine e analoghi interventi di una regia creativa). Una modernità di Plauto: egli usa le parole con molta disinvoltura, liberamente e se manca la parola che “gli serve”, ne crea una lui stesso, un po’ come fanno oggi i nostri giovani quando chattano al telefonino.
Prossimo appuntamento martedì 11 febbraio ore 10,00 stessa sala, partecipazione libera: tratteremo “La Suocera” di Terenzio: preparatevi a dovere!
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GINZBURG A BOLOGNA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Gennaio, 2020 @ 2:37 pmDetto altrimenti: un’inaspettata fortuna per due nonni in trasferta da Trento (post 3740)
Due nonni in trasferta da Trento a Bologna accompagnano la nipotina Bianca ad una lettura per bimbi nella Biblioteca di Via Genova 19 intestata a Natalia Ginzburg. E già qui, prima sorpresa, stante l’interesse di nonna Maria Teresa per questa scrittrice. Ma vedremo dopo.
Innanzi tutto bravissima la lettrice (come si chiama? Grazie se qualcuno me lo dice) di favolette per i bimbi: la sala affollata, una storia dietro l’altra, molte sul (povero, n.d.r.) lupo che però poi alla fine se la cava per il rotto della cuffia. Ci siamo presentati, quali genitori di Valentina, una sua “collega” che a Trento svolge un’analoga azione di volontariato.
Finita la lettura, siamo stati condotti in un’altra sala dove ci attendeva il Prof. Carlo Ginzburg, storico, saggista, accademico di fama internazionale, figlio di Natalia! Per noi è stata una vera emozione … per Maria Teresa poi! Lei che della Ginzburg ha fatto rappresentare ai suoi alunni della Scuola Media di Povo (TN) una versione teatrale di “Lessico Familiare”; lei che ha letto “La Corsara – Ritratto di Natalia Ginzburg” di Sandra Petrignani; lei che custodisce gelosamente una lettera autografa indirizzatale da Natalia!
Carlo Ginzburg ha salutato i presenti, ha presentato una versione Einaudi del primo libro scritto dalla sua mamma “La strada che va in città” pubblicato sotto il nome di Alessandra Tornimparte pseudonimo obbligatorio per lei che si chiamava Levi: e ciò “grazie” alle leggi raziali (vergogna! N.d.r.)! (“Tornimparte è un paese abruzzese dove il padre di Carlo, Leone Ginzburg, fu mandato dal regime fascista nel 1940 come “internato civile di guerra”, quando l’Italia entrò in guerra al fianco della Germania nazista”).
Ma soprattutto ha ricordato come occorra la massima attenzione contro un nuovo, tristissimo rinascere del razzismo e dell’antisemitismo. A seguire, l’ Assessore Comunale Matteo Lepore ha sottolineato come la migliore arma contro questa barbarie – che fra l’altro ha costretto la Senatrice Liliana Segre ad essere accompagnata dalla scorta (vergogna! N.d.r.) – sia la crescita culturale della popolazione (e il “mantenimento” dei diritti civili e la “riaffermazione” dei diritti sociali, n.d.r. (1)), preannunciando l’assunzione di ben quaranta ulteriori bibliotecari.
Maria Teresa ed io ci siamo presentati al Professore Ginzburg ed alla sua Gentile Signora, ci siamo impegnati a spedirgli – appena rientrati a Trento domani sera – una scannerizzazione della preziosa citata lettera e ci siamo offerti a fare tutto ciò che sta in noi per essere presenti quando il Professore verrà – come ci ha preannunciato – a Trento. In quella occasione infatti attiveremo tutti i nostri circoli culturali e letterari e personalmente vedrò di assicurarmi la presenza di un nostro carissimo amico, storico della storia e della filosofia, Marcello Farina, per noi Marcello, per molti Don Marcello Farina.
Libri da leggere
(Oltre quelli sopra citati e a quelli di Carlo Ginzburg che trovate elencati in internet): “Laicità grazie a Dio” di Stefano Levi Della Torre (Einaudi Ed.); “Simboli al potere” di Gustavo Zagrebelsky, (G. Einaudi Ed.); “Il fascismo eterno” di Umberto Eco (La Nave di Teseo Ed.); Norberto Bobbio, “Destra e sinistra”, Ed. Saggine; Gaetano Salvemini, “Le origini del fascismo in Italia – Lezioni di Harvard”, Feltrinelli Ed.; L. Canfora – G. Zagrebeksky, “La maschera democratica dell’oligarchia”, Ed. Laterza.; Norberto Bobbio, “Elogio della mitezza e altri scritti morali“, Ed. Il Saggiatore. Per chi volesse capire le cause di migrazioni e immigrazioni: D.R. Headrick, “Il predominio dell’Occidente”, Ed. il Mulino – David Van Reybrouck, “Congo”, Ed. Feltrinelli. Dopo ne discutiamo.
(1) pensierimo personale: lo spazio trascurato dalla sinistra è stato occupato da un’offerta politica opposta di una sorta di nuovi “diritti sociali” quali: “Ti darò io il lavoro che ti hanno sottratto gli immigrati“. Una guerra (strumentale) fra poveri.
Buone letture, ottimi diritti civili e sociali a tutte e a tutti!
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SALVINI AL CITOFONO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Gennaio, 2020 @ 8:50 amDetto altrimenti: no, così non si fa! (post 3739)
Questa immagine rievoca la caccia casa per casa al “comunista” … quasi una nostalgica riedizione delle squadre di azione alla Italo Balbo. E dire che Umberto Eco nel suo libro capolavoro “Il fascismo eterno” ci ha messo in guardia contro i segnali subliminali di un ritorno del fascismo!
Quella mano sul citofono poi … da moderno untorello manzoniano, a indicare come si fa: “Staniamoli uno ad uno a casa loro, questi spacciatori, facciamoci giustizia, una buona volta, ripuliamo la città”. Non dico che queste frasi siano state realmente pronunciate, sia chiaro: in ogni caso non le attribuisco in particolare a nessuno.
Tuttavia molto probabilmente quel modo di agire induce pensieri analoghi nella mente di una certa parte dell’elettorato (la più debole, la meno riflessiva e quindi la più aggredibile elettoralmente) suggestionabile da quel particolare comportamento citofonico. Certo è che si è trattato di un cattivo esempio per tutti da parte di chi ha ricoperto, ricopre ed anela a ricoprire ruoli istituzionali. Il problema infatti non è se quel ragazzo, quella famiglia fossero spacciatori o meno. Il problema è che se veniamo a conoscenza di un (presunto) fatto delittuoso del genere, è nostro dovere informare tempestivamente le forze dell’ordine. Infatti, se il presunto spacciatore è solo tale, cioè è solo “presunto”, la nostra citofonata turba ingiustamente ed offende gravemente un innocente. Se invece quel tale fosse realmente colpevole, lo si metterebbe sull’avviso e gli si consentirebbe di nascondere le prove (la droga) della sua attività criminosa. Quindi quel gesto è tre volte non condivisibile, in quanto: 1) rischia di offendere un innocente; 2) è un pessimo esempio per i cittadini; 3) ostacola un’eventuale azione di prevenzione e repressione da parte delle Forze dell’Ordine (bene ha fatto il capo della Polizia Gabrielli a censurare questo comportamento).
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PAGANELLA NOVITA’
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Gennaio, 2020 @ 8:06 amDetto altrimenti: la montagna di Trento (insieme al Bondone) (post 3738)
(Oggi scrivo solo di una parte del comprensorio Paganella. Presto darò spazio anche alle altre piste ed alle altre ottime strutture ricettive)
In 35 minuti da Trento si sale in auto al Bondone, fino a quota 1650 circa, per una ventina di km. Poi con gli impianti sciistici si sale in vetta al monte Bondone fino a 2180 metri. Lo stesso tempo occorre per arrivare da Trento con una quarantina di km (45 se si prosegue fino ad Andalo) alla seggiovia di Fai della Paganella a quota 1000 metri circa. Poi con gli impianti si sale fino in vetta della Cima Paganella fino a 2125 metri. Trento, le sue due montagne che poi sono quattro, perchè occorre mettere in conto anche le due montagne non sciabili, la Vigolana e il Calisio, come ci ricorda un certo poeta che scriveva in terzine di endecasillabi a rima incatenata … (vedi nota 1)
Venne sera e la luna col suo opale / chiaror d’argento sostituiva il sole / che lento iva all’ingiù per le sue scale / ìdel Bondone a dormir dietro la mole. / E poi ch’alcun momenti ebbimo conti / la luce disparì come far suole. / La notte quinci scese giù da’ monti / con quattro cime che le fean corona /sovra Tridento assieme alli suoi ponti / addormentati al par de la padrona.
Quattro cime, dunque, ma oggi voglio parlarvi di una di esse, la Paganella, la “montagna tuta bela” come recita la canzone-inno dialettale dedicatale. La sua cima, un punto di osservazione unico delle Dolomiti di Brenta e non solo. A saper distinguere infatti, riconoscete anche alcune cime della Val di Non (Le Maddalene ed il Roen, solo per citarne alcune), del Sud Tirolo e le nostre vette trentine più orientali, quali la Vezzana e il Cimon de la Pala.
I laghi, poi: il Garda innanzi tutto ma … quello più piccolo, più a nord del Garda? Molti turisti dicono “Il Lago di Molveno”. E invece è il Lago di Cavedine. Pazienza, mica si può sapere tutto!
Ma veniamo alla Paganella e alle novità delle sue piste da sci. Oggi voglio parlarvi di questo, della sua neve “invernale” e sopratutto delle sue novità sciistiche. Lo so, la quota non è poi così elevata, ma noi abbiamo (scrivo “noi abbiamo” perchè io sono un abituè sciistico di questa località) un perfetto sistema di innevamento programmato che ci salva la situazione in ogni evenienza. L’esposizione delle piste è nord-nord ovest e soprattutto la mattina bonora trovate una qualità della neve ottima, con piste molto ben battute la sera prima dai gatti delle nevi. Già, quelle le piste, la loro preparazione, anche quella conta: viene fatta “a caldo” cioè subito dopo la chiusura degli impianti, quando la neve è ancora (relativamente) calda ed il manto lavorato risulta omogeneo e dolce alla sciata: infatti battere le piste a neve fredda le avrebbe fatto trovare “ruvide” a noi sciatori la mattina successiva.
Bonora, ovvero di buon mattino. E noi VIP (VIP: Vecchietti In Pensione; altri dicono Vecchietti In Paganella) siamo mattinieri cioè siamo bonorivi (evviva le espressioni dialettali!) e ci presentiamo ai tornelli di partenza degli impianti di risalita ben prima dell’orario di apertura. Una sorta di gara che qualche volta ci porta ad arrivare … prima degli stessi addetti alla funivia!
Un addetto agli impianti, ormai un vero amico, ci chiama “i strazza piste” (evviva il dialetto! Che vi avevo detto?) ovvero coloro che imprimono la prima traccia sciistica sul manto ancora vergine delle piste. Bonorivi, dicevo, e siamo premiati soprattutto in dicembre, quando le giornate sono “corte” e l’alba tarda un po’ rispetto all’aurora rododactilos eos, dalle dita rosa. Ora non dico che la prima risalita ci porti in vetta in tempo per vedere queste dita rosa, ma per vedere le Dolomiti del Brenta dipinte di rosa, sì! Poi le giornate si allungano e quando arriviamo in cima il rosa è sparito, ma noi lo abbiamo nel nostro ricordo.
Dice … ma le piste? Le novità delle piste intendiamo, delle piste nuove che ci dici? Eccomi a voi. La novità di quest’anno merita: la nuova pista “rossa” che dalla Selletta (spartiacque fra in versante di Andalo e quello di Fai) scende verso Andalo fino al Dosson, grosso modo 2 km di discesa dai 2000 ai 1500 metri, con pendenza media del 26%, massima del 43%. Scusate se è poco.
Ben assistita da un sistema di neve programmata (per ogni evenienza, non si sa mai!), molto larga, rende agevole la sciata anche nei punti più ripidi. Ma non basta: infatti al Dosson potete proseguire sulla destra su un’altra “rossa” fino alla partenza della funivia Paganella 2001 ad Andalo: quasi 1000 metri di dislivello filati filati su circa 3,5 km di pista!
La cabinovia di risalita, poi … uno spettacolo: 10 comodi posti per ogni cabina, noi seduti comodamente e gli sci …in piedi!
Dalla selletta poi, scendendo per la “vecchia” pista che passa davanti alla Malga Zambana, si arriva alla partenza della vecchia seggiovia biposto (ora rimossa) e da qui, girando a destra, per una dolce e invitante pendenza, ci si ricollega alla tratta finale della nuova pista. Una variante interessante, un piacevole diversivo. Alla Malga siamo ricevuti dall’instacabile sorriso di Mirco ed Erika e dai loro collaboratori Laura, Clara, Agnese, Betty e Filippo.
La Malga Zambana. Accolti dal vulcanico gestore Mirco (e gentile consorte). Il “rifugio” naturale per gli sciatori della nuova pista. Ecco, l’unica miglioria ancora da realizzare è il perfezionamento dell’accesso a questa struttura per chi scende lungo la nuova “rossa”. Infatti da questo nuovo lato vi si accede solo per un “sentiero di servizio” non molto largo, assolutamente sufficiente per noi vecchi conoscitori del luogo, ma certamente non invitante per i tanti turisti “da fuori”. E poi occorre sapere che devi prendere una bella rincorsa, perchè il sentiero termina con una salita di una decina di metri che in mancanza di abbrivio costringe ad una inaspettata scalettata. Tutto qui. E che ci vorrà mai per rimediare? La Zambana la merita, questa attenzione, anche perché ha ingrandito e migliorato la “sede distaccata”, il chiosco-bar al bivio presso la partenza della vecchia seggiovia biposto di cui dicevo sopra.
Basta, la chiudo qui. E se qualche mia lettrice o mio lettore che ancora non conosce il Carosello Paganella volesse fare una galoppata sciistica sulle sue piste, sarò ben lieto di fare da guida io stesso (riccardo.lucatti@hotmail.it – 335 5487516), con salita e ridiscesa in auto da Trento compresa, tutto gratuitamente manco a dirlo! (Offerta valida solo per i primi due che si prenoteranno). La tessera per le risalite ed il pranzo alla Zambana però … ognuno si paga il suo, non esageriamo!)
Nota 1): Ma no, dai … che non è l’Alighieri! Sono solo io, novello Riccardante Lucattieri, che ho scritto la “Fraglina Commedia” (con riferimento iniziale alla Fraglia Vela Riva di Riva del Garda): dieci canti in terzine dantesche: Inferno, nella “Busa” del Garda; Purgatorio in Val di Non; Paradiso a Trento (PAT-Paradiso Autonomo di Trento). E’ scannerizzata: chi vuole il testo completo di 1500 versi in dieci Canti, mi dia la sua e-mail (riccardo.lucatti@hotmail.it) e lo riceverà (gratuitamente, of course). Offerta valida per tutti.
PMi sono permesso di suggerire alcuni interventi “sciistici” perchè io stesso, 30 anni fa, ero “del mestiere” come presidente delle società trentine di risalita al Passo del Tonale (S.I.R.T. e Grandi Funivie Passo Paradiso) e sul ghiacciaio della Presena, società che poi riunificai e riunii nell’attuale Carosello Tonale che ideai e fondai allo scopo.
Buona Paganella a tutte e a tutti!
RIPRESA (PER PAR CONDICIO)
Paganella è anche la Malga Lovara. Il nome: “Lovara” da “lov”, lupo in dialetto locale, in quanto tanti anni fa in questa zona si radunavano i lupi. Vi si accede “dal basso” con la telecabina che sale dalla zona Laghett alla zona Prati Gaggia o “dall’alto” sciando sulle piste di questa stessa zona alla quale si accede anche dall’area sciistica di cui al precedente “capitolo Zambana”. Malga Lovara, WC con ascensore (non è poco per chi ha gli scarponi da sci ai piedi!), otttimo ristorante, bar nel quale siete accolti dal sorriso delle due addette, Liana e Lorena, sempre molto gentili: tutto ok insomma, non c’è che dire. E le piste? Bè, iniziamo dall’alto.
La pista dela seggiovia S. Antonio, facile, “azzurra”, molto adatta a sciatori tranquilli. Proseguendo verso valle oltre la sua base, si aprono due piste “rosse” bellissime, la “Paganella 2” e la “Lupetto”, alla cui base c’è l’arrivo della citata cabinovia e la Lovara stessa. Neve molto buona e pendenza uniforme ti consentono di prendere un ottimo ritmo.
La Lovara è anche la Malga del campo scuola che con una breve seggiovia la raggiunge alla sommità della facile pista. E qui, non posso non citare l’ igloo e il mini snow park per bimbi, che si trova al livello del citato campo scuola: il massimo per i più piccini per una sosta al caldo in caso di maltempo o comunque per far giocare i piccoli e far prendere fiato a mamme e papà!
Dalla pista azzurra S. Antonio, per arrivare ad Andalo si devono percorrere piste rosse per cui un domani potrebbe essere creata una pista-sentiero di rientro meno scoscesa, che, evitando le piste rosse, raggiungesse la Malga Lovara per condurre facilmente a valle gli sciatori principianti, analoga a quella realizzata a tale scopo che al Cermis (v. foto qui sopra).
PMi sono permesso di suggerire alcuni interventi “sciistici” perchè io stesso, 30 anni fa, ero “del mestiere” come presidente delle società trentine di risalita al Passo del Tonale (S.I.R.T. e Grandi Funivie Passo Paradiso) e sul ghiacciaio della Presena, società che poi riunificai e riunii nell’attuale Carosello Tonale che ideai e fondai allo scopo.
Cambiamo versante e andiamo sul versante di Fai della Paganella, a metà strada fra la Selletta e la località Meriz, all’altezza grosso modo della metà della seconda seggiovia per chi sale da Fai. Lì troviamo il Rifugio Dosso Larici.
Lo si raggiunge e lo si lascia sci ai piedi, percorrendo un sentierino in leggerissima pendenza. La foto sopra rende esattamente l’idea di una “casetta nel bosco” da favola per grandi e piccini.
Prossimamente vi scriverò delle altre malghe, ristoranti e piste. E se sarò incorso in qualche errore od omissione, “mi corigerete”!
INTERMEZZO: LA NEVE QUEST’ANNO
Il temp, le done e i siori i fa quel che i vol lori, per dire che a tempo, alle donne e ai signori non si comanda. Certo poi che i cambiameenti climatici ci sono, e come! E in Paganella si avvertono anche perchè le quote a disposizione non sono poi così elevate. “Noi” comunque abbiamo a disposizione un ottimo sistema di impianti di neve programmata, per cui sciamo in ogni caso. La neve quest’anno? Eccomi a voi. Noi sciatori “siamo stati caratterizzati” da una poderosa nevicata a fine novembre che ha creato un ottimo zoccolo (anche se che ha un po’ disturbato la fase finale dell’approntamento della nuova pista rossa). Quindi in questi primi due mesi di dicembre 2019-gennaio 2020 abbiamo sciato in mezzo al bianco, su neve ottima soprattutto le prime ore della mattina: farinosa, ben battuta, non ancora segnata da troppi passaggi. Ora, alla fine di gennaio, comincia a farsi sentire lo sbalzo termico notte (sotto zero) – giorno (zero o sopra zero) per cui le piste nelle primissime ore sono un po’ “dure”. Aspettiamo con ansia la rinfrescata di una nuova nevicata.
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IL COMUNE (DI TRENTO) CHE VORREI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2020 @ 8:25 amDetto altrimenti: a poco più di 100 giorni dalle elezioni comunali a Trento (post 3737)
I 100 giorni … no, non quelli di Napoleone bensì i nostri, di noi cittadini del Capoluogo, di noi e soprattutto di voi che nelle passate comunali qui a Trento in ben 30.000 aventi diritto al voto non lo avete esercitato! Ma veniamo al dunque. Si diceva … ah si, “Il Comune che vorrei”. Sapete, 3736 post fa – era il dicembre 2011 – il titolo del mio primo post era stato “Il Trentino che vorrei”, ed allora … allora eccomi qui in chiave comunale.
Io faccio parte di un gruppo “vivo” e vivace dal quale sto cercando di fornire in modo spontaneo e disinteressato il mio apporto personale su temi diversi, quale contributo positivo e costruttivo ad un programma ben più ampio:
Democrazia: che anche a livello comunale sia sempre parlamentare, rappresentativa, non “diretta” da nessuno, bensì libera ed originaria espressione degli organi eletti dal popolo. Quindi rivalutazione del ruolo legislativo del Consiglio Comunale.
Trento Capoluogo: riconquista della consapevolezza di sè. Un Esempio: Università di Medicina a Trento, è assolutamente un problema più cittadino che provinciale anche se i soldi vengono dalla PAT-Provincia Autonoma di Trento. Occorre infatti superare questo equivoco: che la PAT che gestisce i fondi su un gran numero di piccoli comuni, voglia per questo stesso solo motivo sostituirsi alla gestione di un problema della Città Capoluogo. Il Comune reclami nei confronti della PAT ciò che la PAT reclama nei confronti dello Stato, in piena applicazione del principio di sussidiarietà, che afferma: “Non faccia l’organo superiore ciò che può (meglio) fare l’organo inferiore”.
- Mobilità urbana: (affronto solo qualche aspetto).
- Fare rispettare il Codice della strada (anche) rispetto a tre regole oggi sempre violate: limite di velocità, distanza di sicurezza, utilizzo delle rotatorie.
- Piste Ciclabili:
- come a Bolzano, con in più due “autostrade ciclabili di accesso” da sud e da nord (come stanno facendo ad Amsterdam);
- cartellonistica con indicazioni direzionali e con le regole da rispettare;
- Polizia locale in e-bike sulle ciclabili.
- Educazione civica: una puntuale applicazione delle regole del Codice della Strada a mio avviso sarebbe un’ottima palestra per aumentare il livello di educazione civica di tutti noi, in ogni ambito della civile convivenza sociale e politica.
- Tempi della città: affrontare il tema dando centralità al problema e risolverlo avendo presente la necessità di coordinare tutti gli attuali diversi tempi oggi spesso scoordinati di scuole, uffici pubblici, sanità, trasporti, asili, etc..
- Ambiente:
- Si all’inceneritore co-generatore: ad Amsterdam lo hanno collocato in centro e sul tetto hanno realizzato una pista da sci! Cosa si brucia? Solo l’indifferenziato che altrimenti dove va a finire? Esportiamolo, dice taluno. Ma fino a quando troveremo chi ce lo accetta? E poi l’inquinamento atmosferico in tutte le città è dovuto soprattutto al riscaldamento urbano ed alle auto. Quasi nullo o nullo del tutto è quello che deriva dai moderni inceneritori.
- Occorre recuperare alcuni temi degli ambientalisti, depurati delle loro eventuali radicalizzazioni.
- Sicurezza: Forze dell’ordine e Polizia locale: maggiore presenza in strada e minore negli uffici.
- Turismo:
- Trento Città murata: contraddistinguere gli accessi al centro storico con portali e bandiere e valorizzazione di ogni palazzo storico etc.. Trento Museo a cielo aperto;
- Trento città bella e pulita: un concorso-gara fra i cittadini per l’abbellimento delle loro proprietà private;
- Trento Capoluogo di un Trentino Bikeland, promotore del Progetto Provinciale Dislivelli (montani) anche in estate, sul modello Austriaco Tirol Bike Safari; Trento snodo nel quale si raccordano le direttrici piste ciclabili verso N, S, E, O; Trento base dei cicloturisti che vi soggiornano peer periodi settimanali e compiono pedalate “a stella”.
- Lavoro: si può incrementare con l’incremento del turismo.
- Periferie: dare centralità al problema della loro riqualificazione (un assessorato dedicato?).
- Università: la fuga dei cervelli migliori si frena introducendo in UNITN la democrazia vera e la meritocrazia vera a garanzia di una carriera di successo per i migliori (professori e studenti). Non si attraggono i migliori fuoriusciti con qualche promessa di sconto fiscale, o con assemblee che devono discutere e approvare il bilancio, nelle quali la parte alla discussione e alla votazione è ristretta fra le ore 18,00 e le 18,20 (è successo!). Il progetto Università di Medicina deve essere comunale: Il Comune reclami nei confronti della PAT ciò che la PAT reclama nei confronti dello Stato (v. sopra al capitoletto Trento capoluogo).
- Associazionismo: la riforma del terzo settore si è focalizzata sugli aspetti della gestione economico finanziaria e fiscale. Occorre invece verificare anche gli Statuti per vedere se sono realmente democratici. Infatti un associazionismo senza una democrazia reale al suo interno è preda della mala politica. Un campanello di allarme sulla carenza di democrazia è comunque un eventuale basso livello di partecipazione (non di iscritti: di “partecipanti attivi”: cioè, per intendersi, se gli iscritti sono migliaia ma a partecipare sono solo poche decine, un problema c’è).
- Povertà: va riorganizzata la sua gestione, senza respingimenti o leggi e regolamenti che “di fatto” negano l’aiuto necessario. Non basta “fare qualcosa” né “operare al meglio”: occorre fare “tutto” ciò che serve.
- Scuola: deve trasmettere ai giovani non solo la capacità di svolgere i lavori dell’oggi ma anche la conoscenza che li prepari all’apprendimento dei lavori del domani.
- Giovani: occorre creare un gruppo di persone in grado di trasmettere loro (gratuitamente) le proprie esperienze di vita, di lavoro e manageriali.
- Informazione, comunicazione, discussione: sono gli stadi successivi a base di una convivenza civile, laica nel senso di pluralistica.
- Partecipazione: alla politica, alla vita pubblica, all’associazionismo etc.. Occorre recuperare il concetto di Bene Comune come enunciato da Don Lorenzo Guetti: una piazza, una scuola non sono beni comuni, ma solo beni pubblici, collettivi. “Il Bene Comune è quello alla cui realizzazione hanno contribuito tutti, personalmente, sin dall’inizio”.
Infine, concludo con una sottolineatura: occorre “operare per connessioni” :1) fra le proposte della base e i “numeri” del Comune, cioè i dati in possesso dell’amministrazione. 2) fra i numeri che i giovani raccolgono studiando la storia e l’attualità cittadina e l’esperienza vissuta dei meno giovani. E fare ciò tenendo ben presente che i passaggi più importanti di ogni Persona e di ogni società non sono contenuti rispettivamente nel curriculum personale o nei dati dei bilanci cittadini, ma nella “Storia” di ogni Persona e di ogni società.
Direte che le idee ed i progetti sono tanti … forse troppi … e allora? Quando lavoravo da manager responsabile di SpA o di gruppi di SpA dovevo gestire contemporaneamente decine di progetti e aspetti e trovavo spazio e tempo per tutti: basta dare centralità ad ogni progetto, assumersene la relativa responsabilità, far operare l’intelligenza collettiva, decentrare potere e responsabilità. W la buona Politica, una Politica viva per una Trento viva nella quale si viva sempre meglio! Buone elezioni comunali a tutte e a tutti!
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LA NOTTE, L’AURORA, L’ALBA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Gennaio, 2020 @ 8:23 amDetto altrimenti: è come fare un viaggio in terre lontane … o dentro noi stessi, facendoci largo fra i nostri sentimenti (post 3736)
La notte … soprattutto noi la “viviamo” dentro locali, cinema, teatri, in casa nostra o di amici o – di fretta – rientrando a casa con un gran desiderio di andare a dormire. E invece la notte può darci di più, molto di più. Può farci sentire padroni dello spazio, del tempo, dei nostri ricordi e dei nostri desideri in un mondo altrimenti affollato e sempre troppo di corsa. Non è poco. Credo che la forma migliore per esprimere tutto ciò sia la poesia (Memory) o almeno una forma che cerca di essere tale. Ed allora mi permetto di sottoporvi una mia traduzione molto libera del testo di Memory, la bellissima canzone da “Cats” ed alcune mie poesiole.
Memory
Midnight, not a sound from the pavement / has the moon lost her memory / she is smiling alone / in the lamplight the withered leaves collect at my feet / and the wind begins to moan. / Memory. All alone in the moonlight / I can smile at the old days / I was beautiful then. / I remember the time I knew what happiness was. / Let the memory live again. / Every street lamp seems to beat a fatalistic warning / someone mutters, and the street lamp gutters / and soon it will be morning. / Daylight. You must wait for the sunrise / you must think of a new life / and you mustn’t give in. / When the dawn comes tonight will be a memory too / and a new day will begin. / Burnt out ends of smokey days / the stale cold smells of morning / a street lamp dies, another night is over / another day is dawing. / Touch me, it’s so easy to leave me / all alone with the memory / of my days in the sun. / If you touch me, you’ll understand what happiness is: / look, a new day has began.
Ricordi
Mezzanotte. / Il marciapiede suona il silenzio. / Sorride la Luna smemorata e solitaria / e raduna ai miei piedi / foglie secche / lampioni di luce / sussurri di vento. / Memorie. / Solo / al chiaro di luna / ricordo / sorrido / rivivo / la bellezza felice d’un tempo. / Semafori / artifici di lampi / minacciosi ruggiti / lacrimano / gocce di luce alla strada. / Ma presto sarà di nuovo mattino. / Il sole dell’Aurora / anima una nuova sfida vincente di vita. / Al nuovo giorno nascente / la notte sarà solo un ricordo. / Si spengono i fumi di giorni bruciati. / Il freddo d’allora profuma di nuovo mattino. / Nascente albeggiare / uccide le luci / di una notte sconfitta. / Abbracciami. / Non lasciarmi compagno soltanto ai ricordi dei giorni di sole. / Abbracciami / felice del tuo giorno nuovo.
Notte
Si alza da terra una foglia / un lampione che danza sospeso / il bavero alzato / persiana che sbatte / e l’aria corrente sui tetti. / Vive la Notte / e respira di un vento leggero / che tien desti i rami / protesi a far compagnia / ai freddi letti alberati / della solitudine. / Invisibile al mondo / attraversi lo spazio / dei tuoi pensieri / che liberi / ti camminano a fianco / insieme ad un gatto. / Il silenzio ti regala il Tempo / che gli altri / dormendo inutili sonni / han chiuso al di là della porta. / La luce del buio / dipinge a pastello la strada / che suona / al passare di sentimenti / usciti nella notte / a cercare / sperando di trovare aperta / L’Umanità di turno.
Ancora una mia poesiola, me la concedete? Una notte mi sono alzato, avevo sete, la cena era stata troppo “robusta”. Nell’attraversare la sala per andare in cucina … al di là della strada del fiume, il cantiere delle Dame di Sion …
Ombre
La luce del cantiere / penetra la stanza / e disegna sulla parete / la danza delle foglie / incontrate / nel suo breve cammino. / Mobili dita / accarezzano i libri / a svegliare pagine assonnate / che s’aprono liete / all’invito. / E mentre le osservi / raccontare / le mille piccole fiabe / alla Notte / ti sembra di rubare / ciò che avevi abbandonato / per la fretta di vivere / e che da tempo / non era più tuo.
Dice, vabbè, ma l’Aurora e l’Alba? Avete ragione, l’Aurora, Rododactilos Eos, l’aurora dalle dita rosa. Ecco qui due foto che la rappresentano, scattate da casa …
E l’Alba? Be’ raga, le migliori Albe io le vivo quando loro mi raggiungono nel momento che io raggiungo la cima della Paganella e ad avere le dita rosa sono le Dolomiti del Brenta, di fronte a me! Solo mi sa che quest’anno ho perso l’attimo fuggente nel senso che – salendo io in Paganella con la prima corsa della funivia – ormai la stagione è troppo avanzata e le Dolomiti hanno già perso il rosa! Comunque ci proverò, altrimenti sarà per l’anno prossimo. A questo punto non mi resta che augurarvi buona mattinata e nel frattempo regalarvi Dolomiti … bianche!
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ACCADEMIA DELLE MUSE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Gennaio, 2020 @ 4:19 pmDetto altrimenti: la prima serata dell’anno solare 2020 (post 3735)
(Chi siamo noi Accademici Delle Muse? Dai che lo sapete, basta navigare un po’ qui fra i miei posts con la “s” del plurale!)
… e io che non c’ero! Ma si può? Infatti ero trattenuto altrove da precedenti impegni (successivamente) assunti – si dice così? – perché usualmente le nostre serate sono di lunedì, ma come si faceva a farla la sera della Befana? Evvabbè … allora mi sono organizzato come segue: mi sono fatto mandare il programma e le foto della serata e ho scritto un post “in contumacia”, nel senso che il blogger scrittore responsabile era assente! Prima parte della serata pianistico-canora: Cristina al pianoforte e Sergio Runcher voce (basso). Ecco il programma eseguito:
“TRA MADAMINE, CALUNNIE ED ELISIR”
SCHUBERT, Momento musicale Op.94 n° 3 – DONIZETTI, Da Elisir d’amore “Udite, udite o rustici” – PAISIELLO, Arietta “Nel cor più non mi sento” – SCHOSTAKOVICH, Valzer n° 2 – ROSSINI, Dal barbiere di Siviglia “La calunnia” – DENZA, Romanza “Occhi di fata” – TIERSEN, Comptine d’un autre ètè – MOZART, Da Don Giovanni “Madamina, il catalogo è questo”.
Che ne dite? Non ci facciamo mancare nulla! E’ seguito l’angolo delle anteprime con i nuovi eventi che trovate inseriti nel post scadenziere “Prossimi Eventi” e ovviamente il (lungo) momento eno-gastro-astronomico (e io che me lo sono perso!).
Seconda parte della serata: Carlo Garbini in “La tecnologia, conoscerla per non temerla”: ecco il suo “programma di sala”:
SMARTPHONE
– Evoluzione dei cellulari
– Come sono fatte le offerte flat e i giga
– Un computer in tasca
– Banca, Foto, Musica, App, Netflix, Domotica, Whatsapp
DOMOTICA
– Aiuto per tutti (citofono su cellulare, telesoccorso, lettore glicemia per diabete ecc.)
– Alexia e OK GOOGLE tutte le nuove possibilità
– Esempio pratico di casa mia
INTERNET
– Cosa è
– Non solo computer, ormai smartphone e tablet
– 5G prossimo futuro “internet delle cose”
SICUREZZA
– SMS di banche ecc.
– TELEFONATA di polizia o avvocato per aiuto parente
– TRUFFA su contatori luce, gas ecc.
– BANCOMAT e PIN
SOCIAL NETWORK
– Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, Linkedin, TIKTOK,
– Hastag, taggare, mi piace, citare, seguire (follower), influencer, meme (cosa virale tipo tormentone ma sul web)
Mi dipiace molto non essere stato presente, anche perchè posso testimoniare che mia moglie Maria Teresa è tornata a casa semplicemente entusiasta, lei che una tecnologa proprio non è! E se tanto mi dà tanto … Bravo, Carlo!
Prossima nostra serata, lunedì 3 febbraio con … sorpresa, mica ve lo dico sennò che sorpresa sarebbe?
Buona Accademia delle Muse a tutte e a tutti!
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