LETTERA AL DIRETTORE …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Febbraio, 2020 @ 2:57 pm

Detto altrimenti: … dei miei post, cioè a me stesso! (e al Direttore del Trentino) sulla politica e sulla Politica    (post 3754)

Non è la prima volta che – in quanto Direttore dei miei post – io mi scrivo (e che invio la stessa lettera anche ad un quotidiano locale).

Inizia

Egregio Direttore, da taluno mi si dice “La gente è stanca della politica, basta … cosa sono tutti questi nuovi partiti …”. E’ vero, hanno ragione. Oggigiorno c’è troppa politica e poca Politica, la quale comincia dalla Partecipazione, la quale è Libertà la quale è Democrazia.  Il termine “politica” oggi è un aggettivo sostantivato: infatti deriva dalla espressione dell’antica Grecia, ove il termine “politika” era l’aggettivo di tekne,  tekne politika, tecnica-capacità politica, cioè professionalità nel governo della polis: oggi la politica si è persa per strada il suo sostantivo, è rimasta sola e diventando un aggettivo sostantivato ha perso la capacità.  Una capacità che invece la Politica esige, una capacità professionale unita a doti morali, nel senso che la Politica è “buona” se sa fare (già questo è in problema!) il “bene” della polis.

Ma come si fa ad individuare cosa sia il bene se si prescinde dai valori morali che stanno alla base della nostra civiltà? E se il principale valore della morale politica “religiosa” si rifà ai valori morali innati, la morale laica è comunque quanto meno tolleranza, ovvero l’accettazione dell’altro per quello che è. Il che presuppone che – in quanto “tolleranti” – si acceti l’altro; e in quanto “tollerati” si sia liberi di esprimersi anche con nuovi partiti ispirati all’idea di libertà, crescita equilibrata e rispetto reciproco: cioè che in entrambi i casi si sia in democrazia vera.

Dice …”Ma l’altro è un immigrato, ha la pelle nera … dobbiamo difendere la nostra identità, del resto i nostri vecchi lo dicevano bene “moglie e buoi dei paesi tuoi”!” Ecco, l’identità. E qui la politica si rifà al tempo in cui le distanze erano coperte dai … buoi che trainavano il carro agricolo sia per il lavoro che per portare il sabato sera i contadini a passare un’ora in paese.

Da piccolo io ho vissuto questa esperienza, nei poderi toscani intorno a S. Angelo in Colle (Montalcino, Siena), il paesello-ieri-come-oggi-gioiello dei miei nonni paterni. Ecco, in allora va bene: moglie e buoi … ma oggi la diversità è vicina, convive con noi, non ci deve spaventare, anzi ci arricchisce. Ed allora ben venga una Nuova Politica Partecipata, ed il fatto che si vesta di vestiti nuovi (partiti nuovi) non è un difetto bensì un pregio.

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Stancarsi della politica va bene, purchè si partecipi alla Politica. Chi non partecipa alla Politica contribuisce al naufragio della Democrazia e della Libertà.  Naufragio? Piero Calamandrei (chi era … dai che lo sapete e poi … i più giovani … con internet!), da toscanaccio qual era, ad una classe di studenti raccontava questo aneddoto: il capitano di una nave avverte i passeggeri che la nave sta affondando. Uno di quei passeggeri gli risponde: “Oh che m’importa? Un è mica mia!”

Finisce.

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LETTERA AL DIRETTORE …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Febbraio, 2020 @ 2:02 pm

Detto altrimenti: … dei miei post, cioè a me stesso! (e al Direttore del l’Adige, TN)    sulle stragi del sabato sera    (post 3753)

Non è la prima volta che – in quanto Direttore dei miei post – io mi scrivo (e che invio la stessa lettera anche ad un quotidiano locale).

Inizia

Egregio Direttore, anche questo week end strage di giovani sulle nostre strade: ben sette morti fra i 19 e i 30 anni per scontri nella notte. Quanti nell’anno scorso? Quanti fino ad oggi quest’anno? Quo usque tandem … fino a quando permetteremo queste stragi? Avrà notato che ho scritto permetteremo e non semplicisticamente sopporteremo come invece aveva detto Cicerone a Catilina. Dobbiamo intervenire a monte, sulla cultura e sull’educazione civica (e quindi anche stradale, che ne è una branca). Dobbiamo partire da qui, in parallelo “anche” con eventuali nuove leggi, ma prima di tutto dalla cultura e dall’ osservanza delle leggi esistenti.

In Olanda, nel dopoguerra, il PIL era esploso: tutti ricchi! Ed allora via … ad acquistare ed utilizzare automobili fino a quando aumentò enormemente il numero di bimbi – ciclisti e pedoni – vittime della strada. La popolazione insorse ed ecco che intervenne la rivoluzione della mobilità: meno parcheggi e strade per le auto, più per le biciclette. In Svezia. Se guidi violando i limiti di velocità, la polizia ti multa anche su semplice segnalazione di altri automobilisti.

 Altri luoghi, altri tempi, si dirà. Ma allora, abbiamo forse un alibi per non reagire a questa ecatombe di giovani? No di certo. Da dove cominciare? Mi permetto di suggerire da quello che abbiamo, dalle nostre leggi vigenti e dalla (mancanza di) educazione stradale, applicando con estrema precisione (noti che non dico con “severità”) l’attuale Codice della Strada. Un esempio: se da Trento si va in auto a Cavalese, si attraversa una parte del territorio del Sud Tirolo (Provincia di Bolzano). In quel tratto esiste il limite di velocità a 50 kmh. Se andate a 56 kmh siete multati perché, dedotto l’abbuono di 5 kmh, avete superato il limite infrangendo la legge.  Dice … : “Esagerati!”. Ecco il problema. Siamo “esagerati” perché da noi la legge va rispettata si ma però vabbè … cum grano salis, quel grano di sale che ci porta ad abituarci a non rispettarla. Ecco, Direttore, io credo che se facessimo questo tipo di “ginnastica” ogni giorno, se provassimo a rispettare questi limiti “assurdi”, dopo un po’ il nostro fisico (mentale) avrebbe imparato a comportarsi nel rispetto della legge in ogni occasione, anche quando si esce un po’ bevuti (o peggio!) da un night, e soprattutto quando si deve certificare la manutenzione fatta o non fatta ad un ponte o ad una linea ferroviaria. Quarant’anni fa ero in Inghilterra (Hasting, sulla Manica) per un corso di refresching della lingua. Mi stupii nel vedere che gli abitanti della campagna circostante il paese nel quale ero alloggiato, il sabato sera andavano in paese a bere alcune haves (mezze birre), ma poi, verso l’ora di chiusura, lasciavano le loro auto vicino al pub e rientravano a casa con i vari bus. Per poche birre, mi trovai a dire in allora. Oggi non direi più così.

Finisce.

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LA GIORNATA DELLA MEMORIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Febbraio, 2020 @ 7:50 am

Detto altrimenti: il male perché        (post 3752)

Lo so che sono in ritardo di qualche giorno, che la Giornata della Memoria è stata il 27 gennaio scorso, ma che volete … quando si è nonni impegnati su tre fronti … ops … volevo dire su tre nipotine … La grande, Sara, nove anni, una signorinetta ormai. Ma le due piccoline, la più grande delle quali, Bianca, due anni e tre mesi (la minima è Matilde, sei mesi), l’altro giorno al suo babbo: “Babbo, ma i nonni li abbiamo comperati?” per indicare desiderio di “averli sempre con sè”, di “possederli” questi nonni! Io mi sono commosso ed ho preso quella domanda come un complimento. Ma questa è un’altra storia. Veniamo al titolo del post.

Trattato morale più che politico

Mi sono sempre chiesto perché esista la categoria del male. Mi è stato risposto: “Affinchè l’uomo sia libero di scegliere fra il male e il bene”. Replico: ma Dio è estremamente buono, assolutamente preveggente, assolutamente onnipotente, ed allora? Avrebbe ben potuto prevedere quanto male l’uomo avrebbe fatto e sofferto. Ed allora? Io sono un uomo di Fede, nel senso che credo nell’esistenza di un Dio, del mio Dio (e derivo questa mia Fede dalla constatazione che la mia ragione fa della esistenza dell’Infinito Spazio-Tempo), ma soprattutto accetto che la mia “ragione” abbia dei limiti e cioè che esista a un Quid assolutamente incomprensibile con i mezzi mentali di cui dispongo. Solo così riesco ad avvicinarmi alla spiegazione del perché esista la categoria del male. Il male. Norberto Bobbio nel suo libro da me non-letto-bensì-molto-di-più-cioè-sviscerato “Elogio della mitezza ed altri scritti morali”, libro da me analizzato e citato in molti post precedenti, di fronte ad Auschwitz parla di una sfida all’uomo di fede in quanto “sconfitta di Dio”.

Fatta questa premessa, Bobbio passa ad analizzare il male. Il male attivo, quello che si fa ad altri, e quello passivo, quello che si patisce. Orbene, nella esperienza quotidiana, ci riferiamo più spesso al male passivo: “Ho mal di testa, mi fa male una gamba, un dente, etc.”. In questi casi il male può ben dipendere da una nostra azione: ho bevuto troppo vino; non mi sono curato (lavato) i denti; ho fatto uno sforzo troppo rilevante, etc.. Cioè il male che soffro è dipeso da un mio errore. Altre volte il male che soffro è dipeso da un’azione altrui (Auschwitz). Ma più spesso il male che soffro non dipende da alcuna azione umana: ad esempio il male che soffro a causa di terremoti, alluvioni, maremoti, cicloni, o a causa di malattie terribili, incurabili, degeneranti: vere e proprie condanne ad una morte lentissima, sotto tortura. Vi sono teorie/religioni che teorizzano che il male (ed il bene) che ognuno riceve dipende dal suo agire: se soffre, vorrà dire che sta espiando una colpa; se prospera nella salute, negli affetti e negli affari, vuol dire che ha agite bene e quindi si sta meritando tutto il bene di cui gode. Per altri, il male non esisterebbe se il Primo Uomo non avesse peccato (al che verrebbe da dire cosa ci sta a fare il battesimo che cancella quel peccato, ma anche questa è un’altra storia).

Anche se portiamo il ragionamento sul piano “morale” non riusciamo a darci una risposta del perché il male esista: infatti circa il male che deriva a molte donne e uomini da una guerra, possiamo dire che esistono guerre giuste (ad esempio quelle di difesa da una aggressione imperialistica) e guerre ingiuste. Ma come facciamo a distinguere un tifone, un terremoto giusto da uno ingiusto?

Dopo che le ho “rubato il titolo”, questa foto era dovuta!

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Sono socratico: so di non sapere. Ovviamente – e molto ovviamente! – io non ho alcuna altra soluzione al problema di questo “perché?” se non quella che riservo a me stesso e cioè che concilio la presenza del male con l’esistenza di Dio sulla base di una Fede che va al di là della mia stessa ragione. Assai più difficile è la soluzione per chi non crede in Dio, in un Dio. L’uomo semplice ha un terzo tipo di risposta: “In questo mondo non c’è giustizia”. Ma anche questa è un’altra storia. Termino questi miei umili “TENTATIVI di BOTANICA degli EFFETTI (del male)” con una constatazione positiva: che a dispetto del male, continua ad esistere e spesso a vincere un’altra Forza: il Bene.

P.S.: libri citati da Bobbio nella sua esposizione: il libro di  Ignazio Silone, “Il Dio che ha fallito”; il saggio di Hans Jonas, “Il concetto di Dio dopo Auschwitz”.

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MORALE, ALIAS ETICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Febbraio, 2020 @ 3:14 pm

Detto altrimenti: spesso purtroppo elastica o indefinita …  (post 3751)

(Ex libris: Noberto Bobbio, “Elogio della mitezza e altri scritti morali”, Ed. il Saggiatore 2014, pagg. 135-149 – Prima ed. Pratiche Editrice, 1998)

(Concettualmente questo post è il seguito del post n. 3745 del 2 febbraio scorso, dal titolo “Democrazia, libertà, buon governo”)

Crisi morale oggi

Oggi? Quando mai!? Infatti, di quale crisi morale si parla oggi che abbiamo smesso di sterminare indios, indiani d’America ed ebrei? Oggi che abbiamo eliminato (formalmente) la schiavitù? Che una terza guerra mondiale proprio non la vogliamo proprio? Eppure … Dice: eppure cosa? Cosa? Ecco, ve lo dico: la “turbolenza” odierna non deriva dalla credenza in principi fondamentali, bensì da cause economiche, sociali, politiche, culturali, biologiche.  Insomma (n.d.r.) siamo un po’ tanti Padre Zapata che predichiamo bene ma … il pesce grosso continua a mangiare il pesce piccolo il quale molto raramente è riuscito – solo unendosi a tanti suoi simili – ad uccidere il pesce grosso. Ma a costo di quanto sangue versato!

Tuttavia

Tuttavia abbiamo abolito la schiavitù, (formale: sono ovviamente esclusi i braccianti migranti, neri pagati in nero, n.d.r.) vietato (quasi ovunque) la tortura e la pena di morte. La più grande sfida-rivoluzione dei nostri tempi è tuttavia ancora aperta: la vera e completa emancipazione femminile attraverso il superamento dei pregiudizi che la attanagliano (vedi post n. 3746 del 3 febbraio scorso, dal titolo “Pregiudizi”). Sul piano della politica, resta da ampliare l’area della democrazia, la quale prevede -fra l’altro – che i vinti non siano sterminati. Evvabbè … provvederemo.

Quella la morale

Espressione bellissima del diletto napoletano: quella la morale tutti la vogliono … ma  secondo quale dottrina? Qui casca l’asino! La nostra è una “società religiosa” e in una tale società, morale e religione non possono essere separate. La nostra religione non “è” “morale”, bensì “ha” una morale (essa “è” Creazione e Resurrezione. The rest are details, per dirla con Einstein che aveva scritto I want  to know the God’s thought: the rerst are detalis). Domanda: ma allora gli atei, possono avere una morale? Vediamo un po’ …

La nostra Costituzione

Solo l’art. 19 che viete riti contrari al “buon costume”. Fine.

Dice … certo, esiste una morale laica!

Eccone ben quattro teorie (e la loro auto-confutazione):

  1. La regola morale deriva dal giusnaturalismo, cioè da leggi naturali. Ma per Hobbes homo homini lupus e per Rousseau gli uomini sono pacifici. Come la mettiamo? E poi, chi può valutare (giudizio di valore) che tutto ciò che è “naturale” sia ispo facto anche “buono”?
  2. Morale sarebbe la regola condivisa da tutte le genti. Da tutte? Dove? Quando? Ma nemmeno se “tutte” le genti fossero state collegate via internet da millenni per stipulare accordi in videoconferenza!
  3. Regola kantiana:la mia azione è morale se mi comporto in modo tale da  non poter volere che la mia massima divenga una legge universale”. Traduciamo: se io elevo a regola universale il non mantenere le promesse, significa che io voglio un mondo nel quale non avrebbe più senso fare promesse. Ma in tal modo io esprimo un giudizio di valore negativo al non mantenere le promesse: negativo secondo una scala di valori morale. Ma – e ci risiamo! – di quale morale se non di una teleologica? E poi come la mettiamo con la legge “non usare violenza” che contrasta con la legge “Impedisci anche con la violenza che il violento faccia violenza ad altri”?
  4. Sarebbe morale l’azione che produce piacere ed elimina dolore. Ma … piacere a chi? Al maggior numero di persone? Allora 60 milioni di persone (i Tedeschi)  agito   moralmente bene nello sterminare pochi milioni di Ebrei. E poi: procura piacere secondo merito? Capacità? Bisogno di ognuno?

Dalle non-risposte di cui sopra rinasce l’esigenza di fondare l’etica sulla religione, ma anche qui sorgono problemi: i vari “Dio lo vuole”, “Got mit Uns!” , “Allah hakbar!” possono bastare? Certo che si, ne abbiamo avuto abbastanza! Infatti  non possiamo “utilizzare” Dio, un Dio alla carta. Sta di fatto che non abbiamo altra scelta che “accettare” il riferimento alla morale quale componente di una religione, non tanto perché le sue regole siano “giuste” o debbano avere una “validità assoluta”, quanto piuttosto perché il “timore di Dio, di un Dio” rende quelle regole efficaci, cioè tendenzialmente più rispettate di altre. Tuttavia l’uomo di fede le accetta comunque, ma facciamo attenzione: se la ragione è un lumicino, la fede illumina … ma può anche abbagliare (cfr. guerre di religione, fondamentalismi di ogni sorta).

Mi avete letto sin qui? Siete dei veri Eroi! Dai, che per questo post può bastare, non vi pare?

(continua alla prossima puntata: “Il male”)

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PROSSIMAMENTE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Febbraio, 2020 @ 10:12 pm

Detto altrimenti: di che vi scriverò da domattina      (post 3750)

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Lo so raga, vi ho abituato male con i miei 1,4 post in media al giorno dal dicembre 2011 ed ora … ora sono tre giorni che taccio, cioè non pubblico se non un validissimo “postaltrui” quello a firma del mio amico Fabio Pipinato!  Ma ho la giustificazione. Infatti sono stato di Servizio Nonno da Trento a Bologna, a badare due splendide nipotine (a Bologna “badare” regge l’accusativo): Bianca di 2,4 anni e Matilde di 6 mesi!

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Questa volta ero in treno. Ad una stazioncina ai piedi della collina, San Ruffillo, ai margini della città, incontrare e parlare con la gente, in questo caso una giovane veneta, dottoressa in sociologia dal nome floreale, Silene quella bianca“, la Silene alba, mi dice. Poi si scopre che il padre fa l’apicultore: e ti pareva, con quel bel nome! Biglietto da visita, aspetto che il papà si faccia vivo e gli dedicherò volentieri un post sulla sua attività.

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Ma veniamo a noi ed ecco il “Prossimamente”, come per i film. Politica, oggi aggettivo sostantivato: per i Greci antichi era tekne politika, tecnica del (buon) governo della polis. Ma il buon governo … qual è? Quello democratico, liberale? Si vabbè ma non basta: infatti per riempire di contenuti coerenti quel “buon”, la politica deve essere anche e soprattutto “morale”. Ed allora ecco che il prossimo post (di domani mattina) sarà “del  se e del come la politica si debba rapportare alla morale” cioè ad un’ etica laica o non laica. Quello successivo sarà sui risultati della mancanza della morale, cioè una riflessione sul “male”. II terzo “Fra ottimismo e pessimismo, ovvero: capire prima di giudicare”. Dice … ma che? Tu vecchio manager sei diventato improvvisamente filosofo? No raga, scialla, calma: vi ho già detto nei post precedenti che sto cercando di tradurre in poche righe i messaggi più importanti che Norberto Bobbio ha affidato alle pagine del suo capolavoro “Elogio della mitezza e altri scritti morali”.

Febbraio 2020: grande Donatella! Questa sera un brindisi. “Prossimamente” alle nostre “comunali”. Poi …

Questa sera, appena arrivato da Bologna, sono stato in Vicolo del Vo’ all’inaugurazione della nuova sede del mio gruppo politico per le prossime elezioni comunali, quello della-da-anni-amica-Sen. Donatella Conzatti, per intendersi.

Febbraio 2017: nasce Restart (quanta strada, insieme!)

“Ieri”, 4 febbraio 2017, la costituzione dell’Associazione Restart Trentino voluta dall’allora dottoressa Donatella Conzatti che mi volle alla sua presidenza, Associazione che continua a trattare temi di pre-politica e di Politica non partitica. Quanta strada, insieme!

Dopo, una pizza con il mio amico co-sciatore Claudio Colbacchini alla Pizzeria Veruska di Via Grazioli a Trento, gestita dal mio compaesano ligure Marco. Ciao Marco cume anemu? Amenu ben? Un picccolo tuffo nel dialetto d’ordigine. E lui, gentilissimo, dalla cucina al nostro tavolo a parlare di come si mettono sotto sale le acciughe “che vanno pescate adesso, quando sono belle grasse”, di come si preparano per la salamoia “devi levare la testa e con lei le interiora senza aprire la pancia”, un piccolo gesto seplice ma pieno di antica esperienza. E poi la pre salatura, lo sgoggiolamento in un grande colapasta, la messa sotto sale, il peso sopra, il ripristino della salamoia. Arte ligure.

Bagnun di acciughe a Riva Trigoso

E allora, Marco, ce lo fai una volta il bagnun? Quella zuppa di pesce una volta dei poveri oggi una sciccheria, vedere in internet di che si tratta. Marco si allontana, la cameriera, una signora bionda, figura elegante, serba. Ed eccoci a parlare della guerra dei Balcani, del perchè è nata, di come è finita, della mia attività di volontariato a Prjedor e a Banja Luka con l’ Associazione Trento-Prjedor, subito dopo la guerra. La Gente, una miniera di relazioni, di storie di vita. Non bisogna avere paura di aprirsi alla Gente.

Aprirsi alla Gente per la gente: torniamo alla Politica – A fianco del nostro tavolo una coppia di persone, marito e moglie: uno sguardo, un sorriso … ma sì, sono disponibili ad uno scambio di idee. “La gente è stanca della politica” mi si dice … Ed io “Forse della politica si, ma non della Politica”. Solo che il vocìo dei commensali è elevato e non abbiamo potuto approfondire. Ho dato loro un mio biglietto da visita invitandoli a frequentare il mio blog e magari a telefonarmi 335 5487516. Infatti si stupiscono che io sia così “innamorato” di Norberto Bobbio che non sarebbe stato del mio stesso gruppo politico.

Dalla politica alla Politica

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Ma che volete … quando leggere ti apre la mente, quando si condividono i concetti di democrazia vera, di libertà, di laicità intesa nel senso di pluralismo, di valori morali preesistenti e sopravviventi a qualsiasi ondata populista-sovranista … be’ … è sicuramente utile leggere; è sicuramente importante approfondire non solo l’informazione, non solo la comunicazione ma soprattutto – con le Persone che incontri – è necessario e utile il confronto ed il dialogo, nel rispetto delle reciproche posizioni: già … perchè la massima espressione della morale laica è la tolleranza. Altro che “io tiro dritto!”

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Come nasce un post? Così, dal “nulla” (e chiamala Nulla la Gente!). Una giornata piena, che ne dite? Ora vado a dormire e … buona notte a tutte e a tutti!

Ah, dimenticavo: non è un’iniziativa Restart o Italia Viva ma noi la condividiamo. Sabato prossimo 15 febbraio, ad ore 18,00 nella Sala Falconetto in Via Belenzani 20 a Trento avremo a Trento la presentazione del libro “Nei conflitti strade di pace – Una vita spesa a servizio degli uomini”: Staffan de Mistura e Roberto Savio incontrano la città di Trento.

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LEGITTIMARE LA POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Febbraio, 2020 @ 8:10 am

Detto altrimenti: questo è un “postaltrui” del mio amico Fabio Pipinato   (post 3749)

Inizia

La politica è tante cose. Per Aristotele è l’amministrazione della polis. Per Max Weber è l’ “aspirazione al potere e conseguente legittimazione all’uso della forza”. Per David Easton e, per certi versi, Giovanni Sartori è l’allocazione di decisioni collettive nell’ambito di una comunità.

La politica ci riguarda. Riguarda tutti i soggetti di una polis e non solo chi fa “politica attiva” ma anche chi scende in piazza a dimostrare il proprio assenso o dissenso o raccoglie una carta da terra, per parafrasare Pino Daniele. Affinchè non diventi “il mestiere di chi non ha mestiere” (Max Weber) nelle democrazie più consolidate si è posto un limite di mandati alla “politica attiva”. E in democrazia, per dirla con Gandhi, “nessun fatto di vita si sottrae alla politica”.

La politica è evoluzione. Nell’antica Grecia si opponeva alla Politeia (simil attual democrazia) la sua corruzione (demagogia) ove a comandare è la massa. Scomparivano i dotti e, oggi come allora, “la mia ingnoranza è pari alla tua cultura”. Il populismo non è quindi dell’oggi e dell’on line ma serpeggiava già sotto il Partenone. Per distanziarsi e ri-sollevarsi si tentò l’Aristocrazia dove gli Aristoi (i migliori – più adatti) si contrapponevano all’ Oligarchia da Oligoi (pochi e non necessariamente bravi) alla Pericle. Una degenerazione, prima societaria e poi linguistica, portò l’Aristocrazia ad essere il governo dei nobili da contrapporre all’ Oclocrazia – “governo della feccia del popolo”. Il Tiranno era colui che s’impossessava illegalmente del potere e non è da confondere con il Monarca (Monos) che indica il governo di un sol uomo. Quand’erano un paio di uomini era la diarchia – Sparta.Nel 1500 Machiavelli intese dare alla politica un’autonomia che il clero dell’epoca non era disposto a conceder, clero al quale il  “fine che giustifica i mezzi” non apparteneva in quanto aveva una concezione alta dell’etica statuale. Gli fece eco, un secolo dopo, Thomas Hobbes, che pur credendo nel Sovrano assoluto non lo considerava affatto derivante dalla volontà divina ma da un patto tra uomini liberi. L’evoluzione ha subìto un’accelerazione con Montesquieu “L’ésprit des lois” (lo spirito delle leggi) dove vengono distinti i 3 poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) al fine di evitare la tirannide.

Nell’età contemporanea è Karl Marx a dare una chiave di lettura economica alla “cosa pubblica”. L’economia rappresenta la base fondamentale ed essenziale della società, che viene ad essere modellata e influenzata dai rapporti economici (la struttura), la quale concorre in maniera basilare a determinarne i vari assetti sociali, culturali ed ideologici del sistema capitalista borghese (sovrastruttura) o “forma”.

Nel XX° secolo l’arte della politica è diventata laboratorio pratico. Si sono sviluppati una moltitudine di sistemi diversi di gestire la cosa pubblica. Accanto alle monarchie d’inizio secolo si svilupparono le prime democrazie borghesi e i primi esperimenti di applicazione pratica del socialismo, la maggior parte dei quali sfociati in sistemi oppressivi. Nella prima metà del secolo a queste forme si affiancarono i totalitarismi ed autoritarismi di destra, derivanti dalla crisi delle fragili democrazie.

La fisiologica lotta politica tra maggioranza e opposizione usa diverse armi tra le quali la “delegittimazione dell’avversario” che sbaglia a prescindere. Nel delegittimare il politico si delegittima non solo la persona ma si contribuisce a delegittimare la politica stessa in un circolo vizioso assai rischioso. La delegittimazione sistematica appartiene a categorie non sempre proprio nobili: i falliti (che delegittimano chi ha avuto successo), i vecchi (che delegittimano i giovani inesperti), i maschi (che delegittimano le donne), gli ex (che non vogliono andarsene e delegittimano gli attuali).

Vi sono alcune realtà che intravvedo come “pericolose” per la politica: la magistratura, il quarto potere (informazione), la satira e i tecnici. Vado con ordine. La delegittimazione sovradescritta talvolta non rimane dentro la dialettica di palazzo ma si serve della magistratura per demolire non tanto l’avversario quanto il compagno di cordata. Chi utilizza la magistratura permette un’invasione di campo e va ricercato soprattutto tra le file del “fuoco amico”. Da coloro che, privi di idee, si mobilitano per smontare le idee altrui. Ed è per questo motivo che oggi non vedo con favore né l’impeachment di Trump né un Salvini a processo. Nel tentativo di affondarli con la magistratura li si rendono più forti di prima. 

Mani pulite è stato un passaggio controverso della storia italiana. Pur sollevando un polverone fatto di corruzione ha delegittimato in modo irreparabile la politica che allora fu rappresentata, tra gli altri, da Arnaldo Forlani già segretario DC, Ministro della Difesa e Primo Ministro. Vedere un Pubblico Ministero “popolano” smontare un “popolare” fu un vero dolore per noi che ci occupiamo di politologia. Lo stesso dicasi delle monetine lanciate dai populisti davanti all’hotel Raphael di Roma nei confronti dello statista Bettino Craxi. A coloro che ancor oggi dubitano della sua statura consiglio di ripassare Sigonella.

Ma restando nell’oggi è stato il discorso del senatore Matteo Renzi a ridisegnare un limite tra i poteri di Montesquieu, tra stato etico e stato di diritto, tra giustizia e “peloso giustizialismo”. Discorso pronunciato dopo l’arresto e conseguente scarcerazione dei genitori, l’arrivo di 300 finanzieri alle 5 del mattino verso tutti i finanziatori della fondazione Open e l’analisi di tutti i bonifici e prestiti (tutti regolari, bonificati e registrati) della sua casa privata. Il tutto a firma di un solo giudice che, come ai tempi di Berlusconi, anziché delegittimarlo lo si rafforzava politicamente.

Discorso, quello di Renzi, che non delegittima la magistratura; anzi. Da lì a poco, infatti, si congratula con il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri per aver condotto la più importante retata contro la criminalità organizzata dopo “Cosa Nostra” che risale ai tempi di Falcone e Borsellino.

Tratterò il “quarto potere” con un sol paragone tra i 2 fatti succitati. Tutti i media italiani avevano aperto la prima pagina sulla Fondazione Open a titoli cubitali per poi narrare il “nulla di fatto” in sedicesima o giù di lì. Solo un paio hanno dato lo stesso rilievo alla retata di Gratteri ed è giusto nominarli: Avvenire e Fatto Quotidiano. Gli altri hanno scandalosamente riportato la notizia nelle stesse pagine dove si narrano, in trafiletti minuscoli, il “nulla di fatto” della Open. Non aggiungo altro. Si commenta da sola.

Veniamo alla la satira. Per la nazione più ignorante d’Europa dove 6 italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all’anno, la satira televisiva diventa l’unica fonte di apprendimento della vita politica del loro paese. Un Crozza può non far danni in Norvegia dove la popolazione frequenta la biblioteca come da noi i bar sport ma in Italia v’è stato il reale rischio che un comico come Grillo fondi un partito per poi scoprire che servono gli Aristoi (i più adatti) se non vuoi rischiare l’Oclocrazia ad oltranza.

Infine i tecnici. Li credo necessari e importanti. Devono essere ben remunerati, fare bene il proprio mestiere e fermarsi lì. Calenda, per esempio, è stato un competente Ministro del governo italiano ma la politica, l’arte del compromesso per il bene dei più, è un’altra cosa. Lasciamola fare ai pIù adatti, agli Aristoi.

Finisce

In alcuni recenti post mi sono occupato della positività dei compromessi (Paolo Mieli, “I conti con la Storia”), di Democrazia, di Politica, della llibertà, della Morale e del loro reciproco rapporto. Continuerò presto nel mio lavoro di cercare di semplificare concetti  e messaggi che potrebbero risultare ostici per la maggior parte dei cittadini. E non mi riferisco a miei lettori: Infatti Voi, amici, state “leggendo” e questo è già molto, anzi, direi quasi “tutto”, perchè come insegna Norberto Bobbio in un capitolo del suo splendido libro “Elogio della mitezza”, occorre capire prima di giudicare. Buone Letture, buona Democrazia, buona Libertà, buona Politica (le maiuscole non sono usate a caso) a tutte e a tutti! Dice … e buona Morale no? Amici, la Morale merita un post tutto per lei, lo scriverò presto. Già, perchè la Morale, laica o meno che si pretenda che sia, deve essere alla base della Politica la quale, se ne prescinde, è solo politica (le maiuscole e le minuscole mnon sono utilizzate a caso).

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ACCADEMIA DELLE MUSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2020 @ 5:12 pm

Detto altrimenti: serata del 3 febbraio     (post 3748)

Camilla Clementel

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Chi siamo? E dai … me lo chiedete ogni volta! Ma se potte trovare molti post su di noi … Comunque: circolo culturale privato che sta vivendo il suo undicesimo anno d’età. Ieri sera serata di Carnevale, anche se il 3 febbraio ricorre la strage del Cermis (quella dell’aereo USA, per capirsi). Ma bando alla tristezza. Ieri sera dunque … ah si, innanzi tutto il benvenuto a quattro nuovi associati: mamma e papà Paola e Claudio Clementel con la figlia violinista Camilla Clementel, e quindi Mara Colbacchini, giovane mamma anch’essa, figlia di un nostro noto socio, Claudio anch’esso.

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I Musici dell’allegria Luciano, Cristina, Patrick

Prima parte della serata dedicata al “Perchè ridiamo” a cura di Alfonso Masi and friends (così ha chiamato lui stesso la rappresentazione). Una rassegna di passi letterari, teatrali, musicali dedicati all’allegria, ivi compreso l’esecuzione al violino del capriccio di Paganini n. 13, quello in cui lo strumento emette una serie di sonore risate: bravissima l’esecutrice! Gli altri? Giovanna a la sua voce; Maria Teresa ed Alfonso nello” Sketch Paganini”; Patrick e Luciano, chitarra, fisarmonica e voce; Sergio, voce; Umberto e la caricatura; Cristina al piano. Insomma una carrellata esilerante di nostri “Accademici”

Per ragioni di tempo abbiamo saltato l’Angolo delle Anteprime: chi vorrà segnalarle per l’inserimento nel post “Prossimi Eventi”, invii a riccardo.lucatti@hotmail.it un sintetico estratto degli stremi dell’evento e le eventuali locandine, grazie.

“La fantesca”: alcuni “attori”

Intervallo eno-gastro-astronomico. Come di consueto, anzi di più. Solo che noi attori nella seconda parte della serata, abbiamo mangiato in fretta e siamo saliti nei “camerini” per indossare i costumi di scena. Infatti abbiamo rappresentato, in forma ridotta da Maria Teresa, la commedia cinquecentesca La fantesca del napoletano Giovanni Battista Della Porta. La trama? Eh no, dai che la trovate in internet.  Diciamo che la sua riduzione a 50 minuti di rappresentazione è opera di Maria Teresa, delle nove prove “normali” e delle due prove generali in costume dell’epoca.

La rappresentazione è stata preceduta dalla elencazione delle nostre precedenti opere “teatrali” (tutte su iniziativa e conduzione di Maria Teresa): La riforma della commedia, con brani da “Il ventaglio” di Carlo Goldoni (2012) – “La Mandragola” di Niccolo’ Machiavelli (2015) – I “Menecmi” di Plauto (2017) – La “Lisistrata” di Aristofane (2018) – La “Locandiera” di Carlo Goldoni (2019)

La Fantesca, Personaggi (ed interpreti): Nepita (Ernesto); Fioretta d Essandro (Giovanni); Cleria (Gianfranco); Gerasto (Alfonso); Panurgo, falso Narticoforo, falso Gerasto (Mirna); Morfeo (parassita, falso Cintio, falsa Cleria); Santina (Riccardo); Narticoforo (Maria Teresa); Speziale (Giovanna); Cintio in viaggio (Giovanna). Presentatrici: Gigliola, Rina, Rosetta – Costumi: Cristina – Musica: Luciano – Regìa: Maria Teresa, Alfonso e tutti.

Fra di noi “girano”: il quadro bozzetto “originale” ad olio dipinto da Giovanni; le 100 foto scattate da Alfonso durante le prove della Fantesca e le tante scattate dagli amici durante la rappresentazione, della quale, grazie a Bruno Bruni, sarà disponibile anche un filmato integrale.  Presto una replica altrove: sarete avvisati. Il grazie della serata, quindi a chi ci ha aiutato, a chi si è prestato e a chi è intervenuto. Il Grazie “maiuscolo” per la nostra Associazione alla Presidente Cristina, Super Cris ospite d’eccezione!

Prossima Accademia: Lunedì 2 marzo 2020 ore 20,30 – Omaggio alle DONNE in poesia e musica con le Accademiche Giovanna, Giacinta, Cristina –  “Kamishibay”, teatrino giapponese a cura di Valentina Lucatti.

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RAZZISMO OGGI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Febbraio, 2020 @ 3:22 pm

Detto altrimenti: continua la mia “cavalcata” attraverso il Libro di Norberto Bobbio “Elogio della mitezza” Ed. Il Saggiatore.          (post 3747)

Con l’auspicio che lo comperiate, questo Libro (la maiuscola non è usata a caso!)

Dalla puntata (post) precedente (“Il pregiudizio”), oggi scrivo (io) e leggete (voi) del razzismo. Bobbio (pagg. 103-114) inizia con un’osservazione di fondo: “Nel secolo scorso le migrazioni andavano verso paesi poco popolati (USA, Argentina, Australia). Oggi verso paesi già sovrappopolati: da qui più facile l’insorgere di fenomeni di razzismo”.

Il pregiudizio razzista è articolato e monotono, ovvero africani come i nostri meridionali:

  • generalmente: “Hanno più difetti che pregi”;
  • culturalmente: “Hanno cultura differente” (e se mai sarebbe un arricchimento! N.d.r.);
  • economicamente: “Sono scansafatiche”;
  • personalmente: “Sono maleducati”.

La base mentale del razzismo è l’etnocentrismo ed in ispecie l’eurocentrismo, che pretende di elevare a valori assoluti i nostri valori assolutamente relativi.

Banalizzo: esiste anche l’auto-centrismo, nel senso che quando siamo nella nostra auto(mobile) bloccati in un ingorgo cittadino, ce la prendiamo con tutti gli altri: contro di loro che generano l’ingorgo. Noi no, noi siamo le loro vittime, noi siamo smaterializzati, la nostra auto non contribuisce a creare quell’intasamento: noi abbiamo il “diritto assoluto” allo spazio libero. Noi si. Gli altri no. (Questa è tutta mia, Bobbio non c’entra, per carità, non coinvolgiamolo in queste divagazioni!)

 Esiste poi una forma mitigata di eurocentrismo: i nostri valori non sono assoluti, ma ognuno si tenga i suoi (cosiddetto relativismo culturale): questa forma non produce avversione, ma solo separazione.

Gli stadi di evoluzione del razzismo si sviluppano in successione: dileggio verbale (“Terroni!”); evitamento: “Io ti evito”; discriminazione: “Tu non hai uguali diritti”; segregazione: “Devi stare nel ghetto”; aggressione: “Ti anniento”. All’inizio di tratta di razzismo spontaneo. Poi, negli ultimi stadi, il razzismo diventa ideologia: “Le razze sono tante e diverse; la mia è superiore alla tua: io posso/devo educarti e/o posso/devo dominarti”.

Il razzismo si combatte:

  1. Con un’educazione orientata verso valori universali (Cristianesimo; Kant; Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo);
  2. con la democrazia: democrazia e razzismo sono incompatibili in quanto la democrazia si ispira a principi universali ed è inclusiva perché non può rinunciare ad essere una società aperta;
  3. con l’azione del volontariato sociale.

(continua)

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IL PREGIUDIZIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Febbraio, 2020 @ 7:31 am

Detto altrimenti: la sua natura secondo Norberto Bobbio      (post 3746)

Ho appena finito di scrivere su “Democrazia, libertà, buon governo” ed ecco che parlando dei pregiudizi … insomma, inizio con le due conclusioni alla quale perviene Bobbio (pagg. 99 e 101) nell’ornai citata opera “Elogio della mitezza” nel capitolo “La natura del pregiudizio”, (pagg. 89-101):

  1. In genere il gruppo che esprime un pregiudizio” è numericamente superiore al gruppo che lo subisce, con un’unica eccezione: il pregiudizio contro il genere femminile, per cui “il movimento per l’emancipazione femminile delle donne e per la conquista della parità dei diritti e delle condizioni è la più grande se non l’unica rivoluzione del nostro tempo”.
  2. …  ”credo che la democrazia possa servire anche a questo: la democrazia, vale a dire una società in cui le opinioni sono libere e quindi sono costrette a scontrarsi e scontrandosi a depurarsi. Per liberarsi dai pregiudizi, gli uomini hanno bisogno prima di tutto di vivere in una società libera”.

Ed ora possiamo iniziare.

Il pregiudizio  è un’opinione, una somma di opinioni o una dottrina accolta passivamente , acriticamente per inerzia o per timore, creduta per vera perché corrisponde ai nostri desideri/passioni/interessi.

Pregiudizio individuale (poco dannoso): la superstizione – Pregiudizio collettivo: quello condiviso da un gruppo di persone verso un altro gruppo, quale il pregiudizio raziale, nazionale, di classe. E’ pericoloso perché genera violenza: guerra fra nazioni, popoli, razze, classi sociali.

Le disuguaglianze non naturali o sociali. Le naturali (io bianco, tu nero; io uomo tu donna) sono molto più difficili da vincere di quelle sociali (io civile, tu barbaro). I partiti di destra ritengono che la maggior parte delle disuguaglianze siano naturali e quindi come tali invincibili. Al contrario i partiti di sinistra. Rousseau: “gli uomini sono uguali. La civiltà li ha resi disuguali”. Nietzsche: ”Gli uomini sono disuguali per natura, la società tende a trasformarli in uguali”. Il pregiudizio nasce dal sovrapporre alla disuguaglianza naturale una disuguaglianza sociale senza riconoscerla come tale.

La discriminazione (differenziazione illegittima) presuppone un giudizio di valore: io superiore tu inferiore; etc. . Dalla discriminazione può derivare un effetto positivo: “Io mi sforzo di farti crescere”: così i genitori nei confronti dei figli: Purtroppo spesso deriva un effetto negativo: “Io ti schiaccio!” (v. la cosiddetta soluzione finale nazista nei confronti degli Ebrei).

Il pregiudizio si “evolve” come segue: discriminazione giuridica (leggi raziali); emarginazione (i ghetti); persecuzione (campi di sterminio). Prossimo post: “Razzismo oggi”.

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DEMOCRAZIA, LIBERTA’, BUON GOVERNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2020 @ 7:51 pm

Detto altrimenti: “Libertà vo cercando ch’è sì cara come sa chi per lei vita refiuta”     (Purg. I°, vv. 70-72)    (post 3745)

Chi mi segue sul blog e comunque i miei amici sanno che sono un patito della democrazia ovvero della libertà, intesa nel senso relativo e cioè di quella che non si scontra con la libertà altrui. A me piace definire tutto ciò “democrazia”. Orbene, nei millenni il termine ha assunto in successione significati ben diversi. Il primo “democrator” era il dittatore che esercitava il potere “sul” popolo.

Who opened the door for the democrator? / And how come he let in the market-conquistadors? / Why is he acting as if he has something to hide? / The privilege of the stupid is to be taken for a ride… Chi ha spalancato le porte al democrator? E perché egli si è collocato nel novero dei conquistadores? Perché si muove come se avesse qualcosa da nascondere? Il privilegio dello stupido è quello di essere preso in giro.

Successivamente il termine ha significato “strapotere del popolino” a detta delle classi nobili escluse dal potere. Oggi finalmente significa potere del popolo (a meno che non si sia regrediti allo strapotere del popolino … delle reti!). Ma facciamo un passo avanti grazie a quanto scritto da Norberto Bobbio nel libro “Elogio della mitezza” (pagg. 73-85). Chiarito chi deve avere il potere resta da definire per fare cosa. E le prime indicazioni ci derivano dalle regole morali, le quali ci inducono a diminuire le sofferenze e a proteggere beni fondamentali quali la libertà, la giustizia, la salute ed un minimo di benessere per tutti.

Le regole morali hanno una portata generale e distinguono il buono dal cattivo. Tuttavia singole categorie si sono create, ognuna, il loro metro etico professionale: nell’arte, il bello e il brutto; nella scienza, il vero e il falso; in economia, l’utile e l’inutile; nel mondo degli affari, l’efficace e l’inefficace. Tanto per fare qualche esempio. E in politica cosa è successo? Non si è adottato il criterio morale generale buono/cattivo bensì l’opportuno-inopportuno rispetto ad uno scopo: il raggiungimento/mantenimento del potere. Per fare cosa? E ci risiamo! Per un buon governo. Ma qual è il buon governo? Quello in cui politica e morale tendono a coincidere. Orbene, la democrazia è il sistema politico che permette il maggiore avvicinamento fra le esigenze della morale e quelle della politica. Perché? E’ semplice: perché 1) permette la soluzione dei conflitti sociali senza ricorrere alla violenza reciproca; 2) perché riduce lo spazio della simulazione e dell’agire segreto; 3) perché induce a decisioni prese in accordo fra le parti.

Rimarrò con Norberto Bobbio (pagg. 89 – 101 op. cit.) e nel prossimo post tratterò del pregiudizio. Successivamente (pagg. 103-125) di come dal pregiudizio si passi al razzismo.

Quanto al rapporto politica-morale, questo post prosegue concettualmente al post n. 3751 “Morale alias etica” del giorno 8 febbraio 2020.

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