INCONTRI: M° RICCARDO GIAVINA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Dicembre, 2019 @ 7:26 am

Detto altrimenti: è mancato un Amico, ma noi lo vogliamo “incontrare” ancora, con le parole del suo collega Prof. Franco Ballardini      (post 3720)

Riccardo Giavina, Musicista pentadimensionale: compositore, direttore, professore, pianista, per decenni nella Presidenza dell’Associazione rivana Amici della Musica.
Soprattutto Amico. Lo intervistavo con il post n. 2908 del 9 novembre 2017 in occasione del suo ottantesimo compleanno
http://www.trentoblog.it/riccardolucatti/?p=53032 .

Scrive oggi Franco Ballardini:

“Un bel concerto ha reso omaggio sabato pomeriggio, nell’Auditorium comunale annesso al Conservatorio, al Maestro Riccardo Giavina, appena scomparso. Bello non solo per i contenuti musicali – per altro di tutto rispetto – ma anche per la ‘naturale’ dedica a Giavina e per il clima affettuoso che lo ha accompagnato. Il programma, preparato in poche settimane, prevedeva un semplice saluto con musiche del repertorio natalizio: ma ‘schierava’ una nuova orchestra giovanile della sede rivana del Conservatorio, ricca di archi, fiati, percussioni, nata dall’iniziativa di vari docenti e dall’entusiasta adesione degli allievi; alla quale si sono aggiunti tre studenti di canto dei corsi superiori, già premiati in vari concorsi, due giovani pianisti assai promettenti. Infine il coro del Liceo musicale collegato al Conservatorio. La sala era gremita quanto il palco e ha seguito ogni momento con calorosa partecipazione. Presenti la figlia maggiore di Giavina, anche a nome della sorella e della madre e il Sindaco, che ne ha ricordato l’importante biografia artistica e il grande contributo dato alla vita culturale della ‘città d’adozione’, dal ’70 ad oggi. Altri docenti del Conservatorio (molti già allievi del Maestro) ne hanno rievocato, fra un brano e l’altro, certe caratteristiche umane e musicali indimenticabili: da un lato gli oltre trent’anni dedicati al Conservatorio come docente di pianoforte e – per oltre venti- anche come fiduciario, anni nei quali la sede di Riva è passata da 6 a 30 cattedre, da 20 a 200 studenti . Sono state ricordate le oltre 500 sue composizioni (corali e strumentali) pubblicate ed eseguite in Italia e nel mondo, al Teatro alla Scala e nella Sala Nervi in Vaticano, registrate su disco e trasmesse da radio e televisioni in tutta Europa e non solo; ma al tempo stesso è stata sottolineata anche la sua personalità così vitale e rispettosa, esuberante e discreta, la qualità ‘più unica che rara’ del suo tocco pianistico e la versatilità che gli permetteva di passare con disinvoltura dall’organo alla tromba, dalla chitarra alla fisarmonica, il rigore assoluto del suo approccio al repertorio classico e la straordinaria capacità d’improvvisare su qualsiasi tema in stile barocco o moderno, romantico o jazz. Un’autentica ‘incarnazione della Musica’ insomma, frutto di doti naturali ma anche di uno studio continuo e infinito- che il Conservatorio, sua seconda casa, certo non dimenticherà”.

Finisce

Due Maestri

La sua capacità d’improvvisare. Un giorno Riccardo mi disse: “Riccardo, suona qui, al pianoforte, qualche nota, accenna un motivetto”. Io, imbranatissimo, con l’indice destro schiacciai in sequenza una decina di note a caso. Ne venne fuori un qualcosa che lui trasformò in un tema eseguito in successione secondo lo stile dei più famosi musicisti dei secoli scorsi: ed allora anche un ignorantone musicale qual sono, riconobbe via via Mozart, Haydn, Schumann, Chopin, Beethoven, Brahms, etc.. Io non ho potuto essere presente a questo concerto, impegnato come sono stato a ricevere a Trento quattro bolognesi: figlio, nuora e due nipotine in visita ”natalizia”, visto che poi il Natale lo passano in Toscana con gli altri nonni. Comunque, Riccardo, sono stato vicino a te e alla tua famiglia con tutto il mio affetto e tutta la mia riconoscenza. Oggi ti sarò vicino in Chiesa a Riva del Garda. Un abbraccio, Riccardo, dal tuo amico omonimo (già, quando ci incontravamo ci salutavamo così: “Ciao, omonimo!”).

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POPULISMO DIFENSIVO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2019 @ 8:35 am

Detto altrimenti: una miscela al 50% di retorica e di populismo        (post 3719)

Processo per il sequestro della Nave Gregoretti. La voglio prendere alla larga e cito una vecchia canzone degli Alpini: “Al comando dei nostri ufficiali”:

Al comando dei nostri ufficiali / caricheremo cartucce a mitraglia / e se per caso il colpo si sbaglia / a baionetta l’assalto farem. / E tu Austria  che sei tanto forte / fatti avanti se hai del coraggio / che se la buffa ti lascia il passaggio / noi altri alpini fermarti saprem. / Care mamme che tanto tremate / non disperate pei vostri figlioli / che qui sull’alpe non siamo noi soli / c’è tutta Italia che al fianco ci stà.

Per ragioni di buona convivenza internazionale, quel “E tu Austria” è poi stato cambiato in “E tu nemico”. Per ragioni diverse, quel “che se la buffa “ (la fanteria, n.d.r.) è stato cambiato in “che se qualcuno”. Ma queste sono altre storie. A me in questa sede interessa l’ultimo verso: “C’è tutta Italia che al fianco ci sta”.

Alpini. No, non c’era tutta l’Italia con loro sull’Adamello, a oltre 3000 metri, in inverno, con equipaggiamenti che oggi definiremo ridicoli, cibo scarso, sonno poco, pidocchi tanti, igiene nulla, esposti al tiro del nemico e alle decimazioni di casa propria. No. Ma alla retorica del tempo veniva bene cavarsela in quel modo: “C’è tutta l’Italia con noi, e allora, mamme, di che vi preoccupate?”

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E dopo la retorica il populismo. “Cosa? Che dite? Che io decido troppo e da solo, anche sulle navi dei migranti? Ma no … non si tratta della mia volontà bensì della vostra, quella di 60 milioni di Italiani, una massa informe ed uniforme che esprime un’unica, identica volontà, questa, quella che io sto semplicemente attuando”. Questo dicesi populismo qualitativo: così Umberto Eco nel suo prezioso libro “Il fascismo eterno” (Ed. La nave di Teseo): i 5 Euro mai così ben spesi in vita mia. Acquistarlo e leggerlo per credere.

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Giacomo Matteotti

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E adesso arriva il populismo difensivo:Mi processate? Milioni di Italiani con me al processo. Ebbene, se il capo di questi milioni è un delinquente, ebbene quel capo sono io, io mi assumo la responsabilità anche politica di …” . Cosa vi ricordano queste parole? Eh no, raga, non ve lo dico! Ecchè? Vi devo dire tutto io? Quando mai!?

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BANCHE CHE FALLISCONO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Dicembre, 2019 @ 1:33 pm

Detto altrimenti: ieri sera, RAI Uno, quella di Michele Sindona      (post 3718)

Giorgio Ambrosoli: un eroe assassinato per ordine di … (1979)

Tempistica casuale ma opportuna: una rievocazione fra documento storico e fiction. Anni ’70 (ma 1970 non 1870!): la banca di Michele Sindona raccoglieva denari dai risparmiatori e dalle più importanti aziende dell’epoca i cui manager venivano “ringraziati” con laute ricompense “in nero”. Inoltre la stessa riceveva grossi depositi dallo IOR i cui denari non erano controllati da alcun ente antimafia e/o antiriciclaggio. Poi finanziava partiti politici e altre iniziative. Ad un certo punto la bolla scoppia. Bankitalia conferisce l’incarico di liquidatore all’Avv. Giorgio Ambrosoli. Dietro/insieme a Sindona: la DC, la P2, la mafia, lo IOR, etc.. Giorgio Ambrosoli è sostenuto solo da Bankitalia il cui governatore Baffi e il cui VDG Sarcinelli vengono “frenati” con un arresto. Il deficit si aggira intorno ai 500 mildi di lire. Sindona chiede a Mediobanca di aiutarlo a far ripianare il deficit con denari pubblici. Cuccia si rifiuta e viene minacciato di morte. Ambrosoli viene ucciso a colpi di pistola.

Scrivo questo post per tre motivi:

Michele Sindona, avvelenato in carcere con il cianuro per ordine di … (1986)
  1. La casuale coincidenza con il 14° default bancario (Banca Popolare Bari: pare che il deficit sia di 1,5 mildi di euro, pari a 3.000 mildi di lire);
  2. I giovani di oggi devono sapere che se si è da soli a difendere la legge contro tanti, quei tanti sono contro la legge.
  3. Negli anni ’70 io ero a capo della Finanza Italia della più grande società finanziaria italiana, la Stet-Società Finanziaria Telefonica p. Azioni, Torino e seguii la vicenda – da esterno ovviamente – con grande attenzione.

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Gaspare Pisciotta, avvelenato in carcere con il cianuro per ordine di …  (1954)

Non voglio dire – e non dico – che oggi sia successo un fatto analogo, ma certo sarebbe interessante conoscere i nomi di chi ha sbagliato; di chi ha/non ha controllato; di chi ha preso i soldi e non li ha restituiti. Quanto a Baffi e Sarcinelli io non avevo occasione di rapporti diretti, ma i miei gran capi della Stet (Presidente, Amministratore Delegato, Direttore Generale) e tutti i numeri uno delle tantissime banche con le quali avevo un rapporto personale di lavoro, testimoniavano la loro integrità assoluta. E Giorgio Ambrosoli? Un vero eroe. Non dimentichiamo una simile Persona.

Un ricordo di tipo diverso va riservato a chi (Roberto Calvi, 1982) è stato trovato “suicidato” sotto un ponte di Londra per ordine di …; o a chi (Gianmario Roveraro, 2006) è stato rapito e fatto ritrovare depezzato per avere perso denari affidatagli, per ordine di …

Non c’è che dire: nel nostro Paese non è mai mancato l’ “ordine”!

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ASSOCIAZIONI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Dicembre, 2019 @ 8:43 am

Detto altrimenti: “Managerialità, libertà e democrazia nelle – “ (vedere alla voce “Associazioni” )   (post 3717)

Ovvero: con queste riflessioni mi sono fatto il regalo di Natale!

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Una sorta di vocabolario, questi miei post, lo confesso. Quelle le associazioni io ne ho  conosciute molte e ne frequento alcune (quanto mi piace italianizzare il dialetto napoletano!). La prima differenza che noto è il diverso livello di democrazia che ho riscontrato via via negli anni all’interno di ognuna di esse, livello che deriva dal grado di partecipazione alla loro vita. E la partecipazione si attua in due modi: alla loro vita operativa e/o alle loro assemblee.

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1 – La partecipazione alla vita operativa

Le Associazioni vivono del contributo, delle idee e del lavoro degli associati: non solo dell’azione del Consiglio Direttivo o di qualche dipendente. A rigore infatti occorrerebbe distinguere fra soci semplicemente fruitori e soci anche operativi. Una analoga distinzione potrebbe essere fatta all’interno del Consiglio Direttivo stesso: infatti qualche Consigliere eletto può pensare di avere a disposizione una Direzione Operativa, il che molto spesso non è, per cui il Consigliere deve rendersi operativo esso stesso: e ciò non sempre accade.

2- Le due facce della vita operativa

Quella interna, rivolta alla vita degli stessi soci. Quella esterna, indirizzata ad attivare iniziative ed attività esterne. Occorre avere presente questa distinzione per valutare il mix dei due tipi d’azione che sotto questo profilo definisce il tipo di associazione: troppo chiusa; chiusa; aperta, troppo aperta.

3 – La partecipazione alla vita assembleare

200 iscritti, 50 presenti? Troppo pochi. L’associazione non è “libera” – e con lei non è libero ogni associato – perché, per dirla con Giorgio Gaber “Libertà non è star sopra un albero / Non è neanche il volo di un moscone / La libertà non è uno spazio libero / Libertà è partecipazione”. Traduciamo: libertà non è stare a guardare ciò che succede  /  non è nemmeno l’azione di uno solo / non è nemmeno poter fare ciò che si vuole / libertà è partecipare alla creazione di una volontà e di una azione collettiva. E se manca la libertà, manca la democrazia.

Don Lorenzo Guetti, il fondatore della Cooperazione trentina, affermava: “Bene Comune è il bene alla cui costruzione hanno partecipato sin dall’inizio tutti i suoi fruitori”. Una piazza, una scuola non sono beni comuni, ma semplici beni pubblici, collettivi.

4 – I numeri

200 iscritti, 150 presenti in Assemblea, di cui la metà per delega? No buono (v. sopra).

5 – La successione

Primo obiettivo di un capo è motivare i suoi e assicurare la vita dell’ente cui è preposto (associazione, società per azioni, etc.) ben al di là della propria persona. E invece in molte SpA (ve lo dice un vecchio manager!) il capo tende a rendersi insostituibile, della serie così “nessuno mi può soppiantare nemmeno tu…” (parafrasando i versi di una nota vecchia canzone di Caterina Caselli!). Nelle SpA l’avvento della tecnologia web ha falcidiato le carriere intermedie. Ciò si verifica in parte anche nelle associazioni: si rischia di passare da una dirigenza troppo vecchia ad una troppo giovane.

6 – La presidenza “vera”

Peggio mi dice quando il presidente  tende a rendersi soprattutto “operativo” e come tale agisce. In questi casi mi chiedo: ma allora, chi svolge nel frattempo il ruolo di presidente? Ed in particolare, chi dà centralità alla partecipazione e alla successione (v. punti precedenti)? Ed allora cosa succede? Succede che le associazioni o muoiono o si auto trasformano. Muoiono se proprio non vi è chi subentra alla loro direzione-presidenza. Si trasformano quando cadono preda dei voti-delega e/o di iscritti che vi sono entrati senza il filtro di alcun requisito richiesto. A quest’ultimo riguardo un esempio. Prendiamo un’associazione di ambientalisti contrari alla caccia che non preveda alcun requisito per gli aspiranti soci. Ipotizziamo che l’Associazione Cacciatori di organizzi e faccia iscrivere tutti i propri associati all’associazione ambientalista. Alla prima assemblea l’associazione ambientalista – per migliorare la vita della selvaggina (residua!) – voterà a maggioranza in favore del sostegno ad una decisione della politica locale nel senso del “prelievo” di numeri sempre crescenti di capi di selvaggina. Per il bene loro, s’intende!

7 – Deleghe e incarichi

Chiarito che il “ghe pensi mi” non funziona, occorre attivare un sistema di deleghe e di incarichi. E “siccome che” (questa volta ho disturbato il diletto trentino) spesso si fa confusione, chiarisco: la delega è un conferimento di responsabilità e di poteri, per cui il delegato agisce e firma impegnando l’associazione. Se poi costui agisce male, la delega gli viene revocata. L’incarico è un agire senza impegnare l’associazione, al fine di portare il prodotto del proprio lavoro all’approvazione del Consiglio Direttivo. Occorrono entrambe le forme di decentramento.

8 – Decentramento

Solo chi decentra può crescere. Chi vuole crescere deve decentrare. Chi non decentra non può crescere. Chi non cresce è (anche)  perchè non ha decentrato.

9 – Come decentrare: l’hardware

Si definisce un piano pluriennale scorrevole (tre pagine arial 12). Al suo interno si definisce un budget annuale (una pagina arial 12). Al suo interno di assume una delibera del Consiglio Direttivo (tre righe arial 12). Su questa base di stabiliscono deleghe e incarichi. Ovviamente, così come esiste una pianificazione, deve esistere un controllo di gestione.

10 – Come decentrare: il software

L’intelligenza che agisce deve essere una intelligenza collettiva: sta al capo far sì che avvenga la “fusione” dei contributi di ognuno, sino ad arrivare ad una sintesi armonica. Come in un’orchestra: è chiaro che ogni singolo violinista muove autonomamente le proprie dita ma l’armonia complessiva che scatutrisce dall’insieme dei suoi colleghi è opera del Direttore d’orchestra, il cui contributo non può mancare e che comunque “è” l’ultima parola. E che nessun violino, nemmeno se è il “primo violino” (o presunto tale) pretenda di sostituirsi a lui … il che avviene – ad esempio – quando qualche consigliere-Pierino ignora l’ordine del giorno e trascina la discussione su altri temi.

11 – L’indotto

Ogni associazione genera un indotto. Ad esempio, un’associazione di volontariato sociale solleva il settore pubblico da certi suoi doveri primari. Occorre chiedersi: questo suo contributo, le viene concretamente riconosciuto in qualche modo? Lo stesso dicasi per associazioni che inducono incrementi turistici/commerciali in favore del territorio. Ma si sa, purtroppo la riconoscenza spesso è il sentimento del … giorno prima!

12 – Il risultato economico

Quello che compare a bilancio deve essere arricchito dal beneficio economico procurato all’indotto. Solo così si potrà esprimere una valutazione significativa di quei numeri (1),

13 – La dimensione

Quale è la dimensione di ogni associazione? Quale si è conquistata? Quale vuole raggiungere? Quale le deve essere riconosciuta? La consapevolezza della propria dimensione è fondamentale – fra l’altro – per l’individuazione della fascia di sponsor ai quali rivolgersi. Un esempio: un’associazione sportiva che produca un rilevantissimo indotto economico a livello locale ed abbia un’ottima visibilità a livello internazionale ha una dimensione enorme e non è certo rappresentata dai semplici numeri del suo bilancio. L’obiettivo è che sia lo sponsor che venga a cercare questa associazione!

14 – La legge elettorale

Per avere un Consiglio Direttivo che copra tutte le competenze necessarie e soprattutto “politicamente” omogeneo, suggerisco l’adozione del voto di lista: in tal modo a confrontarsi per la guida dell’associazione saranno due sistemi omogenei e si eviterà una inutile e dannosa conflittualità interna ad un Consiglio Direttivo entro il quale vi sia una maggioranza ed una opposizione. Sarebbe un po’ come se dopo le elezioni politiche, il governo del paese fosse formato da alcuni ministri della maggioranza ed alcuni dell’opposizione!

15 – La comunicazione

In questa sede mi occupo solo di quella “interna”. Da IT-Information Technology si è passati alla ICT-Information Communication Technology. Ma per la “comunicazione” interna non basta: occorre arrivare alla ICDT, dove quella lettera “D” sta per dialogue, dialogo, ovvero scambio e confronto di opinioni “guardandosi in faccia”. Infatti gli scambi di e-mail non devono e non possono sostituire una riunione fisica delle persone. Solo la presenza fisica può trasmettere il sentimento con il quale si vive la propria idea. Solo con la persenza fisica si può comprendere il messaggio più importante di un processo comunicativo: tutto ciò che non è stato detto! Solo con la presenza fisica si èuò comprendre che una voce unanime spesso è il terreno migliore per coltivare … idee sbagliate e che se “un capo ed il suo vice dicono la stessa cosa, uno dei due è inutile”.

16 – La comunicazione bis

All’atto dell’iscrizione occorrerebbe far firmare a ciscun candidato socio l’autorizzazione a che il suo indirizzzo e-mail e il suo numero di telefono sia messo a disposizione di tutti gli associati. Solo così ogni associato può sapere con chi si è associato, solo così egli può di fatto esercitare quel diritto che molti statuti prevedono (solo in linea teorica: una democrazia finta, solo formale!) e cioè di raccogliere un certo numero di firme per la convocazione dell’Assemblea.

17 – La comunicazione ter

Attenzione al gestore del sito web: che non si prenda un potere che non gli compete! Infatti questa è una tentazione in capo a chi ha in mano il gesso e la lavagna … elettronica! Anche in politica del resto … una società che gestisce il web di un partito è di fatto ai vertici del partito stesso.

18 – Il controllo sugli Amministratori

In ogni Associazione occorre che vi sia un organo che controlli non solo il comportamento degli associati, ma innanzi tutto e soprattutto il rispetto dello Statuto da parte degli stessi Amministratori.

19 – La democrazia

La riforma di legge del cosiddetto Terzo Settore ha incentrato gli interventi sugli aspetti finanziari e fiscali. Nulla è stato purtroppo fatto per verificare che ogni associazione abbia uno Statuto realmente democratico.

20 – L’alternanza

La formazione dei propri successori nella dirigenza di una associazione di cui al precedente n. 5 potrebbe inoltre essere inquadrata in una previsone statutaria che preveda il limite massimo di mandati. Ciò – fra l’altro – indurrebbe il Consiglio Direttivo in carica a fare formazione e cultura, al fine di preparare le future classi dirigenti.

La pagella

Ipotizziamo di assegnare un punteggio da 1 a 10 ad ognuno dei 20 punti trattati. La sufficienza si raggiunge quanto nessun singolo punto sia stato valutato sotto il 6. In caso contrario c’è da chiedersi: ma la democrazia sostanziale è un valore ricercato oppure è qualcosa di temuto e quindi evitato? A mio avviso managerialità e democrazia sono le due facce della stessa medaglia in ogni ambito della convivenza umana “associata”.

(1) Questa l’ho imparata dai tedeschi. Ero direttore in una SpA del Gruppo Siemens. Da Monaco valutavano il nostro bilancio dopo l’addebito figurativo degli “interessi calcolatori”, kalkoratoriche Zinzen, cioè di quelli teoricamente maturati sull’intero capitale investito su di noi dall’azionista. Analogamente venivano valutati i ricavi da noi indotti in altri soggetti del Gruppo. Un altro esempio: anni fa sono stato membro del CDA dell’Ente Fiera di Genova. Molte fiere minori erano “in passivo”; le due maggiori (Euroffora e Salone Nautico) erano rispettivamente in attivo ed in pareggio: ma qual’era per la città l’enorme indotto complessivo di tutte le fiere?

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MALA BANCA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Dicembre, 2019 @ 10:36 pm

Detto altrimenti: maccome è possibile arrivare a quel punto senza che … ?      (post 3716)

Un’altra banca ha bisogno dei denari di noi tutti contribuenti per non fallire. Credo che sia la quattordicesima. Sento che si intende procedere legalmente contro gli amministratori e manager responsabili. Al che mi chiedo: ma costoro, se condannati, avranno un patrimonio sufficiente sul quale rivalersi? Ne dubito. E poi, se i responsabili dei dissesti avessero costituito i loro beni in “patrimonio familiare,” li avrebbero resi comunque inattaccabili da qualsiasi azione risarcitoria.

“Acc … siamo stati scoperti!”

Al che mi viene in mente un particolare: quando io, manager imprenditore di me stesso, semplice privato con partita IVA, fui nominato a capo di una SpA mista a capitale sociale a maggioranza pubblica la quale doveva realizzare investimenti immobiliari per oltre dieci milioni di euro, la legge mi impose di assicurarmi a mie spese per la eventuali danni riconducibili a me anche per colpa grave: In tal modo, se io avessi danneggiato il settore pubblico, esso  sarebbe stato risarcito ben al di là delle mio limitatissimo patrimonio. E allora mi chiedo: 1 – non sarebbe bene imporre anche ai top manager e agli amministratori bancari la detta assicurazione? 2 – Chi erano i controllori che non hanno controllato per tempo? 3 – Possiamo avere l’elenco dei clienti di banca che non hanno rimborsato il proprio debito? Già, perchè mi pare che troppa gente applichi disinvoltamente l’ “articolo quinto” che recita “Chi ha i soldi in mano ha vinto”. Il che non mi disturberebbe affatto se quei soldi non fossero – come invece sono – anche miei nella mia qualità di contribuente che paga le tasse: almeno sapere chi ho beneficiato!

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SCI DA GARA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Dicembre, 2019 @ 7:35 pm

Detto altrimenti: sono realmente diversi …   (post 3715)

(Alcune note tecniche da chi tecnico dello sci non è. Evvabbè …)

Sci da gara. Tanti anni fa (20? 25?) ne ebbi un paio in regalo da un campione vero: erano Rossignol da slalom gigante, l. 2.05 (all’epoca lunghezza normale). La prima grande differenza rospetto a sci “normali”: erano molto faticosi da … portare a spalla dalla macchina fin sulla pista! Infatti erano molto “spessi”, pesanti, cioè robusti, per meglio rispondere alle forti sollecitazioni impresse da un campione in una gara. Io mi adattai subito a loro, salvo invidiare che già sciava con sci più corti, rastremati, che scodinzolava con estrema leggerezza! Negli anni li sostituii con un paio di Salomon “normali” l. 1,70, raggio di curvatura 15,5, che andavano benissimo. Dopo alcuni anni, l’anno scorso decisi di cambiarli solo perché un modello un po’ vecchiotto mi … invecchiava (ulteriormente) agli occhi di amici (e non)! Vado in negozio: un’occasione! Salomon Race in offerta! L. 1,70, raggio 15,00. Li prendo.

In cabinovia mi ritrovo con due ufficiali dei CC ed il loro maresciallo istruttore che – visti i miei sci – afferma: “Sono sci che denotano la bravura di chi li utilizza”. Ed io godutissimo, uao!  Ma … attenzione! Questi sci Formula Uno di oggi sono molto diversi dagli sci Formula Uno di ieri! E non per la maggiore velocità né per il raggio di curvatura, bensì per l’immediatezza con la quale rispondono al comando di “virata”. Mi spiego. A parte la qualità dei materiali, la loro diversa e studiata elasticità e tutte le altre diavolerie della tecnica, la novità prevalente è proprio la loro maggiore sensibilità del “volante” ai vostri comandi: è’ un po’ come guidare un’auto le cui ruote rispondano immediatamente ad un movimento anche solo millimetrico del volante. In tal modo, in una gara, ad ogni curva si risparmia qualche centesimo di secondo. Ciò è dovuto anche alla laminatura in punta e in coda, la quale sporge un po’ rispetto alla suoletta e anticipa la presa sulla neve. Poi c’e anche il grado-angolo di incidenza del piano che comprende la lamina ed il piano verticale della sponda laterale della suoletta: sci normali, 90° – Da anormali (da gara): 88 ° il che significa che la lamina nella parte esterna “punta verso il basso ” rispetto al piano suoletta. Il che comporta una maggiore rapidità di presa ed una maggiore tempestività di risposta. Ora, seguidate un’auto molto sportiva, dovete avere anche una presa perfetta delle mani sul volante: niente sudore nel palmo delle mani e quindi indossate i guanti. Lo stesso con questi sci: lo scarpone deve essere ben stretto e fare tutt’uno con piede, non ci deve essere alcun gioco fra piede e scarpone: sarebbe un po’ come accettare che il volante dell’auto sportiva slittasse un poco dalla presa delle vostre mani. Ma “siccome che” a “me non mi” interessa utilizzare questi aspetti anche perchè alla mia tenera età di quasi 76 anni non credo che mi ammetterebbero a partecipare ai campionati mondiali di sci, mi soffermo su qualche consiglio per utenti “normali” che vogliano utilizzare sci “anormali” come i miei.

E poi i Salomon Race sono belli, dello stesso colore della mia giacca! Qui ho ancora i vecchi sci. Le gambe troppo unite denunciano l’avanzata età dello sciatore!

Siccome la presa delle lamine è immediata, se avendo il monte a destra, in una curva a monte voi spigolate con lo sci a monte appena un po’ di più che con lo sci a valle, lo sci destro curva a monte ben più del sinistro,  le punte dei due sci si aprono, il peso si scarica istintivamente sullo sci a valle la cui lamina esterna fa subito il suo “dovere” e … blocca lo sci! Voi fate un volo a valle e vi rompete la testa dell’omero ed il trochite della spalla sinistra: a me è successo il 25 marzo 2019. Cinque settimane di immobilizzazione e due mesi di riabilitazione. “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”.

Il “volo” è avvenuto nella curva a destra, prima della “x”

Adesso ho imparato: peso del corpo sempre in misura uguale su entrambi gli sci; uguale spigolatura di entrambi gli sci; se la neve non è ghiacciata li tengo tendenzialmente piatti (cioè, spigolo molto poco); infine scio con le braccia un po’ più avanti di come ero abituato, fino a sentire una maggiore pressione dello scarpone sullo stinco: in altre parole, anticipo un po’ io stesso la curva, per assecondare la loro volontà: la volontà dei miei sci.

Ecco, ora un tecnico vero dirà che ho fatto male a comperarli etc., ma ormai ce li ho e me li godo. Per essere più tranquillo poi ho fatto addolcire un poco il rush (lo spigolo delle lamine) sulle punte e sulle code: se dovessi sciare in una competizione mondiale perderei qualche centesimo di secondo ad ogni curva: evvabbè …

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P.S.: che poi in questi giorni in Paganella si stanno allenando le atlete che – sulla nostra pista “nera” – parteciperanno ai Campionati Europei femminili: alcune di loro hanno i Salomon Race, ma noto che sono più lunghi etc.: insomma, i miei sono “solo” da gara, i loro “veramente” da gara!

Buone sciate a tutte e a tutti!

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MAS 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Dicembre, 2019 @ 1:03 pm

Detto altrimenti: Ricorda di Andare Sempre … a sciare!    (post 3714)

Domenica, non vado, c’è troppa gente … e poi il posteggio … anzi vado ma molto presto.

06,30 sveglia.
07,00 parto in auto da Trento.

Ore 08,00: prima risalita

07,40 arrivo al parcheggio coperto della cabinovia di Andalo – Trovo un parcheggio contro il muro di fondo.  Resta spazio per altre due auto.
07,45 arriva un’auto che parcheggia nei due posti rimasti. La cazzìo. Riparcheggia correttamente.
07.50 arriva l’ultima auto che può parcheggiare (ditemi grazie!).
08,00 salgo sulla cabinovia (orario anticipato di mezz’ora per via che ci sono gli allenamenti delle squadre per i campionati europei femminili). Scatto la foto qui sopra, non questa qui sotto.

Ombre lunghe a Cima Paganella.Laggiù, “sopra” la mia testa, il Grostè di madonna di Campiglio

08,15 sono in cima alla Paganella. Scatto la foto qui sopra. Scio verso FAI fino a Meriz su neve appena battuta, vergine. Da urlo!
08,25 arrivo a Meriz. Stanno “caricando i seggiolini sul cavo. Attendo fino alle 08,30.

Verso valle

08,30 salgo in seggiovia, rifaccio la stessa pista, risalgo, vado a prender un caffè da Mirco alla Malga Zambana etc. etc. etc..
09,30 mi saluta un altro VIP-P (Vecchietto in Pensione in Paganella). Fem quatro ciacere tan che salim en segiovia …
10,30 arrivo alla partenza della cabinovia di Andalo, coda immane. Prendo l’auto e vado a casa.

Prime discese verso Fai

Ecco raga vedete: in una grande città, per fare una pedalata o un’ora di tennis devi impegnare tutta la mattina. Anch’io impegno tutta una mattinata, ma per farmi due ore e mezza di sci. E chi la cambia più, Trento!?

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MAS 1

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Dicembre, 2019 @ 3:40 pm

Detto altrimenti: Memento Andare Sempre …        (post 3713)

… a sciare in Paganella! (Ovvero: dicembre, andiamo, è tempo di sciare …)

Gli ingredienti: un abbonamento stagionale, un amico gassato come me: in due superiamo i 150 anni. Ah … dimenticavo: anche un paio di scarponi, di sci, di guanti, etc.. (a testa!). Ma questi sono dettagli. Ed ecco la sostanza. Ieri mattina: “Domani è brutto, non andiamo”. Ieri pomeriggio e sera: “Si è schiarito, andiamo”. Questa mattina presto: uno “Nevica, non andiamo”. L’altro: “Andiamo lo stesso”.

Salendo in funivia …

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E siamo andati e … audentes Fortuna iuvat, nel senso che nelle piste medio basse, fra i 1000 e i 1700 metri di quota non c’era nebbia; la nevicata non disturbava più di tanto; temperatura perfetta, pochi gradi sotto zero; gente pochissima; neve fa-vo-lo-sa, ovvero un palmo di farina fresca su una pista battuta! Stiamo morbidi, senza spigolare: gli sci frusciano sulla neve, lasciamo che la accarezzino. Curve dolci, ma si riesce anche a fare lo scodinzolo, molto meglio fino a quando si calca neve immacolata, senza tracce precedenti.

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Foto Ric …ordo

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Quindi, giù dalle brande! Alzarsi presto ed essere i primi ai tornelli della funivia! Arrivo alle 08,10. L’impianto apre alle 08,30. Una signora è già lì e mi apostrofa: “Lei si chiama Riccardo?” Si, rispondo stupito, ma come ha fatto a indovinare? Mi spiega che una sua amica (che poi è risultata essere la nostra comune amica Rina P.) gli ha detto che un suo amico di nome Riccardo si presenta ai tornelli molto prima dell’apertura degli impianti. E lei: “L’ho trovata al primo colpo!”

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Far from the madding crowd

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Piste deserte (ecchè, ce le siamo comperate noi?). E questo qui di fianco è l’altro, Claudio, quello che insieme superiamo i 150! Cosa? Dite … kg? Si … vabbè … anche quelli … però … come gli anni, solo di poco!).

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Una mia poesiola: Neve

latte del cielo / a monti assetati – veloci e silenti gli sci – tu dolce / nascondi le rughe / sul viso del mondo

Ed un’altra di tale Gabriele D’Annunzio (quasi!): Sciatori

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Dicembre, andiamo. È tempo di sciare
Ora in terra Trentina gli sciatori
lascian lor case e vanno a sciare:
salgono l’Alpe ripida e selvaggia
ch’è bianca per la neve sopra i monti.

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Alpensinfonie

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Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno gli sci ed il pastrano.

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E vanno pel trattur ripido al piano,
quasi per un neval fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce ‘l scivolar giù per la china!

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Laggiù il Garda!

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Ora lungh’essa erta via cammina
lo sciator. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbianca sì l’azzurro vivo
che quasi dalla neve non divaria.
Iscivolio, bianco fruscio, dolci romori.

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Gotterdaemmerung!



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Ah perché non son io cò miei sciatori?


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This is Paganella too! La Paganella è anche tutto questo: ti fa questi bei regali proprio quando meno te l’aspetti.

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EURIPIDE, BACCANTI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Dicembre, 2019 @ 2:15 pm

Detto altrimenti: Euripide, chi era costui?         (post 3712)

Evvabbè … dai che lo sapete chi era, eppoi in internet c’è tutto. Tuttavia quel “tutto” non vi dirà mai le cose che noi apprendiamo dalla nostra prof senza puntino Mara Lia Guardini nelle riunioni del nostro gruppo di lettura dei classici che si tengono alternis quindicinis (a due settimane alterne). Prossima riunione: Biblioteca di Trento, sala multilingue piano terra, ore 10,00 di martedì 14 gennaio 2020: prepararsi sul Miles Gloriosus di Plauto.
Ingresso libero.

Siamo nell’antica Grecia. Eschilo precede Euripide e vive e scrive nel (precedente) momento di gloria della polis e della sua “democrazia”. Eschilo è quello del “Dio ha sempre ragione, venite che vi dico come fare, vi dico io qual è la verità”. Capirete bene l’importanza dell’insegnamento (e del condizionamento) attraverso il teatro, unica forma di comunicazione di massa dell’epoca (Platone diceva: “I bambini a scuola; gli adulti al teatro.”).

Ho virgolettato “democrazia”  perché su quella ateniese  c’è molto da discutere, tuttavia … ma questa è un’altra storia, che pure trovate trattata in molti miei post.

Passa qualche anno, la guerra (del Peloponneso) va malissimo, Atene sta per essere sconfitta definitivamente. Euripide scrive nel 406 la sua ultima tragedia:  Baccanti, che verrà rappresentata postuma, nel 405  a. C.. A leggerla così, nella sua traduzione italiana, si perde molto, ma non solo per via della traduzione (per ottima che sia!). Si perde molto perché un conto è assistere alla rappresentazione teatrale potendo cogliere le sfumature ironiche e sarcastiche, altra cosa è cercare di indovinarle fra le righe di una traduzione.

Baccanti, una poesia calligrafica, ricca di belle immagini, raffinata. Rispetto a tutta la sua produzione, Euripide segue il suo “filo rosso”: una riflessione sulla ragione dell’uomo, alla quale si dovrebbe collegare l’ars politica. Forte è il contrasto in Baccanti fra la vita secondo natura (che non è detto che sia sempre un cosa buona, anzi!) e la polis, la vita “politica”, regolata dalle leggi dell’uomo.

ll filosofo austriaco del diritto Hans Kelsen bene ha rappresentato questo contrasto nella contrapposizione del diritto naturale al diritto positivo, ma anche questa è un’altra storia.

Quale scelta operare, come vivere? Euripide non ce lo dice e questa è la maggiore differenza rispetto ad Eschilo. Euripide ci presenta un re che vive secondo la nomos della polis e un dio, Dioniso, che vive secondo la fusis, natura, salvo poi dare la colpa a Zeus dei malanni generati (“Dio lo vuole”, “Got mit uns”). Subito sotto il problema del tipo di vita, c’è il problema della conoscenza: quella di Dioniso, portatore di una sapienza emotiva, diversa, che si manifesta nell’estasi (“l’essere fuori di se’ “) che presuppone l’uscita di scena dell’uomo vecchio; che distrugge il passato per costruire un futuro; e quella di Apollo, dio della sapienza piena, lontana, che per essere conosciuta da parte dei mortali deve essere interpretata.

Baccanti è l’unica tragedia che ha per protagonista un dio.

Epoca storica, fine della grande guerra (del Peloponneso), Euripide mostra orrore per la guerra (che finirà nel 404), un grande desiderio di pace; tende a sentire l’esperienza artistica come soddisfazione di un bisogno di evasione e di fruizione personale, assolutamente agli antipodi del poeta “vate” Eschilo. Euripide invita al “carpe diem” e lo fa dire al coro con molto sarcasmo, tono che non si può cogliere attraverso la semplice lettura che quindi nei passaggi relativi pare esprima ambiguità.

Il “carpe diem” latino tuttavia non significava “godiamo ogni giorno”, quello che “del doman non v’è certezza”, bensì “diamo ad ogni giorno un significato, non sprechiamo nemmeno un giorno, approfittiamo utilmente del tempo che abbiamo”.

Insomma, se dopo avere letto questo post andrete a leggere la tragedia Baccanti, avrete fatto la cosa giusta.

E dopo la riunione, ecco i nostri “baccanali”: un buon caffè al sole della Piazza del Duomo, a Trento!

Evviva i classici e grazie a chi ce li fa rinascere!

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CRISI O RIPRESA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Dicembre, 2019 @ 12:48 pm

Detto altrimenti: due facce della stessa condizione umana   (post 3711)

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Da dove cominciare? Provo dall’esaurimento delle risorse, dal crollo della crescita, dal picco dei rifiuti. Sto leggendo un librone, “Congo” di David Van Reybrouck (giornalista belga di lingua fiamminga), un prezioso saggio storico sulla conquista, sfruttamento e distruzione delle risorse umane e materiali di quel paese. Con le risorse umane, si distruggeva un mondo, “il mondo” delle relazioni umane. Con quelle naturali, “la terra”. Solo che la terra potrà continuare ad esistere anche se noi avremo distrutto tutto il “mondo”, cioè tutti i soggetti umani e animali e le loro relazioni.

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Troppo stretti in cinque …

Dice … sono i danni provocati dalla industrializzazione, ed allora: deindustrializziamo! Al che mi viene in mente quando negli anni ’60, s’andava in auto con la famiglia d’origine: cinque persone di sana e robusta costituzione stipate in una Fiat 1200 (1221 cc, e come ci tenevamo a quei 21 cc in più!), velocità massima 147 kmh, berlina GL, che sarà pur stata Gran Luce, ma in tre sui sedili posteriori non era il massimo e di aria condizionata manco a parlarne. In estate si partiva da Genova verso il Trentino. Autostrada solo la Genova-Pavia. Poi strade statali per Lodi, Crema, Brescia e su per le valli fino al Trentino. Estate, caldo: aprite i finestrini! Tutti aperti, aria. Dopo poco: troppa aria, chiudete! Tutti chiusi, caldo. Oggi posso tradurre quella situazione in dialetto trentino: o mica o massa, o niente o troppo.

… tanto che dopo un po’ la sostituismo con questa 1500

E così invece non dovrebbe avvenire con una deindustrializzazione sfrenata, perché sarebbe pezo ‘l tacon del bus (e ci risiamo con il dialetto!) cioè, sarebbe peggio la toppa del buco che si vuole rammendare. Un esempio. Dice: decarbonizziamo! E tutti a pensare alle centrali che producono energia, senza considerare che quelle centrali sono responsabili solo del 45% dell’inquinamento: il resto è dovuto all’agricoltura e all’allevamento del bestiame. E allora non dobbiamo aprire bocca e dare fiato, ma affidarci a studi completi e professionali. Dice … ci salverà l’innovazione, l’automazione. Ok, purchè aiuti l’uomo e non lo sostituisca; purchè si gestiscano con gradualità i processi di riconversione; purchè la scuola non dia solo capacità ma anche conoscenza.

Per una di queste stradicciole …

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Leggo un brano dei Promessi Sposi: se lo so riassumere, ho capacità. Se ne so trarre considerazioni e raffronti, ho conoscenza. La capacità ci mette in grado di affrontare i lavori di oggi e solo quelli; la conoscenza ci metterà in grado di affrontare ed imparare i nuovi lavori del domani. Ed ecco che anche l’università dovrà cambiare: non più materie scientifiche dure e pure da un lato e umanistiche dall’altro. In azienda occorre anche filosofia e sociologia, per gestire l’evoluzione della mente umana e delle relazioni umane, cioè per gestire “il mondo”.

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Pista da sci sul tetto dell’inceneritore di Amsterdan, in pieno centro città

Ed ecco che dalla crisi può e deve nascere una ripresa, anche di coscienza, che ci faccia comprendere che i sudari non hanno tasche; che se continuiamo a produrre impoverendo la maggior parte degli abitanti del pianeta, se non altro non avremo chi potrà acquistare i nostri prodotti; che le risorse non sono infinite; che i rifiuti non possono e non devono essere infiniti; che l’eccessiva industrializzazione sfrenata e ottusa, può e deve essere combattuta e sconfitta da una nuova industrializzazione, questa volta intelligente, basata su azioni e processi capaci di “fare mondo” cioè di garantire coesistenza, senza che si ponga l’alternativa natura-industria, bensì coniugando la loro relazione, la loro coesistenza.

Si tratta di un passaggio culturale non da poco, diffcile lo so, ma almeno proviamoci: è nel nostro interesse!

P.S.: Ad una banca che distribuisce alti dividendi mentre si appresta a imponenti licenziamenti, mi permetto di suggerire di governare diversamente il proprio processo di riconversione, accompagnandolo con programmazione e progressività in modo da mitigarne i costi sociali.

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