LETTERE AL DIRETTORE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Gennaio, 2020 @ 9:51 am

Detto altrimenti: anzi, a due direttori, di un quotidianio locale e di un blog! (post 3730)

Michele Andreaus, professore universitario, da me intervistato al post
http://www.trentoblog.it/riccardolucatti/?p=46223 . Una persona che stimo molto e che in tal senso credo di poter dire amica, (e poi, il mio secondo nome è Michele!), prendendo lo spunto dal dibattito Facoltà di Medicina sì/no a Trento e se sì come, ha scritto un articolo molto illuminante sull’università italiana ampliando l’indagine sul “sistema cultura” in Italia: nel senso che se non si predispongono i porti per accogliere le migliori giovani menti, queste navigheranno verso porti esteri, lasciando spazio alle carrette del mare alle quali peraltro non potrà essere concesso l’ormeggio nazionale rimasto deserto ed al quale tuttavia aspirano. I porti, cita Andreaus, quale quelli dell’Australia, del Regno Unito, del Canada, della Nuova Zelanda, della Spagna, del Portogallo, della Norvegia, tanto per fare qualche nome: tutti con sistemi universitari meritocratici, carriere aperte, borse di studio e stipendi adeguati, serietà nelle selezioni, garanzia di stabilità, nessun nepotismo o fidelizzazione politica richiesta. E purtroppo qui da noi i migliori se ne vanno, i mediocri ci provano e riescono solo quelli “inseriti” in un sistema tutto nostro, nel quale talvolta i valutatori per l’accesso al dottorato di ricerca sono veri e propri “salgariani”, cioè sono come Emilio Salgari che scriveva dei mari della Malesia senza essere mai uscito dall’Italia (questa è bellissima e purtroppo non è mia, bensì sua!). Quindi il problema è ben più ampio del sì/no/come la Facoltà di Medicina a Trento. Al che ecco la mia lettera ai giornali: al quotidiano locale e al mio stesso blog:

Inizia

Egregio Direttore, mi riferisco all’ottimo intervento del Professor Michele Andreaus su l’Adige  del 31 dicembre “Mancano medici ma anche docenti” che mi permetto di condividere in pieno.  Andreaus, che ogni giorno nuota nel mare delle percezioni sensoriali del suo lavoro, è salito sulla cima della scogliera e del mare dei problemi ha mostrato di avere anche un’ottima una visione d’insieme. Altri sono rimasti immersi fra le loro onde e “del” problema hanno solo percezioni sensoriali. Quello che Andreaus afferma per l’università vale anche per le aziende, per il management, per le associazioni, per la scuola (che insiste a dare ai giovani la capacità di eseguire i lavori dell’oggi e non la conoscenza necessaria per affrontare quelli del domani: questa è mia! N.d.r.). E se avessi dovuto intitolare io il suo articolo avrei scritto: “Mancano medici, ma anche politici”. Già, perchè il suo è un discorso di Alta Politica intesa alla greca ove il termine “politica” era un aggettivo del sostantivo teknè, tecnica, cioè “tecnica di governare la polis” che per loro era la città stato, per noi la provincia e lo Stato. Oggi noi abbiamo sostantivato quell’aggettivo e abbiamo perso per strada il sostantivo, la teknè, la tecnica, l’abilità, la capacità di governare non solo in funzione dell’oggi ma soprattutto in prospettiva: d’altra parte Alcide De Gasperi diceva che “il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni”. L’Istat ci dice che siamo una popolazione “vecchia” e noi cosa facciamo? Ci preoccupiamo dell’entrata degli immigrati e non diamo centralità al dramma della fuga all’estero dei nostri migliori giovani: il nostro paese sta diventando un grande sud, pari a quello che creammo nel meridione con la conquista piemontese del Regno delle due Sicilie: 1) le ricchezze vennero depredate (le banche del nord prelevarono l’oro di quelle del sud contro cartamoneta; le fabbriche di treni vennero trasferite; le acciaierie chiuse, etc.); 2) le persone migliori migrarono; 3) i poveri rimasero; 4) i peggiori governarono.

Finisce

In ogni caso, Buon Anno a tutte e a tutti!

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SOCIOLOGIA: UNA BUONA NOVELLA PER IL 2020

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Gennaio, 2020 @ 12:00 am

Detto altrimenti: una Buona Novella per la gestione della vita per il 2020     (POST 3729)

BUON ANNO!

Nei prossimi giorni oltre a nuovi post vedrete arricchirsi via via questo dal quale può nascere un esperimento: ciascun lettore potrà prendere lo spunto da uno dei temi trattati  e far nascere un approfondimento sulla materia scrivendomi a riccardo.lucatti@hotmail.it facendo riferimento al n. di pagina ivi citato

Buona Novella  per la gestione laica, amministrativa, aziendale, etc. ? Si, anche, ma soprattutto per la gestione della nostra vita!

Novella-Gestione laica? Sì, nel senso di diversa, cioè componente di un pluralismo. Ma laica anche in senso di non-religiosa, anche se i principi che professa sono in linea con il Codice di Hammurabi che fra l’altro prescriveva: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te; fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te” e anche se qualche millennio dopo ci fu un Tale che l’ha copiato, questo Hammurabi …

Novella-Gestione amministrativa? No di certo, bensì General Management!

Novella-Gestione aziendale? Sì. In alcuni post precedenti ho scritto che la migliore gestione aziendale non è quella che pone al primo posto il profitto, ma la motivazione dei lavoratori.

Un giorno dissi ad un mio conoscente ex commesso ed ex magazziniere che il primo fattore della produzione non è né il denaro né il lavoro, bensì la motivazione dei lavoratori. Lui controbattè: “No, quello che conta è l’aumento del fatturato.” Eh, caro mio … qui casca l’asino: infatti un fatturato crescente può anche significare una perdita crescente e poi in ogni caso se proprio ti sta a cuore il suo incremento, sappi che il miglior mezzo per ottenere ciò è motivare chi ci lavora al tuo fatturato! Ma già … a Milano dicono “Ofelè fa ‘l to’ mestè”, cioè pasticciere fa’ il tuo mestiere: ognuno faccia il mestiere suo! E io il commesso magazziniere non lo so proprio fare!

Novella-Gestione della vita? Sì. In altro post scrissi che i buoni principi della buona gestione aziendale possono ben essere trasferiti nella gestione delle associazioni, della politica e in quella di governo. Oggi mi permetto di dire che dobbiamo trasferirli anche nella gestione della nostra vita.

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Dice: ma … caro blogger, di quali principi stai parlando? Rispondo: li sto estraendo dall’ottimo libro di Pier Luigi Celli ”Il potere, la carriera e la vita – Memorie di un mestiere vissuto controvento”, Ed. Chiarelettere ottobre 2019, 194 pagine per  €17,00 molto, molto ben spesi! Un libro che mi ha appassionato perché io – da vecchio manager – mi ci sono ritrovato in pieno! Quindi, raga, vi attende una scopiazzatura che però è anche una confessione-dichiarazione del mio sentire e di quella che è stata la mia vita di manager al lavoro. Il mio è un invito a leggere integralmente quel libro. Intanto iniziate da questi estratti sui quali potreste ad aprire la discussione.

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Pier Luigi Celli, classe 1942: un sociologo laureato a Trento, prestato al management

Pagg. 8, 9 : … occorre avere a mente quattro fondamentali: 1) la precarietà di ogni modello di  carriera manageriale; non prendere mai sul serio i propri successi; non contare sulla tenuta delle relazioni ad esso collegate; 2) per dar vita alle storie che sarà bello ricordare occorre avere rispetto per coloro che le hanno condivise; 3) immaginiamo come vorremmo essere ricordati da chi ha lavorato con noi; 4) per sopravvivere nel ricordo dobbiamo costruirci i nostri eredi.

Pag. 14: … non basta essere nel giusto per pretendere di superare le gerarchie. Se il tuo capo diretto vale poco ciò non ti autorizza scavalcarlo.

Pag. 19: … una malattia del potere è l’auto isolarsi anche distanziando logisticamente la direzione dalle sedi operative.

Pag. 21: … il manager non deve improntare la sua carriera al relazionarsi con gli altri semplicemente in ragione della posizione raggiunta.

Pag. 22: … l’organigramma, la rincorsa ad accreditare processi e procedure sotto forma di regole di condotta stabili ed asettiche aride come una traversata nel deserto … l’organizzazione gerarchica è la tomba dei desideri personali … e inaridisce le storie che sono il contenitore principe dell’identificazione dei dipendenti nell’azienda … inaridendo in ognuno la prospettiva di evocare un futuro e di potersi collocare come attore per quanto piccolo in una trama che dovrebbe diventare anche la sua storia personale.

Pag. 23: … occorre che il manager accentui la valorizzazione delle persone come asse fondante della strategia di governo manageriale … la pretesa di chiarezza procedurale rischia di fare più male alle imprese di quanto non gioverebbe loro la revisione del modello.

Pag. 24: … sulla base della sola efficienza tecnica non si potrà mai dire se gli investimenti in innovazione porteranno i risultati attesi … occorre potere disporre di persone capaci di adattamento e anticipazione, indipendentemente dalla loro collocazione nella scala gerarchica, persone in grado di muoversi, di connettersi, di pensare, di produrre in modo creativo …

Pag.25: … purtroppo spesso sopravvivere è la vera aspirazione di chi raggiunge la vetta … il potere non vuole eredi e quindi si guarda bene dall’allevare sostituti … invece la strategia vincente è quella delle competenze convergenti dove la collaborazione, la cooperazione, la diversità e lo scambio alimentano una visione più adatta ad affrontare cambiamenti e sfide.

Pagg. 25-26: … il potere che avanza è quello delle idee, della leadership come coordinamento e governo delle pluralità, con la capacità di stare in mezzo ai propri collaboratori, ascoltando, confrontandosi, motivando.

Pag. 26: … il capo che trascura chi non ha pedigree non fa gli interessi dell’azienda … è la causa del malfunzionamento degli apparati e soprattutto è la causa della sofferenza delle persone.

Pag. 27: … sta per finire il destino di un potere unificante fondato sulle strategie di pressione dall’alto sul basso, senza necessità di ascolto rispetto a quanti dovevano solo ubbidire. Un potere affidato alla pressione non ha più significato.

Pag. 28: … un capo non è legittimato se gli manca la stima e la fiducia dei dipendenti.

Pag. 31: … conta non solo il curriculum, ma la storia di ogni lavoratore: nella Olivetti di Adriano Olivetti, nei colloqui di selezione ci si informava sugli ultimi libri letti dal candidato, sulle sue radici familiari … per coglierne inclinazioni, preferenze, aspirazioni prima e più che non le competenze professionali.

Pag. 33: … i fatti decisivi per la vita di ognuno avvengono prevalentemente nella biografia e non nel curriculum di ogni persona.

Pag. 35: … i manager mediocri si adeguano subito ai modelli di relazione dominanti e capiscono che comandare “a prescindere” li mette al riparo dall’essere discussi.

Pag. 37: … le vere carriere nascono in contesti in cui gruppi affiatati esprimono, attraverso uno dei propri membri, il meglio che l’insieme è stato in grado di produrre lavorando con intelligenza collettiva in forme collaborative.

Pagg. 37-38: … chi raggiunge posti di potere senza suo merito o sulla base di forzature, avrà un destinio mediocre ma quello dei suoi dipendenti sarà tragico.

Pag. 43: … il “capo intermedio” è il vero custode dell’ortodossia organizzativa, quello che spegne le velleità, custodisce l’ordine “in nome e per conto”. Nelle organizzazioni “per bene”, quelle che “funzionano”, non è previsto che la parola sia un diritto di tutti. sarebbe il caos.

Pag. 45: … per fortuna questi riti e rituali hanno perso gran parte del loro peso … resta la percezione, amara, di essere per lo più ingranaggi acefali di meccanismi costruiti più sui processi e sulle procedure che sulle qualità dei dipendenti.

Pag. 46: … continuare a difendere il distacco mortificante tra chi ha ruoli di comando e chi deve eseguire i comandi, non rappresenta solo un affronto verso i dipendenti, ma configura un vero e proprio danno per l’azienda … la colpa più grande del potere è il coefficiente di ansia e di passività che induce nei governati.

Pagg. 47-55: Capitolo autobiografico, molto utile a comprendere tutto il libro e chi lo ha scritto.

Pag. 56: … purtroppo l’organigramma non considera i processi che guidano il modo di pensare e di sentire delle persone, la loro propensione naturale a tessere relazioni che non siano solo funzionali, la voglia di autonomia e di iniziativa rispetto a obiettivi anche comuni.

Pag. 57: … la variabilità tecnica e dei mercati richiedono competenze molto diverse dalla mera obbedienza alle regole … si tratta di potenzialità presenti dei dipendenti, spendibili senza costi aggiuntivi.

Pag. 58: … così, l’azienda-solo-organigramma, nell’ansia di raggiungere un obiettivo inchiodato a scadenze vincolate, causa un’oggettiva perdita di ricchezza di cui disporrebbe nella persona di ogni dipendente.

Pag. 59: … l’azienda-solo-organigramma farà sì che ognuno finirà per capire sempre meno il perchè di quello che fa o se quello che sta facendo è proprio ciò che serve. E nessuno può sentirsi appagato se non capisce il perchè del proprio agire …. usare gli uomini solo come macinatori di risultati non è una scelta intelligente … le storie di ciascun dipendente sono l’unica salvezza delle imprese che vogliono durare … è necessario creare un’organizzazione che venga vissuta come un mondo ospitale.

Pag.61: … lo spreco delle risorse umane interne non ha mai prodotto cultura di governo e spesso ha portato all’uso e all’abuso di grandi società di consulenza con un forte impegno finanziario e scarsi risultati effettivi.

Pag.62: … l’irrompere della teconologia delle reti sta per dare una salutare spallata al sistema azienda-solo-organigramma, decostruendo le architetture gerarchiche che ingabbiano tante potenzialità oggi sprecate e rendendo superflui molti (falsi, n.d.r.) manager posizionati sulla difensiva e con l’ossessione del controllo.

Pagg. 63-65: … il governare è (purtroppo spesso, n.d.r.) diventato un esercizio titanico di (eccessiva, n.d.r.) semplificazione: il trionfo del pensiero tecnico, impersonale, standardizzato; la ricerca della condivisone su formulari precompilati conduce alla ricerca del consenso più che al confronto. Chi cerca di andare (giustamente, n.d.r.) controcorrente, diventa un testimone ingombrante inutile per questo tipo di (pessima, n.d.r.) organizzazione.

Pag. 66: … la gestione di cui sopra da strumento operativo in grado di risolvere problemi è diventata un’ideologia aziendale.

Pag. 68: … nonostante il percorso minato di cui sopra … l’impresa come organismo vivente dipende più dall’esperienza dei suoi uomini che non dal condizionamento dei suoi processi di funzionamento … anche perchè …

Pag. 70: … il rischio sarebbe di irrigidire le relazioni e i processi proprio quando le condizioni dei business e la turbolenza dei mercati richiederebbero più attenzione alle risorse disponibili ed una diversa distribuzione delle responsabilità interne.

Pag. 71: … occorre invece allargare i rigidi confini degli organigrammi perchè è sui confini che l’esistenza riprende vita, è sui confini che si apprende.

Pag. 72: … le storie più belle nascono dal coraggio di forzare il limite, i confini.

Pag. 73: … le molte storie delle persone sono la vitalità del sistema: il tema di fondo è la capacità dell’organizzazione di farsi carico della pluralità delle sue risorse.

Pag. 74: … segmentare, compartimentare, selezionare le informazioni per livelli di privilegio, intricare i percorsi senza chiarezza, alimentare distanze e contrapposizioni sono attentati alla vitalità dell’impresa.

Pag. 75: … non va bene essere semplicemente parte di un tutto. Occorre la partecipazione attiva ai processi comuni. L’azienda deve potere disporre di processi abituali di dislocazione dei saperi e delle capacità dialoganti.

Pagg. 76-77: … il buon capo sa che le risorse umane vanno riconosciute non solo per quello che danno, ma anche per ciò che non si chiede loro di dare ma che sarebbero capaci di dare. In caso contrario, trionfano le procedure e si perde l’anima: ciò avviene quando il capo considera i dipendenti una risorsa fungibile che il mercato oggi offre in abbondanza e a sconto.

Una mia considerazione : nel mestiere e nella cultura del manager oggi più che mai occorre inserire più sociologia e più filosofia, per il bene delle Persone e quindi dell’azienda. Nel frattempo le nostre università continuano a proporre agli studenti “percorsi separati”: le scienze dure e pure da una parte, le arti e le lettere dall’altra: io invece propongo che – ad esempio – nei corsi di ingegneria o di economia siano inseriti esami di filosofia e di sociologia.

Pag. 79: … la testa non ha più la flessibilità di un tempo mentre spesso ciò che cambia non è solo il contesto organozzativo, bensì il tipo di business che si deve affrontare …

Pag.81: … nella comunicazione girano le informazioni e trova espressione la gerarchia dei ruoli: c’è chi è abilitato a “emettere” e chi a “ricevere”. La conversazione invece riduce le distanze, accetta il confronto, scambia informazioni e emozioni …

Pag. 89: … farsi seguire, da parte del nuovo capo, da un codazzo di collaboratori più o meno collaudati, è solo un modo, persino poco elegante, per tentare di ovviare alle proprie insicurezze … ciò è testimoniato dalla tendenza ad assumere personale che non ha niente di manageriale ma che proviene da carriere militari di ogni grado.

Paggg. 90-91: … il nuovo capo non deve commettere l’errore di condannare all’oblio il lavoro di chi lo ha preceduto: sarebbeuna forma di damnatio memoriae, un oblio verticale volto a ripulire ogni riferimento al prima: uomini, progetti,decisioni, stili di governo, assetti organizzativi … e invece i nuovi mondi non nascono dal nulla … soprattutto se questo “nuovo” è solo uno scimmiottamento in difetto di cultura da parte di chi ostenta muscoli che non ha e racconta il passato (storytelling) in assenza di contraddittorio.

Pag. 92: … la disaffezione dei vertici per quello che passa per la testa e nelle sensazioni dei dipendenti … aumenta la voglia di controllo che viene venduto come tutela aziendale ma che in realtà è solo “controllo dei dipendenti”, non dell’azienda.

Pag. 94: … il funzionamento di un modello dovrebbe dipendere più dagli uomini che lo vivono che dalle regole che lo inquadrano.

Pagg. 96-97: … il capo “analfabeta emozionale” fa sì che il lavoratore non trovi condizioni gratificanti e non si senta parte di un insieme più ampio … e il lavoratore perde motivazione, lavora peggio, si carica di stress, irrigidisce le risposte e finisce anche con l’ammalarsi.

Pag. 99: … occorre “rifare società” all’interno dei sistemi, con l’allargamento della partecipazione … in tal modo creatività e responsabilità assumono un peso prima impensabile …

Pag. 100: … il comandare in solitario danneggia l’impresa.

Il libro che state “leggendo” con me è di 196 pagine, quindi abbiamo doppiato la boa della metà percorso. Mi permetto di evidenziare questo primo traguardo con una riflessione personale: occorre passare dal primato delle cose (ad esempio, delle cose vendute cioè del fatturato) al primato delle relazioni e dei processi, soprattutto di quelli umani.

Pagg. 102-103: … l’apertura a rete di molte strutture determinata dalla necessità di fronteggiare interlocutori diversi … cambia l’antropologia dell’uomo sui confini … rovescia il modello … la gerarchia assorbe i saperi maturati localmente … torna in primo piano il valore strategico delle persone.

Pag. 104 – 107: … la rete non ha rispetto per la verticalità tradizionale … ad andare in crisi è la sacralità dei territori separati … la rete diffonde l’abilitazione di ognuno ad esprimersi, ad entrare in relazione con altri, spinge alla condivisione, costruisce canali relazionali che non obbediscono alle procedure e ai percorsi dei processi … consente di discutere anche le regole … conduce ad una composizione-scomposiziione di gruppi … rende coscienti le persone del prorio valore.

Pag. 108: …gli ordini di servizio emanatio per consevare lo status quo sono solo masse di parole tese a compensare il vuoto di comprensione di qquello che accade nella realtà: il passaggio da “decideer” a “governare coordinando”.

Pag. 109: … i dipendenti “sopravvissuti” all’antico regime verticalistico sviluppano ora competenze e saperi superiori al proprio ruolo e posizione, per compensare i danni fatti nel passatoe superare il prosciugamento di ridondanze occupazionali dovute alle nuove tecnologie.

Pag. 111: … il nuovo potere in azienda deve essere meno paradigmatiuco è più liberale.

Pag.112-113: … tuttavia le nuove tecnologie accelerano troppo il nostro agire e conducono a “dimostrare più che a capire”: occorre invece “rallentare per capire” … e non farsi espropriare la possibilità di conferire un significato personale a ciò che si sta facendo.

Pag. 115: … per evitare l’anarchia servono regole, ma che siano ragionevoli e basate sul rispetto reciproco fra il capo e i dipendenti.

Pag. 117: … il clima aziendale migliora molto per la presenza di personale femminile, maggiormente orientato alle relazioni.

Pag. 119: … le parole “vere”, quelle che dicono senza bisogno di orpelli, sono quelle che un capo puà spendere perchè la sua storia personale le legittima … sprecare le parole è un modo di danneggiare l’impresa.

Pag. 132-136: … in azienda occorre la generosità … occorre considerare l’altro di sè come importante per sè … occorre mettere in atto una disponibilità che nessuna procedura prevede … i comportamenti di apertura trasformano il lavoro in un progetto condiviso … pensare e fare bene, generando fiducia, è un investimento anche personale sul futuro … la tutela degli interessi generali passa attraverso la valorizzazione dei singoli … ogni spirito “generoso” rasserena i climi, crea consenso su obiettivi che divengono credibili come “riferimenti comuni” … una persona “generosa” ha una concezione lunga del tempo … sottrarre tempo ai riti del ruolo per ampliare la disponibilkità verso i dipendenti fa la vera differenza … la decadenza nella formazione dei ricambi dei vertici aziendali è dovuta all’egoismo del “vecchio” vertice … “generoso” è chi ha maturato gratitudine per le persone inccontrate nel suo percordo, per quello che ha ricevuto, per cui si sente in grado di sdebitarsi …

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31 DICEMBRE, UN ANNO E’ TRASCORSO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Dicembre, 2019 @ 8:18 am

Detto altrimenti: grazie, mie lettrici e miei lettori!    (post 3728)

Preferisco dirvi grazie ora, la mattina del 31, perché poi saremo tutti occupati ai preparativi della serata e domattina … domattina vorrò scrivere un post mirato al futuro e non al passato. Quindi … grazie! Dice … ma quanti siamo stati in un anno? Ci dai qualche numero, caro blogger? Rispondo: certo, eccomi a voi con i dati 2019:

N. lettrici/lettori                                             14.000
Post pubblicati (nn. 3729-3459)               270
Pagine pubblicate (media 1,3/post)         351
Pagine lette                                                  23.200
Durata media di ogni accesso (secondi) 30
Ore complessive di lettura                         193
Lettori                                                            55%
Lettrici                                                             45%
Vs/ età media, in scala decrescente       30-20-40-50-60
Accessi x ricerca organica                        87%
Accessi diretti                                              10%
Accessi altri e social                                   3%

Che altro dire? Che siete giovani; che preferite viaggi e sport; che mi avete letto dalla maggior parte dei paesi del mondo con esclusione di molti paesi dell’Africa, della Cina e dei paesi mediorientali in guerra.

Ogni mattina presto, alla stessa ora, immancabilmente, vedo in tempo reale che a leggermi è un lettore di Milano: che sia una qual certa piattaforma preoccupata per ciò che un pericoloso intellettuale qual sono io (intellettuale oggi = uno che sa leggere e scrivere!) va spiegando circa i pericoli che la nostra democrazia sta correndo? (v. post 3726, “Dalla democrazia all’oligarchia). E se non è la piattaforma, chi altro è? Grazie se me lo scrivi (riccardo.lucatti@hotmail.it), sconosciuto lettore milanese!

I commenti non sono molti a causa della complicata procedura Disqus di invio: ho chiesto all’editore di ripristinare la semplice, vecchia procedura. E poi noterete che io non sono collegato a nessun social networ e questo per mia scelta: immagino quanto crescerebbe la frequentazione del blog se mi collegassi, ma non lo faccio per la paura (sic!) che ho del tanto, troppo tempo che mi richiederebbe leggere e rispondere a tutti. Infatti io, vero VIP-Vecchietto In Pensione, sono molto impegnato anche in altre iniziative, associazioni, circoli vari, i miei libri, etc. e poi ho tre splendide nipotine, una moglie adorata, i miei sci e le mie biciclette. Ah … dimenticavo Whisper, la mia barca a vela, che a dire il vero sto un po’ trascurando data l’età (mia, più che la sua che è solo una trentenne!).

Ecco, la chiudo qui rinnovando il mio grazie, con il migliore augurio di una splendida serata e di un buon 2020! Stavo per scrivere “felice” ma sarebbe stato pretendere troppo. Non ho scritto “migliore” perché sarebbe stato riduttivo: infatti ci vorrebbe poco ad essere migliore di un anno pieno di tante guerre! Quindi vada per “buono”.

Vi lascio ad una riflessione su una mia poesiola:
“La casa di vetro”
 con l’invito a tutti noi di essere come quel bimbo

Attraverso lo spazio / svuotato dall’indifferenza / lo sguardo si posa / sull’inverno gelato / mentre all’interno /scoppietta la fiamma / che inonda la casa di vetro / di un rosa tepore / veneziano. / Qualcuno / da fuori / implora calore / e tende la mano / ad occhi infantili / spalancati al di là / dell’invisibile muro. / E il piccolo viso rotondo / dischiude la porta / di casa e del cuore / e scalda / col puro suo gesto d’amore / i colori gelati del mondo.

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LA MIA BARCA A VELA IN POESIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Dicembre, 2019 @ 12:19 pm

Detto altrimenti: due poesie, una mia (“Whisper”), il canto di un amante all’innamorata; una sua (“Funfralenuvole”), il canto della mia barca a vela “Whisper” alle nuvole dell’Altogarda Trentino (post 3727)

WHISPER

S’illumina al sole / ti aspetta / la prendi / la porti nel vento / respira il tuo stesso respiro / sussulti / lei freme / sospira.

In “trasferta” a Torbole, in attesa del raggio di sole …

Il mio Fun è un natante francese da regata. Stazza 2,8 tons; dislocamento (peso) 1000 kg; lft m. 7,50; deriva a baionetta 33% m. 1,60; fiocco autovirante 8 mq; genoa 16 mq; randa 16 mq; spinnaker 40 mq; carena planante; numero velico ITA 526 – ormeggiato nel porto della Fraglia Vela Riva. Il suo nome è Whisper, bisbiglio, sussurro, perché tale è la melodia che genera quando scivola sull’acqua. Io genovese, esperienza di vela non tanta, quella su un gozzo da pesca ma si sa che di bolinare non se ne parlava nemmeno. Eppure fin da ragazzo le barche a vela io me le costruivo in casa, con i legni delle cassette della frutta: salgariani prahos malesi, trimarani … fino a quando mi spostai nei locali dell’oratorio ed allora dalle mie mani ragazzine venne fuori una Star, lft m. 0,7 (lunga 70 centimetri): ordinate, centine e coperta  in compensato; carena in listelli di tiglio; prua sagomata in un blocco di balsa; impermeabilizzazione con stucco francese con colla; deriva di compensato con colata di piombo, fiocco autovirante. Oltre trent’anni fa, improvvisa una malattia, una droga: la “velite” o “funnite” se si preferisce. Andò così. Giunto a Trento scelsi di eleggere come dimora estiva Riva del Garda. Acquistai pacchi di riviste del settore e dopo lunga riflessione andai al Salone Nautico di Genova per comperarmi un Fist Class 8, che invece non era esposto ma c’era lui o lei, il “mio” FUN: un colpo di fulmine e fu mio/a.

Portato a Riva, qualche breve uscita con amici già esperti e via, anche da solo in ogni stagione, neve compresa! Sono passati molti anni ed io sono cresciuto (il 3 febbraio prossimo compirò 76 anni) e piano piano ho rallentato: e ti pareva, a questa tenera età, con la tua bronchitina cronica, uscire al vento freddo dell’inverno, macchè scherziamo? Ed allora ecco che Whisper si è accorto di questo mio parziale distacco ed ha dedicato una poesia alle sue, alle nostre nuvole del Garda.

FUNFRALENUVOLE

Nuvole amiche del ciel vagabonde / che non restate mai ferme un momento / onde d’un lago ch’è privo di sponde / madrine dell’Ora e figlie del Vento;

nuvole dolci se il sole v’irrora / voi sempre riuscite ad essere nuove / calde la tramonto più fredde all’aurora / liete col bello e un po’ tristi se piove;

nuvole diafane ai raggi solari / che v’arricchite di porpora e d’oro / e nel chiaror di regate lunari / fate del cielo un cangiante traforo;

nuvole buone che ‘l Garda ombreggiate / e che lenite l’arsura de’ campi / del Nastro Azzurro oppur corrucciate / dell’Intervela fra fulmini e lampi;

In regata

nuvole alte dai bianchi contorni / diademi regali a cime rivane / nuvole sparse in cui volano storni / nido incantato di cigni e poiane;

di tutte voi dal meriggio allorquando / io nacqui sul lago mi innamorai / da molti anni ormai sto veleggiando / senza potere raggiungervi mai!

E la mia randa io sempre l’ho indosso / la tuga consumo al sole ed al gelo, / ma in Fraglia Vela star fermo non posso: / non voglio aver altro ormeggio che il cielo!

Rotte fra i monti io vo’ percorrendo / e in questo un poco ci assomigliamo: / nulla vi chiedo io nulla pretendo / se non poter dire quanto vi amo.

Di bolina

Eterna meta di tutta la vita / è il vostro porto che mai ho raggiunto, questa dura bolina infinita / che mi sospinge pur sempre a quel punto.

Quando dall’alto del monte Brione / la vela mia bordeggiar non vedrete / ed intonar questa alata canzone / voce planante di Fun non udrete,

amiche nuvole non lacrimate / poiché veliero del ciel diverrò / fra Dolomiti di neve imbiancate / prora di nuvole e cielo sarò.

Whisper

Whisper mi scuserà se di mia iniziativa aggiungo qualche nota per i non velisti

Ora: brezza termica da Sud – Vento: tramontana – I campi sono quelli di regata – Nastro Azzurro ed Intervela: due regate – Randa: vela principale, main sail – Tuga: coperta della barca – Bolina: andatura per risalire il vento – Bordeggio: andatura a zig zag per risalire il vento – Planare: scivolare sull’acqua come un surf, come un sasso piatto che rimbalza – Prora: rotta, direzione della barca (spesso erroneamente intesa come pruna, parte anteriore della barca)

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DALLA DEMOCRAZIA ALL’OLIGARCHIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Dicembre, 2019 @ 8:40 am

Detto altrimenti: il rischio della democrazia dei likers     (post 3726)

Per gli aspetti economici e finanziari il governo del Paese è molto simile al governo di una grande impresa (ad esempio, industriale) la quale opera secondo un piano pluriennale (almeno triennale) scorrevole (cioè aggiornato di anno in anno) e singoli budget annuali. Orbene, l’instabilità politica impedisce a qualsiasi governo di redigere una simile pianificazione, per cui ogni governo è costretto ad operare soprattutto con interventi di breve “visuale”. Ora, nel mercato di una grande impresa può accadere che si verifichino stravolgimenti tali da indurre a reimpostare totalmente la pianificazione. In tal caso di adotta la tecnica dello Zero Base Budget: cioè si riparte da zero, e si riprogramma “come se” non ci fosse la pianificazione precedente.

Quanti F24 servono per acquistare un F35?

Orbene, ove simili stravolgimenti si verificassero anche nei riguardi della gestione del Paese, il governo di turno non potrebbe fare altrettanto anche per un secondo motivo: per l’esistenza delle varie poste finanziarie bloccate, impegnate per tot anni “a prescindere”, come – ad esempio – le spese militari. Infatti riprogrammare queste aree di attività è estremamente difficile, sia politicamente che tecnicamente, stante la resistenza dell’apparato a difendere certezze acquisite anche se nel frattempo sia cambiato l’ordine delle priorità da soddisfare. Quindi chi governa si deve accontentare di disporre della (esigua) finanza residua. Questa finanza viene quindi tendenzialmente utilizzata per una serie di interventi quasi da campagna elettorale permanente, per tappare qualche buco, e anche per fare qualcosa di veramente buono, sia pure nelle limitate dimensioni disponibili.

Per superare questa impasse, occorrrebbe una proposta di governo scioccante, di alto livello qualitativo e quantitativamente significativo, cioè incisivo.

Una simile situazione “minimalista” è terreno fertile per il dilagare della retorica, della demagogia e del populismo: in altre parole, vi sono forze politiche che utilizzano abilmente e maliziosamente le parole (retorica); promettono o fanno ciò che il popolo chiede anche se ciò che si chiede alla lunga non sarà un bene per il richiedente (demagogia); affermano di dare semplice esecuzione alla volontà del popolo stesso (populismo). Un esempio di ciò? La politica anti immigrati anziché anti nostri emigrati, cioè la politica contro un nemico inesistente anziché mirata a frenare la fuga all’estero dei nostri migliori giovani. Fuga questa che tende a trasformare il paese in un grande meridione, quello che si creò dopo la conquista piemontese del Regno delle Due Sicilie: le ricchezze vennero depredate; i migliori se ne andarono; i poveri rimasero; i peggiori governarono.

Retorica, demagogia e populismo si alimentano ancor di più “grazie” – si fa per dire – ai canali web, creando una nuova forma di (finta) democrazia: la democrazia dei like, cioè una forma di raccolta di consenso solo formale senza una sufficiente riflessione, un continuo confronto, una dialettica reale ma soprattutto personale di base. A riprova di ciò, formulo una domanda ai “likers”: cosa succederebbe alla nostra attuale democrazia se venissero approvati i tre provvedimenti: democrazia diretta; introduzione del vincolo di mandato parlamentare; l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale.

Provo a rispondere io stesso: la nostra attuale democrazia si sarebbe auto trasformata in modo democratico in una oligarchia. Infatti, a redigere il testo delle leggi da sottoporre al referendum propositivo senza quorum o con quorum limitato potrebbero essere solo persone “del mestiere”, quindi poche (i nuovi oligarchi); i like-quorum sarebbero scontati; il passaggio in parlamento sarebbe solo formale; i parlamentari-eletti via-consenso-web sarebbero scontati ed inoltre sarebbero prigionieri del vincolo di mandato. E infine, se proprio qualcuno ravvisasse un illecito penale, basterebbe rimandare sine die la celebrazione del processo: e in tal modo gli oligarchi sarebbero legibus soluti!

Esagero? Forse, ma in Spagna dicono: “Piensa mal y acertaras!”, pensa male e indovinerai.

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RIFORME PENSIONISTICHE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Dicembre, 2019 @ 8:09 am

Detto altrimenti: Francia-Italia        (post 3725)

Qui da noi l’attenzione è soprattutto rivolta sulla “quantità” di anni di età e di contribuzione. In Francia si sta scioperando contro l’abolizione delle 40 categorie “speciali” di sistemi pensionistici: eclatante è la protesta delle ballerine dell’Opera che vogliono continuare a poter andare in pensione a circa 40 anni d’età, considerato che il loro lavoro-formazione inizia in età giovanissima e che – ovviamente – non si può pretendere che una ballerina classica “lavori” fino a 65 anni d’età.  Ma non voglio entrare nel merito delle questioni, bensì nel metodo.

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Quanto alla Francia concordo con le ballerine, in quanto il metodo dell’intervento lineare appare palesemente iniquo nei loro confronti. Qui da noi mi chiedo: ci siamo posti il problema del censimento di tutti i regimi pensionistici “speciali”, quanto alla diversa età del pensionamento e al diverso livello delle pensioni nelle singole “gestioni separate”? L’altro giorno ero in seggiovia con un neopensionato di 60 anni, ex lavoratore in un sindacato. Un mio amico velista proveniente da un corpo militarizzato è in pensione dall’età di 55 anni; dieci anni fa, con il regime pre-Fornero, io andai in pensione a 65 anni d’età ed oltre 35 di contributi. Come Socrate (qui a fianco) io so di non sapere: quindi domando.

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PINOCCHIO OGGI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Dicembre, 2019 @ 6:36 am

Detto altrimenti: un testo di filosofia di vita per adulti     (post 3724)

Ho visto il film di Garrone. Quando quel “benedetto Toscano” di Carlo Lorenzini detto Collodi lo scrisse nel 1883, sicuramente non avrebbe potuto immaginare quanto ancor oggi sarebbe stato attuale il suo insegnamento!

Pinocchio è un’icona universale e quel pezzo di legno è una metafora della condizione umana. Il libro è un capolavoro mondiale che ha ispirato centinaia di edizioni, traduzioni in 260 lingue, trasposizioni teatrali, televisive e animate, come quella di Walt Disney. Tra i giudizi favorevoli, quello di Benedetto Croce: “Il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità … una fra le grandi opere della letteratura italiana”.

Un libro ed un film per adulti, affinchè aiutino i bambini a capirne i significati più profondi. Fra questi, molto attuali, ne cito alcuni:

  • “Sei innocente? In prigione! Hai rubato molto? Sei libero!” (Questo è veramente tragico!). E qui fra i GL-Grandi Ladri a piede libero io mi permetto di collocare in prima posizione i GEF-Grandi Evasori Fiscali. In seconda posizione a pari “merito” gli (ex) amministratori di una (ex) grande banca senese, capaci di mettere in crisi in qualche anno una banca plurisecolare (fondata nel 1472!) e con lei molte istituzioni della sua città i cui bilanci contavano sui suoi contributi (ospedale, università, biblioteca, etc.).
  • “Diffida di chi ti dice che puoi arricchirti senza fatica in pochissimo tempo!”. E qui i “trafficanti di illusioni” colloco i venditori-allo-sportello-delle azioni-della-banca-stia-tranquillo-sono-un investimento-sicuro …
  • Le bugie hanno il naso lungo ma le gambe molto, molto corte: non ti portano lontano.
  • L’istruzione, la cultura ci trasforma da oggetto della politica altrui in soggetti liberamente pensanti, artefici della nostra politica.
  • Il Paese dei Balocchi: tutto a tutti, tanto aumentiamo il debito pubblico. Ed eccoci trasformati in tanti asinelli.
  • Il valore del lavoro e della sua equa retribuzione.
  • La famiglia, il rispetto dovuto ai genitori, l’amore dei genitori per i figli.
  • La scuola: non selettiva, nozionistica e elargitrice di sola capacità, bensì formatrice e dispensatrice di conoscenza (la capacità ci rende abili a svolgere i lavori attuali; la conoscenza ci rende capaci ad apprendere i nuovi lavori del domani, n.d.r.).
  • La malvagità non premia.

Rileggiamolo, questo capolavoro, rileggiamolo oggi che siamo cresciuti e siamo ben più alti dei bambini: ci aiuterà a diventare anche grandi, per non essere come quel  corazziere che aveva detto a Napoleone: “Maestà, io sono più grande di Voi” ed al quale Napoleone rispose: “No, tu sei solo più alto”.

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PROVERBI TRENTINI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Dicembre, 2019 @ 6:04 am

Detto altrimenti: la saggezza del popolo      (post 3723)

Pan e nos …

Pan e nos l’è en magnar da spos, pane e noci è un mangiare da sposi. Il primo significato, quello di base, era che di ‘sti ani (tanti anni fa) già potersi concedere pane e noci era una rarità, nel senso che in questo caso finalmente ci si sfamava e alimentava abbondantemente e con gusto. Il secondo significato era che questo menu rappresentava una delle portate importanti in un (allora povero) pranzo di nozze. Il terzo significato, un po’ malizioso: che lo sposo, così alimentato, sarebbe stato più gagliardo. Nella foto io ho voluto raffrontare l’ieri all’oggi, aggiungendo un piatto di Thun, una sciccheria moderna, a sottolineare il contrasto, il cambiamento dei tempi, per invitare me stesso a non perdere di vista ciò che conta maggiormente: l’essenziale che, come ci insegna il Piccolo Principe, è invisibile agli occhi.

Buon Natale e Buone Feste a tutte e a tutti!

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DALL’ASSOCIAZIONISMO ALLA POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Dicembre, 2019 @ 7:02 am

Detto altrimenti: un po’ di sociologia sul nostro tempo         (post 3722)

Dice … ma tu blogger, sei laureato in sociologia? No raga, in giurisprudenza, ma poi ho fatto un altro mestiere tutta la vita: il manager. Dice … e allora che c’azzecca questo tuo post? C’azzecca, c’azzecca! Perché, vedete raga, quando non lavori più ti si libera molto spazio sull’hard disk del cervello e rifletti sulla tua esperienza di vita ed allora … Dice: allora cosa?  Allora ti fermi a ragionare ad esempio sui comportamenti umani, o almeno su quelli delle persone che ti stanno vicine: quelli di noi Italiani, ad esempio.

11 luglio 1982, Campionati mondiali di calcio, Italia-Germania, 3:1. Io ero in Baviera a studiare tedesco. Non seguivo i campionati. I miei compagni di classe, persone di varie nazionalità, ogni tanto mi si avvicinavano e mi salutavano con un “gratuliere”, “mi congratulo2. Io non capivo. Il fatto era che stavamo vincendo tutte le partite di calcio che ci avrebbero portato alla finale. Dopo la quale, arrivarono i “gratuliere” degli amici tedeschi. In quel periodo cambiò il governo tedesco, io chiesi loro come giudicassero la nuova compagine di governo. Mi risposero: aspettiamo di vedere come opera. Il che mi stupì: infatti noi Italiani giudicavamo sempre tutti a priori! Due fatti diversi, due comportamenti simili: pacatezza ed equilibrio sportivo e nella politica. Diversi dai nostri: acredine e violenza nello sport e nella politica. Ma il fatto che voglio sottolineare fu la mia reazione di stupore: io mi stupii! Questo mio stupore avrà pur voluto significare qualcosa? Infatti ci si stupisce per un fatto inusuale!

Ogni Italiano è tendenzialmente individualista. Geni, poeti, navigatori, inventori molto. “Soci” poco: ognuno per sé, tendenzialmente, s’intende, esasperando il discorso per cercare di capire il senso di ciò che sto scrivendo. Anche nelle associazioni. L’associazione del presidente e non “dei soci”: questa è una malattia abbastanza diffusa. Di un presidente che dopo di me il diluvio perché non mi preoccupo di far maturare dall’interno la successione al mio mandato. Ecco, dall’interno: questo è il punto. Mi piace citare una vignetta che non riesco più a ritrovare in internet: davanti al portone di un grattacielo un cartello: “E’ morto il Presidente – Si assume un fattorino” ad indicare il processo interno di maturazione dei gradi.

Associazioni senza futuro quelle che si trasformano come camaleonti, preda di new entry che non hanno alcun vissuto sociale di quella societas che vogliono conquistare. E così anche in politica, nazionale intendo. I partiti tradizionali di quelli che oltre noi non esiste nulla, noi uguali a noi stessi ed invece fra vaff, pieni poteri e branchi di pesciolini rischiano di essere cancellati dal panorama politico.

Io vedo un phil rouge (ah … ah! Ho trovato scritta così questa espressione in una relazione aziendale, lo giuro!) fra l’individualismo di chi parcheggia un’auto di traverso su due posti; chi non si preoccupa della continuità nella successione in un’associazione; chi “sfa” (contrario di “fa”) politica chiusa in se stessa.

“A me quella poltrona!”

Da manager qual sono stato e sono, per me la managerialità consiste soprattutto che la Spa che gestisco deve sopravvivere alla mia persona: per ottenere ciò occorre una gestione chiara, il rispetto delle regole, la valorizzazione di ogni persona: in breve, un sistema in cui ognuno sia “libero” di partecipare e quindi di crescere. Il percorso è il seguente:  managerialità cioè partecipazione cioè crescita cioè libertà cioè democrazia. Democrazia in ogni comportamento umano, dal parcheggio dell’auto alla politica nazionale. In caso contrario alla fine si è governati da paracadutisti, cioè da persone calate da un altro mondo: nelle associazioni, nelle SpA, nella politica nazionale.

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L’Attesa

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Dicembre, 2019 @ 5:00 pm

Detto altrimenti: una virtù da riscoprire (post 3721)

L’Attesa

Di fretta anzi di corsa, tutto e subito. E invece fermiamoci un poco e attendiamo … e nell’attesa riflettiamo. 24 dicembre, l’Attesa, con la “A” maiuscola. Il S. Natale. Per un semplice blogger qual sono io non è facile, ogni anno, scrivere un quid novi sul Natale, ragion per la quale vi chiedo la cortesia di andare nell’apposito riquadro e cliccare la parola “natale”. Potrete quindi scegliere il tipo di messaggio che più vi sarà gradito.

L’attesa

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Io, per far passare presto il tempo dell’Attesa, questa mattina (24 dicembre n.d.r.) mi sono concesso tre ore di sci in Paganella con un amico di Montegrotto (PD) e – per evitare l’affollamento – mi sono presentato ai tornelli con un congruo anticipo. Infatti le prime sciate sono le migliori: le piste sono ancora intatte, la gente poca. E poi per un giovane tri-nonno come me, tre ore filate (08,30-11,30) vanno più che bene. Anche in questo caso, come vedete dalla foto, c’è stata un’attesa, questa volta con la “a” minuscola (e ci mancherebbe altro!)

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Concludo: Buona Attesa con la “A” maiuscola a tutte e a tutti! E faccio mia la richiesta a Gesù Bambino scritta in una letterina da una bimba di nove anni: “Il tal libro, il tal gioco ma soprattutto la pace nel mondo“.

P.S.: Fra qualche ora aggiungerò la foto con il Bambinello nella culla


L’Attesa è finita!

Buon Natale a tutte e a tutti!

POST-FAZIONE, una prefazione scritta dopo! Due foto:

Natività oggi

Natale: gli angeli volano, anche quelli di ceramica Thun!

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