LA QUARANTENA DELL’ INTELLIGENZA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Marzo, 2020 @ 9:38 amDetto altrimenti: sconsigliata a tutti (post 3794)
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Marzo: per me un mese da evitare! L’anno scorso, il 25 del mese, un volo con gli sci e la frattura della testa dell’omero e del trochite. Quest’anno nessuna caduta con gli sci ma per me over 75 sia pure di un solo anno quarantena fisica preventiva anti coronavirus in casa! Ecchediamine! Ha da passà a nottata! … (per mia fortuna ho un balcone che si affaccia sulla Fersena …).
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Ma anche quarantena dell’intelligenza? No, grazie. Per ulteriore mia fortuna gli scaffali pieni di libri letti e da leggere; il mio computer; il mio blog; i miei amici via e-mail, a cominciare da voi care lettrici e stimati lettori: non è poco. Ogni mattina bonora (sono “bonorivo” cioè mattiniero) accendo il computer e guardo quanti lettori ho avuto il giorno precedente: 40 … 50 … questi i numeri. Pochi? Ma no, dai … visto per il 50% sono lettori “nuovi” e considerato che io non faccio parte di nessun social network (ne resto lontano per il timore che una mia adesione mi conduca a destinare troppo tempo alla lettura ed alla risposta ai contatti che si svilupperebbero. Ho il mio blog e ciò mi basta. Ma questa è un’altra storia).
Soprattutto ho molto tempo per pensare. E penso ad una immagine: se ti poni in cima ad un’alta scogliera, del mare hai la massima visione d’insieme e nessuna percezione sensoriale. Man mano che scendi i due tipi di percezione gradualmente si invertono; quando ti immergi nell’acqua hai il massimo della percezione sensoriale e nessuna visione d’insieme. Questa immagine riguarda lo spazio verticale del tuo punto di vista e quello orizzontale della superficie del mare.
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Ma un ragionamento analogo si può fare anche riguardo al tempo. Infatti noi usualmente viviamo delle percezioni sensoriali del tempo presente, del passato prossimo e del futuro imminente. Facciamo fatica ad inquadrare la nostra vita quanto meno nella Storia (lasciamo perdere la preistoria! Basterebbe la Storia!) e nella prospettiva – almeno – dei nostri figli e nipoti, per limitarci a due generazioni (e sarebbe già tanto così!). In questo senso, Paolo Mieli, “I conti con la Storia – Per capire il nostro tempo”, Rizzoli 2013.
E invece il “mondo” (= insieme di relazioni) e la Terra (= il pianeta) vivono da milioni di anni ma noi, oggi, stiamo mettendo a rischio il futuro di entrambi con azioni di brevissimo periodo. E allora, proviamo a fare uno sforzo di immaginazione, proviamo a salire in cima ad una scogliera “temporale”, ad esaminare il passato molto remoto e a cercare di immaginare e programmare un futuro anche molto più che prossimo. Si tratta di allargare il campo visivo del radar della nostra “intelligenza”, cioè della nostra capacità di “raccogliere dati, di metterli in relazione fra di loro” e di operare di conseguenza alle loro risultanze. In internet gira – fra i tanti – il filmato di una giovane conferenziera (indiana?) che tiene un discorso su questi temi. Io l’ho sbobinato e ve lo trascrivo:
“La natura è una grande sperimentatrice. Come pensate che sperimenti? Fondamentalmente scarta le specie che non supportano l’intero sistema. E sperimenta da milioni di anni. Ha scartato i dinosauri, probabilmente ha scartato anche le tigri dai denti a sciabola, ha scartato il ramapiteco. Ha pure scartato l’uomo di Neanderthal e altre e altre specie che vivevano da 200.000 anni, alcune anche da 10-20 milioni di anni. Questa è solo informazione.
Ma la domanda è: quanto siamo sicuri del successo della nostra specie, del successo di questa specie umana? Siete sicuri che sopravviveremo per sempre? Se dobbiamo sopravvivere per sempre, significa che dobbiamo essere di qualche beneficio per il sistema. Se non fossimo di beneficio all’intero sistema, che cosa farebbe la Natura? Ci scarterebbe. Siamo di beneficio all’intero sistema? Se dovessimo avere un colloquio con il pianeta Terra, cosa pensate che ci risponderebbe? Non sarebbe molto felice di noi. Siamo probabilmente dannosi più del vaiolo che non esiste più. Siamo dannosi, creiamo grandi calamità, siamo crudeli verso questo nostro pianeta. Se osserviamo qualsiasi altra specie notiamo che tutte le altre specie uccidono solo quando vengono minacciate o quando sono molto affamate. Ma noi come specie umana non ci siamo evoluti, uccidiamo non per la nostra sopravvivenza ma per dar prova della nostra superiorità, per provare il nostro dominio sull’intero pianeta e a volte anche solo per piacere.
C’è un gran rumore nel mondo riguardo al Coronavirus. E se fosse il Coronavirus il modo della Natura di eliminare il virus “uomo”? C’è una possibilità molto alta che sia così, giusto? Non siamo di beneficio al sistema. Se non siamo di beneficio al sistema – lo abbiamo visto più volte – la Natura ci scarta. Nella situazione attuale la Cina non è il problema. I Cinesi non sono il problema. Qual è il problema? Il problema è la nostra coscienza. Stiamo vivendo e facendo esperienza della separazione, stiamo vivendo e facendo esperienza pensando di essere separati da tutti. E questa separazione guida la coscienza con le sue ripercussioni. Possiamo vederlo nel mondo con il cancro, i disastri, le calamità naturali o il Coronavirus.
E’ il momento di svegliarsi. Adesso non possiamo continuare a vivere in uno stato di disconnessione dalla nostra coscienza. Più disconnessioni noi creiamo, più caos ci sarà nel mondo intorno a noi. Se state davvero cercando un mondo felice, un mondo colmo di gioia, se vogliamo avere un mondo meraviglioso per i nostri figli e i nostri nipoti, allora la nostra trasformazione deve avvenire qui e adesso. E’ già troppo tardi.”
Che ne pensiamo, tutti noi, di questo avvertimento?
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FUNIVIA TRENTO – BONDONE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Marzo, 2020 @ 6:45 pmDetto altrimenti: il suo necessario general management (post 3793)
Director in inglese significa amministratore, per cui il nostro CDA-Consiglio di Amministrazione in inglese è il Board of Directors. Il manager inglese, letteralmente è il nostro direttore per cui il general manager è il direttore generale e il general management è l’organizzazione generale di una società, di un progetto.
Sulla “Idea del progetto” funivia Trento-Bondone se ne sentono tout-court di tono opposto: Si! No! Fine. E invece … invece da qualche tempo per le posizioni di vertice nelle aziende vengono ricercati laureati in filosofia, sociologia, lettere, giurisprudenza. Costoro stanno soppiantando ingegneri e laureati in economia e commercio. Perchè? Perché oggi servono: la capacità di avere ed organizzare una visione d’insieme; l’intelligenza collettiva; la logica; la capacità di analisi e di sintesi; la capacità di valorizzare l’apporto degli altri, la creatività. Insomma, la despecializzazione, la valorizzazione di tutte le persone e il funzionigramma prevalgono (finalmemente, n.d.r.) sulla specializzazione, sull’uso strumentale delle persone e sull’organigramma. Ma veniamo a noi, alla nostra funivia.
Da ex liceale classico e laureato in legge, manager per una vita e attuale VIP-Vecchietto In Pensione che va a scuola della rilettura dei classici, preferisco inquadrare l’idea progetto Funivia Trento-Bondone secondo uno schema logico, come segue: A) il progetto ha una sua validità logica? B) se non ce l’ha, l’analisi finisce qui. Se ce l’ha, occorre vedere se i conti tornano ove il progetto sia inquadrato in un progetto di maggiore dimensione strategica; C) infine, occorre verificare l’eventuale diritto del progetto ad essere collocato ai primi posti della progettazione finanziaria complessiva della città e della provincia.
A) La validità logica esiste se la funivia serve a portare la montagna in città e non la città in montagna. In altre parole, se è concepita soprattutto per valorizzare Trento e non soprattutto le aree turistiche del monte Bondone. Aree turistiche oggi soprattutto sciistiche, ma se si pensasse che il ruolo della funivia dovesse essere quello di portare più facilmente gli sciatori sulle piste del Bondone, allora io voterei per non realizzare l’impianto. Invece essa deve esser vista come una valorizzazione della città capoluogo ed inoltre come lo strumento per la creazione e l’offerta di un nuovo prodotto turistico: il “Dislivello non solo invernale”, nel senso di inquadrarsi in un progetto più ampio, di cui alla lettera successiva.
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B) Infatti la funivia si deve inquadrare in un progetto strategico ben più ampio, quello che realizzi in Trentino (e perchè no, anche in Regione) un unico sistema funiviario di risalite dotate di un sistema di piste ciclabili estive in discesa che a loro volta si colleghino con le attuali piste ciclabili di fondo valle. In Austria ciò esiste già e si chiama Tirol Mountainbike Safari (v. in internet, una quindicina di funivie per 700 km di discese). Ciò farebbe di Trento la capitale di una nuova Bikeland.
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Sulla dimensione anche economica del cicloturismo in provincia e in regione esistono gli atti di una serie di convegni organizzati dalla Provincia Autonoma di Trento. Dice … le biciclette in montagna? Non fia mai! E invece si, ragazzi! Infatti la materia non è da lasciare senza regole né da vietare, bensì è da regolare professionalmente: si confrontino al riguardo i Quaderni di ciclo escursionismo e di cicloturismo editi dal CAI Centrale e reperibili in internet.
C) La decisione finale, ove i punti precedenti abbiano trovato risposta e soluzione positiva, va presa ovviamente tenendo conto delle altre necessità di investimento, al fine di redigere la migliore graduatoria. Vi è tuttavia da fare una considerazione aggiuntiva: l’investimento relativo può essere fatto in project finance e/o anche con una public company, che non è una società pubblica, bensì una società “del” pubblico, cioè “privata”, cioè “dei cittadini”!
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Spesso in Italia un progetto non è finanziato perché non bene strutturato e spesso non si struttura bene un progetto perché non si è sicuri del suo successivo finanziamento. E allora … buona progettazione del progetto Funivia del Bondone a tutte e a tutti! F.to Riccardo Lucatti, Presidente dell’Associazione Restart Trentino.
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PENSARE SIN D’ORA ALLA RIPRESA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Marzo, 2020 @ 12:18 pmDetto altrimenti: per quando sarà passato il coronavirus … (post 3792)
Oltre ai molti lutti e ai danni economici, l’epidemia avrà prodotto anche qualcos’altro di non-negativo, anzi di buono. Ad esempio, ci avrà fatto vedere come sono belle le nostre città senza le auto; avremo imparato che al pronto soccorso si va solo per esigenze serie; ci avrà fatto riscoprire il valore di quelle tante “piccole cose” per le quali non avevamo più tempo, quali leggere libri, curare i fiori sul balcone, e … fermarci a pensare.
Ad esempio, pensare sul come finanziare la riparazione dei danni e la successiva ripresa. Le nostre Istituzioni (governo, Parlamento, UE) stanno consentendo lo sforamento dello sbilancio deficit-PIL oltre il limite preconcordato, cioè ci stanno consentendo di finanziare quanto ci serve per il dopo coronavirus attraverso l’aumento del nostro debito pubblico. “L’UE lo consente!” Si afferma con soddisfazione, E i mercati? Per ora, anche, solo che aumenta lo spread, cioè aumenta il costo del nostro debito pubblico in termini di interessi da corrispondere al sistema finanziario acquirente dei nostri titoli di debito. Quo usque tandem? Fino a quando, però?
Al che io mi permetto di suggerire una seconda via, o almeno una via parallela: quella di riscrivere l’odine delle priorità di spesa a livello UE, Stati, Regioni, Città. In altre parole: le priorità di ieri sono tali anche oggi o forse quell’elenco ha un ordine diverso?
Un esempio: l’acquisto dei costosissimi cacciabombardieri F35 oggi forse non è più prioritario rispetto alla riparazione dei danni da terremoto e da virus; agli investimenti per la riconversione e ricostruzione del sistema produttivo Paese; al necessario nuovo ulteriore sostegno alle famiglie terremotare da un sisma o da un virus; al finanziamento ad un livello congruo della ricerca; etc.. Dice … “Ma quelli gli F35 sono un impegno che il nostro paese ha assunto con l’UE: tanti F35 ad ognuno”. Rispondo: ok amici, ma allora che tutti i membri nell’UE rispettino tutte le sue regole e tutti gli impegni, ad iniziare dal non erigere muri e barriere di filo spinato contro le popolazioni in fuga dalle guerre. Insomma, UE si/no, ma non UE “alla carta”. Perché in tal caso, prenderemo anche noi quel tanto di UE che ci fa comodo, cioè UE s.q., secondo quantità, come si legge nei menù dei ristoranti. Il dititto romano recitava al riguardo: simul stabunt vel simul cadent: le regole, o valgono tutte oppure nessuna.
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ADDIO MONTI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Marzo, 2020 @ 3:13 pmDetto altrimenti: sciator interruptus … (post 3791)
“Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi ha sciato tra voi e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; nevi, delle quali distingue il fruscio, come il suono delle voci domestiche; piste sparse e biancheggianti sul pendìo, come file di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, costretto dal rischio di un virus, se ne allontana!”
Il rischio del contagio coronavirus ha fatto chiudere anzitempo gli impianti di risalita. Lo so, le cose importanti sono altre, per carità! Poi, in un momento come questo! Ma lasciatemi scrivere anche un po’ di “frivolezze”, dai … tanto per alleggerire un po’ la tensione da virus. Oggi ho acceso il computer ed ho guardato il paesaggio che mostra la “Webcam a 360° …” posta sulla Cima Paganella: laggiù il Brenta; qui vicino i cavi della seggiovia già privi dei seggiolini; la pista olimpionica molto ben innevata e perfettamente battuta; qualche rara traccia di sci dipinta sul manto bianco da … evidentemente dagli addetti ai rifugi ed agli impianti.
A metà salita, un gatto delle nevi, probabilmente addetto al trasporto a valle delle merci deperibili del rifugio La Roda. Per il resto, il deserto. Sì, stringe il cuore essere privati così, improvvisamente, di tutto ciò, e dovere riporre in cantina sci e scarponi che invece aspettavano di potere dare almeno un ultimo saluto alle loro montagne di casa.
Lo stesso sentimento di privazione lo provavo da ragazzo quando, a Genova, alla fine di una stagione balneare che per noi durava fino a metà ottobre, mi sdraiavo nel bagnasciuga e abbracciavo i ciottoli levigati per un arriderci a qualche mese dopo, visto che a maggio noi ragazzi già si scalpitava di tuffarci in mare. Ma allora, almeno, l’ultimo bacio alla morosa – l’acqua del mare – lo potevo dare. Oggi invece la nuova morosa, la neve, mi è stata sottratta senza nemmeno poterle dare l’ultimo saluto. Ne’ posso più risalire a piedi fin sulla Cima Tosa, o scalare la Torre e il “Basso” come facevo oltre mezzo secolo fa: sapete, l’età ed una bronchitina cronica me lo sconsigliano. Ogni cosa a suo tempo.
Ho provato a trasformare in foto un fermo immagine del filmato della webcam ma non si riesce. Quindi la foto che ho messo non è esattamente rappresentativa di questi momenti, ma almeno ricorda la cima Paganella che si protende verso la Valle dei Laghi. Alla prossima stagione sciistica, dunque, neve e montagne di casa!
E allora domani vedrò di dare una controllata ad una delle mie biciclette, diciamo … a quella da strada, storica, in previsione della prima sgambata che mi regalerò quando sarà possibile farla senza rischi di contagio!
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LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Marzo, 2020 @ 2:07 pmDetto altrimenti: … salvo le eccezioni e le interpretazioni di legge e i suoi regolamenti di attuazione (post 3790)
Be’ raga … l’avrete capito: sono laureato in legge, Genova 1968. I più fighi direbbero “in giurisprudenza” ma fa lo stesso, dai! Solo che poi nella vita ho fatto il manager e questa mia laurea talvolta è stata poco valutata dai miei colleghi manager ragionieri-laureati in economia e commercio … che quando si accorgevano che non ero dei “loro” (“Non è laureato in Economia? Ma almeno (sic!) è ragioniere, vero?), volendo farmi un complimento ma di fatto denigrandomi, poi se ne uscivano con un “Però, non si direbbe, non si vede quasi”. La rivincita me la prendevo con altre persone, i miei ex colleghi legulei poi diventati avvocati che quando si trattava di discutere problemi legali delle società che mi erano affidate e che loro pensavano di avere di fronte un non-leguleio, io con molta nonchalance, con aria distratta, buttavo lì una citazione dotta sull’argomento, citando i maggiori giuristi esperti del settore. Al che gli avvocati sussultavano leggermente: “Chi è mai costui?”
Una volta in merito ad una certa questione un avvocato citò le “condizioni di punibilità”. Io intervenni: “Ma, avvocato, forse qui occorre rifarsi alle condizioni di procedibilità, come bene insegna l’Antolisei nei suoi profondi studi al riguardo”. Bingo!
Le leggi. Troppo complesse. Molte leggi. Troppe leggi. Molte in contrasto fra di loro ed allora ci siamo inventati le regole del gioco: prevale la norma più recente; no, la più elevata in grado; no, la più specifica, etc., indipendentemente dalla valutazione comparativa dei rispettivi contenuti. Ma anche quando non si tratta di gestire la concorrenza fra due leggi, spesso si tratta di applicare a casi specifici una legge incompleta, non abbastanza specifica. Ed allora le strade sono due: si lascia il compito all’interpretazione del giudice che però in tal caso diventa anche legislatore; oppure ci si rifà ai princìpi contenuti nella Costituzione (v. post precedente). In tal caso i “princìpi” svolgono un’importante funzione suppletiva, integrativa e correttiva delle regole giuridiche (le leggi).
Vi sono poi le eccezioni di legge alla legge, quelle che sì è vero che la legge è uguale per tutti, però salvo le eccezioni di legge. E qui casca l’asino, perché fatta la legge trovato l’inganno, cioè la lunga lista delle eccezioni, lunga al punto da trasformare di fatto una legge in un provvedimento amministrativo di alcune fattispecie.
Infine vi è la trappola dei Regolamenti di Attuazione. Una mia esperienza personale. Ero Amministratore Delegato di S & P – Sistema e Progetto SpA, Rovereto, una società di engineering che si preparava a partecipare a bandi pubblici di gara, quelli regolati dalla Legge Merloni (all’epoca credo che si fosse arrivati alla terza o quarta riedizione, non ricordo). Un giorno stavo andando a Roma in treno ed allora da Trento occorrevano quasi cinque ore. Prima classe, nessun passeggero vicino a me, un bel tavolinetto a disposizione, nessun telefono che avrebbe potuto squillare. Avevo davanti a me i due testi: la legge e il suo regolamento di attuazione. “Questa volta ne vengo a capo” dissi a me stesso. Lavorai tutto il tempo del viaggio, matita e gomma in mano, annotavo riferimenti e contro riferimenti. Giunto a Termini (stazione FS ) e a termine del mio lavoro, capii tutto: la legge rimandava al regolamento che rimandava alla legge. Elementare Watson!
E ora divertitevi un po’ con il latinorum!
Legem brevem esse oportet quo facilius ab imperitis teneatur. Plurimae leges corruptisssima republica. Summa lex summa iniuria. Quod non vetat lex, hoc vetat fieri pudor. Nulla lex satis commoda omnibus est. Salus civitatis in legibus sita est. Ibi potest valere populus ubi leges valent. Dura lex sed lex.
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REGOLE E PRINCIPI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Marzo, 2020 @ 7:40 amDetto altrimenti: “princìpi”, non prìncipi! Come cambia il significato per un accento! (post 3789)
I princìpi hanno due funzioni: 1) ci inducono a prendere posizione nell’assunzione di comportamenti e valutazioni; 2) ci consentono di integrare le leggi eventualmente incomplete o generiche.
Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, stava assegnando le case popolari secondo suoi criteri di giustizia. I suoi funzionari gli fecero osservare che la legge prevedeva un criterio diverso. Rispose: “Io assegno le case. Voi andate a cambiare la legge”. La Pira era un “uomo di princìpi” ovvero aveva e credeva in alcuni criteri contenutistici, morali e di equità che lo inducevano a prendere prioritariamente posizione di fronte a situazioni ancora indeterminate. I suoi funzionari erano persone “di regole, di legge” ovvero ubbidivano ad una legge (senza valutarne il contenuto).
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Ugualmente è persona di princìpi Greta, quella ragazzina che ha smosso il mondo intero in favore della difesa dell’ambiente.
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E quell’altra, Carola, comandante di una nave, che non ha “ubbidito” agli ordini di un nostro ministro e ha sbarcato i naufraghi.
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Ed era uomo di princìpi il nostro Alcide De Gasperi, che affermava che lo statista doveva agire per le prossime generazioni e non per le prossime elezioni. Per converso, erano “uomini di legge” i nazisti e i fascisti che ubbidivano alle loro (ahimè anche nostre!) leggi di sterminio e raziali.
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“Spiacente, la procedura non lo consente!” Nell’ ‘800 il diritto dello Stato era un diritto per regole, volendo ironizzare, era un diritto per prìncipi, cioè quello elargito dal principe regnante di turno. Oggi per fortuna gli stati costituzionali moderni si sono dotati di un diritto per princìpi. Infatti, se il nostro “diritto” consistesse solo in leggi, si potrebbe affidare la funzione della giustizia ad un computer: inseriamo il fatto, emette la sentenza. I sistemi “per regole” purtroppo oggi permangono (in alcune leggi ed anche) sui piani “inferiori” della vita quotidiana: avete una necessità, vi rivolgete ad uno sportello pubblico o ad un servizio assistenza e spesso vi sentite dire che “la procedura non lo prevede, non lo consente”.
Viene da chiedersi: da dove ci derivano questi “princìpi”. Da un sentire innato, quasi naturale? Certo, ed allora ecco che i “positivisti del diritto” non accettano se non le leggi formalmente emanate e promulgate dagli organi preposti: “Guai – affermano – a cedere spazio a questo preteso diritto naturale! Noi perderemmo potere!” E invece no, guarda un po’, la Costituzione della Repubblica Italiana per nostra fortuna è ricca di princìpi, ed è tale non perché abbia ceduto il passo ad alcunchè, ma perché la nostra politica laica – cioè ricca di tante diversità politiche – nel secondo dopoguerra ha trovato un accordo nell’esprimere princìpi fondamentali all’interno di una legge della concordia, la nostra Costituzione, appunto, ricca di princìpi accettati da ogni diversa componente politica di quella fase legislativa costituente. Nel fare ciò, la Politica dell’epoca ha inoltre inteso esprimere al massimo il proprio “positivismo”: “Questi princìpi sono tali non perché derivano dalla legge naturale, ma perché li ho codificati io stessa”.
La DEMOCRAZIA DIRETTA, ovvero dalla democrazia alla oligarchia. Il problema sorge quando si fanno le leggi successive, che sono espressione della sola maggioranza politica di turno e che tirano per la giacca i princìpi costituzionali, fino a volere modificare la Costituzione stessa con una legge costituzionale. Queste leggi – costituzionali comprese – sono le leggi della discordia. Il danno maggiore che possono fare è aggredire la Costituzione sino a stravolgerla utilizzando il suo punto debole, e cioè il fatto che essa non esclude un percorso costituzionale per … distruggere se stessa! Un esempio? Utilizzando le procedure previste dalla Costituzione si potrebbe arrivare alla cosiddetta “democrazia diretta” e cioè a leggi emanate da pochissime persone (forse) esperte; avallate da una maggioranza di like inconsapevoli; obbligatoriamente e formalmente approvate da parlamentari completamente esautorati e per di più – non facciamoci mancare nulla! – vincolati da un bel vincolo di mandato. A questo punto la democrazia si sarebbe “mocraticamente” (cioè proprio così, “mocraticamente” ovvero a stretto rigore in modo non completamente de-mocratico!) auto trasformata in una oligarchia. Alla faccia dei migliori (ormai ex) princìpi. Ed allora, quando ti vogliono fare il “regalo” della democrazia diretta, una sorta di moderno cavallo di Troia, domandati cui prodest, cui bono, chi ci guadagna, dov’è la fregatura: piensa mal y acertars, pensa male e indovinerai, dicono in Spagna!
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LA PERDITA DI UN BENE, LA VALORIZZAZIONE DI ALTRI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Marzo, 2020 @ 8:09 amDetto altrimenti: senza libertà di muoversi … facciamo un po’ di conti … (post 3788)
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Ante … prima. Infatti … “prima”, oggi 8 marzo, festeggiamo le Donne, nostre Dominae, le nostre Signore! Come? Ad esempio andando a mangiare il tortel di patate all’ Agriturismo “Sandro” a Sporminore, bassa Val di Non, da dove lo sguardo spazia dalle Maddalene, al Luc, al Roen, catene e cime tutte innevate.
Ma lo sguardo – e anche la lingua! – spazie dal tortel di patate, alla carne salada, ai fagioli, etc. etc. il tutto annaffiato con quel loro buon vino nero autoctono, un ottimo “taglio” di Teroldego e Merlot. Ambiente autentico; antiche stalle con pareti di bugnato a vista; tavoli molto ben distanziati fra di loro (!); nessun affollamento (!); servizio celere e “sorridente”; ottimo il cibo e il prezzo. Prenotare per credere, telefonando allo 0461 641093.
Un bene, la libertà. Liberi di muoversi, di socializzare, di consumare cultura, di coltivare amicizie, di fare sport e turismo? Per il momento non più. Volete l’elenco del mio attuale prudenziale isolamento preventivo? Eccolo! Io, classe 1944, Ten. Cpl. della Brigata Alpina Tridentina, ora V.I.P.-Vecchietto In Pensione in Servizio Permanente Effettivo, ho temporaneamente smesso di:
- incontrare le nipotine con figli, nuora e genero, Lavis e Bologna;
- visitare un’amica inferma ricoverata per altri motivi, Trento;
- andare alla Messa di Don Marcello Farina, Trento – Balbido (TN);
- attivare l’Associazione Restart Trentino;
- fare teatro amatoriale in favore di circoli di anziani, Cadine (TN);
- co-organizzare gli eventi dell’Associazione Accademia delle Muse, Trento;
- co-agire nei gruppi di lettura Librincontri e dei Classici, Trento;
- co-organizzare e assistere ai concerti dell’Associazione Amici della Musica, Riva del Garda;
- frequentare la biblioteca comunale, Trento;
- partecipare alle riunioni UNUCI, Trento;
- partecipare alle iniziative della Fraglia Vela Riva, Riva del Garda;
- partecipare alle iniziative FIAB, Trento;
- assistere a concerti, rappresentazioni teatrali e cinematografiche , Trento;
- andare a sciare …? Non so, vedremo.
Ma ecco che – nonostante tutto – mi sono riservato alcune eccezioni che gestisco con estrema prudenza:
- partecipare alle riunioni Italia Viva e + Europa, in previsione delle prossime elezioni comunali e a quelle di un ristretto gruppo di volontariato;
- per la Festa della Donna andare con mia moglie all’Agritur Sandro in uno splendido, isolato, assolato paesino montano (Sporminore) in Val di Non a mangiare un ottimo tortel di patate;
Detto ciò, è giusto che io sottolinei alcuni importantissimi beni dei quali continuo ad usufruire liberamente e che non sono intaccati dal coronavirus:
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- vivere nella mia bella famiglia “ristretta” e cioè con mia moglie Maria Teresa;
- leggere libri;
- pensare, riflettere;
- scrivere post;
- fare giardinaggio sul balcone;
- svuotare – finalmente! – gli armadi e i cassetti da tante cose e vestiti inutili da anni!
- aspettare che scaldi ancora un po’ per riprendere a macinare km in bicicletta e, ad esempio …
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Come vedete sono ancora ricco, molto ricco di libertà!
P.S.: mi sono informato da un amico che ieri e oggi era a sciare in Paganella. Tempo soleggiato nei due giorni. Ieri, sabato, molta folla soprattutto di turisti “da fuori”, molti assembramenti, neve pesante. Oggi, domenica, pochi sciatori, quasi tutti trentini, neve ottima. Regolato l’accesso alle telecabine ed alle seggiovie: 4 sciatori su cabine da 10 posti: 2 su cabine da 6 posti; 2 su seggiovie da 4 posti. Ed io che farò nei prossimi giorni? Non lo so … vedremo. Intanto le previsioni per domani danno cielo coperto con neve debole, temperature (per fortuna!) sotto zero. Temperature basse e poche nuvole, martedì. Nel frattempo, eccovi una carrellata di ” foto Paganella e dintorni” di alcuni mesi di marzo precedenti:
E se arriveremo sani e salvi al 5 gennaio 2021, celebreremo 50 anni di matrimonio!
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TRENTO E LA SUA PROVINCIA AUTONOMA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Marzo, 2020 @ 4:26 pmDetto altrimenti: non è di geografia che intendo parlare (post 3787)
(Fra un paio di mesi avremo le elezioni comunali a Trento: tutti a votare e … in bicicletta, mi raccomando!)
Forse taluno preferirebbe dire “La PAT- Provincia Autonoma di Trento e .. si … vabbè … anche il suo capoluogo”. Comunque la si metta, dalla città di Trento non si può prescindere. Ora, l’Ente Provincia Autonoma all’esterno si rapporta con Bolzano (a livello regionale), con l’Euregio e con lo Stato. Al suo interno con i molti Comuni del territorio. A me che ho vissuto una vita da manager anche in gruppi finanziari e industriali, viene in mente la figura di una Holding che gestisca la finanza verso l’esterno con il sistema bancario e finanziario, e verso l’interno nei confronti di molte società partecipate, una delle quali abbia un capitale sociale di 115 milioni (Trento SpA), un’altra di 35 milioni (Rovereto SpA), poche altre di 15-20, ed infine una moltitudine di piccole società con un capitale sociale – ognuna – pari a milioni zero virgola qualcosa.
Orbene, poiché la Holding gestisce la finanza, può essere portata ad utilizzare questo punto di forza per intervenire sulla gestione delle tante piccole SpA: “Se fai queste scelte ti finanzio, se fai quelle no”. Orbene, forse questo atteggiamento potrebbe essere spiegabile per una necessità di coordinamento gestionale fra le molte piccole SpA, ma per nulla si giustifica ove rappresenti un’ingerenza nella gestione della SpA di maggiore dimensione.
Un esempio: università di medicina a Trento sì/no? E se sì, di che tipo? Dove vivono ed operano studenti e professori di UNITN? Forse in un paesino delle Valli di Fiemme, di Sole, di Non, etc.? No di certo. Costoro vivono ed operano a Trento. E di chi è il piano regolatore cittadino sulla cui base assegnare aree ed edifici necessari ad UNITN? Dove ci si riunisce, dove si discute, dove si fa lezione, dove si sostengono gli esami? Dove si allestiscono studentati? Chi deve decidere tutto ciò? Il tesoriere PAT o il Presidente Amministratore Delegato Città di Trento? In estrema sintesi: l’università deve far capo alla città capoluogo o alla Provincia?
Concludo. Così come la PAT reclama la propria autonomia nei confronti del potere centrale romano, per la stessa ragione deve prendere atto del fatto che la Città di Trento reclama analoga autonomia nei suoi confronti, in base allo stesso principio, quello di “Sussidiarietà” che recita: “Non faccia l’organo superiore ciò che può essere fatto (meglio, n.d.r.) dall’organo inferiore”. So bene che le materie da gestire sono molte e non è detto che la loro organizzazione e gestione possano essere uguali per tutte. Io qui ho solo inteso portare l’attenzione su un esempio e su un metodo.
Grazie per avermi letto
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LO STATO IN ECONOMIA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Marzo, 2020 @ 8:58 amDetto altrimenti: chi dice si, chi dice no … (post 3786)
Premessa – L’argomento è attuale perché da molti si pensa che i primi investimenti da farsi per rimettere in moto la macchina della crescita dovrebbero essere quelli pubblici. Io poi mi sento particolarmente coinvolto avendo lavorato per anni nel Gruppo IRI, sia nelle filiali e nella Direzione Centrale della Banca Commerciale italiana, sia in società industriali operative, sia quale responsabile della Finanza Italia della Stet, Società Finanziaria Telefonica per Azioni – Torino, all’epoca la più grande finanziaria di partecipazioni e operativa del paese, a sua volta facente capo all’IRI. Inoltre mi sono da sempre appassionato al tema delle privatizzazioni (quelle produttive per tutte le parti in causa, non le semplici dismissioni o svendite!) ed agli strumenti delle Società internazionali, miste pubblico-private e del project financing. Fine della premessa.
Una brevissima occhiata alla nostra storia più recente. Nell’ ‘800 il capitalismo liberale aveva subordinato il politico all’economico. Nel ‘900 il marxismo (in un sistema che non aveva conosciuto il capitalismo liberale) ed il fascismo (sorto dopo il capitalismo liberale) hanno cercato di subordinare l’economia alla politica. Le Costituzioni del secondo dopoguerra, antitotalitarie, hanno adottato un capitalismo liberale qualitativo, conciliando lo sviluppo economico con un predefinito ordine sociale “giusto”, perché l’economia “da sola” non si preoccupa – ad esempio – della salute e dell’ambiente (Taranto docet!); della dignità dell’uomo (infimo livello retributivo dei raccoglitori di pomodori e dei riders); della turpe commercializzazione del corpo umano (contrabbando di organi umani!); della pace (fabbricazione e vendita di armi), solo per citare alcuni ambiti. Del resto un intervento pubblico in economia è sempre esistito: opere pubbliche, disciplina delle acque e delle miniere, misure protezionistiche, commesse pubbliche e – purtroppo – guerre coloniali.
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E oggi? Oggi io vedrei bene un nuovo IRI che non fosse più l’Istituto per la Ricostruzione Industriale Italiana bensì ISTITUTO EUROPEO PER LA RICONVERSIONE INDUSTRIALE E DEI SERVIZI con strumenti misti interstatali , pubblico-privato e project financing.
Un ‘utopia la mia? Certo, ovvero un traguardo semplicemente non ancora raggiunto! E poi … guai nella vita a non coltivare utopie!
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LIBERTA’ E GIUSTIZIA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Marzo, 2020 @ 9:03 amDetto altrimenti: alla ricerca del loro necessario cvompromesso (post 3785)
Un mio “amico”, il filosofo del diritto Hans Kelsen (1881 – 1993, ebreo cecoslovacco nazionalizzato austriaco, fuggito in USA per sfuggire alle persecuzioni naziste) insegnava che per verificare una tesi occorreva sperimentalmente portarla alle sue estreme conseguenze. Proviamo. Libertà: faccio ciò che mi dice la mia volontà, perseguo i miei obiettivi anche se questa mia etica farà di me un cinico. Giustizia: applico criteri morali inflessibili, anche se questa mia etica farà di me un integralista. Infatti: il liberismo puro ci ha portato alla globalizzazione sfrenata; l’ugualitarismo puro ai disastri del comunismo. E allora?
Dice … ma io ho diritto …! Diritto? Ok, diritto individuale che l’ordinamento giuridico concilia con quello dei tuoi simili ma anche e soprattutto con i diritti, gli obiettivi e le attività pubbliche in tema di vita sociale, ambiente naturale, pace e prospettive per le prossime generazioni. Quindi il tuo diritto alla libertà non è assoluto bensì relativo. Lo stesso dicasi del diritto alla giustizia, che non riguarda solo la giustizia da rendersi “a te”, bensì soprattutto quella che deve garantire un giusto ordine generale.
Last but not least, non si può parlare di diritti (alla libertà, alla giustizia) se non insieme ai doveri. Infatti il tuo diritto a “emergere” dalla sfera dei bisogni fondamentali, subito dopo si evolve verso la realizzazione dell’ulteriore miglioramento del tuo livello di istruzione e della qualità della vita ben oltre il soddisfacimento dei bisogni primari e ciò è indubbiamente un fattore di crescita per l’intero Sistema Paese. Solo che a questo stadio subentra il tuo dovere di sdebitarti nei confronti di questo Sistema, in favore di chi sta percorrendo i primi km di quella stessa strada e soprattutto in favore delle future generazioni.
Non sono infatti rari i casi di nipoti di operai, contadini, emigrati che oggi ricoprono posizioni al top del sistema sociale. Tre generazioni: la prima indigente; la seconda media; la terza al top. E sta a quest’ultima mettere al centro una “Politica di Centro” per la creazione del necessario equilibrio fra la libertà e la giustizia, da offrire quale base di partenza delle prossime generazioni. Questa dinamica del resto è garantita proprio dalla nostra Costituzione, la quale è madre di una democrazia pluralista, nata sulle ceneri di una società prima egemonizzata da una sola classe (sociale e/o politica): una Costituzione-compromesso, dunque, sintesi di diversità e la diversità – si sa – è ricchezza.
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E qui rimando (per l’ennesima volta nei miei post) al capitolo sui compromessi contentuto nel bel libro di Paolo Mieli “I conti con la storia”: capitolo e libro che non mi stancherò mai di invitare a leggere (nello specifico Mieli valorizza ” i compromessi che hanno fatto la Storia”). Buona lettura, dunque!
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