LIBERTA’ VO CERCANDO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Febbraio, 2020 @ 5:46 am

Detto altrimenti: … ch’è sì cara, come sa chi per lei vita refiuta, ovvero (all’ultima riga del post)  sulla PRESCRIZIONE   (post 3760)

La Divina Commedia (libro fortemente consigliato)

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Dante (Divina Commedia, Purgatorio. I°, vv. 71-72) fa dire a Virgilio queste parole all’indirizzo di Catone, il quale, pagano e suicida, dovrebbe stare all’Inferno e invece … invece il suo suicidio viene premiato in quanto Catone preferì darsi la morte piuttosto che rinunciare alla libertà politica che Cesare gli aveva tolto in quanto reo di essere un pompeiano. Libertà di pensiero e politica, dunque, e libertà dal peccato guadagnata con il temporaneo “soggiorno obbligato” in Purgatorio.

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Sulla libertà circolava una barzelletta: “In Germania alcune cose sono vietate, altre permesse; In Inghilterra è tutto permesso tranne ciò che è vietato; in Russia è tutto vietato, anche ciò che è permesso; in Italia è tutto permesso, anche ciò che è vietato”. Una barzelletta costruita su esagerazioni secondo il metodo del filosofo del diritto Hans Kelsen  la quale tuttavia ci aiuta a capire cosa sia lo Stato Liberale di Diritto (nel quale vive una società di adulti): la libertà (in mancanza di leggi) dei cittadini come regola, l’autorità dello Stato (in presenza di leggi) come eccezione. Il contrario si verifica nello Stato di polizia, che crea una società di minori.

Lo Stato liberale di dirittto si ma. Ma cosa? Ma … su alcuni settori particolarmente rilevanti oggi esso ha subito una sorta di inversione termica, nel senso che è tutto vietato tranne autorizzazione, come accade per l’utilizzo di beni strategici limitati (l’uso del territorrio, ad esempio: non si può costruire come e dove di vuole); le applicazioni scientifiche alla vita umana, per citare un altro settore (genetica, riproduzione, espianti, trapianti, interruzione volontaria della gravidanza, suicidio, eutanasia).

Hans Kelsen  (Praga 1881 – Berkeley 1973) è stato un giurista e filosofo austriaco, tra i più importanti teorici del diritto del Novecento e il maggior esponente del normativismo. Di nazionalità austriaca, nel 1933, per via della ascesa del nazismo in Germania e della sua origine ebraica, Kelsen dovette lasciare la sua carica universitaria, trasferendosi a Ginevra e, nel 1940, negli USA. Mentre era a Vienna Kelsen fu un giovane collega di Sigmund Freud e qui scrisse sul tema della psicologia sociale e della sociologia.

Le troppe leggi e le leggi troppo complicate tendono a limitare la nostra libertà.  Già nell’antica Roma vigevano due principi: “plurimae leges corrruptissima republica”; “lex brevis esse oportet quo facilius ab imperitis teneatur” e cioè che quanto più (dannosamente) numerose, complicate e incomprensibili sono le leggi, tanto più si “corrompe” lo Stato. Inoltre, oggi, un poderoso apparato amministrativo ha assunto di fatto una forma di attività “legislativa” per regolare l’enorme casistica degli eventi, facendo uso di una specifica autonomia “legislativa” strumentale dai confini incerti. Da qui l’esigenza generalmente e genericamente avvertita ed espressa di una sua “sburocratizzazione”.

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Ex libris …

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Ma occorre dire di più: infatti non basta che le leggi siano in numero limitato né che siano immediatamente comprensibili da parte dei non addetti ai lavori: occorre anche che esse abbiano, ognuna, una portata generale: infatti la generalità della legge è l’essenza stessa dello Stato Liberale di Diritto, in quanto premessa della separazione dei poteri. E ciò perchè  il legislatore, dettagliando eccessivamente, si sostituisce arbitrariamente all’amministrazione (governo) e ai giudici. Inoltre l’ astrattezza della legge è nemica delle leggi retroattive (necessariamente “concrete”); è nemica delle leggi “a termine”; è nemica della (troppo frequente) modifica di leggi ad opera di altre leggi.


Ed è per questi motivi che io a suo tempo (Genova, 1968) laureato in giurisprudenza ma che per tutta la vita ho fatto un altro lavoro (manager) ho tuttavia sentito emergere spontaneamente dentro di me un’avversione per il nuovo regime troppo articolato della prescrizione. E se mi sbaglio, mi corigerete.

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LO STATO, SUA EVOLUZIONE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Febbraio, 2020 @ 3:38 pm

Detto altrimenti: ex libris, questa volta da “Il diritto mite” di Gustavo Zagrebelsky (Giulio Einaudi Ed.)     (post 3759)

Da tempo non riesco a leggere romanzi. Gli ultimi sono quelli  dell’intera serie del commissario Wallander del giallista Henning Mankel, serie che me l’ha prestata la mia prof senza puntino Maria Lia Guardini che io l’ho ringraziata e che poi alcuni me li sono comperati io. E infatti leggo saggi di filosofia politica o di politica filosofica, se preferite. Fino a pochi post fa mi sono immerso in Norberto Bobbio “Elogio della mitezza”. Da qui, quasi per caso, in “Il diritto mite” di Gustavo Zagrebeklsky. Si tratta in entrambi i casi di libri che vanno “studiati” più che letti, ed io lo faccio con la matita in mano e segno, evidenzio, sottolineo … per paura di perdere le tante gemme che incontro sul mio cammino.

Zagrebelsky, primi capitoletti: lo Stato. Il suo valore? L’eliminazione dell’arbitrio nell’ambito delle attività ad esso facenti capo e incidenti sulle posizioni dei cittadini”.

Ma lo Stato chi? Lo Stato Persona? Lo Stato Re? Lo Stato della ragione? Lo Stato di polizia?  Lo Stato di diritto? Lo Stato liberale di diritto? Quest’ultimo, direi .. sì. Ma … come si presenta questo Stato? E’ presto detto: “Il senso generale dello Stato liberale di diritto è il condizionamento dell’autorità dello Stato da parte della libertà della società, secondo un equilibrio reciproco stabilito dalla legge”.Ecco, “a me mi” piace soprattutto quest’ultima sua forma, natura, sostanza: caratteristiche tutte secondo le quali la società con le sue esigenze autonome è prevalente sull’ “autorità” dello Stato. Che non è anarchia, in quanto si prevede:

  • la supremazia della legge sull’amministrazione;
  • la subordinazione alla legge dei diritti dei singoli;
  • la non subordinazione dei diritti dei singoli all’amministrazione;
  • la presenza di giudici indipendenti.

Lo Stato liberale di dirittto si ma. Ma cosa? Ma … su alcuni settori particolarmente rilevanti oggi esso ha ceduto il passo ad una sorta di inversione termica, nel senso che è tutto vietato tranne autorizzazione, come accade per l’utilizzo di beni strategici limitati (l’uso del territorrio, ad esempio: non si può costruire come e dove di vuole); le applicazioni scientifiche alla vita umana, per citare un altro settore (genetica, riproduzione, espianti, trapianti, interruzione volontaria della gravidanza, suicidio, eutanasia).

Ma veniamo alle eccezioni alla legge. Previste da chi? Dalla stessa legge o dall’Amministrazione? Se sono previste dalla legge, male, perché una legge troppo articolata si auto declassa a provvedimento amministrativo. Peggio mi dice se le eccezioni sono previste dall’Amministrazione, il che vuol dire che lo Stato non è governato da leggi, ma da provvedimenti amministrativi “ad personam”. “Summa lex summa iniuria” si diceva nel diritto dei nostri antichi padri: per quanto possa essere perfetta una legge, tuttavia essa potrà risultare molto dannosa per alcuni. Ecco, loro, gli antichi Romani, accettavano che si verificasse una summa iniuria in capo a pochi.

E non è una barzelletta, purtroppo …

Oggi noi, moderni Romani, cerchiamo di non recare alcuna ingiuria a quei pochi con leggi-piene-di-eccezioni che però allo stesso tempo mettono in crisi i molti, i quali spesso non riescono a comprenderne la portata generale. Comprendere le leggi? E qui i Romani (antichi) se ne uscivano con una seconda massima “Lex brevis esse oportet quo facilius ab imperitis teneatur”: occorre che le leggi siano brevi (e quindi chiare, n.d.r.) affinchè possano essere più facilmente comprese anche dai non addetti ai lavori. Al che, sfido la gente “comune” – cui chiedo scusa se mi permetto di definisrla con questo termine che nulla vuol avere di negativo, sia chiaro! – la sfido, dicevo, a comprendere la ratio che sta alla base di tante leggi, non ultima quella sulla prescrizione.

Le eccezioni. Il nazismo. Film Schindler List. Il protagonista al capo nazista: “Il vero potere non è condannare a morte, ma graziare il condannato”, cioè “fare eccezione”. In quel caso ben sia venuta l’eccezione! Ma nella vita di tutti i giorni è molto meglio se La legge è uguale per tutti senza le eccezioni di legge dirette o – peggio – demandate ai successivi regolamenti di attuazione o alle decisioni dirigenziali del settore amministrativo.

Mappoi (mappoi) da quache anno sopra la legge abbiamo messo la Costituzione Repubblicana che la nostra è la più bella del mondo. Non dimentichiamolo!

Cambiando discorso ma poi mica tanto: oggi nell’Associazionismo di vario tipo spesso lo Statuto lascia troppa discezionalità al Consiglio Direttivo che frequentemente opera per eccezioni e non è controllato da alcuno se non annualmente dall’assemblea che però il più delle volte è assai poco informata e comunque troppo poco partecipata. La nuova legge sul Terzo Settore ha curato gli aspetti finanziari e fiscali. Nulla ha detto circa la verifica dell’esistenza di una vera democrazia funzionale all’interno dei singoli statuti.

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56 ANNI DOPO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Febbraio, 2020 @ 8:58 am

Detto altrimenti: se in allora me l’avessero detto … (post 3758)

“La matina bonora”  (La mattina presto)

56 anni fa ne avevo 20, abitavo a Genova, la mia città natale, in agosto andavo in vacanza in Val di Non e nel corso di quel mese per circa dieci giorni andavo a scalare le cime delle Dolomiti di Brenta (e poi quelle delle Pale di S. Martino).

Agosto 1968 (avevo 24 anni)

Da 33 anni risiedo a Trento e sono spesso a sciare in Paganella dalle cui piste vedo e rivedo (o intuisco) quelle stesse montagne: la Cima Tosa, la Brenta Alta, la Cima Margherita, il Campanil Basso, il Campanile Alto, gli Sfulmini, la Torre del Brenta, per citarne alcune.

Scendendo a valle

56 anni fa … se in allora me l’avessero detto … ma veniamo allo sci. Io ho cominciato … tardi, all’età di 17 anni. Era il febbraio del 1961, a Frabosa Soprana (CN). Quante “cose” sono cambiate da allora! La neve, nevicava di più. Le piste, erano assai meno battute (ricordo: nel 1971 a Livigno gli addetti battevano le piste “a scaletta” scendendo affiancati da monte verso valle!). Gli impianti di risalita, non ne parliamo! Gli sci poi … dal legno al metallo, da lunghi a corti: pensate, 1969, io sottotenente della Brigata Alpina Tridentina, i miei sci erano Alu Fischer di m. 2,15! Poi è intervenuta la sciancratura, ovvero la ratrematura laterale che modifica il raggio di curvatura. Insomma: lunghi e rigidi, veloci in rettilineo. Corti e sciancrati, meno adatti alle grandi velocità in linea retta, più agili nelle curve.

Salomon Race: belli da impazzire!

Adesso se ne sono inventata un’altra: l’inclinazione verso il basso delle lamine di due gradi rispetto al piano orizzontale del corpo dello sci. Da qui una maaggiore reattività dello sci, un po’ come passare a guidare da un’auto normale ad una di Formula 1. Morale: cambiano – ringiovaniscono – gli sci; cambi – invecchi – anche tu che li utilizzi … e allora stai attento, cribbio! Infatti prima di imparare ad usare questi miei Salomon Race, l’anno scorso mi sono rotto una spalla (testa dell’omero e trochite!).

La caduta sulla curva prima della X

E’ andata così: nella foto, di solito seguo la traiettoria 1) . Quella volta (25 marzo 2019) chissà perchè, la 2) (mannaggia!). In quella curva molto veloce a destra e a monte, mi sono distratto, ho spigolato un minimo verso l’esterno con lo sci a monte che ha “ubbidito” al comando e si è aperto verso monte. Corpo sbilanciato a valle per reazione, blocco dello sci sinistro, volo, caduta, atterraggio sul gomito sinistro con mano sinistra sullo sterno (livido); testa dell’omero e trochite fratturati; spalla lussata ma è rientrata subito. Cinque settimane di fasciatura dessault, due mesi di riabilitazione. Che fare? Quest’anno ho fatto ammorbidire quelle lamine nel senso che ho tolto uno dei due gradi di inclinazione: ora se questi miei sci fossero usati da un campione in una gara a livello mondiale, ad ogni curva perderebbe un decimo di secondo circa, ma per ma vanno benissimo.

Eccola, la mia giacca a vento dello stesso colore dei Salomon Race (qui però sono con gli sci precedenti, Salomon non da gara)

Dice … ma perchè non li cambi? Cosa? Ma non vedete come sono belli? Hanno lo stesso colore della mia giacca a vento! Ah … dimenticavo: la punta. Vedete come la forma della loro punta è stata quasi “appiattita”? Ciò ha determinato che a parità di lunghezza totale dello sci, la parte laminata è più lunga e morde prima la neve. Per capirsi, è stata allungata quella che sulle barche a vela è la lunghezza al galleggiamento, con effetto di migliorare l’efficienza (della barca e dello sci).

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UNIONE EUROPEA, STATI UNITI D’EUROPA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Febbraio, 2020 @ 4:29 pm

Detto altrimenti: unica via da percorrere      (post 3757)

Contrapposizione est-ovest? Ed allora ecco gli Stati nazionali forti, quelli che “decidono”, gli Stati “Persona”, gli Stati “Sovrani”: al loro interno, il potere assoluto; all’esterno, fortezze contrapposte, isolate – ognuna – dalla non ingerenza. Ma poi, passato il pericolo, sono sorti altri poteri che hanno indebolito l’Idea dello Stato Persona: centri di potere economici e finanziari, elite e classi politiche o sociali, contesti religiosi, tutti coartefici della demolizione della Sovranità dello Stato Persona. Da qui un bivio: il ritorno alle condizioni premoderne dell’insicurezza o la nascita di un nuovo diritto, il Diritto Costituzionale.

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La Costituzione, un lodevole compromesso (sul valore dei compromessi ho più volte citato un capitolo del bel Libro di Paolo Mieli, “I conti con la Storia”,cfr. ivi). Compromesso Costituzione, base per la coesistenza pacifica del pluralismo economico, sociale, religioso etc, la cui Sovranità ha soppiantato la Sovranità dello Stato. La Costituzione: un insieme di Regole aperto a tutti coloro che accettano di muoversi all’interno della sua Regola Madre: la Democrazia.  Un ulteriore passaggio: occorre passare da un ambiguo sistema di diritto inter statale ad una Costituzione Europea, ad un Diritto Costituzionale vero e proprio.

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Chi ha letto i miei ultimi post, avrà notato quanto io mi sia soffermato sul concetto di mitezza, con riferimento al Libro di Norberto Bobbio “Elogio della mitezza”. Lo stesso concetto di mitezza trovo espresso (sorprendentemente per me, che questo libro ho scelto di leggere “ a caso”!) nel mio “nuovo” Libro, quello che sto leggendo adesso, “Il diritto mite” di Gustavo Zagrebelsky, per il quale il Diritto degli Stati Costituzionali è un Diritto mite in quanto permette la coesistenza di valori e principi e – pur partendo da una base materiale pluralista – “richiede che ciascuno di tali valori e tali principi sia assunto in una valenza non assoluta … nel mantenimento della pluralità reciproca, del loro confronto leale, verso un’integrazione attraverso l’intreccio di valori e procedure comunicative … superandosi in tal modo l’attuale desolazione di ideali, ideologie e speranze che purtroppo hanno lasciato spazio ad un micidiale composto:  sul piano economico, la competizione illimitata del mercato delle merci, delle idee, della politica, degli uomini; sul piano culturale, la rivalità distruttiva delle piccole identità collettive”.

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Amiche ed amici che mi leggete, quanto sopra non è filosofia astratta, ma filosofia concreta di vita politica  e sociale: pensate un po’ la regressione rappresentata da chi ancora oggi “tira dritto”, da chi invoca i “pieni poteri” e la “maniera forte”, da chi non si accorge che il Mondo – inteso come insieme di relazioni umane – è cambiato e sta ulteriormente cambiando, un Mondo in cui il nostro bel paese ove il sì suona non può restare isolato ma deve diventare parte di un tutto, di una Unione Europea sempre più forte fino ad essere parte di un’utopia: gli Stati Uniti d’Europa. Dice … ecco caro blogger, hai detto bene: una utopia, quindi è inutile illudersi. Rispondo: eh no, raga, scialla, calma: l’Utopia non è un obiettivo irraggiungibile: è solo un obiettivo semplicemente non ancora raggiunto. Buona Europa a tutte e a tutti!

P.S.: avrete notato che scrivo Libro con la L maiuscola. Non a caso. Infatti liber in latino significa Libro e anche Libero!

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MORTI DIVERSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Febbraio, 2020 @ 6:21 am

Detto altrimenti: già … c’è modo e modo    (post 3756)

La nostra coscienza, la nostra reazione di fronte alla morte. Dipende. Se è quella che noi stessi procuriamo (agli altri) con le guerre o tolleriamo (negli altri) per fame, be’ allora non reagiamo più di tanto: quelle le guerre e le carestie si sa ci sono sempre state … negli altri. Ma se rischiamo che un virus, partendo dalla Cina, possa colpire anche noi … be’ raga volete mettere? Allora è tutta un’altra cosa: mille, duemila morti ci mettono molto più in allarme che i milioni di morti per guerre e per fame.  Insomma, noi e gli altri sono due cose ben diverse: e che, ci mancherebbe altro!

La tempesta “Ciara”

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Eppure c’è un virus che potrà comunque colpirci tutti e che non arriva (solo) dalla Cina: la distruzione dell’ambiente sarà micidiale per tutti noi ma ancora non ce ne vogliamo rendere conto, ancora non sono sufficienti i cicloni e le tempeste anomale che ormai ci colpiscono così di frequente, i ghiacciai che spariscono, la siccità che brucia intere regioni. Dice … ci penseremo dopo: ora dobbiamo difendersi dal coronavirus. Evvabbè … ho capito, ho capito …

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FRA OTTIMISMO E PESSIMISMO, OVVERO: CAPIRE PRIMA DI GIUDICARE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Febbraio, 2020 @ 6:49 pm

Detto altrimenti: mi accomiato, grato, dal libro di Norberto Bobbio “Elogio della mitezza e altri scritti morali” con questa sua considerazione.        (post 3755)

Bobbio si richiama ad una lettera ricevuta da un Vescovo, Monsignor Sandro Maggiolini, pubblicata sulla prima pagina di Avvenire il 10 gennaio 1989, lettera con la quale il Presule lo esortava ad essere meno pessimista.  Bobbio nota che il pessimismo e l’ottimismo “sono due visioni globali del mondo e come tali fideistiche” e che, prima di giudicare, occorre capire”. E ciò che egli ha capito è che l’unico rimedio al male radicale esistente al mondo (visione pessimistica ma realistica, n.d.r.), “sia da ricercare nella creazione della vita morale, ancorando la morale ad una visione religiosa, non per dare alle sue regole un valore assoluto, quanto piuttosto perché questo ancoraggio le rende più efficaci, cioè più rispettate” (visione ottimistica, n.d.r.). Per i laici egli individua come principio morale la tolleranza, cioè “il principio che dalla constatazione della molteplicità degli universi morali si trae la conseguenza della necessità di una pacifica convivenza tra essi” (pagg. 165-167 op. cit).

Le strisce! Regaliamole le strisce!

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Oggi, giornata del ricordo delle vittime delle foibe, del dramma degli esuli … oggi “ricordiamo” le cause di tutto ciò, ricordiamo “chi” ha creato le pre-condizioni perchè poi tutto questo accadesse. Oggi più che mai rafforziamo il senso della morale, della pacifica convivenza, rafforzando il soggetto che più di tutti può aiutarci a ristabilire in pieno questi valori di fronte a noi stessi e al mondo: l’Unione Europea.

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LETTERA AL DIRETTORE …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Febbraio, 2020 @ 2:57 pm

Detto altrimenti: … dei miei post, cioè a me stesso! (e al Direttore del Trentino) sulla politica e sulla Politica    (post 3754)

Non è la prima volta che – in quanto Direttore dei miei post – io mi scrivo (e che invio la stessa lettera anche ad un quotidiano locale).

Inizia

Egregio Direttore, da taluno mi si dice “La gente è stanca della politica, basta … cosa sono tutti questi nuovi partiti …”. E’ vero, hanno ragione. Oggigiorno c’è troppa politica e poca Politica, la quale comincia dalla Partecipazione, la quale è Libertà la quale è Democrazia.  Il termine “politica” oggi è un aggettivo sostantivato: infatti deriva dalla espressione dell’antica Grecia, ove il termine “politika” era l’aggettivo di tekne,  tekne politika, tecnica-capacità politica, cioè professionalità nel governo della polis: oggi la politica si è persa per strada il suo sostantivo, è rimasta sola e diventando un aggettivo sostantivato ha perso la capacità.  Una capacità che invece la Politica esige, una capacità professionale unita a doti morali, nel senso che la Politica è “buona” se sa fare (già questo è in problema!) il “bene” della polis.

Ma come si fa ad individuare cosa sia il bene se si prescinde dai valori morali che stanno alla base della nostra civiltà? E se il principale valore della morale politica “religiosa” si rifà ai valori morali innati, la morale laica è comunque quanto meno tolleranza, ovvero l’accettazione dell’altro per quello che è. Il che presuppone che – in quanto “tolleranti” – si acceti l’altro; e in quanto “tollerati” si sia liberi di esprimersi anche con nuovi partiti ispirati all’idea di libertà, crescita equilibrata e rispetto reciproco: cioè che in entrambi i casi si sia in democrazia vera.

Dice …”Ma l’altro è un immigrato, ha la pelle nera … dobbiamo difendere la nostra identità, del resto i nostri vecchi lo dicevano bene “moglie e buoi dei paesi tuoi”!” Ecco, l’identità. E qui la politica si rifà al tempo in cui le distanze erano coperte dai … buoi che trainavano il carro agricolo sia per il lavoro che per portare il sabato sera i contadini a passare un’ora in paese.

Da piccolo io ho vissuto questa esperienza, nei poderi toscani intorno a S. Angelo in Colle (Montalcino, Siena), il paesello-ieri-come-oggi-gioiello dei miei nonni paterni. Ecco, in allora va bene: moglie e buoi … ma oggi la diversità è vicina, convive con noi, non ci deve spaventare, anzi ci arricchisce. Ed allora ben venga una Nuova Politica Partecipata, ed il fatto che si vesta di vestiti nuovi (partiti nuovi) non è un difetto bensì un pregio.

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Stancarsi della politica va bene, purchè si partecipi alla Politica. Chi non partecipa alla Politica contribuisce al naufragio della Democrazia e della Libertà.  Naufragio? Piero Calamandrei (chi era … dai che lo sapete e poi … i più giovani … con internet!), da toscanaccio qual era, ad una classe di studenti raccontava questo aneddoto: il capitano di una nave avverte i passeggeri che la nave sta affondando. Uno di quei passeggeri gli risponde: “Oh che m’importa? Un è mica mia!”

Finisce.

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LETTERA AL DIRETTORE …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Febbraio, 2020 @ 2:02 pm

Detto altrimenti: … dei miei post, cioè a me stesso! (e al Direttore del l’Adige, TN)    sulle stragi del sabato sera    (post 3753)

Non è la prima volta che – in quanto Direttore dei miei post – io mi scrivo (e che invio la stessa lettera anche ad un quotidiano locale).

Inizia

Egregio Direttore, anche questo week end strage di giovani sulle nostre strade: ben sette morti fra i 19 e i 30 anni per scontri nella notte. Quanti nell’anno scorso? Quanti fino ad oggi quest’anno? Quo usque tandem … fino a quando permetteremo queste stragi? Avrà notato che ho scritto permetteremo e non semplicisticamente sopporteremo come invece aveva detto Cicerone a Catilina. Dobbiamo intervenire a monte, sulla cultura e sull’educazione civica (e quindi anche stradale, che ne è una branca). Dobbiamo partire da qui, in parallelo “anche” con eventuali nuove leggi, ma prima di tutto dalla cultura e dall’ osservanza delle leggi esistenti.

In Olanda, nel dopoguerra, il PIL era esploso: tutti ricchi! Ed allora via … ad acquistare ed utilizzare automobili fino a quando aumentò enormemente il numero di bimbi – ciclisti e pedoni – vittime della strada. La popolazione insorse ed ecco che intervenne la rivoluzione della mobilità: meno parcheggi e strade per le auto, più per le biciclette. In Svezia. Se guidi violando i limiti di velocità, la polizia ti multa anche su semplice segnalazione di altri automobilisti.

 Altri luoghi, altri tempi, si dirà. Ma allora, abbiamo forse un alibi per non reagire a questa ecatombe di giovani? No di certo. Da dove cominciare? Mi permetto di suggerire da quello che abbiamo, dalle nostre leggi vigenti e dalla (mancanza di) educazione stradale, applicando con estrema precisione (noti che non dico con “severità”) l’attuale Codice della Strada. Un esempio: se da Trento si va in auto a Cavalese, si attraversa una parte del territorio del Sud Tirolo (Provincia di Bolzano). In quel tratto esiste il limite di velocità a 50 kmh. Se andate a 56 kmh siete multati perché, dedotto l’abbuono di 5 kmh, avete superato il limite infrangendo la legge.  Dice … : “Esagerati!”. Ecco il problema. Siamo “esagerati” perché da noi la legge va rispettata si ma però vabbè … cum grano salis, quel grano di sale che ci porta ad abituarci a non rispettarla. Ecco, Direttore, io credo che se facessimo questo tipo di “ginnastica” ogni giorno, se provassimo a rispettare questi limiti “assurdi”, dopo un po’ il nostro fisico (mentale) avrebbe imparato a comportarsi nel rispetto della legge in ogni occasione, anche quando si esce un po’ bevuti (o peggio!) da un night, e soprattutto quando si deve certificare la manutenzione fatta o non fatta ad un ponte o ad una linea ferroviaria. Quarant’anni fa ero in Inghilterra (Hasting, sulla Manica) per un corso di refresching della lingua. Mi stupii nel vedere che gli abitanti della campagna circostante il paese nel quale ero alloggiato, il sabato sera andavano in paese a bere alcune haves (mezze birre), ma poi, verso l’ora di chiusura, lasciavano le loro auto vicino al pub e rientravano a casa con i vari bus. Per poche birre, mi trovai a dire in allora. Oggi non direi più così.

Finisce.

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LA GIORNATA DELLA MEMORIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Febbraio, 2020 @ 7:50 am

Detto altrimenti: il male perché        (post 3752)

Lo so che sono in ritardo di qualche giorno, che la Giornata della Memoria è stata il 27 gennaio scorso, ma che volete … quando si è nonni impegnati su tre fronti … ops … volevo dire su tre nipotine … La grande, Sara, nove anni, una signorinetta ormai. Ma le due piccoline, la più grande delle quali, Bianca, due anni e tre mesi (la minima è Matilde, sei mesi), l’altro giorno al suo babbo: “Babbo, ma i nonni li abbiamo comperati?” per indicare desiderio di “averli sempre con sè”, di “possederli” questi nonni! Io mi sono commosso ed ho preso quella domanda come un complimento. Ma questa è un’altra storia. Veniamo al titolo del post.

Trattato morale più che politico

Mi sono sempre chiesto perché esista la categoria del male. Mi è stato risposto: “Affinchè l’uomo sia libero di scegliere fra il male e il bene”. Replico: ma Dio è estremamente buono, assolutamente preveggente, assolutamente onnipotente, ed allora? Avrebbe ben potuto prevedere quanto male l’uomo avrebbe fatto e sofferto. Ed allora? Io sono un uomo di Fede, nel senso che credo nell’esistenza di un Dio, del mio Dio (e derivo questa mia Fede dalla constatazione che la mia ragione fa della esistenza dell’Infinito Spazio-Tempo), ma soprattutto accetto che la mia “ragione” abbia dei limiti e cioè che esista a un Quid assolutamente incomprensibile con i mezzi mentali di cui dispongo. Solo così riesco ad avvicinarmi alla spiegazione del perché esista la categoria del male. Il male. Norberto Bobbio nel suo libro da me non-letto-bensì-molto-di-più-cioè-sviscerato “Elogio della mitezza ed altri scritti morali”, libro da me analizzato e citato in molti post precedenti, di fronte ad Auschwitz parla di una sfida all’uomo di fede in quanto “sconfitta di Dio”.

Fatta questa premessa, Bobbio passa ad analizzare il male. Il male attivo, quello che si fa ad altri, e quello passivo, quello che si patisce. Orbene, nella esperienza quotidiana, ci riferiamo più spesso al male passivo: “Ho mal di testa, mi fa male una gamba, un dente, etc.”. In questi casi il male può ben dipendere da una nostra azione: ho bevuto troppo vino; non mi sono curato (lavato) i denti; ho fatto uno sforzo troppo rilevante, etc.. Cioè il male che soffro è dipeso da un mio errore. Altre volte il male che soffro è dipeso da un’azione altrui (Auschwitz). Ma più spesso il male che soffro non dipende da alcuna azione umana: ad esempio il male che soffro a causa di terremoti, alluvioni, maremoti, cicloni, o a causa di malattie terribili, incurabili, degeneranti: vere e proprie condanne ad una morte lentissima, sotto tortura. Vi sono teorie/religioni che teorizzano che il male (ed il bene) che ognuno riceve dipende dal suo agire: se soffre, vorrà dire che sta espiando una colpa; se prospera nella salute, negli affetti e negli affari, vuol dire che ha agite bene e quindi si sta meritando tutto il bene di cui gode. Per altri, il male non esisterebbe se il Primo Uomo non avesse peccato (al che verrebbe da dire cosa ci sta a fare il battesimo che cancella quel peccato, ma anche questa è un’altra storia).

Anche se portiamo il ragionamento sul piano “morale” non riusciamo a darci una risposta del perché il male esista: infatti circa il male che deriva a molte donne e uomini da una guerra, possiamo dire che esistono guerre giuste (ad esempio quelle di difesa da una aggressione imperialistica) e guerre ingiuste. Ma come facciamo a distinguere un tifone, un terremoto giusto da uno ingiusto?

Dopo che le ho “rubato il titolo”, questa foto era dovuta!

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Sono socratico: so di non sapere. Ovviamente – e molto ovviamente! – io non ho alcuna altra soluzione al problema di questo “perché?” se non quella che riservo a me stesso e cioè che concilio la presenza del male con l’esistenza di Dio sulla base di una Fede che va al di là della mia stessa ragione. Assai più difficile è la soluzione per chi non crede in Dio, in un Dio. L’uomo semplice ha un terzo tipo di risposta: “In questo mondo non c’è giustizia”. Ma anche questa è un’altra storia. Termino questi miei umili “TENTATIVI di BOTANICA degli EFFETTI (del male)” con una constatazione positiva: che a dispetto del male, continua ad esistere e spesso a vincere un’altra Forza: il Bene.

P.S.: libri citati da Bobbio nella sua esposizione: il libro di  Ignazio Silone, “Il Dio che ha fallito”; il saggio di Hans Jonas, “Il concetto di Dio dopo Auschwitz”.

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MORALE, ALIAS ETICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Febbraio, 2020 @ 3:14 pm

Detto altrimenti: spesso purtroppo elastica o indefinita …  (post 3751)

(Ex libris: Noberto Bobbio, “Elogio della mitezza e altri scritti morali”, Ed. il Saggiatore 2014, pagg. 135-149 – Prima ed. Pratiche Editrice, 1998)

(Concettualmente questo post è il seguito del post n. 3745 del 2 febbraio scorso, dal titolo “Democrazia, libertà, buon governo”)

Crisi morale oggi

Oggi? Quando mai!? Infatti, di quale crisi morale si parla oggi che abbiamo smesso di sterminare indios, indiani d’America ed ebrei? Oggi che abbiamo eliminato (formalmente) la schiavitù? Che una terza guerra mondiale proprio non la vogliamo proprio? Eppure … Dice: eppure cosa? Cosa? Ecco, ve lo dico: la “turbolenza” odierna non deriva dalla credenza in principi fondamentali, bensì da cause economiche, sociali, politiche, culturali, biologiche.  Insomma (n.d.r.) siamo un po’ tanti Padre Zapata che predichiamo bene ma … il pesce grosso continua a mangiare il pesce piccolo il quale molto raramente è riuscito – solo unendosi a tanti suoi simili – ad uccidere il pesce grosso. Ma a costo di quanto sangue versato!

Tuttavia

Tuttavia abbiamo abolito la schiavitù, (formale: sono ovviamente esclusi i braccianti migranti, neri pagati in nero, n.d.r.) vietato (quasi ovunque) la tortura e la pena di morte. La più grande sfida-rivoluzione dei nostri tempi è tuttavia ancora aperta: la vera e completa emancipazione femminile attraverso il superamento dei pregiudizi che la attanagliano (vedi post n. 3746 del 3 febbraio scorso, dal titolo “Pregiudizi”). Sul piano della politica, resta da ampliare l’area della democrazia, la quale prevede -fra l’altro – che i vinti non siano sterminati. Evvabbè … provvederemo.

Quella la morale

Espressione bellissima del diletto napoletano: quella la morale tutti la vogliono … ma  secondo quale dottrina? Qui casca l’asino! La nostra è una “società religiosa” e in una tale società, morale e religione non possono essere separate. La nostra religione non “è” “morale”, bensì “ha” una morale (essa “è” Creazione e Resurrezione. The rest are details, per dirla con Einstein che aveva scritto I want  to know the God’s thought: the rerst are detalis). Domanda: ma allora gli atei, possono avere una morale? Vediamo un po’ …

La nostra Costituzione

Solo l’art. 19 che viete riti contrari al “buon costume”. Fine.

Dice … certo, esiste una morale laica!

Eccone ben quattro teorie (e la loro auto-confutazione):

  1. La regola morale deriva dal giusnaturalismo, cioè da leggi naturali. Ma per Hobbes homo homini lupus e per Rousseau gli uomini sono pacifici. Come la mettiamo? E poi, chi può valutare (giudizio di valore) che tutto ciò che è “naturale” sia ispo facto anche “buono”?
  2. Morale sarebbe la regola condivisa da tutte le genti. Da tutte? Dove? Quando? Ma nemmeno se “tutte” le genti fossero state collegate via internet da millenni per stipulare accordi in videoconferenza!
  3. Regola kantiana:la mia azione è morale se mi comporto in modo tale da  non poter volere che la mia massima divenga una legge universale”. Traduciamo: se io elevo a regola universale il non mantenere le promesse, significa che io voglio un mondo nel quale non avrebbe più senso fare promesse. Ma in tal modo io esprimo un giudizio di valore negativo al non mantenere le promesse: negativo secondo una scala di valori morale. Ma – e ci risiamo! – di quale morale se non di una teleologica? E poi come la mettiamo con la legge “non usare violenza” che contrasta con la legge “Impedisci anche con la violenza che il violento faccia violenza ad altri”?
  4. Sarebbe morale l’azione che produce piacere ed elimina dolore. Ma … piacere a chi? Al maggior numero di persone? Allora 60 milioni di persone (i Tedeschi)  agito   moralmente bene nello sterminare pochi milioni di Ebrei. E poi: procura piacere secondo merito? Capacità? Bisogno di ognuno?

Dalle non-risposte di cui sopra rinasce l’esigenza di fondare l’etica sulla religione, ma anche qui sorgono problemi: i vari “Dio lo vuole”, “Got mit Uns!” , “Allah hakbar!” possono bastare? Certo che si, ne abbiamo avuto abbastanza! Infatti  non possiamo “utilizzare” Dio, un Dio alla carta. Sta di fatto che non abbiamo altra scelta che “accettare” il riferimento alla morale quale componente di una religione, non tanto perché le sue regole siano “giuste” o debbano avere una “validità assoluta”, quanto piuttosto perché il “timore di Dio, di un Dio” rende quelle regole efficaci, cioè tendenzialmente più rispettate di altre. Tuttavia l’uomo di fede le accetta comunque, ma facciamo attenzione: se la ragione è un lumicino, la fede illumina … ma può anche abbagliare (cfr. guerre di religione, fondamentalismi di ogni sorta).

Mi avete letto sin qui? Siete dei veri Eroi! Dai, che per questo post può bastare, non vi pare?

(continua alla prossima puntata: “Il male”)

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