DESTRA, SINISTRA, CENTRO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Aprile, 2020 @ 6:00 am

Detto altrimenti: ex libris      (post 3862)

(oggi, 21 aprile 2773 ab Urbe condita)

Dal libro di Gustavo Zagrebelsky “Il diritto mite” (Ed. Einaudi, 1992)

Molti sono i concetti elaborati ed esposti neI libri che sto “studiando”. Ve ne riassumo innanzi tutto alcuni, quelli che riguardano un’evoluzione a tre stadi del rapporto legge-diritti.

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  1. L’état, c’est moi, lo stato sono io è l’espressione comunemente attribuita al re di Francia Luigi XIV, instauratore di una monarchia assoluta per diritto divino. Da lui derivava anzi “discendeva” tutto: leggi, doveri, diritti.
  2. Ma anche nelle monarchie costituzionali (Statuto Albertino) le leggi e soprattutto i diritti erano “creati” dallo Stato, appena temperati dall’esistenza dello Statuto.
  3. Con la nostra Costituzione sono stati riconosciuti diritti fondamentali (alla libertà di espressione, alla vita, al lavoro, alla salute, alla famiglia etc.) che non sono creati da leggi ma che sono preesistenti.

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Dal libro “Laicità grazie a Dio” di Stefano Levi Della Torre – G. Einaudi Ed., 2012

Questi diritti possono essere divisi, per certi aspetti, in due categorie: diritti civili (ad esempio, il diritto di voto, alla libertà personale e di espressione, etc.) e diritti sociali (diritto al lavoro, alla salute). Orbene, a fianco dei diritti vi sono i doveri: ad esempio il dovere di lavorare per contribuire alla vita della società, il dovere di assistere anziani e malati e così via, il dovere di votare. Si tratta di diritti e doveri che riconosciamo come innati, parte di una morale sopravvissuta ai tentativi anche recenti di ucciderla (fascismo, nazismo) ed in parte purtroppo anche attuali (non soccorrere in mare gli immigrati!) e che per i credenti si rifanno ai  contenuti morali di una religione che nel nostro caso non “è” morale, ma “ha” una morale: una morale che non è quella di non commettere i peccati contenuti nell’ “elenco dei peccati veniali e mortali” di una improbabile libretta, ma che si rifà alla strada segnata dal Vangelo delle Beatitudini (cfr. ivi). Ma restiamo sul piano non-religioso (non utilizzo il termine laico perché per me, credente, “laicità” non è l’opposto di religiosità, bensì significa pluralismo e tolleranza reciproca, nel che consiste la morale dell’ateo).

POLITICA OGGI. Vi è chi afferma che il binomio destra-sinistra non esiste più; chi ne afferma l’esistenza; chi crede nell’esistenza di una terza forza, il centro. Sta di fatto che da destra si insiste molto sui doveri: ad esempio sul dovere di “difendere i sacri confini della patria” da una sorta di secondo sbarco in Normandia ad opera di una “pericolosa flotta di gommoni semi sgonfi”! Da sinistra si insiste sulla difesa dei diritti civili e sull’antifascismo; un po’ meno – purtroppo – su quella dei diritti sociali (almeno così mi pare che sia accaduto negli ultimi decenni). Dice … e il CENTRO? Be’ se non altro non corre il rischio di essere accusato di estremismo (una sorta di etichettatura reciproca delle due ali) e si può dedicare alla difesa paritetica dei diritti (innanzi tutto recuperando terreno nel campo dei diritti sociali) e dei doveri.

Dal libro “Destra e sinistra – Ragioni e significati di una distinzione politica” di Norberto Bobbio. Ed Saggine/10, 1994.

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Norberto Bobbio fa una puntuale analisi delle tesi dei sostenitori e dei negazionisti della permanenza di questa distinzione dualistica, pur non nascondendo “da che parte sta”

Ed io, pur non nascondendo da che parte sto, mi sono permesso di accostare i libri dei 3 Autori (3+ 1, un semplice, umile blogger!) per invitare chi legge ad una riflessione: l’alternativa è destra-sinistra oppure destra-sinistra-centro? E se mi sbaglio nel porre la questione … mi corigerete!

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INCONTRI: PROF. MICHELE ANDREAUS – 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Aprile, 2020 @ 11:12 am

Detto altrimenti: post (dopo) la Tempesta Covid19       (post 3861)

L’isolamento fisico non ci impedisce di far muovere la nostra mente, la nostra attenzione, il nostro desiderio di cercare di capire ciò che potrà accadere dopo l’attuale tempesta. Quale Presidente dell’ Associazione Restart Trentino (voluta quattro anni fa dalla Dr.ssa Donatella Conzatti, oggi Sen. Conzatti) ho pensato di utilizzare lo strumento di Trentoblog per promuovere un

EVENTO RESTART CON DISTANZIAMENTO SOCIALE

… ovvero un’intervista via e-mail al Prof. Michele Andreaus, Professore di Economia Aziendale presso l’Università di Trento, in merito ai possibili  contraccolpi che l’attuale pandemia avrà sul pensiero, sui  comportamenti sociali ed economici del domani. A tal fine la presente iniziativa in una qualche misura può essere considerata lo sviluppo ideale della precedente intervista che il professore volle gentilmente concedermi tempo fa (http://www.trentoblog.it/riccardolucatti/?p=46223).

1 – Professore, stagnazione, inflazione, deflazione, stagflazione, recessione … Oggi di cosa soffriamo? E domani?

Oggi soffriamo una crisi non nuova in assoluto, ma nuova nel senso che la nostra generazione non l’aveva mai vista. Si tratta di una crisi che colpisce il mondo intero, bloccando la gente in casa e bloccando i consumi. Senza entrare nel merito della crisi sanitaria, dal punto di vista economico la crisi parte sul lato dell’offerta, bloccando le catene di fornitura a livello mondiale e bloccando la produzione. L’emergenza sanitaria in molti paesi costringe la gente a restare in casa e quindi ora vi è un crollo dei consumi. Quando si uscirà dall’emergenza sanitaria, probabilmente la crisi sarà ancora sui consumi: meno viaggi, più timori, meno disponibilità e quindi un mondo che consuma meno e quindi un esubero di capacità produttiva e crisi aziendali. Più che crisi o recessione, io parlerei proprio di depressione, potrebbe essere la peggiore depressione della storia moderna, aggravata dal fatto che viviamo in un mondo globalizzato ed è quindi difficile da isolare e circoscrivere. Un incendio che sta bruciando il mondo intero.

2 – Una prima differenza che mi pare si possa cogliere rispetto alle crisi del passato è che per quelle si sono innanzi tutto studiate e individuate le cause scatenanti. Per quella odierna la causa è nota: occorre concentrarsi sulle conseguenze.

UniTN- Economia

La causa principale è l’impreparazione del mondo. Abbiamo speso migliaia di miliardi in armamenti e non abbiamo investito pochi miliardi per metterci prima in sicurezza. Le avvisaglie ci sono state, dalla Sars del 2001, all’aviaria, tutte risolte per il rotto della cuffia. Tutti i rapporti dell’OMS, l’ultimo di settembre 2009, sono rimasti inascoltati. La politica lavora sul consenso di brevissimo termine e stanziare risorse per un qualcosa che forse non avrà un ritorno elettoralmente, non si fa, dato che il politico non sa se quando scoppierà il problema lui ci sarà ancora. Poi … chiaro: il virus … un’economia globalizzata … un mondo che procede in ordine sparso … ormai siamo alle ordinanze rionali. Tutto il contrario di quello che avrebbe dovuto essere fatto. Le conseguenze potranno essere drammatiche se prevarrà la visione piccola e “di ombelico”, con default di banche e paesi interi e una desertificazione dell’economia che potrebbe durare molto a lungo. Se invece prevarrà una visione alta, che arrivi anche a prendere in considerazione una parziale ristrutturazione dei debiti futuri, si potrebbero anche contenere i danni. E’ evidente che bisognerà trovare un equilibrio tra l’azzeramento dei rischi sanitari e l’azzeramento dell’economia. A volte non si considera che la depressione economica ha effetti mortali che potrebbero essere più consistenti di quelli del virus.

3 – Il problema odierno può essere affrontato da diversi punti di vista: gli interventi da attuare con urgenza; come finanziarli con disponibilità e/o in deficit; gli interventi dell’UE all’interno dell’attuale sistema UE; come ricostruire il sistema. Molto meno si parla di come dovrebbe/potrebbe essere organizzata una nuova UE.

L’Italia è entrata nella crisi in braghe di tela: non ha disponibilità, crescita economica, margini di manovra.  In compenso ha un debito elevatissimo e la decrescita demografica. Il problema non sono i debiti futuri, ma la sostenibilità del debito passato, stante il crollo del PIL. L’Europa si è mossa molto, ed è stato necessario un periodo, breve, di presa di coscienza da parte della politica. Ora abbiamo a disposizione vari strumenti e altri ne verranno. Io sono dell’idea che tutto ciò che può essere attinto dall’Europa, vada preso. E di fatto stiamo anche già parlando di debito europeo, perché sarà questo che di fatto finanzierà il SURE per gli ammortizzatori sociali, o il recovery fund, per la ripartenza. Ma la condivisione di un debito europeo dovrà essere basata sulla condivisione di una fiducia reciproca, altrimenti siamo morti.

4 – Potrei porre la domanda in altro modo: prima del problema della copertura finanziaria, viene l’individuazione del fabbisogno; prima ancora la definizione della strategia; prima ancora il tipo di strumento (il soggetto) che dovrò operare. Non Le pare che si stia procedendo a ritroso?

Sì, perché manca la visione di insieme. Abbiamo una politica, soprattutto in Italia, che è caratterizzata da un’assenza di visione strategica e in parte da pulsioni antisistema. Riprendendo il discorso fatto nella domanda precedente, il debito europeo ci obbligherà di fatto a rivedere il concetto stesso di Europa, superando la finzione che sia l’Euro il collante. No, l’Euro è strumento, il collante siamo noi. E considero l’Euro una finzione perché fu un compromesso, il massimo del minimo per l’Europa del futuro. I padri dell’Euro (per l’Italia Ciampi e Prodi), ritennero che l’Euro fosse l’unico punto di partenza possibile, per arrivare poi a condividere altre funzioni: la politica economica e fiscale, del lavoro, previdenziale. Pensate quanto avremmo gestito meglio questa situazione con una politica sanitaria europea. Ma come pensiamo poter di gestire una pandemia mondiale con le ordinanze regionali o addirittura comunali, siamo semplicemente ridicoli, in un delirio di onnipotenza del sindaco di turno.

5 – Il soggetto: non sarebbe utile che un soggetto internazionale, ad esempio uno Stato, provasse a fare una analisi articolata dell’ ist (l’essere) ed una del soll (il dover essere) della nostra UE? E ciò per superare la fase delle semplici affermazioni di principio. Infatti non vorrei che non si progettasse una nuova UE nel timore che poi non sarebbe realizzata; e che non la realizzi perché appena abbozzata).

Le strisce! Mettiamole le strisce! (N.d.r.)

In parte ho già risposto prima. Se chiediamo, o pretendiamo, di condividere un debito senza pensare di condividere la fiducia, non andiamo da nessuna parte. Forse è la grande occasione, o forse l’ultima occasione che abbiamo per contare ancora qualcosa. Io sono ormai tra i pochi che si considera europeo prima che Italiano, perché è la nostra dimensione, fatta di culture e tradizioni diverse, ma è la nostra dimensione. Al di là del dibattito ignorante che talvolta leggiamo, Italia e Germania hanno molto più in comune di quel che pensiamo; stesso discorso per la Francia. Però dobbiamo fidarci, smetterla di vedere complotti e giocare la nostra partita. Poi è chiaro, se i nostri rappresentanti non vanno alle riunioni, se talvolta mandiamo a giocare in Europa la nostra serie C e perdiamo, non sono gli altri ad essere cattivi, ma siamo noi che ci diamo la zappa sui piedi (si potrebbe usare un’altra espressione, ma teniamo buona questa per decenza).

6 – Dopo il fallimento dei due sistemi economici opposti, comunismo e capitalismo globalizzato, ci sarà spazio per una riconversione verso un terzo sistema non estremizzato e più equilibrato?

Io credo nel capitalismo, ma in questi anni non abbiamo vissuto il capitalismo, ma il “finanziarismo”. La finanza di breve termine anteposta alla produzione di beni e servizi ed alla dignità dell’uomo. Ecco, un capitalismo attento all’umanesimo, se vogliamo che si rifà anche alla dottrina sociale della Chiesa, che mette al centro l’Uomo e non la performance finanziaria. Forse potremmo provarci, altrimenti avremo un mondo ancora più diviso, con una clessidra sempre più sottile al centro, con molte fasce della popolazione ai limiti della sussistenza e pochi super ricchi, e al centro la scomparsa della famosa middle-class, che probabilmente scivolerà verso il basso, non salirà certo in alto.

7 – Sul piano concreto: quali saranno gli effetti della pandemia sulla struttura sociale, sulla organizzazione e produzione aziendale, sul consumo?

E’ presto per dirlo, ci sono troppe variabili in gioco. Per un paio d’anni vivremo in un mondo che consuma meno e nel quale sarà molto più costoso vivere, perché sarà più costoso produrre. Se per il distanziamento un ristorante deve dimezzare i coperti, i suoi costi fissi rimangono gli stessi, anzi, probabilmente aumentano. Stesso discorso per i viaggi di lavoro e per quei pochi di turismo. Quindi si consumerà meno e la depressione morderà e parecchio.

8 – Dopo la seconda guerra mondiale furono creati IRI e IMI. Oggi forse occorrerebbe un IRI-Istituto per la Riconversione Industriale, magari anche -UE?

Certamente bisognerà fare delle scelte strategiche ed alcuni settori potrebbero essere nazionalizzati. Si tratta di fare delle scelte. Io non ho mai creduto nello stato imprenditore, ma talvolta e per periodi limitati è necessario. Bisogna stare attenti però a non considerare l’aiuto alle imprese come strumento di politica sociale. Tenere in vita un’impresa (penso ad esempio ad Alitalia) solo per tutelare i lavoratori, non risolve il problema, lo sposta un po’ in avanti, generalmente ingrandendolo.

9 – Occorre una riconversione che parta dalle persone e non dalle aziende. Infatti se un’azienda si riconverte tout court (Unicredito), licenzia 5.000 persone che non potranno riconvertirsi.

Il discorso che ho fatto poco sopra: un capitalismo che mette al centro l’uomo, con il profitto come mezzo e non come fine. Facile a dirsi, ma molto difficile nei fatti. Unicredit, tanto per fare l’esempio, non licenzia perché i vertici sono cattivi, ma perché se non fanno così, il mercato licenzia la banca. Loro non rispondono ad un azionista con nome e cognome, ma al mercato finanziario. Se i nostri piccoli investimenti rendono meno perché è stato messo al centro l’uomo, siamo contenti o ci lamentiamo? Prima o poi dovremo anche arrivare ad elaborare le nostre ipocrisie, piccole e grandi che siano.

10 – La prima riconversione riguarda la scuola che deve dare agli alunni non solo la capacità di eseguire i lavori attuali, ma anche la conoscenza che permetterà loro di imparare i lavori futuri.

La scuola italiana non è male, ma ha perso quella funzione anche di ascensore sociale che aveva in passato. Dobbiamo credere nella bontà del nostro sistema formativo, che prepara bene, pur lavorando in un contesto molto complicato. Se solo incominciassimo a credere veramente nella formazione come investimento e non come costo da tagliare … Ma è soprattutto qui che si vede che l’Italia è un paese morto, dove non si penalizza chi lavora male e non si premia chi lavora bene.

11 – L’etica aziendale del risultato ha condotto al cinismo delle multinazionali; per converso l’etica dei soli principi condurrebbe al fondamentalismo (Norberto Bobbio, Elogio della mitezza e altri scritti morali). Può esistere un’etica aziendale frutto di un compromesso, come ci ricorda Paolo Mieli nel suo bel volume “I conti con la Storia”?

La vita è fatta di compromessi, il compromesso è il cemento che tiene assieme i pezzi della nostra vita. Guai se non ci fosse. Poi a volte lo si cerca a tutti i costi, viene visto come il mezzo per raggiungere il fine. Se invece che la parola compromesso usassimo l’espressione “punto di equilibrio”, la sensazione sarebbe migliore. Però è necessario trovare un compromesso alto tra etica e valori: in passato siamo riusciti, in molte aziende ci sono imprenditori illuminati che ci riescono. Quindi è possibile.

12 – Mi risulta che per le loro posizioni apicali molte aziende ricerchino laureati in filosofia e sociologia. Mi rifaccio al libro di Pier Luigi Celli “Il potere, la carriera e la vita – Un mestiere vissuto controvento”: Celli, un manager alla Adriano Olivetti, il quale fra l’altro fu il primo ad assumere per la posizione di DG un laureato in filosofia.

Laureati in filosofia e matematici. Per la capacità di ragionamento e per la flessibilità nell’affrontare problemi nuovi. Le tecnicalità si possono sempre imparare ed evolvono nel tempo. La capacità di analisi o la impari a scuola e all’università, o dopo è dura …

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Adriano Olivetti

13 – Ultima domanda. Democrazia e democrazia aziendale: interconnesse? Reali o fittizie? La maschera democratica dell’oligarchia (Canfora-Zagrebelksky) trova un riscontro anche nella democrazia aziendale, la quale consiste nella vittoria del funzionigramma sull’ organigramma e nella vittoria dell’intelligenza collettiva su quella individuale?

La democrazia aziendale è molto difficile da attuare. In azienda tendenzialmente ci deve essere la democrazia della responsabilità. Il processo decisionale può essere partecipato, ma alla fine la responsabilità della decisione deve cadere su poche persone. Forme di governance democratiche sulla carta, scontano spesso un bias di democrazia e di trasparenza proprio per la deresponsabilizzazione dei vertici, soprattutto nel caso di imprese di grandi dimensioni. Qui infatti il meccanismo per occupare i posti di responsabilità è spesso slegato dal merito e molto più vicino alle dinamiche dell’elezione politica, che non fa certo del merito uno dei valori prevalenti. E questa è a mio avviso la negazione della democrazia aziendale. In definitiva secondo me la democrazia aziendale deve essere basata sui valori e sulla responsabilizzazione.

Grazie professore per la Sua disponibilità e i Suoi contributi, anche da parte degli associati Restart e dei lettori dei miei post! Comunque a sentirci europei prima che italiani siamo almeno in due!

Scrive Ernesto R.: “Complimenti!  Purtroppo, con molta più competenza di me, esprime in modo articolato quanto ho compreso e penso della “depressione “ grave che seguirà ed accompagnerà la emergenza sanitaria. La Politica mi pare decisamente “balbettante “ ed incredibilmente incapace di un minimo denominatore comune. Che tempi duri ci aspettano! Buona serata con cari saluti”. Rispondo: grazie dell’intervento, Ernesto R.: la Politica siamo anche noi piccole gocce, e questo nostro agire e questa tua attenzione rappersentano piccole gocce che vanno in un ruscello che va in un fiume che va in un mare che va in un oceano!

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VEDRAI VEDRAI … NON SO DIRTI COME E QUANDO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Aprile, 2020 @ 5:56 am

Detto altrimenti: … ma qualcosa cambierà        (post 3860)

Ricordate Luigi Tenco? “Non so dirti come e quando, ma qualcosa cambierà …” Nel dopo coronavirus sicuramente qualcosa cambierà, nel senso che si annullerà

Mio conterraneo
  • la falsa convinzione della globalizzazione a sviluppo infinito e dell’eternità del processo della super concentrazione della ricchezza;
  • l’errato convincimento che da soli, chiusi in se stessi, si può;
  • la dannosa idea di aumentare comunque la produzione anche se poi il mondo è povero e non acquista;
  • la pericolosa illusione che riusciremo a fermare le masse dei disperati;
  • l’incredibile idea che la finanza fine a se stessa possa sostituire la finanza strumento della produzione di beni e servizi;
  • la cattiva politica delle prossime elezioni che dovrà lasciare il posto alla buona Politica per le prossime generazioni;
  • la fuorviante idea che il Bene Comune sia solo un bene pubblico, collettivo (una scuola, una piazza) e non invece quello realizzato con l’apporto iniziale di tutti;
  • la micidiale convinzione che si possa fare politica con la retorica e il populismo;
  • l’egoistica idea che “noi first”;
  • l’immorale convinzione che “noi si e gli altri chissene …”;
  • l’antiproduttiva convinzione che si possa riconvertire un sistema economico senza prima riconvertire i lavoratori;
  • l’ignorante convinzione che l’azione possa precedere il pensiero;
  • la cieca abitudine ad avere tante percezioni sensoriali anzichè una visione d’insieme;
  • l’ autolesionistica cocciutaggine di non volere cambiare tutto quanto sopra elencato.

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Un minuscolo virus (chi mai di noi l’ha vissto in faccia se non al microscopio?) farà tutto questo. Una forza poderosa, nascosta, altrimenti micidiale, irresistibile come le radici di una piccola pianta, un fico nato fra le crepe di un bastione, radici che crescono, crescono e scardinano i pesanti blocchi di pietra delle nostre secolari convinzioni …

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25 APRILE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Aprile, 2020 @ 1:01 pm

Detto altrimenti: per non dimenticare        (post 3859)

In questi giorni siamo confinati in casa da un copri-fuoco (che poi è anche un copri-sole, visto che è anche diurno!) del quale tuttavia condividiamo le ragioni. Da un copri-fuoco che limita il nostro corpo ma non la nostra coscienza, la nostra mente, la nostra libertà di pensiero.  Sia pure limitatamente, noi giovani (giovani come me, nati ad esempio dal 1944 in avanti) possiamo iniziare a capire cosa possa essere stato il coprifuoco della libertà di pensiero, della libertà politica, della libertà tout court.

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Ed ecco che noi giovani Fiabbini, spiriti e corpi liberi di pedalare “in libertà” verso ogni meta senza dovere esibire permessi e passaporti, noi giovani (nati dal 1944), dicevo, anche giovanissimi (dati dal 1964) ogni anno dedichiamo una pedalata commemorativa al 25 aprile. Quest’anno non possiamo: il citato coprifuoco ce lo impedisce.

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Con Sandro Pertini (1978)

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Ed allora ho approfittato di una mail del mio presidente dell’Associazione Amici della Musica di Riva del Garda, prof. Franco Ballardini, per inserire qui un filmato che ritrae suo babbo Renato, avvocato partigiano, già Onorevole, che insieme alla sua dolcissima nipote Lisa intona le ultime strofe di “Bella ciao!”: una sorta di garanzia di continuità per un messaggio molto, molto importante che i giovani devono continuare a far proprio:

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E questo è il fiore del partigiano, 25 aprile 2020

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Buon 25 aprile a tutte e a tutti, dunque, nella speranza di potere di nuovo, presto, “essere liberi” (fisicamente) un’altra volta! E quando avremo riacquistato la libertà del corpo, non dimentichiamo di difendere la libertà della nostra mente da agenti inquinanti quali la demagogia, il populismo e le forme oligarchiche e antidemocratiche di quel “Fascismo eterno” ben evidenziate nel prezioso libro “Il fascismo eterno” di tale Eco dr. Umberto, Ed. la Nave di Teseo, €5,00 mai così ben spesi. Ugualmente ben spesi sono i 9,50 euro per “La maschera democratica dell’olgarchia” di Gustavo Zagrebelsky e Luciano Canfora, Ed. Laterza.

Ogni migliore augurio, amico Avvocato Renato Ballardini!

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BICI TU …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Aprile, 2020 @ 5:35 pm

Detto altrimenti: quando sei bloccato in casa dal coprifuoco ….   (post 3858)

N.B.: alcuni amici lettori mi chiedono: “Uei, blogger, e tutti i post sull’economia e la finanza dove sono”? Scialla raga, tranquilli: sono rimasti indietro di circa 10 posizioni: scorrete i post, scorrete, andate anche alla pagina 2 … e che ci vuole?

Vero, prezioso antiquariato. L’altro 
giorno mia moglie mi ha sorpreso mentre  
 lucidavo i suoi raggi con  l’Argentil!

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….. non sai più come colmare la nostalgia, letteralmente: il dolore del (mancato) ritorno alle consuete pedalate. Ed allora sfogli riviste, leggi libri, scrivi di tutto, ciatti uozap, vai a vedere quanti hanno letto i tuoi post e da quale città. Insomma cerchi di non pensarci ma alla fine ci ricaschi: vai a lucidare la bici da corsa (35 years old!) che tieni in casa (ma non vi preoccupate; la mia casa è molto pulita, la bici non si impolvera!); sfogli le bicifoto ed incappi in una foto che ti attrae e ti scatta l’idea: dopo tutto “lei” ha un bel campanello … ecco, ci sono …  la luna … il campanello? Ed allora … IDEA! un nuovo …:

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PAESE DEI CAMPANELLI!

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Bici tu, non sai dirmi perché
i tuoi raggi d’argento a ruotar
non invitano me ad andar?

Luna tu, mi vuoi tu spiegar
senza lei dove mai posso andar?
Senza lei non si può pedalar

sii cortese, la puoi liberar?

(Passerà il coprifuoco virus … adda passà a nuttata!)

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SI RIAPRE?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Aprile, 2020 @ 7:53 pm

Detto altrimenti: ma per la mobilità con distanziamento sociale, come la mettiamo? (post 3857)

Sono un ex dirigente (oggi socio “semplice”) della FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, Trento, Aderente a FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta. Siamo a Trento: in previsione della riapertura delle attività e delle scuole ci si pone il problema di come far viaggiare la gente “distanziata”.  Su l’Adige di Venerdi 17 un’intera pagina (la n. 15): l’intervista al mobility manager della Provincia Roberto Andreatta, e un intervento del portavoce di FIAB- Federazione Italiana della Bicicletta, Trento, Massimo Pegoretti.

Pesaro ha la Bicipolitana!

Vi risparmio i numeri. Trasporto pubblico: per distanziare i passeggeri occorrerebbe raddoppiare il servizio (mezzi su strada e orari) il che non è possibile, e poi resterebbe comunque il grande rischio di contagio per chi utilizza un mezzo chiuso quale un bus o il treno; l’alternativa auto è impraticabile: già adesso entrano in Trento ogni giorno oltre 100.000 auto. Cosa fare? L’idea che sta emergendo è incentivare l’utilizzo delle E-bike. Più che d’accordo. Ma non basta. Occorrono le piste ciclabili degne di questo nome. E si possono realizzare a costi molto limitati: infatti in molti casi basta trasformare in pista ciclabile una delle due corsie auto. La politica locale sicuramente è consapevole del caos che si genererà a settembre prossimo e sicuramente vorrà evitare che si generi: in tal caso infatti non sarebbe sufficiente “dimostrarsi bravi a gestire un’emergenza di gran lunga preavvisata”.

Olanda, secondo dopoguerra, PIL alle stelle, tutti ricchissimi, tutti in automobile. Aumentano di molto gli incidenti mortali di cui sono vittime i bambini. La popolazione scende in piazza e la viabilità automobilistica lascia il posto a quella ciclabile.  Andiamo ora a vedere la grande funzione delle “autostrade ciclabili” per l’accesso alle città olandesi!

Trento Nord-Sud-Nord ha
bisogno di queste autostrade ciclabili!

E a Trento ciò sarebbe immediatamente fattibile soprattutto per l’asse nord-sud-nord. La politica locale ha sicuramente una visione d’insieme del problema e intenderà predisporre per tempo le soluzioni del caso, anche per non ritrovarsi a ridosso delle prossime elezioni comunali di novembre con questo problema da risolvere. Da quando ero un fanciulletto infatti mi hanno insegnato che esistono anche i peccati per omissione, ma siccome ho la massima fiducia nella piene consapevolezza del problema da parte di chi governa la mia città, vado a letto tranquillo. Anche perchè ho avuto modo di parlare con un candidato sindaco ad una riunone co-organizzata da FIAB ed ho constatato che la persona ha chiaro il “modello-sistema di città” che vuole realizzare, una città modello che va anche molto a pedali! Un vero approccio manageriale il suo, e se lo dico io, vecchio manager da sempre critico verso l’assoluta mancanza di managerialità da parte della maggior parte della politica …

Oggi non basta più la mobilità sostenibile! Occorre la mobilità “necessaria”: quella distanziata!

Firmato: un cicloblogger!

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SOTTO I PONTI DI TRENTO FERSINA SCORRE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Aprile, 2020 @ 7:25 am

Detto altrimenti: il mio fiume durante la pandemia       (post 3856)

“Solo e pensoso i più deserti viali /  vo mesurando a passi tardi e lenti
e li occhi porto per fuggire intenti / a che vigile urban non porti mali.”

(Ho voluto parafrasare il famoso sonetto del Petrarca. La paura del vigile urbano è solo una licenza poetica: infatti davanti a casa mia io passeggio del tutto legittimamente!)

Un liquido velo nuziale d’acqua montana accarezza sassi ormai levigati dal tempo. Lo guardo e lo vedo respirare più che scorrere: il suo è l’alito della montagna, un soffio che in estate addolcisce l’arsura, il gesto amorevole di una mamma che lava dolcemente il viso al proprio bimbo al risveglio. Dicono che sia un torrente e questa è l’immagine che può dare di se’ quando è in piena, una piena che non tracima mai ma che ugualmente talvolta sa ruggire, spaventosa, violenta. Io lo preferisco fiume, quando le irregolarità del suo letto impongono strade diverse alle sue acque che poi sono i suoi pensieri: alcuni – come i miei – scorrono via veloci, determinati; altri esitano, sembrano riflettere, per poi riprendere la strada e ricongiungersi agli altri: più lentamente, più dolcemente, più a valle.

Il mio fiume è la Fersina, in dialetto trentino la Fersena come preferisco chiamarla. Un fiume, un torrente al maschile, un nome al femminile. A lei ho dedicato poesie, fotografie, pensieri e riflessioni come quelle che sto scrivendo. Per lei ho scritto una poesia che è stata inserita nello splendido volume “La Fersina – Antica signora della Valle” di Lino Beber, Mario Cerato e Claudio Morelli, edito dall’Associazione Amici della storia di Pergine, la cui presentazione, a firma della Presidente Iole Piva, recita: “Non si può amare un fiume o un torrente, l’acqua che scorre, carica di simbologie, miti, paure, demoni, streghe e fate; l ’acqua che scorre è vitale, ma è anche la lotta dell’uomo per sopravvivere, per domare la sorte e la terra che calpesta. La vitalità dell’acqua fa della Fersina natura pura.” Il volume. Nella pagina dei ringraziamenti il mio contributo è attribuito a tale Riccardo Luccati: evvabbè … può succedere ad un tipografo compositore Trentino di trentinizzare, d’istinto, un cognome toscano: non gliene voglio certo per questo.

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Una coppietta al sole

In questi giorni di coprifuoco a me suo frontaliero è consentito dalla legge passeggiare lungo gli ottocenteschi bastioni austroungarici che lo hanno deviato un secolo e mezzo fa, a ricordare quando in un recente passato mi fermavo a cercare di cogliere qualche sua prima immagine, io fotografo improvvisato, io che un giorno lungo questi viali viali ho fatto amicizia con un fotografo vero, in pensione come me ma sempre molto vero, Luigi Zullo, ormai un amico che mi ha regalato alcuni suoi scatti.

Ristorante “Fersina”: oggi pesce fresco  (foto Luigi Zullo)

La Fersena è poesia. A lei ne ho dedicate alcune. Lei me ne richiama una di Guillaume Apollinaire della quale riporto volentieri qui di seguito alcuni versi, chiedendo scusa all’Autore per questa estrapolazione (strumentale, lo confesso! In compenso un giorno, a Parigi per lavoro, mi sono fatto accompagnare a rendere omaggio al Ponte Mirabeau):

Il ponte Mirabeau

Parigi: il ponte Mirabeau

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Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna / me lo devo ricordare. / La gioia veniva sempre dopo il dolore. / Com’è lenta la vita / e come la Speranza è violenta / quest’acqua corrente. / Venga la notte suoni l’ora / i giorni se ne vanno io rimango. / Passano i giorni e passano le settimane / né il tempo passato / né gli amori ritornano. / Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna. / Venga la notte suoni l’ora / i giorni se ne vanno io rimango.

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Sotto i ponti di Trento Fersina scorre … 

Mi era venuta voglia, tanta voglia di scrivere “Sotto i ponti di Trento Fersina scorre …” ma poi ci ho rinunciato e ho scritto le “mie” poesie. Eccole:

Il Canto di Trento a la Fersena

Sei vivo. / Mi parli col suono di luce / dei tuoi mille occhi di rivo / splendenti / nel verde. / Dapprima / mi sembri annoiato / nel lento rigiro / che sempre conduce / al tuo limitato infinito / eletta dimora / di anatre urbane / ed aironi / in morbide anse di steli / ov’acqua / fra ‘l fiore che odora / con tenue sospiro si perde.

Anatre urbane (foto Luigi Zullo)

Ma ecco / improvviso / uno slancio / al pari del cervo brunito / che hai visto saltar le tue rive / braccato dal cane / ed hai ristorato / offrendoti invito alla sete / ed alle corse un po’ schive / del giovane re incoronato.

Uno slancio …

Ancora … / hai negli occhi il ricordo / di una prudente marmotta / del falco / che lento / si libra nel cielo in agguato … / di un movimento … / di vita che lotta … / di tenero nido violato.

Tu nasci ove aria rinfresca. / Poi … / scendi la cima / scoscesa di valle / tedesca / qual liquido velo nuziale / che adorni la Sposa Atesina / e rechi in pianura / la figlia del suolo innevato / i fulgidi pesci d’opale / il tenue lenzuolo / che dona ristoro all’arsura / di ninnula cuna / il manto di brezza / che stendi alla luna / ed olezza.

Fulgidi pesci d’opale (foto Luigi Zullo)

E dolce assopisci il bambino / cantandogli la ninna nanna / che i monti ti hanno affidato. / Tu sei Poesia / il capolavoro scolpito / del grande Pittore Trentino / che ascolto / rapito all’oblìo / insieme alle fronde / degli ippocastani / che sopra le spalle / ti fan capolino ondeggiando / e curioso / protendono il volto / sull’armonioso spartito / del tuo gorgoglio.

Ippocastani de la Fersena

Ma ora prosegui il tuo viaggio / e mentre ricevi altre sponde / le mie vecchie mura imperiali / riflesse / ti rendono omaggio / più belle pe’ i grandi regali / che porti di piccole onde.

Le vecchie mura imperiali e lassù il Bondone

Le prossime mie poesie ve le trascrivo senza gli “a capo”: divertitevi voi …

Primavera sul Fersina
(Guardando i grappoli fioriti degli ippocastani)

Tenere fresche speranze danzanti ti offrono grappoli di parole amiche i rami protesi sul Fersina. Disegnate dal cielo mobili sculture trasmettono linfa di primavera al fusto a la vita alla terra. Tronco invernale ostinatamente infisso in uno spazio ostile tu pure le vedi e rinasci dal dono di forza e calore che scivola lungo lo sguardo sin dentro una pietra a forma di cuore.

In primavera
In autunno

Autunno sul Fersina
(Dedicata alle bimbe di una coppia di amici)

Scrocchiano le foglie al passaggio di pensieri dipinti a colori sospesi. Ritorna dal monte lontano la fredda aria del nord e contende calore al mattino e alla sera. I raggi del sole dorati di fresco trapuntano un cielo pulito. Attesa d’inverno prepari il tuo nuovo quaderno al bianco mantello di neve. Attraverso i rami e di tuoi anni ogni giorno di più appare la vista nascosta del verde d’estate e del tuo passato. E’ giunto l’autunno colorato di occhi bambini e di voglia di vita che scorre.

Occhi bambini

La piena del Fersina

Impregna di sé erba paziente rocce assetate asfalti insidiosi erosa montagna disciolta da un cielo colore di terra. Galoppo sfrenato di liquidi pensieri scolpisce lo spazio di forme sospese nel nulla e attrae lo sguardo come lingua di fuoco danzante dal ceppo invitando il tuo corpo a librarsi in una vertigine alpina. Sfuggono a valle saltando tronchi rubati alle sponde avulse membra stillanti dal corpo indifeso del mondo tratti bizzarri di un perenne dipinto vivente. E tu vorresti che l’onda di piena dei tuoi sentimenti non passasse mai …

In piena

Tronchi avulsi
In inverno

Ecco, ho finito. Dice … “Ma tu cosa sei, Riccardo? Un po’ blogger e un po’ poeta s’era capito; ma poi anche cos’altro”? Be’ raga, scialla, se andate a leggere i miei post
scoprirete facilmente tutti gli altri miei ingredienti!

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LUIS SEPULVEDA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Aprile, 2020 @ 4:34 pm

Detto altrimenti: è mancato oggi, in Spagna, di coronavirus       (post 3855)

(foto Avvenire.it)

No, non vado a copiare da internet il molto che è scritto su di lui, su questo grande (great) scrittore, ne’ dirvi quali suoi libri io abbia letto. Noi del gruppo di lettura Librincontri di Mirna Moretti ci siamo trasmessi la triste notizia: è sintomatico che nel circuito “uozap” (come lo scrivo io, provocatoriamente), siano stati inviati messaggi ad un secondo uno dall’altro! Io per esempio sono stato battuto da una frazione di secondo dalla collega e amica Emma Pandini! Io che non sono un grande lettore, almeno non tale se mi misuro con lo standard dei GGLL- Grandi Lettori del nostro gruppo, ma che, fra i tanti, ho lo scaffale dei miei vangeli laici, cioè di quei libri che voglio voglio avere sempre a portata di mano, che voglio poter prendere in mano anche al buio, di notte: i suoi libri sono lì.

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Lo conobbi per caso, anni fa passeggiando fra i banconi della “mia” libreria preferita, “Il Papiro” di Via Grazioli a Trento, vicino a casa. E queste scoperte in autonomia sono poi quelle che ti danno maggiore soddisfazione. Sepulveda mi ha fatto e mi farà ancora viaggiare nelle pampas cilene e argentine, mi catturerà in una rete di desideri ancora inappagati: insomma, ci ha regalato e continuerà ancora a regalare a tutti noi “Nuovo Mondo” di civiltà, impegno sociale, democrazia, sentimenti, con libri che sono come spartiti musicali di una seconda Sinfonia per le nostre emozioni, seconda solo in ordine di data dopo quella di Dvorak.

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Il nostro gruppo quasi al completo ad un pranzo sociale

70 anni, un giovanotto per morire, un giovanotto ancora e soprattutto se detto da me che ne ho sei di più, di anni … una perdita difficilmente colmabile se non attraverso la rilettura delle sue opere. Mirna Moretti, la  Musa ideatrice e gestore del nostro gruppo concorda nel dedicargli la nostra prossima riunione che terremo non appena il virus ce lo consentirà, presso la consueta saletta riservata… , riservata a tutti coloro che vorranno esserci, al Caffè Città di Piazza Italia a Trento.

Un invito a tutti gli amici del gruppo: mandatemi ognuno un pensiero all’indirizzo riccardo.lucatti@hotmail.it. Lo pubblicherò qui di seguito.

Buon viaggio Luis! A te il nostro ricordo, il nostro pensiero, il nostro grazie!

Santo Cerfeda con Mirna Moretti

Scrive Santo Cerfeda:Mi sono innamorato di Lui leggendo “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” , poi ho comperato “Storia di una gabbianella” e dopo tanti altri. Ma non siate tristi e non credete alle bufale che raccontano in giro. Sepulveda non è morto. È forse morto Manzoni, è forse morto Leopardi? E Dante, che pure è andato nel regno dell’oltretomba, è forse morto? No, di certo. Perché i grandi scrittori non muoiono come i comuni mortali: continuano a vivere nei loro racconti, nei loro scritti, nei libri che rimangono.  In ogni parola che uno scrittore scrive c’è una parte di lui, in ogni libro c’è lui e ogni volta che leggiamo egli vive e continua a rimanere con noi. E finchè ci sarà un solo lettore che rileggerà la storia della gabbianella, o della balena, o del vecchio che leggeva i romanzi d’amore, Luis continuerà a vivere. E quindi ridete e siate felici: oggi Luis Sepulveda è diventato immortale.”

Santo, grazie del tuo intervento, hai proprio ragione: Sepulveda appartiene alla categoria delle Persone perenni, inimitabili. Uno ci prova, crede di potercisi avvicinare … e dopo alcuni tentativi si arrende e si chiede come lui e quelli come lui hanno fatto. Nel filmato di poco fa (RAI 5) ha detto una frase che mi ha colpito: “Lo scrittore sa arrivare al cuore del lettore meglio del saggista, con meno parole ….” Quanto è vero! Anche perchè la sua è una poesia scritta in prosa.

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I DIALOGHI DI PLUTONE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Aprile, 2020 @ 1:18 pm

Detto altrimenti: teatro dal vero  (post 3854)

Atto unico, scena unica

Un complesso condominiale a Trento. All’interno di un giardino comune, due palazzine. Tizio e Caio sono affacciati a due balconi contrapposti.

“I Dialoghi di Platone” tutt’altra cosa!

Tizio: Ma … lei non è Caio, quel signore con il quale ero solito bere un caffè in piazza Duomo?
Caio: Buongiorno Tizio, si sono io. Sa, ho acquistato questo alloggio solo un mese fa, per questo che non ci siamo mai visti e poi, sa … con questo virus …
Tizio: Mi fa piacere averla come condomino. Dai che appena sarà passata questa bufera, magari potremo anche organizzare una bella grigliata condominiale giù in giardino.
Caio: Ottima idea, Tizio. E, mi dica, cosa ne pensa di come la gente stia reagendo a questa situazione?
Tizio: Sa, è già stato detto tutto e il contrario di tutto, è difficile esprimersi senza ripetere cose già dette o senza ricadere in ovviomi.
Caio: Ma via, lei è una persona intelligente, ormai la conosco bene dopo tanti caffè bevuti insieme! Un’idea ce l’avrà ne sono sicuro.
Tizio: Evvabbè  … visto che insiste. Vede mi pare che la gente si concentri sulle percezioni sensoriali dei propri bisogni immediati e non si preoccupi del problema di fondo che invece dovrebbe essere il primo ad essere affrontato e risolto. In altre parole: mi pare che la gente non abbia la visione d’insieme del momento.
Caio: visione d’insieme, percezione sensoriale … si spieghi meglio.
Tizio: Se lei è seduto in cima ad un’alta scogliera, del mare ha una completa visione d’insieme e nessuna percezione sensoriale. Man mano che scende verso il basso fino ad immergersi, le percezioni si invertono fino a quando lei, nuotando, ha la massima percezione sensoriale e nessuna visione d’insieme. Ha capito qual problema dobbiamo risolvere?
Caio: E quale sarebbe questo problema?
Tizio: Decidere quale nuovo modello di società vogliamo per il dopo virus, perché quella attuale non andrà più bene.
Caio: Corretto, ma nel frattempo la gente deve mangiare, quindi via libera agli interventi immediati.
Tizio: D’accordo via libera, ma consideri il percorso sequenziale che si sta seguendo, che a me pare illogico perchè “controcorrente”.
Caio: La prego, si spieghi.
Tizio: Semplice. Si vuole dare esecuzione ai provvedimenti immediati. Indi si risale a come finanziare queste iniziative. Poi si risale ancora a quale soggetto spetta fornire la copertura finanziaria. Ed ecco la vetta del ragionamento: “per andare verso quale modello sociale ed economico”?
Caio: Ho compreso il suo pensiero, nel senso che nel frattempo occorrerebbe decidere quale dovrà essere il nuovo modello della società, vero?
Tizio: Certo, proprio così. Ma … Caio … guardi giù in giardino … quel signore … non è forse quel tale Sempronio che si univa sempre a noi due al bar?

(Il diavolo Plutone che passeggiava “casualmente” nel giardino condominiale sotto le mentite spoglie di Sempronio, alza la testa verso i due balconi)

Sempronio: Buongiorno amici! Si sono io! Che combinazione trovarvi qui! Stavo godendomi una pausa sul mio lavoro, sapete … ho una ditta di disinfestazione e il Comune ci ha incaricati di bonificare tutti i condomini di questo tipo, quelli con un giardino condominiale, appunto. Un lavoraccio del diavolo …
Tizio: Benvenuto quindi, peccato solo che non possiamo bere un caffè insieme.
Caio: Vero. Ma allora lei ha sentito i nostri discorsi visto che parlavamo da un balcone all’altro.
Sempronio: Certo, non se ne sarebbe potuto fare a meno dato il volume delle vostre voci.
Tizio: Per carità, a noi fa solo piacere. Anzi ci dica il suo parere in merito al tema che stavamo trattando.
Sempronio: Caro Tizio, lei ha perfettamente ragione. Solo che chi oggi detiene il potere sul mondo, ovvero le multinazionali della finanza e dell’economia, si opporranno con ogni mezzo a che si cambi questo sistema. Vedete … vi faccio un esempio, tanto per capirsi. Una nuova società umana si potrà creare solo se si cambia l’ordine delle priorità di investimento, se ad esempio se si smette di fabbricare e vendere armi e si investe sul sociale, sull’economia solidale, su una più equa distribuzione delle risorse, sull’abbattimento delle disuguaglianze sociali. E invece …
Caio: Invece cosa?


Sempronio: Invece cosa? Ma le pare poco che noi si continui ad acquistare dagli USA  i costosissimi cacciabombardieri F35 mentre loro tagliano i fondi (500 milioni di dollari l’anno, pari ad un decimo del suo bilancio) all’ OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità?


Tizio: Ha ragione. Ma ci dica, lei pensa che nelle decisioni di effettuare questi acquisti siano intervenute “interessenze” in favore di qualcuno … per capirsi? Chessò, dell’ “olio” per ungere qualche trump …oliere?

“Piensa mal y acertaras”


Sempronio: Si, è molto probabile: nemmeno un cane muove la coda se non gli dai in osso. E poi, si sa, i trumpolieri, gambe lunghe, testa in alto ma per mangiare infilano il becco nel fando: potrei raccontarvene  certe, ma devo andare al computer per scivere una relazione al Comune … sapete … sono così fiscali … ma … cos’è questo polverone? Si deve essere rotta una delle mie macchine vaporizzatrici, scusate  ….

(Sempronio corre via scomparendo dentro una nuvola della polverizzazione causata da una delle sue macchine)

Tizio: Diavolo d’uno uomo! E’ scomparso un’altra volta come sempre dentro una nuvola, una nebbia, un turbinio … sembra proprio una diavoleria la sua …

(Sipario)

Sempronio ricompare fra le file delle poltrone del teatro nelle sue vere vesti di diavolo, sogghignando.

(Applausi)

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SE NE VANNO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Aprile, 2020 @ 7:12 pm

Detto altrimenti: un popolo di nonni …        (post 3853)

Se ne vanno, di notte, da soli …

Se ne vanno.  Mesti, silenziosi, come magari è stata umile e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro, di sacrifici. Se ne va una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore e le privazioni, tra la fuga in un rifugio antiaereo e la bramosa ricerca di qualcosa per sfamarsi. Se ne vanno mani indurite dai calli, visi segnati da rughe profonde, memorie di giornate passate sotto il sole cocente o il freddo pungente. Mani che hanno spostato macerie, impastato cemento, piegato ferro, in canottiera e cappello di carta di giornale. Se ne vanno quelli della Lambretta, della Fiat 500 o 600, dei primi frigoriferi, della televisione in bianco e nero. Ci lasciano, avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario, quelli del boom economico che con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi ormai dimenticati. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno stringesse loro la mano, senza neanche un ultimo bacio. Se ne vanno i nonni, memoria storica del nostro Paese, patrimonio della intera umanità. L’Italia intera deve dirvi GRAZIE e accompagnarvi in quest’ultimo viaggio con 60 milioni di carezze… ❤🙏” F.to FULVIO MARCELLITTI

Una passeggiata di solito molto frequentata ...

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Oggi, 15 aprile, un amico mi telefona: “Troppo triste”. Ma è la Verità, triste quanto vuoi, ma sempre Verità è, gli ho risposto. Comunque, per non cedere allo sconforto e riaccendere la speranza, oggi, the day after il post “triste” di ieri cui sopra, ho voluto aggiungere una foto, la foto della speranza, l’ultima qui sotto. Ieri, durante la mia “ora d’aria”, camminavo entro il famoso raggio dei duecento metri da casa: per mia fortuna abito ai confini della città, lungo un bel fiume (il Fersina, la Fersena in dialetto), ai piedi dei primi contrafforti montani, il tutto a novecento metri dal Duomo (evviva Trento!).

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Dalla strada si diparte una elegante scalinatella che diventa subito una ripida stradicciola costeggiata da un filare di cipressi il quale conduce alla chiesetta dei frati Francescani, quella dove diciotto anni fa si sposò mia figlia Valentina. Insieme a Maria Teresa, mia moglie, interpretiamo questa salita come una sorta di palestra nella quale fare un po’ di allenamento per le gambe e per dare fiato ai polmoni e alla Speranza. Ogni volta che la percorro penso al giorno di quel matrimonio, quando ancora i cipressi non erano stati piantati (peccato!) e a quel passo dei Promessi Sposi nel quale si parla di “una di quelle stradicciole …”. Non che io mi senta un Don Abbondio, ma la pace e la serenità che il povero curato avvertiva prima dell’incontro con i due bravacci doveva proprio essere di questo stesso tipo.

La foto della speranza

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Ebbene, all’inizio della salitella, sulla sinistra, dietro una croce, in una fettina di aiuola trascurata da tutti nella quale si sono sviluppati intricati grovigli di erbe selvatiche e qualche canna, sono spontaneamente cresciuti e sbocciati alcuni tulipani. Mi sono fermato per una foto perchè mi è parso significativo testimoniare quella presenza di vita che ho subito interpretato come una speranza: se sono riusciti loro – i tulipani – a germogliare e fiorire inaspettatamente in un ambiente così trascurato e inospitale, riusciremo anche tutti noi a uscire da questa micidiale pandemia. E poi, siccome che a me mi piace la saggezza di ogni dialetto, per l’occasione ne regalo a tutti noi alcuni. Un paio siciliani: o bono tempo e o malo tempo non dura tutto o tempo e calati iuncu ca passa la china, piegati, canna, che la piena passa e tu ti rialzi. Insomma, adda passà a nuttata! Quest’ultimo è del … nord: napoletano! Insomma scialla raga, coraggio: insieme ce la faremo!

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Firmato: un blogger tri-nonno troppo giovane, classe 1944, che della guerra ricorda solo la luce azzurra nel vano scale; la carta di giornale pressata nelle fessure delle persiane; la targhetta di metallo a contrassegnare un posto a sedere  sui tram “Riservato agli invalidi di guerra e del lavoro” e le macerie delle case del centro storico, intorno al porto di Genova.

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