L’AZIENDALIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Giugno, 2020 @ 3:11 pm

Detto altrimenti: si può fare, ma in modo “onesto”      (post 3927)

Quelli i servizi pubblici non sono tutti uguali. Il trasporto ferroviario ad esempio. È stato liberalizzato, vi sono più operatori che lo gestiscono: si dice che ciò giova alla concorrenza e quindi all’efficienza del servizio. Ma non è di questo che voglio scrivere, bensì del Servizio Sanitario Nazionale o “locale” quando, come nel caso della nostra provincia Autonoma, esso rientra fra le competenze decentrate, lasciate cioè in gestione alla nostra Autonomia Amministrativa Speciale.

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In questo caso l’aziendalizzazione ha comportato due aspetti negativi: uno facilmente rimediabile, l’altro meno. Il primo consiste nel voler valutare un servizio anche molto sulla base del risultato economico. Il rimedio? Poiché il servizio è obbligato a fornire molte prestazioni gratuitamente o sottocosto, basta imputargli come “ricavi” tutti i propri costi non coperti da ricavi effettivi.  Ho imparato a conoscere questo sistema quando lavoravo nel Gruppo Siemens a Milano: in quell’ambito, tutti i costi del servizio assistenza tecnica non coperti da incassi effettivi (in quanto ad esempio rientranti nelle garanzie contrattuali) ai fini della sua valutazione annuale
venivano imputati come ricavi del servizio stesso.

Il secondo aspetto difficilmente rimediabile? La prevalenza del settore amministrativo gestionale su quello medico. In altre parole, la burocratizzazione. Ma qui il discorso è assai più complicato …

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Passiamo a trattare di un altro servizio pubblico e prendiamo quelli prestato da una società comunale della sosta. Ha in concessone tot stalli auto. Il Comune destina un certo numero di stalli per alcuni giorni all’utilizzo gratuito di una manifestazione. Nulla in contrario, ma a fine anno la società, oltre al bilancio civilistico e a quello fiscale, redigerà anche un bilancio “calcolatorio”, che riporterà fra gli incassi anche quelli persi “per ordine” del Comune suo azionista.

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Poco sopra vi parlavo della Siemens. Qui sopra vi dicevo di come veniva figurativamente “arricchito” il risultato economico di un servizio. Ora vi dico come veniva figurativamente “impoverito” quello finale della società. Infatti la valutazione del risultato di bilancio non viene fatta solo sui dati civilistici e fiscali di fine d’anno, ma il risultato – ai fini della sua valutazione da parte degli azionisti – viene impoverito degli utili che la società avrebbe dovuto generare, tenuto conto dell’intero capitale investito dall’azionista, cioè degli “interessi calcolatori”.

Quando si dice la Germania …

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UGUAGLIANZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Giugno, 2020 @ 7:12 am

Detto altrimenti: Alessio di Tocqueville, chi era costui?       (post 3926)

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Tocqueville, il visconte Alexis Henri Charles de Clèrel de Tocqueville (1805-1859) è stato un filosofo, politico, storico, precursore della sociologia, giurista e magistrato francese. È considerato uno degli storici e studiosi più importanti del pensiero liberale, liberal conservatore e del liberalismo progressista. Per un periodo della mia vita ho lavorato in Via Alessio di Tocqueville, a Milano, responsabile delle relazioni finanziarie della Italtel, con Donna Marisa Bellisario. Già all’epoca mi ero chiesto chi fosse costui. Il Tocqueville fu fra i primi a osservare (o a temere?) che l’egualitarismo, nonostante l’avversione e la resistenza accanita che esso suscita ogni volta nella storia, è una delle grandi molle dello sviluppo.

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Uguaglianza, detto altrimenti parità. E qui viene subito alla mente la parità di genere, una se non la maggiore battaglia di civiltà del nostro tempo. Una battaglia di democrazia palese, perché formalmente tutti la sostengono, anche se poi segretamente, non tutti “questi tutti” ne sono concretamente sostenitori: basta vedere come si sono comportati i signori senatori maschi alla lettura ed alla votazione in senato della mozione sottoscritta, promossa e letta dalla Sen.ce Donatella Conzatti, mozione che impegna il governo su questo tema: uno solo ha preso la parola, molti sono usciti dall’aula, pur attenti a non far mancare quel minimo numero legale che sarebbe stato veramente troppo! Mozione comunque approvata all’unanimità.

Uguaglianza etnica o nazionale. E qui i “disuguaglianti” sono usciti allo scoperto: siamo passati da “non si affitta a meridionali” della Torino anni ’50, all’attuale “aiutiamoli a casa loro” e “prima gli Italiani”. Il tema mi porterebbe su un altro, separato LP-Long Post.

Uguaglianza delle classi sociali, come terzo tavolo di confronto. E’ stata l’esasperazione del comunismo, ed ha ampiamente dimostrato il proprio insuccesso. Oggi viene rappresentata e da taluno perseguita in modo più o meno palese ma soprattutto sotto una forma più temperata, nel senso di “diminuzione dell’enorme divario fra la ricchezza e la povertà”, alias “distribuzione un po’ più omogenea della ricchezza del mondo (degli esseri umani) e delle risorse naturali della terra (del pianeta)”.

In favore di questo tipo di uguaglianza si erano già pronunciati Tommaso Moro (San Tommaso moro, dal 1935) alias Thomas More nella sua “Utopia” e Tommaso Campanella ne “La città del Sole”. Io non ho letto il Campanella, ma ho letto (Ed. Laterza) e riletto l’Utopia di Moro, da ultimo nella traduzione di Maria Lia Guardini (Ed. Piccola Biblioteca del Margine). Al riguardo mi permetto di suggerire di fare precedere la lettura di quest’opera da quella della biografia dell’Autore: “Tommaso Moro, l’uomo completo del Rinascimento”, di Elisabeth-Marie Ganne, Ed. San Paolo, traduzione di Bruno Amato: aiuterà molto a comprendere il pensiero di Moro.

Ecco, io credo che quest’ultima “uguaglianza” sia oggi la più difficile da perseguire, se non altro perchè i “disuguaglianti assoluti” non escono allo scoperto (e quindi più difficilmente possono essere contestati) e frenano questo processo in modo occulto ma efficace. E scrivo perseguire e non raggiungere anche perchè personalmente io sono contrario all’uguaglianza in assoluto a tutti i costi, costi quel che costi, ma sono favorevole ad un temperamento di questo tipo di enorme disuguaglianza per diversi motivi:

una prima ragione, di ordine morale, per cui il non fare agli altri etc. sul piano pratico si traduce anche nel non affamare gli altri, non farli morire di malattie, di mancanza di acqua potabile, di istruzione, di futuro;

una seconda ragione riguarda la crescita (non esclusivamente economica!) del genere umano, la cui molla è il potere-dovere eccellere, una sana e costruttiva competizione innanzi tutto culturale e quindi creativa di ogni sorta di sviluppo in ogni campo;

una terza ragione meno nobile ma altrettanto valida: se tutto quello che tocchiamo diventa oro, alla fine cosa mangeremo? I nostri lingotti d’oro? E se continuiamo a sfruttare e a impoverire la maggior parte degli abitanti della terra per aumentare la nostra produzione e la nostra ricchezza, alla fine avremo impoverito a tal punto i potenziali consumatori che le nostre merci resteranno invendute nei magazzini.

E se mi sbaglio, mi corigerete.

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FOTOPOST

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Giugno, 2020 @ 11:47 am

Detto altrimenti: un po’ … st di pausa dopo tanti post impegnati e impegnativi!  (post 3925)

Una piccola ape si ripara dalla pioggia sotto un petalo di dipladenia

Una delle mie passioni sono i fiori e il mio orto monotematico. I fiori, nei molti vasi, rinnovata la terra, viaggi a comperarne di nuova e a scaricare la vecchia in discarica.

Excelsior! Fra qualche tempo unirò le due cime con un arco

E poi, per le dipladenie, costruire l’architettura che ne sostenga la crescita in verticale.

Il mio orto

Orto monotematico? Certo, da buon genovese d’origine non ho dimenticato il basilico, destinato a diventare un ottimo pesto. Circa 120 piantine, tre raccolti l’anno, in media 1 kg di foglioline a raccolto. Mica male …

Cosa non si riesce a fare su un paio di balconi!

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LE CONFESSIONI DI UN SETTUAGENARIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Giugno, 2020 @ 7:07 am

(IN VISTA DELLE PROSSIME ELEZIONI COMUNALI A TRENTO CHE MI VEDONO CANDIDATO)

(leggere l’importante appendice!)

Le strisce! Mettiamole le strisce!

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Detto altrimenti: sulla scia dell’ottuagenario di Ippolito Nievo, che da veneziano passò ad essere italiano, io che da settuagenario cittadino italiano vorrei passare ad essere cittadino europeo (post 3924)

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Trento, il “Buonconsiglio”

Un cuore d’asino, un cuore di leone: così mi sentivo fino a poco tempo fa, nel senso che, abituato da una vita ad essere operativo e ad agire in concreto, mi pareva di essere diventato un consulente esterno che deve produrre idee senza però potere disporre di tutte le informazioni societarie e tanto meno senza essere nella posizione dalla quale poter agire direttamente: che volete, dopo una vita da manager, sono cose che capitano. Ecco perchè – per la prima volta nella mia vita – ho deciso di impegnarmi operativamente in Politica e  mi sono candidato alle prossime “comunali” per dare alla comunità il meglio di me stesso, ovvero l’esperienza di una vita da manager. E come tale, nel frattempo, sono stato invitato a fare il coordinatore del Gruppo di Lavoro Finanza ed Economia mista.

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I contributi di una certa politica che ruotano intorno a noi? Mi pare che agiscano su due livelli: uno ristagna troppo basso; l’altro “vola troppo alto”. Mi spiego: i primi si occupano (pur doverosamente) di singoli fatti specifici (pur importanti) quale ad esempio la funivia del Bondone o gli orari della città; i secondi, sono affermazioni (pur doverose) che non vanno oltre loro stesse, cioè oltre la dichiarazione di un principio. E invece mi fa piacere constatare che la nostra Politica stia definendo sempre meglio con maggiori dettagli il “modello di città” che vogliamo, a metà strada fra i due livelli sopra elencati. Ma non basta: i nostri contributi/contenuti inizialmente solo “cittadini”, sono automaticamente, doverosamente e naturalmente proiettati verso la dimensione provinciale e nazionale: natura non facit saltus, diceva quel tale filosofo, ed aveva ragione! Ed è proprio nella natura delle cose che ogni fatto debba essere valutato e “agito” rispetto alle sue cause, a se stesso e alle sue conseguenze, nelle tre dimensioni: logica, temporale, spaziale.

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Ma veniamo al lavoro del Gruppo che coordino: attenti a quei due! A noi due vecchi amici da una vita che ci siamo occupati soprattutto dei TIR-Titoli Irredimibili Rendita quale strumento per la riduzione del debito.
Sui “TIR” trovate molto in tanti post precedenti. Tuttavia mi pare che il problema – che pure è assolutamente centrale – non sia stato capito, quando da taluno  si obietta che “sono l’ultima spiaggia … non va bene un rendimento del 4% con i tassi in calo …”. Per qualche mese, forse un anno, i tassi possono essere in calo, ma se non riduciamo il debito ci buttano fuori dall’UE (oppure saranno i nostri sovranisti ad farci uscire!) ed allora i tassi andranno a due cifre anche oltre il 25%: si è già visto negli anni ’70. E poi i “nostri” TIR possono ben essere a tasso rivedibile. Gli anni 70? Quelli che furono seguiti da un vero e proprio secondo “miracolo italiano”: l’essere sopravvissuti a quella fase!

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Ed ora passiamo dalla finanza all’economia. Vedete, le SpA e i sistemi pubblici si stanno reciprocamente avvicinando: le SpA stanno capendo che l’obiettivo non può essere più solo o principalmente l’utile economico, ma la crescita umana; i sistemi pubblici stanno capendo che un po’ di equilibrio economico e finanziario non guasta. Ed ora che iniziamo ad occuparci delle SpA a partecipazione comunale (mi auguro che il Comune abbia qualche azione anche di SpA a maggioranza PAT, così noi ci potremo occupare anche di quelle) mi permetto di suggerire a tutti  la lettura del libro di Pier Luigi Celli “Il potere, la carriera e la vita – Memorie di un mestiere vissuto controvento” Ed. Chiarelettere, libro che io annovero fra i miei “vangeli laici” in quanto evidenzia la cultura dei molti valori diversi dall’utile economico che sono da tutelare all’interno di quei sistemi: cosa che io ho fatto durante l’intera mia vita di lavoro.  Orbene, anche il settore pubblico “deve” imparare questo stile, altrimenti la sua gestione sarà semplicemente dannosa al sistema delle relazioni umane, anche in presenza di eventuali utili di bilancio. Altrimenti? Altrimenti è meglio che una società pubblica diventi una public company, cioè “posseduta dal pubblico dei cittadini” (to go public in inglese significa “privatizzare”) e sia gestita secondo le regole del migliore liberismo sociale.

Un primo passo per ogni SpA che si rispetti è ottenere le tre certificazioni “base”: qualità, ambientale, sociale. Ma c’è di più: una SpA privata olearia di Oneglia ha ottenuto la certificazione americana B Corp (Benefit Corporation) che ne attesta l’alto impatto sociale e ambientale: essa certifica la massima attenzione quanto a materiali, prodotti, filiera di fornitura, energia, risorse umane, conservazione delle tradizioni mediterranee, ambiente.

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Ed infine, il dialogo. IT – ICT: siamo già passati dalla Information Technology alla Information Communication Technology – Ora dobbiamo fare un passo ulteriore ed arrivare alla ICDT – Information Communication Dialogue Technology, ovvero alla tecnologia del dialogo, la quale sarà molto ardua da adottare almeno fino a quando non potremo parlare guardandoci negli occhi. Anche a questo riguardo mi piace chiamare in campo la filosofia, quella del filopsofo del volto, Emmanuel Levinas: “Il volto dell’Altro di guarda, ti interroga, si aspetta una risposta da te”. E chi “fa” Politica (con la P maiuscola) questa risposta deve essere pronto e capace di darla a tutte e a tutti: altrimenti è meglio che cambi mestiere.

Io pessimista? No: spero, credo ed opero per il meglio (l’UE); mi preparo anche al peggio (i sovranisti) ; opererò all’interno di quel che verrà in difesa delle mie idee! Un sorriso anche da parte mia – Riccardo

APPENDICE – TIR Titoli Irredimibili Rendita

16.06.20 si apprende: Paolo Savona: contro crisi emettere titoli pubblici irredimibili = (AGI) – Milano, 16 giu. – Per superare l’emergenza causata nei conti pubblici dall’epidemia di coronavirus l’Italia dovrebbe emettere obbligazioni pubbliche irredimibili ovvero senza scadenza, “uno strumento tipico delle fasi belliche, alle quali la vicenda sanitaria e’ stata sovente paragonata”. E’ la proposta avanzata dal presidente della Consob, Paolo Savona, oggi nell’annuale Discorso al mercato. Le obbligazioni “potrebbero riconoscere un tasso di interesse, esonerato fiscalmente, pari al massimo dell’inflazione del 2% che la Bce si e’ impegnata a non superare nel medio termine”. La sottoscrizione di obbligazioni irredimibili, anche detti ‘consols’, precisa “sarebbe ovviamente volontaria e l’offerta quantitativamente aperta”. In altri paesi le emissioni di consols sono state seriamente discusse e forme simili attuate, ma nessun esperimento pratico di questo tipo e’ stato tentato. Se i cittadini italiani non sottoscrivessero questi titoli, concorrerebbero a determinare decisioni che, ignorando gli effetti di lungo periodo di un maggiore indebitamento pubblico, creerebbero le condizioni per una maggiore imposizione fiscale. Emettere titoli irredimibili sarebbe quindi una scelta dai contenuti democratici piu’ significativi perche’, se sottoscritti, limiterebbero i rischi per il futuro del Paese e, di conseguenza, gli oneri sulle generazioni future, quelle gia’ in formazione e quelle che verranno”. (AGI)Gla 161102 GIU 20 NNNN.

Fa eco e amplifica il Presidente Mattarella: occorre puntare sul funzionamento e rinnovamento del mercato finanziario!

Paolo Savona arriva dopo George Soros (Il Sole 24 Ore del 22 aprile 2020 pagg. 1 e 25) e il nostro libro (De Marchi – Lucatti) del marzo 2020. Evvabbè …




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ANALIZZIAMO LA FINANZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 11:18 am

Detto altrimenti: e gestiamo separatamente ogni sua componente     (post 3933)

Fine anni ’70 – primi anni ’80. Feroce stretta creditizia. Noi, grandi utilizzatori (Stet-Società Finanziaria telefonica per Azioni SpA, Torino) e le banche (la prima fu la Banca Commerciale Italiana, AD Luigi Fausti, se ben ricordo) attivammo la prassi delle accettazioni bancarie: per ragioni di plafond imposto dalla Banca d’Italia, ogni banca non poteva concederci un credito per cassa oltre un tot? Ed allora ci facemmo concedere un credito di firma, cioè l’ accettazione della banca su una cambiale il che rendeva qual pezzo di carta assolutamente valido quale garanzia per un’altra banca che invece avesse ancora margini per cassa e che in tal modo avrebbe potuto erogare a noi il credito di cassa necessario. Mi pare di ricordare che l’iniziale plafond di accettazioni (erano contingentate anche quelle!)  concesso dalla Banca d’Italia alla Comit fosse di 200 miliardi di lire, e che questo plafond fosse subito utilizzato al 100%.

Racconto quanto sopra per evidenziare una prima identificazione dei diversi elementi che compongono un fatto di finanza: il credito per cassa e quello di firma, nel senso che una banca può erogare anche solo una delle di Rendita due forme. Ma veniamo ai Titoli Irredimibili di Rendita (chiamiamoli TIR!), di cui ai molti post precedenti. Anche qui l’operazione di finanza si scompone come segue:

  • Il risparmiatore-investitore eroga la somma per cassa;
  • l’ente emittente si procura finanza, non si indebita e garantisce all’investitore una rendita ma non la restituzione del capitale;
  • le banche – dietro il pagamento di una loro commissione – possono essere chiamate a garantire all’investitore la regolarità del pagamento della rendita;
  • l’ente emittente si riserva la facoltà di ricomperarsi il titolo;
  • l’investitore può recuperare il capitale vendendo il titolo in borsa.

Ogni soggetto fa una parte, la sua parte. E il tutto funziona!

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I TITOLI PATRIOTT

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 6:57 am

Detto altrimenti: una proposta sovranista     (post 3922)

Due esponenti politici che si definiscono di destra ma a mio sommesso avviso molto, molto  lontani dalla destra liberale di Malagodi, propongono che lo Stato emetta titoli di debito patriottici: riservati agli Italiani, a scadenza molto lunga, esentasse.  In altro post li ho criticati in quanto: escludono i finanziatori esteri; aumentano comunque il livello dell’indebitamento; sono un regalo per i ricchi.

Nel corso di un’intervista, la giornalista domanda ad un esperto economista, professore universitario e editorialista del Il Sole 24 Ore cosa ne pensasse. Risposta, “Si, potrebbero andare … abbiamo visto che anche nella recente asta da 22 mildi gli Italiani hanno risposto bene”. Risposta superficiale, incoerente con la domanda. Infatti non si trattava di titoli riservati agli Italiani, non erano a scaddenza lunghissima e non erano esentasse. Praticamente la sua è stata la risposta ad una domanda diversa: “Come valuta l’andamento dell’ultima asta di titoli tradizionali?”

Questi qui invece, quelli della proposta, io li chiamo titoli patriott, come quei missili: solo che questi “missili” sono puntati contro chi li emette.

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LA FINANZA DEL DOPO VIRUS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 5:52 am

Detto altrimenti: “… ma i soldi chi te li dà …?”      (post 3921)

Una vecchia canzone di Renato Carosone, “Tu vuo’ fa’ l’americano” … E continua: “Ma i soldi chi te li dà? La borsetta di mammà”: e in questi giorni per noi quella borsetta è l’UE. In questi stessi giorni ho ascoltato attentamente gli interventi di esimi professori, esperti e affermati economisti, di imprenditori, politici i quali tutti mostrano di avere grandi idee, una visione ampia dei problemi, indicano la strada per la “ricostruzione”, questa volta non di edifici bombardati ma del sistema economico e sociale “bombardato” dal virus. Tutte ottime parole, ottimi intenti, ottimi progetti.

Tuttavia fra i tanti devo dire che il pensiero di gran lunga più valido, concreto e convincente è quello di un vecchio “collega” di banca (all’inizio della mia carriera io ho lavoravo cinque anni in quella stessa grande banca), lui poi che in quella banca c’è rimasto fino ad arrivarne al vertice, e cioè che ad iniziare dal prossimo anno l’Italia deve assolutamente dimostrare alla politica e soprattutto alla finanza mondiale che riduce il debito pubblico, anno per anno, gradualmente. Sia pure un poco alla volta, ma che lo riduce (“Qual è la preoccupazione? Che in un recente passato non siamo stati capaci di ridurre questo debito sia pure in presenza di un avanza primario!”). Orbene, se non riuscissimo a diminuire – ma anzi, ove continuassimo ad aumentare il nostro indebitamento pubblico – probabilmente l’UE ci metterebbe alla porta, oppure potremmo essere noi stessi ad uscire da quella porta, su decisione di un governo “forte”, un governo di quelli che il popolo reclama ed acclama nei momenti di maggiore difficoltà; il governo degli uomini della provvidenza; quello di uomini che tutto il mondo ci invidia di mica tanto antica e di tanto triste memoria. In una parola: un governo sovranista!

Osservo: uscire dall’UE? Abbandonare quella che sarebbe invece la nostra vera soluzione (l’UE), e tornare alla lira, molto svalutata a causa di una fortissima inflazione; tornare al divieto di possedere valuta estera; di investire all’estero, alla feroce stretta creditizia e valutaria degli anni ’70; all’obbligo per gli importatori di finanziare in divisa le loro importazioni e di versare la metà dell’importo vincolato e infruttifero per sei mesi alla Banca d’Italia; tornare ai tassi bancari nominali del 25%, costo effettivo annuo del 35%; tornare a rendimenti dei titoli di stato a livello superiore a costo del denaro bancario. E’ questo che vogliamo? Ma già … molti attuali politici odierni negli anni ’70 non erano ancora nati, mica è colpa loro se non conoscono questi precedenti …

Quindi: la riduzione del debito pubblico è il primo obiettivo che ci dobbiamo porre, ridurre il debito e restare in UE. Ciò comporta di adottare tutti gli strumenti che possono contribuire a tale scopo, fra i quali le emissioni di Titoli di stato Irredimibili di Rendita, come più volte da me scritto in molti post precedenti. Al riguardo un affermato economista, il professore Marco Fortis (economista, docente universitario, editorialista del Il Sole 24 Ore) li ha citati come possibili/utili se emessi dall’UE, ma non se emessi dall’Italia in quanto sarebbero una sorta di “patrimoniale”, trascurando egli il fatto che la proposta che è stata fatta nel libro qui a fianco prevede espressamente che gli irredimibili italiani siano sottoscritti dai risparmiatori tassativamente solo su base volontaria, iniziando con la sostituzione volontaria di tranche di debito pubblico redimibile in scadenza. Ecco, una frase inserita quasi per inciso in un discorso molto ampio, rischia di condannare a morte il nascituro quando ancora è nel grembo materno: un nascituro, il Titolo Irredimibile Rendita, che NON è un debito e che invece contribuisce alla riduzione del debito pubblico.

Ma il da-me-non-espressamente-citato-vecchio-“collega”-di-banca ha aggiunto un’altra considerazione importantissima: il livello di rendimento degli irredimibili, superiore a quello dei titoli redimibili ad esempio di 1,5-2 punti, potrebbe/dovrebbe sì essere fisso per cinque anni,  ma rivedibile di quinquennio in quinquennio secondo una formula che garantisse il mantenimento del rispetto del reciproco interesse inziale delle due parti in causa: l’ente emittente ed il risparmiatore: una formula “onesta” che – nel tempo – non risultasse di danno a nessuna di esse.

Ma non basta: infatti – aggiunge l’amico – occorre che permanga la fiducia nello Stato da parte degli Italiani e dei soggetti esteri: fiducia nel fatto che il debito pubblico diminuisca e che lo Stato sia in grado di continuare a corrispondere gli interessi sui propri titoli. Ciò quale condizione necessaria a mantenere il valore del titolo irredimibile intorno a 100.

A questo punto mi permetto di aggiungere che il calcolo da fare sarebbe il seguente: redigere la situazione di tutte le scadenze dei titoli redimibili (circa 400-500 miliardi l’anno); iniziare ad offrire la sostituzione volontaria di titoli redimibili con titoli irredimibili, calcolare – nelle varie ipotesi – l’andamento dei flussi finanziari degli interessi e dei rimborsi/mancati rimborsi in linea di capitale e il conseguente effetto sulla diminuzione del livello del debito pubblico. Ivi compreso il calcolo dei possibili riacquisti graduali di irredimibili da parte dell’ente emittente.

Ah … dimenticavo: un’ulteriore considerazione del mio amico: il denaro deve avere un costo, non può essere “regalato”. Anche in questo mi sento di dargli ragione. E’ il pensiero che ho sempre maturato ogni volta che sento una promozione di un bene – ad esempio di un’auto – che viene offerta a rate senza interessi: infatti gli interessi sono compresi nel totale delle rate! Affermare che il denaro può non produrre interessi sarebbe come dire che può esistere l’acqua asciutta.

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OGGI HO RIVISTO LA BELLEZZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Giugno, 2020 @ 8:29 pm

Detto altrimenti: una pedalata dopo virus    (post 3921)

Qualche anno fa – diciamo trenta? – salivo da Trento con la bici da corsa, superavo Vigolo Vattaro, scendevo sul lago di Caldonazzo, imboccavo la Valsugana, salivo a Telve di sopra, scalavo il passo del Manghen, scendevo fino a Molina di Fiemme e per la Val Floriana – Segonzano rientravo a Trento: 145 km. Anni fa. Oggi con la mia e-bike ho “scalato” Vigolo Vattaro. Poi il Lago di Caldonazzo, Levico, la Strada Vecchia Levico, Pergine, il lago di Canzolino,  i forti di Civezzano, discesona su Trento. In totale 50 km, consumo della batteria al 60% di una da 400. Evvabbè … a 76 anni che vi aspettate?

Qualche anno fa (1990)   
sul Manghen! Io utilizzo ancora oggi la bici bianca e l’antivento blu
(al centro Lino Benassi, a destra Giuliano Rigoni)

Il passo Manghen (m 2047): dopo avere scavalcato Vigolo Vattaro e scesi a Caldonazzo, siamo saliti dalla Valsugana per 23,4 km, pendenza media del 7%; ultimi 7 km pendenza media del 9,5%, con punte del 15%. Siamo scesi dal versante di Molina di Fiemme: 16,4 km al 7,5% medio, con punte del 9,5%. Poi Val Floriana – Segonzano – Trento.

La bellezza? Di bellezze oggi ne ho viste quattro: il Lago di Caldonazzo; il castello di Pergine; il laghetto di Canzolino e da Civezzano la vista della Valsugana verso sud.

Caldonazzo: anne lacus tantos?  E che dovrei dire di laghi così belli?

1 – Alla fine della veloce discesa che da Vigolo Vattaro ti fa planare all’inizio della Valsugana, ecco il lago di Caldonazzo. Cald, in tedesco Kalt, freddo, come Caldaro, Kaltersee, il lago freddo. E invece una spiaggia con i primi turisti post Covid19 in costune da bagno, un’improvvisa riviera fra le montagne ad un passo da casa!

2 – Levico, alla fine della pedalabilissima salita della Strada Vecchia Levico in alto sulla destra, ad ore 14,00 diremmo con gergo nautico contro un azzurro chiaro spicca la mole ardita ed imponente del Castello di Pergine.

Rispettare le biciclette? Più di così … con l’inchino? (Ing. Giovanni Soncini, 2018)

3 – Terza visione: il laghetto di Canzolino. Improbabile, chi se lo sarebbe aspettata una così limpida perla d’acqua, nascosta al gran traffico e per questo ancora più apprezzabile?


Claudio Colbacchini a Canzolino (2017)

4 – Da Civezzano, lo sguardo si allarga verso sud letteralmente per “entrare” nella Valsugana: un anfiteatro di verde e d’azzurrro, una boccata di ossigeno per gli occhi e per lo spirito.

Sono stati panorami consueti da anni e per anni, ma oggi, dopo quasi tre mesi di clausura, la mia sensibilità percettiva è molto aumementata ed è stato quasi come se io vedessi quelle bellezze per la prima volta.

Trentino: vivere immersi nella bellezza!
Good bike everybody!

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PAT SPA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Giugno, 2020 @ 3:10 pm

Detto altrimenti: “… facciamo che PAT era …. che il Comune era …”     (post 3920)

PAT – Provincia Autonoma di Trento  (chiarisco perché molti dei miei lettori sono “Taliani”, cioè non Trentini). Facciamo che … vi ricordate la frase che si pronunciava da bimbi, durante i nostri giochi? … che io ero lo sceriffo, tu il bandito, lui il capo indiano … storie indotte, importate da un altro paese (come se noi non avessimo avuto le nostre da emulare, i nostri butteri, i nostri bravi banditi … ci sarebbero mancati solo gli indiani con le piume in testa ma mica si può avere tutto nella vita!).

E allora, facciamo che la PAT era  una SpA il cui capitale sia posseduto per il 25% da un unico azionista, e il rimanente sia diviso fra 281 piccoli azionisti. Si potrebbe a ragione affermare che quell’azionista possiede il pacchetto azionario di maggioranza relativa, quasi un pacchetto di controllo della SpA. Possiamo fare un altro esempio: facciamo che la PAT era una SpA Finanziaria mista, cioè di partecipazione e di coordinamento finanziario e che possegga 282 SpA operative, una delle quali, da sola, rappresenti il 25% del volume totale del fatturato di gruppo.

Ecco, esco dalle immagini “aziendalistiche”, solo per dire che il ruolo di Trento Città Capoluogo, è molteplice. Infatti, Trento

  • è comunque “città”;
  • è il maggiore centro di pensiero organizzato dell’intera provincia;
  • è il luogo geometrico dei punti nel quale il potere è unito alla responsabilità;
  • è il luogo geometrico dei punti nel quale si avvertono i benefici e/o i danni di decisioni prese o non prese in altri ambiti (cosiddetti “superiori”).

A ottobre avremo le nostre elezioni comunali. Penso che molta gente potrebbe essere invogliata a votare il candidato sindaco che mostrasse di avere questa visione del proprio ruolo.

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Protetto: FOTOSTORIA ACCADEMIA DELLE MUSE – 3

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Maggio, 2020 @ 6:59 am

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