MICHELE GADENZ

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Giugno, 2020 @ 6:01 pm

Detto altrimenti: Micel,  il  “paron” delle Pale di S. Martino      (post  3929)

Io, genovese d’origine, classe 1944, sampdoriano, risiedo a Trento da 35 anni. Vidi la prima volta le Dolomiti dall’auto. Avevo diciassette anni, poco prima della riapertura autunnale delle scuole, ero a Bolzano in visita in treno da Genova alla zia Amalia che era ragioniera capo all’amministrazione provinciale (Presidenza Magnago) di quella città. Bolzano, la città nella quale mamma aveva insegnato fra gli altri ad Alcide Berloffa e dove aveva conosciuto babbo, che poi aveva sposato a Genova. Ed ecco la poesiola che ne è nata (primo colpo di fulmine):

Dolomiti la prima volta

Si sale pian piano / con una seicento che sbuffa / fra nuvole stanche / sedute nei prati rossi di umori / e di foglie. / E sotto il maglione d’autunno / compare / dapprima ogni tanto / e quindi ogni poco / il bianco sparato di neve. / D’un tratto si apre / nel sole / una torre dorata / adagiata su coltri / di freddo vapore d’argento. / Il ricordo di Lei / profuma nei sogni nascosti / di un solitario turista / un po’ fuori stagione / che ha spalancato per caso / la porta di un camerino / e s’innamora alla vista / della Prima Donna / intenta a rifarsi il trucco / per lo spettacolo d’inverno.

Campanil Basso, Brenta Alta, Cima Margherita (Via Videsott)

Toccai con mano quelle montagne gioiello all’età di vent’anni, quando, in vacanza da Genova a Cles – dove il babbo era Maresciallo Maggiore dei CC – un nostro amico (Giacomo Dusini) ci portò a fare il giro delle Bocchette.  Salivamo da Vallesinella ed ecco che improvvisamente la cima del Crozzon di Brenta emergere a galleggiare sul mare delle nuvole mattutine. Quando si dice il “secondo colpo di fulmine”.

Dalla vetta della Cima Margherita, vista sulla Cima Tosa
(conservo ancora scarponi mod. “Guida” leggeri e giacca!)

Rientrato a Genova mi iscrissi ai corsi di alpinismo della Scuola Bartolomeo Figari del CAI Sez. Ligure, prima da secondo e poi da capo cordata, sino a diventare Aiuto Istruttore Sezionale. Successivamente il lavoro mi portò in giro per l’Italia e all’estero e finì lì la mia carriera di istruttore, non quella di alpinista. Infatti, oltre alle salite dalle “mie parti” (Alpi Marittime e Valle d’Aosta), tornavo ogni estate in Trentino e per circa dieci giorni ero nel “mio” in Brenta. Poi non ricordo come, lo tradii per le Pale di San Martino.

In Alpi Marittime

Oggi, 8 giugno 2020, ricevo per posta il n. 2/2020 della rivista del CAI-Sezione Ligure, sodalizio al quale sono rimasto legato da ben 56 bollini annuali (1965-2020). Alle pagine 48-50 trovo il bell’articolo “Cimon della Pala – Spigolature di storia alpinistica” a firma Matteo Graziani, IS Scuola Nazionale Scialpinismo “Ligure”, ed ho subito pensato a Micel a quella splendida montagna, un po’ “mia” anch’essa.

Da sinistra: Michele Gadenz ed io. Non ricordo le altre persone, mi scuseranno

Infatti, come in Brenta ero affezionato al Rifugio Pedrotti alla Cima Tosa, sulle Pale mi legai fedelmente al Rifugio Rosetta, nel quale – erano gli anni ’60 – ’70, ebbi il piacere e l’onore di conoscere e frequentare Michele Gadenz detto Micel, gestore del rifugio, capo del Soccorso alpino, grande scalatore (innumerevoli le vie aperte da Micel!), innamorato delle sue montagne. Di Micel ricordo come si preoccupava di informarsi quale salita avremmo fatto, se conoscevamo bene il percorso di salita e quello di discesa, come eravamo attrezzati, quale fosse il nostro grado di preparazione e di allenamento, a che ora pensavamo di essere di ritorno.

Un prezioso cimelio

Chiarito tutto ciò, ci regalava quelli che lui definiva gli “schizzi”, cioè preziose piantine da lui stesso disegnate a mano e a memoria, le quali all’atto pratico sarebbero risultate assai più utili di qualsiasi guida! Negli “schizzi” era segnalato ogni sasso, ogni sporgenza, ogni pinnacolo, passare di qui non di là, salire, scendere, fare attenzione … insomma, un vero Schutzengel, “angelo custode”.

Il terzo nella foto, primo nella fila: Micel. Io sono fra i due.

Tornavo al Rosetta di anno in anno, e Micel mostrava di apprezzare che io ricordassi le salite fatte o che mi aveva suggerito l’anno prima: aggrottava le ciglia istintivamente – non era un atteggiamento – mentre tutto serio approvava questo nostro ricordare: “Si vede che sei veramente appassionato e fedele alla montagna…” Lui che sull’altopiano intorno al Rosetta, aveva tracciato con la vernice dei segnali a raggera che conducevano al rifugio chi, ove si fosse alzata la nebbia, avrebbe bivaccato all’aperto pur a poche centinaia di metri dal rifugio!

Io, il primo sulla destra, in una pausa, con le guide del soccorso alpino

Non ho intenzione di elencare qui le salite fatte se non due per motivi diversi: la Via Castiglioni al Campanile Pradidali (salita che feci insieme a Nello Tasso, se ben ricordo), nella quale ci fu utilissimo lo schizzo di Micel che ci condusse agevolmente ad imbroccare la complessa ed intricata via di discesa.  E poi SM-Sua Maestà il Cimon della Pala. La vetta più bella, la salita più ricercata anche se non la più difficile (l’ardito spigolo non supera il terzo grado) e la via normale è un secondo grado con un passaggio di terzo (n. b.: i gradi sono quelli dei miei tempi, ora sono cambiati. Poi, vi sono anche le vie più difficili, tipo la “Fumo negli occhi”, ma questa è un’altra storia). E lo cito per una serie di motivi.

Sul Dente del Cimone: Rifugio Rosetta, esci la mattina, scendi per un sentiero, 
scali una piccola parete di 2-300 metri (Dente del Cimone, il Cusiglio, la Rosetta), arrivi in vetta all’altezza della … tua pastasciutta in rifugio! E il pomeriggio si replica, magari dal rifugio in su (ad es. Le due Beppine)

Il primo: su quella cima io Aiuto Istruttore Sezionale, portai (e riportai a casa, sano e salvo ed entusiasta) un caro vecchio amico, Alfredo Fanara, ingegnere genovese, il quale non era mai stato su una roccia !).

Dalla vetta del Cimon della Pala: laggiù S. Martino di Castrozza

Il secondo: settembre 1968, in vacanza premio dopo la laurea e prima del servizio militare. Accompagnai il Soccorso Alpino nella ricerca di un disperso, Gerard Sprand se ricordo: era salito in solitaria lungo lo spigolo, non aveva individuato la via di discesa (non aveva gli schizzi di Micel e le guide straniere erano molto imprecise!)  ed era precipitato nello scendere per la parete nord, dal lato del ghiacciao del Travignolo: roccia friabile, bagnata, con ghiaccio qua e là.

Il terzo: quella è stata la mia prima salita in solitario, cioè slegato. 1975, ero in vacanza a Carano. Dissi a mia moglie: vado, scalo e torno. E così feci. Arrivato in vetta trovai un reparto delle Fiamme Gialle di Moena intente a fare esercitazioni. Mi chiesero dove fosse il mio compagno: “Sono solo” risposi un po’ fiero di me stesso. “Posso utilizzare le vostre corde doppie da 50 metri, già da voi armate per la discesa? Si? Grazie!” E in attimo fui ai piedi della parete e quindi all’Hotel Corona di Carano del Signor Braito (che memoria che ho per le cose “vecchie”! Quelle recenti invece, talvolta mi sfuggono!)

Luciano Righetti, in vetta

Altre salite sulle Pale e sul Cimon de la Pala mi videro compagno all’amico Luciano Righetti, che saluto da queste pagine.

Luciano Righetti, in vetta e laggiù S. Martino di Castrozza

Ecco, oggi io genovese ormai ampiamente trentinizzato, ho telefonato a Gianfranco Gadenz, il figlio di Micel, gli ho mandato quelle poche foto che ho, gli ho chiesto di mandarmi  alcune notizie sul suo caro papà, perché è mia intenzione scrivere un articolo su di lui e inviarlo alla “mia” Sezione Ligure, a complemento dell’articolo che ha messo in moto questo post.

A presto, dunque e … excelsior, nel ricordo di Micel!

.

.

.

.

Comments Closed

VIAGGIO IN ITALIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Giugno, 2020 @ 6:26 am

Detto altrimenti: viaggiando s’impara       (post 3928)

Viaggio in Italia (Italienische Reise) è un’opera che Johann Wolfgang Goethe scrisse tra il 1813 e il 1829 in ben tre volumi a seguito di due suoi viaggi nel Bel Paese. Viaggiare oggi: il Covid19 ha bloccato la mia programmazione di un Viaggio in Sicilia. Vedremo se e come si risolve questa situazione. Nel frattempo “non ci resta che … scriverne”.

Navigare necesse est, vivere non est necesse (“Navigare è indispensabile, vivere no”), è l’esortazione (rectius: minaccia) che, secondo Plutarco, Gneo Pompeo fece ai suoi marinai, i quali opponevano resistenza in Sicilia a imbarcarsi alla volta di Roma a causa del cattivo tempo. Da qui la lingua italiana ha tratto altre esortazioni, tipo volare necesse est”, per invitare i giovani ad iscriversi all’Arma Aereonautica. A me piace trarne un’altra: viaggiare necesse est: è necessario, conveniente viaggiare, per conoscere altri mondi, altre realtà, altri modo di vivere e quindi per conoscere meglio noi stessi. E durante il viaggio, soggiornare nei luoghi, parlare con la gente, conoscerla, fare amicizia, capirla. Per questo mi piace viaggiare nel nostro meridione, nel quale l’apparente invadenza nei tuoi confronti in realtà è attenzione, disponibilità, desiderio di stabilire un rapporto.

Ed ecco che ho ripreso un mio viaggio in Basilicata.

Ovviamente con le bici al seguito! (S. Teodoro, poco a sud di Metaponto)

Villaggio arabo soppra Tursi
Ma … è vera o è finta? Tursi, il figlio di Andrea Doria era Duca di Tursi.
 La sede del Comune di Genova è nel Palazzzo Tursi
Le case della riforma agraria
Strade non trafficate, ideale per noi ciclisti!
Just the nature, my bike and me …
“Cornuto … a chi?!”
Metaponto
“Ma ci sarà l’uomo delle caverne'”
“Arrivooo!”
“Ma si, ormai me lo tengo così com’è …” (Matera)
Aliano: la tomba di Carlo Levi (“Cristo si è fermato ad Eboli”)
S. Teodoro vecchio: un vero gioiello da rivalutare!
Dolomiti anche in Basilicata!
Da S. Teodoro a Marconia, a fare la spesa

Cinque amicizie locali: 1 – Con il contadino custode della fattoria trasformata in appartamentini vacanze.

2 – Con il venditore di formaggi, che mi ha voluto mostrare il suo laboratorio (“Latticini Val Basento”, Via A. Gramsci)

3 – Con l’ormai amico Nicola, il panettiere-pasticcere, la cui moglie è laureata in legge come me. Lui che, alla nostra partenza per Trento, ha voluto regalarci le focacce “per il viaggio” (Panificio La Spiga d’Oro, Via Nazionale, Marconia) – Oggi ci siamo salutati per telefono!

“Ciao, Nicola!”

4 – Con il verduraio, sua moglie e sua suocera.

La spesa in piazza!

5 – Sulla spiaggia, con un improvvvisato, entusiasta aspirante velista che io – da velista gardesano qual sono – ho aiutato ben volentieri

Altro viaggio, a Napoli. E qui ho fatto amicizia con … alcuni avvisi posti sugli autobus!

E infine, all’interno di un bar, l’indicazione del WC

Che vi avevo detto? Viaggiando s’impara!

.

.

Comments Closed

L’AZIENDALIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Giugno, 2020 @ 3:11 pm

Detto altrimenti: si può fare, ma in modo “onesto”      (post 3927)

Quelli i servizi pubblici non sono tutti uguali. Il trasporto ferroviario ad esempio. È stato liberalizzato, vi sono più operatori che lo gestiscono: si dice che ciò giova alla concorrenza e quindi all’efficienza del servizio. Ma non è di questo che voglio scrivere, bensì del Servizio Sanitario Nazionale o “locale” quando, come nel caso della nostra provincia Autonoma, esso rientra fra le competenze decentrate, lasciate cioè in gestione alla nostra Autonomia Amministrativa Speciale.

.

In questo caso l’aziendalizzazione ha comportato due aspetti negativi: uno facilmente rimediabile, l’altro meno. Il primo consiste nel voler valutare un servizio anche molto sulla base del risultato economico. Il rimedio? Poiché il servizio è obbligato a fornire molte prestazioni gratuitamente o sottocosto, basta imputargli come “ricavi” tutti i propri costi non coperti da ricavi effettivi.  Ho imparato a conoscere questo sistema quando lavoravo nel Gruppo Siemens a Milano: in quell’ambito, tutti i costi del servizio assistenza tecnica non coperti da incassi effettivi (in quanto ad esempio rientranti nelle garanzie contrattuali) ai fini della sua valutazione annuale
venivano imputati come ricavi del servizio stesso.

Il secondo aspetto difficilmente rimediabile? La prevalenza del settore amministrativo gestionale su quello medico. In altre parole, la burocratizzazione. Ma qui il discorso è assai più complicato …

.

Passiamo a trattare di un altro servizio pubblico e prendiamo quelli prestato da una società comunale della sosta. Ha in concessone tot stalli auto. Il Comune destina un certo numero di stalli per alcuni giorni all’utilizzo gratuito di una manifestazione. Nulla in contrario, ma a fine anno la società, oltre al bilancio civilistico e a quello fiscale, redigerà anche un bilancio “calcolatorio”, che riporterà fra gli incassi anche quelli persi “per ordine” del Comune suo azionista.

.

Poco sopra vi parlavo della Siemens. Qui sopra vi dicevo di come veniva figurativamente “arricchito” il risultato economico di un servizio. Ora vi dico come veniva figurativamente “impoverito” quello finale della società. Infatti la valutazione del risultato di bilancio non viene fatta solo sui dati civilistici e fiscali di fine d’anno, ma il risultato – ai fini della sua valutazione da parte degli azionisti – viene impoverito degli utili che la società avrebbe dovuto generare, tenuto conto dell’intero capitale investito dall’azionista, cioè degli “interessi calcolatori”.

Quando si dice la Germania …

Comments Closed

UGUAGLIANZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Giugno, 2020 @ 7:12 am

Detto altrimenti: Alessio di Tocqueville, chi era costui?       (post 3926)

.

.

Tocqueville, il visconte Alexis Henri Charles de Clèrel de Tocqueville (1805-1859) è stato un filosofo, politico, storico, precursore della sociologia, giurista e magistrato francese. È considerato uno degli storici e studiosi più importanti del pensiero liberale, liberal conservatore e del liberalismo progressista. Per un periodo della mia vita ho lavorato in Via Alessio di Tocqueville, a Milano, responsabile delle relazioni finanziarie della Italtel, con Donna Marisa Bellisario. Già all’epoca mi ero chiesto chi fosse costui. Il Tocqueville fu fra i primi a osservare (o a temere?) che l’egualitarismo, nonostante l’avversione e la resistenza accanita che esso suscita ogni volta nella storia, è una delle grandi molle dello sviluppo.

.

Uguaglianza, detto altrimenti parità. E qui viene subito alla mente la parità di genere, una se non la maggiore battaglia di civiltà del nostro tempo. Una battaglia di democrazia palese, perché formalmente tutti la sostengono, anche se poi segretamente, non tutti “questi tutti” ne sono concretamente sostenitori: basta vedere come si sono comportati i signori senatori maschi alla lettura ed alla votazione in senato della mozione sottoscritta, promossa e letta dalla Sen.ce Donatella Conzatti, mozione che impegna il governo su questo tema: uno solo ha preso la parola, molti sono usciti dall’aula, pur attenti a non far mancare quel minimo numero legale che sarebbe stato veramente troppo! Mozione comunque approvata all’unanimità.

Uguaglianza etnica o nazionale. E qui i “disuguaglianti” sono usciti allo scoperto: siamo passati da “non si affitta a meridionali” della Torino anni ’50, all’attuale “aiutiamoli a casa loro” e “prima gli Italiani”. Il tema mi porterebbe su un altro, separato LP-Long Post.

Uguaglianza delle classi sociali, come terzo tavolo di confronto. E’ stata l’esasperazione del comunismo, ed ha ampiamente dimostrato il proprio insuccesso. Oggi viene rappresentata e da taluno perseguita in modo più o meno palese ma soprattutto sotto una forma più temperata, nel senso di “diminuzione dell’enorme divario fra la ricchezza e la povertà”, alias “distribuzione un po’ più omogenea della ricchezza del mondo (degli esseri umani) e delle risorse naturali della terra (del pianeta)”.

In favore di questo tipo di uguaglianza si erano già pronunciati Tommaso Moro (San Tommaso moro, dal 1935) alias Thomas More nella sua “Utopia” e Tommaso Campanella ne “La città del Sole”. Io non ho letto il Campanella, ma ho letto (Ed. Laterza) e riletto l’Utopia di Moro, da ultimo nella traduzione di Maria Lia Guardini (Ed. Piccola Biblioteca del Margine). Al riguardo mi permetto di suggerire di fare precedere la lettura di quest’opera da quella della biografia dell’Autore: “Tommaso Moro, l’uomo completo del Rinascimento”, di Elisabeth-Marie Ganne, Ed. San Paolo, traduzione di Bruno Amato: aiuterà molto a comprendere il pensiero di Moro.

Ecco, io credo che quest’ultima “uguaglianza” sia oggi la più difficile da perseguire, se non altro perchè i “disuguaglianti assoluti” non escono allo scoperto (e quindi più difficilmente possono essere contestati) e frenano questo processo in modo occulto ma efficace. E scrivo perseguire e non raggiungere anche perchè personalmente io sono contrario all’uguaglianza in assoluto a tutti i costi, costi quel che costi, ma sono favorevole ad un temperamento di questo tipo di enorme disuguaglianza per diversi motivi:

una prima ragione, di ordine morale, per cui il non fare agli altri etc. sul piano pratico si traduce anche nel non affamare gli altri, non farli morire di malattie, di mancanza di acqua potabile, di istruzione, di futuro;

una seconda ragione riguarda la crescita (non esclusivamente economica!) del genere umano, la cui molla è il potere-dovere eccellere, una sana e costruttiva competizione innanzi tutto culturale e quindi creativa di ogni sorta di sviluppo in ogni campo;

una terza ragione meno nobile ma altrettanto valida: se tutto quello che tocchiamo diventa oro, alla fine cosa mangeremo? I nostri lingotti d’oro? E se continuiamo a sfruttare e a impoverire la maggior parte degli abitanti della terra per aumentare la nostra produzione e la nostra ricchezza, alla fine avremo impoverito a tal punto i potenziali consumatori che le nostre merci resteranno invendute nei magazzini.

E se mi sbaglio, mi corigerete.

.

.

Comments Closed

FOTOPOST

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Giugno, 2020 @ 11:47 am

Detto altrimenti: un po’ … st di pausa dopo tanti post impegnati e impegnativi!  (post 3925)

Una piccola ape si ripara dalla pioggia sotto un petalo di dipladenia

Una delle mie passioni sono i fiori e il mio orto monotematico. I fiori, nei molti vasi, rinnovata la terra, viaggi a comperarne di nuova e a scaricare la vecchia in discarica.

Excelsior! Fra qualche tempo unirò le due cime con un arco

E poi, per le dipladenie, costruire l’architettura che ne sostenga la crescita in verticale.

Il mio orto

Orto monotematico? Certo, da buon genovese d’origine non ho dimenticato il basilico, destinato a diventare un ottimo pesto. Circa 120 piantine, tre raccolti l’anno, in media 1 kg di foglioline a raccolto. Mica male …

Cosa non si riesce a fare su un paio di balconi!

.

Comments Closed

LE CONFESSIONI DI UN SETTUAGENARIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Giugno, 2020 @ 7:07 am

(IN VISTA DELLE PROSSIME ELEZIONI COMUNALI A TRENTO CHE MI VEDONO CANDIDATO)

(leggere l’importante appendice!)

Le strisce! Mettiamole le strisce!

.

.

Detto altrimenti: sulla scia dell’ottuagenario di Ippolito Nievo, che da veneziano passò ad essere italiano, io che da settuagenario cittadino italiano vorrei passare ad essere cittadino europeo (post 3924)

.

.

.

.

Trento, il “Buonconsiglio”

Un cuore d’asino, un cuore di leone: così mi sentivo fino a poco tempo fa, nel senso che, abituato da una vita ad essere operativo e ad agire in concreto, mi pareva di essere diventato un consulente esterno che deve produrre idee senza però potere disporre di tutte le informazioni societarie e tanto meno senza essere nella posizione dalla quale poter agire direttamente: che volete, dopo una vita da manager, sono cose che capitano. Ecco perchè – per la prima volta nella mia vita – ho deciso di impegnarmi operativamente in Politica e  mi sono candidato alle prossime “comunali” per dare alla comunità il meglio di me stesso, ovvero l’esperienza di una vita da manager. E come tale, nel frattempo, sono stato invitato a fare il coordinatore del Gruppo di Lavoro Finanza ed Economia mista.

.

.

I contributi di una certa politica che ruotano intorno a noi? Mi pare che agiscano su due livelli: uno ristagna troppo basso; l’altro “vola troppo alto”. Mi spiego: i primi si occupano (pur doverosamente) di singoli fatti specifici (pur importanti) quale ad esempio la funivia del Bondone o gli orari della città; i secondi, sono affermazioni (pur doverose) che non vanno oltre loro stesse, cioè oltre la dichiarazione di un principio. E invece mi fa piacere constatare che la nostra Politica stia definendo sempre meglio con maggiori dettagli il “modello di città” che vogliamo, a metà strada fra i due livelli sopra elencati. Ma non basta: i nostri contributi/contenuti inizialmente solo “cittadini”, sono automaticamente, doverosamente e naturalmente proiettati verso la dimensione provinciale e nazionale: natura non facit saltus, diceva quel tale filosofo, ed aveva ragione! Ed è proprio nella natura delle cose che ogni fatto debba essere valutato e “agito” rispetto alle sue cause, a se stesso e alle sue conseguenze, nelle tre dimensioni: logica, temporale, spaziale.

.

.

Ma veniamo al lavoro del Gruppo che coordino: attenti a quei due! A noi due vecchi amici da una vita che ci siamo occupati soprattutto dei TIR-Titoli Irredimibili Rendita quale strumento per la riduzione del debito.
Sui “TIR” trovate molto in tanti post precedenti. Tuttavia mi pare che il problema – che pure è assolutamente centrale – non sia stato capito, quando da taluno  si obietta che “sono l’ultima spiaggia … non va bene un rendimento del 4% con i tassi in calo …”. Per qualche mese, forse un anno, i tassi possono essere in calo, ma se non riduciamo il debito ci buttano fuori dall’UE (oppure saranno i nostri sovranisti ad farci uscire!) ed allora i tassi andranno a due cifre anche oltre il 25%: si è già visto negli anni ’70. E poi i “nostri” TIR possono ben essere a tasso rivedibile. Gli anni 70? Quelli che furono seguiti da un vero e proprio secondo “miracolo italiano”: l’essere sopravvissuti a quella fase!

.

.

.

Ed ora passiamo dalla finanza all’economia. Vedete, le SpA e i sistemi pubblici si stanno reciprocamente avvicinando: le SpA stanno capendo che l’obiettivo non può essere più solo o principalmente l’utile economico, ma la crescita umana; i sistemi pubblici stanno capendo che un po’ di equilibrio economico e finanziario non guasta. Ed ora che iniziamo ad occuparci delle SpA a partecipazione comunale (mi auguro che il Comune abbia qualche azione anche di SpA a maggioranza PAT, così noi ci potremo occupare anche di quelle) mi permetto di suggerire a tutti  la lettura del libro di Pier Luigi Celli “Il potere, la carriera e la vita – Memorie di un mestiere vissuto controvento” Ed. Chiarelettere, libro che io annovero fra i miei “vangeli laici” in quanto evidenzia la cultura dei molti valori diversi dall’utile economico che sono da tutelare all’interno di quei sistemi: cosa che io ho fatto durante l’intera mia vita di lavoro.  Orbene, anche il settore pubblico “deve” imparare questo stile, altrimenti la sua gestione sarà semplicemente dannosa al sistema delle relazioni umane, anche in presenza di eventuali utili di bilancio. Altrimenti? Altrimenti è meglio che una società pubblica diventi una public company, cioè “posseduta dal pubblico dei cittadini” (to go public in inglese significa “privatizzare”) e sia gestita secondo le regole del migliore liberismo sociale.

Un primo passo per ogni SpA che si rispetti è ottenere le tre certificazioni “base”: qualità, ambientale, sociale. Ma c’è di più: una SpA privata olearia di Oneglia ha ottenuto la certificazione americana B Corp (Benefit Corporation) che ne attesta l’alto impatto sociale e ambientale: essa certifica la massima attenzione quanto a materiali, prodotti, filiera di fornitura, energia, risorse umane, conservazione delle tradizioni mediterranee, ambiente.

.

.

Ed infine, il dialogo. IT – ICT: siamo già passati dalla Information Technology alla Information Communication Technology – Ora dobbiamo fare un passo ulteriore ed arrivare alla ICDT – Information Communication Dialogue Technology, ovvero alla tecnologia del dialogo, la quale sarà molto ardua da adottare almeno fino a quando non potremo parlare guardandoci negli occhi. Anche a questo riguardo mi piace chiamare in campo la filosofia, quella del filopsofo del volto, Emmanuel Levinas: “Il volto dell’Altro di guarda, ti interroga, si aspetta una risposta da te”. E chi “fa” Politica (con la P maiuscola) questa risposta deve essere pronto e capace di darla a tutte e a tutti: altrimenti è meglio che cambi mestiere.

Io pessimista? No: spero, credo ed opero per il meglio (l’UE); mi preparo anche al peggio (i sovranisti) ; opererò all’interno di quel che verrà in difesa delle mie idee! Un sorriso anche da parte mia – Riccardo

APPENDICE – TIR Titoli Irredimibili Rendita

16.06.20 si apprende: Paolo Savona: contro crisi emettere titoli pubblici irredimibili = (AGI) – Milano, 16 giu. – Per superare l’emergenza causata nei conti pubblici dall’epidemia di coronavirus l’Italia dovrebbe emettere obbligazioni pubbliche irredimibili ovvero senza scadenza, “uno strumento tipico delle fasi belliche, alle quali la vicenda sanitaria e’ stata sovente paragonata”. E’ la proposta avanzata dal presidente della Consob, Paolo Savona, oggi nell’annuale Discorso al mercato. Le obbligazioni “potrebbero riconoscere un tasso di interesse, esonerato fiscalmente, pari al massimo dell’inflazione del 2% che la Bce si e’ impegnata a non superare nel medio termine”. La sottoscrizione di obbligazioni irredimibili, anche detti ‘consols’, precisa “sarebbe ovviamente volontaria e l’offerta quantitativamente aperta”. In altri paesi le emissioni di consols sono state seriamente discusse e forme simili attuate, ma nessun esperimento pratico di questo tipo e’ stato tentato. Se i cittadini italiani non sottoscrivessero questi titoli, concorrerebbero a determinare decisioni che, ignorando gli effetti di lungo periodo di un maggiore indebitamento pubblico, creerebbero le condizioni per una maggiore imposizione fiscale. Emettere titoli irredimibili sarebbe quindi una scelta dai contenuti democratici piu’ significativi perche’, se sottoscritti, limiterebbero i rischi per il futuro del Paese e, di conseguenza, gli oneri sulle generazioni future, quelle gia’ in formazione e quelle che verranno”. (AGI)Gla 161102 GIU 20 NNNN.

Fa eco e amplifica il Presidente Mattarella: occorre puntare sul funzionamento e rinnovamento del mercato finanziario!

Paolo Savona arriva dopo George Soros (Il Sole 24 Ore del 22 aprile 2020 pagg. 1 e 25) e il nostro libro (De Marchi – Lucatti) del marzo 2020. Evvabbè …




Comments Closed

ANALIZZIAMO LA FINANZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 11:18 am

Detto altrimenti: e gestiamo separatamente ogni sua componente     (post 3933)

Fine anni ’70 – primi anni ’80. Feroce stretta creditizia. Noi, grandi utilizzatori (Stet-Società Finanziaria telefonica per Azioni SpA, Torino) e le banche (la prima fu la Banca Commerciale Italiana, AD Luigi Fausti, se ben ricordo) attivammo la prassi delle accettazioni bancarie: per ragioni di plafond imposto dalla Banca d’Italia, ogni banca non poteva concederci un credito per cassa oltre un tot? Ed allora ci facemmo concedere un credito di firma, cioè l’ accettazione della banca su una cambiale il che rendeva qual pezzo di carta assolutamente valido quale garanzia per un’altra banca che invece avesse ancora margini per cassa e che in tal modo avrebbe potuto erogare a noi il credito di cassa necessario. Mi pare di ricordare che l’iniziale plafond di accettazioni (erano contingentate anche quelle!)  concesso dalla Banca d’Italia alla Comit fosse di 200 miliardi di lire, e che questo plafond fosse subito utilizzato al 100%.

Racconto quanto sopra per evidenziare una prima identificazione dei diversi elementi che compongono un fatto di finanza: il credito per cassa e quello di firma, nel senso che una banca può erogare anche solo una delle di Rendita due forme. Ma veniamo ai Titoli Irredimibili di Rendita (chiamiamoli TIR!), di cui ai molti post precedenti. Anche qui l’operazione di finanza si scompone come segue:

  • Il risparmiatore-investitore eroga la somma per cassa;
  • l’ente emittente si procura finanza, non si indebita e garantisce all’investitore una rendita ma non la restituzione del capitale;
  • le banche – dietro il pagamento di una loro commissione – possono essere chiamate a garantire all’investitore la regolarità del pagamento della rendita;
  • l’ente emittente si riserva la facoltà di ricomperarsi il titolo;
  • l’investitore può recuperare il capitale vendendo il titolo in borsa.

Ogni soggetto fa una parte, la sua parte. E il tutto funziona!

.

.

Comments Closed

I TITOLI PATRIOTT

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 6:57 am

Detto altrimenti: una proposta sovranista     (post 3922)

Due esponenti politici che si definiscono di destra ma a mio sommesso avviso molto, molto  lontani dalla destra liberale di Malagodi, propongono che lo Stato emetta titoli di debito patriottici: riservati agli Italiani, a scadenza molto lunga, esentasse.  In altro post li ho criticati in quanto: escludono i finanziatori esteri; aumentano comunque il livello dell’indebitamento; sono un regalo per i ricchi.

Nel corso di un’intervista, la giornalista domanda ad un esperto economista, professore universitario e editorialista del Il Sole 24 Ore cosa ne pensasse. Risposta, “Si, potrebbero andare … abbiamo visto che anche nella recente asta da 22 mildi gli Italiani hanno risposto bene”. Risposta superficiale, incoerente con la domanda. Infatti non si trattava di titoli riservati agli Italiani, non erano a scaddenza lunghissima e non erano esentasse. Praticamente la sua è stata la risposta ad una domanda diversa: “Come valuta l’andamento dell’ultima asta di titoli tradizionali?”

Questi qui invece, quelli della proposta, io li chiamo titoli patriott, come quei missili: solo che questi “missili” sono puntati contro chi li emette.

Comments Closed

LA FINANZA DEL DOPO VIRUS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 5:52 am

Detto altrimenti: “… ma i soldi chi te li dà …?”      (post 3921)

Una vecchia canzone di Renato Carosone, “Tu vuo’ fa’ l’americano” … E continua: “Ma i soldi chi te li dà? La borsetta di mammà”: e in questi giorni per noi quella borsetta è l’UE. In questi stessi giorni ho ascoltato attentamente gli interventi di esimi professori, esperti e affermati economisti, di imprenditori, politici i quali tutti mostrano di avere grandi idee, una visione ampia dei problemi, indicano la strada per la “ricostruzione”, questa volta non di edifici bombardati ma del sistema economico e sociale “bombardato” dal virus. Tutte ottime parole, ottimi intenti, ottimi progetti.

Tuttavia fra i tanti devo dire che il pensiero di gran lunga più valido, concreto e convincente è quello di un vecchio “collega” di banca (all’inizio della mia carriera io ho lavoravo cinque anni in quella stessa grande banca), lui poi che in quella banca c’è rimasto fino ad arrivarne al vertice, e cioè che ad iniziare dal prossimo anno l’Italia deve assolutamente dimostrare alla politica e soprattutto alla finanza mondiale che riduce il debito pubblico, anno per anno, gradualmente. Sia pure un poco alla volta, ma che lo riduce (“Qual è la preoccupazione? Che in un recente passato non siamo stati capaci di ridurre questo debito sia pure in presenza di un avanza primario!”). Orbene, se non riuscissimo a diminuire – ma anzi, ove continuassimo ad aumentare il nostro indebitamento pubblico – probabilmente l’UE ci metterebbe alla porta, oppure potremmo essere noi stessi ad uscire da quella porta, su decisione di un governo “forte”, un governo di quelli che il popolo reclama ed acclama nei momenti di maggiore difficoltà; il governo degli uomini della provvidenza; quello di uomini che tutto il mondo ci invidia di mica tanto antica e di tanto triste memoria. In una parola: un governo sovranista!

Osservo: uscire dall’UE? Abbandonare quella che sarebbe invece la nostra vera soluzione (l’UE), e tornare alla lira, molto svalutata a causa di una fortissima inflazione; tornare al divieto di possedere valuta estera; di investire all’estero, alla feroce stretta creditizia e valutaria degli anni ’70; all’obbligo per gli importatori di finanziare in divisa le loro importazioni e di versare la metà dell’importo vincolato e infruttifero per sei mesi alla Banca d’Italia; tornare ai tassi bancari nominali del 25%, costo effettivo annuo del 35%; tornare a rendimenti dei titoli di stato a livello superiore a costo del denaro bancario. E’ questo che vogliamo? Ma già … molti attuali politici odierni negli anni ’70 non erano ancora nati, mica è colpa loro se non conoscono questi precedenti …

Quindi: la riduzione del debito pubblico è il primo obiettivo che ci dobbiamo porre, ridurre il debito e restare in UE. Ciò comporta di adottare tutti gli strumenti che possono contribuire a tale scopo, fra i quali le emissioni di Titoli di stato Irredimibili di Rendita, come più volte da me scritto in molti post precedenti. Al riguardo un affermato economista, il professore Marco Fortis (economista, docente universitario, editorialista del Il Sole 24 Ore) li ha citati come possibili/utili se emessi dall’UE, ma non se emessi dall’Italia in quanto sarebbero una sorta di “patrimoniale”, trascurando egli il fatto che la proposta che è stata fatta nel libro qui a fianco prevede espressamente che gli irredimibili italiani siano sottoscritti dai risparmiatori tassativamente solo su base volontaria, iniziando con la sostituzione volontaria di tranche di debito pubblico redimibile in scadenza. Ecco, una frase inserita quasi per inciso in un discorso molto ampio, rischia di condannare a morte il nascituro quando ancora è nel grembo materno: un nascituro, il Titolo Irredimibile Rendita, che NON è un debito e che invece contribuisce alla riduzione del debito pubblico.

Ma il da-me-non-espressamente-citato-vecchio-“collega”-di-banca ha aggiunto un’altra considerazione importantissima: il livello di rendimento degli irredimibili, superiore a quello dei titoli redimibili ad esempio di 1,5-2 punti, potrebbe/dovrebbe sì essere fisso per cinque anni,  ma rivedibile di quinquennio in quinquennio secondo una formula che garantisse il mantenimento del rispetto del reciproco interesse inziale delle due parti in causa: l’ente emittente ed il risparmiatore: una formula “onesta” che – nel tempo – non risultasse di danno a nessuna di esse.

Ma non basta: infatti – aggiunge l’amico – occorre che permanga la fiducia nello Stato da parte degli Italiani e dei soggetti esteri: fiducia nel fatto che il debito pubblico diminuisca e che lo Stato sia in grado di continuare a corrispondere gli interessi sui propri titoli. Ciò quale condizione necessaria a mantenere il valore del titolo irredimibile intorno a 100.

A questo punto mi permetto di aggiungere che il calcolo da fare sarebbe il seguente: redigere la situazione di tutte le scadenze dei titoli redimibili (circa 400-500 miliardi l’anno); iniziare ad offrire la sostituzione volontaria di titoli redimibili con titoli irredimibili, calcolare – nelle varie ipotesi – l’andamento dei flussi finanziari degli interessi e dei rimborsi/mancati rimborsi in linea di capitale e il conseguente effetto sulla diminuzione del livello del debito pubblico. Ivi compreso il calcolo dei possibili riacquisti graduali di irredimibili da parte dell’ente emittente.

Ah … dimenticavo: un’ulteriore considerazione del mio amico: il denaro deve avere un costo, non può essere “regalato”. Anche in questo mi sento di dargli ragione. E’ il pensiero che ho sempre maturato ogni volta che sento una promozione di un bene – ad esempio di un’auto – che viene offerta a rate senza interessi: infatti gli interessi sono compresi nel totale delle rate! Affermare che il denaro può non produrre interessi sarebbe come dire che può esistere l’acqua asciutta.

Comments Closed

OGGI HO RIVISTO LA BELLEZZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Giugno, 2020 @ 8:29 pm

Detto altrimenti: una pedalata dopo virus    (post 3921)

Qualche anno fa – diciamo trenta? – salivo da Trento con la bici da corsa, superavo Vigolo Vattaro, scendevo sul lago di Caldonazzo, imboccavo la Valsugana, salivo a Telve di sopra, scalavo il passo del Manghen, scendevo fino a Molina di Fiemme e per la Val Floriana – Segonzano rientravo a Trento: 145 km. Anni fa. Oggi con la mia e-bike ho “scalato” Vigolo Vattaro. Poi il Lago di Caldonazzo, Levico, la Strada Vecchia Levico, Pergine, il lago di Canzolino,  i forti di Civezzano, discesona su Trento. In totale 50 km, consumo della batteria al 60% di una da 400. Evvabbè … a 76 anni che vi aspettate?

Qualche anno fa (1990)   
sul Manghen! Io utilizzo ancora oggi la bici bianca e l’antivento blu
(al centro Lino Benassi, a destra Giuliano Rigoni)

Il passo Manghen (m 2047): dopo avere scavalcato Vigolo Vattaro e scesi a Caldonazzo, siamo saliti dalla Valsugana per 23,4 km, pendenza media del 7%; ultimi 7 km pendenza media del 9,5%, con punte del 15%. Siamo scesi dal versante di Molina di Fiemme: 16,4 km al 7,5% medio, con punte del 9,5%. Poi Val Floriana – Segonzano – Trento.

La bellezza? Di bellezze oggi ne ho viste quattro: il Lago di Caldonazzo; il castello di Pergine; il laghetto di Canzolino e da Civezzano la vista della Valsugana verso sud.

Caldonazzo: anne lacus tantos?  E che dovrei dire di laghi così belli?

1 – Alla fine della veloce discesa che da Vigolo Vattaro ti fa planare all’inizio della Valsugana, ecco il lago di Caldonazzo. Cald, in tedesco Kalt, freddo, come Caldaro, Kaltersee, il lago freddo. E invece una spiaggia con i primi turisti post Covid19 in costune da bagno, un’improvvisa riviera fra le montagne ad un passo da casa!

2 – Levico, alla fine della pedalabilissima salita della Strada Vecchia Levico in alto sulla destra, ad ore 14,00 diremmo con gergo nautico contro un azzurro chiaro spicca la mole ardita ed imponente del Castello di Pergine.

Rispettare le biciclette? Più di così … con l’inchino? (Ing. Giovanni Soncini, 2018)

3 – Terza visione: il laghetto di Canzolino. Improbabile, chi se lo sarebbe aspettata una così limpida perla d’acqua, nascosta al gran traffico e per questo ancora più apprezzabile?


Claudio Colbacchini a Canzolino (2017)

4 – Da Civezzano, lo sguardo si allarga verso sud letteralmente per “entrare” nella Valsugana: un anfiteatro di verde e d’azzurrro, una boccata di ossigeno per gli occhi e per lo spirito.

Sono stati panorami consueti da anni e per anni, ma oggi, dopo quasi tre mesi di clausura, la mia sensibilità percettiva è molto aumementata ed è stato quasi come se io vedessi quelle bellezze per la prima volta.

Trentino: vivere immersi nella bellezza!
Good bike everybody!

Comments Closed