IL VIRUS NELLE ASSEMBLEE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Giugno, 2020 @ 5:12 am

Detto altrimenti: quando colpisce le loro democrazia …    post 3939)

Sono sempre stato contrario a certe assemblee condominiali nelle quali l’amministratore condominiale se le dice, se le canta, se la suona e – di fatto – presiede lui stesso l’assemblea: a testimonianza di ciò, accade che costui resti in cattedra ed il condomino – presidente solo formale – continui a sedere fra i banchi dei condomini.

Ugualmente accade in certe associazioni, in alcune delle quali tuttavia sono riuscito a far comprendere che il presidente dell’associazione presiede le riunioni del suo direttivo, ma che l’assemblea degli iscritti deve essere presieduta da una persona diversa, da loro nominata. L’Assemblea infatti non è la riunione del direttivo né del presidente dell’associazione o della SpA di turno, bensì è la riunione rispettivamente degli associati e degli azionisti.

Dimenticarsi di ciò, trascurare questo aspetto è violare e negare la democrazia. Questo comportamento negativo e assolutamente antidemocratico è particolarmente aggravato in periodo di distanziamento fisico di assemblee via computer. Recentemente infatti ho visto una convocazione nella quale di diceva che “Causa distanziamento, i posti in sala sono solo 23 e quindi affrettarsi con le deleghe”.

In altra assemblea si è negata la parola a iscritti che pure si erano invitati a prenotarsi e che si erano regolarmente prenotati, fornendo addirittura con largo anticipo copia del loro breve intervento. In uno di questi casi ho avuto modo di registrare la protesta di chi non ha ricevuto la parola, cui pure aveva diritto, ma soprattutto mi ha colpito l’incredibile  risposta che costui ha ricevuto, in quanto la riunione “sarebbe durata troppo a lungo”. Ecco, in questo modo ‘l tacon l’è sta pezo del bus, cioè la pezza è stata peggio del buco che si voleva rammendare, nel senso che oltre all’offesa alla democrazia si è aggiunta anche l’offesa all’intelligenza di quella persona.

Ma l’assemblea più bella, quella da premio Oscar, l’ho vissuta in prima persona in una grande banca tedesca. Al momento del voto il presidente annuncia: “Abbiamo raccolto l’80% dei voti, fra presenze e deleghe: tutti favorevoli alla gestione di cui si discute. Perciò i commessi passeranno fra voi azionisti per distribuire bandierine rosse da utilizzare al momento del voto (contrario, n.d.r.)”.

Perchè sono così sensibile a questi aspetti? Leggete il libro “Il fascismo eterno” di Umberto Eco (€5,00, ed. La Nave di Teseo). Eco ci avverte: “Non abbiate la pretesa di vedere sfilare camice nere e manganelli; il fascimo ha molti altri modi subdoli per infuiltrarsi nella democrazia”. E chi non è sensibile nel contrastare questi aspetti “minori”, non saprà opporsi nemmeno a quelli micidiali di un ritorno di fatto del fascismo. Sulla pericolosità di questa distrazione: “Le origini del fascismo in Italia -Lezioni di Harward” di Gaetano Salvemini, Ed. Universale Economica Feltrinelli.

La parola “democrazia” nei millenni ha assunto significati diversi: inizialmente era potere “sul” popolo (il democrator era il dittatore); poi ha significato lo strapotere del popolo, di ciò accusato dalle classi nobili escluse dal governo; infine – finalmente – ha significato potere “del” popolo. Vigiliamo a che oggi essa non torni ad assumere uno dei due significati precedenti, sotto forma del potere del presidente di fatto e non di diritto di un’ assemblea di turno o dello strapotere del popolo di una delle tante reti.

Viva la democrazia vera!

P. S. – Dice … ma tu, caro blogger, scrivendo queste cose puoi farti dei nemici. Dico: lo so, ma per me “libertà (e democrazia) vo cercando come sa chi per lei vita refiuta”. Ed io sarei disposto a mettera rischio la mia stessa vita pur di difendere la democrazia vera. Figurarsi che paura mi fa l’eventuale inimicizia di qualcuno!

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LE DOLCI LINEE CURVE DI VERDE, TERRA, E CIELO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Giugno, 2020 @ 1:51 pm

Detto altrimenti: un sosta fra i pedali       (post 3938)

Questa mattina ho poco tempo a pedali, diciamo due ore.  Parto da Riva del Garda, subito in salita: dopo avere superato Deva e Pranzo, raggiungo la località del Lago di Tenno (10 km, un’ora).
Scendo velocementee dalla parte opposta, la “strada vecchia” per intendersi, quella che passa da Ville del Monte. Superato il Castello di Tenno di soli 100 metri, prendo la piccola deviazione a sinistra: quella che era la vera strada vecchia, oggi una semiciclopedonale aperta anche alle auto (una alla volta per ogni senso di marcia sennò non si passa!). E’ una strada di costa, grosso modo un falsopiano che conduce quasi sulla verticale di Arco, per poi rientrare verso sud e collegarsi a Volta di No sulla SP (ex SS 421) che sale da Riva (in questa località si diparte, a sinistra per chi scende, la diramazione ciclabile diretta per Arco, veramente molto ripida: si raccomanda di avere il paracadute a bordo!)

Castel Tenno

Durante la “traversata” mi fermo e scatto qualche foto. Una in particolare mi è riuscita significativa: la voglio chiamare “Le dolci linee curve”: 1) la prima, quella dei vigneti e del boschetto  che si adagia da sinistra in alto a destra in basso verso la base della montagna; 2) la seconda linea, parallela alla prima, con la quale delimita le costruzioni della frazione di Varone e della città di Riva del Garda; 3) quella della montagna che da destra va a tuffarsi nel lago in località Sperone; 4) quella del profilo della catena del Baldo che resta immobile a sostenere i “baloni de l’Ora” cioè i bei nuvoloni bianchi a indicare che si è levata una bell’Ora. 5) Infine, proprio la linea di questi nuvoloni che pare vogliano anch’essi andarsi a tuffare nel lago, molto più a sud, convergendo con il profilo degradante del Baldo.

“Le dolci linee curve”

Raggiunta la località delle cascate del Varone, mi immetto sulla ciclabile che in leggera discesa in circa 4 km mi conduce a Riva del Garda. In totale, 25 km, 2 ore,soste per foto (tante!) comprese. Bici utilizzata: mtb e-bike, consumo elettrico 30% di una batteria da 400.

Good e-bike everybody!

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TITOLI PATRIOTTICI E TITOLI IRREDIMIBILI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Giugno, 2020 @ 12:54 pm

Detto altrimenti: SS- Salvini/Savona Bond e Titoli Irredimibili Italia Viva: sono due cose ben diverse!  (post 3937)

Titoli patriottici, puntati contro noi stessi!

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Mi riferisco all’articolo pubblicato sul Il Sole 24 Ore, odierno alle pagg. 1, 3 a firma Laura Serafini dal titolo “Savona – BTP di guerra per rilanciare l’Italia” per esporre alcune doverose precisazioni. Infatti, l’articolista confonde i “titoli di guerra” di Matteo Salvini  (i cosiddetti titoli patriottici) con i titoli irredimibili di Paolo Savona (entrambi diversi dai TIR-Titoli Irredimibili Rendita di Italia Viva) e fa risalire entrambi ad un’idea di Matteo Salvini, il quale aveva proposto le emissioni dei seguenti Titoli

– a lunghissima scadenza (quindi redimibili e pertanto titoli di debito);
– riservati a sottoscrittori italiani (?);
– esentasse.

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Per contro le emissioni di titoli irredimibili “Rendita” proposti già dal mese di marzo da esponenti del Gruppo di Lavoro di Italia Viva Trento denominato “Finanza ed Economia Mista” (coordinatore il manager Riccardo Lucatti) anche attraverso la pubblicazione nel mese di marzo del libro “Ricostruire la finanza” a firma del giornalista Gianluigi De Marchi e del Presidente dell’ Associazione Restart Trentino (lo stesso Lucatti) – associazione voluta e fondata quattro anni fa dalla Sen.ce Donatella Conzatti – hanno le seguenti diverse caratteristiche:

– titoli senza alcuna scadenza (realmente irrredimibili), di rendita, che non sono un debito dell’ente emittente;
– non necessariamente riservati esclusivamente a sottoscrittori italiani;
– non sono esentasse bensì sottoposti ad un regime fiscale analogo a quello riservato ai BOC (Buoni Ordinari Comunali);
– hanno una redditività per il sottoscrittore superiore anche di poco a quella dei BOC (ben diversa quindi da quella inferiore, ipotizzata da Paolo Savona, solo pari al tasso d’inflazione).

Ma la principale differenza, assolutamente sostanziale, fra i titoli SS (l’idea di Salvini, ripresa da Savona per l’aspetto fiscale e per l’italianità dei potenziali sottoscrittori) e i titoli di cui all’idea degli autori del libro di cui sopra e degli esponenti di Italia Viva Trento è che i titoli proposti da Salvini rappresentano comunque un debito per l’ente emittente; quelli proposti da Italia Viva Trento non sono un debito, ed anzi concorrono a diminuire l’ammontare del debito pubblico. Altri punti non condivisibili nei Salvini Bond sono:

– l’inutile esclusione dei finanziatori esteri (?);
– la totale esenzione fiscale la quale rappresenterebbe un ingiusto regalo alla classe dei risparmiatori, rispetto a chi “risparmiatore” non si può permettere di essere, per le ristrettezze nelle quali vive.

Integro la mia critica alla proposta SS-Savona/Salvini con un’ulteriore considerazione, un vero e proprio “Motivo d’allarme”(1): ipotizzare titoli esentasse riservati solo agli Italiani e aumentare la tassazione sugli altri loro investimenti finanziari, rappresenta una sorta di coercizione di fatto che contrasta con la proposta di alcuni esponenti di Italia Viva di irredimibili veramente e sostanzialmente “volontari”, tassati in forma ridotta ma tassati ed aperti anche a sottoscrittori esteri. L’ipotesi SS – Savona/Salvini rappresenta una forma di nazionalismo/isolazionismo  finanziario e di patrimoniale occulta non facilmente accettabile dall’UE o – quanto meno – che va contro corrente rispetto al processo di  completamento ed integrazione dell’Unione: infatti la proposta penalizza fortemente gli investitori esteri che continuerebbero ad essere tassati, rispetto agli italiani non tassati. Siamo sicuri di “potere fare da soli”, oggi e domani?

(1) “Motivo d’allarme”, un bel romanzo giallo di Eric Ambler, ve lo suggerisco.

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FATTURATO E ORDINATO: ATTENZIONE, PANDEMIA! E LA FINANZA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Giugno, 2020 @ 6:45 am

Detto altrimenti: aiuto pubblico per il calo del fatturato di aprile 2020. E la finanza?     (post 3936)

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Uno dei tanti interventi del governo è quello in favore di soggetti che – secondo certi parametri – abbiamo subìto un certo calo del fatturato nel mese di aprile scorso. Al riguardo osservo che in molti casi il fatturato è la conseguenza di un ordine emesso da un cliente anche alcuni mesi prima e quindi il calo del fatturato nel mese di aprile può essere stato falcidiato da due fattori potenzialmente concomitanti: 1) la diminuzione dell’ordinato nei mesi ante-virus e 2) l’impossibilità di consegnare (e quindi di fatturare) in quello stesso mese a causa del virus.

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Mi si dirà che in presenza di una gravissima emergenza non ci si può permettere di sottilizzare fino a questo punto. Concordo e aggiungo: e allora approfittiamo di questa tragica occasione per mettere a punto la procedura di aiuti di emergenza in caso di pandemia: infatti, chi ci dice che non ne subiremo altre? Così come ogni albergo ha appeso alla parete delle camere lo schema che indica la via di fuga in caso di incendio; così come sui battelli della Navigarda sono indicati i comportamenti ai quali attenersi in caso di pericolo (incendio o altro), allo stesso modo dobbiamo avere a nostra disposizione il Piano Emergenza Pandemia. E disporre di un Piano del genere potrà legittimarci a chiederne uno analogo all’UE.

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Questo nostro Piano dovrà essere articolato su due fronti: 1) quello degli interventi con il relativo fabbisogno finanziario (cosa fare e quanti soldi elargire) ; 2) quello della copertura finanziaria  (come e dove reperire i soldi necessari).
Da alcuni mesi io mi sto occupando di questo ultimo aspetto. Al riguardo, vi prego di notare la cronologia dei seguenti eventi:

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Sen.ce Donatella Conzatti
  • marzo 2020: quale presidente di Restart Trentino, l’associazione voluta quattro anni fa da Donatella Conzatti (oggi Senatrice Italia Viva), ho pubblicato insieme all’amico Gianluigi De Marchi il libro “Ricostruire la finanza” il cui nocciolo caldo è la proposta di emissione dei Titoli Irredimibili Rendita, argomento che sto perfezionando all’interno del Gruppo di Lavoro di Italia Viva Trento  “Finanza ed Economia mista”  di cui sono coordinatore – e del quale fanno parte Alessandro Aichner, Annarosa Molinari, Elisabetta Pisoni e Andrea Schir – e sul quale trovate molto in tanti miei recenti post;
  • 22 aprile 2020: il finanziere internazionale George Soros sulle pagine 1 e 25 de Il Sole 24 Ore propone l’emissione dei Titoli Irredimibili Rendita;
  • 16 giugno 2020: il Presidente Consob Paolo Savona, nel suo discorso annuale, propone i Titoli Irredimibili Rendita. Il Presidente Mattarella invoca un aggiornamento e un perfezionamento del sistema finanziario.

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Bingo! Da più parti, tutte molto qualificate, si afferma che questo è il vero problema e che la gente non lo ha ancora percepito come tale. Ecco, forse questo mio post potrà dare una mano in tal senso. E chi volesse farmi qualche domanda, potrà telefonarmi al 335 5487516 o scrivermi all’indirizzo riccardo.lucatti@hotmail.it

Buona finanza a tutte e a tutti!

P.S.: Il citato gruppo di lavoro è “comunale” ma automaticamente e “naturalmente” (natura non facit saltus) la materia si allarga in ambito provinciale e oltre. Infatti, se ad un cittadino manca un servizio, si rivolge al Comune che se non ha le risorse si rivolge alla Provincia Autonoma che se non ha le risorse si rivolge allo Stato che se non ha le risorse si rivolge all’UE e/o al mercato finanziario. Vedete bene che anche la finanza non facit
saltus! Ecco perchè ho deciso di essere candidato alle prossime “comunali” di settembre

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BASILICO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Giugno, 2020 @ 4:42 pm

Detto altrimenti: dal greco basilikòn, regale, erba regale        (post 3935)

Dice, già … tu sei genovese, per forza che ti piace il basilico: ci fate il pesto, voi! Certo amici che ci facciamo il pesto! Come è nata la ricetta? Provo ad immaginarlo. Sentite un po’: mentre i montanari piemontesi si inventavano la bagna cauda utilizzando aglio, olio e le acciughe che acquistavano da noi Liguri; noi rivieraschi ci siamo guardati intorno ed abbiamo scoperto che avevamo tanto basilico, tanti pinoli, olio quanto serve  … poco formaggio: d’altra parte dove sarebbero stati i pascoli per allevare bestie da latte? Nessuna paura, il pecorino lo “importavamo” dalla Sardegna. Ed il pesto è fatto! I nomi? Be’ raga, basilico dal greco basilikò (erba) regale, e non è la sola parola che abbiamo usucapito dai Greci o dagli Arabi, il nostro dialetto ne ha molte altre, eccole: sedia = carega, dal greco karecla; fazzoletto = mandillu, dal greco mandili; portatore = camallo, dall’arabo kamall, etc. E poi, perché “pesto”? E’ semplice, perché lo si faceva “pestando” il tutto in un mortaio di pietra, oggi sostituito dal meno poetico ma assai più pratico  “Bimbi”. In Liguria lo si usa per condire le trofie, unendo al condimento qualche fagiolino e qualche patata bollita.

Senza parole (se volete, potete contarle!)

Dice … quale tipo di basilico bisogna usare? Rispondo: quello che avete sottomano. Lo so … lo so … che i miei conterranei inorridirebbero a leggere queste mie parole, ma che volete, mica posso andare da Trento in Liguria a comperare “quel” basilico, mica posso …  io! Ed io, qui a Trento, come me la cavo? Bene direi, perché ho destinato alla coltivazione del basilico ben due poggioli, non molto esposti al sole

Il lavoro 1 – Inizio a “lavorare” a marzo, cambiando parzialmente la terra nei vasi. Quando la temperatura non è più rigida, acquisto dalle 120 alle 160 piantine e le impianto nei vasi. Indi mi preoccupo a che abbiano sempre l’acqua necessaria, fino a quando viene il momento del primo raccolto della stagione. Ieri, ad esempio, con mia moglie ho fatto il primo raccolto a valere sulla “maturazione” dell’75% delle piantine: 730 grammi di foglioline. Non tutte le piantine infatti erano cresciute in modo uniforme: più “mature” quelle addossate alla parete di casa, meno le altre. Più avanti, quando tutte le piante saranno nuovamente cresciute e tutte “maturate”, raggiungeremo il kg!

Ancora con i gambi

Il lavoro 2 – Dopo di che in un’ora di lavoro, in due, abbiamo ripulito le foglioline dai gambi (senza lavarle, per carità!) e in un’altra oretta – grazie al Bimbi – il pesto era già invasato. Con quello che rimane aderente alla superfice interna del Bimbi si ricava una saporita minestra. Insomma, il grosso del lavoro è la preparazione del terreno, l’acquisto e l’impianto delle piantine. Poi è solo soddisfazione pura. Dice … ma la ricetta, le quantità … non ce le dai? No raga, scialla, calma, semmai ve le farò scrivere da mia moglie! Se il pesto si conserva? Certo, noi ne sistemiamo una certa quantità nei recipienti a quadretti, quelli per fare i cubetti di ghiaccio, e in frizer dura tranquillamente da un anno all’altro.

730 grammi pronte per il “Bimbi”

Il costo – Da buon genovese non avrei certo potuto trascurare di riferire su questo aspetto! Certo che se lo seminate riducete il costo rispetto all’acquisto delle piantine. Poi qualcuno, qui in Trentino (ma non ditelo ai miei conterranei Liguri, per favore!) al posto dei carissimi pinoli utilizza le meno costose mandorle. L’olio extra vergine di oliva del supermercato va benissimo. Piuttosto sarebbe bene usare il pecorino sardo. Anche qui usando un altro formaggio si può risparmiare. In definitiva però si tratta di un condimento abbastanza costoso rispetto al sugo di pomodoro ma che volete farci, quando si è patriottici non si bada a spese: la pasta è bianca, il sugo di pomodoro è rosso e che volete …  che ci facciamo mancare il verde? Quando mai!

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TNT IN BICI SUL LAGO DI GARDA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Giugno, 2020 @ 7:51 am

Detto altrimenti: TNT, trinitrotoluene?  Nooo … Tre Nonni Tosti!    (post 3934)

Sempre di tipi di esplosivi, si tratta!  In realtà la formula completa sarebbe “TNT 235 FIAB TN” ove il numero sta ad indicare la somma degli anni dei tre nonni e FIAB TN la loro FIAB Associazione Amici della Bicicletta Trento, associata a FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (relativa bandierina rigorosamente appesa al sellino della mia bici). Ma cosa e come è successo? Ve lo dico subito: prendete tre nonni e tre biciclette, lasciateli liberi tutti e sei (nonni e bici) dopo tre mesi di coprifuoco ed il gioco è fatto: basta seguirli!

12 giugno 2020, previsione di bel tempo per due giorni, si parte da Trento alla volta di Mori-Riva del Garda. Un leggero vento da nord (“in poppa”) ci aiuta. Un breve sosta per un caffè al bicigrill di Nomi, il primo bicigrill in Italia aperto anche grazie all’azione dell’allora Presidente Fiab Manuela Demattè:  a luglio 2020 sarà la gita commemorativa in concomitanza con l’avvioa del calendario Fiab Trento (rimandato a causa del Covid19). Poco dopo Rovereto b- Borgo Sacco altra sosta per una foto alla confluenza del Leno nell’Adige.

Il Leno si getta nell’Adige
 (… e come l’acqua a corre mette co’
non più il Leno ma Adige si chiama)

Si attraversa Mori vecchia, sosta solo per “guardare e non mangiare” alla gelateria “Bologna”, indi si costeggia il bel Lago di Loppio trasformato in biotopo.

Loppio 1 – “Anne lacus rantos? Te Loppio, maxime teque
fluctibus e fremitu adsurgens Benace marino?” (Virgilio Georgiche,
II, vv. 158-160: “E che dire dei laghi così belli? Di te, Loppio, ma sopratttto di te Benaco che quando ti arrabbi hai onde e fremiti tipici di un mare?”

Loppio 2
Loppio 3
Loppio 4

Giovanni e Claudio

Si supera lo strappo della ciclabile in corrispondenza del cantiere della galleria per il Lago di Garda e si scollina a Passo S. Giovanni.

“Sole che sorgi …”

Qui, all’inizio della discesa, ignorando una freccia che indirizza i ciclisti a destra, i nostri eroi prendono a sinistra “per camporella” e sfiorando le deviazioni che salgono al Monte Baldo, raggiungono la prima casa di Nago, subito prima della quale girano a sinistra per una salita di 200 metri al 10-15% arrivando a scollinare ad un ulteriore bivio: a sinistra, ancora per il Monte Baldo, a destra l’inizio della ripida, bellissima e panoramica discesa sul parco delle Busatte e quindi su Torbole.

La discesa 1
La discesa 2
La discesa 3 (altro che i bronzi di Riace!)
“Zalatta!” – “Il Mare” gridarono i Greci nella loro Anabasi (di Senofonte!)

Indi, bici alla mano si supera il porticciolo di Torbole, indi si ripedala nella ciclabile fino a quando … ci accorgiamo che è interrotta per frana in territorio del Comune di Arco: niente paura, attraversiamo un camping, ci immettiamo sulla SP e attraverso la galleria per le auto nella quale è stata ricavata una ciclopedonale, raggiungiamo il territorio del Comune di Riva del Garda, riprendendo la splendila ciclabile a lago. Tot. 52 km. Bici utilizzate: Mtb E-bike, batteria due di noi da 400; il terzo da 500: consumo elettrico 30%.

“E appena che al mattin passato il sonno
lo sol scavalca il monte per lo quale
i Rivani veder Mori non ponno …”

13 giugno 2020, vogliamo evitare le gallerie fra Torbole e Malcesine, quindi battello “Peschiera” della Navigarda ore 08,10 per Torbole-Limone-Malcesine.

“Rari nantes in gurgite vasto” … (Virgilio, Eneide, I, 118)

Da Riva a Malcesine, compresi gli scali intermedi, un’ora di navigazione, €14,00 a testa. Superata la salitella che conduce alla baia di Sogno, i 15 km che ci conducono a Pai sono “un sogno!”

Il castello scaligero di Malcesine, visto … non dalla biciletta!
Qui, lo stesso castello: vista verso sud dalla ciclabile (foto 2018)
Baia di Sogno (foto 2018)

Pista rimessa a nuovo, torrentelli superati da nuovi piccolo ponti, ristorantini sulla sinistra e un lago splendido a due metri dalla pista!

I successivi 15 km che conducono da Pai a Garda sono diversi: la pista ciclabile è discontinua e comunque in molti tratti il fondo è costituito da uno spesso strato di ciottoli che rendono molto, molto impegnativo l’equilibrio. Facciamo di tutto pur di non abbandonare la riva lago, fino a quando un muro di traverso ed alcuni scogli ci dicono che dobbiamo salire in strada. Abbiamo impiegato molte energie e molto tempo: la conclusione? Suggeriamo di percorrere questi 15 Km tutti in strada, il minore dei mali, almeno fino a quando non avranno sistemato anche questa tratta.

Kaffepause
A Torri del Benaco

Da Garda verso sud la ciclopedonale è di nuovo splendida: solo suggeriamo di farla in primavera o in autunno oppure – se in estate – solo nei giorni feriali, data la forte presenza di pedoni. Ci fermiamo a Garda per qualche foto:

“Giovan Soncin, pedalator selvaggio
re de la strada re de la foresta
contro lo qual nessun fa mai l’ingaggio
poichè lui vola ed il meschin s’arresta”.
Il Colbacchini in posa a la mia bici
poi che la sua ha sol mezza forcella
sicchè leggera ess’ è più che tu dici
e pedalata sua è ancor più snella!
… sì ch’io fui terzo tra cotanto senno!
(didascalie alle tre foto precedenti: da “La Fiabbina Commedia”
di Riccardante Lucattieri)
e

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Siamo a Garda. Siamo affamati. Una spaghettata di mare al ristorante Casa Lady Garda, arretrato di qualche metro rispetto al litorale e quindi molto tranquillo. Qui facciamo amicizia con il direttore, Enzo, un simpatico giovanotto: “Enzo, di dove sei?” “Sono calabrese ma risiedo qui da anni”. “Eh no, Enzo, non fare l’auto-razzista, devi rispondere: risiedo qui da anni ma sono orgogliosamente calabrese!”

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Enzo & 2/3 di noi (i volti sono stati sfumati per ragioni di privacy)

Amicizia fatta. Il che ci procura una superdose di ottima spaghettata ricchissima di pesce, molluschi e crostacei che abbiamo finito solo per onore di firma (a danno di formadella nostra pancia!) per non sfigurare! Enzo, ad un passo dalla laurea in economia? Uei … raga! Ed io allora a parlare subito di finanza, a dargli i miei riferimenti mail e blog. Per chiudere, gli suggerisco la lettura del libro “I leoni di Sicilia – La saga dei Florio” di Stefania Auci, soprattutto perché i Florio erano calabresi, di Bagnara Calabra. Ripartiamo “per digerire”:  questa volta fino a Malcesine tutto sulla strada, con l’Ora che ci spinge alle spalle, una volata a 25 kmh! Indi battello, Limone-Riva. Tot. Km 60, consumo elettrico 30%.

Da PAI a Malcesine: una meraviglia!
La massicciata a lago a difesa della ciclabile
La torretta a Casson
Scempio edilizio in Lombardia, poco a nord di Limone

14 giugno. Riva del Garda. Nella notte temporalone. La mattina pioviggina. Aspettiamo, pranziamo (v. sotto, nota tecnica 1), spunta il sole, si parte per Trento, salita Vecchia Torbole, in 22 minuti di salita al 12-15% siamo a Nago.

Da Nago sul lago

Indi per la ciclabile che all’andata avevamo “snobbato”, al Passo S. Giovanni. In totale 30 minuti, consumo elettrico 15%. Da qui fino a Mori si va bene, salvo lo spettro (lontano) di un temporale sulla destra, verso sud (ma tanto noi dovremo girare a sinistra verso nord).

Borgo Sacco, verso nord (foto 2018)

E a Mori comincia la salita in pianura di 30 km che ci ha condotti a Trento. “Salita in pianura” direte voi? Certo, visto che avevamo un forte vento da nord contrario! Da vecchio e sperimentato velista ne ho valutato l’intensità in 25 nodi (45 kmh) con raffiche di 30 (55 kmh). Provare per credere! Nonostante che noi ci concediamo molto “aiuto elettrico” (modalità sport, il penultimo grado, dopo c’è solo il turbo), la nostra velocità (18-20 kmh) è ridotta anche perché uno di noi tre è stracarico (due borsoni ed una pesante valigia). Tot. Km. 48, consumo elettrico 15% per la salita a Nago + 60% (!) da Mori a Trento.

Una sosta “controvento” (a 7 km da casa)

Prossima pedalata?  Direi la Valsugana da Levico a Bassano del Grappa, 75 km. Io userò la bici da strada (da corsa), così farò meno fatica … a caricarla sul treno al ritorno …

Verso Bassano (Foto 2018)

… dopo la sosta alla bruschetteria subito prima del famoso Ponte degli Alpini a Bassano!

Premiata Bruschetteria “Ponte degli Alpini”
(Bassano del Grappa – Foto 2018)

Good Bike & good Fiab everybody!

Note tecniche:
1) Alloggio a Riva in casa di Riccardo: in frigo coniglio all’uvetta e pinoli predisposto da sua moglie Maria Teresa; vini dell’Agraria di Riva. Spaghetti preparati da Claudio: carbonara con guanciale e rossi d’uova.
2) Parte lesa. E’ una mia impressione oppure le e-bike richiedendo meno sforzo sulle gambe e quindi meno pressione sui pedali, conseguentemente scaricano un peso maggiore sulla parte lesa (il sedere) che risulta maggiormente “lesa” (dolorante)?
3) Unica nota negativa (espressa da Giovanni, modenese Doc): la mancanza di una buona bottiglia di lambrusco. Provvederà.

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LA NAVE DI FIORI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Giugno, 2020 @ 4:32 pm

Detto altrimenti: Si chiama “Dipladenia”    (post 3933)

Dopo mesi di clausura, riprendiamo in mano i nostri balconi e il nostro orto. Già, perché io su un balcone coltivo … no, non la mariuana, bensì il basilico, letteralmente l’erba del basileus, del re!

Dice … e i fiori? Sull’altro, ecchediamine| In particolare “a me mi” piace la dipladenia, quella che si arrampica, quella che fiorisce continuamente fino all’autunno, che poi quando smette lei, esplode la salvia ananas, con quelle sue belle spighe rosse carminio. E poi, i crisantemi! Ma qua’ fiori dei morti? Sono una bellezza!

Salvia ananas

Ma parliamo delle dipladenie. Ogni anno mi dico: Riccardo, quest’anno costruisci l’intelaiatura dei bastoncini di legno sui quali poi loro si arrampicheranno prima di invasarle. E invece, ogni anno è sempre la stessa storia: le pianto, poi man mano aggiungo bastoncini vari,  tutori, tiro piccoli tratti di spago etc.. lavorando delicatamente con giochi ad incastro fra i ramoscelli ed i fiori della pianta che mi osservano un po’ stupiti. Mia moglie esce sul balcone, vece i primi “pali” ed esclama: “Sembra una nave!”. Una nave? Un veliero, mi dico! Ed eccomi giorno dopo giorno, per una settimana, ad aggiungere alberi, pennoni, aste, bompresso, sartie etc..

Sul trincetto le dipladenie hanno già raggiunto la testa d’albero!
La prua (dettaglio)
La prua col bompresso
Due gabbiole (vele quadre) e il picco della randa
L’albero di poppa

Non è escluso che presto io aggiunga anche qualche vela e il gran pavese, ovvero la serie ininterrotta di bandierine attaccate agli stralli del veliero. Che ne dite? Vi piace? A me si! Ne riparleremo quando le dipladenie l’avranno ricopertta tutta!

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RICCHI O POVERI?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Giugno, 2020 @ 3:16 pm

Detto altrimenti: chi? Ma noi Italiani, e chi altro sennò?   (post 3932)

La Banca d’Italia ha diramato ieri i dati finanziari del paese a fine aprile 2020: nei tre mesi del Covid19 (febbraio, marzo e aprile 2020) i depositi bancari sono cresciuti di + 54 miliardi (+ 20 le imprese non finanziarie, ex + 16,5 nello stesso periodo del  2019; + 34 le famiglie, ex + 15,6 nello stesso periodo del 2019). La ricchezza finanziaria degli Italiani è calcolata in 4300 miliardi, di cui circa 1460 fra contanti e depositi nei conti correnti bancari. Poi c’è il patrimonio immobiliare e i depositi esteri in evasione fiscale.  Questa enorme liquidità “bancaria” è dovuta a vari fattori: la contrazione dei consumi, il dilazionamento delle imposte, la moratoria sui mutui, i disinvestimenti dai fondi comuni. In parallelo ha avuto grande successo l’ultima asta dei BTP tal che lo Stato sta preparando un’altra asta (BTP Futura).

Nel frattempo il debito pubblico è salito a circa 2600 miliardi, pari a quasi il 160% del PIL. Qualcuno vorrebbe accreditare al valore del PIL quei 1460 miliardi e arrivare a dire che così facendo il rapporto debito/Pil scenderebbe a circa il 90%, cioè poco al di sopra di quel valore ( il 60 % ) indicato negli accordi di Maastricht. Su questo calcolo io non concordo perchè vorrebbe dire sommare le pere (un valore patrimoniale, i depositi bancari) alle mele (il prodotto interno lordo annuale): eventualmente al PIL si potrebbero sommare gli incrementi annuali del risparmio privato. Ma questa è un’altra storia.

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Tuttavia cito questi numeri per arrivare ad una conclusione: stante la forte disponibilità liquida dei privati; la loro forte propensione ad investire in titoli che diano un reddito (fondi comuni; titoli di debito che rendono 1,4% + 0,8% se si tengono fino a scadenza); il rilevante piano di investimenti pubblici in opere infrastrutturali, si potrebbe avviare gradualmente una serie di emissioni di TIR-Titoli Irredimibili di Rendita al 3,5-4% illustrati nel libro qui a fianco, attivando in tal senso l’intero sistema bancario per l’acquisto in proprio di quote di titoli (con la prospettiva di immetterli in Borsa per attivarne il mercato) e per il collocamento – attraverso “prenotazioni” – presso la propria clientela. Questa operazione avrebbe un duplice effetto: sul piano patrimoniale, ridurrebbe il livello dell’indebitamento; sul piano finanziario, procurerebbe la finanza necessaria agli investimenti.

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Inoltre i TIR sono la prevenzione, il vaccino contro una tremenda malattia (la “patrimoniale”) e ove proprio qualcuno tentasse di infettarci, sarebbero la migliore risposta: un contributo patrimoniale volontario senza essere una “patrimoniale”.

Una nota finale: siamo ricchi, d’accordo, ma  non dimentichiamoci che le medie e le statistiche non fanno affiorare le disuguaglianze: ritorna un po’ quella vecchia storia che gli italiani mangiano in media un pollo all’anno a testa: in media, il che però può voler dire che Tizio ne mangia due e Caio nemmeno uno. Da “La statistica” di Trilussa: “Me spiego: da li conti che se fanno / seconno le statistiche d’adesso / risurta che te tocca un pollo all’anno: / e, se nun entra nelle spese tue, / t’entra ne la statistica lo stesso / perch’è c’è un antro che ne magna due”.

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FINANZA ED ECONOMIA MISTA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Giugno, 2020 @ 5:59 am

Detto altrimenti: di cosa stiamo parlando?          (post 3931)

Probabilmente i super esperti del settore utilizzano altri termini, ma in questa sede a me interessa semplicemente stabilire solo un po’ di chiarezza lessicale, così … tanto per capirsi.

La finanza “privata”, cioè la disponibilità di denaro, è generata dall’economia reale. La finanza “pubblica” si genera dai trasferimenti fiscali dal privato all’ente percettore oppure dalla emissione di nuova moneta da parte dell’ente pubblico. Per finanza “mista” possiamo intendere quelle somme di denaro che il privato affida (investe) volontariamente nel settore pubblico sotto forma di sottoscrizione volontaria di titolo di debito pubblico oppure di TIR, Titoli Irredimibili di Rendita (non di debito!). Ugualmente è finanza “mista” quella che si genera in capo all’ente pubblico a seguito dell’esercizio dell’economia mista.

Definire l’economia mista è più semplice: è quella pubblico-privata, concettualmente a metà fra lo statalismo (fa tutto lo stato imprenditore) e il liberismo puro (lo Stato stabilisce solo alcune regole e poi fa tutto il privato). Personalmente io sono contrario ad entrambe queste due forme estreme. A questo punto è chiaro che parliamo di attività economiche e di servizi gestiti sotto forma di SpA il cui azionista di maggioranza o unico sia un ente pubblico (rari sono i casi di azionista pubblico di minoranza: in questi casi tuttavia l’ente pubblico ha azioni privilegiate, le cosiddette golden share che gli consentono diritti ben superiori all’esigua pecentuale di azioni possedute, ad esempio in materia di dividendi e di aumenti di capitale).

La gestione di simili SpA  deve contemperare l’esigenza del rispetto delle regole privatistiche delle connesse responsabilità civili e penali degli amministratori con gli indirizzi della politica dell’ azionista pubblico. Questo non sempre facile contemperamento è agevolato da due tendenze che da qualche tempo si stanno muovendo nella stessa direzione: quella delle SpA, a non ritenere più che l’utile di bilancio sia l’obiettivo primario della propria azione, bensì sia la crescita ed il soddisfacimento delle esigenze umane di fornitori, clienti, del proprio personale e della società umana in genere (alla Adriano Olivetti, per intendersi!); quella dell’ente pubblico a ritenere che la propria attività in ambito economico non possa perdere di vista del tutto l’obiettivo di un buon risultato di bilancio.

Il problema non è semplice, presuppone maturità, competenza, disponibilità, dialogo ed equilibrio da parte di tutti i soggetti e comunque la sua soluzione non può certo essere trovata e spiegata all’interno di un semplice post. Tuttavia un esempio può aiutare a mettere a fuoco un tentativo di soluzione: prendiamo il caso di una SpA comunale per il controllo della sosta alla quale il Comune abbia “ordinato” di riservare gratuitamente per tot giorni un certo numero di stalli auto – normalmente a pagamento – in favore di una certa manifestazione. La SpA dovrà adeguarsi a questa direttiva, ma dovrà computare a proprio credito figurativo gli incassi mancati. A fine esercizio, la SpA predisporrà oltre ai due consueti bilanci (civilistico e fiscale) anche un terzo bilancio, quello figurativo che comprenderà i ricavi mancati per disposizione dell’ente pubblico.

Sotto il profilo opposto, quando una SpA porta orgogliosamente al Comune un certo utile di bilancio, il Comune potrebbe reclamare che il livello dell’utile fosse tale da remunerare ai tassi di mercato l’intero capitale investito, e quindi, ai fini di una valutazione della gstione, potrebbe “impoverire” quel risutato dei corrispondenti interessi calcolatori (kalkolatorische Zinsen: Gruppo Siemens docet!)

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Se un sindaco “ordina” ad una Spa di cui possiede la maggioranza azionaria di applicare tariffe fallimentari, i responsabili di tale società cosa devono fare, se non dare in blocco le dimissioni? L‘alternativa sarebbe “disubbidire” ed allora essi violerebbero l’impegno di “adeguarsi alle direttive del Comune” che è stato fatto loro sottoscrivere all’atto della loro nomina, oppure “ubbidire” e procurare un danno alla società, sini al suo fallimento. Occorre chiarirsi quale sia la “legge superiore”: il codice civile e penale oppure le ordinanze comunali?

Un ulteriore intervento aspetto sul quale riflettere è quello del rapporto fra l’Assemblea degli azionisti ed il CDA – Consiglio di Amministrazione della SpA, nel senso che è prassi e giurisprudenza consolidata che l’Assemblea non possa indicare  le linee guida strategiche che siano vincolanti per il   CDA, in quanto la legge vuole che queste responsabilità (civili e penali, anche a tutela dell’affidamento dei terzi) siano in capo proprio al CDA. Il problema si risolve sulla base del rapporto di fiducia e di rispetto reciproco dei ruoli pubblici e privati coinvolti, nel senso che il CDA non potrà ignorare le attese dell’ente pubblico, che l’ente pubblico non potrà e non dovrà considerare e trattare la propria SpA come se fosse un proprio ufficio.

Ulteriore possibilità di “controllo e di indirizzo” del pubblico sul privato (e delle SpA su loro stesse!) è far sottoporre le SpA in questione alle diverse certificazioni (di qualità, ambientali, sociali) e dotarle di efficienti funzioni interne di Internal Auditing e di Pianificazione e Controllo di Gestione.

Un ulteriore contributo alla gestione ottimale delle SpA “miste” lo si avrà con l’immissione nei CDA e nelle direzioni delle SpA di personale formato managerialmente ed al contempo sensibile a attento ai problemi dell’amministrazione pubblica, il quale possa trovare all’interno dell’ente pubblico un interlocutore culturalmente equivalente e del giusto livello, non troppo “basso” (un ufficio), né troppo elevato (lo stesso sindaco).

Privatizzare non vuol dire necessariamente o esclusivamente che l’ente pubblico debba dismettere le “sue” attività economiche, ma anche che le gestisca prendendo il meglio della cultura manageriale privata.

Un caso controverso: la gestione dell’acqua. Molti dicono: è un bene strategico ( = indispensabile e insostituibile) e quindi deve essere di gestione pubblica. Altri controbattono: è un bene economico (cioè è una risorsa sempre più limitata) e la gestione pubblica, per perdite durante la distribuzione, per mancanza di investimenti e per cattiva gestione,
ne spreca circa il 70% !!): deve essere affidato alla gestione privata. La soluzione? Esistono SpA pubbliche multiregionali che hanno ridotto drasticamente quelle perdite e che sono in grado di progettare, finanziare, realizzare e gestire l’intero ciclo dell’acqua: ricerca, captazione, sanificazione, distribuzione a tariffe accettabili.

Un completamento lessicale, e non solo: in italiano il termine “società pubblica” indica una società posseduta da un Ente Pubblico. Nel mondo anglosassone, il termine “public company” significa “società posseduta dalla collettività dei cittadini” e “privatizzare” si traduce con “to go public”. E spesso il going public si attua attraverso la quotazione in borsa delle sue azioni. Una simile SpA potrebbe essere interessante anche da noi, per coinvolgere e corresponsabilizzare la cittadinanza nella progettazione pubblica. L’ente pubblico potrebbe eventualmente trattenere (o anche no) un picolo paacchetto azionario (“di controllo”) e il denaro pubblico ptrebbe essere raccolto attraverso TIR-Titoli Irredimibili Rendita, convertibili nelle azioni ddella SpA coinvolta.

Un esempio teorico (ma mica tanto) di public company all’anglosassone? Eccolo. Proviamo ad immaginare la situazione seguente, che ipotizziamo relativamente ad un Comune facente parte di un ambito territoriale funzionale intercomunale. Il nostro Comune non attende di essere costretto a vendere ai privati (“privatizzare”) una sua Spa entro una data fissa per ottemperare ad un probabile “dictat” legislativo (ad esempio dell’UE), se non altro perché il prezzo della vendita scenderebbe di molto di fronte ad un compratore consapevole di tale obbligo a scadenza. Ed allora, ben prima di quel momento, il nostro Comune stipula con la sua Spa adeguati contratti di servizio che gli garantiscano comunque il controllo della qualità e dei costi del servizio. Indi il Comune apre il capitale della Spa ai cittadini propri ed a quelli dei Comuni confinanti, uscendo egli stesso dal capitale della sua Spa. La Spa diventa interamente privata, “dei cittadini locali” i quali sono innanzi tutto interessati ad avere servizi efficienti e a costo contenuto, più che, almeno in questa prima fase, a ricevere dividendi azionari. A quel punto i Comuni interessati si consorziano e lanciano un unico bando intercomunale per la gestione del servizio pubblico a livello unificato intercomunale con rilevanti migliorie funzionale e forti economie di scala. La Spa vi partecipa con ottime probabilità di vittoria, in quanto, essendo già operante sul territorio ne conosce ogni aspetto di criticità e di opportunità e può formulare l’offerta di gran lunga assai più tempestiva e favorevole.

Oltre a ciò, la Spa, essendo a capitale interamente privato, potrebbe liberamente operare anche al di fuori dei confini dei Comuni d’origine, partecipando a bandi pubblici lanciati da altri Comuni ed anche stipulando contratti gestionali con soggetti privati. Il suo fatturato aumenterebbe, essa potrebbe assumere altro personale locale; praticare condizioni sempre migliori ai suoi Comuni d’origine; produrre utili e ritorni fiscali ed infine distribuire dividendi ai suoi azionisti. Un esempio? In Trentino, terra dei moltissimi Comuni di difficile reciproca fusione, stiamo già assistendo a Comuni che, per ragioni funzionali ed economiche, hanno riunificato le proprie Polizie Locali. Ed allora, gli stessi Comuni potrebbero riunificare anche la gestione della sosta e della mobilità attraverso un’unica Spa della Mobilità strutturata come sopra descritto.

Cosa? Mi dite che la mia è solo teoria? Può essere, ma intanto iniziamo a pensare anche in questa direzione, per bacini d’area funzionali e per public company all’anglosaassone. Male non ci avrà fatto di certo.

In sintesi: si può anche dire “no” alla privatizzazione che preveda la cessione tout court delle azioni di un SpA pubblica comunale dal Comune ad un singolo imprenditore privato ma si può ben dire “si” ad una privatizzazione che preveda un azionariato popolare, locale e diffuso. Mi pare che il Sud Tirolo abbia già fatto una scelta del genere in materia di energia.

E se mi sbaglio, mi corigerete: io comunque ci ho provato, questo almeno me lo dovete concedere …

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GUARDARSI NEGLI OCCHI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Giugno, 2020 @ 1:03 pm

Detto altrimenti: o “in faccia”, se preferite    (post 3930)

Emmanuel Levinas, il filosofo del volto: “Il volto dell’Altro di guarda, ti interroga, si aspetta una risposta da te”.  Ma oggi sia per lo sviluppo dei social, sia per il colpo di grazia infertoci dal Covid19, sempre più spesso guardiamo i volti dello schermo del computer. E non è la stessa cosa. Guardarsi nel volto, guardarsi negli occhi. I primi occhi che abbiamo guardato sono quelli della mamma, poi quelli dell’innamorata, poi quelli di figli e nipoti. Nel frattempo, durante la vita lavorativa e di relazione in genere, il volto e gli occhi dei nostri interlocutori. Oggi non più. Oggi devono ancora inventare il computer che trasmette le intonazioni e il tono (serio, ironico, di scherno, di approvazione, irritato, curioso, interessato, ostile, amichevole, complice, etc.).

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Mi viene alla mente un mio vecchio capo, Bruno Kessler (i Trentini sanno bene a chi mi sto riferendo), classe 1924. Un giorno voleva contestare qualcosa di grave a qualcuno. “Gli scrivo una letteraccia – disse, salvo correggersi subito – No, deve venire qui, lo voglio guardare in faccia!”

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Già in famiglia … (foto lastampa.it)

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Oggi siamo passati dalla IT-Information Technology alla ICT-Information Communication Technology, un discreto passo avanti. E stavamo facendo un ulteriore progresso, verso la ICDT- Information Communication Dialogue Technology, ovvero alla tecnologia del dialogo, ma poi è arrivato il Covd19 e ci ha bloccati sul più bello: peccato!

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