DUE BANCHIERI: DON LORENZO GUETTI (1847-1898) E AMADEO PETER GIANNINI (1870 – 1949)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Agosto, 2020 @ 8:22 am

Detto altrimenti: due Persone da non dimenticare    (post 3979)

Da tempo mi era stato chiesto di scrivere di Don Lorenzo Guetti. La mia prima certezza è stata quella di non essere all’altezza del compito. E poi, il timore di ridurmi a fare un riassunto di ben altri scritti altrui. Ed allora mi sono detto: cerca di cavartela con accostamenti a persone e situazioni analoghe: cerca di fare un mix che incuriosisca,  che stimoli riflessioni ed interessi. Ho pensato di farlo ricordando un altro banchiere: Amadeo Peter Giannini.

Pedalando spesso per l’altopiano di Fiavè provenendo da Riva del Garda e diretto a Sarche e a Riva, mi fermo sempre qualche minuto a Vigo Lomaso, davanti alla casa natale di Don Lorenzo Guetti, il padre della Cooperazione trentina. Nato da famiglia poverissima cioè normale come tutte le famiglie della zona e del tempo, uno dei quattordici figli, riuscì a costruire un monumento di Umanità, di Civiltà, di Storia. Chi lo ricorda, e qui da noi sono molti, lo cita come fondatore della prima famiglia cooperativa (1890), della prima Cassa Rurale (1892) e deputato al Reichstag di Innsbruck (1897). Tuttavia l’aspetto della persona che andrebbe prioritariamente sottolineato come caratterizzante è il suo rapportarsi con la gente che egli voleva coinvolgere non per ricercarne il consenso, bensì per trasformare gli uomini dei campi in protagonisti. (1). “Protagonismo” è un termine che oggi può avere un significato anche negativo, ma che ai suoi tempi era l’opposto della accettazione supina di tutto: quindi era un vero e proprio “tentativo di democrazia”.

Don Guetti non aveva il computer, il telefonino; per recarsi a Trento  non disponeva di strade ma di sentieri e di una carrareccia, quella che noi stessi oggi – trasformata in pista ciclabile – percorriamo in bicicletta e che costeggia, asfaltata, lo splendido canyon del Maso Limarò, qui nella foto sotto vista da quella per Ranzo-Lago di Molveno.  Eppure seppe portare a molti il suo pensiero, anche al di là delle Alpi da dove a sua volta trasse l’esempio delle Banche Raiffaisen (2) per la creazione delle nostre “rurali”.

Alla base del suo pensiero economico-finanziario-politico-sociale, stava un concetto di base: il Bene Comune che era tale in quanto “costruito sin dall’inizio con il contributo di tutti” (una piazza, una scuola non sono Beni Comuni, bensì “solo” beni pubblici, collettivi, a meno che non si tratti di una piazza e di una scuola costruita con le mani e con i denari di tutta la collettività). Conseguenza diretta del coinvolgimento di tutti era il secondo pilastro della sua azione: la responsabilizzazione di tutti: ovvero ogni “costruttore” dell’opera (banca, cooperativa) era solidalmente responsabile della propria “creatura” di fronte a terzi.

Il suo modo di vivere, pensare ed agire anticipa quello di Don Primo Mazzolari (1890-1959: “Occorre dare potere alla coscienza dopo aver dato per tani secoli coscienza al potere”) e di Don Lorenzo Milani (1923-1967, il quale, rivolto ai suoi allievi: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma Lui me lo considererà come un merito”). (1).

Le crisi finanziarie degli nultimi secoli, in questo libro

Don Guetti portava la Chiesa fra la gente, nelle stalle a fare filò, in catapecchie che si preferiva chiamare case, negli anni della prima grande crisi della finanza europea, quella viennese del 1870. Al fine di dare un significato distintivo a questo ricordo di Don Guetti, ne inquadro l’azione all’interno di quanto avvenne nel mondo dell’economia e della finanza in quegli anni (3). Prezzi in caduta libera, recessione. Solo convenzionalmente se ne data l’origine all’ 8 maggio 1873, il cosiddetto “primo venerdì nero” della Borsa viennese: nello stesso giorno precipitò la quotazione di tutte le società quotate in borsa. Tutti si precipitarono a vendere. Cosa era accaduto? Si era all’apice della fase del cosiddetto Grunderzeit, periodo di forti speculazioni, enfasi della new economy, sulla scia dello sviluppo delle reti ferroviarie europee. Le società ferroviarie prosperavano, idem le società dell’indotto, la gente si indebitava per comperare azioni e poi rivenderle con forti utili. Fino al crack viennese del 10 maggio 1873, quando ci si accorse che il re era nudo! L’abuso del ricorso al credito fra l’altro aveva generato la mancanza di credito per le imprese. Si era generata una ricchezza fittizia. Le stesse banche si erano lasciate trascinare verso il facile guadagno, basato su finanza “pura”, su progetti fondati sulla sabbia. Le imprese senza credito ridussero la produzione, licenziarono. Il reddito dei lavoratori diminuì, idem i consumi. La più colpita fu l’edilizia. La gente cercò di tornare alla terra, in campagna, ma la campagna era stata automatizzata e non assorbì mano d’opera. Ecco l’emigrazione come unica via di salvezza. Forte esodo verso il sud ed il nord America. Negli anni dal 1850 al 1874 Vienna rilasciò 4061 passaporti per gli USA. Nel solo 1875 ne rilasciò 4.974 di cui 97,2% a Trentini! Questa Grande Deflazione fu generata anche dal mutamento delle infrastrutture di comunicazione (ferrovie) e del passaggio dalla navigazione a vela a quella a motore. Infatti i velieri erano costretti a soste di mesi interi in attesa degli Alisei e comunque trasportavano solo merci ad alto valore intrinseco. Con l’avvento delle navi a vapore, il costo dei noli crollò (nonostante che il vento fosse gratuito e il carbone no) e le navi iniziarono a trasportare grandi quantità di merci a basso valore intrinseco, fra cui le derrate alimentari americane che invasero i mercati europei, aggravando la crisi dei produttori agricoli: cereali dal nord America e carni congelate dal sud America. Ciò determinò da parte di tutti i paesi europei una politica protezionistica con l’imposizione di dazi all’importazione che però non equilibravano completamente lo squilibrio dei prezzi. Pertanto i produttori europei cercarono di scaricare queste differenze risparmiando sul costo del lavoro, riducendo sui salari.

Per analogia, mi piace ricordare l’opera di un altro little ma great, piccolo ma “grande” uomo: 1870 bolla finanziaria viennese, 1870 nasce in California Amadeo Peter Giannini, figlio di immigrati italiani da un paesino dell’entroterra di Chiavari, il quale nel 1904 fondò la banca per chi non ce l’aveva, la piccola, quasi insignificante  Bank of Italy, l’unica sopravvissuta al terremoto e all’incendio di S. Francisco del 1906, l’unica che ne finanziò la rinascita sulla base di prestiti concessi sulla semplice fiducia alla gente, banca che poi divenne l’attuale Bank of America (4)

Ecco il quadro macro entro il quale di inseriscono l’azione e le innovazioni di Don Lorenzo Guetti, prete della Cooperazione, prete “banchiere della banca per chi non ce l’aveva”. Mi resta una domanda: chissà se Amadeo Giannini conosceva le Raiffeisen e le nostre Casse Rurali …

  •  “E per un uomo la terra”, Don Marcello Farina, Il Margine 2011.
  • “Friedrich Wilhelm Raiffeisen – Cristiano, riformatore, visionario, di Michael Klein. Fondazione Lorenzo Guetti, prefazione di Marcello Farina.
  • “Le crisi strutturali dell’ultimo secolo e mezzo”, intervento del Prof. Andrea Leonardi al Gruppo Cultura del Comitato Culturale e Ricreativo di Martignano (TN), 7 febbraio 2013.
  • “Biografia di una banca”, Marquis James e Bessie R. James, Ed. Ruggero, Torino, aprile 1970.

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IN BICICLETTA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Agosto, 2020 @ 7:16 am

Detto altrimenti: un ritorno (glorioso) all’antico!     (post 3978)

L’avevamo abbandonata per le due ruote e poi per le quattro: vecchi filmati in bianco e nero ci ricordano l’Italia in Vespa/Lambretta e in “600”, ma ora la bicicletta si sta riprendendo la sua rivincita, in città, in montagna, lungo i percorsi di fondovalle. Nelle città la bicicletta è più veloce delle auto, la cui velocità media – a causa del traffico – varia fra i 7 e i 14 kmh, al pari delle carrozze a cavalli dei secoli scorsi. Per non parlare dei problemi dell’inquinamento e della sosta! Ma la sorpresa è la bici “fuori città”: il ciclo escursionismo e il ciclo turismo. Ora poi, con l’innalzamento dell’età media della popolazione e l’avvento delle E-bike, il fenomeno sta esplodendo. Entriamo quindi in qualche dettaglio.

Il ciclo escursionismo è il turismo a pedali al di fuori delle consuete piste ciclabili di fondovalle. Il termine escursione ci richiama la gita in montagna, e così è: senza inquinare, senza vietare, bensì “regolamentando”, come fa fatto l’Austria che con il suo Tirol Bike Safari (v. internet) ha messo in rete oltre 700 km di discese su sentieri montani assistiti dalla risalita con ben 17 funivie. Per la risalita si possono acquistare biglietti giornalieri o plurigiornalieri, lungo i percorsi è garantita ogni tipo di assistenza e di servizi. In altre parole: l’Austria ha valorizzato un nuovo prodotto turistico: i suoi “dislivelli estivi”. Già, perché bicicletta è anche destagionalizzazione (in questo caso della stagione sciistica). In Italia il CAI Centrale ha pubblicato diversi quaderni di ciclo escursionismo, tutti reperibili in internet. In Trentino esistono alcune iniziative del genere in singole valli, ma manca la messa in rete delle varie proposte, manca la presa di coscienza del valore del nostro prodotto turistico “dislivello estivo”, soprattutto a sostegno e destagionalizzazione della stagione sciistica che le bizze del clima rendono talvolta precaria.

Trento-Verona, 100 km: una pastasciutta e si rientra in treno

Il cicloturismo non si arrampica sui dislivelli, bensì pedala lungo le ciclabili di fondo valle le quali – tuttavia – qualche salitella non te la negano mai. La nostra regione è già molto ben dotata di alcune centinaia di km di pite ciclabili: il passo ulteriore da compiere è il completamento della connessione fra le singole tratte, l’adozione di una segnaletica migliore e uniforme, la regolamentazione ed il controllo della circolazione soprattutto lungo le piste ciclopedonali e soprattutto il marketing del prodotto nei confronti dei turisti italiani e stranieri che utilizzano le nostre piste ciclabili rispettivamente soprattutto in primavera e autunno (gli italiani)  e in estate (gli stranieri, soprattutto tedeschi). Già, perché la Germania è la nazione più pedalatrice in assoluto e per il 50% predilige la nostra regione con una spesa complessiva di 211 milioni di euro ogni estate. Altri 211 milioni vengono spesi dai tedeschi a pedali nel resto dell’Italia.

E quando avremo la Trento-Bondone … chi li fermerà più i cicloturisti?

La Pista ciclabile della Valle dell’Adige è una delle due colonne portanti del sistema (l’altra è il sistema delle piste dell’Altogarda Trentino). Dalla Valle dell’Adige si devono completare i collegamenti verso la Valsugana e le Valli dei Laghi e si potrebbe dotare il sistema di una risalita funiviaria verso il Monte Bondone, così come il ripristino della seggiovia da Zambana Vecchia a Fai. In tal modo si salderebbe il ciclo escursionismo al cicloturismo, cosa oggi agevolata dalla fortissima espansione delle E-bike, biciclette a pedalata assistita che ampliano la platea degli utenti verso età più avanzate (e più disponibili a spendere!), e allungano i percorsi medi giornalieri.

La ciclabile del Maso Limarò vista da quella che porta a Ranzo e al Lago di Molveno

Le E-bike, una sorpresa! Ve ne sono di tutti i tipi: le più semplici per fare la spesa in città; quelle da cicloturismo; quelle da ciclo escursionismo (le mtb-mountain bike). Pesano circa 25 kg ed hanno un’autonomia che supera i 150 km (in pianura). Nessun problema per la loro ricarica in qualsiasi bar lungo il percorso. Esse consentono di continuare a effettuare percorsi importanti a chi per l’età o altro ciò non sarebbe più consentito e, per converso, ampliano la platea dei pedalatori verso chi pedalatore non sarebbe mai diventato. Infine sono utilizzate in modo sportivo da chi, utilizzando al minimo l’aiuto elettrico, fa ugualmente “girare” a tutta birra la propria muscolatura: in Val Venosta mi risulta che siano addirittura già state organizzare gare sportive con le E-bike. Le E-bike sono costose? Certo, costano un po’, diciamo da 1500 euro in su, ma nel nostro gruppo di associati a Fiab Trento vi sono alcuni amici che compiono tutte le nostre escursioni con bicilette da città dotate di ottimi cambi il cui costo non supera i 300 euro. Biciclette per tutte le tasche, dunque!

FIAB Bolzano & Trento sulla ciclabile del Ponale

Quanto si fermano in regione i cicloturisti? Da studi della PAT e della FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta), risulta che il 72% di loro si ferma da tre a sette notti; che il 25% di loro è stanziale e compie pedalate con percorsi a raggera e il 75% viaggia su percorsi lineari. I soli cicloturisti tedeschi spendono nella nostra regione 210 milioni l’anno ed una cifra uguale in tutto il resto d’Italia.

Concludo questa mia veloce carrellata con l’auspicio che alla bicicletta – in ogni suo aspetto – sia data la centralità che merita per i vantaggi che il suo utilizzo porta all’economia, all’ambiente e soprattutto alla salute di chi se ne avvale. Concludo? Ma non prima di proporvi una mia poesiola:

BICI, PERCHE’?

Perché / in una chiesetta al Ghisallo / riposa sospesa / antica reliquia a pedali. // Perché / insieme a lei / tu scali la vetta / compagno soltanto a te stesso. // Perché / ti ha insegnato / ad alzare più spesso lo sguardo / a scrutare che cielo farà. // Perché / sempre incontri qualcuno / che non ha timore / di aprire la sua vita al vicino. // Perché / con il vento dei sogni / giocando / ritorni un poco bambino. // Perché / restituisce / ad un uomo affannato / profumi di suoni e colori. // Perché / in salita / ricorda ad ognuno / che volendo e insistendo si può. // E poi, … perché no?

Riccardo Lucatti, classe 1944, già dirigente FIAB Trento, pedalatore su bici da città, da strada (corsa), mtb e E-bike, per circa 5000 km all’anno.

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COLLEGAMENTO TRENTO-MONTE BONDONE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Agosto, 2020 @ 5:46 am

Detto altrimenti: connettere la citta’ con il suo “quartiere alpino” (post 3977)

All’interno del Gruppo di Lavoro “Trento Intraprendente” della lista Piutrentoviva (composta da +Europa e Trento Viva) a sostegno del candidato sindaco Franco Ianeselli (Gruppo coordinato dal sottoscritto), insieme a Elisabetta Zanella, Roberto Sani abbiamo elaborato la seguente idea di base per la realizzazione del collegamento funiviario fra Trento e la sua montagna. Il documento è stato illustrato ieri al candidato sindaco che lo ha approvato, apprezzando particolarmente il metodo del suo preventivo coinvolgimento e i contenuti, con particolare riguardo agli aspetti urbanistici (sviluppati da Roberto Sani) e del sociale (sviluppati da Elisabetta Zanella). Dice … ma tu, Riccardo, cosa ci hai messo di tuo? Be’ … chi si loda si sbroda! Comunque che io sia un manager ed un ciclista lo sapete, quindi vedete voi di capire quali siano stati i miei contributi. In ogni caso una cosa ve la dico: l’idea di allargare questa compagine lavorativa ad esponenti delle altre liste elettorali. Ah … dimenticavo:

Fuori sacco ho evidenziato come l’eccezionalità della crisi non giustifichi solo un modo di governare eccezionale solo a livello UE, Stato e Provincia, ma che anche il Comune può avere un Sindaco Commissario Straordinario per le grandi opere che rilanciano l’economia dopo il crollo del sistema causato dal Covid19, non meno grave del crollo del ponte Morandi. Trento come Genova, del resto.

Buona risalita al Bondone a tutte e a tutti, quindi, e non in automobile!

PREMESSA

Da troppo tempo si dibatte su diversi tavoli (politici ed economici) in merito alla funivia di collegamento tra Trento e la sua montagna. Questo tema spesso divide per l’assenza di una chiara strategia e per una progettualità parziale e superficiale. L’indirizzo più ricorrente è connesso al supporto agli sport invernali a cui il Monte Bondone è storicamente vocato ma appare ovvio che oggi tale caratterizzazione non può essere la sola a richiedere una diversa connessione con il fondovalle nè può giustificarne l’investimento. Più recentemente l’attenzionesi è spostata sulla parte più tecnica, dividendo i sostenitori dei sistemi a fune con i più avveniristici promotori di ascensori magnetici. In realtà ciò che ancora oggi manca è un percorso chiaro e distintivo che sappia ricondurre politica, economia e comunità ad un intento condiviso.

Il CONCETTO DI BASE: COLLEGAMENTO VELOCE AL QUARTIERE ALPINO QUOTA 1650, LA MONTAGNA DI TRENTO

Il progetto “Funivia del Bondone” trova in questa proposta una connotazione originale e distintiva: un progetto che è in primis urbanistico, fortemente inserito nel processo di sviluppo urbano, di valenza sociale ed economica. Infatti, una città moderna è connessa con tutti i suoi quartieri; consente alle persone che la popolano di viverla appieno e con facilità per il lavoro, lo studio e lo svago ed al contempo supporta una crescita economica e sociale organica e sostenibile.

Tirol Bike Safari: l’Austria valorizza i dislivelli in tutte le stagioni – 17 funivie in rete per il ciclo escursionismo, per 700 km di discese.

Trento è Città delle Alpi: vive e si distingue per i propri dislivelli. Il fondovalle ha trovato spazio di sviluppo a est, sulla collina, ma ha un valore ancora non del tutto espresso nella sua montagna a ovest, oggi priva di opere definibili di urbanizzazione primaria. Il tentativo di rendere turistiche le due stazioni più alte (Vaneze e Vason) è riuscito solo in parte, perché da un lato si è assistito al proliferare indiscriminato delle seconde case – abitate pochi giorni all’anno – dall’altro l’amministrazione non ha dotato le località dei servizi essenziali necessari per far vivere una comunità (trasporti, marciapiedi, parchi gioco, luoghi di ritrovo…). Infine, l’assenza di esperienza diretta nella gestione di una zona alpina con le sue specificità ha ulteriormente creato un fattore di debolezza. Sardagna, Candriai, Vaneze, Norge, Vason sono parti della città e in particolare le Viote sono il suo più grande giardino pubblico. Oggi questo quartiere di Trento non è connesso con il resto della città in modo adeguato, veloce, sostenibile, coerente con i bisogni di residenti e di turisti. Infatti, se questo quartiere fosse alla stessa altitudine del centro città, non sarebbe accettabile che non fosse previsto

l’allacciamento con la rete metanifera, essendo invece costretti gli abitanti a subire l’andirivieni di autobotti cariche di inquinante gasolio

né sarebbe accettabile la mancanza di marciapiedi, parcheggi, parchi gioco o aiuole fiorite.; ed ancora, che la mobilità da e per gli altri quartieri cittadini dovesse avvenire con una frequenza insufficiente e attraverso un’unica strada, stretta e tortuosa. In altre parole: il dislivello, invece di essere considerato un arricchimento per la città, uno spazio urbano inserito nella natura, una fonte di sviluppo economico, un prodotto turistico da offrire ai turisti, rimane oggi un problema che nessuno è ancora stato capace di affrontare e risolvere. Infatti, l’amministrazione comunale ha sempre vissuto con fatica il rapporto con la propria montagna, essendo stata distratta dalla sua dimensione parallela e ortogonale all’asse dell’Adige e alla A22. E’ invece ora giunto il momento di far vivere alla città anche la propria dimensione verticale, la sua capacità naturale di guardare in alto e dall’alto di guardare se stessa.

LA PROPOSTA DI +TRENTOVIVA: UN APPROCCIO INTEGRATO E TRASVERSALE TRA SOCIALITA’ E TURISMI IN UN CONTESTO DI SVILUPPO URBANO.

La strategia è la composizione dello strappo urbano e sociale tra la città e due delle sue circoscrizioni: 03-Bondone e 04-Sardagna, attraverso un progetto organico ed integrato di sviluppo. La tattica è creare una nuova area ad alta vivibilità e attrattività anche turistica, connettendo in modo veloce, ecologico e sostenibile il quartiere alpino (circoscrizioni n. 3 e n. 4) alle altre 10 circoscrizioni cittadine.  Un progetto di ampio respiro, capace di integrare ed integrarsi con la città tutta e con gli altri grandi progetti di cui Trento dei prossimi anni, auspichiamo, potrà fregiarsi. Pensiamo al ridisegno dell’area di Piedicastello con il progetto “ex Italcementi”, uno spazio cerniera tra l’autostrada del Brennero, il centro, il fiume, il quartiere delle Albere e … il Bondone.  

Operativamente, questo nuovo ingranaggio della viabilità cittadina avrebbe anche valenza di attivatore funzionale di molti edifici in quota, oggi inutilizzati e comunque la rivalutazione di tutti gli immobili esistenti, pubblici e privati. Pensiamo poi ai bambini che frequentano nidi e scuole dell’infanzia: l’amministrazione comunale avrebbe la possibilità di offrire loro una proposta estiva nelle strutture intorno ai 600-1000 metri, un’alternativa più salutare rispetto all’organizzazione delle attività nel rovente centro cittadino. Pensiamo inoltre alle molte ricerche scientifiche che individuano l’altitudine intorno ai 1000 m. come ottimale per avere benefici dal punto di vista cardio-circolatorio, respiratorio e psico-fisico. Ecco quindi l’opportunità di immaginare di disporre in futuro di residenze per anziani a tale quota.  

Dal Vason si può scendere in molte direzioni

Pensiamo infine alla capacità attrattiva per le decine di migliaia di cicloturisti che attraversano la Valle dell’Adige, spesso senza fermarsi nella città di Trento. Infatti, la prospettiva di una risalita meccanica fino al Quartiere Vason e la successiva discesa sulle nostre diverse valli, fino a Trento e fino al Garda, potrebbero fare di Trento la base per un cicloturismo e ciclo escursionismo “a stella” per quei turisti, il cui volume è in continua crescita anche grazie all’avvento delle biciclette a pedalata assistita che – di pari passo con l’innalzamento dell’età media della popolazione – conduce nella nostra regione turisti dotati di maggiori mezzi finanziari. Per il Monte Bondone si tratta dell’opportunità di superare la connotazione di classica stazione turistica tipicamente invernale e di sviluppare un modello di turismo responsabile, in cerca di esperienze immersive nella natura in tutti i mesi dell’anno: ciò sarebbe inoltre di particolare interesse in presenza dell’innalzamento delle temperature medie stagionali che tendono a mettere in crisi le stazioni invernali a quote medio-basse. Pur non entrando nella dimensione più tecnica, l’impianto di collegamento in questione deve essere progettato secondo una struttura modulare e deve essere incrementabile per ulteriori moduli nel tempo. Infatti, deve essere realizzato in vari tronchi, articolati ognuno su direttive anche diverse e su alcune fermate intermedie, consentendo appunto un utilizzo modulare, a seconda della diversa richiesta del servizio, e quindi di essere a supporto degli insediamenti esistenti alle diverse quote altimetriche. Inoltre, con la realizzazione di una semplice pista ciclopedonale, si potrebbe collegare una delle fermate intermedie dell’impianto con la Valle dei Laghi ed il paese di Sopramonte.

IL METODO: INIZIARE CON IL GENERAL MANAGEMENT

Del collegamento Trento-Bondone si parla e si scrive da decenni in ambito privato e negli enti pubblici: ciò ha determinato il nascere di una pluralità di saperi e di analisi dislocati in luoghi diversi e non coordinati tra loro.  La prima decisione da assumere pertanto è l’organizzazione della progettazione generale (general management) attraverso l’attivazione di un unico centro pre-politico di raccolta e coordinamento delle varie idee, proposte, idee progettuali che siano state avanzate e formulate sino ad oggi, centro che avrà il compito di allineare tutti contributi sin qui raccolti, di sollecitarne altri in particolare attraverso un costante confronto/ascolto con la comunità e con i portatori di interesse, di ricevere quelli che dovessero nascere spontaneamente durante lo sviluppo progettuale.  La politica potrà in tal modo essere aiutata in una scelta consapevole circa la soluzione da adottare.

Le caratteristiche di fondo che appaiono sin d’ora necessariamente comuni a tutte le ipotesi sono:

  1. la collaborazione Comune-PAT e quella pubblico-privato;
  2. la citata gestione della progettualità stessa da parte di un’unica direzione generale (general management);
  3. la predisposizione da parte del general management delle diverse ipotesi da sottoporre alla decisione politica;
  4. l’attivazione dei più moderni strumenti della tecnica finanziaria privata e pubblica;
  5. un sistema gestionale integrato con l’intero sistema della mobilità.

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UNA COMUNE ECCEZIONALITA’

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Agosto, 2020 @ 12:15 pm

Detto altrimenti: quella del Covid19 e del dopovirus    (post 3976)

C’è chi insiste nel dire che il problema sono i migranti, chi i contagi, chi il lavoro. Io dico il lavoro. L’UE non si è trovata d’accordo nel gestire i contagi, meglio nel gestire il lavoro, cioè gli aiuti all’economia.

E si sono trovate soluzioni eccezionali di fronte ad una crisi eccezionale. In casa UE, fra l’altro, l’emissione di bond UE. Nel nostro Paese, una molteplicità di interventi normativi d’ogni genere. Nella nostra Provincia Autonoma, il Presidente trattiene alla sua gestione diretta una cospicua somma-regalo proveniente dallo Stato. E i comuni, anzi “il” Comune capoluogo? Non ha diritto anch’esso a poter disporre di poteri e risorse eccezionali di fronte alla stessa situazione eccezionale? Perché la caratteristica dell’eccezionalità di deve fermare all’ente immediatamente successivo a quello (originario) che gestisce direttamente i cittadini? Già … perché i Cittadini sono il “luogo geometrico delle persone”, cioè di tutte e solo le persone sulle quali ricadono le decisioni di tutta la serie di Enti “successivi” all’Ente Comune. Pertanto non appare condivisibile che – stando così le cose –il loro rappresentante diretto, il Sindaco, per far fronte ad una crisi eccezionale (economica e lavorativa del Covid19)  non possa avere gli stessi poteri eccezionali dei suoi “colleghi” successivi (Presidente della Giunta Provinciale, Presidente del Consiglio dei Ministri).

Ed ecco che dalla ricerca passo alla ricerca applicata: sull’esempio “tecnico” di Genova e del suo nuovo ponte Genova S. Giorgio, chiediamo per il nostro futuro sindaco la nomina a Commissario per la realizzazione di due grandi opere: il collegamento con il Quartiere Bondone e l’interramento della Ferrovia. Lo stesso dicasi in favore del futuro sindaco di Rovereto, per quanto riguarda la loro funivia verso Folgaria. Dice … e la Provincia? La Provincia pensi agli interenti comuni ai tanti, molti piccoli Comuni del territorio, perché a Trento e a Rovereto si applica -fra l’altro – il principio di sussidiarietà: non faccia l’ente superiore ( io direi “successivo”) ciò che può fare (prima e meglio) l’ente inferiore (io direi “originario”).

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FUNIVIA TRENTO- BONDONE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Agosto, 2020 @ 1:29 pm

Detto altrimenti: 4 agosto 1925 ad oggi, un sogno lungo 95 anni  (post 3975)

Ecco l’articolo oggi pubblicato sulla prima pagina del quotidiano l’Adige (Trento)

Una data che forse in pochi ricordano eppure il tema a cui è connessa continua a scaldare il confronto tra i cittadini di Trento. Parliamo della funivia del Bondone, inaugurata, nel suo tragitto originario con partenza dalla stazione delle corriere, proprio 95 anni fa, con il suo primo troncone fino all’Hotel Bellevue e di cui, già da allora, se ne paventava l’allungamento sino alle sue vette. Un’opera che profuma di incompiuta da troppo tempo quindi, senza che vi sia un reale motivo tecnico o economico o politico. Oggi a sentirne parlare, anche in termini economici, si fatica a capire il perché di questo impasse. Si spendono regolarmente decine e decine di milioni di euro per parchi e giardini nuovi o rifatti ma investire poco più, una tantum, per collegare i trentini al quartiere più naturalmente verde della propria città capoluogo, pare essere una follia.

Sì perché è di questo che parliamo e di cui forse non ci rendiamo conto: Sardagna, Candriai, Vaneze, Vason, Viote sono pezzi di territorio cittadino, sono le frazioni che popolano le circoscrizioni 3 e 4 della nostra città. Uno “strumento” di trasporto su cavo o simile non è e non deve essere un capriccio per portare la domenica gli sciatori trentini in cima al Bondone, senza arrampicarsi per le sue tortuose strade ma più semplicemente il metodo più facile, economico, sostenibile e non inquinante per connettere la città con due sue importanti circoscrizioni, per collegare il centro con il suo quartiere alpino.

Troppo spesso erroneamente, riteniamo noi, la si è considerata un’opera per un mercato, quello sciistico, non più sostenibile. Mai la si è voluta interpretare come un elemento chiave per lo sviluppo urbano della nostra città, un passaggio fondamentale per sfruttare coerentemente ed economicamente moltissime opportunità ancora inespresse della nostra montagna a ovest, anche e non solo in chiave turistica. Noi ci abbiamo pensato e siamo convinti che sia corretto ripartire, cambiando il paradigma che ha da sempre condotto il confronto tra politica ed operatori economici, tra abitanti e potenziali fruitori. Dobbiamo ripartire da un confronto neutro, incondizionato, disposto a sviluppare la città per valorizzarne le peculiarità, capace di guardare oltre gli schemi tradizionali e mettendo a fattore comune urbanistica, economia, mobilità e sviluppo. La traccia è disegnata e …

Per +TrentoViva: Elisabetta Zanella, Riccardo Lucatti, Roberto Sani

Alle elezioni comunali di Trento del 20 e 21 settembre prossimo, grazie se crocetti questo simbolo e a fianco scrivi i nostri tre nomi

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DEMOCRAZIA E SEGRETO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Agosto, 2020 @ 5:23 am

Detto altrimenti: Democrazia come governo visibile  (post 3974)

“Democrazia e segreto” un piccolo grande libro di tale Bobbio dr. Umberto (Einaudi, Saggi, 2011, 53 paginette per €9,00).

Democrazia come governo visibile: Bologna, Ustica, Piazza Fontana. E se ci sono “servizi segreti” questi devono essere visibili da parte del Governo. Non che gli Anglosassoni brillino per democrazia (vera), ma almeno “fuori al portone” hanno apposto la targa che indica che quelli sono gli uffici dei loro servizi “segreti”. Ora Bobbio non nega la funzionalità e la necessità dei servizi segreti, purchè non operino atti politicamente rilevanti senza avere potere e responsabilità politica, anzi, “cercando di sottrarsi alle normali responsabilità civili, amministrative e penali (pag. 14, op., cit.) … tralasciando io di trattare in questa sede il pur grave aspetto morale”. E continua (pag. 16): “ Non esiste democrazia senza opinione pubblica, senza la formazione di un pubblico che pretende di avere diritto a essere informato delle decisioni che vengono prese nell’interesse collettivo e di esprimere su di esse la propria libera critica”.

Democrazia come governo visibile: Trentino. Smetto di citare l’opera di Bobbio, tanto scommetto che andrete a comperare questo libretto.  Vengo al nostro Trentino. Il Presidente della Giunta Provinciale mantiene il segreto su come intende spendere i 350 milioni che sono arrivati dallo Stato. Lo mantiene fino a quando deciderà ci comunicare ex post cosa avrà deciso.  Eppure la nostra democrazia si fonda – fra l’altro – sul principio della separazione dei poteri e il potere esecutivo (il governo, qui da noi la giunta provinciale) dovrebbe dare esecuzione alle decisioni del potere legislativo cioè del parlamento (qui da noi del consiglio provinciale).

Democrazia come governo visibile: Genova. Smetto di parlare del nostro governo autonomo (in questo caso “troppo” autonomo) e vengo alla “mia” Genova (d’origine). Ieri alle 18,00 abbiamo assistito in diretta TV alla cerimonia dell’inaugurazione del Ponte Genova S. Giorgio. Brava Genova che hai sofferto vittime, danni economici e disagi d’ogni tipo, brava Genova che ce l’hai fatta ancora una volta! Qui non ci saranno segreti: chi ha sbagliato deve pagare. E già che ci sono, pur essendo io sampdoriano, sono contento che il Genoa non sia astato retrocesso in serie B. A parte l’inno nazionale suonato all’arrivo del Presidente della Repubblica Mattarella, la colonna sonora della cerimonia è stata la canzone di Fabrizio de Andre Creuxa de ma: eccola qui, a beneficio dei non-Liguri

Creuxa de ma’

Umbre de muri muri de mainè / dunde ne vegni duve l’è ch’anè./ De ‘n scitu duve a lun-a a se mustra nua / e a neutte a n’a puntou u cutellu a ghua. / E a munta l’ase u gh’è restou Diu / u diau l’è in ce e se ghe faetu u niu. / Ne sciurtimu da u ma’ pe sciugà e ossa da u Dria / a funtan-a di cumbi nta ca’ de pria. / E in ta ca’ de pria chi ghe saià / in ta ca’ du Dria che u nu l’è mainà. / Gente de Luganu facce da mandillà / quei che de luassu preferiscian l’a./ Figge de famiggia udù de bun / che ti peu ammiale sensa u gundun. / E a ste panse veue cose ghe daià / Cose da beive cose da mangià. / Frittua de pigneu, giancu de Portufin / cervelle de bae ntu u meiximu vin. / Lasagne da fiddià ai quattro tucchi / paciughi in agrouduse de levre de cuppi. / E’ n sca barca du vin ghe navughiemu ‘n sci scheuggi / emigranti du rie cu’ i cioi ‘nti euggi./ Finchè u matin crescià da pueilu recheugge / praticament fre du ganeuffeni e de figgie. / Baccan da corda marsa d’aegua e de sa / che a ne liga a ne porta nte ‘na creuxa de ma.

Creuxa di mare

Ombre di facce, facce di marinai / da dove venite dov’è che andate./ Da un posto dove la luna si mostra nuda / e la notte ci ha puntato il coltello alla gola. / E a montare l’asino ci è rimasto Dio / il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido. / Usciamo dal mare per asciugare le ossa dall’Andriano / alla fontana dei colombi  nella casa di pietra. / E nella casa di pietra chi ci sarà / nella casa dell’Andriano che non è marinaio. / Gente di Lugano facce da tagliaborse / quelli che della spigola preferiscono l’ala. / Ragazze di famiglia odore di buono / che le puoi guardare senza il preservativo. / E a queste pance vuote cosa gli darà / cose da bere cose da mangiare. / Frittura di pesciolini, bianco di Portofino / cervella di agnello nello stesso vino. / Lasagne da tagliare ai quattro sughi / pasticci in agrodolce di lepre delle tegole (gatto, n.d.r.). / E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli / emigranti della risata con i chiodi negli occhi. / Finchè il mattino crescerà da poterlo raccogliere / praticamente fratello dei garofani e delle ragazze. / Padrone della corda marcia d’acqua e di sale / che ci lega e ci porta in una creuxa di mare.

P.S.: la creuxa è la stradicciola che scende dalle alture verso il mare, spesso “vista mare”, spesso fra muri che delimitano le “ville”, cioè i poderi/masi dei baccan (contadini), muri spesso sormontati da offendicoli realizzati con cocci di bottiglia.

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FOTOBICIPOST

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Agosto, 2020 @ 6:22 am

Detto altrimenti: quasi senza parole       (post 3973)

Chardonnay con antifurto
Ieri e oggi ad Appiano
Autunno un Valsugana
Baia di Sogno sul Garda
Bianco, rosso e verde
Borghetto all’Adige
Barbeque al Lago di Cavedine
Dialoghi a Toblino
Donne e motori
Il Lago di Tenno visto dall’altra parte
Trasporto intermodale
Ravennate
Al mare … ma non esageriamo!
Noi siam come le lucciole, pedali nelle tenebre …

Tramonto a Malcesine
E’ l’Ora del Garda!
“Nonno, mi comperi questa?”
Terlago-Ranzo-Molveno e ritorno: laggiù il Maso Limarò
Incontri
IWO JMA in Val Concei
Fiab Bolzano e Trento sulla Ponale
Fondo, Val di Non: “Ma quella … non è la bici di Riccardo?”
Mission impossible
La bandiera sul campanile (di Pomposa)
Prima del Pordoi
Strada romana al passo del Ballino
Antiquariato
Traversata del Lago di Cavedine
Verso Cortina
Le Cavre (da Ceniga a Pietramurata)
Rovereto Borgo Sacco
Un Buon Consiglio: visitate Trento in bici!
Il Duomo di Trento
Iguazu in Val di Sarca
Lago di Toblino
In laguna
Il ponte delle Zigherane a Rovereto

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TITOLI DI DEBITO O DI RENDITA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Agosto, 2020 @ 6:25 am

Detto altrimenti: un articolo scritto da me due mesi fa … (post 3972)

Sono balzati recentemente alla ribalta i BOC-Buoni Ordinari Comunali e i Titoli Irredimibili di Rendita. Parliamone un po’. I BOC sono titoli di debito – ovvero redimibili – emessi dal Comune secondo l’art. 35 della L. 724 del 23.12.94 con durata non inferiore a cinque anni, il cui ricavato è utilizzabile solo per investimenti, aventi un rendimento per l’investitore fino ad 1 punto superiore al rendimento dei titoli di debito di Stato (quindi oggi potrebbero rendere 3,4%) ed un regime fiscale ridotto al 12,50%.

Questi titoli sono convertibili nelle azioni delle società di scopo pubblico-private create per la realizzazione dei relativi investimenti.

Questo strumento sarà oggetto della mia proposta quale candidato di Trento Viva alle prossime elezioni comunali, in quanto tende a trasformare il capitale privato degli investitori da capitale di credito in capitale di rischio, cioè in azioni di SpA e a convogliare verso investimenti anziché verso la spesa corrente di gestione le risorse finanziarie private raccolte dal settore pubblico.

Il problema non è indebitarsi si/no, ma come gestire la finanza disponibile e/o raccolta attraverso l’indebitamento. To be or non to be able … essere o non essere capaci … di fare fruttare il denaro. That is the question )

In parallelo si è molto discusso di un’altra caratteristica dei titoli pubblici, ovvero della loro possibile irredimibilità: sono titoli irredimibili quelli rispetto ai quali l’Ente emittente è impegnato solo al pagamento degli interessi ma non alla restituzione del capitale, rispetto al quale mantiene l’opzione al riscatto. Si tratta di uno swap, uno scambio: l’investitore riceve un rendimento maggiore (oggi potrebbe essere intorno al 4%, con formula rivedibile ad esempio ogni 5 anni) e in cambio concede che il rimborso del capitale non gli sia dovuto dall’ente emittente bensì dalla vendita dei suoi titoli nella borsa valori. Sono evidenti i vantaggi per le due parti in causa: l’una riceve una rendita maggiore; l’altra non è tenuta ai rilevanti esborsi in linea capitale ed inoltre può annoverare queste emissioni al di fuori del computo del livello del proprio indebitamento. I TIR-Titoli Irredimibili Rendita potrebbero iniziare ad essere emessi in Italia gradualmente, in sostituzione volontaria delle tranche di titoli redimibili in scadenza. Successivamente nuove emissioni potrebbero essere collocate tramite le banche, le quali percepirebbero una loro commissione ma soprattutto – contribuendo ad avviare la trattazione in borsa dei titoli in questione – potrebbero attivarsi   “sdebitandosi” verso il sistema pubblico degli aiuti ricevuti a sanatoria della loro mala finanza del recente passato.

Titoli patriottici, come missili Patriot lanciati contro chi li emette

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Recentemente sull’idea e sulla scia di cui sopra, riportata all’attenzione da un libro di De Marchi/Lucatti- “Ricostruire la Finanza – riflessioni e proposte sull’emergenza”, si è inserita una proposta diversa e assolutamente non condivisibile di far emettere dallo Stato Titoli prima a lunga scadenza (quindi redimibili) poi senza scadenza (irredimibili) con due particolarità: riservati agli investitori italiani (“patriottici”) ed esentasse. Al che osservo quanto segue:

  • la lunghissima scadenza non toglie al titolo la caratteristica di debito;
  • escludere gli investitori stranieri significherebbe rinunciare ad un importante flusso di investimenti esteri, e “scontentare” chi da anni e per anni ha contribuito al buon esito delle aste dei nostri titoli pubblici di debito; inoltre significa scavare un solco fra l’Italia e l’UE con una finanza che divide anzichè colmarlo con una finanza che unisca;
  • se poi queste emissioni riservate fossero per di più esentate da ogni forma di tassazione, esse rappresenterebbero un ingiusto regalo ad una fetta (ricca) della cittadinanza e attrarrebbero a sé i depositi bancari, mettendo in crisi il nostro sistema bancario.

A livello UE, ove questi titoli Rendita a livello UE fossero emessi anche solo da una parte degli stati, essi attrarrebbero a se’ gli investimenti della finanza privata anche degli stati non partecipanti all’emissione. Sarebbero quindi uno stimolo all’emissione di Bond UE irredimibili/redimibili da parte di tutti i paesi UE.

L’OBIETTIVO DELL’AGIRE E LA SUA RAGIONE

Le strisce! Mettiamole le strisce!

La conclusione: di ogni iniziativa occorre aver chiaro l’obiettivo dell’agire e la ratio, ovvero la ragione dell’agire. L’obiettivo è procurare agli Enti pubblici il denaro necessario alla realizzazione degli investimenti necessari a riconvertire lo sviluppo verso il nuovo modello che ci è imposto “anche” dal dopo pandemia; la ratio che induce ad utilizzare questi strumenti è duplice: 1) l’opportunità di attivare l’enorme disponibilità finanziaria privata (in Italia due volte superiore al livello del debito pubblico!) verso scopi pubblici senza imporre alcuna tassa patrimoniale, bensì su base volontaria e 2) la necessità di avvicinarci sempre di più all’UE anziché prenderne le distanze.

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ELETTORALE 22 – I SOGGETTI, I LUOGHI E DI TEMPI DEL PENSIERO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Luglio, 2020 @ 7:57 am

Detto altrimenti: forse sbaglio a definire questi miei post “elettorali”: in realtà evidenziano problemi di sempre     (post 3971)

I soggetti. A 29 anni ero impiegato di banca, istruito in tutti i settori, con stipendio x; a 30 anni ero dirigente in un piccolo gruppo privato, con stipendio 2,5 x ; a 32 anni ero dirigente capo finanza in una grande finanziaria pubblica con stipendio 5 x.; a 34 anni tenevo conferenze alla Milano finanziaria. Perdonate questo antipatico riferimento personale, lo faccio solo per dire che … io ero sempre lo stesso, che le nozioni, le idee che avevo appreso durante i miei primi impieghi, applicate in ambiento sempre più grandi, mi consentirono di avere una visibilità molto maggiore e di produrre grandi risultati. Ma io ero sempre la stessa persona. Traduco: le grandi idee possono venire a chiunque, anche a chi non è sindaco o presidente della provincia. Solo che se hai una buona visibilità, le puoi diffondere e realizzare molto più facilmente.

In banca ho gestito il rischio di cambio di qualche cliente. Lo stesso ho fatto – fra le altre cose – nel piccolo gruppo privato. Nalla grande finanziaria pubblica – fra le altre cose – ho impostato e gestito il rischio di cambio del più grande gruppo finanziario e industriale delle telecomunicazioni e dell’elettronica del paese, comprendente decine di SpA controllate: la STET-Società Finanziaria Telefonica per Azioni, Torino/Roma. Ed io ero sempre la stessa persona.

I luoghi. Già parlando dei soggetti ho accennato ai luoghi del pensiero. Ora voglio concentrarmi sui luoghi amministrativi del pensiero, e cioè sulla catena degli enti pubblici Comune, Provincia, regione, Stato, UE. Spesso si pensa – erroneamente – che coloro che si occupano di un Comune debbano limitare il proprio pensiero ai problemi “comunali”: i marciapiedi, i servizi pubblici locali, etc.. Per farmi capire meglio, si pensa che debbano “pensare da sei” come quello studente non molto impegnato che dichiara di volere “studiare da sei”, così, tanto per raggiungere la sufficienza. Eppure ogni decisione assunta negli Enti Pubblici Successivi (che non definisco “superiori”: Provincia, Regione, Stato, UE) in ultima analisi producono effetti sulle persone cioè sui cittadini. Ecco che interviene il principio di sussidiarietà “Non faccia l’Ente “superiore” (io avrei scritto “successivo”) ciò che può fare (meglio) l’ente “inferiore” (io avrei scritto “anteriore”). Ma non basta stabilire l’ordine delle priorità e delle titolarità del “fare”: occorre stabilire anche l’ordine delle priorità e delle titolarità del “pensare”. Due esempi: si deve decidere se e come dotare l’Università del capoluogo di una nuova facoltà. I professori, gli studenti, gli addetti vivono e lavorano in città. Gli edifici sono urbani. La decisione chi la deve prendere: la città o la provincia? Io direi la città, anche se la provincia potrà-dovrà finanziare in buona parte l’operazione. Lo stesso ragionamento vale per una funivia che colleghi la città alla sua montagna. Lo stesso vale per la decisione di chiudere o meno i negozi la domenica o per dire se il capoluogo sia città turistica o meno. In altre parole, la città è il soggetto ma è anche il luogo del primo pensiero e della prima decisione.

I tempi. Il pensiero deve maturare sempre. Il problema è “quando renderlo pubblico” per evitare l’azione cappellificio. Cos’è questa azione? Quella di colui che è pronto a mettere il proprio cappello sull’idea altrui. Dice … ma tu caro blogger sei un malpensante! Ebbene sì, lo confesso, solo che a pensar male si fa peccato ma si indovina. E poi anch i nostri cugino spagnoli lo dicono: piensa mal y acertaras!

Alle prossime elezioni comunali grazie se crocetti questo simbolo e se a fianco scrivi: Riccardo Lucatti, Elisabetta Zanella, Roberto Sani.

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ELETTORALE 21 – SOGGETTI, LUOGHI E LINGUAGGI DELLA POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Luglio, 2020 @ 3:45 pm

Detto altrimenti: i soggetti, luoghi e i linguaggi della politica       ( post 3970)

I soggetti. Politica, dal greco teknè politikà, tecnica di amministrazione della polis, della città stato, dello stato. Noi da tempo abbiamo sostantivato l’aggettivo e abbiamo perso per strada non solo la componente lessicale, ma spesso anche quella sostanziale. Cosa? Mi accusate di pensare e scrivere che molti “politici” non hanno teknè? Be’ … lo confesso, lo sto pensando e già che ci sono lo scrivo anche: d’altra parte se per “essere un politico” ad esempio un parlamentare, basta avere raccolto chessò 200-300 like su una rete web!  Dice … ma allora tu sei un classista elitario, un “aristocratico”. Ebbene, yes I am, aristocratico nel senso letterale: “il potere (politico) ai migliori”. Traduco: vi fareste mai operare di appendicite da uno che non fosse un chirurgo? Mettereste mai alla guida di un bus di linea una persona senza la patente del giusto grado e con la comprovata esperienza? Accettereste che a insegnare la matematica ai vostri figli fosse una persona digiuna della materia? O che a progettare la vostra casa fosse un sarto? No di certo! Come vedete, in questi casi occorre una laurea ed una specializzazione oppure tanta comprovata esperienza in materia. Insomma, non è sempre necessario “essere studiati” come si dice italianizzando una simpatica espressione dialettale trentina; in certi casi basterebbe almeno avere l’esperienza necessaria in materia.

Matteo Renzi e il nostro candidato sindaco Franco Ianeselli

I luoghi. Ora, parlando di una materia oggi all’ordine del giorno, e cioè la riapertura dei cantieri e il rilancio di opere pubbliche, occorre vedere quali debbano essere i luoghi dello studio, dell’approfondimento, della progettazione da un lato , e quali quelli della decisione dall’altro. Matteo Renzi spiega così il problema: “L’ingegnere progetta il ponte, la politica decide se e dove realizzarlo”. Un ponte o una una funivia: vi sono molte modalità tecniche e finanziarie per realizzare queste opere. Ebbene, sta all’ingegnere, al manager, all’esperto di finanza “aiutare” il politico nel senso di predisporre autonomamente tutte le possibili soluzioni e di sottoporle poi alla sua scelta politica. E guai se un campo invade l’altro: guai se il tecnico pretende di fare la scelta finale o se il politico pretende di trasformarsi in ingegnere, in manager, in esperto di finanza. Nel primo caso, il tecnico pretende di esercitare un potere che non possiede ne’ originariamente né come potere delegato; nel secondo caso, il politico, per competente che sia in materia egli stesso, conduce la discussione del problema in un ambiente (una commisione o un consiglio comunale, ad esempio) nel quale molto spesso solo una minoranza si è preparata sul tema specifico, mentre la maggioranza lo sosterrà o lo contrasterà solo su basi ideologiche e strumentali.

Matteo, classe 1974, dedica una copia del suo libro a me (classe 1944)

I linguaggi. Ve ne sono di tipi assai diversi. Innanzi tutto abbiamo il politichese, quel dico e non dico che dice tutto e il contrario di tutto, quello che nel caso migliore non sa andar oltre un’affermazione di principio. Poi vi è il tecnocratese, il linguaggio del tecnocrate, il quale, data la complessità della materia che egli tratta, anche se è in buona fede utilizza un linguaggio che – a differenza del politichese – ha sì dei contenuti, ma che risulta assolutamente incomprensibile da parte di chi dovrebbe controllarne l’operato che descrive, cioè da parte di Cittadini. Il che fa del tecnocrate un despota a sua insaputa. Vi è infine il  linguaggio giusto, pieno di contenuti e assolutamente comprensibile da parte di tutti. Ecco, questo dovrebbe essere il vero, l’unico linguaggio del politico e del tecnocrate. Esso si divide in due stili: quello della lingua scritta e quello della lingua parlata. Vanno bene entrambi.

Riccardo e Franco: attenti a quei due!

Alle prossime elezioni comunali di Trento, il 20 e 21 settembre 2020, grazie se crocettate il simbolo della lista +TRENTOVIVA (a sostegno del candidato sindaco FRANCO IANESELLI) e grazie se accanto scrivete tre nomi: Riccardo Lucatti, Elisabetta Zanella, Roberto Sani.

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