CONTE, IL POPULISMO QUALITATIVO, RENZI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Dicembre, 2020 @ 5:53 am

Detto altrimenti: il post della mattina di Natale    (post 4117)

Prima viene la demagogia, dopo il populismo. Prima si lusinga il bambino: “Stai bravo  che ti darò tutto quello che vuoi”. Dopo arriva il populismo: “Quei tre gelati a fila gli hanno fatto male ma è lui che li ha voluti, è stata quella la sua volontà!”. Anche in politica: prima “Votatemi che vi darò tutto quello che volete”; dopo “E’ stata la volontà della maggioranza alla base delle decisioni di governo, quindi di che vi lamentate?”

Già così non saremmo messi tanto bene. Ma c’è di più: c’è il “populismo qualitativo” così bene evidenziato da Umberto Eco. Esso si verifica quando il popolo – o nel caso attuale un governo – è considerato come una massa qualitativamente informe ed sostanzialmente uniforme che si vuole fare intendere esprima un’unica volontà. Ora, poiché non è pensabile che un gruppo così eterogeneo di persone, sia esso l’insieme dei cittadini o l’insieme dei componenti di un governo, esprima realmente un pensiero unico, in realtà quel pensiero è il pensiero del capo che viene presentato come il pensiero unico e qualitativamente uniforme di un gruppo sostanzialmente informe.

Per arrivare a ciò in regimi anche formalmente non democratici, basta che il capo si affacci ad un balcone per proclamare che sta per dare esecuzione alla volontà della folla sottostante e osannante. In sistemi democratici occorre persuadere le masse (e i componenti di un governo) che “bisogna essere uniti, compatti, remare tutti nella stessa direzione … il paese ha bisogno di un governo coeso … non c’è tempo da perdere (ovvero: ho fatto in modo che non ci sia tempo per un dibattito) … “. Così è accaduto e sta accadendo in relazione al Recovery Fund, Plan, Band.

Dal luglio scorso RENZI ha insistentemente chiesto – inascoltato – che il governo e il parlamento fossero coinvolti nelle decisioni circa il Recovery Fund/Plan. L’unica risposta ricevuta sul filo di lana è stata la Recovery-Band. Al che Renzi ha puntato i piedi e finalmente, il 22 dicembre scorso ai suoi ministri sono stati mostrati alcuni progetti dei quali si chiede il finanziamento Recovery, in  una riunione nel corso della quale  è emerso – fra l’altro – che alcuni componenti della Recovery Band governativa non avevano nemmeno letto il Recovery Plan (!?) o che non ricordavano di avere inserito la materia nella legge finanziaria (!?).

Già così non saremmo messi molto bene. Ma c’è di più. Infatti ai ministri di Italia Viva il 22 dicembre è stato fissato il termine del 28 dicembre (a cavallo del Natale!)  per presentare eccezioni, variazioni contributi in quanto “il Piano deve essere varato entro l’anno”. E ci risiamo con quel “Coraggio, arriviamo all’unico pensiero … non c’è tempo per discutere …” che sta alla base della  successiva prevedibile dichiarazione  “Ecco qui, vi presento la volontà di un’entità compatta, qualitativamente uniforme, il vostro governo, quello che io dirigo”: il populismo qualitativo, appunto!

Dice … ma in quale opera Umberto Eco ha formulato la sua teoria – che poi teoria non è – del populismo qualitativo? Si tratta di un libretto scritto oltre venti anni va e recentemente ripubblicato dalla Editrice La Nave di Teseo, “Il fascismo eterno”, 60 paginette a soli €5,00 (i cinque euri meglio spesi in tutta la mia vita) nel quale Eco elenca le varie componenti occulte, sotto traccia, di un sistema che per affermarsi non ha più bisogno di manganellatori in camicia nera ma utilizza una serie di artifici  solo apparentemente innocui: il populismo qualitativo è uno di questi.

Ho esagerato nel mio ragionamento? Può darsi ma uno dei miei maestri, il filosofo austriaco del diritto, Hans Kelsen, mi ha insegnato che per verificare l’esattezza di un ragionamento occorre spingerlo alle sue estreme conseguenze salvo poi ridimensionarne la portata. E così ho fatto, anche perché a pensar male …

E se mi sbaglio mi corigerete.

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TAV, TRENI PENDOLARI O ALTRO ANCORA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Dicembre, 2020 @ 3:53 pm

Detto altrimenti: per me, è una questione di metodo       (post 4117)

TAV – Treno ad Alta Velocità, che poi essendo stata contenuto in 125 kmh, non avrebbe più diritto di chiamarsi così, bensì TAC, Treno ad Alta Capacità ma la Tac richiama un intervento di analisi medica non proprio gradevole, e quindi ….. E poi è come la maremma: ne esistono diverse, ma per Maremma si intende quella Grossetana e per la TAV si intende la Torino-Lione: entrambi, Maremma e TAV, tali per antonomasia.

Taluno dice: TAV no perché genera perdite; altri no perché prima vengono i treni dei lavoratori pendolari che sono pochi, arrivano in ritardo a causa dei tanti PL (passaggi a livello); altri no, perchè se in una famiglia un figlio sta male ed ha bisogno di cure, il padre con spende i soldi per cambiare l’auto.

Altri dicono: TAV sì, perché è una tratta del corridoio ferroviario che congiunge il Portogallo al centro Europa ed evita che il Sud del continente sia tagliato fuori dalla rete dei corridoi europei; sì, perché l’economicità dell’A1-Autostrada del Soe non si valuta sul fatto che la tratta Fiorenzuola – Fidenza sia in passivo.

Altri infine dicono: si tratta di una polemica sterile perché le due cose non sono antitetiche.

Io mi permetto di dire: è solo una questione di metodo, e cioè occorre aggiornare l’elenco delle priorità innanzi tutto per categorie

  • di investimento: trasporti interni; collegamenti internazionali; sanità; scuola; asili e nidi; difesa idrogeologica; difesa (militare); giustizia; etc.;
  • di spesa: sussidi e sovvenzioni; reddito di cittadinanza; quota 100; razionalizzazione della burocrazia; etc.;
  • di copertura finanziaria: evasione fiscale; Recovery Fund; MES; risorse UE ordinarie (di cui utilizziamo solo il 47%!); emissione di TIR Titoli Irredimibili di Rendita; spending review seria; etc..

Quindi per ciascuna delle tre categorie occorre:

  • definire l’ordine di priorità decrescente;
  • valutare le somme da destinare alle “priorità più prioritarie”, tenendo conto del peso specifico percentuale di ogni intervento, sia rispetto al totale delle somme disponibili, sia rispetto al totale delle somme necessarie a risolvere ciascun problema specifico.

Il sistema che propongo è complesso e richiede:

  • Capacità di una visione d’insieme, anche prospettica;
  • l’organizzazione di un sistema funzionale di persone ai vari livelli;
  • che su ogni persona sia concentrato un tot di potere e di responsabilità;
  • capacità progettuale, organizzativa, gestionale e di controllo ad ogni livello.

All’interno di un sistema del genere, nell’ambito dei trasporti e della mobilità, sono convinto che quanto meno risulterebbero prioritari contemporaneamente tre tipi di intervento; TAV, treni pendolari; bus scolastici. In altre e poche parole: ad un governo non chiedo che faccia il massimo, che si impegni al massimo … ma semplicemente che faccia tutto quello che serve.

E se mi sbaglio mi corigerete.

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DEMOCRAZIA VERA (PARLAMENTARE) E DEMOCRAZIA DIRETTA DA POCHI (OLIGARCHIA)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Dicembre, 2020 @ 7:52 am

Detto altrimenti: repetita iuvant    (post 45169

Il termine “democrazia” nei secoli ha assunto tre significati diversi: potere sul popolo (il democrator era il dittatore); strapotere del popolino; potere del popolo. Ma oggi … di quale popolo? Perché se si trattasse del popolo della rete, quello dei clik per capirsi, saremmo regrediti al significato precedente. E invece, potere del popolo è il potere di tutti i cittadini che lo esercitano attraverso “partiti organizzati in forma democratica” (art. 47 delle Costituzione) e attraverso i meccanismi e le procedure del parlamentarismo.

I cittadini sono gli “azionisti” dello Stato, i padroni dello Stato che governano attraverso una catena di mandati: cittadini, partiti, parlamentari, governo.

Oggi assistiamo ad un duplice attacco alla catena della democrazia. Il primo, quello portato da chi – violando il citato articolo della Costituzione – vuole eliminare i partiti per organizzare i cittadini in movimenti, per cui la catena della democrazia diverrebbe la seguente: movimenti, parlamentari, governo.

Il secondo da chi vorrebbe eliminare di fatto i parlamentari attraverso la loro riduzione a semplici esecutori della volontà dei movimenti espressa attraverso il seguente meccanismo: referendum propositivo con quorum molto ristretto + minor numero di parlamentari più giovani estratti sorte e vincolati dal vincolo di mandato + obbligo del parlamento di approvare le proposte referendarie in tempi brevi e senza modifiche. In tal modo la catena della democrazia sarebbe Movimenti – Governo, cioè dalle leggi speciali e (troppo) specifiche, fatte da poche persone ad un Governo obbligato a darvi esecuzione. Con il che la democrazia si sarebbe trasformata in democrazia diretta da poche persone cioè in oligarchia.

Fino a pochi giorni fa scrivevo questo processo come “trasformazione democratica della democrazia in oligarchia”. Oggi mi correggo: se non altro, la sostituzione dei partiti con i movimenti è contro la nostra Costituzione (Art. 47) per cui tutto il processo di cui sopra non è un processo democratico.

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22.12.2020 PER FAVORE DITECI CHE NON È VERO!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Dicembre, 2020 @ 5:07 am

Detto altrimenti: dai … non può essere vero!   (post 4115)

(Dopo sei mesi sei di richieste, il 22 dicembre 2020 Conte ha mostrato a ITALIA VIVA alcuni progetti contenuti nel RECOVERY PLAN, dando tempo fino al 28 dicembre per eventuali osservazioni, “perchè il piano deve essere varato entro l’anno”). No comment.

“Ma Gualtieri lo ha letto il Recovery Plan? “ Durante l’incontro del 22 dicembre durato oltre due ore con la delegazione di ITALIA VIVA a Palazzo Chigi, mentre si stava esaminando la bozza di Recovery Plan presentata dal premier, sarebbe trapelato che il ministro dell’Economia non ha letto il piano nel dettaglio. A una domanda dell’ex ministra Maria Elena Boschi sulla riforma della giustizia, nella parte del Pnr relativa alle “riforme di sistema”, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri risponde candidamente che lui il piano non lo ha letto. “Ah complimenti!”, salta sulla sedia la ministra Bellanova: “Ma davvero non hai letto il piano?”. Segue un siparietto del rimpallo tra il ministro degli Affari Europei Vincenzo Amendola e Gualtieri. Insomma, fosse anche solo quello, ITALIA VIVA un merito ce l’ha avuto: incoraggiare il premier a mettere nero su bianco un piano di investimenti di cui finora solo in pochi avevano davvero sentito parlare, o che, nella migliore delle ipotesi, veniva tenuto nel cassetto riservato di qualche ministro (e non di altri), dato che, a quanto si apprende, nemmeno il titolare del Mes lo aveva studiato dettagliatamente prima dell’incontro di oggi.

Un altro siparietto è avvenuto quando, a un certo punto del vertice, Conte ha sbottato: “Ma chi ha detto che volevamo fare un emendamento alla legge di Bilancio?”. E la Boschi risponde: “Voi, all’articolo 184 della legge di Bilancio”. Conte ribatte: impossibile. La Bellanova chiede: “Ma ci prendete in giro?”. A quel punto, anche Riccardo Fraccaro e Roberto Gualtieri avrebbero fatto notare la cosa a Conte.

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UN IMPORTANTE ESPONENTE DEL GOVERNO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Dicembre, 2020 @ 6:45 pm

Detto altrimenti: … avrebbe recentemente dichiarato ai ministri IV che lui il Recovery Plan “non lo aveva letto”. Al che verrebbe da dire che sì, occorre remare tutti nella stessa direzione come dice Conte, ma c’è remare e remare! E se fosse vera quella notizia, quel tale lo metterei sì a remare, ma come dico io!   (post 4114)

Da “Breve storia della navigazione a vela” un mio lavoretto di qualche anno fa.

Dal X al XVI secolo troviamo le galee veneziane (e così quelle liguri, pisane e amalfitane) a due alberi, navi che furono le prime ad avere un solo timone per di più interno allo scafo e non più due timoni appesi al giardinetto di babordo (sinistra ) e tribordo (destra).

Le galee veneziane … un mito, anche se per i vogatori erano l’inferno sulla terra! Erano molto boliniere, ed in più se attaccavano il nemico da sottovento avevano l’ulteriore vantaggio, di notte specialmente, di non essere scoperte a causa del puzzo che emanava la stiva dei rematori, i quali si liberavano direttamente sul posto di lavoro di ogni loro esigenza fisiologica. Nei primi secoli, tutti volontari. Quindi vennero impiegati anche prigionieri di guerra (schiavi) e dal 1549 anche gli “zontini” (condannati a pene varie e/o arruolati a forza, ma pagati). Infine, i volontari chiamati “bonavoglia”, questi ultimi stipendiati e armati in caso di combattimento.

La navigazione di poppa era un po’ più problematica, perché le vele latine non sono le più adatte a tale andatura, e le galee rollavano molto. A remi raggiungevano i 9 nodi di velocità e potevano mantenere tale ritmo per 12 ore, il che significa compiere – a remi! – circa 100 miglia (180 km) in 12 ore! Durante la navigazione a remi per offrire minore resistenza all’avanzamento venivano smontati gli alberi.

Le galee veneziane erano tutte “monotipo”, cioè tutte uguali fra loro. Ciò consentiva una maggior rapidità nella costruzione in serie (Arsenale di Venezia docet) e soprattutto una enorme facilità per le riparazioni da parte di tutti i fondaci e porti veneziani sparsi nel mediterraneo e dotati, tutti, degli stessi “pezzi di ricambio”.

In genere erano armate di un solo cannone “da caccia” montato a prua, per sparare lungo l’asse della galea sulla quale peraltro non ci sarebbe stato lo spazio sufficiente per collocare cannoni con tiro laterale, né le galee avrebbero potuto sopportare il rollio dovuto al contraccolpo di una bordata.

Genova – Pisa, uno a zero sul campo della Meloria, il 6 agosto 1284. La squadra genovese (63 galee) era comandata dall’Ammiraglio Oberto Doria ma la vittoria fu dovuta all’intervento dell’Ammiraglio Benedetto Zaccaria che, dal ridosso dello scoglio della Meloria, attaccò il fianco dei Pisani con 30 galee. Delle navi pisane si salvarono solo le 20 al comando del Conte Ugolino, la cui fuga non gli impedì di trionfare politicamente, sino alla sua deposizione nel 1288 ed alla sua triste e famosa fine per fame.

Genova – Venezia, uno a zero sul campo dell’isola di Curzola, 8 settembre 1299 (mi dispiace per i Trentini che si chiamano Curzel).

La formazione ligure era a favore di vento e a “voga arrancata” (ovvero la massima velocità raggiungibile da una galea); piombò in formazione serrata sullo schieramento di Venezia, rompendone i ranghi. Memore del successo alla battaglia della Meloria, Doria lasciò in disparte 15 delle 78 galee come rinforzo, nonostante l’alto rischio: i genovesi infatti erano in netta inferiorità numerica. La battaglia fu particolarmente sanguinosa, più ancora del precedente scontro del 1284 contro i pisani, dove i genovesi erano invece in vantaggio. Abbordare o affondare i legni veneziani costò caro in termini di perdite umane, alla flotta della “Superba”. I veneziani si videro affondate 65 galee, catturate 18; i morti tra i veneti furono settemila, altrettanti i prigionieri, tra cui Marco Polo, che tornato dal suo viaggio nel Catai era stato insignito dell’onore del comando di una delle galee. Ironia della sorte, dividerà la cella con Rustichello da Pisa, prigioniero della Meloria, al quale Polo dettò il suo “Milione”. L’ammiraglio veneziano (si dice che fosse il Doge in persona, anche se esistono versioni contrastanti di questo fatto) cadde altresì prigioniero, e pare si sia tolto la vita prima di essere portato a Genova “rompendosi il cranio contro il banco cui era stato incatenato”, anche se l’ipotesi pare poco credibile, e viene indicata come una leggenda. L’ammiraglio ligure Lamba Doria invece, perse un figlio nella battaglia, e lo fece seppellire in quel tratto di mare, affermando che non avrebbe potuto avere tomba migliore di quella. Come si è detto, le perdite per Genova erano state elevate, e la flotta decise di tornare in patria, rinunciando ad attaccare Venezia stessa, fatto che secondo alcuni storici avrebbe potuto determinare il declino completo della “Serenissima”. Non andò così e le due repubbliche stremate, vennero alla soluzione diplomatica.

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IL TERZO TEMPO DELL’AZIONE DI GOVERNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Dicembre, 2020 @ 11:49 am

Detto altrimenti: non stiamo giocando a palla con il futuro dei nostri figli e nipoti   (post 4113)

Sarà che siamo abituati ai due tempi del calcio, al massimo con qualche minuto dei supplementari, ma “a me mi” pare che purtroppo la attuale politica del governo non prenda in considerazione il “terzo tempo” della partita. Mi spiego:

1° tempo: spendere, cioè dare il massimo dei sussidi possibili
2° tempo: investire, cioè impiegare al meglio i fondi Recovery del MES
3° tempo: ….

Ma, qual è il terzo tempo? Quello nel quale dovremo ridurre il debito pubblico. E’ un problema del quale il governo dovrebbe occuparsi sin d’ora in parallelo agli aspetti dei primi due tempi della partita. In parallelo, cioè contemporaneamente. Fino a qui la pars destruens.

Pars construens: e se si provasse ad emettere TIR- Titoli Irredimibili Rendita in sostituzione volontaria delle tranche di Titoli di debito in scadenza? E se in parallelo si emettessero anche ulteriori limitate quantità di TIR non sostitutivi di titoli di debito? Si inizierebbe a ridurre il debito pubblico pur aumentando la liquidità del Tesoro. Una prova, cosa ci costerebbe? Il 25 agosto scorso Banca Intesa Sanpaolo ha emesso la prima di due tranche di suoi Irredimibili al 5,5% tassati al 26% per 750 milioni cadauna ricevendo richieste di acquisto per 6,5 miliardi! Sarebbe interessante conoscere la % degli investitori esteri! Proviamoci, almeno, visto che gli Irredimibili statali sarebbero tassati al 12,5% e quiindi potrebbero essere emessi con un rendimento inferiore di quelli della banca, ma sempre molto attraente.

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DA SEI MESI ITALIA VIVA …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Dicembre, 2020 @ 6:27 am

Detto altrimenti: da sei mesi (luglio 2020) Renzi sta chiedendo a Conte di coinvolgere i Ministri e il Parlamento nell’utilizzo dei fondi del Recovery Fund. Ieri 22 dicembre 2020 per la prima volta i Ministri ItaliaViva hanno potuto conoscere alcuni progetti inseriti nel piano di utilizzo. Ad essi è stato fissato il termine del 28 dicembre 2020 (!!) per esporre osservazioni, critiche e contributi.     (post 4112)

Ieri, dopo il video saluto per gli auguri di Natale,  la nostra Senatrice Donatella Conzatti ci scrive:

Credetemi, io li capisco i filosofi del “tirare a campare”. Se ne stanno seduti comodi nella loro comfort zone a riparo da faticose riflessioni, da un impegno che richiede sacrificio. Da bravi passeggeri distratti non disturbano mai il conducente. Seguono i sondaggi come una una barca a vela segue il vento. Galleggiano, ma solo perché non sanno nuotare.

(Da velista regatante mi permetto di inserirmi: loro, passeggeri in barca a vela non in regata, la cui rotta è assolutamente a zig zag, tanto non ha una meta prefissata. Al contrario noi siamo l’equipaggio di una barca a vela in regata e regoliamo con impegno e con fatica le manovre per individuare la rotta migliore, quella che porterà la barca Italia vincente al traguardo).

Io li capisco, ma spero che ci perdonerete ma noi di Italia Viva… non siamo fatti così. Il ritornello che abbiamo sentito ripetere negli ultimi giorni è stato “Italia Viva vuole la crisi di governo”. Falso! Italia Viva non vuole la crisi dell’Italia, semmai. Proprio per questa ragione, con la chiarezza che è figlia della lealtà, abbiamo espresso le nostre preoccupazioni al Presidente del Consiglio e agli alleati della maggioranza.


Avevamo il diritto di chiedere che fosse la politica e non l’ennesima task force di tecnici “amici” ad assumersi le proprie responsabilità e a decidere come spendere le risorse del Recovery Fund? A giudicare dal fatto che siamo stati ascoltati direi proprio di sì.


Ed ancora, abbiamo il diritto di affermare che durante una pandemia drammatica, con gli ospedali spesso vecchi e inadeguati sotto pressione, con una campagna vaccinale alle porte e con migliaia di medici specializzandi fermi ai box, rinunciare per cecità ideologica ai 37 mld del MES per la Sanità è più di un’ingiustizia, è un crimine?


Abbiamo il diritto di discutere in merito a quali progetti intendiamo mettere in campo da qui ai prossimi dieci anni per ricucire il divario tra nord e sud, per realizzare infrastrutture degne di un Paese moderno, per investire su una scuola e un’università di qualità, per difendere il Made in Italy e rilanciare il turismo, per avviare la transizione ecologica, per preparare l’Italia ad un futuro sempre più tecnologico e digitale? Beh, io credo che non abbiamo solo il diritto, abbiamo il dovere di farlo!


Altro che capricci, sono questioni nevralgiche dalle quali dipende il futuro nostro e dei nostri figli. Di questo e solo di questo abbiamo discusso con il Presidente Conte. Senza nessun pregiudizio, ma con la ferrea consapevolezza che il destino dell’Italia conta molto di più di qualche poltrona. Ed è stato un incontro costruttivo. Un concetto deve essere chiaro a tutti: il momento che stiamo attraversando è un tornante della storia, ciò che facciamo adesso avrà ripercussioni per i prossimi decenni. Qualcuno ha detto che siamo dei rompiballe? Non lo so. So che non siamo mai stati interessati a tirare a campare e che sicuramente non siamo degli “indifferenti”.
Perché a me una cosa hanno insegnato: che è proprio l’indifferenza il peso morto della storia, non certo il coraggio di lottare per le proprie idee.

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BUON NATALE, SIORA VERONICA!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Dicembre, 2020 @ 4:44 pm


Detto altrimenti: no raga, scialla, calma, non si tratta dell’ex moglie di quel tale Silvio, no … semplicemente di un “bragozzo”, un’antica barca da carico gardesana trasformata qualche anno fa in una barca per portare i turisti a zonzo sul Lago di Garda.
   (post 4111)

Ai suoi tempi la Siora Veronica non aveva motore e anche l’armo velico era diverso, a cominciare dal due alberi che non erano così inclinati. Chi li ha voluti così ha inteso replicare l’armo di una goletta, barca nata alle Bermude e che ebbe la sua massima notorietà al tempo della guerra degli Stati americani contro la loro madre patria Inghilterra. La caratteristica della goletta era di avere una chiglia sempre più profonda man mano che si sviluppava verso poppa (cosa che manca nella Siora Veronica), il che, insieme alle due grandi rande (vele da taglio) ed all’inclinazione degli alberi, le conferiva una grande dote boliniera, ovvero le golette stringevano molto il vento e lo risalivano a gran velocità, ragion per la quale attaccavano le grandi e lente navi inglesi da sottovento, cannoneggiandole per poi fuggire impunemente, imprendibili, di bolina.

Di queste storiche golette esiste ancora il secondo rifacimento della splendida Pride of Baltimore, che però è dotata di un ben celato e silenzioso motore diesel e che è dotata di due “gabbiole” cioè di due vele quadre che le sono di aiuto nelle andature “larghe”: infatti è una “goletta a gabbiole”, splendido legno che io qualche anno fa ho avuto la fortuna di vedere arrivare e ormeggiare a vela nella darsena del porto di Genova.

Da “Breve storia della navigazione a vela”, un mio scritto di qualche anno fa:

I futuri Stati Uniti d’America sono in guerra contro la ex madre patria Inghilterra (1812-1815), la quale è dotata di una flotta assai potente. E gli Yankyes si inventano le golette, copiate da barche bermudiane. Ne costruiscono ben 150. Si tratta di navi lunghe oltre 35 metri di cui circa 10-15 di bompresso. Due alberi molto inclinati, alcuni fiocchi a prua e due rande enormi. La chiglia continua, da prua a poppa, sempre più profonda, ed alta (cioè bassa) anche oltre l’altezza dell’opera morta (parte dello scafo fuor d’acqua). Pochi uomini di equipaggio (12), manovre di vele assai pericolose a causa della grande superficie velica di ciascuna randa, molto boliniere, dotate di pochi cannoni: 8 pezzi da 24 libbre (quattro per bordo), due pezzi da caccia da 6 libbre a prua (persino le navi mercantili erano armate meglio!). I cannoni da caccia avevano una portata di 250 metri a tiro radente e di 1.750 metri a tiro parabolico. Le golette giungevano da sottovento, di bolina, colpivano e fuggivano verso il sopravvento, sempre di bolina. Velocità massima: 2,5 volte la radice quadrata della lunghezza al galleggiamento, cioè circa 15 nodi, cioè 27 Kmh! Tuttavia, con onda, entravano in “surfata” o addirittura in planata e superavano i 20 nodi (36 kmh!), laddove la velocità delle altre navi si attestava intorno ai 5 nodi! Non male, soprattutto se pensate che si tratta di progetti del 1812 e che sviluppano queste velocità “controvento”. In allora imprendibili! Oggi, quasi imprendibili.

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FINANZA PUBBLICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2020 @ 12:05 pm

Detto altrimenti: un aggiornamento, una visione d’insieme     (post 4110)

Anteprima

  • Aprile 2020: sui Titoli Rendita Irredimibili nell’aprile 2020 usciva il libro a firma De Marchi-Lucatti “Ricostruire la finanza – Riflessioni e proposte sull’emergenza”. Riprendo qui il tema principale ivi trattato.
  • 25 agosto 2020: Banca Intesa Sanpaolo emette 750+750 milioni di propri Titoli Irredimibili ricevendo richieste di acquisto per 6,5 miliardi (sarebbe interessante conoscere la % di acquirenti esteri).
  • Dicembre 2020: è uscita la seconda edizione del libro citato.
  • Oggi salgo in cima ad un’alta scogliera per avere la visione d’insieme del mare (della nostra finanza pubblica).

Ora posso cominciare

  • Inflazione 2020 = 0% 
  • Dall’inizio della pandemia:
    • lo Stato ha emesso oltre 140 miliardi di BTP;
    • il PIL è diminuito a poco più di 1.600 miliardi;
    • il rapporto debito/PIL è salito al 160%;
  • le entrate fiscali sono diminuite e diminuiranno;
  • a fine settembre il debito pubblico italiano è stato pari a 2.583 miliardi contro i 2.410 di inizio anno, con un incremento di oltre il 7%;
  • non basterà un anno per tornare ai livelli pre-pandemia;
  • occorre un concreto intervento in investimenti che ricreino le condizioni per avviare un circolo virtuoso dell’economia;
  • servono di centinaia di miliardi di euro che non possono continuare a provenire da debiti, ma devono provenire da risorse proprie.

Le strade sono due

  1. SOLUZIONE FORZOSA – Introduzione di un’imposta patrimoniale applicata con varie modalità.   Beneficio per lo Stato: raccogliere cifre imponenti in brevissimo tempo. Maleficio per i cittadini: vedersi sottrarre parte dei risparmi accumulati nel tempo, per coprire il buco di bilancio. Una soluzione che scatenerebbe tensioni di vario tipo e, colpendo anche interessi stranieri investiti in Italia, genererebbe reazioni negative sui mercati con il possibile allontanamento degli investitori istituzionali i quali attualmente assicurano il 70% della sottoscrizione dei BTP.
  2. SOLUZIONE VOLONTARIA – Emissione da parte dello Stato di TIR-Titoli Irredimibili Rendita (privi di scadenza quindi non di debito, il cui capitale può essere recuperato attraverso la vendita in borsa), titoli che fruttano ai sottoscrittori  un interesse annuo maggiore rispetto ai Titoli Debito Redimibili. Non essendoci un rimborso, il capitale raccolto dallo Stato e non aumenta il suo debito: anzi, se sono emessi in sostituzione volontaria delle tranche di titoli redimibili in scadenza, diminuiscono il livello del debito pubblico.  Beneficio per lo Stato: raccogliere – senza indebitarsi! – cifre consistenti da destinare al sostegno a fondo perduto alle imprese o alla realizzazione di infrastrutture. Beneficio per i risparmiatori: percepire una rendita  superiore a quella dei BTP ordinari. I titoli irredimibili non sono una novità: infatti sono stati emessi fin dal XVIII secolo da Stati Uniti, Inghilterra, società private e anche dall’Italia, con due serie denominate Rendita 3,5% e Rendita 5%, oltre all’ultima sopra citata emissione di Banca Intesa Sanpaolo.  La novità potrebbe essere costituita dall’utilizzo di diversi sistemi di calcolo della rendita a tasso fisso e/o variabile.

Lo stesso tipo di emissioni potrebbe essere adottato anche dall’UE e dai nostri Enti Pubblici Locali.

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LE IDEE CAMMINANO SULLE GAMBE DELLE PERSONE, LA POLITICA SULLA LORO CAPACITA’ E IMPEGNO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2020 @ 5:11 am

Detto altrimenti: … e il pensiero sul loro confronto     (post 4109)

Io sono un libero pensatore, un artigiano del libero pensiero. Da otto anni ho conosciuto una persona osservando la quale mi sono convinto a “fare politica” nel senso greco del termine, cioè ad occuparmi della tecnica di governo della polis (città, città stato, stato). E seguo con convinzione quella persona che ringrazio per la fiducia che continua ad accordarmi.

Ma non mi basta: vorrei creare un ristretto gruppo pre-politico per lo sviluppo del pensiero e del metodo logico del pensare con il quale confrontarmi per non sentirmi troppo solo nel difendere una non tesi politica, quanto nel difendere l’uso delle parole, della separazione dei diversi piani del ragionamento, della logica delle motivazioni, la loro corretta conseguenzialità. Questo mio post non è un appello, è solo uno sfogo personale di chi, essendo un V.I.P.-Vecchietto In Pensione, dopo quarant’anni passati a fare il P AD DG di SpA, ha finalmente il tempo per fermarsi a riflettere.

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