IMU e ACI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Giugno, 2012 @ 7:02 am

Detto altrimenti: da un lato con l’IMU si tassano  anche i debiti dei “poveri”, dall’altro non si aboliscono i privilegi di casta. Ed allora? Che si pronunci ogni ACI-Azionista Cittadino Italiano.

Mantenimento dei privilegi di casta. Tempo fa alcuni parlamentari dissero che il governo non avrebbe potuto intervenire sui loro emolumenti, sulle loro prebende (e sui loro odiosi privilegi medievali, assolutamente “fuori scala” sotto il profilo morale, storico, economico, attuale, retributivo, etc., n.d.r.), perché sarebbe stato come se un amministratore di una SpA avesse preteso di definire il dividendo da corrispondere agli azionisti proprietari della stessa. Infatti, come si sa, la decisione sui dividendi è prerogativa dell’assemblea degli azionisti, non del consiglio di amministrazione degli amministratori.

un ACI, Azionista Cittadino Italiano

Concordo solo quanto alle SpA, ma nel caso nostro affermo: gli azionisti del Paese Italia non sono i parlamentari bensì noi ACI-Azionisti Cittadini Italiani e non chi, nominato dai partiti politici a seguito di una legge elettorale “porcellum”, dovrebbe “parlamentare” in “parlamento” ed emanare leggi. Il che non fa, in quanto la (precedente) funzione del (precedente) governo si è sostituita alla funzione legislativa e le leggi (in primis quella elettorale, il “porcellum”) se le è “fatte” da sola.

Osservazioni:
1) male abbiamo fatto ad assuefarci e ad accettare supinamente che le leggi siano “fatte” da chi poi deve dare loro esecuzione (governo) anzichè dall’organo legislativo (il parlamento). Questa anomalia è una violazione del principio costituzionale della separazione dei poteri. C’è un ACI- Azionista Cittadino Italiano che se la sente di fare ricorso alla Corte Costituzionale?
2) Non è accettabile che il parlamento si ricordi di essere un organo legislativo solo per fare una cosa inaccettabile e cioè per stabilire il proprio emolumento.
3) Sta agli ACI-Azionisti Cittadini Italiani pronunciarsi in merito. Essi in parte lo hanno già fatto con referendum, cancellando il finanziamento pubblico dei partiti, che poi sono quelli che “nominano” i parlamentari (”grazie” al “porcellum”) che poi sono quelli che si stabiliscono da soli i propri emolumenti. Come vedete il cerchio si è chiuso …
4) … ma poi una legge (”fatta” da chi?) ha reintrodotto il finanziamento pubblico sotto forma di “rimborsi elettorali”, e per di più vediamo quale scempio sia stato fatto di tali denari … alla faccia della decisione degli ACI-Azionisti Cittadini Italiani

Veniamo ora all’altro fronte, quello della tassazione IMU sui debiti dei poveri  ACI-Azionisti Cittadini Italiani, fatta in parallelo ed in contemporanea al mantenimento dei privilegi di cui sopra (l’osservazione non è mia, bensì di tale Gianluigi De Marchi, su www.dituttounblog.it).
Stabilendo l’IMU sulla prima casa non si è tenuto conto che nella stragrande totalità dei casi essa è acquistata ricorrendo ad un mutuo, perché i compratori in genere non dispongono di tutta la cifra necessaria, soprattutto se sono persone giovani. E allora si crea un meccanismo perverso: se la casa vale €150.000 a catasto ed il proprietario deve pagare lo 0,5%, costui dovrà sborsare €750 euro. Ma se ha investito solo €30.000 ed ha ottenuto un mutuo di €120.000, quei €750 rappresentano una tassa sul suo patrimonio del 2,5%, cioè 5 volte l’aliquota apparente!”
In sintesi: lo Stato ha tassato con l’aliquota dello 0,5% sia il patrimonio (€30.000) che il debito (€120.000), oppure, se preferite, ha tassato il patrimonio netto del contribuente di una patrimoniale con l’aliquota dello 2,5%. Fate vobis!

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CALCIO …. SQUALLORE!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Giugno, 2012 @ 7:20 am

Detto altrimenti: Italia – Spagna? No, Genoa – Sampdoria!
Il 3 febbraio 1944 sono nato a Genova, anzi, alla Doria, un frazione della città arroccata sui contrafforti dell’entroterra. S’era sfollati, per sfuggire ai bombardamenti (navali) degli alleati. Mia mamma mi disse che io avevo inaugurato il fonte battesimale della parrocchia. Sarà per questo fatto e perché mio figlio Edoardo è sempre stato un giocatore di calcio e tifoso della Samp, che io stesso, dopo un breve periodo di “fiorentino” per aderire alla passione del mi’ babbo toscano, sono diventato e sono sampdoriano. Non sono un fanatico né tanto meno una assiduo, figuratevi un po’ che l’ultima partita allo stadio alla quale ho assistito … avrò avuto 12 anni … fu Genoa-Fiorentina, il Genoa vinse 3 a 1 e restò imbattuto in casa in quel campionato e la Fiorentina aveva già vinto il campionato già prima di quella partita. Ne ricordo la formazione: Sarti, Mancini, Cervato, Chiappella, Gratton; Segato, Juligno, Virgili, Montuori, Rosati, Prini (sarà giusta?).  Ieri sera  ho assistito alla TV alla partita Italia – Spagna.
Questa mattina leggo che a Genova, durante i festeggiamenti per il ritorno in serie A della Samp, ci sono stati accoltellamenti fra tifosi genoani e sampdoriani e 5 tifosi sono stati feriti in modo grave.
Non ho parole. Miseria, miseria culturale, mancanza di modelli seri, alternativi a questa infatuazione criminale, povertà intellettuale. Lo sport dovrebbe educare, far crescere le persone, addestrarle alla lealtà, mantenerle in salute (mens sana in corpore sano) ed invece … invece … sarabanda di miliardi di euro, fanatismi del tipo del peggiore integralismo religioso, di quello che aggredisce ed uccide, a colpi di stragismo, i cattolici in Africa, tanto per non dimenticare queste ulteriori recenti vittime.
Che fare? Il Presidente Monti, provocatoriamente, di fronte allo scandalo delle partite truccate, ipotizzò di sospendere le partite per due anni. Sottoscrivo, anche per questo ulteriore motivo. Vediamo un po’ se così la capiscono, questi nuovi barbari delle partite truccate, delle scommesse e degli accoltellamenti. E, alla ripresa, fissare limiti alle retribuzioni, agli ingaggi, ai premi partita, a tutto, insomma. Gli attuali livelli sono semplicemente scandalosi ed un insulto a chi non ha lavoro, reddito, pensione o a chi ha lavori precari, mini redditi, mini pensioni e nessuna prospettiva di futuro. Inoltre le società di calcio (spagnole) si indebiterebbero assai meno, potrebbero ripianare i loro debiti bancari e l’Europa non sarebbe costretta ad erogare 100 miliardi di euro alle banche (spagnole) a tasso agevolato (chi paga la differenza, se non ciascuno di noi? Cornuti e gabbati … si direbbe).

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SCANDALO DEL CALCIO E DEI MUTUI IPOTECARI SUB PRIME

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Giugno, 2012 @ 2:21 pm

Detto altrimenti: situazioni analoghe, gonfiate. Tutti ci guadagnano, tranne gli ultimi, che restano con il cerino in mano e si bruciano.
Ricordate l’esemplificazione dei titoli derivati dai mutui ipotecari sub prime? Andate a rileggere il post del 4 gennaio 2012. In quella sede si narra di come fosse stata creata la movimentazione di grandi masse di denaro a vantaggio di tutti i “movimentatori” ed in danno dei debitori originari e dei loro finanziatori finali. Ora, con gli scaldali del calcio, mi pare che la storia si stia ripetendo.

Infatti, il vero e principale scandalo del calcio non sono le partite truccate, ma ciò che sta a monte, e cioè l’enorme, esagerata massa di denaro che questo sport mette in circolazione fra sponsorizzazioni, costo di acquisto dei giocatori, loro stipendi e scommesse, legali e non. Questa enorme massa di denaro sollecita gli appetiti di tutti: sponsor, società di calcio, calciatori e scommettitori, legali e non. Ma tutto ciò, su cosa si regge? Guardiamo il caso della Spagna che ho citato in un paio di post recenti. Tutto ciò è possibile in quanto le società calcistiche, o almeno alcune o molte di esse, (in Spagna, ma solo in Spagna?) attivano il processo di movimentazione di questi tzunami finanziari andando in rosso sui loro conti bancari, creando scoperti enormi che poi non sono in grado di ripianare, e quindi mettendo in difficoltà gli stessi bilanci delle banche le quali poi devono essere ricapitalizzate (leggete il recente post al riguardo). Nel frattempo tutti i soggetti prima nominati hanno guadagnato. Ma siccome al mondo nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si modifica (in questo caso, tutto si sposta), a fronte di chi ha guadagnato vi sono persone che hanno perso. Chi sono costoro? Tutti noi, in quanto i nostri Stati e l’Europa devono ripianare il capitale sociale delle banche in questione (cioè devono ricapitalizzarle), per evitarne il fallimento.

Come rimediare? Lascio a voi, cari lettori del blog, di provare a formulare possibili risposte.

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LA MIA GIRAGLIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Giugno, 2012 @ 9:39 am

Detto altrimenti: a vela … e se non avessi motore, radio e GPS?

Prefazione dell’autore

Una barca a vela in regata, al passaggio dello scoglio della Giraglia

Una favola che va un po’ spiegata. Giraglia è uno scoglio a nord di Capo Corso, a un miglio dall’abitato di Barcaggio, sovrastato dal faro e dalla torre genovese del 1584 e dà  il nome ad un importantissimo campionato di regate veliche nel Mar Ligure centro-occidentale: alcune costiere e l’ultima da Saint Tropez a detto scoglio che funge da boa e quindi a Genova. La regata (dall’8 al 12 giugno si disputa la 60° edizione, con la regata lunga finale, prova d’altura Rolex Cup alla 16° edizione di 241 miglia,  previsto un mistral di 30 nodi!)  caso di mal tempo è assai pericolosa. Infatti la zona di Capo Corso, insieme al più famoso Capo Horn e al Golfo di Marsiglia, è una delle tre zone più pericolose in assoluto al mondo in caso di tempeste. Ciò in quanto il fondale del Golfo di Marsiglia è molto irregolare, a gradoni e le masse d’acqua vi si scontrano innalzandosi in onde enormi e assolutamente imprevedibili, pericolose anche per le grosse navi! A Capo Corso il motivo della pericolosità è un altro. In quella zona infatti si scontra la tramontana che proviene da 0° cioè da nord con il Mistral che proviene da 280-290°, cioè da Nord ovest. Da questo scontro nasce un mare

Il mio piccolo Fun “Whisper” nelle acque di casa (Riva del Garda)

incrociato ed impazzito con onde che non corrispondono alla direzione del vento. Il che crea non pochi problemi ai velisti soprattutto se costretti a d andare veloci, invelati, in quanto regatanti.
Capirete quindi che l’eroe della favoletta che vi sto per raccontare, deciso a traversare da Genova a Capo Corso, in solitaria, senza strumenti elettronici, senza motore ausiliario, a bordo di un FUN, una barchetta a vela da regata di sette metri che discloca (pesa) solo 1.000 Kg, ha corso un bel rischio. Ma questa è una favola e lasciamo che a raccontarla sia proprio il natante, la barchetta, per intenderci, in prima persona. Persona? Si fa per dire…

Fine della prefazione. Ora parla il Fun.

Ha deciso. Questa volta lui non userà  motore, telefonino, radio (e sistema satellitare di posizionamento GPS) se non in caso di assoluta necessità. Vuole veleggiare provando la sensazione della navigazione esclusivamente a vela, seguendo una rotta stimata ed in solitaria. Userà quindi solo l’orologio, il log (tachimetro contachilometri, n.d.r.), la bussola e le carte nautiche. Unica sicurezza: una piccola radio. Quale barca userà ? Ma me stesso, io medesimo, che sono un FUN che poi sono di origine francese e voglio dire Formule UN, Formula UNo e non divertimento  all’inglese, ci mancherebbe altro! Meta stabilita: Capo Corso, il mio piccolo Horn personale: circa 80-90 miglia da Genova in linea d’acqua.

Primo giorno

Navigazione controvento, di bolina, in solitaria

E’ una fresca mattina di luglio. Prima di lasciare l’ormeggio, lui si concede l’ultimo lusso: la lettura del bollettino meteo. Espone quindi randa piena e fiocco autovirante e procediamo al lasco verso Punta Chiappa, a cinque nodi costanti, mure a sinistra, sotto una brezza da nord che fa il pelo all’acqua senza alzare onda, una meraviglia. Io scivolo felice, e lui con me. Saluta alcuni gozzi intenti a pescare e si gode il panorama della sua costa d’origine (lui è genovese!).
Alle sette si abbatte, cioè si vira verso destra “a babordo” rotta verso sud ovest al lasco, allargando l’andatura, mure a dritta. La velocità  scende a quattro nodi. Alle 11 la terra è sparita all’orizzonte ed il vento cala. Il log gli dice che ho percorso 15 miglia verso sud. Lui ne approfitta per mangiare e riposarsi un po’. Dopo il caffè (dell’unico termos), si alza la brezza di mare, da sud.  Lui fissa il timone sopravvento con un elastico e sottovento con una scottina. Dopo qualche tentativo funziona! Ho il timone automatico, evviva! Lui può quindi riordinare le idee e mettermi in ordine, diamine! Inoltre lui aggiorna la rotta (visto che è una rotta “stimata” non mi resta che sperar bene!) ed il libro di bordo. Terminate queste incombenze, lui va a prua e si siede davanti al fiocco, sul pulpito, con le gambe di fuori. Mi sento un cavallo da corsa con in groppa il fantino tanto siamo entrambi sensibili al dondolio impostoci dalle onde! Improvvisamente due delfini emergono dall’acqua ed iniziano a giocare con la mia prua: ho il cuore (ops, la deriva) in gola dall’emozione, fortissima, che sto provando. Dopo un po’ mi salutano e se ne vanno. Lui rientra nel pozzetto. Devo intendere anch’egli con l’animo colmo di gioia e di serenità. Grazie delfini! Nel frattempo procedo verso sud di bolina tirando bordi di due ore ognuno, scadenzati dal timer del suo orologio da polso. In totale percorro altre 32 miglia, ma considerando il bordeggio penso di essere sceso verso sud solo di 20. Dovrei quindi trovarmi a 35 miglia un po’ a sud ovest di Portofino. Ormai è sera, il vento è calato, lui è stanco ed ha fame. Ammaina il fiocco, prende due mani di terzaroli e comunque ammaina del tutto tutta la randa. Quindi cena e va subito a nanna! Io non ho bisogno di dormire, non ho bisogno di ormeggi, cime, parabordi, sonniferi o tappi antirumore per le orecchie (che non ho!) anche perchè qui dove mi trovo non ci sono discoteche dalle quali difendersi. La serata è tranquilla. Qualche pesciolino salta intorno al mio scafo ed augura la buonanotte. Ricambio di cuore.

Secondo giorno

Nelle Bocche di Bonifacio, in solitaria, a vela ovviamente, non a motore come quello là  …

Lui si sveglia presto, riposatissimo ed affamato. Placa la fame, indi prende un bel bagno divertendosi a rimorchiarmi da prua, nuotando sul dorso, con le pinne, per una mezz’oretta (gli avevano assicurato che i pescecani non attaccano i funnisti!).  Verso le 9 si alza il ponentino da 270°. Benissimo, e noi facciamo rotta 180° al traverso per circa 7 ore. E sono altre 28 miglia che sommate a quelle di ieri fanno 63. Dovrei essere al traverso della Gorgona, ma è troppo piccola (o lontana?) per essere visibile. Mi restano altre 20 miglia, che dovrei coprire in un sol giorno, se tutto va bene.
Seconda notte. Calma assoluta. Lui è meno stanco della prima e va a letto tardi, alle 22, in tempo per preoccuparsi un po’ al passaggio di due navi: ho le luci accese ed il riflettore radar. Tuttavia lui non è del tutto tranquillo. Ci avranno visto? Ci avranno cercato sul canale 16 della radio? A noi non risulta. Alla fine lui va a dormire, facendo affidamento sulla legge della probabilità , quella dei grandi numeri, dei grandi spazi ma soprattutto del gran culo.

Terzo giorno

Verso Palau, 25 nodi = 45 kmh =  12,5 m al secondo di vento in poppa: si plana!

Scirocco teso. L’anemometro (è uno strumento un po’ artigianale: si tratta del suo dito indice, inimidito di saliva ed esposto al vento!) registra 15 nodi a livello del mare. Lui lascia filare una cima di trenta metri a poppa. Non si sa mai, se cadesse in acqua…  Prende una mano di terzaroli e alla via così, bolinazza bagnata con onda, ora dopo ora, bordo dopo bordo, virando quando squilla l’orologio. Per fortuna che la cacca lui la fa regolarmente alla mattina presto e per il resto, meno impegnativo, si arrangia anche mentre timona! Ad un certo punto mi accorgo che lui ha perso il conto dei bordi. Li ricostruisce calcolando il tempo trascorso. In totale sono nove ore, sei con mure a dritta, verso Est e tre con mure a sinistra verso ovest. ll log dice che ho percorso a 35 miglia, che dovrebbero corrispondere circa altre 10 miglia questa volta verso sud est, che sommate alle precedenti fanno circa 73. Dovrei quindi essere quasi arrivato e trovarmi a circa 10 miglia da Capo Corso, ma è sera, la visibilità  è scarsa e lui è stravolto dalla stanchezza. Ammaina le vele, prua al vento, cala in acqua l’ancora galleggiante che aveva costruito a terra con i paioli dei gavoni di prua (è brevettata, attenzione!). L’ancora pare funzionare, io scarroccio poco, almeno così mi sembra. Basta, si arrangerà, che mi si spinga dove si vuole. L’onda è fastidiosa ma non pericolosa, lui cena e va a dormire, ma passa la notte nel dormiveglia. Parla da solo: dice che si balla troppo per dormire del tutto. Pazienza … si rifarà  all’arrivo.

Quarto giorno ed ultimo giorno

30 nodi = 54 km/h = 15 metri al secondo di vento, al traverso: si plana!

Lui si alza alle prime luci dell’alba, aggiorna la nostra posizione retrocedendomi delle dieci miglia guadagnate il giorno prima. Continuo quindi ad essere a circa 20 miglia dal Capo, ma l’onda è meno forte di ieri ed io rispondo meglio ai comandi. Venti miglia di bolina, poco più che da Punta San Vigilio a Riva del Garda, dico a me stesso per consolarmi, coraggio! Devi farcela prima di sera, a tutti i costi. Lui fa una ricca colazione ipercalorica (marmellata, banane, biscotti e pompelmo), recupera l’ancora galleggiante e mi fa ripartire terzarolato a 3,5 nodi.
Lui passa un braccio dietro la draglia. Ogni tanto infatti è vinto da un colpo di sonno ma non ci sono auto o guard rail nelle vicinanze, per fortuna. E’ molto più sicuro che guidare in autostrada, checchè se ne dica… Dalle sei di mattina sino a quando? Semplice, sino a quando lui avvista la terra, alle 12. Quando l’ha vista ha provato un’emozione fortissima, un vero tuffo al cuore. Sarà  Capo Corso o cos’altro? Fatto sta che lui si è messo a saltellare dalla gioia!
Anch’io del resto, mi sento come il cavallo che verso sera avverte l’odore della stalla e sente moltiplicarsi le forze pur di raggiungerla al più presto. Ormai è fatta, mi dico, qualunque terra sia quella che lui vede all’orizzonte sulla mia prua, ad una distanza che non sa calcolare. Man mano che mi avvicino la terra, la costa gli appare per quello che è: un promontorio slanciato verso nord! E’ lui, il nostro Horn domestico, che raggiungiamo dopo altre tre ore di bolina.
Sfioriamo lo scoglio della Giraglia e dirigiamo, ormai ridossati, verso Saint-Florent. Lui è stanco, felice e … cosa dite? Soprattutto molto fortunato!?  D’accordo … ho capito … ho capito … prometto glie lo dirò di non farlo più! Va bene così? Buon vento a tutti!

FUN WHISPER ITA 526

Postfazione dell’autore

Quanto descritto sopra era un progetto vero che si è trasformato in una favola vera. Infatti, per una serie di circostanze, questa traversata è stata sostituita da sei traversate (fra andate e ritorni) da S. Vincenzo (Livorno) a Palau, in Sardegna, traversate i cui resoconti non è escluso possano costituire oggetto di post futuri.

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BANCHE CAPITALIZZATE E NON

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Giugno, 2012 @ 8:42 am

Detto altrimenti: cosa vuol dire?  Vediamo di spiegare la cosa alla gente “comune”, cioè alla maggior parte della gente, alle famiglie, al cui interno si vive, si lavora, si cerca il lavoro, si risparmia o si utilizzano i risparmi … ma che però nessuno, mai “capitalizza”!

Quando si costituisce una SpA anche bancaria la si dota del capitale sociale, cioè – semplificando – del denaro che le serve per avviare e gestire la propria attività Per capirsi meglio, supponiamo che si tratti di una SpA Immobiliare e che il capitale sociale sia 100. La SpA in questione acquista un immobile per 100. A bilancio, nella situazione patrimoniale, iscriverà al passivo il capitale sociale di 100 ed all’attivo un immobile che vale 100. Se poi l’immobile si rivaluta di 20 o viene venduto a 120, la SpA registra un utile. Se succede il contrario, registra una perdita che può essere anche tale da azzerare il capitale sociale. Solo per cercare di capirsi.

Una banca, operando, può generare utili che possono essere passati a riserva e la riserva può essere poi trasformata in ulteriore capitale sociale (ecco la capitalizzazione), il quale, crescendo, consente alla banca di operare su volumi d’affari sempre maggiori. Questa è una capitalizzazione “preventiva”

Può capitare poi che la banca sviluppi comunque volumi maggiori di affari senza avere prima aumentato il capitale sociale, il quale risulta ex post insufficiente a garantire i terzi di fronte ai rischi di volumi d’ affari crescenti. In tal caso si ha una “crisi da crescita” (ben vengano queste crisi!) e gli azionisti della banca decidono di investire altri denari nella loro banca e sottoscrivono il necessario aumento di capitale (capitalizzazione a posteriori). Oppure si lancia un aumento di capitale aperto al pubblico. Oppure à la banca d’Italia che obbliga gli azionisti ad operare come sopra descritto.

Fino a qui si tratta di capitalizzazioni “buone”. Ma ci sono anche le capitalizzazioni “cattive”, per intendersi così come esiste il “colesterolo “buono” e quello “cattivo”.

Infatti se una banca registra perdite, a fine anno esse determinano una diminuzione del suo patrimonio, che viene registrata sino ad arrivare alla diminuzione o all’azzeramento del capitale sociale. Ed ecco che sorge la necessità di una sua capitalizzazione a posteriori, di quelle “cattive”, cioè generate da perdite.

Ora, se una banca italiana od estera necessita di una capitalizzazione cattiva, a farla sono gli Stati o l’Europa, cioè, sia pure indirettamente, ogni cittadino, ognuno di noi. Ed allora è lecito imporre alle banche – visto che siamo noi che “le paghiamo” – di rivedere i livelli delle remunerazioni milionarie del loro top management, di non investire in titolo ad alto rendimento ma rischiosi, di fare lavorare il cervello per investire nell’economia reale, anche se ciò costa più fatica che non comperare BOT greci o argentini.

E poi, care banche, che dire delle buonuscite, milionarie e pagate a vista!? Pensate un po’, la Corte dei Conti si riserva ben 10 anni di tempo per verificare l’operato dei funzionari pubblici e voi, banche,  pagate  a vista, cioè immediatamente al termine del loro mandato, buonuscite milionarie a top manager che hanno realizzato utili nel breve termine con operazioni che uno o due anni dopo rischiano di mandarvi in fallimento a meno che noi nion vi “ricapitalizziamo”?! Ma si può?

Qual è il danno maggiore? Non solo o non tanto gli esborsi effettuati al top management, quanto i ben maggiori effetti negativi dell’azione “perversa” di quel top management, la quale sarà tanto più ampia (e deleteria) quanto più è “premiata” da simili remunerazioni.

Perché scrivo questo post proprio oggi? Perché è di questi giorni l’esigenza di “ricapitalizzare” con fondi europei (cioè anche nostri, di ognuno di noi) banche spagnole per 40 miliardi di euro, a fronte di operazioni del tipo mega finanziamenti alle società calcistiche spagnole che hanno pagato miliardate di euro ai loro giocatori, società che poi non sono in grado di ripianare il proprio debito bancario, mandando in crisi le loro banche, quelle stesse banche che ora noi, attraverso l’Italia e l’Europa, siamo chiamati  a “ricapitalizzare”.

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MUSICA, MUSICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Giugno, 2012 @ 6:29 am

Detto altrimenti: avvenimenti diversi, tutti musicali e canori

 

Una piccola parte del folto pubblico

Il 5 giugno scorso pubblicavo un post su di un circolo culturale trentino, una iniziativa privata, senza formalità alcuna se non quella di essere amici o amici di amici, cioè persone conosciute come amiche sensibili alla cultura ed allo “zusammen sein”, all’essere insieme, allo stare insieme.

Bè, in questa stessa sede, ieri pomeriggio, guidati dalla loro insegnate Cristina, che poi è la padrona di casa e la presidente del suddetto “ensamble” culturale, si sono esibiti, in un saggio di fine corso giovani allievi “musicali” e giovani cantanti, di fronte ad un “folto pubblico” di parenti ed amici.

 

 

Il piccolo Andrea alla sua prova d'esordio

Il repertorio ha ricompreso brani di Schumann (La marcia del soldato, Il cavaliere selvaggio, Il contadino allegro); Schubert (lied Wohin”); Bach (Preludio); Puccini (Boheme, Mi chiamano Mimì; Madama Butterfly, Un bel dì vedremo); Bellini( La Sonnambula, finale dell’opera); Haendel (La follia); Mascagni (Cavalleria Rusticana, Voi lo sapete o mamma); Kabalewsky (tema con variazioni); J. Strauss (Valzer dal “Pipistrello”).

Inoltre gli allievi hanno eseguito brani di musica jazz; Someone like you, Lullaby at Birdlans: Feeling Good, They can’t take away from me.

Fra un saggio e l’altro, Cristina ha eseguito  “Sogno” di Schuman e “Il Lago di Como” di Galos.

 

 

 

 

"Accipicchia, quanto ho suonato", esclama il piccolo Andrea al termine della sua esibizione ...

 

 

 

 

 

 

Gaia Pedron e Alberto Anzellotti

 

 

 

Che dire? Che dire di questo giovani che in un mondo di videogiochi preferiscono ed amano la cultura, la musica ed il bel canto? Bravi, ragazzi, bravi voi e chi vi segue nella vostra crescita culturale!

 

 

 

 

 

 

Rosa Sancarlo ed Emilio Tamburini

E poi, diciamola tutta, siccome non di sola musica vive l’uomo, a fine rappresentazione tanti salatini, pizzette, dolci e bevande, anche … analcoliche!

 

 

 

 

 

 

Stefania neonato, pianista, fortepianista, musicofila, una delle punte di diamante uscite dal Liceo Musicale di Trento

 

 

 

 

... insieme alla loro insegnante Cristina

Quindi, la sera, presso la sala della Filarmonica, la cerimonia – concerto commemorativa dei 25 anni del locale Liceo Musicale (uno dei tre Licei Musicali Italiani, insieme a Milano e Parma). Far le due manifestazioni, appena il tempo di un gelato. Sala stracolma (un po’ carente il sistema di areazione, va detto). Si sono esibiti allievi, ex allievi e ex allievi di grande successo del Liceo, fra i quali la pianista, fortepianista e musicofiola Stefania Neonato, figlia della blogger Mirna Neonato (blogger che ritrovate su questo stesso www.trentoblog.it/mirnamoretti).

 

 

Il piccolo Andrea, "grande", attentissimo ascoltatore!

 

 

 

Gaia ed Alberto

 

 

 

 

 

 

 

 

Rosa ed Emilio

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BICINBREVE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Giugno, 2012 @ 5:42 am

Detto altrimenti: brevi aggiornamenti a pedali


Il 28 febbraio scorso pubblicavo un post sulle bici in Olanda e narravo come, nel dopoguerra, l’Olanda ebbe uno sviluppo economico formidabile. Tale sviluppo determinò un forte aumento della circolazione automobilistica che a sua volta generò un forte aumento degli incidenti stradali con incremento notevole delle vittime, specie fra i bambini investiti dalle auto. A quel punto, la popolazione scese in sciopero e la politica intervenne con provvedimenti ed interventi restrittivi della circolazione automobilistica a favore della mobilità biciclistica.  A Trento, ai giorni nostri, si sta arrivando allo stesso risultato per altra via, cioè a causa della crisi economica. Infatti sta diminuendo l’utilizzo dei parcheggi a pagamento, la vendita di carburante e soprattutto sta aumentando notevolmente l’uso delle biciclette in città.

La Provincia Autonoma di Trento, in accordo con le confinanti provincie di Verona e Brescia, sta contribuendo in modo sostanzioso al finanziamento della pista ciclabile dell’Alto Garda, da Malcesine (VR), attraverso i propri Comuni di Nago Torbole, Arco e Riva del Garda, sino a Limone sul Garda (BS). Completata questa tratta, assai difficile e costosa  da realizzare a causa delle rocce a strapiombo sul lago, sarà assai più veloce ed agevole completare l’intero percorso attorno al Lago, per circa 150 km complessivi. Ne risulterà una pista ciclabile fra le più belle al mondo.

Realizzata la pista di cui sopra, a maggior ragione si giustificherebbe la realizazzione della nuova funivia Trento- “Trento 2000” (Monte Bondone) con relative piste ciclabili in quota, per la discesa. Infatti a Trento si potrebbero “catturare” le comitive di cicloturisti che scendono dai Passi Resia e Brennero e dalla Val Pusteria, le quali dopo avere attraversato Merano e/o Bolzano e Trento, potrebbero essere portate “in quota” e quindi da lì potrebbero “planare” su Trento o Rovereto e comunque su Riva del Garda. In tal modo si darebbe vita ad un “prodotto turistico” veramente eccezionale, di grandissimo richiamo.

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INDIVIDUALISMO MADE IN ITALY

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Giugno, 2012 @ 11:10 am

Detto altrimenti: l’individualismo ci impedisce di fare i collegamenti fra gli eventi e quindi di reagire come dovremmo.

Noi Italiani siamo individualisti, cioè “tendiamo a considerare prevalenti i diritti, i fini, le iniziative e le azioni dell’individuo su quelli collettivi dello Stato” (“Lo Zingarelli”, Zanichelli Ed., 1997) …e, dico io, rimaniamo troppo chiusi in noi stessi senza fare i necessari collegamenti fra gli “accadimenti collettivi” e “quelli individuali”.

Se un condomino elude il pagamento di una rata, tempestiamo l’amministratore di condominio perché incassi il dovuto. Se il Comune aumenta la tariffa dell’acqua o se aumentano le trattenute in busta paga, protestiamo. E così via. Infatti in questi casi qualcuno ha messo le mani nelle nostre tasche, ha “prelevato” denaro nostro. Niente da obiettare sulla nostra protesta. Il problema sorge quando ad essere sottratti sono i “denari pubblici”, cioè “di tutti” cioè “di nessuno”, sottrazioni di denaro pubblico, cioè “nostro” (questo è il problema!) di fronte alle quali non si reagisce abbastanza. Mi spiego meglio con alcuni esempi, per sottolineare come anche e soprattutto in questi casi si tratta di denari sottratti dalle tasche di ciascuno di noi e pertanto come anche e soprattutto in questi casi occorrerebbe protestare vivacemente. E vengo agli esempi:

Lo Stato incassa la mia IMU e poi

• versa denari ai politici per i loro pretesi “rimborsi elettorali”, nonostante il divieto referendario e la loro gestione da codice penale;
• versa fondi all’Europa per sostenere le banche spagnole che rischiano di fallire perché le società calcistiche spagnole hanno strapagato i loro calciatori andando in rosso in banca ed ora non hanno i denari per rimborsare il debito bancario;
• permette che i nostri Enti di Stato e le nostre banche paghino stipendi milionari ai loro top manager e noi ci ritroviamo aumenti delle tariffe, dei costi bancari è versamenti per ricostituire il capitale sociae di dette banche, capitale “lesionato” dalle suddette  perdite e costi;
• consente il perdurare di super pensioni milionarie a carico di gestioni INPS o gestite dall’INPS. E’ un diritto acquisito, si dice … anche se nessuna legge italiana prevede questo diritto, Che poi  questo diritto, se di fatto esistesse,  dovrebbe esistere per tutti, mentre in realtà vale solo per tutti gli appartenenti a certe categorie ma non per tutte le categorie di persone (ad esempio, gli esodati, per loro no, loro non hanno acquisito il diritto a che il loro rapporto sia regolato dalla legge del momento in cui hanno trattato la loro uscita dal mondo del lavoro);
• consente che una categoria (i parlamentari) determini la propria retribuzione!

L’elenco potrebbe continuare, ma mi dicono che i miei post sono troppo lunghi ed allora vengo alla conclusione. Consideriamoci padroni in casa nostra, casa nostra è l’Italia (Casa Nostra, non Cosa Nostra!), l’Italia è anche nostra, è il nostro Condominio . Chi ci governa è al nostro servizio, non viceversa. Colleghiamo la fonte dalla quale proviene il denaro con l’uso che ne viene fatto. I denari male utilizzati dal governo, dal parlamento, da enti pubblici e banche sono usciti dalle nostre tasche. Qui si che vedrei bene uno sciopero generale per contestare l’utilizzo perverso del denaro prelevato dalle mie tasche, dalle vostre, dalle tasche di ognuno di noi.

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SFOGLIANDO I GIORNALI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Giugno, 2012 @ 6:32 am

Detto altrimenti: una sorta di rassegna stampa


I danni procurati dalle Agenzie di rating USA. L’Adige del 1 giugno 2012 a pagina 6, in un trafiletto a piè di pagina (io questa notizia l’avrei collocata in prima pagina!) ci informa che il Pubblico Ministero di Trani, Dr. Michele Ruggiero, ha concluso la prima tranche di un’inchiesta che potrà condurre al rinvio a giudizio sull’operato del Signor Deven Sharma (e altri quattro suoi impiegati), Presidente di S & P Financial Service, il quale, con una serie di artifici, avrebbe destabilizzato l’immagine, il prestigio e l’affidamento creditizio dell’Italia sui mercati esteri, avrebbe indebolito l’Euro e deprezzato il valore dei titoli italiani, cagionando alla repubblica Italiana un danno patrimoniale di rilevantissima entità. Il reato contestato è quello di “manipolazione del mercato, continuata e pluriaggravata dalla rilevante offensività dei comportamenti in quanto commessi in danno dello stato sovrano italiano. La S & P ha replicato. “Riteniamo le accuse prive di fondamento e non provate”.  Non se ne verrà subito a capo, ma comunque è un buon inizio! Nel mio post del 15 gennaio 2012 proponevo la creazione di ERA, European Rating Agency, per attribuire un rating alle Agenzie USA, ad esempio dopo che hanno giudicato “ottime” società (Parmalat) che dopo pochi giorni sono fallite.

Tesorieri, li vogliamo così ...

I tesorieri dei partiti. Prendiamone uno a caso, Luigi Lusi (L’Adige, 1 giugno 2012, pag. 8). Mancano milionate su milionate di euro, a non finire. Due considerazioni:
1) Chi avrebbe dovuto controllarlo non lo ha fatto, giustificandosi: “Avevo la massima fiducia in lui”. Ma provate un po’ ad immaginare una situazione del genere all’interno di una SpA il cui capitale azionario fosse a maggioranza pubblica. Si scopre che il tesoriere della società ha sottratto ingenti somme. Il Presidente Amministratore Delegato della Società si giustifica di fronte al suo azionista pubblico affermando: “Non lo controllavo perché avevo la massima fiducia in lui”. Il politico di turno si sarebbe scandalizzato, indignato, lo avrebbe “fatto nero” denunciandolo urbi et orbi ai Tribunali Ordinari, Amministrativi ed all’Inquisizione (ripristinata per l’occasione). Invece, nel caso delle tesorerie dei partiti, i politici adottano la scusante che in altra occasione li avrebbe indotti ad impalare il colpevole. La legge è uguale per tutti? Nel mio post del 7 giugno (“Categorie”) chiarivo: la legge è uguale per tutti gli appartenenti alla stessa categoria (di politici, in questo caso), non per tutti, purtroppo!

... o piuttosto così?

2) In questi giorni i partiti stanno discutendo se dimezzare i cosiddetti rimborsi spese a loro stessi e/o se fissarne un massimo e/o come fare per escludere alcuni possibili beneficiari. Ma vogliamo prima vedere se e come è violato il referendum che aboliva il finanziamento dei partiti? Vogliamo impedire ad un soggetto di fissarsi da solo i propri emolumenti e rimborsi? Vogliamo chiamare le cose con il loro nome, e cioè, chiamare rimborsi i pagamenti a fronte di spese pertinenti e documentate? Vogliamo prima controllare la gestione della tesoreria di tutti i partiti e non solo quella di oggi ma anche quella di ieri? E poi, se scopro un ladro che ha rubato 100 non posso comminargli, come pena, la sanzione che per il futuro potrà rubare solo 50! Ma via, ci siamo bevuti il cervello?

Adige, 1 giugno 2012, pagg. 1 e 63. A firma di Federico Rampini: le risorse infinite di chi è in pensione, come valorizzare gli ultra sessantenni. In estrema sintesi. Questi pensionati (io sono uno di questi) posseggono un ampio bagaglio di esperienza, che potrebbero mettere al servizio dei giovani, aiutandoli, indirizzandoli più di quanto non potrebbe fare un padre (nemo propheta in patria). Gratuitamente, s’intende. Concordo e mi metto io stesso a disposizione, alle stesse condizioni. Chiedo solo che la richiesta del mio contributo sia fatta attraverso questo blog. Ma voglio fare una ulteriore considerazione. La nostra deve operare su due fronti contemporaneamente: verso i figli, che non trovano lavoro e casa e verso gli anziani genitori, che non sempre possono permettersi rette di migliaia di euro al mese per farsi assistere e curare. Ora, fina a quando ci siamo noi, ultrasessantenni ancora “in gamba”, la cosa sta in piedi. Ma come andrà a finire al nostra società quando i futuri ultrasessantenni non avranno più le disponibilità che noi abbiamo oggi? Già oggi i matrimoni ( e i patrimoni!) diminuiscono, le nascite diminuiscono, il lavoro diminuisce. I Portoghesi vanno a cercare lavoro nelle loro ex colonie e nello stesso tempo le loro ex colonie stanno acquistando le azioni delle Spa portoghesi … Cerchiamo quindi di avere una visione di medio lungo periodo, non solo di qualche metro davanti al nostro naso, altrimenti fra non molto rischiamo di rompercelo del tutto il nostro bel nasino … ed avremo tutti un bel naso … profilato greco!

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UNA POESIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Giugno, 2012 @ 5:27 pm

Martha Medeiros

Detto altrimenti: forse l’avevo già sentita, ma non la ricordavo. Ieri me l’hanno inviata. Vale la pena di riflettere … che ne dite?

“LENTAMENTE MUORE”   di Martha Medeiros

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e chi non cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero sul bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno.
Lentamente muore chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

Martha Medeiros, brasiliana, laureata  nel 1982 a Porto Alegre. Dopo aver lavorato in campo pubblicitario, si è trasferita per nove mesi in Cile dove ha cominciato a scrivere poesie. Tornata a Porto Alegre, ha  niziato a scrivere come giornalista proseguendo anche la sua carriera letteraria. La poesia di cui sopra è stata per lungo tempo erroneamente attribuita dai più a Pablo Neruda.

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