POLITICHE DEL RIGORE E NON

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Ottobre, 2012 @ 8:10 am

Detto altrimenti: improvvisamente l’estate scorsa …

Tennessee Williams

L’attuale modello di sviluppo non ha retto. Improvvisamente l’estate scorsa … è il titolo un bel film del 1959 diretto da Joseph L. Mankiewicz, tratto dall’omonima pièce teatrale di Tennessee Williams . Noi invece dovremo dire “improvvisamente due estati fa”, quando importanti personaggi politici, poi per fortuna “sospesi quasi a divinis” dal governo, affermavamo che si, ci avrebbero pensato dopo le ferie …

La crisi. Dicevano: non esiste, anzi si, internazionale, planetaria … Altri dicono: occorreva ed occorre rigore. Ma rigore nei confronti di chi? Solo nei confronti di coloro che non hanno “vie di fuga”, alternative? E cioè pensionati, lavoratori, studenti di scuole pubbliche (di questi giorni la protesta), enti culturali. Ma … dice … stiamo anche riducendo il numero dei consiglieri regionali/comunali e i costi di una parte della politica. Di una parte, appunto. Io avrei cominciato dai parlamentari. Ma, dice … la legge non lo consente. Ma, dico, certo che la legge non lo consente, la fanno loro! Ecco, appunto, mi si replica, chiudiamola qui. Eh no, caro mio … diamoci una mossa e modifichiamo il sistema per vie legali, altrimenti la corda, se troppo tirata, si spezza. Vogliamo ripetere l’esperienza greca? No, l’Italia non è la Grecia … “mia” faccia, “mia” razza (“mia” in greco: “una sola, una stessa”, non “mia di me”. Scusate, ma non tutti hanno studiato il greco, n.d.r.) vabbè, ma poi, quanto all’economia e alla finanza, vogliamo mica mettere … In effetti il nostro spessore economico e finanziario è ben maggiore. Ben maggiori infatti sono le zavorre che potremmo via via scaricare prima che il novello “dirigibile Italia” precipiti al suolo. Soprattutto quattro: costi, sprechi e furti della politica; fisco non equo; evasione ed elusione fiscale; economia mafiosa. Ho indicato i quattro malanni in ordine crescente di difficoltà quanto alla loro eliminazione.

 1) Costi, sprechi e furti della politica. Basta rifarsi ai principi della Costituzione e farlo in modo serio. Dobbiamo uscire da questo nostro perenne “dopoguerra” sulla cui base si pretende ancora oggi di giustificare comunque il costo, i privilegi e gli sprechi d un “apparato” che -. unico baluardo – secondo la sua stessa affermazione potrebbe difendere il sistema dal Male Assoluto, cioè dal comunismo. Ma lo sapete che il muro di Berlino è caduto da un pezzo? Lo sapete che i più ricchi clienti delle nostre più esclusive località turistiche sono Russi? L’immoralità insita in questa situazione è stata ormai sconfitta dalla amoralità ed ancora, l’amoralità e la vergogna che si dovrebbe provare nel giovarsi di queste anomalie è stata sostituita dall’orgoglio di “esserci riusciti”. Dobbiamo chiamare le cose con il loro nome, e questa si chiama Questione Morale. Anche qui occorre rigore … rigore morale!

2) Fisco non equo: occorrono aliquote molto più proporzionali, più leggere per le fasce basse è più elevate per le fasce alte. Avete notato che alla TV, quando si illustrano modifiche delle aliquote, ci viene spiegato cosa succede agli scaglioni di reddito sino a circa 150.000 -200.000 euro l’anno, ma nulla si dice per gli scaglioni (ma poi esistono?) sino a 500.000, 1.000.000, 5.000.000  (e ben  oltre!) di euro l’anno?

3) Evasione (ed elusione, ovviamente. Puniamola come l’evasione!) fiscale. Fino a quando in campo internazionale ci saranno le “vie di fuga” per i grandi evasori, non se ne farà nulla. Occorre pertanto intervenire a livello internazionale. Innanzi tutto Europeo, e quindi, forti di questa posizione unitaria, imporre – si, imporre, se necessario! – l’estensione del sistema anche oltre oceano. Quanto ai paesi Emergenti, il Birc (Brasile, India, Russia, Cina) che dire? Al nostro interno esigiamo certificazioni anti-mafia, dimostrazione dell’assolvimento degli obblighi fiscali e contributivi, rispetto delle norme di sicurezza … e poi delocalizziamo noi stessi le nostre attività in quelle zone “perché la manodopera – e quindi il prodotto finale – ci costa molto meno”. Ma via … “mi faccia il piacere” direbbe l’intramontabile Principe de Curtis alias Totò! Anche qui occorre una politica (internazionale) di rigore.

4) Economia mafiosa. Ma quà mafia? La Mafia (e la Ndrangheta, la Camorra, la Sacra Corona Unita) non esiste … Quando mai? E se proprio esiste, si articola in “Mafia” e “Antimafia”. A parte lo scherzo, anche a questo riguardo … una volta sentii pronunciare una frase che mi raggelò. Ad esprimersi era un dirigente di una grande (grande dimensionalmente, cioè “big”, non certo “great”, intendiamoci bene!) banca del meridione: “Il Cardinale Pappalardo si permette di parlare così contro la mafia perché è Cardinale …” Capito mi avete? Anche a questo riguardo certi centri di Male Assoluto (questo sì che lo è, non quello che ho citato sopra) da troppi sono ancora “ammirati ed invidiati” anziché condannati. E poi – oggi non si potrebbe più – ma vogliamo domandarci come accadde che certe Spa furono capitalizzate con valigiate di banconote, in contanti, intendo? Oggi non si può più. Ed allora occorre lavare, ripulire per riciclare ed investire.

Tiziano Terzani

Come fare? Tre “giri di giostra” all’estero (e qui rubo il titolo ad un altro Autore, Tiziano Terzani, con il suo “Un altro giro di giostra”, l’avete letto?) nei paradisi fiscali e monetari, ed il gioco è fatto. Tutto diventa legale. Ed allora, togliamo questa benzina alle auto criminali: si fermeranno. Ed ecco l’accordo internazionale di cui si sente la necessità. Anche qui … anzi … qui sì che occorre una “politica di rigore (internazionale)”. E che lo Stato non sia il primo biscazziere, concedente del concessionario Atlantis, per favore …

Le mie sono Utopie? Forse. Ma l’Utopia è l’ossigeno della vita. Guai se smettessimo di credere che Qualcosa possa succedere! Spes ultima dea …

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VIAGGIO IN ITALIA, 3° TAPPA: TRENTO-RIVA DEL GARDA IN BICILETTA: 137 KM

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Ottobre, 2012 @ 7:18 am

Detto altrimenti: non ci credete? Leggete qui sotto …

A Riva, a Riva! A Riva … del Garda, in bicicletta!  Ci arrivavo sempre da nord, provenendo da Trento. Questa volta ho voluto arrivarci da sud, un po’ come il mio compaesano Cristoforo Colombo che voleva “guadagnar l’oriente par l’occidente ….”  Innanzi tutto, quale bici usare? Quella da corsa scivola meglio e pesa meno, ma non ha il portabagagli. E, potendo, preferisco non avere un sacco sulle spalle. Quindi prendo la mtb.

... e chiaro nella valle il fiume appare

 

Parto da Trento alle 08,45 del 4 ottobre 2012. Lungo la ciclabile della Val d’Adige, dopo pochi minuti, incrocio Mariangela e Sergio, amici-colleghi di Bici UISP, che pedalano verso nord. Ci salutiamo al volo, un ciao gridato. Anche loro abitano a Trento. Mi domando: a che ora sono usciti a pedalare? Non è stagione da uscire presto la mattina, questa, fa freddino. Comunque, io bene imbacuccato e con il vento alle spalle: Sergio poi con uno spolverino aperto sul davanti, controvento! Che fisico!

Km 17,5: bicigrill di Nomi. Caffè e brioche con marmellata. Indi si riparte. Prima di Borghetto vecchi muretti e un gregge di pecore Sosta per foto all’Adige ed alle pecore.

Indi a Borghetto, 55 km. Sono al confine meridionale: prima, dell’Impero d’Austria, oggi della Provincia di Trento. Giro a destra sul cavalcavia e poi a sinistra e prendo la destra Adige verso sud, per 15 km. Non è bella come la sinistra Adige, quella che conduce a Domegliara, per il fondo stradale, i paesaggi ed il traffico. E poi … si è già levata l’ “Ora”: ho il vento contro …

Km. 70. Un cartello mi dice che una ciclabile mi porterebbe a visitare il Forte Wohlgemuth. Non so se poi scede dall’altro versante.

Quindi, superato quello che un tempo era uno sbarramento fortificato della strada,  inizio a salire sulla statale. 7 km di salita dura (8%): per fortuna ho la mtb con i suoi meravigliosi rapporti demoltiplicati! Con la bici da corsa sarebbe stato molto più dura! A metà salita, un bivio: domando informazioni circa la strada per Garda. Mi suggeriscono di scollinare a Caprino Veronese. Errore: avrei potuto aggirare la salita resuidua verso sud! Chi non ha testa ha gambe! Ecco cosa vuol dire aver dimenticato a casa la mappa che mi ero diligentemente preparata! Arrivo finalmente al pianoro sul quale si trova  Caprino.

Lo aggiro verso sud … troppo verso sud (secondo errore di rotta) ed arrivo a Albarè, in zona da ma conosciuta. Risalgo verso nord per 2 km, indi a sinistra scavalco la collinetta, scollino e finalmente sono in cima al discesone che conduce a Garda. Zàlatta, zàlatta, il mare, il mare! Gridarono i Greci delle Anabasi di Senofonte al termine della loro faticosissima marcia! Il Garda e il paese di Garda, finalmente! Arrivo al lago alle 14,00, poco più di cinque ore per 90 km, soste per caffè,  foto e ricerca itinerario  comprese.

Sole, caldo … mi alleggerisco dagli abiti “invernali”. I tavolini all’aperto di tutti i ristoranti sono pieni di turisti. Anch’io mi siedo. Su una panchina e divoro due super panini preparati da Maria Teresa, una mela, un po’ di marmellata (che lusso! Anche il dessert!)  e mi scolo una borraccia di acqua arricchita di sali integratori. Mi concedo un caffè espresso e riposo sino alle 14,30. Indi riparto per gli ultimi 47 km. Poco traffico. Mi sento più sicuro qui che su certe ciclabili affollate di ciclisti e pedoni.

Spira un’ “Ora” forte e mi aiuta a progredire velocemente, a circa 25-28 kmh.. Qualche accenno di crampi alle gambe: rimedio con brevi soste, bevendo la mia acqua “corretta sali” e comperandomi un  gatorade. In prossimità delle gallerie fra Malcesine e Riva del Garda accendo le luci anteriori e posteriori ed indosso le prescritte bretelle rifrangenti. Arrivo a Riva alle 17,15. Qui mi aspetta Maria Teresa che mi riporta a Trento, in macchina: … e cosa mai avreste preteso di più da un vecchietto di 68 anni!?

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HOLLANDE, PRIMI 56 GIORNI DI GOVERNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Ottobre, 2012 @ 4:28 pm

Detto altrimenti: dopo che avrete letto il post, alla fine, facciamo qualche considerazione

Nel periodo di cui al titolo, il Premier Hollande

ha venduto all’asta tutte le auto blu. Il ricavato va al fondo welfare da distribuire alle regioni con il più alto numero di centri urbani con periferie dissestate;

ha fatto inviare un documento di 12 righe a tutti gli enti statali dipendenti dall’amministrazione centrale in cui comunicava l’abolizione delle auto aziendali scrivendo che  “un dirigente che guadagna 650.000 euro all’anno, se non può permettersi il lusso di acquistare una bella vettura con il proprio guadagno meritato, vuol dire che è troppo avaro, o è stupido, oppure è disonesto. La nazione non ha bisogno di nessuna di queste tre figure”. Quindi via le Peugeot e le Citroen. 345 milioni di euro risparmiati subito, spostati per creare (con apertura il 15 agosto 2012) 175 istituti di ricerca scientifica avanzata ad alta tecnologia con l’assunzione di 2.560 giovani scienziati disoccupati “per aumentare la competitività e la produttività della nazione”;

ha abolito lo scudo fiscale (definito “socialmente immorale”) ed ha emanato un decreto presidenziale urgente stabilendo un’aliquota del 75% di aumento nella tassazione per tutte le famiglie che, al netto, guadagnano più di 5 milioni di euro all’anno. Con quei soldi (rispettando quindi il fiscal compact) senza intaccare il bilancio di un euro ha assunto 59.870 laureati disoccupati, di cui 6.900 dal 1 luglio del 2012, e poi altri 12.500 dal 1 settembre, come insegnanti nella pubblica istruzione;

ha abolito sovvenzioni a licei privati per 2,3 miliardi di eurio; con quei soldi ha varato un piano per la costruzione di 4.500 asili nido e 3.700 scuole elementari avviando un piano di rilancio degli investimenti nelle infrastrutture nazionali;

ha istituito il “bonus cultura” presidenziale, un dispositivo che consente di pagare tasse zero a chiunque si costituisca come cooperativa e apra una libreria indipendente assumendo almeno due laureati disoccupati scritti alla lista dei disoccupati oppure cassintegrati, in modo tale da far risparmiare soldi della spesa pubblica, dare un minimo contributo all’occupazione e rilanciare dei nuovi status sociale;

ha abolito tutti i sussidi governativi a riviste, fondazioni e case editrici, creando comitati di “imprenditori statali” che finanziano aziende culturali sulla base della presentazione di piani business legati a strategie di mercato avanzate;

ha offerto per decreto alle banche una scelta:  “Chi offre crediti agevolati ad aziende che producono merci francesi riceve agevolazioni fiscali; chi offre strumenti finanziari paga una tassa supplementare”. Tertium non datur;

ha decurtato i super stipendi: 25% lo stipendio di tutti i funzionari governativi, del 32% quello dei  parlamentari e del 40% quello di tutti gli alti dirigenti statali che guadagnano più di 800 mila euro all’anno. Con quella cifra (circa 4 miliardi di euro) ha istituito un fondo garanzia welfare che attribuisce a “donne mamme singole” in condizioni finanziarie disagiate uno stipendio garantito mensile per la durata di cinque anni, finchè il bambino non va alle scuole elementari, e per tre anni se il bambino è più grande. Il tutto senza toccare il pareggio di bilancio.

Oggi lo spread dei titoli di stato francesi rispetto ai bund tedeschi è sceso a 101. L’inflazione non è salita. La competitività e la produttività nazionale è aumentata nel mese di giugno per la prima volta da tre anni a questa parte.

Ed ecco le mie brevi considerazioni

1) Si tratta di notizie via internet. Se sono vere, copiamo Hollande. Se non sono vere, adottiamo noi questi provvedimenti.

2) Si tratta di provvedimenti con efficacia immediata nel brevissimo periodo, e che mostrano una diretta corrispondenza fra quanto si recupera e dove si investe ciò che si è recuperato.

3) Hollande ha attuato allo stesso tempo le due fasi del  contenimento di costi e della crescita. Non una fase dopo l’altra.

4) Si tratta di provvedimenti che “danno l’esempio” e rendono accettabili i sacrifici che si richiedono alla popolazione.

Quali sono le vostre considerazioni, lettori del blog?

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FUNGHI MINORI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Ottobre, 2012 @ 8:06 am

Detto altrimenti: Minori? E chi lo ha detto? Come si pemette … lei?

Sotto l'attento sguardo del Maestro ...

Ottobre andiamo è tempo di fungare … già, “andiamo” cioè al plurale, “in compagnia”, perché andare con uno esperto è tutt’altra cosa!. Lo so, la soddisfazione maggiore la si ha con le brise (boletus edulis, alias porcini, Steinpilzen), salvo poi, a casa, affermare a ragion veduta, che “il misto è più saporito”. Ed allora dedichiamoci a raccoglierlo, questo misto! Solo che bisogna conoscerli bene i funghi “minori” e non è da tutti. Che fare? Semplice, basta avere un amico esperto, ed io ce l’ho; magari che abiti in zona adatta (va bene Cavareno, Val di Non?); che abbia la pazienza di condurti passo passo e di illustrati le varie specie (e il mio amico questa pazienza ce l’ha), ed il gioco è fatto. Dimenticavo un particolare: pulire il misto è assai più faticoso che non dare una spolverata alle brise, ma il gioco vale la candela, ve l’assicuro. Ed allora, con la guida di Edoardo, cosa abbiamo raccolto (lui soprattutto …):

Senza parole

Lactarius delicious (rossignoli)
Armillaria mellea (chiodini)
Bianularis imperialis (brisa dura: ottima da far seccare o sott’olio!)
Camntarellus lutescens (finferle)
Cliticybe nebularis (zoni)
Tricoloma terreum (morette)
Gomphus clavatus (finferli blu)
Tricoloma nudum (funghi blu)

In umido, fatti seccare, sbollentati e surgenali, surgelati così come sono, impanati e fritti, infine al forno. Ce n’è per tutti i gusti!

 

Buon Ottobre Rosso (di boschi autunnali) a tutti!

 

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IL MESTIERE DELLE ARMI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Ottobre, 2012 @ 6:26 am

Detto altrimenti: ma dai … ridiamoci un po’ sopra! Perle autentiche di vita militare

Sergente AUC (Allievo Ufficiale di Complemento). Neo nominato. Arrivai a Torino, stazione di Porta Nuova, indi con un bus, in provincia, alla ricerca della mia caserma di destinazione che non nomino per non svelare un segreto militare. Era inverno. Di sera. Buio pesto. Dico all’autista quale è la mia meta. Ok, ci penso io. Ad un tratto si ferma in mezzo alle colline. E’ qui, mi dice. Scendo con il mio borsone d’ordinanza, lui riparte. Io resto nel buio più assoluto. Dov’è la caserma? E se non la trovo … che figuraccia! Cominciamo bene ….. Poi nel bosco adiacente, vedo un lumicino, come nelle favole …. Mi avventuro fra gli arbusti e  inalmente la scorgo. Altolà, chivalà, parola d’ordine … dai che sono un sergente … ok venga avanti. Finalmente il cancello viene aperto e supero una agguerritissima cinta di recinzione. Scoprirò il giorno dopo che la recinzione era solo dal lato della strada, “Mac pro forma”, in torinese, solo un pro forma … va bin parei, va bene così … parluma piemuntes, nè monsù? Sarà mac util … sarà solo utile (che sia così, n.d.r.).

 Piemonte. Brigata Alpina Taurinense. La mia caserma – come v’ho detto – era in provincia. S’era andati a Torino, al Comando Brigata, a prestare giuramento, noi sergenti AUC neonominati. Giurammo. Sulla via del ritorno il conducente, un sergentino di carriera, avendo visto sul ciglio della strada alcune “signorine” in attesa di clienti, pensò bene di fermarsi per discutere sull’andamento dei prezzi. Io gli gridai: “Ma dietro di noi, a pochi km, c’è il Capitano! Cosa deve pensar lui,  se il nostro pensiero, freschi di giuramento e armati di tutto punto è quello di fermarci a intrattenere queste “signorine?”Niente da fare. La discussione sul marketing (o marchetting?)  continuò. Il capitano ci raggiunse, la sua camionetta rallentò nel sorpassarci. Giungemmo in caserma. Le licenze e i permessi già concessi per l’occasione vennero revocate: “Non vi punisco perché non saprei come motivare, tanto siete stati stupidi”.

Una volta facemmo un’esercitazione. Dovevamo nascondere una colonna di mezzi semi corazzati, muli meccanici, camion, cucine da campo, cannoncini, un piccolo esercito insomma, alla vista del ricognitore aereo che avrebbe sorvolato la zona scattando fotografie, rispetto alle quali avremmo dovuto essere invisibili. Era il 19 marzo 1969. Avevamo salito il Colle del Sestriere dal lato della Val Chisone ed eravamo scesi dal versante opposto a Cesana Torinese. Gli sciatori (turisti civili, beati loro!) ci tagliavano la strada, perfettamente innevata da una recente nevicata. Io, accanito sciatore, soffrivo non poco a di fronte a quella vista che per me era unverio e proprio  supplizio! Cesana: ampi boschi e prati innevati intorno al paese, tutti noi, indipendentemente dal grado, spaparanzati al sole, sdraiati sulla neve. Una goduria. Anche nelle foto venimmo bene!

Altra occasione. Colonna di 50 (cinquanta) camion, 200 m metri uno dall’altro. Attraverso la Serra d’Ivrea. Trasferimento di un intero reparto (sempre per esercitarci nella mobilità: rapidi ed invisibili …). Io ero sul primo mezzo, capocolonna. Improvvisamente, in corrispondenza di un tornante, da dietro un albero salta fuori il capitano, il quale, pistola in pugno, simula un attacco. “Tenente, come reagirebbe?”. Ed io: “Comincerei a discutere le condizioni della resa, per dare il tempo al secondo automezzo di dare l’allarme agli altri 48 e metterli in salvo. Tanto l’aggressore non potrebbe vedere la manovra di inversione di marcia”. “Tenente, lei non ha spirito guerresco”. Era vero, ma cos’altro fare, da solo, con una pistola scarica ed una colonna di automezzi che si snodava per 10 km alle mie spalle?

Sud Tirol. Brigata Alpina Tridentina. Altra manovra. Val Pusteria. Coordinata con gli “Alpini d’arresto”. Il Generello (colonello che faceva funzioni di generale e quindi aveva l’aquila e la greca generalizia sul cappello, quindi “generello”) aspettava tutti gli ufficiali a rapporto, in prossimità del bosco. La valle era splendida, splendida di neve. Un trenino a vapore la percorreva, lento, ed i suoi sbuffi sembravano aliti umani. Arrivammo a rapporto. Ufficiali … non ce ne era uno di noi con la divisa uguale all’altro. Chi indossala la “mimetica”, chi l’abbigliamento da sci, chi la “diagonale”, chi la divisa da caserma … Il Generello si in … quietò non poco, ma non punì nessuno, perchè l’ordine che aveva emanato non specificava alcunchè. Pfuuui … , l’è nada …

Sempre in Alto Adige. Non nomino la caserma sempre per lo stesso motivo, cioè per non svelare un segreto militare. Sottotenente di fresca nomina, di servizio quale ufficiale di picchetto. Un fine pomeriggio vedo una teoria di alpini, vestiti male, scalcinati, in tuta da lavoro, uscire dalla caserma attraverso un buco nella rete di recinzione, alla luce del sole che stava tramontando. Mi allarmo. Un sergente di carriera mi tranquillizza: “Signor tenente, il colonnello è d’accordo. Sa, lì dietro c’è un maso di contadini che prepara un’ottima polenta e spezzatino … gli alpini lo preferiscono … lo abbiamo permesso loro, purchè non si allontanino”. Vabbè, se le cose stanno così …

Ricordi … molti anche belli, Il colonnello apprezzava che si facesso del moto. Ah si? Accontetato!  Ero o no un aiuto istruttore sezionale della Scuola di Alpinismo “Bartolomeo Figari” del CAI Sez. Ligure di Genova? Chi si offre volontario per una marcia in montagna? Ne trovavo sempre una ventina. Fra questi un ragazzo di Cles (Val di Non) – si chiamnava Janes? – con il quale, anni prima, da civili, avevamo fatto insieme, dalla Val di Sole,  Malga Mare, Rifugio Larcher e il monte Vioz. O era il Cevedale che pure avevo salito? Confondo le due gite. Pazienza.  E allora, si diceva …. via, intorno alle Odle, Val di Funes etc. etc.. Camminate meravigliose. Loro il fucile garand. Io, per non essere da meno, mi “appesantivo” con le mele ed il vino per tutti. Non stavo male. So solo che un giorno il mio capitano mi disse: “Ma tu, la licenza non la chiedi mai?” …. fate un po’ voi!

Le armi. Un’industria “pesante”, quanto a fatturato. L’Italia è il primo produttore al mondo di mine anti-uomo … ma se non le facciamo noi, le farà qualcun altro, allora, tanto vale … Questa è la copertura morale che ci diamo … Nessuna guerra ha mai posto fine alle tensioni che l’hanno generata. Di questo sono sempre stato convinto. Tuttavia non sono stato obiettore di coscienza.  Un giorno, durante il corso AUC, un capitano chiese chi sapesse rispondere alla domanda “Il servizio militare è utile?”. Io risposi così: “Occorre articolare meglio la domanda. E’ utile a chi lo presta o allo Stato che lo riceve? Per il singolo e per lo Stato, si tratta di una utilità “assoluta” o da valutarsi in relazione a ciò che ognuno di noi  “non fa d’altro” durante il periodo della ferma?” La nuova impostazione della sua domanda piacque a quel capitano. Suonò la campanella che segnava la fine dell’ora. Dovevamo correre in piazza d’armi per l’addestramento formale esterno. Non ci fu tempo di formulare e discutere le riposte.

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SCANDALIZZIAMOCI DEGLI SCANDALI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Ottobre, 2012 @ 1:33 pm

 Detto altrimenti: c’era una volta … Valletta e il suo operaio

Una volta … anni ’50, cioè primo dopoguerra. Oggi RAI Storia talvolta ci mostra spezzoni di quella società. Recentemente sono rimasto colpito da uno di quei filmati. Si trattava dell’intervista ad un famoso attore del momento. Per strada. L’intervistatore in piedi, l’attore seduto in una enorme auto decapottabile, aperta, chiaramente americana. Fra le tante domande: “Quanto le è costata quest’auto?”. Risposta, con orgoglio: “Cinque milioni”. All’epoca lo stipendio di un operaio … quant’era? 40-50.000 lire al mese? Giù di lì. In allora a scandalizzarsi erano in pochi. La massa percepiva la cosa come il sogno da sognare, l’obiettivo da raggiungere, una situazione invidiabile e moralmente irreprensibile. Solo pochi si scandalizzavano. Oggi le coscienze sono molto maturate e il rapporto fra chi si scandalizza e chi no si è invertito. Tuttavia siamo ancora troppo pochi a scandalizzarci ed inoltre, al pensiero non segue l’azione, direbbe Giuseppe Mazzini! Intendiamoci. Non voglio certo innescare una “lotta di classe”. Voglio solo riportare le varie grandezze all’interno di un comune commensurabilità. Mi spiego. Se io guadagno 1, tu 2, lui 10, quell’altro 20 (Valletta alla Fiat percepiva uno stipendio 20 volte superiore a quello di un suo operaio), mi sta bene. Ma se l’operaio percepisce 1 e l’altro (non facciamo nomi, per favore!) 500, bè, forse qualcosa non quadrava ieri o non quadra oggi. Tertium non datur.

Ma … attenzione! L’esempio di Valletta ci riporta al confronto fra due posizioni – Valletta e l’operaio – operanti all’interno dello stesso Sistema Fiat. Ma ecco che il discorso di può ripetere fra soggetti appartenenti – in ambiti diversi – ad un sistema più ampio, il Sistema Italia, al cui interno vi sono settori non privilegiati e settori privilegiati, i quali ultimi, ad esempio, consentono il pensionamento a 52 anni o “dopo due legislature”; consentono cumuli di incarichi, stipendi e pensioni; livelli retributivi “troppo multipli”; benefit vari, etc.. Sull’altro fronte, settori che “esodano” i propri appartenenti, che pagano pensioni minime, etc. Cioè, vi sono situazioni diverse, molto diverse, troppo diverse secondo quel multiplo che prima ho assunto ad esempio, ma che exemplum fictum proprio non è …

Allargando il discorso, arriviamo al Sistema Internazionale. Due esempi per tutti: il capo della nostra Polizia guadagna multipli dello stipendio del Capo della Cia. Lo stesso dicasi per i nostri parlamentari.

A questo punto, alcune domande: questo sistema squilibrato ….

…è moralmente corretto? No. La morale … taluno pensa ai principi di equità che pure il Vangelo insegna … ma “il non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” risale al codice di Hammurabi, qualche annetto prima di Cristo. “Non fare agli altri …” nello specifico potrebbe tradursi con “non mettere gli altri in condizioni di indigenza, di povertà”, anche perché – se non altro – l’indigente ed il povero non consuma beni, quindi tu non li puoi produrre, etc.. La morale? Preferisco non disturbare la religione e rifarmi a principi evidentemente innati nella natura umana (Hammurabi docet, come dicevo poc’anzi).

E’ conveniente per lo sviluppo economico? No, perché l’arricchimento di pochi e l’impoverimento di molti comprime i consumi e quindi la produzione.

E’ utile all’occupazione? No, dico io. Ma mi si potrebbe obiettare: io imprenditore guadagno di più, investo in automazione, produco di più. Si, dico io, ma con meno operai e i “meno operai” sono anche “consumatori in meno”. Ed allora, che se l’accatta la tua extra produzione?

E’ funzionalmente efficace? No, perché una retribuzione troppo elevata attira comunque pretendenti, indipendentemente dalla attitudine, preparazione, professionalità, impegno lavorativo, disponibilità a farsi carico di obiettivi e responasanbilità,  impegno sociale di ciascuno.

E’ socialmente conveniente? No, perché innesca spinte di protesta che possono degenerare.

E’ finanziariamente sostenibile? Oggi no. Dobbiamo destinare ad altro quelle extra-risorse.

E’ la legge del mercato! Replico. Ok, abbiamo visto dove ci ha portato questa legge. Il Comunismo ha impiegato oltre un secolo a fallire. Il “libero mercato” solo qualche decennio.

Ma mi si obietta: se un giocatore di calcio è bravissimo, viene conteso da più squadre e se lo aggiudica chi mette sul piatto un maggior numero di milioni (di Euro). Eh no, signori, a parte che alcune squadre (spagnole) sono molto indebitate e stanno mandando a fondo le banche che le hanno finanziate, a parte questo …. poiché “nulla si crea e nulla si distrugge”, quei milioni che entrano nelle tasche del calciatore o della squadra che lo vende, da quali tasche sono stati presi? Provate a riflettere. In ultima analisi dalle nostre tasche di spettatori allo stadio, nostre di consumatori di prodotti reclamizzati allo stadio, nostre che paghiamo il canone TV o l’abbonamento a tv private, nostre di noi che sia pure inconsciamente siamo gli sponsor degli sponsor delle squadre sul campo.

Ed allora, riflettiamo. Occorre riscrivere l’ordine delle priorità; occorre un ridimensionamento generale, che non è un appiattimento, ci mancherebbe altro! Inoltre, occorre ridare un significato specifico ad ogni parola, alle parole che formano frasi, alle frasi che esprimono concetti, ai concetti che permeano di sè le leggi. La legge è uguale per tutti? OK, ma per tutti tutti, non “per tutti coloro che appartengono alla stressa categoria”, non “La legge è uguale per tutti, tranne le eccezioni di legge”.

Sino qui, la “problematica”. Come uscirne? Ecco la “soluzionatica”: abbiamo la Costituzione Italiana e il Vangelo. I due documenti sono concordi. Ora, anche se uno è non credente ma mi rispetta la Costituzione, il gioco è fatto. A parte che, in tal caso, il non credente diventa – nei fatti – credente … “a sua insaputa”, s’intende!

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GUERRA!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Settembre, 2012 @ 7:32 am

Detto altrimenti: Giovani in guerra, oggi come ieri

Trento. Una galleria. Le pareti sono nere. Ottimo rifugio antiaereo. Poca luce. Freddo … cioè … mi vergogno quasi a scrivere questa parola, freddo? Siamo a 15 gradi … “sopra” lo zero, però! Fuori ce ne saranno 20. Sempre “sopra”. Una galleria. Fino a poco tempo fa ci passava una strada. Ora è utilizzata diversamente. No. Non siamo nel 1943. D’altra parte io sono nato un anno dopo e non potrei essere stato qui a scrivere in questo contesto. Una galleria. Una mostra. Rievocativa dell’ “impresa di Russia”. Anzi, della “Ritirata di Russia”. La prima non fu un’impresa, ma una follia. La Seconda, la Ritirata, appunto, quella si che fu un’Impresa, una “Anabasi” ben più Gloriosa di quella narrata da Senofonte. Scrissero i Russi: “Gli unici Soldati usciti Invitti dalla Russia sono stati gli Alpini”. Notate le maiuscole. Non le sto usando a caso.

Alpino Aristide Rossi, classe 1922 ... "Presente!"

All’andata, oltre 200 tradotte cariche di Giovani. Alpini, Bersaglieri, altri corpi. Tutti, al macello. Ne sono tornate 17. Ogni tanto, per caso, per fortuna, ancora oggi ne incontriamo uno. Ieri, 29 settembre 2012, Aristide Rossi, classe 1922, Alpino, Trentino. Come lui, altri reduci: , Guido Vettorazzo di Rovereto …presente!  Camillo Stenico di Meano? Assente giustificato.

Ma no … si declamava in Patria … sarà una passeggiata … armiamoci e partite! All’andata: “Siete dei privilegiati … al fronte … ah .. come vorrei anch’io poter essere con voi, ma superiori impegni mi trattengono a Roma … ma vi porto il saluto personale del Duce”. Al rientro in Patria: “Via dai finestrini! Non vi fate vedere! Non vedete che fate schifo come siete ridotti?”

Una crociata contro i “senza Dio” … anche nelle Chiese, nei Duomi, quello di Milano, ad esempio, sì, contro i “senza Dio”. Dio è con noi, Dio lo vuole. Cristo marcerà al nostro fianco. Letteralmente. E poi … “c’è tutta Italia che al fianco Vi sta”. Bè … allora, se le cose stanno così …

Equipaggiamento leggero, estivo. Comunque da montagna. Ma prima di raggiungere le montagne i Russi sfondano sul Don (i Tedeschi “si ritirano” … per carità .., non fuggono. Quale fuga? Quando mai?) e allora contrordine, si va in pianura, in inverno, a 42 gradi sotto zero. Attualizziamo: sarebbe un po’ come mandare sommozzatori esperti equipaggiati per immersioni estive   a scalare pareti montane in inverno o, viceversa, alpinisti con corda, chiodi, picozza e ramponi a spedare le ancore dal fondo del mare. Muli contro carrarmati; mortai a corta gittata contro cannoni a lunga gittata; fucili 91-38 contro mitragliatori; scarponcini in cuoio (o cartone?) contro stivali felpati. E poi … il 91-38, sapete cosa significa? Significa fucile realizzato nel 1891 e rimodernato nel 1938. I muli no, quelli sono moderni. Almeno loro.

91-38

Ma, niente paura, Giovani, è Natale” Arrivano i pacchi dono! Ne sono stati spediti 240.000, ne arrivano a destinazione 20.000. Agli Alpini, uno ogni sei. Si tira a sorte: a chi il panettone, a chi lo spumante, etc. A chi la foto del Duce? Nessuno si offre! E poi arriva un ordine di servizio importantissimo: quando un militare è in bicicletta e incrocia un ufficiale, lo deve salutare con lo scatto del capo, senza levare la mano destra dal manubrio, sarebbe pericoloso! E poi, chinino per tutti, contro la malaria. Bè, vedete, potete stare tranquilli! C’è chi si sta preoccupando di voi Giovani …

Un’Impresa, dicevo, che ha dell’incredibile. 45 giorni di marcia a 42 gradi sottozero, cibo e equipaggiamento assolutamente inadeguati, sotto il fuoco nemico, sino allo sfondamento vittorioso e sanguinosissimo della battaglia di Nikolaevka combattuta il 26 gennaio 1943 (la grafia Nikolajewka deriva dalla traslitterazione tedesca della lingua russa).

Giovani, mandati. Mandati da chi? Da un capo, un duce, da un partito … ma soprattutto da una assoluta disattenzione, una noncuranza, un assoluto disprezzo della vita e soprattutto del futuro di quei Giovani.

Giovani di ieri. Giovani di oggi. Molto, troppo si parla nei media degli scandali, degli sprechi, dei furti perpetrati dai non giovani e “troppo poco si agisce”. E invece troppo poco si parla del futuro dei Giovani di oggi. Ma anche in questo caso, “troppo poco si agisce”. Come vedete, i conti tornano. Ma allora, cosa andate “trovando”, direbbero a Napoli … Giovani di oggi. In guerra. Diversa dall’altra, ma sempre guerra. Guerra che non ti consente di “vedere il tuo futuro”, ieri come oggi. Quanti Giovani dovranno ancora restare sul campo prima che si riesca a “sfondare” la granitica barriera della moderna Nikolaevka della indifferenza, mancanza di preveggenza, di attenzione al loro problema esistenziale?

Alfonso Masi

Troppo spesso, oggi, si dedica molta attenzione a porre rimedio alle situazioni, a cercare di prevedere cosa succederà e poca attenzione alle cause che hanno generato quelle situazioni. Forse (dico forse perché “forse è bello”. Beato chi ha dubbi, guai non averne! Guardatevi dall’uomo che proclama certezze e verità assolute), forse, si diceva, la causa sta nella limitatezza del ricambio politico. E non mi riferisco al “ricambio dei partiti” o al “ricambio dei governi”. Di questi ricambi ne abbiamo avuti molti, anzi troppi, quasi che fossero biancheria intima … quasi quotidianamente, quindi! (O almeno così mi auguro sia per tutti … quanto alla biancheria intima, ovviamente!). Mi riferisco al ricambio delle persone che stanno “dentro” i partiti e “dentro” i governi. E mancando il ricambio, manca l’apporto di visioni fresche, nuove. Pensate un po’ … in casa vostra … un quadro storto, un mobile sbrecciato, una macchia sulla parete, uno sportello che chiude male … vi ci siete abituati. Ormai non “vedete” più queste “diseconomie funzionali ed estetiche”. E non vi ponete rimedio. Per anni. Ho recentemente udito un’affermazione: “All’estero i partiti restano gli stessi e cambiano le persone. In Italia i partiti cambiano e restano le stesse persone”.

Ma torniamo agli Alpini. Pensate, Aristide Rossi, lui, Alpino, si preoccupa di dire: “Guardate però che non c’eravamo solo noi. C’erano anche i Bersaglieri, le Camice Nere, etc.” Generoso oggi come lo sei stato ieri, Aristide!”.

Alfonso Masi con il Direttore del Coro A. N. A. , M.° Aldo Fronza: ottima direzione di splendide esecuzioni!

Il tutto, ieri, rappresentato dal monologo di Alfonso Masi. Monologo composto dallo stesso  Masi dopo aver letto prima tutto il leggibile sui testi cedibili in prestito dal Sistema Bibliotecario Trentino. Solo “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern è stato letto da Masi  dopo la compilazione del proprio monologo. Voce calda, coinvolgente. Alfonso legge il lungo testo da due leggii, posti a qualche metro uno dall’altro. Nel suo alternante spostarsi richiama il cambio della scena. Fa viaggiare la mente degli ascoltatori da una pianura ad un’isba, da una trincea ad una distesa di neve e ghiaccio. Ogni tanto richiama i canti che gli Alpini intonavano, far darsi coraggio, per non spezzare il filo che li legava alla loro casa, alla loro famiglia, al calore del caminetto lontano, ad un piatto di polenta fumante, alla morosa. E qui interviene il Coro dell’ANA di Trento, con brani struggenti: Monte Canino, La notte di Natale, Il Capitan de la Compagnia, Sul Ponte  di Perati, Hai preat, Va l’Alpin,  per citarne solo alcuni.

L’uditorio di commuove. Si piange, In silenzio. Altrettanta “condivisione” è però dovuta ai Soldati di oggi, ai nostri Giovani che abbiamo mandato in una guerra che sta uccidendo il loro futuro. E’ ora di  richiamare le tradotte dal fronte del nulla e di dare assoluta priorità al loro inserimento nella vita civile, quella che consente di crearsi una famiglia, di fare un figlio, di accendere un mutuo per comperarsi una casa. E, per favore,  scandalizziamoci quando un Consigliere della Regione Lazio afferma: “Ma da me, cosa volete? Dopo tutto io guadagno (rectius, “ricevo!” n.d.r.) solo 8.500 euro al mese!”.  Solo?

F.to:  Riccardo Lucatti, classe 1944, S.Ten. Cpl. Brigata Alpina Trientina

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“GHE VURIEVA NATRA GUERA”

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Settembre, 2012 @ 6:41 pm

Detto altrimenti: dal dialetto ligure, “ci vorrebbe un’altra guerra”

Carretto a mano del tipo di cui al testo

No, non vi spaventate! Non condivido questa affermazione, Ci mancherebbe altro! La udii nel 1951. Avevo sette anni. A Genova. Stavo andando alla scuola elementare “Brignole Sale”. A piedi, 300 metri, da Via Rodi a Via Monte Zovetto, nel quartiere di Albaro, in collina. A pronunciarla, un uomo che, con il suo carrettino a mano cercava di vendere le pesche (“perseghe”) che qualche ora prima aveva comperato al mercato all’ingrosso di Corso Sardegna, nella città bassa. Aveva ben ragione di essere scontento. Si era alzato prestissimo, aveva spinto faticosamente il carretto per circa 3 km lungo le salite che conducevano al quartiere residenziale, non riusciva a vendere la sua merce nonostante il sonoro richiamo: “Perseghe, perseghe bele, donne!” Ma da li ad invocare un’altra guerra … bè, ce ne corre!

Un‘altra guerra? Che avesse fatto la borsa nera? Mah, non lo sapremo mai. Certo che per dare incremento al commercio, auspicava la situazione di bisogno che si viene a creare durante la guerra.  Perché mai mi è tornato alla mente questo episodio? Non sono andato io coscientemente a ricercarlo negli anfratti della memoria. E’ tornato a galla da solo. Perché? Forse perché oggi la guerra che quel tale auspicava, purtroppo è arrivata! Infatti siamo in guerra, una guerra senza cannoni e bombe, ma altrettanto deleteria. Una guerra fatta di mancanza di lavoro, di assuefazione all’immoralità, di una immoralità vinta solo dalla amoralità. Stiamo vivendo una guerra fatta di mancanza di senso del futuro, di rispetto per l’altro, di capacità e volontà di condivisione … e potrei continuare ancora per molto l’elencazione dei malanni che ci affliggono. Ed ora, i nodi vengono al pettine, soleva dire il mio maestro, Aldo Ubertis, nella citata mia prima scuola. E ci sono venuti, i nodi, al nostro pettine!

 Ma in questa guerra c’è anche un aspetto positivo. Abbiamo raggiunto il fondo. Possiamo e dobbiamo solo risalire.

I nodi della trascuratezza, dei furti delle risorse pubbliche, del “fare comunque, costi quel che costi, e intanto maturano le percentuali”. L’aspetto più eclatante del momento sono i furti (sic) e gli sprechi del denaro pubblico perpetrati dalla politica (con la p minuscola, che Politica non è, intendiamoci bene). Finanziamento dei partiti? Non più, bensì rimborsi delle spese elettorali. Fondi ai Gruppi Regionali? E a quelli del Senato e della Camera? E a quelli Comunali? Si dice: stiamo provvedendo. Sentite un po’ come, e ce ne è per tutti, quindi non mi si dica che faccio politica di destra o di sinistra. Né mi si dica che faccio “anti Politica” solo perchè non posso condividere “questo” modo di “fare politica”, che poi “Politica” non è, quindi contestarla non significa contestare la Politica, quella con la P maiuscola! Le parole sono macigni, afferma il mio amico Don Marcello Farina. E allora stiamo attenti a come le utilizziamo. Ma torniamo a noi e vediamo come la politica (con la p minuscola) sta reagendo.

Un gruppo politico, dopo avere sostenuto i propri costi (spesso non documentati!), aveva residuato 100 (e già qui i conti non tornano, con questi elevati residui attivi!). E’ stato rubato 20. Gliene restano 80. Il gruppo dice: restituisco allo Stato i 20 rubati. Solo che li preleva dagli 80 che gli erano rimasti. Ed allora, che mi viene a significare?

Un gruppo politico, dopo … (vedi sopra) aveva 200 (e già qui …. vedi sopra). E’ stato rubato 20. Il gruppo dice: destino 10 in beneficenza. Ed allora …?

I gruppi politici avevano 1000. E’ stato rubato 500. I gruppi affermano: facciamo in modo che invece di 1000 noi per il futuro si riceva 700. Ed allora ….?

Io non sapevo, non ero al corrente. Ma come? In una SpA esiste la responsabilità oggettiva del Presidente. E qui?

Chi ha rubato, ha disposto del denaro con ordini e prelievi “ad una sola firma, cioè a firma singola?” Quando mai! Almeno si fosse richiesta la doppia firma, come in tutte le SpA civili! Che ci sarebbe voluto a precostituire questa cautela?

In un gruppo sono stati scoperti furti. Il capo dice: è una sciagura, questo è solo il frutto di guerra fra correnti. Ma come, dico io? Evidentemente si tratta di un lapsus freudiano. Infatti, per fortuna che c’è stata la guerra fra correnti! Almeno certe cose sono venute a galla!

La tracciabilità. Dei nostri pagamenti privati, di poche migliaia di euro, si. E per i denari pubblici, no? Perchè? Esigiamo anche per loro la stessa tracciabilità. Le scatole cinesi poi … una SpA ne possiede un’altra che ne possiede un’altra e così via, magari con l’interposizione di una fiduciaria. Come si fa a capire chi possiede cosa? E qui ora abbiamo i “flussi cinesi”:  lo Stato preleva risorse dalle nostre tasche le tasse, le dà al Ministero delle Finanza, da qui al Tesoro, ai singoli Ministeri, ai partiti, ai gruppi, etc.. I flussi si perdono in mille rivoli … controllarli ex post diventa arduo. Molto meglio regolarli ex ante.

Traduciamo: io non vaso in vacanza, non cambio l’auto, non risparmio un euro anzi azzero i miei risparmi, non trovo lavoro, non riesco a pagare il mutuo, non riesco ad aiutare i miei figli (che non trovano lavoro), non mi pagano la pensione ma pago le tasse  … e i miei soldi sono spesi in caviale, champagne, appartamenti, viaggi, vacanze, auto di lusso, scorte di polizia inutili, accrediti su conti privati esteri, super stipendi, super pensioni, super vitalizi, super buonuscite, supe benefit vari, super cumuli di tutto ciò, etc. in favore di una certa casta?

Amici, la finisco qui. Io credo che dovremmo tutti scendere in piazza, per una manifestazione generale, silenziosa, pacifica, come fu  la marcia dei 40.000 a Torino negli anni settanta. 40.000 lavoratori che volevano lavorare. Solo che oggi dovremmo essere 58 milioni (circa) in piazza, a dire “basta” con il nostro silenzio urlato agli altri 2 milioni (circa). Pacificamente e senza armi, per carità, non mi fraintendete.

In un precedente post raccontai di come nel dopoguerra, in Olanda, la popolazione scese in piazza per protestare contro gli incidenti stradali di cui restavano vittima i bambini. Dalla loro protesta nacque il contenimento del traffico automobilistico e lo sviluppo delle piste ciclabili protette di cui oggi l’Olanda va giustamente fiera. Anche noi dobbiamo scendere in piazza con la stessa compostezza, per protestare contro l’uccisione … del nostro futuro.

Chissà se oggi quel tale le sue pesche le venderebbe meglio!

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PER I GIOVANI CHE STANNO LAVORANDO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Settembre, 2012 @ 6:11 am

Detto altrimenti: oggi, ladies and gentlemen, si cambia genere! Istruzioni per i giovani, istruzioni per l’uso della loro vita lavorativa. Per quei pochi fortunati che ce l’hanno, una vita lavorativa … Infatti, mai come oggi i nostri giovani sono esposti agli aspetti negativi (si, ci sono anche quelli) dell’ambiente lavorativo. Ed allora ecco per loro qualche “pillola di esperienza” che li possa aiutare, offerta da chi, nato nel 1944, ha avuto la doppia fortuna di non vivere la guerra e di trovarsi di fronte ad un mercato del lavoro accogliente. Tentare di aiutare i tanti giovani che il lavoro lo stanno cercando sarà molto più difficile. Fine della premessa. E ora, follow me, please!

1. Napoleone era solito dire: “Mi vanno bene i generali fortunati, purché lo siano sempre”. Io vi dico: ricercate la creatività più che la fortuna e siate regolarmente creativi, cioè siate sempre un poeta: infatti il termine “poeta” deriva dal verbo greco “poieo” che significa fare, creare. Tuttavia state attenti ad un particolare: l’italiano in genere è molto creativo, ma rende pubblici i suoi progetti troppo presto, e spesso gli vengono rubati da chi li sa realizzare più tempestivamente. In ogni caso la creatività raramente è pagata per quello che vale, e cioè molto. Se avete una buona idea cercate anche di riuscire a “firmarla” come vostra. Infine v’è da dire che le idee vengono a chi è abituato a farsele venire, quindi … allenatevi!

 2. Come reagire di fronte alla mancanza od all’eccesso di creatività, in se stessi e negli altri? Ragazzi, innanzi tutto il malanno più frequente e ben più grave è la mancanza di idee, quindi ben vengano le “troppe” idee! Pensate sempre che senza idee Colombo non avrebbe scoperto l’America, Fleming non avrebbe inventato la penicillina e così via. Dovete solo cercare di distinguere fra intuizioni (ci vogliono anche quelle) ed idee maturate dopo attente analisi (suggerisco di dedicarvi molto a questo secondo genere).

 3. Un padre disse al figlio: “Mettiti una scimmietta su di una spalla e vai in un paese dove non conoscono le scimmie. farai fortuna.” Può essere vero, ma attenzione…una bottiglia è mezza piena e mezza vuota allo stesso tempo! Se volete “fare carriera” dovete anche considerare l’opportunità di eccellere in modo omogeneo all’ambiente che vi ospita: mi spiego, se siete dei bravi manager, ma molto bravi, allora potrete fare carriera in un ambiente moderno e managerialmente organizzato. Ma attenzione a volere imporvi come manager in un ambiente un po’ troppo “alla buona”! Lo stesso dicasi per il contrario: se un ambiente è molto bene organizzato, voi non potrete progredire se siete voi troppo “alla buona”.

 4. Persevera, non ti stancare, non scoraggiarti mai, saresti il primo nemico di te stesso! Abbi invece fiducia nei risultati dell’allenamento e della perseveranza: nello sport, nel lavoro, nella vita.

 5. Abbi fede in una logica superiore, immanente nelle cose, che funziona “nonostante” l’intervento dell’uomo.

 6. Quanto ai principi, sii fedele ai tuoi, non avere paura di viverli e diffida di chi ti fa lezione pretendendo di farti applicare i suoi.

 7. Ricorda che spesso la morale comune condanna chi denuncia le violazioni della morale comune molto di più di chi viola la morale comune. Comunque, su con il morale…

 8. Sii coerente.

 9. Sii semplice nella comunicazione verbale e scritta, ed usa il lessico più comprensibile in assoluto: soprattutto ricorda che l’impresenziazione di uno sportello ferroviario vuol dire solo che l’impiegato è momentaneamente assente, non che è veramente mal vestito e con la barba lunga! Che la conversione dei mezzi operativi significa solo che ci sono autocarri in manovra, non che metà degli operai dell’autostrada si è convertita al cristianesimo. Che la convergenza complanare è solo un incrocio con uno svincolo stradale, non l’incrocio delle rotte di due aeroplani, e state attenti a non obliterare a casa il documento di viaggio, perché in realtà il biglietto del tram dovete timbrarlo sul tram stesso, e non dimenticarlo a casa!

 10. Abbi carattere anche se poi ti diranno che hai un cattivo carattere.

 11. Sii estremamente specifico, evita le occasioni di coinvolgimento in situazioni generiche, non chiare: rimetterle sui binari ti attirerebbe l’accusa di essere pedante o di avere un caratteraccio.

 12. Cerca di porti in grado di produrre risultati, di sapere fare bene il tuo mestiere.

 13. Cerca di riuscire a firmare il tuo lavoro.

 14. Non farti escludere, proprio perché sai fare e vuoi firmare quello che hai fatto.

 15. Attento ai sistemi assistiti: a gestire l’ordinaria amministrazione o a dividere la ricchezza sono capaci tutti. La professionalità serve solo se c’è necessità e volontà di produrre ricchezza.

 16. Attento ai sistemi eccessivamente politicizzati: per la divisione del potere non serve la professionalità che ti invito comunque a conseguire.

 17. Diffida delle novità in quanto tali, se non motivate da effettive nuove necessità.

 18. Ricerca sempre la motivazione che spinge ognuno ad agire (il famoso “cui prodest”, a chi giova). Cioè: troppo spesso la gente cerca di capire le conseguenze di un fatto e dimentica di analizzare le ragioni che lo hanno determinato.

 19. Chiarisci a te stesso i tuoi obiettivi e finalizza onestamente ogni tua azione agli stessi.

 20. Se devi competere e sai nuotare bene, non accettare di misurarti nello sci alpino.

 21. Se ti accorgi che stanno per far votare una mozione contro la tua idea, chiedi una sospensione, esci dalla stanza, fai la pipì, lavati le mani e, rientrando, sii tu a proporla. Vincerai anche quella volta.

 22. Se altri realizzano come propria la tua idea e tu cerchi di riappropriartene, allora tu saresti anche un bravo manager, ma hai un tale cattivo carattere …

 23. Se vuoi difendere al meglio una tua idea, cerca di inquadrarla in un progetto completo ed articolato al fine di fare emergere la sua portata strategica. Se la controparte accetta di misurarsi sullo stesso terreno, allora vuol dire che stai operando in un ambiente moderno e professionale. Se ti dicono “Tutte chiacchere, quello che conta è il particolare di dettaglio del quale stiamo discutendo” … allora , se puoi, cercati altri compagni di viaggio.

 24. Quando gestisci un piano, ricordati che talvolta le sue fasi sono, nell’ordine: entusiasmo, perplessità, ripresa di contatto con la realtà, ricerca del colpevole, punizione dell’innocente, lode ad estranei.

 25. Se ti consigliano come agire “nel tuo interesse”, applica la mia teoria del campo da tennis: ringrazia, ma che ognuno torni nella sua metà campo e giochi come crede, lasciando a te la scelta di come battere la palla o di come rispondere alla battuta altrui.

 26. Non ti fidare di chi, con aria assorta e quasi sognante, magari accarezzandosi il mento e volgendo lo sguardo al cielo, si “lascia scappare” importanti riflessioni o ipotesi di soluzione relative ad un problema che ti riguarda o nel quale sei coinvolto, tipo :”Sto pensando se non sarebbe meglio…”. Infatti, se fossero riflessioni vere, se le terrebbe per sé. E invece, il più delle volte quelle riflessioni sono fatte ad arte per indurti a far tue le sue idee. Sono subdoli messaggi pubblicitari, promozionali, al limite della “pubblicità subliminale occulta”.

 27. Guardati anche da chi non parla mai e semplicemente ascolta, per due motivi: o è veramente intelligente ed astuto, od è stupido, e quindi ugualmente “pericoloso”. Sappi infatti che nessuno assomiglia di più ad una persona intelligente di uno stupido che tace.

 28. Cerca di perseguire sempre contemporaneamente più soluzioni per lo stesso problema, ognuna come se fosse l’unica percorribile.

 29. Quando operi all’interno di una SpA, opera come se tu ne fossi il proprietario: con lo stesso amore e con la stessa attenzione.

 30. Di ogni tuo intervento, fanne un fatto seriale: cioè che ogni tuo intervento non sia un fatto isolato, ma l’occasione per organizzare la gestione dell’intera gamma di quel tipo di problema.

 31. Persegui, nell’ordine, l’efficienza (il rispetto delle regole) e l’efficacia (il raggiungimento dei risultati). Dante scriveva: “Scienza non fa, sanza lo ritener aver inteso”, non è apprendimento, se non ricordi ciò che hai capito, cioè, non è lavoro, se le tue azioni non producono risultati.

 32. Ricordati che i sofisti (non i surfisti, quelli sono un’altra cosa!) dimostravano una tesi ed il suo contrario: non erano in contraddizione con se stessi, ma si esercitavano a porsi dal punto di vista “degli altri”. Infatti una bottiglia può essere allo stesso tempo “mezza piena” e “mezza vuota”, e tu, nel constatarlo, non ti devi sentire minimamente disorientato.

 33. Ricorda che ogni contrapposizione dialettica ha sempre tre soluzioni: la tua, quella del tuo avversario e quella giusta.

 34. Non rinunciare mai al lato umoristico delle cose.

 35. Se non sai il latino e vuoi usarlo nelle citazioni, attento agli accenti. “Dìvide et ìmpera” non si pronuncia “divìde et impèra”! Inoltre ricorda che “sine qua non” non vuol dire “siamo qua noi”; cum grano salis, non vuol dire quando cresce il grano; ed “in medio stat virtus” non equivale a “in Mediaset virus”. In ogni caso ti suggerisco il libro di De Mauri, “5000 Proverbi e motti latini” Edizioni Hoepli, Milano.

 36. Se hai messo a fuoco un problema e ne proponi la soluzione e i tuoi interlocutori la approvano ufficialmente, allora hai fatto carriera. Se la discutono e la bocciano, sei sulla buona strada. Se la ignorano o ti dicono che non hanno avuto il tempo di leggerla, vuol dire che stai per diventare un loro pericoloso concorrente. In questo caso, c’è chi dice che per far carriera devi far finta di non accorgerti di nulla. Altri, fra i quali io stesso, ti dicono: insisti cortesemente ma con fermezza perché la tua proposta sia verbalizzata con estrema precisione e discussa.

 37. Temi, evita e combatti la trasversalità. Talvolta infatti ti potrà capitare di notare che alcuni potenti non siano contenti nemmeno se tu dai loro ragione. La verità è che spesso le motivazioni vere che li spingono ad agire sono diverse da quelle ufficiali. Ciò può accadere perché purtroppo esiste un sistema a rete nascosta, trasversale appunto, che prescinde dagli schieramenti ufficiali dei partiti, delle correnti di pensiero, della concezione della morale comune, delle strategie aziendali ed è fondato invece soprattutto su di un sistema di interessi e di potere, ed in parte minore anche su di un sistema di comodi equilibri (quaeta non movère). Come e cosa fare in questi casi? Non è facile a dirsi. Occorre comunque darsi una calmata, smettere di agitarsi, di proporre e di proporsi, di assumere posizioni ferme, non perché si voglia o debba rinunciare a se stessi, ma perché prima occorre capire quali sono i reali intendimenti e le singole vere ed intime motivazioni di ciascun interessato, al fine di valutarne le possibili reazioni.

 38. Chiedere aiuto e ricevere consigli? No buono….

E per chiarimenti, scrivete, scrivete, scrivete ….

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ANCORA MOBILITA’: LA CONCESSIONE A22

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Settembre, 2012 @ 6:23 am

Tre "canne" parallele ...

Detto altrimenti: il Tunnel di Base del Brennero, di per sé, non basta. Occorre che la concessione dell’A22 resti locale. Il Governo di Roma afferma che le infrastrutture sono uno dei punti di forza sui quali investirà. Bene. E noi, dal Trentino e dal Sud Tirolo, siamo pronti a fare la nostra parte.

L’Italia è in ritardo infrastrutturale rispetto alla media degli altri paesi europei di 150 miliardi di euro di investimenti. Inoltre il traffico pesante è fortemente sbilanciato in favore del traffico su gomma (70%) a danno della rotaia (30%), all’opposto di quanto avviene in Germania. E non per colpa della nostra Autonomia.

Le industrie del Paese, a prescindere dalla crisi attuale, perdono competitività per carenza di infrastrutture di comunicazione: l’aggravio dei loro costi può stimarsi fra il 10 ed il 15%. Nonostante la crisi, nel 2011 le industrie trentine (in primis tessile, agroalimetare, chinica) hanno un incremento del fatturato del +9% (L’Adige 27 settembre 2012 pagg. 1 e 7).

 Si dice: puntiamo sulla “intermodalità”, cioè sul trasferimento del traffico dalla gomma alla rotaia. Ma le nostre ferrovie, per almeno 10-15 anni non saranno al livello europeo.

 Il traffico merci mondiale è sempre più mediterraneo, quello mediterraneo è sempre più italiano, quello italiano sempre più alpino, secondo la direttrice Nord- Sud (Tunnel di base del Brennero, A22), mentre è sempre di meno Est-Ovest (TAV).

Gli effetti della recessione coprono parzialmente le carenze infrastrutturali. Ma questo non può essere l’alibi per trascurare il problema. “Si vis pacem, para bellum,”, cioè anche oggi, in piena crisi economica (anzi, proprio per questo motivo!) dobbiamo preoccuparci a riprogrammare i nostri sistemi infrastrutturali, in vista della ripresa.

Il problema di fondo è che la nostra ormai è una società relazionale che di fatto non relaziona abbastanza, perché ha voluto essere troppo “densa” di relazioni: ha voluto creare nuove industrie, decentrarle in paesi lontani per ridurre i costi della produzione ma aumentando il volume delle merci trasportate; ha voluto attrarre nuovi flussi turistici, muoversi in fretta e forse anche troppo, cercare di annullare lo spazio ed il tempo. Ora, una società densa induce nei suoi abitanti la paura della vischiosità, la quale, a sua volta, li induce a ricercare il “viver bene locale”. Ciò si persegue creando reti infrastrutturali corte (“Progettiamo da qui a li, gli altri si arrangino”), e ridistribuendo gli spazi disponibili (“Qui creiamo un parco pubblico, lì un giardino privato, dove potremo entrare a goderci la non-densità e la non-vischiosità”).Questa è una visione accettabile solo in parte e solo per il breve periodo, perché non siamo soli al mondo, abbiamo dei confini abitati, dove vivono “gli altri”, siano essi gli altri componenti della famiglia, della città, della regione, degli altri stati etc., ed anche perché se non si progetta, si è progettati.

Ed allora? Allora si devono mettere in rete i problemi e le loro pseudo-soluzioni (le reti corte), secondo una filosofia di area oggi più che mai europea (!) che ricomprenda l’interfacciamento con la filosofia delle aree confinanti.

E non basta un accordo tecnico sul sistema delle infrastrutture, non basta progettare un sistema organico di infrastrutture (che già sarebbe molto). Occorre un accordo socio-politico oggi più che mai a livello europeo sul “dove vanno le aree alle quali apparteniamo”. Nel caso nostro, esse si stanno attrezzando semplicemente per “sgorgare” il Sistema del Brennero? Oppure per creare le migliori relazioni dirette possibili per il Sistema Europa? La soluzione sta nel mettere in rete il Sistema del Brennero con il Sistema Europeo.

Questo risultato può essere raggiunto attivando le Euroregioni, soggetti locali ma interstatali, locali ma europei, locali ma con visione europea. Questi soggetti inoltre fornirebbero la migliore garanzia che il loro obiettivo principale non sarebbe il pagamento di dividendi, ma il reinvestimento funzionale degli utili.

Ben venga quindi nella nostra area l’attivazione di una Euregio (dei Trasporti dell’Asse del Brennero), purché essa non persegua la creazione di una “rete corta” da Innsbruck a Verona, ma sia catalizzatrice di un Sistema dei Trasporti funzionale anche all’intero Sistema Europa.

In quest’ottica, la concessione dell’A22, già locale, deve restare tale, affinchè l’intero progetto si possa avvantaggiare delle capacità progettuali e di autogoverno già positivamente maturate in seno alle Autonomie Locali, anzichè essere allineato al livello di sistemi ancora in corso di perfezionamento. Magari iniziando dall’attivazione di una joint venture funzionale fra le tre autostrade prioritariamente interessate, quella tedesca, austriaca ed italiana. Viribus unitis, intendo …

Si obietta: ma le leggi e gli accordi internazionali non ce lo consentono. Ed allora se le leggi (europee) non sono funzionali al progetto, cambiamole. Progetti speciali in momenti speciali (di crisi, intendo) richiedono leggi speciali nel senso di “nuove” nel senso di “adeguate” all’esigenza reale d urgente del momento. D’altra parte, da parte dei partiti non si sta mettendo mano (finalmente e per fortuna, dico io!) anche alla legge sui rimborsi elettorali, fino a poco tempo fa strenuamente difesa (e abusata!) proprio dagli stessi partiti?

Solo “Filosofia della Mobilità?”  Forse … ma almeno ci stiamo provando … sperando che il nostro obiettivo diventi anche obiettivo del Governo di Roma.

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