EVENTI – Seconda puntata: L’anima, la scienza e la vita

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Ottobre, 2012 @ 5:47 am

Detto altrimenti: cogito ergo sum …

 

Elena Dak

Giornate impegnative per un blogger, piene di “impegni” piacevoli. Anche le cose belle “impegnano”. Ed è il mio caso in questi giorni. Nel pomeriggio del 18 ottobre 2012 – scrivo l’anno perché mi illudo che queste mie righe possano essere lette anche … fra qualche anno! – al caffè letterario “Il Papiro” di Via Galilei in Trento, presentazione del libro “San’a e la notte” di Elena Dak, di cui riferirà Mirna nel suo blog. La stessa sera, a Riva del Garda, seconda (“seconda” per noi del caffè letterario citato, nel quale ci riunisce Mirna Moretti) presentazione del libro dell’ Ing. Giovanni Straffelini, homus rivanus, “L’anima e i confini dell’umano. Tra scienza, fede e bioetica”. Il giorno dopo, a Trento – Centro Studi Bernardo Clesio, ore 17,30 -presentazione del libro del Professor Paolo De Lucia “La via verticale”.

Ma veniamo al lavoro di Straffelini

Giovanni ci spiega subito che la sua opera è divisa in due parti: la prima sull’anima. La seconda sulla bioetica dell’inizio e del fine vita.
L’anima. Giovanni è ingegnere, “uomo di scienza” quindi. E la scienza opera e ragiona sul riscontrabile, sulla osservazione della realtà. La scienza si domanda cosa sia l’anima e “scopre” che esistono e come funzionano i neuroni. Il che è di per sé un limite. Infatti i neuroni ed il loro funzionamento non riescono a spiegare i sentimenti di amore, di percezione della bellezza, tanto per fare solo un paio di esempi.
E poi, se noi funzioniamo solo grazie ai neuroni, dovremmo constatare che non siamo liberi. Infatti a comandare non siamo noi ma il nostro cervello. “Io sono l’ultima persona a conoscere le decisioni del mio cervello”, afferma uno scienziato …
Il fatto è che il cervello non riesce a spiegare se stesso.
I neuroni operano secondo un codice genetico, che regola la nostra auto crescita, il nostro comportamento, la nostra coscienza, ove per coscienza si intende la capacità di reagire agli stimoli esterni, nelle forme più semplici – se tocco un ferro rovente, ritraggo subito la mano – sino alla forma di gran lunga più esclusiva e complessa – imparo il linguaggio.
Ma allora, l’anima è la coscienza?
No. Esiste infatti anche “qualcosa” d’altro. Infatti L’uomo non funziona solo a codice genetico ma anche a seguito dei “contributi” che riceve dall’esterno e della “presa di coscienza “ (ma allora ci risiamo, direte voi!)  di principi innati, insiti in noi – “insiti”, questa è la differenza sostanziale rispetto agli impulsi dall’sterno – di istanze ed impulsi innati, dicevo, e innati non dalla nascita di ogni singolo individuo ma dalla nascita dell’uomo stesso. Lo dimostra il fatto che da sempre l’uomo ha l’idea di un dio, se non del Dio al quale noi oggi facciamo riferimento o che deneghiamo, a seconda dei casi. Quindi forse non accade che alla nascita di ognuno di noi ci venga assegnata la “nostra anima individuale”.
E poi … se il primo a parlare dell’anima è stato Eraclito, come ci ricorda Marcello Farina, citandolo: “Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell’anima: così profondo è il suo lógos“.  (Eraclito, fr. 45 Diels-Kranz).  Aristotele ci ha provato e dal 300 A. C. sino al 1700 d. C. la sua “De anima” ha guidato il pensiero filosofico a ragionare sui tre livelli dell’anima, vegetativa, sensoriale, riflessiva. Anche le piante hanno un’anima, un po’ di più gli animali, al massimo grado gli uomini.
Ma il diverso grado di “dotazione di anima” non è solo quantitativo, bensì soprattutto qualitativo. La coscienza di un bimbo che abbia la stessa quantità di cervello (espressa in grammi) di uno scimpanzè adulto, è di gran lunga superiore a quella dell’animale. E’ quindi la “qualità” della nostra coscienza che ci distingue dagli altri esseri viventi (piante, animali).
La “teoria dei neuroni” ci spiega la quantità, non la qualità. In altre parole: la scienza, così intesa, ucciderebbe l’anima.
Ma la scienza non è nemica della fede, afferma Giovanni. La massima espressione della scienza è l’evoluzionismo, che esiste, che è una reale in quanto frutto della osservazione della realtà. Ed ecco la prima conclusione dei ragionamenti sino a qui emersi: evoluzionismo e fede non sono in contrapposizione. Quel qualcosa in più di cui siamo dotati, l’anima appunto, è un elemento che arricchisce ciò che noi siamo in quanto studiati, scoperti e quindi definiti attraverso la nostra stessa evoluzione.
Dei tre “big bang”, il primo, circa 15 miliardi di anni fa, la nascita dell’universo (si fa per dire, “universo” … in realtà stiamo parlando di una sua parte infinitesimale, quella da noi conosciuta, o se vogliamo “allargarci”, quella da noi immaginata, ma sempre infinitesimale resta, di fronte all’Infinito! N.d.r.); il secondo, la comparsa dell’uomo; il terzo, l’affermazione della piena coscienza umana, comprensiva del suo “navigatore”, l’anima, il terzo, appunto, è il più importante.
Il mio intervento? Ho citato una frase di tale Einstein: “I want to know the God’s thought. The rest are details”. Desidero conoscere il pensiero di Dio. Il resto sono dettagli. Ho proseguito: la scienza studia, scopre, de-finisce, non crea. Spiega il “come”, non il “perché”. Come agisce la forza di gravità? Elementare, Watson, “tira” verso il basso! Ma perché la forza di gravità attira verso il basso e non verso l’alto? Questa è la domanda centrale (lo ammette espressamente anche Stroffella, ed io sono orgoglioso di non avere parlato a vanvera!). Proseguo: perché alcune sostanze chimiche reagiscono con altre e altre no? E così via. Lo stesso vale per i principi morali. Perché sono questi e non altri? Notate, principi che non ci ha dato la nostra religione ma che le erano preesistenti: già Hammurabi codificava il “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso”. Proseguo: la scienza ci dimostra tutto. Certo, tutto ciò che riesce a dimostrare. Non altro. Ma c’è ben di più … pensiamo all’  ”infinito”. Pensiamo a ciò che esiste o non esiste al di là di tutto ciò che non solo riusciamo a riscontrare, ma anche – ve l’ho già concesso, oggi voglio rovinarmi! – anche al di là di tutto ciò che riusciamo ad immaginare.

Giovanni Stroffella e Marcello Farina

Inserirsi sulle parole di Marcello, poi, è sicuramente più arduo … me ne perdonerà l’interessato … La struttura dell’universo non è solo “logos” ma anche “eros”, amore, cioè quella “entità operante non neuronica”(queste sono parole mie, assolutamente da dilettante e soprattutto da ignorante!) che la scienza non riesce a spiegare. Eros, il frutto dell’azione di Chi opera, magari senza lasciare tracce della Sua azione, se non il risultato stesso del Suo operare. Di chi opera “in segreto”.

La discussione ha solo sfiorato la bioetica dell’inizio della vita. Quanto al “fine vita” è emersa una riflessione, sulla quale ognuno può – ovviamente – riflettere ulteriormente: la vita potrebbe non essere un bene, un valore “assoluto”, ma essere “strumentale” cioè fatta per essere un “soggetto che dona agli altri”. Ad esempio che in luogo di vedersi imposto l’accanimento terapeutico, sia libera di scegliere di offrire l’estremo dono agli altri, quelli dei propri organi.

Su “La via verticale” di De Lucia, ci sentiamo al prossimo post.

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INCONTRI – 19) ANONIMO … ITALIANO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Ottobre, 2012 @ 4:40 pm

Detto altrimenti: lasciate che i giovani … lasciate che i giovani possano trovare lavoro ed essere trattati con rispetto!

Nell’ambito di una ricerca di testimonianze sul lavoro giovanile, ho intervistato una giovane, oggi circa trentenne, la quale mi ha permesso di pubblicare i contenuti del nostro colloquio. Su mia proposta, abbiamo concordato di mantenerne l’anonimato.

“La mia prima esperienza lavorativa? Assistente di direzione. Se non fossi scesa a patti … “particolari” con il capo non avrei avuto alcuna forma di gratificazione. Mi sono licenziata, avendo già maturato ben due manate sul sedere. Nel frattempo per un anno e mezzo avevano intercettato le mie mail con le quali inviavo ad altre società il mio curriculum e mi avevano definita “pessima dipendente”. Ma se ero “pessima”, perchè non mi avevano licenziato? Non l’ho mai capito. Ero stata assunta con il contratto di apprendistato, iniziavo alle 8.00 e finivo alle 18.00. Dopo le 18.00 ci si fermava spesso e volentieri per una birra o un aperitivo, se si saltava la prendevano male. Ho conquistato cosi 10 chili in più e sino a 1000€ in busta paga (evviva gli straordinari!). Quando presentai le dimissioni, in quanto per di più per l’ennesima volta mi era stato negato il permesso per andare a sostenere un esame all’Università (“la laurea non serve ad un c….! Tu hai il diritto al permesso ma io non ho l’obbligo di dartelo!”), mi fu assicurato che mi avrebbero “rovinato la vita”. “Conseguentemente” a quanto sopra, sono rimasta disoccupata per un anno e mezzo. Nel frattempo ho scoperto che sul direttore c’erano tre denunce per mobbing e una per “molestie sessuali”… Non cito nemmeno più questa esperienza nel mio curriculum.

Seconda esperienza. In un call center. Dopo esser stata additata come “extracomunitaria venuta col barcone” (in effetti ero stata extracomunitaria, ma ero arrivata con l’aereo insieme alla mia nuova famiglia ed ormai ero cittadina italiana a tutti gli effetti da ben 25 anni!) mi hanno minacciato di rimandarmi a casa se solo mi fossi permessa di lamentarmi anche una sola volta. E se avessi detto qualcosa ai giornali mi avrebbe denunciato. La motivazione? “Se salta la mia sedia, chi paga il mio mutuo? Tu?”. Notare bene, l’80% degli operatori provenivano dalla stessa area geografica del responsabile, tutti raccomandati. Il resto, da società attigue. Una conoscente che lavora ancora li (lei è della zone geografica “giusta”) mi ha riferito che di me dicono che ero sempre in pausa, non lavoravo, fumavo troppe sigarette e che li chiamavo razzisti solo per invidia. Per andare in bagno bisognava chiedere il “permesso” al team leader che chiedeva il motivo (in bagno, le cause potevano essere solo due … o le devo citare espressamente?) e ricordava che avevo solo cinque minuti esatti e che nella zona fumatori c’erano le telecamere!

Terza esperienza. Avevano trovato il mio curriculum presso un parente del direttore, titolare di altra azienda. Orario di lavoro? Tutti i giorni dalle 7.00 alle 20.00. Una sera vengo ricoverata in ospedale. Il giorno dopo mi presento puntuale al lavoro. Mia madre viene a portarmi un farmaco. Alle 10.00 si presenta all’entrata. Io metto fuori il naso, prendo il farmaco e rientro. Al mio rientro mi chiamano in direzione e mi comunicano il licenziamento. Motivazione? Arrivavo al lavoro quando volevo e facevo ciò che volevo. Quel giorno poi ero arrivata alle 10.00! Ho ricordato loro che avevo chiesto il badge aziendale, ma mi era stato negato. Li invitai a visionare le telecamere di accesso. Niente da fare. Li ho anticipati: prima che scrivessero la lettera di licenziamento, mi sono dimessa io stessa. Ho scoperto poi che in quell’azienda ci sono molte cause di “mobbing”.

Quarta esperienza. Altro call center. Lavoravo in uno sgabuzzino a fianco delle caldaie, senza servizi igienici, su turni dalle 6.00 alle 14.00 e dalle 14.00 alle 22.00. La pausa pranzo/cena/tirare il fiato? “Non è previsto nulla per voi”. Nemmeno fare la pipì. “Se proprio la devi fare devi farti sostituire”. “Ma, dico io, alle 21.15 di sera chi trovo che mi sostituisca? E poi, alla pipì … mica la si fa a comando!” Vengo poi a sapere da ex colleghi rimasti miei amici che ero “Troppo brava e con troppa inventiva”. forse perché davo fastidio ad un dirigente del reparto, in quanto i miei lavori – che peraltro lui mandava avanti a proprio nome!- venivano considerati da tutti migliori dei suoi.

Quinta esperienza, quella attuale. Un giorno è venuto a trovarmi il mio ragazzo. Ha visto dove lavoravo e in quali condizioni e mi ha letteralmente trascinata a Milano. Tempo di inviare un curriculum, uno solo… ed ho trovato lavoro! Questa non è solo fortuna. Evidentemente sono stata valutata per le mie capacità. Hanno guardato ben oltre il colore della mia pelle, ben oltre alle apparenze (lavoretti da 3 mesi ai 6 mesi non hanno pesato). Hanno valutato le potenzialità e soprattutto mi rispettano. Mi trovo Benissimo. E soprattutto non lavoro per una piccola azienda o una azienda semi provinciale ma in un’azienda di livello mondiale.

Mi domando: quanti altri giovani stanno vivendo esperienze simili alle mie passate disavventure? Io ho vacillato, parecchie volte. Ero arrivata a credere che io fossi sbagliata per questo mondo del lavoro. Ma non era vero. Io credo che se ogni giovane scrivesse una sola frase sulle offese ricevute sul posto di lavoro, o circa una situazione che ha dovuto subire, questi italian graffiti riempirebbero interi muri in ogni città”. Perché in una città come Milano basta un curriculum per trovare lavoro e in un’altra grande città no? Grande … l’altra? Intendiamoci, grande come un viale di Milano!”

Che dire? “Una rondine non fa primavera”, “Non si può fare di tutt’erba un fascio”, “Tutto è bene quel che finisce bene”, “La verità non è tale che la si possa enucleare con un taglio secco dalla non- verità”, etc.. Che volete, noi Italiani abbiamo proverbi per tutte le occasioni. Solo che occasioni come questa descritta non dovrebbero esistere. E se ci fosse l’obbligo legale per tutte le società di ottenere la Certificazione Europea di Responsabilità Sociale RS 8000? Di cosa si tratta? Ecco qui, da internet:

“Alle aziende viene oggi sempre di più esplicitamente richiesto di dimostrare la propria attenzione, attività ed impegno in termini di principi etici (Responsabilità Sociale), che sono una garanzia per uno sviluppo sostenibile e quindi solido e duraturo sia dal punto di vista sociale che economico.  Adottare un sistema di gestione aziendale, conforme alla normativa internazionale chiamata Social Accountability SA 8000, che raccoglie quelli che sono i requisiti minimi in termini di diritti umani e sociali, può rappresentare per ogni azienda, grande e piccola, pubblica e privata, uno strumento per rafforzare e definire la propria politica sociale, commerciale e di marketing, per proteggere e migliorare la propria immagine, per rispettare requisiti e disposizioni a tutela dei lavoratori definiti da Governi e llegislazioni locali, nazionali e internazional. La convinzione che la Responsabilità Sociale sia una leva competitiva sia per il Mercato che per le Aziende è comprovata dalla scelta della Regione Toscana, che in occasione delle gare indette per assegnare i servizi di Trasporto Pubblico Locale, ha inserito nei bandi anche il requisito della certificazione SA 8000 con un punteggio di gradimento (5 punti su 100); la stessa Regione ha citato nel DOCUP la SA 8000 accanto alla ISO 14001 ed alla ISO 9001 come uno dei fattori premianti per canalizzare finanziamenti nel settore del Turismo e delle imprese in genere.”

Lettori del blog, che ne dite?

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INCONTRI – 18) ASILI NIDO FRANCESI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Ottobre, 2012 @ 6:11 am

Detto altrimenti: guardiamoci intorno …

Maxim, Elena, David (F) e la "mia"  Sara (I)

Oggi si cambia “filone”. Ho ricevuto la visita di una mia carissima nipote, Cristina e di suo marito Manuel, con i loro tre splendidi bimbi. Lei è italiana. Lui francese, i bimbi … “entrambi”. Da  neo nonno di Sara, ho voluto chiedere a Cristina come sia la situazione degli asili nido sulla Costa Azzurra, dove loro due abitano e lavorano. Ed ecco la sua risposta:

Il nostro asilo è un piccolo asilo comunale. Apre alle 7,30 e chiude alle 18,30. Nel corso dell’anno chiude due settimane a Natale, una settimana in primavera e quattro settimane a metà estate. I bimbi “piccoli” che non camminano ancora stanno al primo piano e scendono in giardino solo la mattina. I “grandi” stanno in giardino quasi tutto il tempo.
Nei nidi di maggiori dimensioni i bimbi sono divisi in tre classi, grandi medi e piccoli e fanno anche delle attività, quali uscire in spiaggia oppure vanno in un negozio ad assaggiare – ad esempio – tutti i tipi di miele, oppure vanno allo zoo. Nel nostro non fanno nulla, a parte una parata mascherata a carnevale con i più grandi. In questa occasione le maestre chiedono a noi genitori di essere presenti a dare una mano, in quanto da sole non ce la farebbero a controllarli tutti. La legge francese stabilisce che vi sia un adulto per ogni cinque bimbi che non camminano o per otto che camminano. Poi c’è la festa di Natale. Viene presa in affitto una sala del comune e si organizza uno spettacolo con la distribuzione dei regali. In estate, altra festa con uno spettacolino per i più grandi. Un tempo c’era una mia vicina maestra di danza che andava a fare dei corsi di motricità o qualcosa del genere.
Costi: adesso che al nidone ho solo una  (Elena) e che mia suocera  la tiene al venerdi paghiamo circa 7-8% del nostro reddito mensile. Il costo dell’asilo è calcolato sui redditi, con formula degressiva in funzione del numero dei figli a carico. Quando ne avevamo due eravamo arrivati a pagare 20% del nostro reddito mensile, che se ci pensi  è un po’ pesante: c’è gente che fa il secondo figlio tre anni dal primo perché dice che due insieme al nido non puo’ permetterseli. Poi una parte del costo si puo’ dedurre dalle imposte, per un massimo di €1.150 per bambino all’anno. Per noi la deduzione vale circa circa 1/4 della spesa effettiva.
I posti al nido non è che abbondino, ma da quello che ho sentito dalle mie amiche italiane mi sembra che in Italia stiate peggio.
Qui da noi però ci sono le “nounous”, che è una parola “da bambino” entrata nell’uso comune anche per i grandi al posto di “nourrice”, che anticamente sarebbe la nutrice e più recentemente la babysitter. Se scegli una nounou agréée, lo stato ti paga i contributi, la “caisse d’allocations familiales” ti paga una parte degli stipendi (parte variabile secondo i tuoi redditi) e tu paghi quello che resta, che è un po’ più caro del nido ma presenta il vantaggio che la maggior parte delle nounous te li tengono anche se sono malati mentre all’asilo no. Però se è la nounou che si ammala o se è incinta devi arrangiarti e trovarti qualcuno nel giro di pochi giorni. Anche i posti dalle nounous non abbondano, bisogna organizzarsi per tempo e prenotarne una fin dai primi mesi di gravidanza. Le nounous possono avere un agrément per un massimo di quattro bambini, di cui almeno uno di più di tre anni (la materna al mercoledi è chiusa ed alcuni genitori mettono i figli dalla nounou, oppure se i bambini che vanno alla materna sono malati e la loro ex-nounou ha l’agrément per quattro bimbi, i malatini possono andare da lei finché non guariscono). Le nounous tengono i bambini a casa propria, e possono ricevere delle visite non preannunciate da parte di una specie di ispettori.
Poi ci sono le nounous non agréées, più o meno “clandestine”, che paghi meno ma non ti deduci nulla, che se non sono agréées un motivo ci sarà.
Esistono anche les crèches familiales, sono dei nidi più piccoli, che richiedono meno investimenti, credo che tengano da otto a dieci bimbi. Infine i genitori che hanno fortuna hanno una “crèche d’entreprise” nella loro azienda, che costa meno perché una parte te la finanzia l’azienda e suppongo che il posto per i figli un dipendente ce l’abbia di diritto”.

Grazie, Cristina, e complimenti per la tua bella famiglia!

P.S.: molto aprrezzabile l’orario, abbastanza prolungato e la retta rapportata al reddito (n.d.r.)

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LA PIOGGIA NEL VIGNETO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Ottobre, 2012 @ 4:28 pm

Detto altrimenti: talvolta le fotografie parlano, ispirano …

Oggi sento la necessità di una pausa. Lo so che un post al giorno leva il medico di torno, ma sto aspettando la visita della mia nipotina Sara per festeggiare il compleanno di Maria Teresa, ed allora mi sono detto: cerca di cavartela alla svelta, sempre attaccato a ‘sto computer!  Ed ecco l’idea. Una poesia? No. Una fotografia che richiami una poesia. Viaggiavo in auto da Riva del Garda verso nord, in direzione Trento, lungo la Valle del Sarca. Pioveva. Tanto. Una visione improvvisa, un’immagine, una frenata, una breve sosta, una foto:  “La pioggia nel vigneto”. E la poesia? L’avevo scritta … ora la cerco e poi ve la trascrivo.

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UNIONE EUROPEA, PREMIO NOBEL PER LA PACE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Ottobre, 2012 @ 6:06 pm

Detto altrimenti: si, vabbè. Ma però … (“ma però” non si dice, lo so, lo so …)

Ma però. E’ pur vero che gli antichi Romani dicevano “Si vis pacem para bellum”, se vuoi la pace, preparati alla guerra. E anche noi Italiani, di armi ne produciamo e ne vendiamo, come no? Ma , direte voi, arifacce co ‘sto latinorum! Ma che volete, mi viene così …che colpa ne ho …

Paul Samuelson, economista statunitense

Para bellum … ma oggi i tempi sono cambiati. No, non nel senso che noi siamo più saggi … ma nel senso che il moderno imperialismo si è ormai esaurito (per fortuna). Nel senso che le ex colonie portoghesi si stanno comperando i pacchetti azionari di maggioranza delle principali società del Portogallo. Nel senso che bestie che popolano le foreste africane non sono più “feroci”, ucciderle è reato e non procurarsi la “gloria” (si fa per dire!) di un trofeo. Nel senso che le risorse naturali stanno esaurendosi. Nel senso che il sud e l’oriente del mondo stanno riguadagnando lo spazio che noi, nordisti occidentali abbiamo loro sottratto da secoli e per secoli. Queste sono le guerre che dobbiamo prepararci ad affrontare. Non quelle “vecchie”, che richiedevano cannoni. Oggi abbiamo bisogni di più burro e di meno cannoni (P. Samuelson, Trattato di Economia politica).
Quindi il Nobel per la pace non lo darei a chi non fa guerre “vecchie, di vecchio tipo”, ma a chi evita “guerre nuove, di nuovo tipo”. Già, anche perché le guerre vecchie possono nascere anche dalle sconfitte delle guerre nuove.

Immigrati, carcerati, giovani e non giovani disoccupati, interi popoli privati dei diritti civili, eguaglianza dei sessi, tolleranza religiosa, redistribuzione delle risorse, rispetto per l’ambiente, riequilibrio fra la rigenerazione delle risorse naturali e il loro utilizzo, riaffermazione di principi morali fondamentali, libertà di pensiero e della sua espressione, ridefinizione delle priorità, giustizia efficace in tempi brevi, lotta alla corruzione ed alla evasione fiscale, lotta alla mala finanza, lotta alla criminalità super organizzata, lotta alla corruzione, etc.. Queste sono le battaglie da vincere affinchè non si scatenino guerre, ma affinchè si “scateni la pace”. Essere premiati perché si è cercato di evitare guerre “vecchie”? Forse è un po’ poco …comunque “megiu che ninte”, meglio che niente. Questo non è latinorum, è dialetto genovese!

P.S.: Nobel per la pace all’UE? Se non altro, comunque, sono contento per Altiero Spinelli!

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ARISTOFANE, “UCCELLI”: UNA COMMEDIA GRECA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Ottobre, 2012 @ 5:15 pm

Detto altrimenti: Graecia capta ferum victorem cepit…

Quinto Orazio Flacco

… ovvero “la Grecia, conquistata, conquistò il feroce vincitore” (Orazio, Epist.. Il, 1, 156). La frase prosegue con “et artes intulit agresti Latio”. Traduciamo: “… e portò le arti  nel Lazio agreste”. Detto altrimenti: Roma conquistò la Grecia con le armi, ma questa con le sue lettere e la sua arte riuscì ad incivilire il feroce e rozzo conquistatore. La locuzione si cita per esaltare la potenza e l’efficacia delle belle lettere, dell’arte, degli studi nel processo di civilizzazione dei popoli.

E’ di questi giorni la ripresa della lettura dei classici presso la Biblioteca Comunale di Trento, sotto la guida della Professoressa Maria Lia Guardini. Ed è il turno della commedia. La tragedia greca … bè, sarebbe parso troppo di malaugurio … ne riparleremo in altra occasione.

Aristofane

La commedia. Ve ne ho già parlato il 9 ottobre scorso. Il nostro “compito a casa” per la prossima riunione sono i primi 800 versi della commedia “Uccelli” di Aristofane. Io li ho letti. Anzi, tutti, fino alla fine. Cosa ne ho tratto? L’attualità della commedia, allora come oggi. In allora i protagonisti volevano abbandonare la città, in quanto affollata da troppi processi, per fondare una società nuova, pura, serena. Poi, già che c’erano, la trasformano in una società amorale, commerciale e del potere. Amorale, in quanto basata sul sovvertimento delle regole prima vigenti, anzi, sul sovvertimento di ogni regola e basta. Commerciale, in quanto intermediaria fra la città vecchia (terrena) e quella degli Dei, attraverso l’esazione di un balzello, una sorta di vecchia Imposta Generale sulle Entrate (ricordate i caselli rossi del “dazio” d’una volta? Se  non vi fosse andata bene, la succesione dei ricorsi del contenzioso sarebbe stata Sindaco-Prefetto-Ministro, cfr. mio esame di Scienza delle Finanze e Diritto Tributario, Genova 1963, Prof. Viktor Uckmar), IGE, dicevo,  sul passaggio delle offerte votive dalla terra agli Dei. Del potere, in quanto in grado di indirizzare il corso degli eventi umani e dei fenomeni naturali.

Ma l’ “oggi”? Che c’azzecca l’oggi? E’ che anche oggi, spesso, molti di noi sognano (appunto, sognano) una “città” (civitas, civiltà) nuova, libera (ancorchè non immorale e/o amorale, ci mancherebbe altro!) Ma poi …  v’è chi, facendo leva su tali istanze, pretende di condurci (condurre noi, ovvero gli uccelli della commedia, appunto, in ispecie non certo aquile bensì …”merli”!) verso un modello di potere, commerciale e – già che ci siamo, amorale (saltando la fase dell’immoralità, così facciamo prima). E il nostro sogno originario resta tale, come era all’origine, cioè … senza seguito!. Ma non disperate. La vita è un divenire. Tutto scorre, panta rei. Il passato non esiste più. Il presente è passato o è attesa del futuro. Il futuro? Bè, vedremo … nel frattempo quindi non dobbiamo pretendere di “ottenere oggi un risultato, nel tempo presente”, quanto piuttosto “che la strada intrapresa sia quella giusta”.

Breve interruzione per … i consigli sugli acquisti

Un pensiero moderno, anzi attuale: “frapporsi?”. Forse … frapporsi fra il flusso delle imposte riscosse e i destinari di troppa quotaparte di esse, cioè la politica, i superstipendi, i superbenefit, i super investimenti inutili, etc. Frapporsi fra la terra e il moderno Olimpo di privilegi fuori scala o di investimenti non più prioritari. Ma a quest’ultimo riguardo, si sa … noblesse oblige! Se non comperiamo (ecco gli acquisti!) novanta cacciabombardieri  F35 a 120 milioni di euro ciascuno, se non completiamo l’inutile TAV, cosa mai penseranno di noi … gli altri (paesi)?

Riprendiamo il programma

Olimpo? Già … torniamo alla Grecia. Paese di navigatori (e armatori); primeggia a livello mondiale (alternandosi con Spagna e Italia) nella produzione dell’olio di oliva; assolutamente fra i primi posti in quanto a capacità di attrarre turismo; clima favorevole … densità della popolazione non eccessiva, storia, tradizioni e cultura millenarie …Cosa le è successo per essersi ridotta nelle attuali condizioni? Chi ne è responsabile? Io non ho una risposta. Se l’avete voi, vi prego, scrivetemi.

Io dico solo che , in ogni caso, la nostra civiltà, la nostra cultura ha un enorme debito di riconoscenza verso il mondo greco. Il nostro pensiero, la nostra filo-sofia (filosofo, filos tes sofès, amico del sapere) ci deriva dalla Grecia. Dobbiamo fare in modo che resti all’interno del consesso europeo. Altro che abbandonarla! Sarebbe un po’ come abbandonare le nostre stesse origini, come abbandonare i nostri vecchi genitori e nonni …” perché sono malati”.

Che altro dire? Forza Grecia!

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EVENTI – Prima puntata: CARLO FIERENS IN CONCERTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Ottobre, 2012 @ 7:41 am

Detto altrimenti: la ricchezza del Trentino …

Trentino. Piccolo territorio montano. Da chi non l’ha mai frequentata, Provincia Autonoma spesso confusa con l’Ente Regione. Quasi una “marca” di confine. Territorio ricco di Storia, e, nel passato, centro e fucina della Storia Europea. Territorio piccolo, “little”, quanto a dimensione fisica, ma culturalmente grande, “great”!  E la vicinanza aiuta a conoscersi, a comunicare. Comunicazione, communis actio, azione comune. E tale comune agire ha improntato di sé la giornata di ieri (e seguenti!)

Il folto pubblico

Associazione Amici della Musica, Riva del Garda (Presidente l’Accademico delle Muse Ruggero Polito); Conservatorio Musicale Bonporti, Sezione di Riva del Garda (nella persona del Direttore M° Franco Ballardini); Accademia delle Muse, Trento (Presidente la prof. Cristina Endrizzi). Ecco i tre soggetti che, con ruoli diversi, si sono co-attivati o hanno contribuito alla realizzazione del Concerto di apertura della Stagione Concertistica organizzata dalla citata Associazione. Infatti i due “Accademici delle Muse”, il chitarrista classico Carlo Fierens e la Voce Recitante Alfonso Masi hanno dato vita ad un concerto entusiasmante, di elevatissimo spessore. Trascrivo qui sotto il testo del commento del M° Corrado Ruzza, che ha inoltre provveduto a registrare l’intero concerto:

Carlo Fierens

“Concerto di alto livello sabato scorso all’auditorium del Conservatorio di Riva per il cartellone degli Amici della Musica. Il ventiseienne chitarrista Carlo Fierens, figlio d’arte (il padre Guillermo, allievo di Segovia, è considerato uno dei principali chitarristi del mondo), ma forte di un curriculum personale di tutto rispetto, con premi internazionali e studi prestigiosi, ha presentato un programma di impegno tecnico-artistico tale da intimidire ben più navigati professionisti. In una duplice ottica: cronologica nella prima parte (Bach, impervio sulla chitarra, accanto agli italiani, l’ottocentesco virtuoso Regondi e il più recente Castelnuovo-Tedesco) e geografica nella seconda, tra Spagna e Argentina (De Falla, Rodrigo, Yupanqui, Ginastera), in un filo che lega la tradizione colta europea a quella popolare, vera anima profonda di questo strumento, con la quale ogni compositore per chitarra ha dovuto misurarsi.

... con Alfonso Masi

Ad inquadrare lo strato emotivo di quest’anima, due letture interpretate con perfetta intensità da Alfonso Masi: di Garcia Lorca, (“…incomincia il pianto della chitarra, impossibile farla tacere…”), e di Luis Borge (“…nell’angolo di una pergola le mani omicide sapevano accordare la chitarra…”). Lacrime e sangue, insomma, la posta poetica in gioco, che il giovane interprete ha affrontato con maestria e maturità espressiva, restituendo la ricchezza di uno strumento capace, nella sua dimensione intima, di scuotere nel profondo”.

 

Luifi Sardi

Fra gli altri, era presente un altro “Accademico”, Luigi Sardi che nella giornata successiva avrebbe presentato a Cavedine (TN) il libro di Walter Cattoni “Cavedine, 1 maggio 1853 – Vigili del Fuoco Volontari”.ù

Inoltre, nel pronao del Conservatorio, erano esposti due locandine:

Giovedì 18 ottobre 2012, Presso l’Auditorium del Conservatorio, Don Marcello Farina presenta il libro dell’Ing. Giovanni Straffelini “L’anima e i confini dell’umano. Tra scienza, fede e bioetica”. Lo stesso Don Farina introdurrà poi a Trento, il venerdì 19 ottobre ad ore 17,30 presso il centro Bernardo Clesio, la presentazione del libro del Prof. Paolo De Lucia dell’Università di Genova “La via verticale – Dalla dissoluzione dell’umanità al ritorno ai valori”.
Giovanni Straffelini è frequentatore dei pomeriggi di lettura presso il salotto del Caffè letterario “Il Papiro” di Via Galilei in Trento, tenuto dalla Accademica delle Muse Mirna Moretti, blogger su questo stesso Trentoblog, nato, cresciuto e sviluppato all’interno di Mountainblog grazie all’iniziativa ed alla direzione dell’Ing. Andrea Bianchi, editore. Don Marcello Farina non ha bisogno di presentazioni. Paolo De Lucia è mio amico.

Eventi, dicevo. Intersecantisi. E ve li ho raccontati.

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TOT CAPITA TOT SENTENTIAE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Ottobre, 2012 @ 7:27 am

Detto altrimenti: ogni testa, una convinzione

Noi Italiani, poi! Creativi, individualisti come siamo! Talvolta di convinzioni ne abbiamo due a testa! Un po’ come Woody Allen: “Io sono un conservatore di sinistra: non condivido alcune delle mie idee”.  Al bar, poi! (Per chi ci va, e non è il mio caso): dieci avventori? Dieci Commissari Tecnici della Nazionale di calcio.

Ben vengano quindi i partiti per fare sintesi, mettere ordine, raggruppare istanze simili, convinzioni convergenti, ideali ed utopie anelate dalle stesse persone.

Il Presidente Napolitano ha invitato i partiti a confezionare una legge elettorale che non conduca a maggioranza troppo allargate e quindi non in grado di governare. I partiti si sono offesi …. Ma come? Ci vuol dire cosa dobbiamo fare? Usurpa il nostro ruolo? Cioè, tramite nostro. il ruolo dei cittadini?

Io, da questo mio piccolo ed umile blog difendo il Presidente Napolitano. Infatti non sta cercando di occupare spazi altrui, ma sta invitando le parti ad occupare significativamente (questo èil punto!) gli spazi di competenza di ognuno.

 Cominciamo dall’inizio

I cittadini dovrebbero esprimere i propri rappresentanti al parlamento, tramite i partiti.

I partiti hanno fatto in modo che ciò non avvenga. Il parlamento dovrebbe “fare” le leggi. In realtà le “fa” il Governo che poi è l’organo che se le applica (se la fa, se la dice, se la canta. Il mi’ babbo, toscanaccio doc, diceva: “Un si pole cantare, portare la croce e fare il morto”).

Il parlamento, allora, che fa? Sempre più spesso “vota la fiducia”, è assente dalle aule, non si aggiorna. I parlamentari sono eletti “senza vincolo di mandato”. Aggiungo: senza vincolo di mandato da parte dei Cittadini, si. Ma da parte dei partiti che li nominano? Che ne dite? Non sono forse essi vincolati a quel mandato, almeno con l’attuale legge elettorale?

La magistratura. Alcuni affermano che sta usurpando ruoli non suoi. Potrebbe anche essere. Non voglio giudicare. Dico solo che in natura il vuoto non esiste. A Taranto, per esempio … la magistraturta non sta “facendo” politica industriale. Sta intervenendo là dove altri per decenni non sono intervenuti.

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SCIOPERO DELLA SCUOLA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Ottobre, 2012 @ 5:46 am

Detto altrimenti: studenti e insegnanti … insieme

Si, lo so, dobbiamo stringere la cinghia, risparmiare, spendere meno. Spendere meno? Ho capito, “spendere” D’accordo. Ma non “investire” di meno su ciò che sta alla base di ogni futura crescita, e cioè la scuola, la ricerca, l’università, i giovani.

Qualche post fa riportavo la decisione del francese Hollande: ha tolto le sovvenzioni alla scuola. A quella privata.

Ci hanno insegnato che la bontà di un servizio, di un bene offerto sul mercato si valuta attraverso il “gradimento” espresso dalla clientela, rilevato attraverso i sondaggi. Il “prodotto scuola pubblica” pare non sia gradito dai suoi “clienti”, insegnanti e allievi.

Gli insegnanti lavorano poche ore alla settimana? Sono figlio di una insegnante. Sono marito di una insegnante. Preparazione delle lezioni, attività extra, correzione dei compiti, riunioni varie, corsi di aggiornamento … posso testimoniare che l’orario di mia mamma prima e di moglie dopo non era inferiore al mio, che lavoravo a tempo pienissimo!

Al TG (quale non ve lo dico) ieri sera il presentatore ha pronunciato una frase che mi ha colpito: “Si è trattato di una protesta tranquilla, pacifica, di una manifestazione allegra …”. Nel frattempo scorreva l’immagine di una ragazzina, manifestante e sorridente. No, caro presentatore, la manifestazione è stata si, pacifica, ma non di certo allegra, nonostante quel sorriso, Anzi, direi triste, tristissima. Perché hai voluto trasmetterci quel messaggio minimalista e paternalista? Ma si, sono ragazzate … forse volevi dire questo? Ebbene no, non sono ragazzate. Tutt’altro! Questi nostri ragazzi sono maturati in fretta, come in fretta si matura in tempi di guerra, altro che ragazzate!

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PADOVA, UN BAMBINO TRASCINATO A FORZA …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Ottobre, 2012 @ 5:23 am
Il poeta Quinto Orazio Flacco

Detto altrimenti: …  con quel che segue!

Est modus in rebus, sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum (Orazio). C’è una misura, un limite in tutte le cose al di là del quale non si può essere nel giusto. Da 2000 anni!

Il bambino trascinato via a forza è già un fatto ben al di là di quel confine.

Ma vi è stato anche un secondo, altrettanto grave, sconfinamento. Al TG3 delle ore 19,00 del12 ottobre 2012 si è vista una scena inaccettabile: una ispettrice di polizia, in borghese, con appeso al collo il distintivo del corpo d’appartenenza, distintivo ben visibile e bene inquadrato (non altrettanto il viso della persona), grida in faccia ad una madre che cercava di opporsi al trascinamento: “Io sono un ispettore di Polizia. Lei non è nessuno!”

Uno, nessuno, centomila? No, 60 milioni di Italiani … sono forse nessuno? Io non sono un ispettore di polizia. Io sono figlio di un maresciallo dei carabinieri che per non prestare servizio sotto i tedeschi, si fece due anni di campo di concentramento. Non l’ho mai sentito esprimersi in tal modo, né tanto meno si è mai comportato in tal modo. In tutta la mia vita sono stato educato al rispetto delle forze dell’ordine e della legge. Io non sono “nessuno”. Né io, né quella signora alla quale l’ispettrice si è rivolta.

Padova. La cosa è gravissima in sé ed anche in quanto testimonia un atteggiamento che non è assolutamente accettabile da chi detiene il legittimo uso della forza (pubblica). Così come non è stato accettabile l’invito fatto “dall’alto” ai poliziotti al G8 di Genova di eseguire tanti arresti “per ristabilire il prestigio del corpo”.

Genova. G8. Io in quella città ci sono nato e cresciuto, mi ci sono laureato in giurisprudenza un anno dopo che presso la stessa Università si era laureato il giudice che poi, in primo grado, ha assolto i poliziotti e chi li comandava. Imputati poi condannati in Cassazione, a parte i prescritti, ovviamente, in quanto in Italia purtroppo non esiste (ancora) il reato di torura! Eravamo quasi colleghi. Andavamo a sciare insieme. Ho le foto. Oggi non andrei più a sciare con il mio (ex) amico. Genova in grande, ieri. Padova, in piccolo, oggi. Ma la gravità dei fatti è la stessa.

Genova. Riterrei che ogni poliziotto, quando indossa casco con visiera calata, debba essere ugualmente riconoscibile (ovviamente solo dai propri capi e, ove necessario, dalla magistratura) attraverso un numero stampigliato sulla divisa. Ciò contribuirebbe a responsabilizzarne l’azione.

Italia. Occorre punire chi devìa dai propri doveri. Ciò fra l’altro, farà sì che l’opinione pubblica non faccia di tutt’erba un fascio e condanni l’intera categoria. Che non se lo merita.

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