LO SCANDALO DELLE SLOT MACHINE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Novembre, 2012 @ 7:42 am

Detto altrimenti: dal blog di Barbara Benedettelli

In molti miei precedenti post sono intervenuto contro le slot machine, il malcostume e la diseducazione che generano, l’assurdo comportamento di chi riconosce e cerca di curare l’esistenza di una nuova malattia (ludopatia) che lui stesso induce e diffonde (novello untore mazoniano), il giro di denaro che innescano, le sue connessioni con la mala-banca, con il mondo della criminalità organizzata, la possibilità di evasioni fiscali, di riciclaggio del denaro, etc..

Un amico mi segnala quanto pubblicato nel blog di Barbara Benedettelli. Non ho avuto modo di effettuare una controverifica, ma personalmente, data la fonte, credo che ciò sia già stato fatto dall’Autrice. In ogni caso, senza responsabilità o garanzia, ma condividendo il tentativo di testimoniare una situazione inaccettabile, ne trascrivo i passaggi fondamentali:

Inizia:

1. Novantotto, cioè 98 miliardi di euro equivalgono a ben 5 manovre economiche. Sono i soldi che alcune concessionarie di slot machine avrebbero dovuto allo Stato secondo la condanna di primo grado. Di quei 98 miliardi lo Stato ne ha recuperato solo 2,5.  Gli altri 95,5 che potrebbero evitare molti tagli e sostenere molti investimenti per la crescita sono stati scontati

2. Prima del 2002 le slot machine (o videopoker, videogiochi) erano illegali e facevano gola alla criminalità organizzata che se l’è vista brutta quando lo Stato ha giustamente deciso di regolarizzare il settore.

3. Lo Stato infatti ha obbligato i gestori a collegare ogni macchina al sistema telematico di controllo della Sogei, società di Information and Communication Technology del Ministero dell’Economia e delle Finanze. In questo modo non può sfuggire nessuna giocata al controllo e l’entrata delle tasse è garantita.

 4. Ma a quanto pare le società non hanno provveduto. Di chi è la colpa? Questo è uno dei temi del procedimento a loro carico. Di certo il mancato allacciamento ha permesso loro di evadere molte imposte.

 5. Le società concessionarie, a leggere la sentenza, si erano impegnate perché tutto funzionasse a puntino ed è per questo che parte cospicua della sanzione, oltre ai sospetti di evasione, è costituita da quelle che vengono definite “inadempienze contrattuali”

6. C’è poi il caso del colonnello Umberto Rapetto, per anni comandante del Nucleo speciale frodi telematiche,“dimessosi” recentemente dopo l’appello, che ha suscitato non poche perplessità soprattutto nel mondo di internet

7. Quei 98 miliardi rappresentano la condanna di primo grado poi scontati del 96% in appello che li riduce a 2,5

 8. Le società incriminate sono: Atlantis World Giocolegale limited (la maggiore, quella che fa capo alla “famiglia” Corallo, quella dello scandalo Banca Popolare di Milano), Snai spa, Sisal spa, Gmatica srl, Cogetech spa, Gamenet spa, Lottomatica Videolot Rete spa, Cirsa Italia srl, H.b.G. Srl e Codere spa.

Finisce

Il mio commento

1)  Non facciamo fallire chi, tutto sommato, a parte qualche “peccatuccio di dozzina” (per dirla il  Giuseppe Giusti del Sant’Ambrogio), rastrella denari che poi noi  in una qualche misura (ecco, appunto, in una qualche misura, senza esagerare, mi raccomando …) tassiamo. Che poi un domani potremmo anche aumentare un pochino …

2) Le somme evase non sono state evase per effettuare maggiori investimenti produttivi (come potrebbe fare un imprenditore che sottraendo denari al fisco costruisca un nuovo capannone)… bensì per generare “nero”. Ed allora …

3) Chi mi sa dire dove  posso andare a concordare una riduzione dei 1.000 (mille) euro che devo pagare al fisco a saldo (tassazione separata) sugli arretrati della pensione corrispostimi tre anni fa?

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VE LA SPIEGO IO LA VELA …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Novembre, 2012 @ 6:43 am

Detto altrimenti: … soprattutto per chi velista non è

Fine autunno. In barca a vela si va di meno, almeno qui sull’Altogarda Trentino. Ed allora approfittiamone per ragionare un po’, per cercare di capire la teoria della vela, che poi è “meccanica dei fluidi”, cioè fisica, cioè scienza, cioè osservazione della realtà.

… di poppa … “sospinta” dal vento

Che una barca, con o senza vela, si muova sospinta dal vento più o meno nella sua stessa direzione, è intuitivo ed accettato da tutti. Il problema sorge quando si vede una barca a vela che risale il vento, cioè che procede con l’andatura di bolina, cioè “grosso modo” controvento (ma mai “esattamente” controvento: questo è impossibile). Come può accadere ciò? Chi la tira? Chi la trascina quasi esattamente controvento contro tale forza?

Vediamo se riesco a spiegarvelo, premettendo che i ragionamenti che sto per esporre vanno ugualmente bene per la vela di una barca, l’ala di un uccello e l’ala di un aeroplano.

Immaginiamo di avere un flusso di un fluido, ad esempio di aria, e di interporvi una lamina di metallo rigida e piatta in modo che formi un certo angolo con la direzione del flusso. Se non esistesse la forza di adesione (tecnicamente, “portanza”), l’aria “in entrata” si aprirebbe in corrispondenza della lamina, si richiuderebbe dopo di essa e proseguirebbe nella stessa direzione iniziale. Cioè, non sarebbe stata compiuta nessuna azione (la deviazione del flusso dell’aria) e quindi non ci sarebbe nessuna reazione (lo spostamento della lamina). Inoltre, gli uccelli e gli aeroplani non volerebbero e le barche a vela non risalirebbero il vento. Vediamo perché.

Poiché invece esiste la portanza, man mano che si passa dagli strati di aria più lontani agli strati di aria più vicini alla lamina, si nota che essi rallentano la loro velocità, sino a raggiungere velocità zero nello strato aderente alla lamina. Cioè, l’aria si “appoggia con attrito” sulla lamina, la “bagna”, per così dire, e ne viene deviata. La lamina a sua volta viene “spostata”. Siamo di fronte ad una azione, la quale determina una variazione “uguiale e contraria”, come da tempo ci avevano insegnato a scuola.

Il mio Fun “Whisper” ITA 526 di bolina, “trascinato” dal vento

 

 

Sulla lamina si forma una forza, la forza aerodinamica (idrodinamica, in caso di fluido liquido) che, passando dall’immagine della lamina ad una vela, sulla vela si scompone in una componente di avanzamento ed una di scarroccio laterale (sull’ala di aereo in avanzamento in avanti e portanza verso l’alto), le quali fanno rispettivamente avanzare la vela (e la barca alla quale essa è attaccata) tirandola letteralmente in avanti e la fanno “slittare” un po’ di lato, cioè scarrocciare. Il fenomeno descritto inizia a verificarsi sulla vela (ma solo sulla vela, non anche su quell’altra “ala” dell’ “aeroplano barca”, che sta immersa in acqua, cioè sulla deriva) anche a barca ferma, in quanto a muoversi è comunque il vento (non si riesce a far partire una barca a barca nel massimo “controvento” possibile).

Grosso modo la stessa cosa accade sott’acqua, intorno alla deriva, cioè a quella specie di ala rigida immersa verticalmente in acqua, attaccata saldamente allo scafo di ogni barca a vela, sulla quale, ma solo quando la barca si muove già, quando cioè avanza scarrocciando leggermente, si generano i flussi di acqua i quali colpiscono in modo leggermente obliquo la superficie della deriva e generano la forza idrodinamica, che si scompone in una componente di resistenza all’avanzamento (che rallenta un po’ la navigazione) ed in una portanza, che limita fortemente lo scarroccio (cioè lo slittamento laterale di cui si parlava prima), ma non lo elimina del tutto (alla fine si scarroccia pur sempre di circa 10 gradi).

Lo stesso fenomeno si verifica sulla pala timone, che quindi funziona anche da seconda deriva, purché esso sia leggermente contrapposto ad una tendenza leggermente orziera della barca (cioè: barra del timone leggermente tirata verso il timoniere per contrastare ed equilibrare la tendenza naturale della barca a “risalire” un po’ la rotta, cioè a stringere un po’ il vento, cioè ad andare un po’ di più controvento da sola). Questa è la ragione per la quale ogni barca a vela che si rispetti deve avere un piano velico che la renda leggermente “ardente”, cioè orziera.

La risultanza di tutte le forze descritte è per fortuna favorevole alla navigazione, e pertanto la barca soprattutto procede in avanti, limitando lo scarroccio a quel poco assolutamente necessario alla formazione della forza idrodinamica di cui si è detto.

Fuori col peso! Più la deriva “esce” dall’acqua, meno lavora e meno stringiamo il vento!

Ma non basta. Ora ve ne dico un’altra, premettendo che mi sto riferendo ad una barca a vela dotata di un albero e due vele: quella di prua, il triangolino detto fiocco, e quella di poppa, un triangolo più grande chiamato randa.

La vela e l’ala di un aereo funziona anche se piatta e rigida. In alcuni casi infatti sono stati raggiunti record di velocità da catamarani ad “ala” (cioè vela) rigida e piatta. Una serie di motivi pratici, anche facilmente intuibili, suggeriscono tuttavia di utilizzare vele fabbricate in tessuto, cioè non rigide e quindi non piatte.

Immaginate quindi la solita barchetta a vela, un po’ inclinata, con le vele tese e gonfie di vento, che sta navigando “di bolina”, cioè quasi contro vento, in modo che il vento colpisca diversamente i due lati della vela. Cosa sta accadendo? Parliamo della randa, cioè del triangolo di tela attaccato all’albero, verso la poppa della barca. L’aria la accarezza, parte da sopravvento, cioè nel suo lato concavo, e parte sottovento, cioè nel suo lato convesso.

Disegno dell’autore

Le particelle di aria che passano sopravvento, quando raggiungono l’estremità posteriore della vela, cioè la parte della vela verso la poppa della barca, tendono a rimontare sottovento verso la parte anteriore della vela, cioè verso l’albero, verso la prua della barca, per intenderci, per tendere riempire quella zona di spazio a minore pressione in quanto non ancora raggiunta dalle particelle di aria che passano sottovento, lungo il lato panciuto della vela, che, poiché devono compiere un percorso più lungo a causa della convessità della vela, tardano un po’ ad arrivare a contribuire e riempire lo spazio che sarebbe loro naturalmente assegnato (in natura non esistono spazi vuoti).

Si innesca cosi in piccolo vortice rotatorio di una massa cilindrica verticale, stretta e alta di aria, che ruota lungo un asse verticale quasi parallelo all’albero, posto immediatamente dietro la balumina (bordo posteriore verticale esterno della randa) della vela, in modo tale da mettere a sua volta in moto una circolazione di una seconda massa cilindrica di aria intorno alla intera randa, che ruota nel senso di opporsi al vento reale nel lato sopravvento, e nello stesso senso del vento reale nel lato sottovento. Sopravvento quindi la velocità del vento apparente (velocità del vento reale+velocità del vento relativo, cioè quello generato dall’avanzamento della barca, lo stesso che si avverte sul viso andando in bicicletta anche in una giornata assolutamente priva di vento) che colpisce la vela sarà diminuita a causa della contrapposizione di questa nuova corrente d’aria che si muove in senso contrario: e per una legge della fisica, a velocità minore corrisponde una pressione maggiore. Sottovento avviene il contrario: la velocità del vento apparente (=vento reale + vento relativo), già di per sé maggiore della velocità dell’aria sopravvento, si sommerà alla velocità dell’aria “cilindrica” di cui vi ho appena parlato, generando una velocità ancora maggiore e quindi una diminuzione di pressione.


Per capire meglio avvicinate la parte convessa di un cucchiaio che tenete delicatamente in modo che penda libero di oscillare, al flusso d’acqua di un rubinetto aperto: ne sarà risucchiato!

Whisper in regata!

Ecco che la vela avrà nella zona sopravvento una pressione maggiore che non in quella sottovento, e sarà quindi soggetta alla forza aerodinamica, la quale si scompone come vi ho detto prima, e farà avanzare la barca grosso modo contro vento, anche se non proprio esattamente contro la direzione del letto del vento.

La stessa cosa accade sul triangolo di vela di prua, cioè sul fiocco, con la differenza che l’aria davanti alla barca “sente” l’avvicinarsi dell’ostacolo rappresentato dalla strettoia esistente fra il fiocco e l’albero della barca, e automaticamente tende a deviare sottovento al fiocco e sottovento alla randa (quest’effetto si chiama up-wasch), a velocità ancor maggiore e quindi a minor pressione: e ci risiamo con l’effetto aspirazione della vela e dell’intera barca, ancora più rilevante che non nel caso della randa, la quale “regala” energia al fiocco.

Per verificare che il liquido “sente” arrivare la strozzatura, riempite la vasca da bagno di acqua e cospargetene la superficie con pepe nero in polvere. Poi immergete in una estremità della vasca una lamina e fatela avanzare verso l’estremità opposta. Vedrete che ben prima di essere raggiunta dalla lamina, i granellini di pepe si apriranno per andarsi a disporre nel sottovento della lamina.

Ulteriore annotazione: a partire dalla zona sotto il fiocco e sotto il boma, si forma, in misura direttamente proporzionale alla distanza della base del fiocco dal ponte e del boma dalla coperta, una spirale di vento in uscita (i così detti rifiuti, che tanto disturbano le barche che seguono), la quale assorbe energia e quindi rallenta la barca. Ecco perché il fiocco dovrebbe essere “spazza ponte”, cioè a diretto contatto con il ponte, ed il boma (asta orizzontale collegata all’albero, sulla quale è inferita la base della randa) essere il più basso possibile (tipo Star) anche se ciò crea qualche problema nelle virate e nelle abbattute (c.d. strambate).

Lo stesso “vortice in uscita” si forma in coda agli areoplani, ed influisce negativamente sulla stabilità del vostro volo. Per cui quando pilotate … mantenete la distanza di sicurezza dall’aereo che vi precede!

Mi fermo qui perché questo non è un trattato di vela. Spero tuttavia di avere quanto meno spinto alcuni di voi ad approfondire l’argomento (al riguardo vi segnalo l’ottimo testo “L’arte e la scienza delle vele” di Tom Whidden e Michael Levitt, Mursia Editore).

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SCIOPERI E VIOLENZE: DOVE STIAMO ANDANDO? E PERCHE’?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Novembre, 2012 @ 3:35 pm

Detto altrimenti: Wohin, wohin? Direbbe Franz Schubert …dove stiamo andando?
Lo sciopero è un diritto riconosciuto per legge. La violenza non è un diritto, per nessuno. Non voglio intrattenermi sul comportamento colpevole dei violenti, sull’uso corretto o meno dei manganelli. Voglio solo cogliere un segnale dei tempi.

Nei miei scritti cito spesso un mio “amico”: Hans Kelsen, filosofo del diritto, austriaco, sfuggito al nazismo (emigrato). Fra le altre cose, soleva dire ai suoi alunni (era anche un insegnante): “Per verificare un fatto, una tesi, spingetela alle sue estreme conseguenze. Solo per capire. Dopo, ovviamente, valutate la situazione per quello che è”. Non so è stato corretto virgolettare, ma comunque il senso è quello.

 

 

 

Cosa sta succedendo? Prendo spunto dalla introduzione del mio amico Don Marcello Farina al proprio libro su Don Guetti (il fondatore della Cooperazione Trentina), opera dal titolo “E per un uomo la terra”(ed. Il Margine): “La rinascita verrà dal passato, se sapremo amarlo” (e qui Marcello cita la filosofa Simone Weil). Poi continua con parole sue “ … nel nostro tempo … si rifiuta qualsiasi riferimento alle epoche precedenti … in quanto asserita perdita di tempo … e non ci si sforza di immaginare un futuro …”

 

Ecco, proviamo a fare un esperimento mentale, senza voler essere né conservatori, né moderati, né progressisti, né rivoluzionari né poliziotti. Niente. Proviamo a ricordare ciò che è successo nel passato e proviamo a proiettare in avanti l’attuale situazione morale, sociale, politica, finanziaria, economica (ho elencato questi termini in ordine di importanza, almemo a mio avviso). Proviamo.

La Questione Morale (la Morale vera, non lpaltra morale, quella ipocrita) è ben più grave della Questione Meridionale (o Settentrionale, a secondo dei punto di vista). Il problema a mio avviso sussiste anche se l’immoralità è stata sconfitta. Esiste perché oggi a sconfiggerla è stata l’amoralità. Il che ci conduce all’indifferenza, all’assuefazione o, quel che è peggio, alla sua emulazione: chi ci riesce è “figo”. E invece, se non “torniamo all’antico” e cioè a scandalizzarci innanzi tutto dell’amoralità, non ne usciremo mai.

La Questione Sociale. Ricordiamo. Anni ’50. Appena usciti dalla guerra. Quasi tuti analfabeti. Anni ‘60 il boom. Anni ’70: forse l’abbiamo dimenticato, tutto cominciò con la denuncia degli accordi di Bretton Woods, il dollaro USA non fu più agganciato all’oro (ex 35 dollari l’oncia) e non si cambiò più a 625 lire. Ci furono strette valutarie e creditizie feroci. Se importavi una merce, dovevi versare alla banca d’Italia un importo pari alla metà del prezzo pagato all’estero su di u conto a te intestato ma vincolato (cioè, non ne potevi disporre) e non fruttifero, il tutto per ben sei mesi! La sapevate questa? O l’avevate dimenticata? Tassi bancari annui effettivi al 35%, roba da strozzinaggio! Anni 80 e seguenti, ce la siamo cavata, anche aumentando il debito pubblico. Fine anni 90 e oggi: è intervenuta la globalizzazione e il raggiungimento del tetto massimo sostenibile del nostro indebitamento pubblico. Il resto lo conoscete. Tensione … e la questione è diventata Sociale. La questione Sociale? Ma esiste? Chi ne riconosce l’esistenza? Ecco, questo è il punto. Prima di affrontare l’immoralità, affrontiamo l’amoralità. Prima di affrontare la Questione Sociale, ammettiamo che esista. Poi ne parliamo.

La finanza ci ha lasciati così, in mutande … ma non era bello inquadrarle e allora …

La Finanza? God, SOS! Save Our Souls, Signore, salva le nostre anime … e i nostri corpi, possibilmente! La finanza ha sostituito l’Economia (non parlo di economia reale, perché di economia ce ne ò una sola: non esiste l’economia irreale). Mutui sub prime, derivati e chi più ne ha più ne metta, l’ho già illustrata in post precedenti, questa moderna peste). E poi, non hai denari? Non importa. Compra e vendi a termine. Se sei bravo, incasserai montagne di soldi. Ma siccome in natura nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, la tua ricchezza deriva dalla trasformazione in peggio, cioè dall’aumento della povertà altrui. Le auto inquinano? Abbiamo inventato auto ad acqua, elettriche, ad idrogeno. Tutte non inquinano. Tutte molto efficaci ed economiche. Le abbiam testate. Andavano ottimamente! No problem … le abbiamo distrutte, altrimenti come facciamo a incassare denari dal petrolio? (Notate, non uso il termine “guadagnare” a bella posta).

Mark Twain

“La banconota da un milione di sterline”, libro di Mark Twein, tradotto in film nel 1954 “The million pound note”, tradotto in “Il forestiero”, con Gregory Peck. Un cencioso ma signorile forestiero entra in possesso (non ne diventa proprietario, ma solo possessore) di una banconota da un milione di sterline. Non riesce a spenderla, ma tutti gli offrono tutto, basta che esibisca il “dio denaro”, che mostri che quella banconota è in suo possesso.

Che c’azzecca tutto ciò? E’ solo un mio ricordo …avevo dieci anni … mi è piaciuto parlarne. Così intanto divago un po’ e alleggerisco il discorso. Ma dove vuole andare a parare questo qui, direte voi! Vi rispondo: non è semplice dirlo … nello spazio di un post, anche se lungo come questo. Ma intanto mi permetto di sottoporvi qualche spunto di riflessione.

L’Economia? Il conto economico registra i costi e di ricavi. L’economia invece almeno oggi è la scienza che dovrebbe generare costi ma soprattutto ricavi. Quindi, più che di economia preferirei parlare di investimenti “giusti”, adatti al momento che stiamo vivendo. E’ una questione di priorità e di scelte.

Orbene, provate voi a immaginare dove andremo a finire se non si pone fine a tutti mali sopra accennati. Fate voi questo esercizio. Ecchè?! Non posso sempre essere io quello che trae le conclusioni … Cribbio! E allora? Nel frattempo?

Nel frattempo concludo, proponendo due priorità

1) Chi governa decida  di assumere provvedimenti “rivoluzionari” ( ad esempìo, cancellazione dei privilegi di casta), decida  cioè di non sentirsi più vincolati dall’imperativo categorico della Grundnorm del Kelsen (v. post del 14 novembre scorso, ore 07,25).

… come una brava massaia

2) Chi aspira a governare il paese, prima; e chi lo governa, dopo, non rediga “un” elenco di cose da fare, la “l’” elenco di tutte le cose da fare e stabilisca le priorità. Come una brava massaia. Un esempio: a mio umilissimo e sommesso avviso direi che prima dell’acquisto di 90 caccia bombardieri al prezzo stracciato di 105 milioni di euro cadauno (sono in offerta: come non approfittarne? Direte voi …); prima di un TAV da 20-60 miliardi di euro (la tratta TO-Mi, già realizzata, è costata sei volte il preventivato), prima dei non tassare i capitali fuggiti in Svizzera (40 miliardi di euro di imposte esigibili); etc. vi è la necessità di finanziare la messa in sicurezza di paesi, città, luoghi d’arte e naturalistici, luoghi storici, siti industriali etc., contro gli eventi calamitosi derivanti dai cambiamenti climatici. E nel far ciò, si darebbe tanto lavoro a tante persone e a tante imprese.
3) … ne parliamo un’altra volta

 Ho finito …per questo post, intendo. Non vi fate illusioni!

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VACANZE E ALLUVIONI ROMANE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Novembre, 2012 @ 8:40 am

Detto altrimenti: “vacanza” dal latino “vacatio” cioè “mancanza”, “assenza”.

Risveglio assonnato

Sono in pensione. Qualche anno fa no. Andavo frequentemente a Roma. Spesso preferivo il treno. Viaggiavo in vagone letto, arrivavo fresco come una rosa. Risparmiavo tempo utile per il lavoro. Solo che arrivavo a Roma alle sette di mattina. E cosa fa una persona dalle sette alle nove, nove e mezza? Già, perché questi sono gli orari romani. Ma dai, che ogni medaglia ha il suo diritto (quello di prima era il rovescio): infatti a Roma trovi tanquillamente da cenare anche mezzanotte. E allora, che vado sfruculiando?

Devo essere onesto e dirla tutta. Lavoravio  alla Siemens Milano. una volta al mese andavo a Monaco di Baviera, alla  Direzione Centrale Finanza. Aereo a Milano alle 07.00. A Monaco prima delle 08.00. In ufficio alle 08,25. La segretaria del mio interlocutore tedesco socchiudeva la porta del suo ufficio: io intravedevo che, tazzina di caffè in mano, il mio amico stava leggendo il  giornale. La segreatria gli sussurava: “Bitte, Doktor Lucatti ist …”.Shon da?” Già qui? Rispondeva il collega! Tutto il mondo è paese!

Anni fa. Nevicò a Roma. Di notte. Cinque centimetri. Città bloccata. Il sindaco (non era Alemanno) intervistato, dichiarò: “C’è la neve. La città è bloccata, ma io ‘sta mattina alle nove e mezza ero già informato”. Bè, allora stiamo tranquilli …

Friends, Romans, countrymen, lend me your ears, ascoltatemi: fate come me. Attrezzatevi!

“Alemanno, Alemanno, rendimi il mio negozio!” Gridano i negozianti delle rive del Tevere, i cui negozi sono stati distrutti dalla piena di ieri. E Alemanno replica: “Sarebbe bastato che voi aveste letto i giornali, per essere informati della gravità della situazione”. Maccome Ale? Ecchecavolo, si fa così? Dai che se stavi zitto era meglio! New York e Genova, due esempi recentissimi, non ti hanno insegnato nulla! Via … non puoi dire che gli allarmi meteo uno se li deve leggere sul giornale! lo sanno anche i bambini che ormai la carta stampata, le notizie le dà in ritardo, per usare una bellissima sgrammaticatura manzoniana (credo che sia un anacoluto)!

Ma concediamoci una pausa. Entro in un bar. Molto affollato. Dietro il banco due baristi. Uno anziano ed uno giovane. L’anziano si muove lentamente, con mosse studiate, indifferente alla pressione della calca. Il giovane si affanna, corre, scatta, cerca di servire tutti nel più breve tempo possibile. L’anziano lo vede, lo guarda, lo studia un po’, je dice: “Ahò, nun t’applicà tanto!”

Esco. Via Veneto. Cerco un taxi. Ve ne è un gruppo, si, un gruppo, non una fila. Li guardo. Domando: “Per Fiumicino?”. Uno di loro, rivolgendosi ai colleghi: “A chi tocca?”. Si guardano incerti. Poi uno dice: “Famo la conta” (tiriamo a sorte). Mi capita una Fiat 128 “smandrappata”. Dopo 100 metri un gran fracasso. Il tassista si ferma: “Nun se preoccupi Dotto’, è la marmitta ma io c’iò il filo de fero”.

Ingorgo romano “a croce uncinata” (…!? …)

Proseguiamo. Dopo poco fermi. Ingorgo. Io a bella posta lo provoco: “Ma non c’è uno che regola il traffico, che dia ordini … ma insomma chi comanda qui a Roma?” Risposta: “Chi s’arza prima la matina”

Proseguiamo: Il tassita guida veloce, spericolato. Un’auto davanti a noi procede lentamente: “Ahò, quello è morto e ancora nun glie lo ha detto nessuno!”

Sfioriamo una bella ragazza. Il tassita si ferma, abbassa il finestrino: “A bella! …, non sotto la machina”.

A

lle Strasse fuhren nach Rom, passen Sie aber auf wer Sie dortin fert … “Tutte le strade portano a Roma (e attraverso Roma, n.d.r.), ma state attenti a chi vi ci porta!”

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LETTERA AD UN PROFESSORE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Novembre, 2012 @ 6:27 am

Detto altrimenti: la “lettera ad una professoressa” è già stata scritta, ed allora … “caro professore   ti scrivo …”

Pregiatissimo Professore (Monti),

Don Lorenzo Milani, “Lettera ad una professoressa”

Lei ha più volte posto la fiducia a Suoi provvedimenti e nessuno se l’è sentita di assumersi la responsabilità di fare cadere il Suo governo. Lei quindi aveva una grande forza. Tuttavia forse Lei non ne ha approfittato abbastanza, ponendo la fiducia su provvedimenti che colpissero le “caste”, i capitali all’estero, i privilegi, i costi della politica. Tutto sommato il Suo governo si è occupato di reperire finanza a valere sulle classi medio-basse o basse. “I poveri possiedono poco, ma sono tanti!”.

Ora che il Suo mandato si sta avvicinando alla scadenza naturale, la Sua forza diminuisce. Infatti, se ponesse la fiducia su uno dei provvedimenti cui ho fatto cenno, i partiti potrebbero negarla e portarci alle elezioni … tanto ci saremmo arrivati ugualmente in modo naturale entro breve.

Ma allora, che succederà? Forse la Sua previsione è che non si cambi la legge elettorale, a meno che Lei non intervenga direttamente. Ove si restasse con il “porcellum”, sarebbe garantita “l’ingovernabilità” ed avremo un Monti bis (anche se a lei “non piace”). Ed ecco quindi che se Lei e il Presidente Napolitano vogliono lasciare aperta questa opportunità, forse conviene che il Suo attuale governo non cada nemmeno anche un sol giorno prima della sua scadenza naturale, in quanto in tale ipotesi sarebbe assai più difficile affidarLe la “gestione bis”. E’ questa a mio avviso una ragione di più che La induce alla prudenza massima, in questo scorcio di legislatura. E per l’oggi La capisco. Ma se domani … e sottolineo se … ma se domani Le fosse richiesto il bis, allora, La prego, Professore, ponga subito la fiducia sui provvedimenti anti caste! Infatti si troverebbe di nuovo in una posizione di forza.

Tuttavia, Professore, nel frattempo La prego: se fino ad oggi ha recuperato risorse dalle classi medio basse, domani non inizi a recuperare risorse a carico del  ceto medio. Infatti, queste classi sono quelle che ancora garantiscono qualche consumo, E poi, mi consenta, alle fasce alte, quando tocca? Lei potrà dire che io parlo così perché appartengo al ceto medio. Sì, è vero, ma ciò non sminuisce la portata delle mie argomentazioni.

Perchè mi sto preocupando? Ad esempio perché si comincia a dire che fra tre anni l’INPS non ce la farà più; che già oggi far fronte alle esigenze dei 300.000 esodati (peccato che la Sua Ministra Fornero non si sia fatta dare prima i dati esatti dall’Inps) occorrerà forse deindicizzare le pensioni da 3.000 euro in su. Su questo particolare mio permetto di suggeriLe di leggere i miei post precedenti, da ultimo quelli di ieri. Infatti, Le suggerisco di scalettare le pensioni in classi da 60 a 50 mila, da 50 a 40; da 40 a 30 mila (al mese!) e così via, ed inizi a prelevare risorse da quelle più alte. Altrimenti devo intendere che, fermi restando i privilegi, gli esodati saranno pagati di fatto soprattutto dalle classi più basse, anche nel caso che si applicasse per tutte le classi la stessa deindicizzazione. In alternativa, lasci la indicizzazione e riveda, sempre iniziando dall’alto, le aliquote fiscali.

Debito pubblico. Riprendo il contenuto di altri miei post precedenti: perché non emette un prestito obbligazionario irredimibile al 5%, per una prima tranche di 500 miliardi (un quarto del totale del debito pubblico)? Lo Stato, cioè noi, non dovrebbe più restituire il capitale, ma pagare solo interessi (suggerisco: eventualmente a tasso variabile, magari con un minimo garantito). E se poi un sottoscrittore volesse rientrare del suo capitale, potrebbe vendere i titoli in borsa. Nel passato l’operazione fu fatta con enorme successo. Perché non ripeterla oggi?

Facciamo un po’ di conti

500 miliardi di euro, al 4%, con scadenza a sette anni, generano un esborso annuo, fra capitale ed interessi di €80,1 miliardi.
500 miliardi di irredimibile al 5%, senza scadenza, generano un esborso annuo (di soli interessi, ovviamente, visto che il capitale non si rimborsa) di €25,00 miliardi.

Quanto ai super stipendi, ai super cumuli, alle super buonuscite, alle super pensioni, ai super benefit (non ci dimentichiamo di questa ulteriore grave offesa alla povertà!), La invito a leggersi i miei post di ieri, mi domando e Le dico: a mali estremi, estremi rimedi. Ponga degli obiettivi precisi ai Suoi Ministri, i quali a loro volta li pongano ai loro Direttori Generali, e così via, pena la rimozione ove non raggiungano gli obiettivi loro fissati. Nelle aziende private si fa così e funziona. E quando Le venissero a dire che “non si può perchè “la legge non lo consente …” allora Lei cambi la legge! Lo stesso vale ove qualcuno si nascondesse dietro i cosiddetti “diritti acquisiti”: infatti a me pare che il codice civile non li preveda … In ogni caso, in campo medico, esiste la “chirurgia d’urgenza”, e l’Italia è un malato grave, con una ferita grave. E la malattia, Signore Professore, è uno stato che conduce alla morte, all’invalidità o alla guarigione. Quindi una possibilità su tre ce l’abbiamo ancora, non le pare? Ed allora, perché non tentare?

Giorgio La Pira

Il Sindaco La Pira assegnava le case popolari secondo equità. Gli fecero notare che la legge prevedeva criteri diversi. Rispose: “Io assegno le case, voi andate a cambiare la legge”.

Signor Professore, altro punto: si riapprorpi del senso delle dimensioni: ieri sera alla trasmissione televisiva Porta a Porta (alla quale ho assistito solo per caso, al rientro a casa da un concerto: infatti non è di gran lunga la mia trasmissione prefertia)  abbiamo appreso che nei prossimi tre anni saranno stanziati 6,5 miliardi di euro in favore di famiglie e imprese. Briciole insignificanti se paragonate ai miliardi destinati al TAV, all’acquisto di cacciabombardieri F35 e navi da guerra, ai miliardi non recuperati dalla Svizzera e a quelli non destinati alla difesa idrogeologica del territorio. Ai malati di SLA offrite 200 milioni (due F35). Loro hanno bisogno di quattro F35, cioè di 400 milioni! Cosa è più importante?

Difesa idrogeologica del territorio: Obama si è posto l’obiettivo di atrezzarsi per far fronte ai cambamenti climatici: lo imiti, Signor Professore, lo imiti! V’è ragione di cambiare completamente l’ordine delle priorità. Un picolo esempio: i danni nel grossetano ammontano a 100 milioni di euro. Un caccia bombardiere F35 in meno.

Ultima richiesta: occorre assolutamente impedire che d’ora innanzi esistano categorie che si stabiliscono gli emolumenti da sole (Parlamento) o che decidono di non ridursi lo stipendio da sole (Corte Costituzionale). Come fare? Parametriamo i loro emolumenti ad emolumenti di largo mercato, indipendenti dalla loro volontà e decisione, quali ad esempio la media degli emolumenti europei. Lo stesso dicasi per i manager di stato e per le banche. Le banche … e se Le diranno che loro sono private (e glielo diranno, ne sia certo) e quindi fanno quello che vogliono, Lei può rispondere che fino a quando esse ricevono aiuti dallo Stato o dall’Europa, private non sono.

Egregio Professore, potrebbe incaricare una persona del Suo staff di rispondere a questa mia? La ringrazio e Le porgo rispettosi ossequi e i miglior auguri di buon lavoro!

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HO LETTO UN LIBRO: DI DON ANDREA GALLO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Novembre, 2012 @ 9:33 am

Detto altrimenti: lo so che i libri stanno in un altro blog, quello di Mirna. Machevvolete? Mi farò perdonare …

Don Andrea Gallo

Un tale diceva: “Io ho due cugini belgi … no, belghi …no … facciamo così: io ho un cugino belga … anzi… ne ho due”. (Ieri) ho letto un libro. Anzi due. Di quello di Tabucchi vi ho scritto due post fa. Ora vi racconto “Di sana e robusta costituzione” di Don Andrea Gallo (Aliberti Editore, circa 150 paginette, piccole piccole, €9.90 Iva compresa. Ma ne vale la pena.

Multa paucis, direi. Molte, moltissime cose assai importanti in poche righe. Innanzi tutto i “fondamentali”: la Costituzione ed il Vangelo. Per il resto, Don Gallo mette in guardia contro le “interpretazioni estensive” e le “violazioni di fatto” dei due testi (fra virgolette, sono termini miei, n.d.r.).
Innanzi tuto si definisce “angelicamente anarchico e peccatore”. Infatti, se noi non peccassimo almeno un pochino “come faremmo a sperimentare l’amore e la misericordia di Dio”? Non fa una piega. Anarchico? Non direi, visto i testi ai quali egli fa riferimento.
La Costituzione, la vollero “laica”. Ok, Tuttavia “i valori cattolici non entrano mai in contraddizione con i valori della Costìtuzione: sono i valori della giustizia, del rispetto dei diritti di tutti, della tolleranza, dell’accoglienza, etc.”.

 Don Gallo combatte l’indifferenza, e cita Gramsci (1917). “…”l’indifferenza è il peso morto della storia … opera passivamente, ma opera … sconvolge i programmi, rovescia i piani meglio costruiti … tra l’assenteismo e l’indifferenza, poche mani tessono la tela della vita collettiva … perché la massa non se ne preoccupa …. e poi sembra che sia la fatalità a travolgere tutto … che sia un enorme fenomeno naturale …”. E poi …

La dittatura dei mercati finanziari minaccia la pace e la democrazia.

Donne sacerdote no? Gesù non ha detto: “Vi amo tutti … ma voi donne un po’ meno”.

L’Humus della democrazia è il voto.

 Il divario fra poveri e ricchi non è mai stato così significativo.

 La forza del diritto può sconfiggere il diritto della forza.

 Non mi faranno mai papa. Ve l’immaginate? Papa Gallo …

 Il male grida forte. La sapienza ancora di più.

 L’obbedienza non è necessariamente una virtù. Anche Gesù era un sovversivo.

 La coscienza non è infallibile: occorre anche il confronto, il dialogo.

 Un cardinale: “Don Gallo, lei frequenta tossicomani, prostitute …” “Si, in questa situazione, come si sarebbe comportato Gesù?” “Ah, se la mette così …” “ E come dovrei metterla?”

 L’obiettivo fondamentale è il bene comune.

 Oggi siamo schiavi delle tre A (non quelle delle Agenzie di rating, n.d.r.): Apparire, Avere, Appropriarsi.

 Sta avvenendo la riduzione dello stato di diritto a Stato padrone.

 Invincibile non è chi non perde, ma chi, dopo le batoste, sa rialzarsi.

 Tutto questo e molto, molto altro. Ma diciamola tutta: fra tante, tutte quelle che approvo e condivido, solo una sulla quale ho da ridire. Quanto alle inclinazioni sessuali, Don Gallo afferma che deve prevalere la libera autodeterminazione. Cioè la libera scelta. Io credo invece che non si debba parlare di scelta di ognuno, ma di rispetto per la natura stessa di ognuno, quella che la sorte gli ha dato, indipendentemente da qualsiasi sua scelta.

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DENARI SOTTRATTI DAI PARTITI, AI PARTITI O ALLA COLLETTIVITA’?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Novembre, 2012 @ 8:54 am

Detto altrimenti: un furto al giorno leva il denaro (pubblico) di torno. Ma questa volta hanno superato loro stessi!

 

Il Sen. Bruno Kessler

Il mio vecchio capo all’ISA (Trento), il Senatore Bruno Kessler, mi diceva: “I collegamenti …chi fa i collegamenti è padrone della materia, riesce a capire tutto …”. Ed allora … provate un po’ voi a fare i collegamenti:

• Un politico viene imputato di aver sottratto circa €800.000 dalle casse del suo partito.
• Di questi 800.000 ne ha giocati 100.000 presso una sala di videogiochi
• La sala di videogiochi è di proprietà di un suo collega di partito.
• Ogni videogioco, per legge, deve essere collegato alla Guardia di Finanza, per il calcolo e l’applicazione delle imposte, pena una multa di €50,00 per ogni ora di scollegamento di ogni singola macchinetta.
• La principale società concessionaria di videogiochi, Atlantis (illecitamente finanziata dalla Banca Popolare di Milano, Presidente e dirigenti sotto inchiesta, ai domiciliari), aveva maturato circa 700 milioni di euro di multa, poi concordati in meno di un milione (!?).

Ciò chiarito, si domanda:

1) Come fa una persona a sottrarre tali cifre senza che nessuno se ne accorga?
2) Perché una persona, dopo avere corso un primo rischio nel rubare denaro, corre un secondo rischio giocandolo ai videogiochi?
3) Occorre controllare o meno se quella sala aveva tutte le sue macchinette ininterrottamente collegate alla Guardia di Finanza?
4) Quali reati ritenete che possano eventualmente essere stati commessi? Cancellate con una riga quelli che escludete: peculato, abigeato, furto, frode fiscale, violenza carnale, riciclaggio di denaro, mobbing, violazione del diritto del lavoro, sofisticazione alimentare, altro.
5) Ritenete voi che si sia toccato il fondo o che domani ne salti fuori un’altra?

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INPS: HA ASSORBITO L’ENPALS ED ALTRE GESTIONI. Alcune “assorbite- assorbite”, altre “assorbite ma separate in casa”.

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Novembre, 2012 @ 7:50 am

(SEGUITO DEL POST PRECEDENTE)

Detto altrimenti: cerchiamo di capirci … anzi, se qualcuno ce lo spiegasse, lo ringrazieremmo sin d’ora

Il Presidente dell’INPS: speriamo che possa sorridere sempre …

Dice … l’INPS aveva un patrimonio pari a 100. Ha assorbito l’Enpals a altre gestioni ed il suo patrimonio è sceso a 50. Si dice anche che fra tre anni, rebus sic stantibus, l’INPS non sarà più in grado di pagare le pensioni allo stesso livello odierno, tranne che quelle che fanno capo alle gestioni separate, che sono state sì assorbite, ma restano “separate in casa”.

Infatti l’INPS gestisce anche alcune “gestioni separate” (ad esempio, il fondo telefonici) a valere sui quale paga – fra l’altro – anche pensioni di 30-40- mila euro e più “al mese”. Si dice: “Ma è una gestione separata”, “Ma hanno accantonato i contributi”, “Ma è un diritto acquisito”.

Riflettiamo insieme. Poiché sino all’altro ieri le pensioni erano “retributive” e non “contributive”, esse erano calcolate quale percentuale dell’ultimo stipendio, e in particolare, nel caso delle gestioni “separate in casa”, a prescindere dal fatto che le somme versate dall’interessato fossero tali da assicurare al pensionato quel reddito così elevato.

Ora, dal fatto che le somme normalmente accantonate non sono sufficienti a garantire le pensioni retributive (la recente riforma lo dimostra e la previsone negativa per il futuro purtroppo lo conferma) ma tuttavia si dice anche che questi fondi (“separati in casa, ma solo loro, non altri!) hanno la capacità finanziaria di far fronte a quelle pensioni d’oro, si deduce che, nel tempo, a valere sui bilanci delle società e degli enti relativi, probabilmente detti fondi hanno accumulato (ricevuto) risorse in misura ben superiore alle percentuali che usualmente gravano il datore di lavoro (essendo restate ferme ai livelli “normali” quelle a carico dell’interessato). In altre parole, quelle pensioni erano “contributive” ante litteram, o meglio, “contributive a prescindere”, alimentate come erano soprattutto con fondi del datore di lavoro erogati “ a prescindere” fino al livello necessario a generare quei super redditi.

Quindi, se le società e gli enti in questione erano o sono pubblici, se ne deduce che parte delle risorse pubbliche nei decenni trascorsi sono state accantonate a carico dei bilanci pubblici e a favore delle future erogazioni pensionistiche, in misura sorprendentemente elevata.

Una proposta. Se fossero vere le ipotesi sopra indicate, in caso di crisi, di emergenza nazionale, prima di pareggiare i conti con la riduzione delle pensioni “normali”, si potrebbero eliminare le gestioni separate, almeno fino al livello delle loro super dotazioni.

Infatti si vorrebbe evitare che, dopo la “stangata” della trasformazione delle pensioni “normali” da retributive in contributive, un domani, sull’onda della necessità di un contributo solidale e sociale (“Chi mai può avere l’ardire e la sfrontatezza di opporsi al necessario contributo di solidarietà a favore di …?” Già lo sento l’appello del politico di turno), non vorrei che domani, dicevo, le risorse per le nuove pensioni contributive fossero reperite a valere su decurtazioni delle pensioni “normali” odierne, ferme restando, ovviamente, quelle erogate dalle gestioni “separate in casa”. Ci mancherebbe altro! Il che non sarebbe accettabile, non vi pare?

Infatti sarebbe come metter 19 operai contro 19 operai, una guerra fra poveri, una guerra dei bottoni (ricordate il vecchio film?): chi perde resta in mutande, nel senso che gli tolgono anche i bottoni dei pantaloni e delle bretelle.  Ora, tutto quanto sopra è frutto di un mio ragionamento “empirico”. Se mi sono sbagliato, presento sin d’ora le mie più sentite scuse ai miei lettori. In attesa, comunque, che qualcuno confermi o smentisca quanto sopra.

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ANTONIO TABUCCHI E HANS KELSEN– La Grundnorm, la Norma Fondamentale, di base (a tutte le altre)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Novembre, 2012 @ 7:25 am

Detto altrimenti: livelli retributivi, buonuscite e pensioni abnormi

Antonio Tabucchi

Ho letto un libro (un altro) di Tabucchi:  “La testa perduta di Damasceno Monteiro” (Universale Economica Feltrinelli). Si tratta di un giallo, ma la trama (che poi è la cronaca di un fatto vero) è l’occasione per una serie di quadri e di riflessioni.

I quadri. Delle persone, dei luoghi, del “suo” Portogallo. Ma quanto l’amava l’Autore, questa gente, questa terra, cucina compresa! Quanto la conosceva! Altrettanto quanto Umberto Eco dimostra di amare e conoscere Parigi nel Cimitero di Praga. Poche parole, poche pagine, poche pennellate. Ma il quadro è splendido!

Le riflessioni. Fra le tante possibili e doverose, una: la citazione che l’Autore mette in bocca ad un personaggio, l’avvocato Fernando Diogo Maria de Jesus de Mello Sequeira, in arte Loton. Quella del filosofo del diritto Hans Kelsen, una mia “vecchia conoscenza”, per averne studiato la “Teoria generale del diritto e dello stato” in occasione dell’esame di Filosofia del Diritto, appunto.

Nato a Praga nel 1881, ebreo della Mitteleuropa, fuggito da Vienna e da Colonia per sfuggire alle persecuzioni naziste, Hans Kelsen aveva insegnato in Svizzera e negli USA. Fra le tante sue conquiste (del pensiero), aveva teorizzato l’esistenza ed il potere della Grundnorm, norma, legge, fondamentale, di base, che lui inquadrava nella teoria della Stufenbautheorie, la teoria della costruzione piramidale.

Traduciamo: la Grundnorm sta alla base di tutto, solo che la cosiddetta “base” che la norma occupa è il vertice di una piramide rovesciata. Un poliziotto viola la legge? Una SS uccide gli ebrei? Sono casi di Grundnorm: “L’ho fatto perché me lo ha ordinato il sergente, al quale l’ha ordinato il capitano, al quale l’ha ordinato …. (via via così) Hitler, al quale l’ha ordinato … Dio” (non restava altro “ordinante”, vi pare?). E tutto si giustifica.

E veniamo ai giorni nostri

Direte: filosofia, chiacchere … No, cari amici. Ora ve lo dimostro. Ieri sera alla TV (Ballarò) si è parlato del livello degli stipendi degli Italiani. La media nazionale è di circa 25.000 euro lordi l’anno. La Burocrazia Imperiale (la dirigenza del governo e del parlamento) va dai 130.000 ai 450.000.

Questi livelli, incompatibili con i livelli europei (la Cancelliera Merkel percepisce €300.000 annui!) e con lo stato generale del nostro Paese, si raggiungono anche “grazie” a voci diverse dalla voce “stipendio” ma tutte ugualmente “pensionabili”, quali “indennità di carica” e “premi di produzione”. Poi ci sono i benefit, un lungo e costoso (per noi tutti) elenco, ma ne parliamo un’altra volta. Premi di produzione che dovrebbero essere collegati – come stabilisce la migliore e consolidata tecnica gestionale manageriale – a “obiettivi un po’ oltre i normali risultati attesi; raggiungibili; il cui conseguimento deve essere realmente misurabile” (sic) altrimenti sarebbe inutile porre questi obiettivi, troppo facile affermare di averli conseguiti o, per converso, troppo facile affermare il contrario

Orbene. Un obiettivo ricorrente è avere consentito “il migliore funzionamento delle Camere”. Risultato: tutti i dirigenti hanno ricevuto il premio! Del resto, quando mai si sarebbe ammesso che le Camere abbiano funzionato in modo non ottimale? In altre parole, in luogo di stabilire criteri misurabili, si afferma: le Camere hanno funzionato benissimo. Questo lo diciamo noi. Quindi noi affermiamo che ciò è anche merito tuo e ti premiamo. E per evitare contestazioni, premiamo tutti. Del resto, “la legge è uguale per tutti”. Quindi, dov’è il problema?

Lo stesso discorso vale per le super pensioni e le super buonuscite (vedi post successivo odierno).

Ma che c’azzecca tutto ciò con la Grundnorm, con la Norma Fondamentale? C’azzecca, c’azzecca! Infatti, provate a contestare ad un pensionato d’oro l’eccessivo livello della sua pensione, quanto meno anomalo rispetto all’andamento del Paese e dell’Europa. Vi risponderà: “Ma mi viene pagato da un fondo separato, sul quale sono stati versati i contributi, contributi previsti dalla legge”. Deus vult. Dio lo vuole. Idem con gli stipendio della casta “Burocrazia Imperiale”: “Ma così è stabilito dal contratto (il mio è un diritto acquisito!): il contratto è stipulato secondo la legge; la legge è costituzionale”. Anche in questo caso, vedete bene, che alla fine si arriva al Deus vult, Dio lo vuole.

Ecco. Casi specifici, problemi di base, sono regolati da una Norma Fondamentale che sta alla base dei ragionamenti ma che si colloca al vertice di una piramide rovesciata. Cosa fare? Dobbiamo rovesciare la piramide e farla tornare nella posizione classica, quella delle piramidi egizie di Keofe, per intenderci. Cioè, dobbiamo darci norme che partano dalla esigenza di risolvere i problemi “di fondo”, fondamentali, di base, in modo compatibile con il Sistema Italia e con il Sistema Europa. Nessuno deve più potersi nascondere dietro una Grundnorm. Quanto meno perché l’Italia non se lo può più permettere.

Livelli? Un partecipante al dibattito propone un livello minimo, ad esempio €1.500 mensili, ed uno massimo, ad esempio 10 volte il minimo. Io ricordo che Valletta, il capo storico della prima Fiat, percepiva 20 volte la paga di un operaio. Oggi il n. uno della Fiat percepisce 450 volte quella paga base.

Il mio non è un discorso di sinistra né di destra. Infatti il sistema attuale, nella citata trasmissione televisiva, è stato contestato sia da sinistra (quanto ai livelli retributivi) sia da destra (quanto alla non misurabilità dei risultati).

Queste riflessioni non sono “rivoluzionarie” se non nel senso che vogliono modificare radicalmente un sistema, proprio per evitare la ribellione, la rivoluzione, cioè la perdita della libertà, della legalità, della democrazia. In tale senso si è espresso un altro esponente di fama internazionale del mondo economico e filosofico presente al dibattito.

Infine, nel corso del dibattito si è accennato al fatto che l’INPS “è a rischio” (CONTINUA AL POST SUCCESSIVO)

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CASE CURIOSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Novembre, 2012 @ 3:49 pm

Detto altrimenti: “case” si, case, non “cose”. Guardate un po’ che licenze edilizie rilasciano … anche qui in Trentino. E poi … altro che “la pioggia nel pineto” …

(n.b.: da questo post ho inserito una nuova “categoria” di post: “Fotografie”, ed ecco le prime, pubblicate indipendentemente da un testo particolarmente significativo).

Ecco, dopo l’estate, l’inverno. Aveva nevicato, vicino a Trento. Ma poi, con un lieve ritardo, è tornato l’autunno, anzi, l’estate di S. Martino. Dalla finestra di casa ho voluto fotografarla. E cosa ho scoperto? Ora che le foglie stanno cadendo e le poche rimaste sono diradate, ho scoperto una casa letteralmente costruita sui rami degli alberi! Incredibile ma vero! E non una casetta, ma una vera casa, a più piani, sollevata da terra … l’avreste mai detto?

Lungo la Valle del Sarca. Risalendo in auto verso Trento. Poco prima del paese di Sarche. Un rettilineo. Un’occhiata. Una fermata. Una foto. Un titolo: “La pioggia nel vigneto”.

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