POST 1114 – ANTONELLO DA MESSINA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Novembre, 2013 @ 4:24 pm

Detto altrimenti: L’Accademia delle Muse di Trento in visita alle opere di Antonello da Messina al Mart di Rovereto.

A Rovereto, eravamo “quattro” amici al bar (“del Teatro”) … anzi ben di più … “quindici” (!) ma non entravamo tutti nella foto. Noi, amici Accademici delle Muse, dell’omonimo circolo culturale privato di Trento, in missione. Guidati dalla prolusione del nostro Umberto Sancarlo, che ci ha “preparatì” alla visita alla mostra delle opere di Antonello da Messina, lui, professore di Storia dell’Arte, lui … “siculo” non di Messina ma di Palermo (e vabbè …).

Antonello. L’avevamo anche studiato a scuola, ma quanti anni fa? Ed eccoci al ripasso della materia. Umberto ci ha tenuto a che la nostra visita non si traducesse poi solo in “un, sì, certo ci sono stato … è bellissima”, ma in qualche cosa di più sostanziale. Ci ha illustrato l’ambiente messinese della nascita del pittore, come pure l’ambiente napoletano, ovvero Angioini (Renato d’Angiò) e Aragonesi (Alfonso d’Aragona), francesi e spagnoli, stranieri dunque, non italiani. E straniera era l’arte del quattrocento in Sicilia fino a quando … fino a quando Antonello, a metà del ‘400, non impara a conoscere i pittori Fiamminghi – invitati a Napoli – e la loro nuova tecnica di pittura ad olio su tela; e fino a quando non se ne va a Firenze e a Venezia ad assorbire, soprattutto a Firenze (Piero della Francesca), il primo Rinascimento italiano e a trasportarlo all’estero. In Sicilia, appunto.

Umberto Sancarlo

Il Rinascimento che pone al centro l’uomo, ne rivaluta la figura, ne valorizza il ritratto, lo spazio (realistico) che lo circonda, l’ambiente nel quale l’uomo vive, la natura in cui vive, rappresentata nel modo più realistico possibile. Il Rinascimento che si inventa la prospettiva architettonica (linee e spazi, v. Brunelleschi) e la prospettiva aerea: i diversi piani del dipinto con colori sempre più sfumati man mano che si allontana dall’osservatore e ci si avvicina all’orizzonte. Spazio come visto dall’occhio umano. E l’uomo rappresentato nella sua concretezza. Il Rinascimento nell’arte è soprattutto umanesimo nella pittura. L’uomo del Rinascimento è l’uomo concreto. Nel ‘300 di Giotto non era stata avvertita questa esigenza. Prima di Antonello la pittura (medievale e bizantina) era soprattutto “piatta”, a tempera e su pala di legno. Con Antonello da Messina si introduce, man mano, la prospettiva anche nei ritratti e, soprattutto grazie all’innovazione delle Fiandre, trasportata a Venezia, si dipinge non più su “pale” lignee ma su tela. Infatti le “pale” – ad esempio di 3×4 metri, erano assai difficili da trasportarsi in un città, Venezia, che non aveva strade e che poi, soprattutto con l’umidità, si “imbarcavano” “si piegavano” (a Venezia quindi si imbarcavano due volte: si caricavano sulle gondole da trasporto e si “imbarcavano” in quanto di piegavano!).

Nato a Messina, ragazzo di bottega presso pittori locali, mandato dai genitori a Napoli (primi venti anni). A ventisei anni apre una propria bottega d’arte, bene affermato, con un buon portafoglio d’ordini e alcuni allievi. Curioso della grande innovazione, soddisfa la sua curiosità con frequenti viaggi a Firenze e in altre città rinascimentali. Invitato a Milano da Francesco Sforza, non riesce a recarvisi per i suoi numerosi impegni.

L’ Annunciata

Significativo il suo soggiorno veneziano (1345-1347) durante il quale conosce Giovanni Bellini, il capostipite della serie dei pittori veneziani: Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese. Dal 1347 al 1349 è a Messina ove realizza le sue migliori opere, fra le quali spicca l’ “Annunciata”. Con tale opera è la prima volta che l’Annunciazione non è rappresentata in un cortile, con l’Angelo, bensì con la sola Madonna, di fronte, Madonna che guarda in faccia l’osservatore, il quale è in tal modo partecipe del Mistero. Sfondo nero, leggio chiaro, dipinto non frontalmente, una pagina del libro che quasi svolazza. Molta umanità e prospettiva. Quest’opera è quella che maggiormente di distacca dalle opere “prima maniera”, cioè da quelle anteriori alla sua “conversione” al Rinascimento.

Che altro dire? Grazie, Umberto!

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POST 1113 – TRENTINO, TRE STAGIONI IN 20 GIORNI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Novembre, 2013 @ 2:50 pm

Detto altrimenti: il bello del cambiamento

Foto a sinistra, brevi riflessioni a destra

Tutto in venti giorni. Il 7 novembre vi raccontavo della traversata a vela del Garda, da sud a nord. Il 9 novembre, l’ultima (per ora!) pedalata della stagione. Il 17 scorso ho fatto l’ultima uscita autunnale in vela. Ieri ho steso i panni al sole autunnale che illuminava la prima neve montana. Fra sette giorni si aprono le piste da sci. E nel frattempo … in questo 20 giorni? Nessun problema: tutti a visitare la mostra delle opere di Antonello da Messina al Mart di Rovereto e al nuovo Museo di Scienza Naturale di Trento, il Muse.

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POST 1112 – RACCOLTA DELLE OLIVE IN CITTA’

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Novembre, 2013 @ 2:34 pm

Detto altrimenti: Non sempre “là dove c’era l’erba ora c’è una città” …

(Cliccate sulla foto, ingranditela!) Foto a sinistra; brevi riflessioni a destra. Mi ha colpito. Mi ha colpito questo cartello “Divieto di sosta per raccolta olive”. Già, perché a Riva del Garda gli ulivi in strada sono tanti, ed il Comune ne concede una sorta di usufrutto a privati volonterosi. Ma a mio avviso il significato più pregnante non è quello “economico”: raccolgo le olive, le porto al frantoio e ne ottengo qualche fiasco di ottimo olio. Il senso più importante dell’operazione è che la città è viva, come i suoi ulivi, e soprattutto che la “la città è mia” e il mio mondo non si esaurisce con il mio “privato”. La città, in altre parole, non è tutto ciò che sta intorno al “mio privato”. Fosse così anche per lo Stato!

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POST 1111 – ASPETTANDO IL NATALE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Novembre, 2013 @ 7:22 am

Detto altrimenti: forse la crisi ci aiuterà …

Foto a sinistra, qualche breve riflessione a destra

… a non essere preda del consumismo, e a riflettere sul vero, unico significato del Natale: per chi crede; per chi non crede ma …; per chi crede di non credere ma …; per chi non crede di credere ma …
Natale, fermarsi, riflettere … possibilmente lontani dal frastuono della politica, dell’economia, della crisi, degli scandali, dalle guerre. Proviamo a guardare noi stessi dall’Universo: come è piccolo il nostro pianeta! Noi poi …
Eppure ci crediamo al centro del mondo, ognuno di noi si sente diverso dagli altri, migliore … soprattutto se “fa politica”. Ma siccome questo è il pensiero di tutti, allora … forse, una riflessione va fatta su questo nostro presunto “primato” sugli “Altri”.
Cosa chiedo con la letterina che ho intenzione di spedire “lassù”? Che nel mondo si ritorni a perseguire il Bene Comune. E voi, amiche lettrici e amici lettori, cosa chiedete per il Natale?

P.S.: amici del blog, ieri siete stati 263 ed avete letto 920 pagine.

 

 

 

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POST 1110 – CARLO FIERENS, CHITARRISTA CLASSICO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Novembre, 2013 @ 3:02 pm

Detto altrimenti … a seguito del mio post del 1 aprile 2013

Carlo Fierens, Ligure, come me. Trapiantato a Tento, come me. Amante del Trentino, come me. Trasferitosi a Trento (lui per motivi affettivi con morosa trentina in loco; io per motivi di lavoro con sposa al seguito). Carlo frequenta il Biennio Accademico presso il Bonporti sotto la guida della professoressa Norma Lutzemberger.

Di Carlo non è possibile non essere amici. Infatti, conoscerlo e diventarne amici (ed estimatori) è tutt’uno. Ascoltare le sue esecuzioni e rimanere affascinati è tutt’uno.

Carlo Fierens

Di lui ho scritto in numerosi post. Uno per tutti quello del 1 aprile 2013, che mi permetto di invitarvi di andare a leggere. Ho ripreso in mano la … tastiera del mio computer perchè … perché Carlo ha appena vinto un (ennesimo) significativo premio, il Premio Nazionale delle Arti indetto dal Conservatorio Musicale di Brescia. Primo fra trenta selezionati, ha eseguito brani di Rodrigo (Invocation; Danza); di G. Regondi (Introduzione; Capriccio); di Bach (Fuga); di Villa Lobis (Studio); di Barrios (I suoni della foresta); di Ginastera (Sonata).

Ci frequentiamo, anche perché siamo entrambi membri del Circolo Culturale Privato Accademia delle Muse, (altra perla culturale trentina) ed anche perché tempo fa ha accettato di esibirsi nell’ambito dei concerti organizzati dall’Associazione Amici della Musica di Riva del Garda, Presidente Ruggero Polito, che di lui ha scritto:

“……avendo avuto modo di ascoltare Carlo Fierens già diverse volte, posso confermare, senza tema di smentita, l’eccellenza di Carlo Fierens che, grazie al suo notevole bagaglio tecnico e alla sua particolare sensibilità di musicista, è in grado di offrire performance di altissimo livello e di sicuro coinvolgimento dell’ascoltatore. In particolare, quando ho avuto modo di ascoltarlo, mi ha molto impressionato il fatto che si sia cimentato nell’esecuzione sulla chitarra di alcuni capricci di Paganini, fatto questo di assoluta straordinarietà, dato che il grande virtuoso violinista genovese li aveva aveva concepiti e composti per violino: ora l’avere Carlo Fierens trascritto (già, perchè li ha trascritti lui stesso!) ed eseguito alcuni di quei capricci sulla chitarra, strumento del tutto diverso dal violino, ha implicato per l’esecutore il possesso di una padronanza tecnica di notevole spessore, che, coniugata alla sua squisita sensibilità di musicista, gli ha consentito un risultato di così alto livello.”

 Che altro dire, Carlo,  se non “Bravo!”

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POST 1109 – PRIMA NEVE A TRENTO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Novembre, 2013 @ 2:29 pm

Detto altrimenti:… o meglio, negli immediati dintorni.

Galleggia fra i rami, sospesa, la casa delle fate …

La casa delle favole. Siamo in città, in una città bella, che si permette questi scenari a meno di un km da Piazza del Duomo. Dopo giorni di brutto tempo, il sole. E fra le nuvole in ritirata, le cime che la incoronano. Innevate. Poche parole, in prosa. La poesia deve nascere dall’interno di ognuno che si fermi un po’, fra tanti post lunghi, a riflettere su questo post breve, anzi, brevissimo. Da oggi, una novità: fin qui, ho scritto post e li ho corredati da foto. Oggi voglio iniziare un secondo percorso, a fianco del primo: voglio pubblicare fotografie e corredarle con qualche scritto. Quindi la foto, a sinistra, il commento a destra.

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POST 1108 – PRIVATIZZAZIONI IN ITALIA… E NEL NOSTRO TRENTINO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Novembre, 2013 @ 9:35 am

Detto altrimenti: trasformare una necessità statale in un’opportunità locale

Privatizzazioni all’italiana

Il Governo Centrale sta vendendo (a grosse imprese, privatizzazione all’italiana). alcuni  cespiti dello Stato. Fa cassa. Riduce il debito in linea capitale, quindi, nel tempo, riduce il volume degli interessi .

Privatizzazioni impossibili

Ma alcuni settori non si possono privatizzare, come la gestione dell’acqua, sia per la natura “strategica” del servizio sia perché così dice un referendum popolare. Altre attività producono utili, ed allora perché privatizzarle? Altre sono in perdita, ed allora chi se le comprerà mai? (A meno di scaricare il tutto sulle spalle degli utenti attraverso fortissimi aumenti tariffari). Ed allora?

Sistema misto

La soluzione potrebbe consistere nel sistema già adottato di Spa a capitale misto pubblico-privato gestite da imprenditori privati secondo le tecniche che essi – e non i funzionari pubblici – conoscono, con l’Ente Pubblico che interviene solo quale regolatore delle tariffe, della qualità dei servizi etc… Ma al riguardo il legislatore non ha adeguato in modo armonico e completo la relativa legislazione, generandosi situazioni di incertezza ad ogni livello, sia esso gestionale che giurisprudenziale e giudiziario. Un esempio? Se un sindaco “ordina” ad una Spa – di cui il suo Comune possiede la maggioranza azionaria – di applicare tariffe fallimentari, i responsabili di tale società cosa devono fare, se non dare in blocco le dimissioni? L‘alternativa sarebbe o non ubbidire, ed allora essi violerebbero l’impegno di “adeguarsi alle direttive del Comune” che è stato fatto loro sottoscrivere all’atto della loro nomina, oppure “ubbidire” e far fallire la società. No. Così non può’ andare … almeno fino a quando esistano Sindaci che non riescano a considerare le loro SpA come SpA (v. codice civile), appunto, e non come “uffici” del loro Comune. Ma torniamo alla società pubblica, interamente tale.

Privatizzazioni secondo il sistema anglosassone (e, mi auguro, prossimamente anche trentino!)

In italiano il termine “società pubblica” indica una società posseduta da un Ente Pubblico. Nel mondo anglosassone, il termine “public company” significa “società posseduta dalla collettività dei privati cittadini” e “privatizzare” si traduce con “to go public”.

Ed allora proviamo ad immaginare la situazione seguente, che ipotizziamo relativamente ad un Comune facente parte di un ambito territoriale funzionale intercomunale. Il nostro Comune non attende di essere costretto a vendere ai privati (“privatizzare”) una sua Spa entro una data fissa per ottemperare ad un probabile “dictat” legislativo, se non altro perché il prezzo della vendita scenderebbe di molto di fronte ad un compratore consapevole di tale obbligo a scadenza. Ed allora, ben prima di quel momento …

… il nostro Comune stipula con la sua Spa adeguati contratti di servizio che gli garantiscano comunque il controllo della qualità e dei costi del servizio. Indi il Comune apre il capitale della Spa ai cittadini propri ed a quelli dei Comuni confinanti, uscendo egli stesso dal capitale della sua Spa. La Spa diventa interamente privata, “dei cittadini locali” i quali sono innanzi tutto interessati ad avere servizi efficienti e a costo contenuto, più che, almeno in questa prima fase, a ricevere dividendi azionari. A quel punto i Comuni interessati si consorziano e lanciano un unico bando intercomunale per la gestione del servizio pubblico a livello unificato intercomunale con rilevanti migliorie funzionale e forti economie di scala. La Spa vi partecipa con ottime probabilità di vittoria, in quanto, essendo già operante sul territorio ne conosce ogni aspetto di criticità e di opportunità e può formulare l’offerta di gran lunga assai più tempestiva e favorevole.

Oltre a ciò, la Spa, essendo a capitale interamente privato, potrebbe liberamente operare anche al di fuori dei confini dei Comuni d’origine, partecipando a bandi pubblici lanciati da altri Comuni ed anche stipulando contratti gestionali con soggetti privati. Il suo fatturato aumenterebbe, essa potrebbe assumere altro personale locale; praticare condizioni sempre migliori ai suoi Comuni d’origine; produrre utili e ritorni fiscali ed infine distribuire dividendi ai suoi azionisti.

Un esempio? In Trentino, terra dei moltissimi Comuni di difficile reciproca fusione, stiamo già assistendo a Comuni che, per ragioni funzionali ed economiche, hanno riunificato le proprie Polizie Locali (Riva del Garda, Arco, Nago Torbole) Ed allora, gli stessi Comuni potrebbero riunificare anche la gestione della sosta e della mobilità attraverso un’unica Spa della Mobilità strutturata come sopra descritto.

In sintesi: si può ben dire “no” alla privatizzazione che preveda la cessione delle azioni di un SpA pubblica comunale dal Comune ad un singolo imprenditore privato ma si può dire “si” ad una privatizzazione che preveda un azionariato popolare, locale e diffuso. Mi pare che l’Alto Adige abbia già fatto una scelta del genere in materia di energia.

Dice … ma se i Governi (centrali e locali) non imponessero la privatizzazione? Nessun problema: nulla vieta che l’operazione descritta, utile e conveniente sotto ogni profilo, debba e possa essere ugualmente attuata. Ed allora, perché no?

Un sistema organico della mobilità, anche senza privatizzazione

Per restare in tema di mobilità (la sosta è mobilità a velocità zero), insieme alla privatizzazione o anche senza di essa, si può organizzare un “sistema di rete” fra tutte le società della sosta e arrivare alla creazione di una tessera unica della sosta, valida in tutto il territorio provinciale (e anche regionale, Bolzano per parte sua lo sta facendo!), lasciando liberi i Singoli Comuni e le singole Società di stabilire tariffe, orari e altre modalità del servizio e senza dovere necessariamente cambiare l’HW.

Così facendo, si agevolerebbe la mobilità di residenti e turisti.  Ed allora, perché no?

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POST 1107 – TRENTO – CITTA’ – NATALE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Novembre, 2013 @ 6:24 pm

Detto altrimenti: sabato prossimo si apre il Mercatino di Natale a Trento. In anticipo. Anche io in anticipo … rispolvero una mia filastrocca da genovese felicemente trapiantato a Trento da 25 anni … (Per i soli lettori Trentini: indovinate a quale Senatore-cacciatore mi riferisco …)

Trento – Città – Natale

I Mercatini …

Trento città Natale
Trento di acqua e di vino
Trento adottiva
Schiva – Schiava – Surgiva.

Trento in verticale
Bondone si sale
In Vigolana l’Orsa s’inchina
A Trento – Al Concilio – A birra alla spina.

Trento la Torre Verde
Adige sponda di erbe
Trento si tiene
A valle Fiume si perde.

Lungo Fersena

Trento Fersena un rivo
Trento dove io vivo
Trento un nome
Un sostantivo.

Trento illividita
Inverno delle mie dita
Trento dolomia scolpita
Trento invita.

Trento le mille voci
Todeschi Taliani Ladini
Città Provincia Confini
Trento i mercatini.

Trento due volti
Trento in molti
Trento da solo
Trentino – Tirolo.

Verso il Bondone

Trento neve fa bianca
Trento mai stanca
Di Autonomia
Di Sociologia.

Trento corona di monti
Trento traversano i ponti
Trento la Vigolana
L’Orsa – La maglia – Di lana.

Trento colori
Bandiere Governatori
Trento viva diletta
Salita – Povo – Spalletta.

Trento la mala voce
Trento delizia e croce
Trento Piazza del Duomo
Campana – Fulmine – Tuono.

Trento i Senatori
Curia – Silenzio – Pastori
Trento caccia nei boschi
Politica – Cervi – Umori.

Torri …

Dante Degasperi addita
Trento in sordina
Trento stupita
Trento – Marcello – Farina.

Trento studenti bolletta
Ragazze sci bicicletta
Trento giovane e bella
Amore in Camporella.

Trento lo smaccafam
Nonesi Pedavena
Birra Solandri
Polenta – La cena.

Trento la Via Grazioli
Vino – Dolci – Pinoli
Trento soffonde le luci
Il Natale-  Gli Amici.

Il Duomo

Trento la Villa Moggioli
Trento il Viale Trieste
Trento le Buone Feste
Trento le Buone Intenzioni …

… ed i panettoni.

 

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POST 1106 – I SERVITORI DELLO STATO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Novembre, 2013 @ 12:05 pm

Detto altrimenti: lessico familiare, di tutte le famiglie italiane

Questa espressione lessicale è entrata nel comune modo di “sentire” (“udire, ascoltare), un po’ meno in quello di “dire” (parlare), ameno da parte della maggioranza di noi cittadini (chiariamo: termine soprattutto  riferito alle Alte Sfere della Pubblica Ammnistrazione).

Stipendium decurrit (“Tanto … il mio stipendio matura …”)

Nel mio post n. 1085 dell’11 novembre scorso parlavo del “problema antropologico” di noi Italiani, e cioè del fatto che per noi Italiani “lo Stato” è (purtroppo per noi, n.d.r.) tutto ciò che è al di fuori del “nostro privato”. Nel post 1097 del 18 novembre, facevo cenno al diverso modo di porsi dell’impiegato pubblico nei confronti dell’utente: in quello corretto al servizio dell’utente; ed in quello errato di tutore e  gestore discrezionale di un “petulante minorenne”.

La verità? Il problema è che “lo Stato siamo noi”, ognuno di noi. O almeno così dovrebbe essere. Ora, se lo Stato siamo noi, sono “Servitori dello Stato”, cioè di se stessi (“non è servo chi striglia il proprio cavallo”) anche tutti i cittadini che “servono” allo Stato, cioè tutti coloro che “sono utili” allo Stato, cioè a loro stessi, cioè tutti coloro che hanno lavorato una vita, che studiano, lavorano, cercano lavoro, fanno volontariato e non solo quelli che sono “impiegati” – cioè (“adibiti a”, e non “impiegati” in senso di “categoria del diritto del lavoro”) nelle strutture dello Stato.

Perché, se proprio vogliamo chiamare solo questi ultimi “Servitori dello Stato”, dobbiamo ammettere che molti di loro sono davvero Servitori particolari, in quanto sono remunerati molto di più del loro datore di lavoro, cioè di ognuno di noi. E allora, delle due l’una: poichè lo Stato siamo noi, o smettiamo di chiamare costoro nostri servitori, o abbassiamo il loro stipendio.

Tuttavia, – sotto un certo profilo – se la vogliamo dirla tutta per intero, la cosa potrebbe anche non stupirci, in quanto oggi molti impiegati delle gioiellerie hanno una denuncia dei redditi più elevata del loro datore di lavoro. E allora, potreste dirmi, Riccardo, che vai “trovando”? Niente, raga, scialla (niente, ragazzi, calmi, tranquilli) … E’ che … sapete … si diceva di quel tale “castigat ridendo mores”, che non vuol dire che “ride mentre punisce i neri”, ma che “pur con la celia cerca di contribuire al miglioramento dei costumi” … O no?

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POST 1105 – RIFLESSIONI SU … NOI ITALIANI !

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Novembre, 2013 @ 9:09 am

Detto altrimenti: quo vadis, Italia?

L’Italia non è una SpA, ma la “struttura logica del ragionamento della mente umana” è una ed una sola. O almeno, tale dovrebbe essere. Ed invece mi chiedo come mai la stessa “logica” talvolta sia usata in modo diverso, a secondo dei casi … Mi spiego. Nominato dirigente all’età di trent’anni (mi nominarono in un CDA e a fianco mi trovai seduto “tale” Cuccia! Pensai: se costui si volta e mi guarda, io … incenerisco!). Ho vissuto una vita all’interno delle SpA e delle holding, grandi e piccole, italiane ed estere, pubbliche, private e miste. Orbene, in tutti gli ambienti, da sempre, immancabilmente, i miei “capi” (nelle SpA, tutti, sempre, abbiamo un “capo” cui riferire, sia esso il Presidente della Spa, o quando il Presidente siete voi, i suoi Azionisti) hanno (giustamente, n.d.r.) sempre preteso da me “risultati concreti” e “piani pluriennali”. Aber schnell auch, e presto, anche. E sino a qui, niente di strano.

Lo “strano” è che tale richiesta, quando lavoravo in SpA pubbliche, mi sia arrivata anche dai “capi politici”. Ma … dove sta l’anomalia? Mi spiego. I “miei” politici, nella loro azione politica quotidiana parevano prescindere da “loro” risultati concreti e soprattutto anche da una “loro” visione di medio lungo termine. Da me invece volevano sia risultati concreti che una prospettiva di medio lungo termine, anche se loro non mi fornivano le indispensabili indicazioni sulla loro strategia politica di governo della materia, l’unica sulla quale a mia volta io avrei potuto redigere piani pluriennali. Loro … visione pluriennale? Quando mai!? Pensate … che uno di essi è arrivato ad indispettirsi perché io – udite udite! – avevo l’ardire di verbalizzare e dargli copia del verbale delle nostre riunioni! Alcide Degasperi diceva: “Il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni”.

Tempo utilizzato male è tempo sprecato, soprattutto se sottratto alle questioni più rilevanti. Un esempio: in questi giorni il parlamento è impegnato nel “tempo Cancellieri” anziché nel “tempo per valutare le priorità del paese”.

TAV. Mi sarei aspettato una aggiornata relazione tecnica che testimoni la persistente attualità del progetto. O forse lo studio è stato fatto e mi è sfuggito? Grazie se qualche mio lettore mi può aggiornare. Lo stesso dicasi per i cacciabombardieri F 35.

La ripresa? Mi sono già espresso: se dal livello 100 siamo precipitati al livello 20, la ripresa vera ci sarà solo quando avremo nuovamente raggiunto quota 100. Prima di quel momento infatti io parlerei non di “crescita” ma di “diverso andamento della crisi”. Infatti, in questo intervallo da 20 a 100, troppi sono i cadaveri che ancora continuano a galleggiare nel mare della nostra economia e del sociale.

La crescita. Obbligatoriamente all’interno di questo modello di sviluppo? Ma questo modello … è proprio l’unico al mondo? Un esame fra i vari modelli … lo vogliamo fare, una buona volta?

La politica “da ragioniere” deve lasciare il posto alla politica degli Stati Uniti d’Europa. Infatti, non ci dimentichiamo che la Cina è vicina, troppo. Guardate un po’ dove è stato fabbricato il vostro computer, il vostro telefonino, il vostro berretto da sole, etc..

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