FIAB FEDERAZIONE AMICI DELLA BICICLETTA, TRENTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Settembre, 2014 @ 6:36 pm

POST IN ALLESTIMENTO, infatti sto per partire per Cascia … due giorni …  E poi giovedì la conferenza su Montale! Direte: ma i due post precedenti hai ben trovato il tempo per scriverli! Certo, ma con Passera e Della Valle … proprio non ce l’ho fatta a stare zitto!

Ecco, oggi 2 ottobre 2014 riprendo a sistemare il post …

Detto altrimenti: Fiab è anche (o soprattutto?) cultura, ovvero “insieme di conoscenze, quasi sempre a pedali”. Quasi sempre, ma non sempre … (post 1668)

… infatti ieri in ben 45 dei 150 soci trentini abbiamo sconfinato in Veneto, con un bel pullman e questa volta senza bici. Dove?

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In pullman, al Museo Archeologico di Altino: in internet trovate molto di più di quanto io non possa scrivere … solo una nota: Italia, Museo a cielo aperto!

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In battello, a prua …

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A Torcello, verso la Chiesa di S. Maria Assunta con i suoi meravigliosi mosaici

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A Burano, l’isola dei pescatori ma …

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…. ma con tutti i ristoranti strapieni! Siamo riusciti appena appena a comperare gli ultimi panini in panetteria …

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Una guida … fraterna!

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All’isola S. Francesco del deserto. Il Santo, di ritorno dall’Egitto e dalla Siria, fu ospite in quest’isola sulla quale poi ricevette in regalo una casa che trasformò in Chiesa e convento. Il nome “del deserto” le fu dato dopo che essa  fu abbandonata a causa della peste e della malaria, passate le quali epidemie fu ripopolata innanzi tutto dai frati che ingrandirono le infrastrutture. Bellissimo il chiostrino anche se le colonnine bifore sono state “arrubbate” dai napoleonici!

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Che dire se non   “Grazie Fiab!”

 

 

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PASSERA E GIANNINI: BANCARI, BANCHIERI, IMPRENDITORI, POLITICI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Settembre, 2014 @ 1:44 pm

Detto altrimenti: si tratta di quattro categorie diverse e separate, con la sola eccezione che un banchiere è anche imprenditore (post 1667)

Amadeo Giannini

Amadeo Giannini

Innanzi tutto il bancario non è un banchiere. Banchiere infatti non è chi lavora in banca anche al massimo livello, ma chi fonda e quindi gestisce una banca. Per intendersi, banchiere fu innanzi tutto Amadeo Giannini, genovese come me (uaooo!), che nel 1904 a S. Francisco fondò la Bank of Italy che poi divenne la Bank of America! Questa non la sapevate, eh … Ahi Genovesi, uomini diversi, d’ogne costume e pien d’ogne magagna …, cantava il Padre Dante: diversi si, ma anche nel bene!

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… dopo l’incendio di S. Francisco, della cui ricostruzione la Bank of Italy di Giannini fu una delle principali finanziatrici

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Quindi, l’Amministratore Delegato o il Presidente di una banca (a meno che non siano anche azionisti di rilievo della “loro” banca), non sono banchieri, ma bancari anche se di altissimo livello.

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Imprenditore è chi rischia nell’impresa innanzi tutto denaro proprio. Quindi il banchiere è anche imprenditore. Il bancario no.

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Se poi un bancario dice di essere banchiere, cioè imprenditore e come tale vuole scendere in campo nell’agone politica, be’ … vi rimando a quanto ho scritto nel post precedente …

The end

Genova. Favale di Malvaro, minuscolo centro agricolo montano della Val Fontanabuona, nell’entroterra genovese, 15 km a nord di Portofino, è  il paesello della famiglia di Amedeo Pietro Giannini, il più geniale banchiere del XX Secolo, fondatore della Bank of America. Giannini nasce il 6 maggio 1870 a San Josè di California, i suoi genitori erano emigrati da pochi mesi negli Stati Uniti. Dipendente dell’azienda di commercio ortofrutticolo all’ingrosso  del patrigno, dopo la tragica morte del padre, Amedeo Pietro Giannini instaura ottimi rapporti con i contadini che da lui imparano moderne tecniche di produzione e soprattutto come migliorare i profitti. Nel 1892 Giannini sposa Florinda Cuneo, una bella ragazza con un ragguardevole patrimonio, comprese le azioni della Banca Columbus. Giannini entra nel cda, ma il fatto che la banca guardi solo alle grandi imprese, trascurando i clienti più piccoli, lo convince a lasciare l’incarico. Fiuta che il futuro del sistema bancario sarà legato a questi ultimi e nel 1904, con altri italo-americani, con l’aiuto di 143 piccoli azionisti e con i depositi degli immigrati di North Beach, apre la prima sede della Bank of Italy, progenitrice della Bank of America, con un capitale di 150 mila dollari. Scelta che gli valse il soprannome di “banchiere dei poveri”. Il 18 aprile 1906 San Francisco viene devastata, prima dal terremoto e poi dal fuoco. Amedeo Pietro Giannini, con una eccezionale presenza di spirito, riesce a salvare  il contante  e i valori custoditi nella banca, mettendoli al sicuro nella sua casa di Santa Marta. Può quindi rientrare a San Francisco e rassicurare la clientela sulla sorte dei propri depositi. Nel 1909 La Bank of Italy apre filiali in tutta la California e sostiene l’industria cinematografica. Hollywood sta nascendo e la Banca di Amedeo Pietro Giannini finanzia sia la parte immobiliare, con la realizzazione dei magici studios, sia la produzione di film. Negli anni ’20 l’attività della Bank of Italy si sviluppa verso la costa atlantica, la crisi di Wall Street fa vacillare  l’impero di Giannini, ma in breve tempo, passata la buriana, ripende il controllo e rilancia la banca, diventata, nel frattempo, la Bank of America che poi aprirà anche filiali in tutto il mondo.

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NELLA POLITICA: IMPRENDITORI O IMPRENDITORIALITÀ?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Settembre, 2014 @ 9:37 am

Detto altrimenti: in politica … l’uomo imprenditore o alcune regole dell’imprenditorialità?   (post 1666)

Inizio con esporvi la conclusione alla quale perverrò: io sono favorevole all’adozione da parte della politica di alcune regole dell’imprenditorialità: Non sono favorevole  non alla discesa di imprenditori nell’agone politico.

 A Milano, dove ho lavorato per dieci anni, dicono: “O felè fa ‘l to mestè”, pasticcere fa il tuo mestiere, ovvero ognuno faccia il mestiere suo, non altro. E allora … i metodi di cui da sempre si avvale l’imprenditore possono ben essere utilizzati nel gestire la cosa pubblica, purchè ad applicarli non sia l’imprenditore stesso. In altre parole: l’Homo Politicus, il Politico, colui che si occupa della polis, cioè – oggi – dello Stato, può e deve a buona ragione e a pieno titolo utilmente servirsi di alcuni fondamentali della gestione aziendale. L’imprenditore dal canto suo, resti tale e continui a fare el  so’ mestè …

Un esempio: il Politico vuole programmare il futuro della sua terra? Esamini tutte le eccellenze potenziali del territorio e le organizzi ex novo al meglio, indipendentemente da quanto si sta già eventualmente facendo, ovvero, progetti al meglio, in ogni caso, e non vada semplicemente a rimorchio dell’esistente (tecnica aziendale dello zero base budget); riscriva e aggiorni l’ordine delle priorità e non delle ideologie; trasformi in opportunità ogni cambiamento e non lo subisca come tale; programmi per il medio-lungo termine e non per la sua legislatura in corso o successiva; abbia sempre soluzioni alternative; non si lasci sorprendere dalle emergenze; riunisca sempre, in capo a se stesso a agli altri, potere e responabilità; valorizzi e lasci spazio a chi ha idee nuove e le sa gestire, non semplicemente chi “è più alto in grado” (tecnica aziendale del funzionigramma e non dell’organigramma); motivi e responsabilizzi a cascata tutti i propri collaboratori (non sia accentratore); se un progetto va male, inizi ad esaminare il problema dall’alto e non dal basso.

 Dice … ma chi meglio di un imprenditore potrebbe fare ciò? No, raga, olim imprenditore, semper imprenditore: chi è stato ed è imprenditore, sarà sempre tale: io non mi fido … infatti egli è portato a pensare in chiave aziendale, della sua azienda … il suo “bene pubblico” è il “bene pubblico della sua azienda”. Mi sbaglierò anche … ma a pensar male … ed allora, adottiamo pure nel governo della res publica le metodologie virtuose dell’impresa, ma che ad azionarle sia il Politico con la “P” maiuscola, senza interessi e mentalità orientate alla difesa e crescita del proprio patrimonio aziendale.

E voi, lettrici e lettori dei miei post … che ne pensate? Forse che io abbia torto? In ogni caso, scrivete il vostro pensiero, dai …

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VITA DA NONNI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Settembre, 2014 @ 5:30 pm

Detto altrimenti: via dal lettone, nonno! Arriva la nipotina! (post 1665)

Eh già … per convincerla a stare con noi … mentre papà e mamma vanno all’Oktober Fest … la prima “vacanzina” da sposini senza di lei … “ma io dormo nel lettone con nonna!”. Evvabbè, dico io …

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“Niente foto, per favore!” (Il viso girato per ragioni di privacy …)

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Tre giorni di sole, una fortuna per gli “sposini” … e anche per noi che abbiamo portato la bimba nei vari parchi cittadini a giocare. Non è mancata una sosta alla Fiera del Libro in Piazza Fiera, con relativo acquisto di un bel libro su “come i bimbi possono creare e curare un orto”. Eh si, perchè la piccola, a casa sua, ha un gran bel giardino con un altrettanto grande orto. E allora … il buon giorno si vede dal mattino. E la mia bicicletta? Ferma, ovviamente, nonostante il sole pieno. Se non che oggi pomeriggio la nonna riaccompagna a casa sua la nipotina per una festicciola. Dopo qualche tempo, una telefonata: “Abbiamo dimenticato i suoi biscotti …”: nessun problema, arrivo io (in bicicletta!). Trento-Lavis e ritorno, casa-casa via pista ciclabile, km, 28,5. E mi pareva …!

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Nel blu dipinto di blu …

All’andata ho “dovuto” (!)  fermarmi a scattare una foto. Ho dovuto, proprio. Infatti mi ha colpito il colore dell’Adige: azzurro come non mai! Il fiume … i fiumi … forse perchè sono ancora sotto l’influsso della conferenza su Ungaretti (v. post precedente) con i suoi tanti fiumi celebrati: il Nilo, la Senna, il Serchio, il Tevere. l’Isonzo … Se Ungaretti avesse sostato anche in Trentino, avrebbe sicuramente celebrato anche “el nos Ades”, il nostro Adige. Molto più modestamente, lo celebro io con una foto scatta con il telefonino, senza pretese dunque, e anche “senza parole”, ma quel che conta è il pensiero.

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Tu dici, è l’Ora … tu dici, è tardi … (L’Ora di Garda, un verso parafrasato da “L’ora di Barga”, splendida poesia di tale G. Pascoli)

Consegnati i biscotti, al ritorno, altra foto: la bruma portata dall’Ora del Garda, dopo avere risalito la Valle del Sarca e quella dei Laghi si affaccia al davanzale della Paganella sulla Valle dell’Adige all’altezza di Lavis. Il vento? Non c’era: infatti noi velisti gardesani chiamiamo “Vento” solo quello da nord. L’altra è l’Ora. Morale: sono andato a Lavis “al gran lasco” e sono rientrato a Trento “di bolina”.

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Buon Trentino a tutti!

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UNGARETTI SECONDO MASI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Settembre, 2014 @ 6:57 am

Detto altrimenti: Ungaretti per tutti  (post 1664)

th[3]Il nome Giuseppe Ungaretti ? Nome conosciuto da tutti. Le sue poesie? Poesie conosciute da molti. La sua vita? Vita conosciuta da pochi. Le occasioni per riavvicinarsi a lui? Occasioni avute da pochissimi. E allora … e allora Alfonso Masi, con la “complicità” della voce narrante Mariaconcetta Lucchi e della chitarra di Andrea Gasperi, ieri, nella sala dell’ Associazione Culturale “Antonio Rosmini” di Trento (Via Dordi, 8) … Alfonso Masi, dicevo, ha condotto per mano un uditorio da tutto esaurito attraverso vita e opere del grande poeta “egiziano”. Già, perché Ungaretti è nato in Egitto, “a seguito” di un padre (e di una madre) che dalla Lucchesia vi si era trasferito per “cercare fortuna all’estero”, ovvero per fare, il padre, lo sterratore nel cantiere del Canale di Suez. Padre che vi morirà per malattia contratta sul lavoro quando il futuro poeta aveva solo due anni e non c’era ancora l’INAIL

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La Presidente dell'Associazione Professoressa de Finis introduce il relatore Masi

La Presidente dell’Associazione Professoressa Lia de Finis introduce il relatore Masi

Egitto, Italia, Francia, Brasile, Italia … il suo è un peregrinare “in cerca di lavoro”, come tanti altri hanno fatto e anche oggi hanno ricominciato a fare … Già da questo fatto si comprende il titolo che Masi ha voluto dare alla sua esposizione: “Ungaretti uomo di pena”. Pena per la ricerca del lavoro; pena per le morti che hanno costellato la sua vita: dell’amico Moammed Sceab; dell’unico fratello; del figlioletto di nove anni; della madre; della moglie; dei commilitoni (“fratelli”) compagni di trincea nella prima guerra mondiale; dei compatrioti fucilati dal nazifascismo o uccisi dalle bombe “alleate” (alleate …?) nella successiva, seconda mattanza mondiale. Pena anche per non avere ricevuto il Premio Nobel per la poesia. Pena per avere mantenuto, anche in età molto avanzata, una ulteriore – pericolosa – “dote” in lui innata, quella di innamorarsi di una donna molto più giovane …

Mariaconcetta Lucchi e Andrea Gasperi

Mariaconcetta Lucchi e Andrea Gasperi

La sua poesia prorompe come un fuoco d’artificio stellare: in tutte le direzioni: la natura, l’amore sacro e profano, la famiglia, il desiderio della pace, l’ostilità verso la guerra, il rispetto dell’ “Altro”, l’amore e allo stesso tempo la sofferenze del ricordo (“il ricordare è di vecchiaia il segno”). Ma … mentre sto scrivendo, mi sorge una domanda: devo scrivere di Ungaretti o della “Compagnia Masi”? In ogni caso è estremamente difficile sintetizzare sia il Poeta che i suoi Relatori. Ed allora mi sono detto: vai, Riccardo, vai … prosegui a ruota libera, tu che di ruote te ne intendi (basta leggere il tuo post precedente!). Ed allora … allora … ecco due sue poesie famosissime.

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Un po' di spazio anche ai vili meccanici ...

Un po’ di spazio anche al “vile meccanico” manzoniano, addetto alle immagini ed alla loro proiezione power point …

Mattino: “M’illumino / d’immenso”; Soldati: “Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie”. Non avrei potuto fare a meno di citarle, almeno sono sicuro che queste – sicuramente – resteranno nella memoria delle mie lettrici e dei miei lettori, anche i più distratti. Per inciso io stesso, poetuncolo da strapazzo che  talvolta si diletta con i versi … di fronte al suo “Mattino” nel quale il Poeta si illumina di immenso, io stesso,  dicevo, ho voluto scrivere il mio “Mattino”. Ora, poiché lui s’illumina d’immenso, ecco il mio testo: “Anch’io!”

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Tutto esaurito

Tutto esaurito

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Ma torniamo a Ungaretti. Grazie a Masi l’ho ri-scoperto più attuale che mai in un “Inno” nel qual si lancia contro il consumismo sfrenato:

L’uomo, monotono universo,

crede allargarsi i beni

e dalle sue mani febbrili

non escono senza fine che limiti.

Attaccato sul vuoto

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L’ideatore-realizzatore dell’evento, Alfonso Masi (in maglione, come Ungaretti e Marchionne)

al suo filo di ragno

non teme e non seduce

se non il proprio grido.

Ripara il logorio alzando tombe,

e per pensarti, Eterno,

non ha che le bestemmie.

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Applausi

Applausi

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Quattro le arti: l’arte poetica di Ungaretti; l’arte di Masi della recitazione e della scelta dei brani con cui comporre l’antologia, la raccolta dei fiori dall’ampio campo di fiori nel quale consiste la produzione di Ungaretti; l’arte di Maiaconcetta Lucchi, calda voce narrante; l’arte di Andrea Gasperi, anch’egli poeta (delle corde della sua chitarra).

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Dice … ma tu, blogger, che ci stai  a fare fra di loro”? Già, perché io “fui quinto fra cotanto senno”. Alfonso mi ha chiamato per mettere ordine fra le diapositive da proiettare in parallelo alla sua esposizione, per sceglierne alcune – fra le tante candidate – per organizzare la proiezione power point: “vile meccanico” manzoniano praticamente, il quale immeritatamente si è preso molti complimenti per le “splendide ed indovinate immagini”: che volete, sit transit gloria mundi, così “va” la gloria del mondo … (talvolta) anche a chi non se la merita!

Prossimo appuntamento giovedì 2 ottobre 2014 ore 17,00 stessa sala, si replica. Questa volta tocca al genovese (come me!) Eugenio Montale! Praticamente io … giocherò in casa, e le diapositive sono già pronte!

P.S.: Su Ungaretti mi permetto di suggerire il volume “Ungaretti, Vita, Poetica, Opere scelte”, Ed. Il Sole 24 Ore – I grandi poeti, 2007.

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POESIA A PEDALI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Settembre, 2014 @ 2:26 pm

Detto altrimenti:  in autunno, in Trentino …  (post 1663)

Oggi

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I miei compagni di viaggio: la vecchia bici e FIAB Trento

non era previsto

che uscissi a pedali.

Ma il sole insisteva:

“A Nomi, a Nomi!”

E poi la mia bici

oggi

splendeva da sola:

il suo azzurro, l’azzurro del cielo e del fiume;

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Sotto il ponte di fiori Adige scorre … (parafrasando Apollinaire …)

il suo giallo, il giallo dei fiori d’autunno.

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Ma come si fa

a non fermare il momento?

Tre scatti

e poi via

si ritorna!

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Autunno …. o primavera?

I 35 km meglio spesi della mia vita

e della vita di lei,

vecchietta a pedali

color del Trentino.

 

Good bike a tutti!

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QUANTITA’ O QUALITA’?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Settembre, 2014 @ 7:09 am

Detto altrimenti: i problemi qualitativi non possono essere risolti con soluzioni quantitative   (post 1662)

I cacciabombardieri F35 sono inaffidabili, troppo costosi (sic Corte dei Conti USA) e non all’altezza dei loro analoghi russi e cinesi. Eppoi (eppoi) abbiamo altre priorità. Questi sono problemi sulla “qualità” del progetto. La soluzione? Pare sia di tipo “quantitativo”. Infatti una prima  parte del parlamento dice: comperiamone solo la metà del piano originario. Al che una seconda parte del parlamento dice no, comperiamoli tutti. Una terza parte del parlamento dice:  se qualitativamente non vanno bene, non comperiamone nemmeno uno.

Dice … ma c’è un contratto, un impegno internazionale … Uei, raga, ma non lo avete studiato il latino? Inadimplenti non est adimplendum, cioè verso chi non adempie il proprio impegno (di consegnarci aerei funzionanti), non si è obbligati ad alcunché, cioè in particolare ad acquistarli! Quindi … quindi … chissà come andrà a finire. Forse alla maniera gattopardesca: tutto cambi affinchè nulla cambi.

La nuova legge sull’auto-riciclaggio del denaro (un esempio: ho portato fondi neri all’estero, li faccio rientrare da solo, senza l’aiuto di terzi). Perseguire il rientro illecito è tanto importante quanto perseguire l’uscita illecita. Si deve intervenire … e allora “puniamolo se”. Se … cosa? Se comportano pene superiori ai cinque anni di carcere. Ma se la maggior parte di quei reati non è punibile sino a quel livello … che vogliamo “babbiare” (dialetto siculo: “scherzare”)? Ma soprattutto, se è un reato … è un reato e basta. Traduciamo: io delinquo … cioè sono uno che delinque, cioè io sono un delinquente. Ma delinquo poco, quindi io non sono un delinquente. Chiaro (n.d.r.)? In matematica si direbbe: se “A” è uguale a “B” e “B” è uguale a “C”  ne consegue che  “A” è … diverso da “C”! L’avreste mai detto?

Mi viene in mente una prassi di certi alunni delle (mie) elementari ed alle scuole medie (anni ’50 e ’60): “Ho studiato da sei”: la quantità (scarsa ma sufficiente) a pretesa sanatoria della qualità. Studio un poco (ecco la “quantità”!) e mi tolgo di dosso l’etichetta (qualitativa) di “alunno non – studente”, cioè di un alunno che non studia.

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Art. 18

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Settembre, 2014 @ 3:17 pm

Detto altrimenti: siete favorevoli o contrari alla sua abolizione? (post 1661)

Io sono favorevole purchè la stessa regola valga anche per i dipendenti pubblici e ad una ulteriore condizione. Mi spiego. La maggiore licenziabilità dei dipendenti sicuramente li sprona a lavorare meglio, diminuisce il carico dei costi rigidi e fissi dell’impresa, agevola nuove assunzioni (“tanto se poi non mi servono più, licenzio”). Tuttavia non è tutto oro quel che riluce. Infatti nella mia lunga vita di dirigente e amministratore di Gruppi e di SpA piccole, medie e grandi, pubbliche, miste e private, italiane ed estere ne ho viste di tutti i colori. Ho anche (purtroppo!) visto “capi” che gestivano i propri dipendenti all’antica, “si fa così e basta, lei non è pagato per pensare, faccia solo ciò che le ordino, non assuma iniziative, anzi … mia dia del tu (ma poi, n.d.r.) ...” capi con tanta autorità ma senza alcuna autorevolezza (1) , capi che non motivavano i propri dipendenti, che li strumentalizzavano, che li umiliavano, li demansionavano immotivatamente … e che inoltre, nel fare questo, facevano (impunemente!) un danno grave anche alla stessa azienda che erano chiamati a gestire. In questi casi, in assenza della tutela dell’art. 18,  se un dipendente cercasse di fare rispettare la propria dignità di persona e di lavoratore, probabilmente incorrerebbe nelle (ulteriori) ire del capo e  potrebbe essere (troppo) facilmente licenziato.

Quindi io sarei favorevole all’abolizione dell’art. 18 se parallelamente – quanto meno – si rendesse obbligatoria per tutte le Società ( e Enti) che vogliono usufruire di questa possibilità, la Certificazione di Responsabilità Sociale di impresa (SA8000) la quale attesta il rispetto dei diritti e della dignità del lavoratore.

Infatti, senza questa minima garanzia, i lavoratori sarebbero precari come i soldati della poesia di Ungaretti, scritta nel bosco di Courton nel luglio del 1918, foglie (e uomini) che un alito di vento può spazzar via ….

Soldati

Si sta come

d’autunno

sugli alberi

le foglie.

Solo soldati …. o anche “impiegati?”

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(1) autorità: ti deriva dal grado; autorevolezza: deriva da te stesso, sei tu stesso che te la dai, se sei capace, altrimenti non c’è grado che tenga.

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TEATRI INDEBITATI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Settembre, 2014 @ 2:54 pm

Detto altrimenti: ma come, perchè  e chi ha concesso loro tanto credito?  (post 1660)

Ero responsabile della Finanza Italia della Stet – Società Finanziaria Telefonica per Azioni, la finanziaria dell’IRI per le telecomunicazioni e l’elettronica, la più grande finanziaria italiana. Per un lungo periodo la politica bloccò le tariffe della SIP la quale bloccò i propri investimenti. Conseguentemente la nostra più grande società manufatturiera (che vendeva soprattutto i suoi prodotti alla SIP) accumulò un magazzino merci (invendute alla SIP) pari al fatturato di un anno! Inoltre c’era la stretta creditizia e valutaria. Tuttavia le banche ci facevano credito: “Lo Stato non permetterà mai alla SIP di fallire”, diceva qualche banchiere. Oltre a ciò, tuttavia, a garanzia delle banche c’era (la fidejussione Stet e) il patrimonio e la capacità produttiva dell’intero Gruppo Stet, che rappresentava una garanzia di volume assai maggiore del suo indebitamento consolidato. Già, perché dietro ogni concessione bancaria c’è il controllo della Banca d’Italia, e le banche, nemmeno se avessero voluto, avrebbero potuto erogare ulteriore credito alla Stet se non ci fosse stata a monte una più che adeguata garanzia.

Oggi “scopriamo” che un teatro, un ente, una SpA pubblica ha accumulato vero le banche decine di milioni di euro di debito. Al riguardo osservo: 1) il debito si accumula via via nel tempo e quindi (mi pare di poter affermare che) qualcuno avrebbe dovuto intervenire prima, per evitare un indebitamento eccessivo; 2) Chi ha garantito la concessione di tanti crediti? Perché non si parla un po’ anche di questi garanti?

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RODODACTULOS EOS, L’AURORA DALLE DITA ROSA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Settembre, 2014 @ 6:32 am

Detto altrimenti: questa mattina, mi sono alzato …   (post 1659)

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Riva del Garda. Un’antenna televisiva, la comunicazione moderna; l’ultimo rosa che sta scomparendo,  la  comunicazione “antica”. Lo so, lo so, la foto non è niente di eccezionale, ma “verso l’alto” la vista dal balconcino della casa non è più di tanto. In ogni caso, prima dello scatto, c’era tanto rosa in più ma io ero ancora troppo assonnato per realizzare …

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... ed infatti, eccomi qui, al Lago di Cavedine, con il mio amico Daniele

… ed infatti, eccomi qui, al Lago di Cavedine, con il mio amico Daniele

Questa mattina il programma è la salita in bici da Riva del Garda al Centro Velico sul Lago di Cavedine per salutare il mio amico Daniele che lo gestisce. Ma prima qualche minuto di riflessione, intanto che l’aria si scalda un poco. E la mia riflessione, oggi, è questa, sulla doppia comunicazione: il rosa dell’aurora ci comunica un senso di Pace; Papa Francesco ci comunica  che “Nessuno può uccidere nel nome di Dio, di un Dio: è un sacrilegio!”. Vi pare poco? Le primavere arabe, l’Isis … cosa sta succedendo? Forse abbiamo sbagliato due volte. La prima a colonizzare i due terzi del mondo. La seconda ad abbandonare quei paesi a loro stessi, improvvisamente, nelle mani di chi – “grazie” a noi, grazie si fa per dire! – non aveva conseguito alcuna “patente di democrazia”. E’ un po’ come se, dopo avere condotto per secoli un veliero senza mettere a parte l’equipaggio delle regole della corretta navigazione, improvvisamente cedessimo il comando della nave ed il timone al primo marinaio che passa sulla tolda. Dopo tutto se ve lo dice un velista qual io sono …

L’esportazione della democrazia come fatto istantaneo non funziona: in dialetto trentino si potrebbe forse dire che “l’e pezo ‘l tacon del bus”, cioè è peggio la toppa del buco che si vuole rammendare.

O no? La discussione è aperta.

Il Lago di Loppio (vista verso Nord, foto Enrico Perasso)

Il Lago di Cavedine (vista verso Nord, foto di Enrico Perasso, bici di Edoardo Pellegrini, borraccia FIAB)

P.S.: pedalare a fine settembre nella “Busa” dell’Alto Garda Trentino. Le salite che all’inizio di stagione ti “pesavano” un po’, ora non sei tu a superarle: infatti … ti stai gustando il silenzio, il sottofondo del frusciare del Vento (vento da nord) fra i rami … e intanto le salite le superano loro, le gambe, le tue gambe, le gambe di un proprietario distratto dalla bellezza che lo circonda. L’unica salita della quale ti rendi conto è quella, corta ma al 20%, poco dopo la centrale Fies. Sfido io, al 20%! Dopo qualche km,  là dove un cartello avverte della fine della pista ciclabile, invece di andare a sinistra  verso Pietramurata, giro a destra, percorro qualche centinaio di metri verso sud su una strada poderale e quindi, appena dopo un ponticello, subito a sinistra ricomincia la bretellina ciclabile che ti porta sulla strada provinciale, la quale, verso destra cioè verso sud, dopo poco ti porta al Lago di Cavedine.

Il ramo del Sarca che alimenta il Lago: superato il ponte sullo sfondo, girate a destra e lo raggiungete

Il ramo del Sarca che da nord alimenta il Lago: superato il ponte sullo sfondo, girate a destra e lo raggiungete

Un Lago bellissimo, fuori dai grandi circuiti e per questo ancora più bello. Purtroppo non segnalato, non evidenziato nelle “carte turistiche” le quali “chissaperchè”convogliano i flussi turistici a pedali solo sulle ciclabili lungo il corso principale del Sarca. Peccato. Peccato, una perla nascosta, troppo nascosta. Occorre rimediare, non vi pare, amiche lettrici ed amici lettori? Anche perché, dopo una sosta al Lago con un puntatina al bar ed ai servizi del Centro Velico, proseguendo verso sud, a fine Lago, dopo una salitella di 1,5 km al 2-3%, ecco le “marocche”, la ruina dantesca, quei massi che racchiudono le orme dei dinosauri! E poi una discesa a 55 kmh sulla larga e poco trafficata  provinciale che scende da Castel Drena a Drò. Se tutto questo  se vi sembra poco …

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