ANONIMO ATENIESE – 1

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Novembre, 2015 @ 8:46 am

Detto altrimenti: Anonimo Ateniese, chi era costui?      (post 2189)

Anteprima

Carneade, chi era costui? Scriveva il Manzoni. In libreria: “Mi dà una copia dell’ Anonimo Ateniese?” “Mi può dire il nome dell’autore?” “Ma se è anonimo …”. Tutto vero!

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thE02CMBJD2500 anni fa un esule ateniese rimasto anonimo critica la democrazia di Atene. Lo fa da esule perché se fosse stato in patria sarebbe stato condannato a morte, alla faccia della democrazia. L’anonimo critica la democrazia ateniese e spiega come quel sistema possa perdurare proprio a causa dei suoi stessi difetti. Il documento consta di circa una quarantina di paragrafi. E’ mia intenzione esporre tale critica in sintesi in alcuni post successivi (Anonimo Ateniese 1, 2, 3 …). Sia chiaro sin d’ora: io non intendo sottoscrivere una critica distruttiva della democrazia, bensì trasformare tale analisi in una “critica” in senso classico, ovvero in una analisi costruttiva del suo miglioramento, anche perché – fra l’altro – a mio avviso l’anonimo si sbaglia. Infatti egli parla come uomo di destra che critica quella che a suo parere sarebbe stato, in Atene, un sistema ”di sinistra, di democrazia popolare”, mentre la cosiddetta Repubblica Ateniese era una “Repubblica Oligarchica Decimale”, ovvero un impero coloniale di 300.000 persone; di cui 30.000 cittadini; di cui 3.000 ammessi a partecipare alle Assemblee; di cui 300 presenti alle Assemblee; di cui 30 prendevano la parola; di cui 3 anzi 1 (Pericle) decideva. Per trent’anni consecutivi con due guerre perse (contro Siracusa e contro Sparta).

Questa anteprima è riportata integralmente in tutti i post sull’argomento. L’esposizione sarà in prima persona, ma a parlare non sarò io, bensì direttamente l’anonimo. Fine dell’anteprima. Ora possiamo iniziare.

  1.  Non approvo la democrazia (demo-crazia, il potere del popolo, n.d.r.) perché le persone senza qualità prevalgono sulle persone di qualità.
  2. L’elettorato attivo e passivo esteso a tutti fa sì che “piloti (di navi, n.d.r.), militari di rango medio basso e costruttori prevalgano su opliti (truppe speciali, fanteria pesante: quelli della falange, per intendersi. N.d.r.), nobili, persone di qualità.
  3. L’eletto del e dal popolo ricerca posizioni remunerate ma che non comportino la responsabilità di decisioni difficili ed importanti.
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    Una analisi ben più puntuale la trovate su questo libro

    Sono più remunerate le persone (i politici, n.d.r.) senza qualità le quali, a loro volta, accrescono il potere del popolo. Se invece fossero remunerate di più le persone di qualità, il popolo si opporrebbe.

  5. Il popolo in genere è povero, non ha cultura e quindi è condotto ad operare con azioni “turpi” (sic). Quindi le persone migliori sono contro il potere del popolo.
  6. Il popolo mantiene il suo potere dando la parola a tutti, ovvero ai tanti ignoranti privi di ogni qualità. Perché se potessero prendere la parola le persone di qualità …
  7. Il governante del popolo eletto dal popolo è conscio che la propria ignoranza, la propria mancanza di qualità e soprattutto la sua buona predisposizione nei confronti dei suoi simili, alle elezioni successive gli porteranno molti piu’ voti di quanti non riceverebbe se lui assumesse decisioni di qualità, giuste ma drastiche, difficili da essere digerite.
  8. La città (Città Stato, oggi diremmo lo Stato, n.d.r.) peggiora, ma il potere del popolo si conserva, perchè il popolo preferisce essere governato male e potersi “arrangiare” piuttosto che essere governato bene con rigore.
  9. Il governo del popolo trae la sua forza proprio da quelle azioni che le persone di qualità definiscono “malgoverno”.
  10. Se si vuole un buon governo, occorre rivolgersi alle persone migliori, di qualità e capaci, le quali non consentano alle persone folli di parlare, di partecipare alla vita pubblica, di decidere.
  11. Il popolo distrugge ciò che non capisce: scuole, conservatori musicali. Il popolo trasforma la giustizia giusta in una giustizia utile (a se stesso, n.d.r.).

Fine del primo post sull’Anonimo Ateniese. Il seguito alla prossima “postata”

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(La mia conclusione finale sul senso e sulla portata di questo post la trovate alla fine del terzo ed ultimo post sull’argomento)

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MA QUANTO SCRIVI, CARO BLOGGER …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Novembre, 2015 @ 4:55 pm

Detto altrimenti:  non si riesce a starti dietro …     (post 2188)

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Così mi scrive il lettore Gianfranco. Eh,  scialla, raga, calma! Innanzi tutto sono in pensione; sono a casa per i postumi di un piccolo intervento;  è finita la stagione della bicicletta e non è ancora iniziata quella dello sci. Quindi … che volete mai? Ma poi … ma poi, scusate un po’ … se state leggendo un libro, ogni volta quanti minuti leggete di seguito? 15? 30? 60? Quando siete stanchi o avete altro da fare, mettete il segnalibro alla pagina e arrivederci alla prossima seduta!

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Ecco, mi piacerebbe che interpretaste ogni mio post come la pagina di un libro sfogliato dal respiro di esperienze di vita

E con me? Con me provate ad interpretare i miei post come paginette di un libro (che poi ci sono anche tante figure!) … di un libro che io stia pubblicando poco a poco, man mano che lo sto scrivendo. Cosa cambia? Nulla, anzi, ciò che leggete è probabilmente assai più vario e sicuramente più attuale di quanto possa mai essere il contenuto di qualsiasi libro. E allora? Allora … dai … allungate i tempi di permanenza di ogni vostra visita alle mie sudate “carte elettroniche”. Cosa? Vorreste  un mio libro vero? L’ho già scritto, si intitola “Dagli Appennini (della Liguria, dove sono nato) alle (nosse)  bande” (alle nostre parti, ovvero in Trentino, dove risiedo da tren’anni): la storia della mia vita. Sono 400 pagine ma non ve lo dò da leggere:  infatti ognuno crede che la storia della propria vita sia un “romanzo” … e invece, sai cheppalle! Quello il  libro io più che  altro l’ho scritto per i miei eredi, quando lo leggeranno fra tanti, tanti anni … perché non si perda il ricordo delle origini. E comunque eccovi accontentati: ecco qui un post corto corto: questo!

Ciao e alla prossima!

Firmato Riccardo (qui ho copiato tale Gen. le Armando Diaz, il quale, avendo sottoscritto il proclama della vittoria con il famoso “Firmato Diaz”, face si che molti contadini – fraintendendo e comunque volendo rendergli onore – battezzassero i propri figli con il nome di “Firmato”!)

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PROFESSIONISTI DEL CRIMINE, COMMANDO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Novembre, 2015 @ 3:09 pm

Detto altrimenti: le parole sono pietre: usiamole con precisione    (post 2187)

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Mi sento rapinato personalmente!

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“Clamoroso furto al Museo di Castelvecchio a Verona. Diciassette quadri di grande valore sono stati rubati ieri sera. Tra le opere trafugate anche cinque dipinti del Tintoretto, e capolavori di Peter Paul Rubens, del Pisanello, di Jacopo Bellini, di Giovanni Francesco Caroto, di Hans de Jode e di Giovanni Benini. Per il sindaco Flavio Tosi è un furto su commissione. Ad agire una banda di professionisti …”

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Professionisti? Riserverei questo termine e alle persone oneste, ai  “professionisti veri, quelli del lavoro, delle professioni oneste”, non a una banda di ladri rapinatori. Piuttosto “non vero professionista vero” è stato chi non ha organizzato le cose in maniera che il furto non fosse possibile. Nel frattempo, che quelli che dovrebbero essere i professionisti veri si attivino in tutta Italia, altrimenti … che rapine simili non diventino  una moda da seguire da parte dei professionisti falsi, quelli del crimine!

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Questo è un Commando!

Questo è un Commando!

Un commando di terroristi … etc. etc. Commando? Direi piuttosto una banda di criminali vigliacchi ed assassini. Infatti i Commando sono tutt’altra cosa: in origine, gruppi mobili boeri che esercitarono la guerriglia contro gli Inglesi fra il 1899 e il 1902. Quindi reparti speciali di truppe britanniche, impiegati durante la seconda guerra mondiale nelle  operazioni cosiddette combinate, cioè quelle operazioni alle quali cooperavano due o più forze armate (esercito e marina, esercito e aviazione) allo scopo di colpire il nemico con il massimo effetto.

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Concludo: direi che riservare termini nobili (professionista, commando) a bande di criminali, li esalta, li esorta, li può motivare, può indurre emulazione. E poi, se non altro, se definiamo costoro “professionisti” e “Commando”, i professionisti veri e i Commando veri come li potremo mai definire?

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BICI ELETTRICA O NO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Novembre, 2015 @ 2:15 pm

Detto altrimenti: “a pedalata assistita” o no?      (post 2186)

Spremiagrumi, spazzolino da denti, vetri dell’auto, rasoio da barba, etc.: tutti elettrici. Ora anche le biciclette, perché no? Soprattutto se vuoi andare in salita, soprattutto in montagna.

thV60Z0YHHIo sono iscritto al CAI da 50 anni. Ero un alpinista e scialpinista; sono velista, scio su pista, vado in bici e non in moto. Tanto per capirsi. E allora? Favorevole o contrario? Nessuna delle due ideologie avrà il mio sostegno. Già, perchè si tratta di due ideologie, ovvero, ognuna, di una “idea che non dialoga”. Invece, mi ha fatto molto piacere leggere Q11 – Quaderno  “Quaderno di cicloescursionismo del CAI Centrale” (2012) reperibile in internet, il quale non liberalizza né vieta nulla, bensì’ “riflette, articola e regola la materia”. Al che io aderisco ad una idea, a questa idea, ovvero all’utilizzo delle mtb in montagna secondo un sistema di regole. Ma qui ancora non si parlava di E-bike.

Infatti in montagna, con la bici si sale in tre modi: con i sistemi funiviari di risalita, con i soli muscoli o con la E-bike. Nel primo caso la vicina Austria dà il buon esempio con la creazione del il Tirol Mountain Bike Safari, ovvero  “la risposta giusta per tutti coloro che amano poter decidere: 12.000 dei 26.000 metri di dislivello totali possono essere superati, volendo, con uno dei 18 impianti di risalita per uno sviluppo lineare di quasi 700 km.”

thQLMHXZ4XV’è poi la risalita “muscolare” riservata ai giovani e/o alle persone comunque molto allenate. Tuttavia il numero di ciclisti e di ciclo escursionisti sta molto aumentando, in parallelo all’aumento dell’età media della popolazione e della popolazione dei ciclisti (fra l’altro a supportare “per sostituzione” un calo del turismo in altri settori).

Ecco quindi il terzo modo di risalita: la bicicletta a pedalata assistita che consente ai non più giovani e comunque ai non tanto allenati di raggiungere altitudini mai raggiunte o non più raggiungibili.

Parlo di “altitudini” che non sono necessariamente fuoristrada montani: esisto anche città e percorsi di fondovalle collocati troppo “in salita” per molti ciclisti. Ed ecco perché io, alla tenera età di 71, sto pensando di farmi (anche) una mtb elettrica. Se poi volete conoscere qualche dato tecnico sulle migliori motorizzazioni esistenti sul mercato, andate a leggere in internet alla voce “Confronto fra motori Bosch Performance e Yamaha PWSeries per E bike”.

Vi è infine l’uso cittadino delle E-bike, ma qui il discorso è molto più scontato.

Grazie dell’attenzione  e …. gooood biiiike everybody!

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TERRORISMO: EUROPA, UBI ES? QUO VADIS EUROPA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Novembre, 2015 @ 8:32 am

Detto altrimenti: i sette peccati capitali dell’Europa    (post 2185)

Il nostro Padre Dante oggi scriverebbe così:

Ahi serva Europa, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, /  non donna di province, ma bordello.

  • th0F8YPDDCServa in senso latino, quindi schiava degli egoismi nazionali, i quali si auto alimentano attraverso una strategia molto semplice: l’ignavia, l’inazione, la percezione e la reazione sensoriale al posto della necessaria visione e reazione d’insieme.
  • La gran tempesta  dantesca è alimentata  da due focolai di tempo cattivo, due pericolosi centri di bassa pressione: la globalizzazione sfrenata e il terrorismo.
  • Donna di province, significava per Dante: Donna, Domina, vera Signora virtuosa che sa gestire il suo ruolo con moralità, sapienza ed ordine.
  • Bordello, il contrario di quanto sopra.

 

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 Ciò premesso, veniamo all’elenco dei sette peccati capitali europei.

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Una volta erano questi …

 1 - Il peccato di sproporzione. Alla TV, ieri sera. Un tale (non so chi ma non importa) in una trasmissione (non so quale ma non importa), ha dichiarato (cito a memoria): “L’estate scorsa l’Europa ha discusso per mesi e mesi come gestire la crisi finanziaria della Grecia, ovvero di un Paese che esprime un PIL uguale a quello della nostra provincia di Bergamo. Oggi l’Europa parla pochissimo della necessità di coordinarsi per far fronte al terrorismo”.

2 – Il peccato di mancata prevenzione. L’Europa si preoccupa di contrastare la malattia terrorismo molto di più del come prevenirla. In altre parole, l’Europa dovrebbe essere molto più chiropratica ben prima di essere costretta ad affidarsi alla chirurgia.

3 – Il peccato di direzione. L’Europa accetta che il terrorismo  spinga i singoli paesi europei a chiudersi dentro le proprie frontiere fisiche e mentali anziché verso la creazione degli Stati Uniti d’Europa.

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Mettiamole le strisce! Se non ora, quando?

4 – Il peccato di presunzione. I singoli Stati presumono che basti mandare avanti questa semi Europa per risolvere problemi di livello mondiale.

5 – Il peccato di contraddizione. L’Europa  acquista con dollari petrolio di contrabbando, fabbrica e vende armi contro dollari ed euro e poi si lamenta se qualcuno utilizza molto male quei dollari, quegli Euro e quelle armi.

6 – Il peccato di oblio. L’Europa dimentica che chi semina vento raccoglie tempesta. Infatti per secoli e secoli l’Europa ha seminato il proprio colonialismo …

7 – ll peccato di irresponsabilità. Irresponsabile è l’esempio occidentale della violenza insita nella corruzione, negli enormi disonesti arricchimenti, nelle enormi disuguaglianze sociali, nello sfruttamento delle persone e delle risorse della natura, nell’acquistare i prodotti dei paesi che non rispettano i diritti civili.

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A questo punto occorre un bell’atto di dolore, una robusta confessione ed una valanga di Pater-Ave-Gloria …

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“TEMPO DI SECONDA MANO – LA VITA IN RUSSIA DOPO IL CROLLO DEL COMUNISMO”

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Novembre, 2015 @ 1:39 pm

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Detto altrimenti: “… un tempo già usato, di seconda mano … nel quale il futuro non sta nel posto che gli competerebbe …”. Libro di  Svetlana Aleksievich, Premio Nobel: un “crollo” che è molto peggio di una “caduta”. E già qui … Ma procediamo con ordine.       (post 2184)

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SVETLANA ALEKSIEVICH

Come Irene Nemirovsky (ma molto, molto più modestamente!!) sto scrivendo queste righe a mano, su di un libricino, a caratteri minuti. Sono le tre di notte, sono solo in una camera d’ospedale per un piccolo intervento subito il giorno prima. Solo, con un libro, una penna e il citato libricino. Una penna (o una matita). Vi sono libri che leggo con la penna/matita in mano tanto è il timore di perdermi qualche frase, qualche concetto, qualche idea, qualche passaggio. Già … (a me piace molto iniziare con un “già”) perché leggere alimenta la mente, favorisce la riflessione, apre al confronto: e allora se confronto deve essere, perché rischiare di perdersi qualche pezzo di vita altrui?

E invece no. Questo libro scrive da solo, anzi “incide” i suoi contenuti  nel tuo cervello, nella zona “memoria” e soprattutto nel tuo cuore,  nella zona  “sentimenti”. E la penna serve solo per scrivere questo post, visto che non possiedo un tablet e non mi sono portato il PC in ospedale.

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Dicono che un libro nasce solo quando viene letto. E’ vero. Infatti fino a quel momento è come un essere vivente che vaga nel deserto più deserto, un essere che nessuno vede e conosce, che non dà e non riceve: in una parola, che non “comunica”. E senza comunicazione – communis actio, azione comune – non esiste “comunità, concetto (e realtà) che ne comprende ispo facto un’altra, la “civiltà”. Insomma, senza comunicazione non esiste alcuna società civile.

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Qualche post fa parlavo di “ideologie, idee ed etichette” (cfr. ivi) Orbene, il fatto di avere considerato (anche) la categoria delle ideologie non significa affatto che io le approvi: infatti l’ideologia è una “idea che non comunica, che non si confronta, che non dialoga”: e nel ponderoso lavoro di Svetlana ne troviamo (criticate, ovvero “analizzate”) ben due: l’ideologia comunista e quella liberista. Ed allora, direte voi, vieni al dunque, caro blogger, vieni al libro! Ok … ok, arrivo!

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  • th8ZFUC8QLInnanzi tutto l’Autrice è un premio Nobel per la letteratura. Io le avrei dato il Nobel per la Pace.
  • Il titolo.TEMPO DI SECONDA MANO” ovvero dalle atrocità della polizia staliniana e dei suoi gulag (primo tempo)  allo scandalo dell’enorme arricchimento di alcuni e dell’enorme impoverimento di moltissimi (secondo tempo: tempo già “usato”, di seconda mano).
  • Il sottotitolo è incompleto: infatti si tratta della vita in Russia anche prima del crollo del comunismo.
  • Non si tratta di un romanzo, nemmeno di un romanzo storico, bensì di una raccolta di “interviste storiche” a personaggi reali, rigorosamente inquadrati nello spazio e nel tempo della Storia. Il tutto accompagnato, in calce, da decine e decine di note storiche su personaggi, eventi, date, testimonianze.
  • La cronaca diventa Storia. Il libro trasforma in “Storia” quella che per alcuni – a causa della ancor giovane età degli accadimenti – potrebbe essere ancora soltanto “cronaca”.
  • E’ (anche) il libro dei “nemici”, di una popolazione che vive “in contrapposizione”, che ha bisogno di un nemico vero o presunto tale. A determinare ciò saranno stati nemici veri, quali lo Zar e Hitler ad addestrare i Russi a questa “arte” … non so. Sta di fatto che l’ “inimicizia” è uno dei fili conduttori (non l’unico, non il prevalente) delle interviste, anche di quelle fatte a persone che questo sentimento (negativo) aborrono.

Nemici? Anni fa mi trovavo per lavoro nel Libano del Primo Ministro Hariri (che poi avrei incontrato poco tempo prima che i Siriani lo facessero saltare in aria). Alcuni dei miei (tanti) interlocutori d’affari erano Siriani: “Purchè voi non abbiate contatti con i nostri nemici” (sic). Nemici? E chi sono? Israele, la risposta. Restai esterrefatto.

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    “Tempo di seconda mano” ricorda per certi aspetti “Vita e destino” di Vasilij Grossman e anche  “Le benevole” di Jonathan Littell

    “TEMPO DI SECONDA MANO” E’ anche il libro dell’amicizia, della forza di volontà, del non arrendersi mai, dell’incredibile capacità umana di resistere, resistere, resistere … anche di fronte all’inimmaginabile. Flector non frangar, mi piego ma non mi spezzo.

  • E’ anche il libro della “verità”. Basta – “finalmente” (per dirla con il Manzoni) – nel voler considerare “buoni” i cow boys e “cattivi” gli Indiani; “negativo” il (vetero) comunismo e “positivo” il (moderno) sfrenato liberismo. Se non altro perché la ragione ed il torto non si possono dividere con un taglio così netto tal che restino interamente ognuna da una parte (Manzoni); o anche perchè ciò che oggi politicamente parlando è il bene, domani potrebbe essere politicamente il male (Svetlana).
  • E’ il libro delle contraddizioni umane: persone carnefici e/o vittime del comunismo e/o del capitalismo che rimpiangono/criticano/ aspirano ad un passato/futuro.
  • E’ il libro della caduta del muro. No, non di quello di Berlino, bensì il muro della nostra disattenzione = ignoranza del “fatti russi” degli ultimi decenni.
  • E’ il libro delle “stragi (in)civili”, della violenza (gratuita) per la violenza, delle uccisioni inter etniche, dell’incredibile sadismo e crudeltà umana ….
  • (spazio libero per i vostri commenti)
  • thGYNNUF24La lunghezza del libro. Edizioni Bompiani Overlook 2014, 777 pagine, €24,00 ma in internet lo trovate ad €20,14. La decisione di acquisto realizza un ottimo rapporto prezzo/prestazioni, non certo nel senso del “costo a pagina”, ci mancherebbe! Quanto piuttosto nel favorevole rapporto prezzo/beneficio che si ricava dalla sua lettura, dalla quale si esce arricchiti in quanto essa rafforza la nostra conoscenza e quindi consapevolezza e quindi credibilità verso noi stessi e verso gli altri.
  • La lunghezza di questo post. Dicono che i post devono essere brevi. Io non lo sono stato. Ma la durata media di ogni accesso ai miei post è di 90 secondi, il che vuol dire che le lettrici ed i lettori “sopra media” (2-3 minuti) avranno avuto il tempo di leggerlo integralmente: del che li ringrazio.

 Buona lettura a tutte e a tutti!

P.S.: Una testimonianza “italiana”, raccolta qui da noi in questi giorni. Ho mostrato la bozza del post ad un bosniaco. Io ho detto che ero stato in Bosnia nell’immediato dopoguerra per portare aiuti umanitari a Prijedor e a Banja Luka. Mi ha detto: “Nulla è ancora cambiato per la povera gente. Avreste dovuto andare più nell’interno, dove la situazione è ancora peggiore. La gente stava meglio con Tito”. Rispetto a questa dichiarazione io non prendo posizione alcuna, mi limito a riferirla.

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TERRORISMO E STATI UNITI D’EUROPA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Novembre, 2015 @ 5:49 am

Detto altrimenti: si può e si deve  fare di più e meglio     (post 2183)

Sistemi operativi in genere e di prevenzione in ispecie. Efficienti: quelli che fanno il proprio dovere; efficaci: quelli che raggiungono i risultati.

Io ho lavorato una vita come manager in sistemi di SpA pubbliche e private. L’azionista privato ha sempre preteso da me l’efficacia. Quello pubblico era un Giano bifronte: efficiente al suo interno salvo pretendere da me l’efficacia.

Negli ambiti lavorativi entro i quali io ho letteralmente “vissuto” più che solo lavorato per una vita, se io – ove fossi stato responsabile della sicurezza – non avessi impedito certi fatti e mi sforzassi di fornire ai miei azionisti ogni tipo di dimostrazione della mia efficienza, mi avrebbero risposto: “Noi la paghiamo perché questi fatti non avvengano, non perché ci spieghi perché, nonostante tutto, sono accaduti”.

Terrorismo a Parigi. Apprendiamo dalla TV che ai fini della prevenzione di atti terroristici ci sarebbe stato un scollamento nell’utilizzo di informazioni trasmesse dal Servizio di un paese ai Servizi di altro paese e che in genere “mancherebbe il coordinamento, una gestione unica”. Al proprio interno ogni Servizio è stato efficiente ma purtroppo nel complesso è gravemente e tristemente mancata l’efficacia, ovvero il risultato!

Mi domando: managerialità, dove sei? Europa, dove sei? Sistemi di rete, dove siete? Non è più una emergenza, è un fatto ripetitivo, come le alluvioni. Alluvioni di acqua e fango, alluvioni anzi valanghe di omicidi e di stragi.

thKCO3PU5TOra pare che la comunità internazionale si indirizzi a bloccare le fonti di finanziamento dell’ISIS, o almeno alcune, quelle derivanti dal contrabbando di petrolio. Ma nel frattempo sorge una domanda: e fino ad oggi? Fino ad oggi chi acquistava il petrolio di contrabbando? Si dice: vi sono catene di intermediari … è difficile ricostruire l’intera catena di passaggi … Ecco, ci risiamo, c’est l’argent qui fait la guerre! E fino a quando non avremo costruito un sistema internazionale coordinato ed omogeneo di regole finanziarie, bancarie e sul rispetto dei diritti civili ed umani, chi vorrà potrà sempre trovare i canali “in nero” per eludere ogni controllo.

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Mettiamole le strisce!

Già, direte voi, ma come arrivare a questo accordo? Attraverso un primo accordo fra USA e USE- United State of Europe. E gli altri, direte voi? Gli altri? Innanzi tutto una simile aggregazione attirerebbe  molte atre adesioni … E poi, direte voi? E poi altro che Europa a due velocità! Si arriverebbe, nel peggiore dei casi, ad un mondo a due velocità: quello onesto e quello disonesto che sarebbe di dimensioni sempre minori essendo letteralmente messo al bando e boicottato dal blocco USA-USE & C..

Dice … ma allora ci risiamo: gli USA esistono già, ma gli USE … come arrivarci? E qui vi rispondo: innanzi tutto attraverso la creazione di una Europa delle Regioni su sistemi transfrontalieri omogenei e funzionali. Diamoci da fare, una buona volta! Cos’altro aspettiamo?

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EUROPA OGGI – DELLE REGIONI – DEGLI STATI: QUALE IL CONTRIBUTO DEI PARTITI TERRITORIALI?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Novembre, 2015 @ 5:37 am

Detto altrimenti (premessa): ovviamente chi scrive è un europeista convinto. Ma questa è un’altra storia. Se vorrete, ne potremo parare in altra sede.  (post 2182)

L’Europa, così com’è non va bene. Perché non basta. C’è chi dice “Europa degli Stati” e chi “Europa delle Regioni”, con se si trattasse di una scelta alternativa: aut-aut di angosciosa kirkegardiana memoria. E invece no: infatti il regionalismo europeo transfrontaliero è il miglior ponte verso l’Europa degli Stati.

Il concetto che sta alla base del ragionamento è semplice. Per essere chiari: in Italia abbiamo cominciato a capirlo col la Legge Galli (gestione delle acque, L. 36/1994) relativa alla necessità di operare su aree funzionalmente omogenee, solo per citare un caso di inter – territorialità, sia pure uni – nazionale.

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thV2BUL2TFIn Trentino si parla della necessità di “fare rete”; si organizzano Comprensori prima e Comunità di Valle poi; si incentiva la fusione di Comuni … tutto per arrivare a gestire in modo più funzionale aree omogenee. E allora, perché non ricercare queste sinergie – sia economiche che culturali -  anche a cavallo di una frontiera? L’ambito statale non può essere una camicia di forza che impedisce lo scambio culturale, tecnologico, il coordinamento dei mercati, una pianificazione di sistema solo perché una parte del sistema si trova al di qua e l’altra al di là di una frontiera.

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th86IYMBE6Prendiamo la nostra regione TAA o se preferite, Trentino Sud-Tirolo. Taluno afferma che ormai non servirebbe più di tanto. Si dice: facciano le Provincie Autonome, anche sulla base del principio di sussidiarietà (che non riguarda la politica di erogazione di sussidi, bensì la regola che l’Ente superiore intervenga solo in via sussidiaria, ovvero laddove l’Ente inferiore non ne sia capace, n.d.r.). E invece no. La Regione serve e come! Serve per arrivare alla creazione di una macroregione transfrontaliera con le sue sorelle d’oltralpe. Il che non significa né immediatamente né necessariamente la creazione di un nuovo, diverso organismo pubblico internazionale, bensì l’adozione di politiche “come se”.

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Mettiamole le strisce!

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A questo punto è chiara la valenza dei partiti territoriali locali: ovvero di quegli “insiemi” di culture, sensibilità, esigenze, potenzialità veramente “comuni”, nel senso di valori “alla cui realizzazione tutti i soggetti delle aree interessate hanno contribuito – o sono disposti a contribuire – sin dall’inizio con il proprio apporto diretto” (letteralmente). Una regionalità transfrontaliera quindi che sia la base sulla quale poi assai più facilmente si potranno costruire (perchè di una “costruzione” vera e propria si tratta) gli Stati Uniti d’Europa.

 

 

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FOTOPOST

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Novembre, 2015 @ 4:15 pm

Detto altrimenti: sul balcone a Trento   (post 2181)

 

 

 

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La salvia fiorisce. E’ il suo tempo o è il caldo eccessivo di questo autunno?

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…. e di questa, che ne dite?

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UN IMMIGRATO EXTRACOMUNITARIO CHE SI E’ FATTO ONORE …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Novembre, 2015 @ 2:16 pm

Detto altrimenti: … anche in campo letterario  (post 2180).

Tale Apuleio nasce berbero a Madaura, nella provincia romana della Numidia (nord Africa), intorno al 125 d.C.,  da una ricca sua famiglia. Ereditata una fortuna, studia a Cartagine, Atene e Roma, apprende il greco ed il latino. A Roma è iniziato al culto di Osiride e Iside, intraprende con successo la carriera dell’avvocato e approfondisce la sua cultura filosofica e religiosa.

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Il protagonista Lucio trasformato in un asino

Con la Prof (“Prof” senza puntino!) Maria Lia Guardini oggi abbiamo parlato del romanzo “Metamorfosi” di Apuleio, anche in raffronto al Satyricon di Petronio (v. alcuni post fa). Prima domanda ricorrente: perchè l’Autore (di turno) ha scritto questa o quell’opera? Chi ne erano i destinatari? In Petronio si pensa che volesse condannare (o condividere?) i costumi dissoluti della corte di Nerone. Nel Satyricon prevale infatti una ragione sociologica. Qui no. Qui, nelle Metamorfosi, al di là e al di sopra dell’aspetto superficiale (quello che appare ad una prima lettura disattenta), prevale la finalità religiosa.

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th1YXTUR3IInfatti già nella ”novella dentro la novella” e cioè nella favola di Amore e Psiche (psiche = anima), la trasformazione di Psiche in dea anticipa la conversione (trasformazione, metamorfosi) alla fine del romanzo del protagonista Lucio – già trasformato in asino – da asino in persona umana e quindi in sacerdote di Iside. Nel  frattempo ne succedono di tutti i colori: infatti già all’inizio del primo libro Apuleio avverte il lettore: guarda che ti divertirai. E infatti il lettore si diverte quanto meno nel cercare di immaginare le scene che sfilano sotto i suoi occhi, con un processo mentale che Italo Calvino definiva “cinematografia mentale”.

Lo stesso Autore ci avverte: la lingua utilizzata è il latino della periferia, dei non-latini (come potrebbe essere l’italiano parlato oggi dagli Istriani, n.d.r.).

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Il tema principale dell’opera è il “viaggio”, tema  ricorrente nella letteratura di tutti i tempi, da Omero a Dante a Goethe. Tema che troviamo anche in Petronio (anche se non si comprende bene dove si voglia andare a parare). E anche in Apuleio, nella cui opera però  il viaggio è un chiaro tendere alla conquista della religiosità.

La novella, anzi, le novelle nella Novella. Ve ne sono più d’una, un po’ come – ad esempio – nel Manzoni (quella della monaca di Monza; dell’Innominato; di Renzo senza Lucia e viceversa; etc.). Tuttavia i “quadri manzoniani” sono molto slegati fra di loro, mentre in Apuleio essi sono reciprocamente intersecanti.

Lo humor non manca: Giove che commina una multa in denaro agli Dei che non partecipano alle riunioni (imparino i nostri Parlamentari!); i briganti che si informano sule retribuzioni degli alti burocrati prima di decidere chi rapinare (stipendi e pensioni d’oro!); Giove che si dimostra laureato in giurisprudenza volendo per Cupido nozze “secondo il diritto civile”; etc.

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th[3]Troviamo poi la curiosità umana che da vizio diventa strumento del sapere; l’inopportuna apertura di una fiala che riconduce all’otre dei venti aperto dai compagni di Ulisse; una dantesca discesa agli inferi; paesaggi idilliaci e paesaggi salgariani; descrizione di interni; brani da “50 sfumature di grigio”; una molto compiacente e generosa giovane domestica dal nome promettente: Fotide (!); come perdere la verginità e dare la colpa ad un dio; l’episodio della giara che ci riporta a Pirandello; e poi, la giara? Permane il  dubbio che Boccaccio si sia ispirato ad Apuleio: in Apuleio l’amante di gode la moglie altrui affacciata verso l’interno della gara entro la quale sta lavorando il marito; nel Boccaccio, la donna è affacciata alla finestra e saluta il proprio marito per strada, mentre all’interno della casa, da dietro, l’amante …); la descrizione di un giovane (il modello della pubblicità maschile dell’epoca?) “di altezza proporzionata, robusta snellezza, incarnato discreto, capelli biondi e sciolti, occhi celesti ma vivi e splendenti come quelli di un’aquila, portamento nobile ma senza affezione” (può bastare?).

Insomma, un bel romanzo avvincente, assai gradevole da leggere anche solo superficialmente.

Prossimi appuntamenti del Gruppo di Lettura “I classici” sotto la guida della Prof (Prof senza il puntino!) Maria Lia Guardini: 1 dicembre 2015 (per terminare le Metamorfosi, 12 gennaio 2016. Ma che faremo il 12 gennaio? Emma propone una “antologia” di temi. La Prof i proemi. Io “Le vite paralelle” di Plutarco. Vedremo.

Maria Lia Guardini, Gruppo di Lettura dei classici, Biblioteca Comunale di Trento, primo piano, sala a fianco della Sala degli Affreschi, ore 10,00 – Entrata libera. Non mancate!

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