TRANSNISTRIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Dicembre, 2015 @ 7:14 am

Detto altrimenti: questa terra sconosciuta     (post 2229)

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Ho letto “Nel sonno non siamo profughi” di Paul Goma (Keller Ed.) e soprattutto – ve lo raccomando! – “Educazione siberiana” di Lilin Nicolai (Einaudi Ed.) e ho iniziato a conoscere la drammatica storia di questa regione, a noi così vicina ed a noi così sconosciuta.

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Tormentata zone di frontiera, contesa fra Romania, Moldavia e Russia. In internet potete leggere molte notizie al riguardo.

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Ne scrivo perché ve lo avevo anticipato nel post del 20 dicembre scorso (“Una comica ferroviaria…”). In quella occasione, sul treno, di fronte a me, due giovani donne straniere. Cerco di capirne la lingua. Russo? Maria Teresa dice no, forse rumeno. Chiediamo. Una era rumena, l’altra moldava. Fra di loro parlavano una sorta di rumeno.

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Simboli russi in Transinistria

Simboli russi in Transinistria

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La moldava conosce l’italiano e il russo. Le chiedo: “Vi è speranza che i problemi della Transinistria possano essere risolti?”. Risponde: “Quali problemi? In Transinistria si fa la bella vita, si vive benissimo”.

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Passaporto della Transinistria: in caratteri cirillici

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Ho capito, penso, sei filo-russa. Ma le tue dichiarazioni mi mettono in allarme se le confronto non solo con quanto ho letto nei libri di cui sopra, ma soprattutto con le recentissime opposte affermazioni della signora moldava- non-filo-russa che ha fatto la badante a mia suocera per anni, la quale mi parla di un odio vivissimo dei russi-filo-russi verso quella parte di popolazione di origine moldava-rumena.

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Ed allora questo suo elogiare la qualità della vita in quella regione mi mette in allarme in quanto è un denegare il problema, volerlo nascondere per preparare il terreno a cosa? Ad una ennesima “pulizia etnica”?

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L’ALTRA SERA IL GOVERNATORE VISCO DA FAZIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Dicembre, 2015 @ 7:40 am

Detto altrimenti: … ma … e la CONSOB?       (post 2228)

th[2]L’Italia al salvataggio di quattro banche. Visco ha affermato: “Abbiamo fatto il massimo”, “Ci deve pensare la magistratura a ricercare e punire eventuali responsabilità” … “Occorre provvedere per legge”. Poi cita i condizionamenti della geopolitica ed elenca molte pur lodevoli funzioni operative svolte dall’Istituto che egli governa. Al riguardo mi  permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori alcune sottolineature: fare il massimo non basta se poi i risultati sono quelli sotto gli occhi di tutti. La magistratura farà comunque come sempre il proprio dovere. L’attenzione non andava puntata sui condizionamenti della geopolitica (divagazione che distrae dal problema specifico)  e sulle molte pur lodevoli funzioni operative svolte dall’istituto di emissione, ma piuttosto sul fatto che Bankitalia avrebbe dovuto intervenire anche sulla eventuale carenza di una legge la quale avrebbe dovuto impedire ciò che è successo. In altre parole: si è omesso di suggerire al mandriano di costruire una solida palizzata per impedire che i buoi scappassero dalla stalla e dal recinto prospiciente. Ora che i buoi sono scappati, affermare che tocca allo sceriffo arrestare i ladri di bestiame e che si deve costruire la palizzata – ovvero che serve una nuova legge – è sottrarsi alle proprie responsabilità.

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Qualcuno (ma perchè non Visco?) osserva: era compito della CONSOB – Commissione Nazionale per le Società e la Borsa –  Autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari. Ed io mi chiedo: chi ne sono i componenti? Chi li nomina? A chi rendono conto? Sono sanzionabili? Quanto ci costano? Andrà da Fazio anche il Presidente della Consob?

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LA TIRANNIA DEGLI AUTOMATISMI E DELLA MODULISTICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2015 @ 6:30 pm

Detto altrimenti: non servirà a nulla, ma almeno … sfoghiamoci un po’!    (post 2227)

(In alcuni recenti articoli mi sono occupato della democrazia. Ora è il turno della tirannia)

thGTGG8ZYDDi fronte a voi un nastro registrato: “Se vuoi X, premi 1; se vuoi Y, premi 2, etc.” Solo che dietro ad ogni X etc. si annida una cascata di sub ipotesi X1, X2 etc.. Alla fine vi rendete conto che il problema che vi ha indotto a fare quella (micidiale) telefonata non è contemplato nella serie. A questo punto vi giunge un avviso: “Sarete collegati con l’operatore AB/CD”. Voi restate inattesa. Inutilmente. Alla fine cade la linea. Voi telefonate a figli, amici etc.. Alla fine uno di loro riesce a parlare con un operatore che lo avvisa che la procedura è cambiata, che dovete scaricare un altro modulo e spedirlo ad un indirizzo diverso. Ah … vabbè …

I moduli. Nella maggior parte dei casi chi li ha concepiti non si è mai posti dalla parte di chi li deve utilizzare: “ Si, c’è scritto così ma vuol dire cosà …”. Ah … vabbè …

Le procedure. “Si, ma non è aggiornata …”. Ah … vabbè …

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PAROLE IN POLITICA: DEMOCRAZIA, MAGGIORANZA E AUTONOMIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2015 @ 7:21 am

Detto altrimenti: pensando e ripensando, si affinano i concetti     (post 2226)

Le parole. Don Lorenzo Milani in “Lettera ad una professoressa” scriveva che “le parole sono pietre”: occorre maneggiarle con cura perché se ti sfuggono di mano possono fare del  male. Le parole sono anche  la rappresentazione di  realtà, impressioni, volontà, etc. insomma, esistono in quanto rappresentano qualcosa.  Esse poi, in quanto tali, sono anche strumento di informazione unilaterale e di informazione reciproca ovvero di comunicazione (spesso di  sentimenti). Esse si sono “formate” nel tempo come tali. Tuttavia, nel tempo, è cambiata la “portata” del veicolo “parola”. Vediamo qualche esempio.

La parola “demagogo”  2500 anni fa indicava il “capo politico della fazione popolare”. Oggi essa indica chi vuole diventare capo delle folle ammaliandole con proposte strumentali e, pur di  giungere al potere, sobilla il popolo con la promessa di appagare ogni sua aspettativa.

La parola Democrazia (demos, popolo; kratè, potere). 2500 anni fa indicava innanzi tutto  “il potere sul popolo” da cui “demokrator”, chi esercitava il potere sul popolo: quindi anche un tiranno. Come secondo significato (assunto dalla classe dei possidenti esclusa dal governo) la parola indicava, denunciandolo, “il potere quasi violento del popolo”. Solo successivamente il termine ha significato qualcosa che più si avvicina al significato odierno della parola.

Democrazia e maggioranza. Oggi molti associano i due concetti di  “democrazia” e “maggioranza” il che non è. Infatti noi occidentali pretendiamo di esportare nel mondo la nostra “democrazia”, che però è quella di una minoranza di paesi ricchi che utilizza la maggior parte delle risorse del pianeta a danno di una maggioranza, formata dal resto della popolazione (povera) del mondo. In realtà, la contrapposizione non è fra maggioranza e minoranza, ma fra “possidenti” e “non possidenti”.

Obiettivo di un partito politico che si ispiri ad una “democrazia sostanziale” quindi, non è (solo) aumentare il numero degli iscritti, ma aumentare il numero dei “possidenti”, ovvero il numero di coloro che ancora non possiedono – innanzi tutto – un bene strategico (= indispensabile e insostituibile): la prospettiva di un futuro dignitoso.

Democrazia oggi. Essa è un “valore in fieri” ovvero un qualcosa cui tendere, un’utopia nel senso di un qualcosa non ancora (pienamente) realizzato. In tal senso è un bene. Ma se per contro si pretende di vederla pienamente realizzata – il che è impossibile, in quanto essa è il Bene Assoluto, e quindi non raggiungibile pienamente – si corre il rischio di cadere nella consapevolezza della sua non raggiungibilità piena e quindi di ripiegare verso il suo opposto: la dittatura che può essere “politica” o anche solo “di un mono pensiero”.

In tal senso si esprimeva Rousseau il quale pensava che la migliore forma di governo fosse quella che ponesse la legge sopra gli uomini, ma poiché egli riteneva ciò irrealizzabile, non vedeva che altro sbocco di una soluzione opposta, ovvero il dispotismo più arbitrario (solo che poi – pensando a Caligola e a Nerone – aggiungeva che avrebbe voluto che tale despota fosse Dio!).

Democrazia e il suo contrario. Da qui una considerazione attuale (“sull’attualità”): chi si sente legibus solutus cioè al di sopra delle leggi, di fatto è già un tiranno. E ciò avviene quando non si rispettano le leggi (illegalità immorale) o – peggio – quando ci si comporta come se le leggi non esistessero, nemmeno avendo la percezione che le si stia violando (illegalità amorale). Ma per essere “tiranni” non è necessario essere capi politici. Infatti esiste anche una tirannia quotidiana, di piccoli atti violenti contrari al cosiddetto  “diritto dei privati”, come i comportamenti di chi non rispetta o anche solo dileggia le decisioni e le prescrizioni di una qualsiasi assemblea (ad esempio condominiale);  di chi – come Demostene – dileggiava e aggrediva chi non la pensava politicamente come lui; di chi cerca di eludere la coda davanti ad uno sportello; di chi parcheggia l’auto occupando stalli anziché uno solo; di chi, essendo addetto ad un pubblico servizio, lascia che il proprio telefono squilli per decine di minuti prima di accettare di rispondere all’utenza.

Democrazia e Autonomia. Possiamo notare come la Democrazia abbia due caratteristiche in comune con la nostra Autonomia: 1) ovvero l’essere Democrazia e Autonomia dei Beni “Comuni” in quanto entrambi “costruiti” con l’apporto iniziale di tutti. 2) L’essere due Beni “In fieri”, in quanto utopici, ovvero Beni non “ancora” raggiunti. E quell’  “ancora” durerà sempre, il che non significa doversi arrendere di fronte all’impossibile, ma, al contrario, comporta in capo ad ognuno il dovere morale di  aumentare ogni sforzo per il loro conseguimento: quotidianamente, da parte di ognuno.

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POLITICA DI GUERRA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Dicembre, 2015 @ 1:23 pm

Detto altrimenti: oggi come nel passato    (post 2225)

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La storia si ripete. Nel mondo dell’antica Grecia la politica era soprattutto se non esclusivamente politica di guerra:  fare o non fare questa o quella guerra. Atene, famosa, colta, esemplare (“portata ad esempio”) vinse molte battaglie (per soggiogare le città-isole alleate) ma perse guerre disastrose (Siracusa; Egitto), fini a perdere l’ultima (Sparta), che le si rivelò micidiale.

In allora a decidere erano  i cittadini a pieno titolo (politico)  ovvero solo i maschi, nati in Atene da due genitori ateniesi, in grado di armarsi da soli e quindi di combattere. Poi la piena cittadinanza fu allargata ai marinai, motore della flotta. Quando poi Atene si trovò sull’orlo della disfatta totale, cercò di allargare la cittadinanza a tutti, schiavi compresi. Inutilmente.

Oggi, purtroppo, la politica torna ad essere una politica di guerra. E i “cittadini” di allora,  oggi sono i “cittadini” del mondo, ovvero gli Stati armati. La guerra. Le guerre. Molte fatte per “esportare la libertà e la democrazia”. Niente di più ipocrita (ma questa è un’altra storia). Le guerre si sa le decide la politica. E la politica decide le guerre politiche (interne a se stessa)  e quelle con le armi (esterne a se stessa).

Dice … ma la politica è espressione della maggioranza, quindi è una espressone “democratica”, quindi va bene così. Eh, no, non è così semplice la cosa.  Non usiamo, vi prego, il termine “democrazia” il quale – storicamente – era stato coniato ed utilizzato dalle classi dei possidenti non al governo per connotare in senso negativo la forza e la violenza di un governo “popolare”. Già allora la vera antitesi non era ( e non è, n.d.r.!) fra maggioranza e minoranza, ma fra ricchi e poveri. Anche oggi, nel mondo, non governa a maggioranza (i poveri) ma la minoranza (i ricchi). Aspirare all’estensione di questo metodo come “esportazione della democrazia” significa riportare di fatto il termine lessicale al suo significato originario di “governo della violenza”: questa volta dei ricchi. Nei fatti: esportare violenza.

Infatti, purtroppo anche continua la contrapposizione fra persone/Stati ricchi e sempre più ricchi e persone/stati poveri e sempre più poveri. Oltra agli Stati ufficiali poi vi sono gli “stati occulti” ovvero i poteri  economici finanziari trasversali (ma anche questa è un’altra storia).

Sta di fatto che in un sistema del genere ove le maggioranze in quanto tali non contano poiché molto  spesso non hanno i mezzi per esercitare un potere “effettivo”, “efficace” (che porti risultati concreti), spesso emerge il princeps, ovvero il politico dotato di carisma, capacità retorica, autorevolezza (o lo Stato dotato delle armi più forti), il quale si pone a capo di una democrazia formale – principato effettivo. Non parlo di “tirannide” solo perché a questo termine oggi noi ricolleghiamo automaticamente arresti, processi sommari, violenze fisiche d’ogni tipo, mentre è “tirannide” anche quella di chi rimane al potere per un numero indefinito di anni (Pericle raggiunse quasi il trentennio) ed anche chi tratta i propri avversari politici da una posizione di pregiudiziale superiorità politica tacciandoli, come li tacciava Demostene, di tradimento ed invocando per loro la bastonatura, fisica (Demostene, Mussolini) o “politica” che essa possa essere.

Come si esce da tutto ciò? Be’ io ho socraticamente posto il problema: alla soluzione ci pensino persone assai ben più preparate  di un povero blogger …

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UNA COMICA FERROVIARIA …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Dicembre, 2015 @ 8:07 am

Detto altrimenti: … di chi usa sempre e solo l’auto           (Post 2224)

WP_20151219_002Come sono cambiati i treni dai tempi miei! Pensate un po’ … ho potuto fare il biglietto da casa, con il computer: un successo! Mai avrei creduto di essere tanto bravo … che lo sapete anche voi che “ai miei tempi” questi cosi non esistevano! Già … dovevo andare a Bologna a pranzo da mio figlio … sì, mio figlio: ormai è grande, lavora in quella città in un’importante Gruppo: “Papà, dai, lascia stare l’auto … è più sicuro: la nebbia, il traffico …”. Ed io l’ho voluto accontentare.

Solo che … come ci vado alla stazione? Con il taxi? Ma se hai la fermata del bus sotto casa! E allora scendi, vai a vedere gli orari. Detto, fatto: ore 08,29. Il Trento è alle 09,10, il tragitto per la stazione è breve. Ma … e i biglietti? Vai all’edicola dei giornali ed è fatta. Come sei bravo!

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La fermata del bus, vista dal balcone di casa

La mattina. Con la moglie, pronti  per tempo, ci presentiamo alla fermata alle 08,15. Alle 08.20 accorgo che ho dimenticato il telefonino in casa. Lascio  miei guanti a Maria Teresa e corro a prenderlo: infatti è pur vero che ho stampato gli estremi del biglietto, ma ci tenevo a poter mostrare al controllore avere il “biglietto elettronico” sul telefonico, una figata da niente! Scendo in strada alle 08,25 in tempo per vedere passare l’autobus. Lo rincorro, lo raggiungo alla fermata alle 08,26. Maria Teresa stava parlando con l’autista: “Ma lei è in anticipo …”. “Si, vabbè, ma tanto io per ripartire aspetto l’orario”. Io salgo alle 08, 27. L’autista riparte con due minuti di anticipo sulla tabella di marcia. No buono.

“Maria Teresa, per favore, dammi i miei guanti”. “Ne ho uno solo, l’altro dev’essermi caduto di mano alla fermata”. Peccato, ci tenevo tanto ….

Arriviamo alla stazione con larghissimo anticipo. Comperato il giornale  si va al marciapiede. Scendere e salire le scale con una valigia piena di vini trentini Doc non è cosa da poco. Entriamo nella saletta d’aspetto. Un giovane ci guarda. Noi lo salutiamo. Poi Maria Teresa pensa che potremmo andare ad aspettare il treno nei locali del bar. Usciamo dalla saletta. Paziente, addomesticato, mi accingo a rifare discesa e salita di scale con 20 litri di vini-regalo al seguito. Poi rifletto: “Ma … scusa, abbiamo già fatto colazione, che ci andiamo a  fare al bar”? Giusto. Rientriamo nella saletta. Il giovane di prima, essendo rimasto solo, si era stava concedendo una sigaretta. Come noi entriamo, lui esce.

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Il guanto ritrovato …

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Il guanto perso. Un pensiero costante. Un’idea! Telefono ad una condomina amica: “Scusa, scenderesti mica in strada a vedere se trovi un guanto …?” “Si, vado”. Dopo un po’: “Trovato!”. Bene, grazie! Ora sono tranquillo … purchè nel frattempo io non perda l’altro!

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… l’altro!

Annuncio ritardo, cinque minuti (da Bolzano, già cinque minuti? Che bravi!): ma a Verona i minuti per la coincidenza scendono a sette! Speriamo bene! Ad Ala i minuti di ritardo sono saliti a otto. Il terrore corre sul filo. Passa la Capotreno: “Senta, per favore, avvisi il collega che ci aspetti…”. “Si certo, siete in tanti …” Poi l’altoparlante ci informa che troveremo la coincidenza al binario 10. Bene.

In treno, breve colloquio con una Moldava sulla Transinistria. Ne parlerò fra qualche post. 

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Bologna. All’arrivo mio figlio ci attende alla stazione, lato “strage”. Fa sempre impressione, quell’orologio fermo all’ora dell’esplosione. Tralascio i dettagli della festa familiare, dell’ottimo pranzo a base di pesce e vini superdoc.

thHWGL051ZSi torna in stazione. Binario 16: e chi se lo sarebbe aspettato? I binari sono al terzo piano sotto … scale mobili, pareti in acciaio, luci “spaziali”: per le Frecce (già, abbiamo prenotato un treno diretto, superveloce, il Roma-Bolzano, paghi un posto e ne ricevi due!), hanno interrato i binari: uao! Una figata! In meno di due ore siamo a Trento, a casa un minuto prima delle 21.00. Questa volta: ebbrava Trenitalia! Che differenza da quando, nei miei film, viaggiavo clandestino nei carri bestiame!

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PAROLE IN POLITICA: DEMOCRAZIA E AUTONOMIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Dicembre, 2015 @ 6:39 am

Detto altrimenti: tentativi di riflessione …                      (post 2223)

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Don Lorenzo Milani in “Lettera ad una professoressa” scriveva che “le parole sono pietre”: maneggiate male, possono sfuggirti di mano e ferire qualcuno! Ma le parole sono anche la rappresentazione di  realtà, impressioni, volontà, etc. insomma, esistono in quanto rappresentano qualcosa.  Esse poi, in quanto tali, sono anche strumento di informazione unilaterale e di informazione reciproca ovvero di comunicazione (spesso di  sentimenti). Esse si sono “formate” nel tempo come tali. Tuttavia, nel tempo, è cambiata la “portata” del veicolo “parola”. Vediamo qualche esempio.

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La parola “demagogo”.  2500 anni fa indicava il “capo politico della fazione popolare”. Oggi essa indica chi vuole diventare capo delle folle ammaliandole con proposte strumentali e, pur di  giungere al potere, sobilla il popolo con la promessa di appagare ogni sua aspettativa.

Democrazia ieri  (demos, popolo; kratè, potere). 2500 anni fa indicava innanzi tutto  “il potere sul popolo” da cui “demokrator”, chi esercitava il potere sul popolo: quindi anche un tiranno. Solo come secondo significato la parola indicava “il potere del popolo”, ovvero un qualcosa che più si avvicina al significato odierno della parola.

Democrazia oggi. Essa è un “valore in fieri” ovvero un qualcosa cui tendere, un’utopia nel senso di un qualcosa non ancora (pienamente) realizzato. In tal senso è un bene. Ma se per contro si pretende di vederla pienamente realizzata – il che è impossibile, in quanto essa è il Bene Assoluto, e quindi non raggiungibile pienamente – si corre il rischio di cadere nella consapevolezza della sua non raggiungibilità piena e quindi di ripiegare verso il suo opposto: la dittatura che può essere “politica” o anche solo intellettuale, ovvero  “di un mono pensiero”.

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In tal senso si esprimeva Rousseau il quale pensava che la migliore forma di governo fosse quella che ponesse la legge sopra gli uomini, ma poiché egli riteneva ciò irrealizzabile, non vedeva che altro sbocco di una soluzione opposta, ovvero il dispotismo più arbitrario, solo che poi aggiungeva che avrebbe voluto che tale despota fosse Dio (1).

Da qui una considerazione attuale (“sull’attualità”): chi si sente legibus solutus cioè al di sopra delle leggi (e del pensiero altrui) di fatto è già un tiranno. E ciò avviene quando non si rispettano le leggi (illegalità immorale) o – peggio – quando ci si comporta come se le leggi non esistessero nemmeno avendo la percezione che le si stia violando (illegalità amorale).

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Ma per essere “tiranni” non occorre essere capi politici. Esiste anche una tirannia quotidiana, di piccoli atti violenti contrari al cosiddetto  “diritto dei privati”, come i comportamenti di chi non rispetta o anche solo dileggia le decisioni e le prescrizioni di una qualsiasi assemblea (ad esempio condominiale);  di chi cerca di eludere la coda davanti ad uno sportello; di chi parcheggia l’auto occupando stalli anziché uno solo; di chi, essendo addetto ad un pubblico servizio, lascia che il proprio telefono squilli per decine di minuti prima di accettare di rispondere al Cittadino; del titolista di un giornale che attraverso l’apposizione di un titolo strumentale o  tagliando il tuo scritto,o accostandogli una foro sviante, snatura la portata del tuo messaggio.

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thV2BUL2TFTornando alla Democrazia, possiamo notare come essa abbia due caratteristiche in comune con la nostra Autonomia: 1) l’essere Democrazia e Autonomia dei Beni “Comuni” in quanto entrambi “costruiti” con l’apporto iniziale di tutti. 2) L’essere anche Beni “in fieri”, in quanto utopici, ovvero Beni non “ancora” raggiunti. E quell’  “ancora” durerà sempre, il che non significa doversi arrendere di fronte all’impossibile, ma, al contrario, il dovere morale di  aumentare ogni sforzo per il suo conseguimento: quotidianamente, da parte di ognuno.

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th7AX95LOW(1) con questa citazione non sto inneggiando allo Stato teocratico, ci mancherebbe! Infatti occorre distinguere: la nostra religione è Creazione e Resurrezione. Essa poi  “ha” una morale (ad esempio il “non fare agli altri etc.”  regoletta che – fra l’altro – era già presente alcuni millenni prima nel Codice Hammurabi). Detto ciò, non è “teocrazia” apprezzare al massimo grado i contenuti assolutamente laici, quali quelli della solidarietà, della pace, dell’accoglienza, del rispetto reciproco, del rispetto della natura, dell’equa distribuzione delle risorse e della ricchezza del mondo, etc. quando essi sono alla base della “politica” di un Papa (Francesco), il quale, non dimentichiamolo è sì anche Vescovo di Roma, ma è anche a capo di uno Stato Estero quindi, sotto questa veste, anche  laico. Che poi io lo definirei Papa Chiropratico, nel senso che non solo combatte le malattie (del mondo) a, ma cerca in tutti i modi di prevenire ed impedire il loro manifestarsi.

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“IL MISTERO TUCIDIDE” DI LUCIANO CANFORA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Dicembre, 2015 @ 9:03 am

Detto altrimenti: Graecia capta, ferum victorem cepit …   (post 2222)

La Grecia. Se ne parlava tanto fino a poco tempo fa, poi più nulla. Si vede che siamo in tutt’altre faccende affaccendati. Eppure a questa Grecia noi dobbiamo molto, da 2500 anni. Infatti la Grecia, conquistata dai Romani, a sua volta li conquistò con la sua cultura. Cultura che vuol dire insieme di conoscenze, sensibilità, desiderio di sapere, esperienze. Ed io che grazie ai miei genitori ho avuto la fortuna di fare studi classici, da vecchietto mi rituffo nella Grecia classica per una più consapevole lettura, interpretazione, trasposizione ai giorni nostri di esperienze storiche.

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Tucidide, “mens  storica e politica” del tempo, ci narra la Guerra del Peloponneso (431-404 a. C.)  fra Atene e Sparta ma soprattutto le vicende politiche in Atene, culla della “democrazia oligarchica” (questa definizione è mia, n.d.r.). La guerra dl Peloponneso fra due potenze coloniali fu una guerra totale, mirata all’annientamento dell’avversario, non alla conquista di una rotta, di una costa, di una città. E alla fine la vinse Sparta con l’aiuto delle finanze persiane, salvo poi fare guerra alla Persia e vedere la propria flotta annientata da quella persiana guidata da un ammiraglio ateniese, il quale, sempre con le finanze persiane, ricostruì le mura di Atene che gli Spartani avevano distrutto . Se non è “politica” questa!

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Su questo “disvalore” dei comportamenti dell’umana politica, Canfora torna anche in un’altra sua opera, “Esportare la libertà– Il mito che ha fallito”, quando di ricorda i continui spregiudicati voltafaccia delle “grandi potenze” d’ogni tempo, portate combattere chi fino a poco prima avevano rifornito di armi e viceversa. Altro che la pace separata dell’Italia alla fine della seconda guerra mondiale!

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Ma torniamo alla Guerra del Peloponneso. Durante questo periodo si succedettero in Atene diverse forme di governo, il cui avvicendarsi fu caratterizzato dalle uccisioni di individui di volta in volta giudicati “inidonei” (sic) e – la cosa che più mi ha colpito – dal silenzio del popolo e dalle stesse accondiscendenti votazioni  suicide dell’Assemblea degli Ateniesi di fronte al colpo di Stato dei 10 consiglieri, che individuarono i 5000 cittadini “in grado di pagarsi le proprie armi”, che cooptarono – metodo tipico dell’oligarchia – il Consiglio dei  400, fino alla irruzione armata di costoro nell’Assemblea democratica dei 500 (che erano stati democraticamente scelti per sorteggio), fatti uscire dall’aula dopo avere ricevuto, ognuno, la liquidazione che oggi definiremmo “per il reinserimento nella vita lavorativa”.


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Ma relativamente a Tucidide …  perché  si parla di “mistero”? Perché non se ne riesce a seguirne del tutto le tracce: in che misura presente in Atene a fianco degli oligarchi? Esule dopo la loro caduta? Autore della critica alla democrazia Ateniese a firma del famoso “anonimo”? Ma soprattutto, ucciso da Senofonte (quello delle Anabasi) che avrebbe inteso  appropriarsi del suo piano di lavoro sulla Guerra del Peloponneso, per poi trasferirne dati e stile nel proprio secondo libro delle Elleniche, il quale, guarda caso, assomiglia in tutto e per tutto alle opere di Tucidide (conservatore illuminato)  molto più che non a quelle del super conservatore gretto e retrogrado Senofonte?

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Ci sarebbe materia per un romanzo-giallo-storico-letterario. Chi se la sente?

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GIOVANI, ABBIATE SEMPRE LA VISIONE D’INSIEME!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Dicembre, 2015 @ 7:20 am

Detto altrimenti: non vi accontentate delle percezioni sensoriali …    (post 2221)

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L’esempio che porto è sempre lo stesso: dall’alto di una scogliera avete la visone d’insieme del mare e nessuna percezione sensoriale. Man mano che scendete fino ad immergervi in acqua, la visione d’insieme diminuisce fino ad annullarsi e la percezione sensoriale aumenta fino a farvi sentire il sapore del sale sulle labbra.

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Analogamente, cercate di inquadrare ogni evento all’interno della sua categoria ed ogni categoria all’interno delle altre categorie. Altro esempio: se vi dicono che una nuova linea ferroviaria è necessaria perchè “di lì passa il 30% dl traffico”, fatevi dire quanto è il 100% e se tale valore negli anni è in crescita o in diminuzione (inquadramento di quel singolo evento all’interno della propria categoria). E ancora, se quegli stanziamenti sono realmente prioritari rispetto alle esigenze di altri settori (ad esempio, la difesa idrogeologica del suolo ( inquadramento di quella singola categoria all’interno dell’intero sistema di tutte le categorie).

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Ma spesso, dentro … il nulla!

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Un segnale che deve porvi in allarme contro la pretesa di chi vuole negarvi una visione d’insieme, spesso è l’espressione del volto di chi vi sta parlando. La fronte è aggrottata, lo sguardo rivolto verso l’alto, una mano a sorreggere il mento … quasi a trarre ispirazione da pensieri lontani, da calcoli assai complessi, accessibili solo a pochi eletti, roba per pochi, non certo per voi che dovreste accontentarvi di quel po’ di percezione sensoriale che vi sta concedendo.

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E invece no. Giovani, siate curiosi, esigenti, studiate, riflettete, indagate, chiedete, non abbiate paura di dichiararvi insoddisfatti, di poter essere giudicati i rompiscatole di turno. Dichiarate socraticamente (1) di “sapere di non sapere” e subito dopo “che volete capire e sapere”. Qualche post fa (“Cultura e giornalismo”, del 30 novembre) citai una frase di Ezio Mauro: “Per fare il giornalista occorre molto studio e molta curiosità”. Ecco, giovani, studiate e siate curiosi intellettualmente, non solo se volete fare i giornalisti, ma se volete essere consapevoli partecipi della vostra stessa vita.

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(1) Nell’antica Grecia Socrate fu condannato a morte perché “corrompeva i giovani”, ovvero perchè li incitava a scoprire la verità. Perchè poi  i “suoi” giovani – così “corrotti” – avrebbero potuto infastidire i monopolisti della visione d’insieme, insomma … parliamoci chiaro …

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IERI, 16 DICEMBRE 2015 …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Dicembre, 2015 @ 7:32 am

Detto altrimenti: giovani, diversamente giovani, anziani   (post 2220)

Il 6 dicembre scorso ho compiuto il mio quarto anno di blogger. La data mi è sfuggita per l’impegno che ho avuto al capezzale della mamma di mia moglie, poi mancata il 13 scorso  alla veneranda età di 95 anni.  Ma la vita, ovviamente, continua. E per me inizia a continuare la mattina presto, perché sono bonorif, ovvero – traducendo l’espressione dialettale trentina  – sono uno molto mattiniero.

Quattro anni, 1.461 giorni di vita scritta per un totale di 2.208 post, alla media giornaliera di un post e mezzo al giorno e di un totale di poco più di un commento (pubblicato, spam esclusi) in media a post. Gli esperti mi dicono essere un bel traguardo, del che li ringrazio.

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Bonorif, dicevo. E alzandomi presto, la prima cosa che faccio è sorseggiare un caffè e accendere te, mio amatissimo compagno di scrittura … sì, proprio te, mio computer, per vedere quanti lettori il giorno precedente si sono collegati con le mie sudate carte elettroniche. Ed ecco ieri il record di “ascolti”: 346 lettori attivi in una giornata!

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E allora mi sono detto: come “celebrare” sia pure in ritardo di qualche giorno questo compleanno di un “giovanissimo blogger”  e questo record di ascolti? Ecco … ci sono: con un pensiero per i giovani. Infatti, anche se il prossimo 3 febbraio prossimo io, acquario, compirò ben 72 anni, oltre che essere un giovane nonno (della splendida Sara, da 5 anni), sono anche un giovanissimo blogger, non ti pare, amato PC? Ma …. bando alle premesse e veniamo al sodo: largo ai giovani!

I giovani, il futuro. Ogni società è composta da 1) giovani; 2) diversamente giovani, 3) anziani.

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Go alone, it’s your turn!

Gli appartenenti alle due ultime categorie hanno la stessa età ma i diversamente giovani, fra i quali io mi onoro di appartenere sono coloro che cercano di far crescere i giovani, di trasmettere loro la propria esperienza, di sorreggere il sellino della bicicletta della loro vita, dopo averne tolto le rotelline, felici quando si accorgono essi che sanno procedere da soli, in sicurezza. Gli anziani sono coloro che  frenano la crescita dei giovani, li strumentalizzano, li ingannano, che non vorrebbero mai togliere le rotelline dalla ruota posteriore delle loro biciclette. Tutto qui.

A riprova della mia auto collocazione nella seconda categoria (quella dei diversamente giovani), termino rimandando le mie lettrici ed i miei lettori a rileggere, all’interno della categoria dei vari post denominata “Giovani”, il post n. 1998 del 20 novembre 2015 “Istruzioni per l’uso della vita lavorativa dei giovani che hanno già un lavoro” il quale sua volta riprende (copia) un analogo post del 28 settembre 2012 “Per i giovani che stanno lavorando”. Ovviamente non è “vietato” che leggiate anche gli altri articoli postati in questa categoria.

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Dopo, care giovani lettrici e giovani lettori, a voi il giudizio: se vorrete confermarmi o escludermi dalla mia attuale categoria di appartenenza, accetterò la vostra sentenza. Vi ringrazio.

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