EGITTO COME LA SIRIA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Maggio, 2016 @ 12:49 pm

Detto altrimenti: a pensar male …  (post 2368)

  1. Il Ministero degli Interni egiziano dirama le istruzioni ai suoi prefetti ed alla sua polizia: “Giù duri con i sindacati e su Regeni imponete il silenzio stampa”.
  2. (Omicidio Regeni. L’avere voluto che ne fosse ritrovato il cadavere martoriato è un chiaro messaggio dl regime: “Vedete cosa succede a romperci le palle?”)
  3. Dal Ministero egiziano per errore il  messaggio di cui al n. 1 viene inoltrato anche a tutti i media.
  4. Vorrei conoscere la sorte dell’addetto ministeriale  che ha commesso questo errore.
  5. La popolazione si ribella sempre di più. Il regime arresta, tortura e uccide sempre di più
  6. Tutto ciò ricorda quanto  è accaduto in Siria. 

… si fa peccato ma si indovina! (Io speriamo che … questa volta mi sbaglio).

 

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Presidente Sisi … Sisi, da non leggersi al contrario, per carità!

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P.S.1: dalla società “meccanica” nelle fabbriche, sulle scrivanie delle segretarie dotate di macchina da scrivere Olivetti, siamo passati alla società elettronica e globalizzata. Nella prima società, di ogni azione si poteva pre calcolare quali e quanti effetti avrebbe generato ed in quali tempi. Nella società odierna ad ogni azione corrisponde una reazione immediata, disuguale, enorme, imprevedibile, incalcolabile.

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P.S. 2: GEOPOLITICA. Una guerra civile in Egitto potrebbe condurre alla chiusura del canale di Suez. Ciò determinerebbe un maggior costo del trasporto delle merci dall’oriente e soprattutto del petrolio. A questo punto molto probabilmente USA ed UE si accorderebbero per andare ad esportare la pace, almeno sul canale. Tuttavia, poichè i paesi petroliferi sono in crisi per il basso prezzo dell’oro nero, quella chiusura tornerebbe loro utile in quanto potrebbe segnare l’inizio della risalita della sua quotazione.  A pensar male … (v. sopra).

 

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A PIEDI NUDI NEL … MONTE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Maggio, 2016 @ 10:12 pm

Detto altrimenti: ci ha provato Andrea Bianchi      (post 2367)

 

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Da sinistra: Andrea e la blogger Mirna Moretti, al gruppo di lettura di Mirna, Librincontri

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Andrea Bianchi, ing. e invece non lo fa: piuttosto,  imprenditore ed editore. Il “mio” editore, nel senso che lui mi edita. La sua creatura? Mountainblog Ita-GB-Asia …. ah … dimenticavo: c’è anche il nostro Trentoblog, non così big ma ugualmente great. Tutti insieme nall’ambito del Film Festiival della Montagna il cui presidente, Roberto Tropanin De Martin, è stato mio compagno di università (a Genova) e d’arme (a Bressanone).

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E Trentoblog – di cui io sono solo uno dei tanti blogger (che dite? Dicesi blogger quello che sta a metà fra lo scrittore, il giornalista e il libero pensatore: a metà fra tre metà, ebbè? Che c’è di strano?) – Trentoblog dicevo era presente oggi alla presentazione (presente alla presentazione, scusate il gioco di aprile) del suo (eius, suo di lui) ultimo libro (v. foto qui a fianco). E non ero solo: con me c’era …anzi, ero io ad essere con lei, la mia “madrina blogger” Mirna Moretti, colei che mi ha trascinato nel giro della … droga dei post (dai Riccardo, fai tu un post …ok va bene Mirna). Ma questa è un’altra storia e comunque di ciò non finirò mai di ringraziarla. E veniamo a noi.

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Al tavolo dei presentatori Carlo Ancona (”Sono in ferie” ha detto) che parlava rivolto ai suoi colleghi per cui ho fatto un po’ fatica a fotografarlo in viso; Fausta Stanzi e l’Autore.

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La blogger Mirna Moretti, rossovestita

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La sala al secondo piano dello splendido palazzo Roccabruna (vedi foto), affollatissima (gente in piedi), il che è già un buon segno.

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3 - il paese Koromasnia - CopiaCamminare a piedi nudi. Lo si faceva molto di più fino a 100 anni fa …. poi sono arrivate le suole per tutti o quasi e ci siamo dimenticati di come si fa senza. In montagna non l’ho mai fatto, ma quando sono al mare … uao! 20 giorno senza scarpe. Dove? Normalmente su di un’ isola semideserta delle Incoronate (v. foto a fianco), senza negozi, strade, sentieri. la casa a 20 metri dal mare ed io su e giù scalzo. I primi giorni pizzica un po’, ma poi … poi ti accordi che sei libero. Già, libertà vuol dire potere scegliere, e i piedi nudi puoi (e devi) scegliere dove posarli.

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Casa e porticciolo, barca, scogli, montagna

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Tuttavia se voglio fare dell’altro, in acqua, sugli scogli aguzzi o sui monti dalle rocce taglienti dell’isola, qualche presidio devo adottarlo (v. foro a fianco). Ma una cosa la voglio dire: dopo qualche giorno i piedi e il loro proprietario si abituano, sono più sicuri, non avvertono più fastidio … ecco: ci siamo: sono tornati liberi!

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Parigi, metropolitana: piedi che lavorano (prigionieri)

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Andrea ci ha spiegato la genesi del suo camminare scalzo fino in cima ai monti, la gradualità, i vantaggi, la filosofia di vita. Cosa ho pensato? Che ha una gran bella testa, con tutti gli impegni che ha, a non dimenticare di essere una Persona che ricerca continuamente se stessa, anche camminando a piedi fin sul Corno Bianco, oltre 2300 metri, fra le Valli di Fiemme e Fassa.

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Parigi, stesso metrò: piedi in vacanza, ma sempre prigionieri

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Il suo approccio alla materia, e quindi il suo libro, è un breve trattato monografico di filosofia di vita. Volete che ve lo riassuma? Non è il caso: è un brevissimo cammeo ricco di esperienze e di esperienza, di proposte, di informazioni … è meglio che lo leggiate  direttamente.

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UN’ALTRA DELLE MIE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Maggio, 2016 @ 2:44 pm

Detto altrimenti: no, non l’ho fatta grossa … non più grossa della volta precedente … (post 2366)

IMG_4024 - CopiaVELIERO DI CARTONE. L’ avevo promesso alla mia nipotina Sara … questa volta te lo faccio semplice semplice, che tu ci possa giocare, che non si rompa … Tutte promesse da marinaio (appunto!). infatti, strada facendo, che gli posso negare questo particolare … e così via … per cui alla fine ecco un altro modello da (quasi) esposizione. Rispetto al veliero precedente (“Sara”) di qualche post fa la base è la stessa. Le novità sono:

  • fasciame più rigido (cartone delle cassette dei piccoli frutti di S. Orsola (TN);
  • albero più a prua e una sola vela (randa);
  • pozzetto più ampio;
  • bordo più basso;
  • dotazione per pesca d’altura (con due pesci già catturati);
  • quattro remi (ex due);
  • manovre correnti finte;
  • albero senza crocette;
  • IMG_4015 - Copiasartie in acciaio (!!);
  • vang rigido (!!);
  • linea di galleggiamento più marcata;
  • maggiore uso di legno teck marino … adesivo!
  • Gavone a poppa;
  • randa finta, non (ancora) montata;
  • dislocamento (peso), gr. 320 (ex 300);
  • bussola e log “veri!”.

Il nome è indicato a poppa: “21 Ottobre”, data di nascita della mia nipotina Sara. A prua è indicato il porto di ormeggio (Lavis, TN) e il numero di immatricolazione “1”, quindi “LAVIS 1”.

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Buon vento, “21 Ottobre” e che la navigazione sul tavolo della cucina di Sara ti sia propizia!

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CATULLO ED ALTRI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Maggio, 2016 @ 2:36 pm

Detto altrimenti: con Maria Lia Guardini alla Bibliioteca Comunale di Trento   (post 2365)

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Un carme anche per la morte dell’uccellino di Clodia

Abbiano ripreso Catullo. Lui e la sua Clodia alias Lesbia. Catullo, ricco, giovane, viziato, romantico, trasgressivo   quasi un antesignano di tale D’Annunzio, per certi aspetti. Clodia, chi era costei? Una nobile, ricca, disinibita, controcorrente, emancipata, desiderata, una donna facile-difficile … dipinta come donna dai costumi discutibili da chi … da chi pare con lei sia andato in bianco (Cicerone, nell’orazione in difesa di Clelio Rufo). Clodia, l’esatto opposto della famosa Lucrezia la quale, violentata, racconta tutto al padre e al marito e subito dopo, di fronte a loro, si uccide.

Catullo, innamoratissimo della (al momento) sua Clodia. Ai versi 70-72 ne descrive l’ingresso nella loro garconniere: mi è parso di assistere alla Tosca … stridea l’uscio dell’orto e un passo sfiorava la rena  … entrava ella fragante … mi cadea fra le braccia” …

Dall’approfondimento e dall’ampiamento della lettura dei suoi carmina emerge anche un Catullo viziosetto, bisex … ma tant’è … gli hanno dedicato un aeroporto lo stesso.

thXH8932AIAvanti. La prossima volrta parleremo di “Amore e morte” nella lirica greca arcaica. Tirteo (elegia parenetica, di incitamento alla guerra) … e qui c’è da ridere: Gli Spartani erano in guerra con la Messenia (per le solite questioni di soldi). Il loro oracolo disse he avrebbero vinto se si fossero affidati ad un generale ateniese. Sia pure di malavoglia andarono ad Atene a chiederne uno. Sia pure di malavoglia gli Ateniesi lo dettero loro, solo che per salvare capra e cavoli, diedero un maestro di scuola, poeta e zoppo, il quale, tutavia, con le sue elegie infiammò tamnto gli anmi che la guerra fu vinta.

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Rubato! Ricompensa a chi ...

Rubato scudo – Offresi ricompensa a chi …

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Tratteremo di Archiloco, tipo famoso, sveglio, anticonformista, furbo. Alla partenza per la guerra ogni madre greca consegnava al figlio lo scudo, dicendo: “Torna con questo (vincitore e vivo, n.d.r.) o su questo” (morto, n.d.r.). Ad Archiloco la cosa proprio non andava giù. Un giorno posò lo scudo e andò dietro una siepe presumibilmente per un bisogno corporale, soddisfatto il quale si accorse che … gli avevano rubati lo scudo! Ecco la terza soluzione!

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Parleremo anche di Saffo. Quando? Il 17 maggio p.v. – Buoni classici a  tutti!

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ACCADEMIA DELLE MUSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Maggio, 2016 @ 5:30 am

 

Detto altrimenti? Si vedano i tanti precedenti post sull’argomento              (post 2364)

IMG_4009Ieri era, anzi, ieri seratona: La prima parte dedicata a Georg Friedrich Haendel da Cristina Endrizzi (pianoforte), Letizia Grassi (fagotto e voce soprano); Giovanna Laudadio (mezzo soprano); Stefano Galetti e Sergio Runcher (bassi). Tutti: voce narrante. Vita, opere e molti singoli brani eseguiti. All’ ”Alleluia” standing “ascolto” come suggerisce la tradizione anglosassone, visto che l’Oratorio concluso dal famoso coro è stato rappresentato per la prima volta alla corte di Londra, ricevendo questo splendido riconoscimento da parte del re e del pubblico (appena mi saranno inviati i testi delle esposizioni li aggiungerò in calce a queste mie note oppure ne farò un post a parte. Vedrò …).

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Dopo una ricca cena-buffet, Maria Luisa Postal De Carli ci ha esposto la sua ricerca sulla Chiesa di S. Apollinare in …   Trento (via spettavate “in Classe”, dite la verità!), la più antica chiesa di Trento dedicata, per volere di Teodorico, re degli Ostrogoti, al Santo di Ravenna, città dove egli aveva posto la sua reggia.

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Ciò detto, mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori alcune sottolineature:

  • IMG_4003L’idea di Cristina di fondare l’Accademia – ormai siamo all’ottava stagione –ha avuto ed ha un grande successo, tal che siamo già qui a “selezionare” le richieste di intervento per la stagione 2016-2017. La sua disponibilità a organizzare e preparare tante serate è ammirevole. In questo caso, ad esempio, si è trattato di mesi di preparazione per regalarci un’0pora da sogno! Grazie Cristina, garzi amici che avete lavorato con lei!
  • Inoltre le serate accademiche hanno un secondo, non meno importante risvolto: cosentono la diffusione reciproca di molte iniziative di vario genere.
  • IMG_4005 - CopiaAncora, l’Accademia è un fattore di socializzazione. Infatti, avvicina le persone, gli amici vecchi e nuovi: ci si incontra, ci si confronta, si fa “comunicazione” ovvero communis actio ovvero azione comune il che sta lla base della civile convivenza.
  • Last but not least, ormai l’Accademia delle Muse è un “simbolo” nel senso che ci fa identificare non solo e non tanto come “amici reciprocamente diretti”, ma anche – e talvolta esclusivamente – come “amici in quanto facenti rifermento ad essa”. A questo punto, diventata simbolo, l’Accademia è di tutti noi e di nessuno in modo esclusivo (v. post precedenti su “il simbolo 1,2,3”), il che comporta la nostra individuale e collettiva responsabilità ad alimentarla con le nostre iniziative e con la nostra presenza.

 

Detto doverosamente ciò, ecco l’angolo delle “anteprime” (iniziative aperte a tutti, Accademici e non):

  • IMG_40045-31 maggio, Padova, “Arte Paolo Maffei” Via Riello, 5 – Mostra dei quadri di Giovanni Soncini – Catalogo in internet all’indirizzo ….. (appena me lo dà ve lo giro).
  • Maggio 2016 – Salone Pedron Via dietro le Mura B (da Piazza venezia): mostra forografifa del vostro blogger su FIAB-Federazione Italiana Amici della Biciletta. Trattasi di “foto che parlano” senza molte pretese tecniche ma tutte “di comunicazione”.
  • 15 maggio ore 17, Forte de la Bene – Levico. Alfonso Masi in Maledetta la guerra!
  • 17 maggio ore 17,00 – Muse, “La botanica della Musica”. Il legno dei liutai. Relazione di Gabriele Rinaldi, Direttore dell’Orto Botanico di Bergamo – Segue musica (quartetto egli alunni del Bonporti di Trento).
  • IMG_4006 - Copia27 maggio ore 17,00 – Circolo Rosmini, Trento, Alfonso Masi in “Nel mezzo del cammin di nostra vita” con lettura e commento di alcuni canti e tre interviste: una di masi a se stesso sotto le spoglie di Dante; e due di Edoardo Sanguineti e Umberto Eco a personaggi famosi della Commedia.
  • Francesca lancia un messaggio: sta raccogliendo materiale del nonno sulle vicende belliche dell’Ortigara. Vorrebbe che non passasse inosservato il centenario del 2017, per cui cerca contati con le PP.AA. dell’Altopiano di Asiago.

 

 

 

 

 

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Prossima riunione: Cristina avverte che la serata del 6 giugno è spostata al 13 (tredici) dello stesso mese causa impossibilità dei musicisti, i ragazzi del conservatorio Bonporti di Riva del Garda, accompagnati dal M.° Corrado Ruzza.

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Null’altro essendovi da gustare di cultura, cibo e bevande, la riunione è sciolta d ore 23,15

Ed ecco l’allegato studio compilato dai “magnifici cinque”, praticamente una tesi di laurea!:

OMAGGIO A GEORG FRIEDRICH HÄNDEL

 Georg Friedrich Händel non è considerato solo un genio della musica, ma anche un grande uomo. La sua vita è piena di successi e di fama, favoriti dallo straordinario talento, ma guadagnati anche grazie al suo impegno e all’incessante lavoro.

Come ouverture Cristina eseguirà la Sarabanda (nella forma di tema con variazioni) dalla Suite per clavicembalo in re minore numero 11 della Follia. Si tratta di un tema musicale di origine portoghese tra i più antichi della musica europea. Ha un carattere grave e severo, ma deriva il nome dal fatto che la sua forma originaria era vivace. E’ un brano fra i più adatti a valorizzare le capacità tecniche degli strumentisti, in un’epoca in cui i compositori sono anche esecutori e devono saper suonare le proprie opere se vogliono che siano conosciute. L’arrangiamento di Leonard Rosenman per archi, timpani e basso continuo è stato utilizzato nella colonna sonora del film Barry Lindon di Stanley Kubrick; una versione per chitarra è stata interpretata da Andrés Segovia.

 Cristina pf: La follia

 Georg Friedrich Händel nasce ad Halle nel 1685 da una famiglia senza particolari tradizioni musicali. Nella sua città natale studia composizione, organo, clavicembalo, violino ed oboe; in seguito diventa organista nella cattedrale cittadina. Nel 1703 si trasferisce ad Amburgo per lavorare come violinista nell’orchestra diretta dal famoso operista Keiser: questa esperienza gli permette di conoscere a fondo l’ambiente teatrale del tempo e di scrivere i primi lavori di un certo impegno. Alla fine del 1706 è in Italia, a Firenze e Roma, dove si fa apprezzare come organista e compositore di musiche vocali sacre e profane, entra in contatto con i maggiori compositori italiani del tempo e scrive una serie di celebri cantate e due oratori. Tra i suoi modelli figura fra gli altri Albinoni, ma singolarmente non Vivaldi, la cui musica sicuramente conobbe nel periodo trascorso a Venezia, ma del cui personalissimo stile non è visibile alcuna traccia in Händel, a differenza di Bach che, da giovane, tanto si ispirò al “Prete Rosso”. Nel maggio del 1707 Händel realizza, su testo del cardinale Pamphilj, l’oratorio allegorico Il Trionfo del Tempo e del Disinganno, che viene rappresentato sotto la direzione di Arcangelo Corelli.

Un gustoso aneddoto narra come Corelli si sia trovato in notevole difficoltà nell’eseguire l’ouverture scritta da Händel, che indispettito gli strappò il violino di mano e suonò egli stesso il brano. Si dice che Corelli, costernato, abbia obiettato:” Ma, caro Sassone, questa musica è nel stilo francese, di ch’io non m’intendo ”. Così Händel dovette rimpiazzare l’ouverture con una sinfonia in stile italiano. L’anno successivo nel giorno di Pasqua Corelli diresse l’oratorio sacro La Resurrezione, alla guida di più di cinquanta strumentisti in un teatro appositamente costruito a palazzo Ruspoli. Accorse un grande pubblico, vennero stampate 1500 copie dell’oratorio, che più del precedente tende a porsi come surrogato dell’opera. Il ruolo di Maria Maddalena venne affidato ad una donna, Margherita Durastanti, attirando l’ira di Papa Clemente XI, che ordinò per la seconda rappresentazione di sostituire la donna con un controtenore (cioè un castrato).

 Cristina PF: Lascia ch’io pianga, pianoforte solo

 Nel 1708 Händel è a Napoli, l’anno successivo a Venezia; in questo periodo entra in contatto con alcuni artisti appartenenti all’Accademia dell’Arcadia e sotto l’impulso di influenti mecenati romani e di ben tre ecclesiastici cattolici, fatto sorprendente dato che lui era protestante, si distingue nelle composizioni di numerose cantate profane, di oratori e di musica sacra, come il celebre Dixit Dominus, ma non compone messe e neppure opere, visto che il Papa Innocenzo XI aveva appena bandito da Roma gli spettacoli operistici. Le cantate non vanno sottovalutate: Händel ne compone un centinaio, in maggioranza per una voce e basso continuo, tra le quali spiccano per originalità ed espressività: Armida Abbandonata, Agrippina condotta a morire e La Lucrezia. Queste composizioni gli permettono di affinare le sue capacità di melodista nato; già in esse si può osservare la sua straordinaria abilità nel fondere i vari stili della scuola veneziana, romana, napoletana, bolognese, ma sempre imprimendo un proprio marchio personale.

Poco dopo diviene maestro di cappella del principe elettore Giorgio Luigi ad Hannover e in varie riprese è a Londra, dove infine si stabilisce nel 1712.

Possiamo chiederci: come mai Händel preferì trasferirsi proprio in Inghilterra? Perchè non restò in Italia, dove veniva conteso e onorato da fior fiore di mecenati, o ad Hannover, dove riceveva un compenso di 1500 corone, venti volte superiore a quello che Bach ottenne a Weimar? In Italia Händel dovette forse sfuggire alle insistenti lusinghe di quei protettori, i cardinali romani, che volevano convertirlo, lui protestante convinto, al cattolicesimo; d’altra parte Hannover era una piccola corte e di certo l’ambizione di Händel andava oltre una sistemazione così provinciale.

 Nella capitale inglese Händel collabora attivamente con iniziative teatrali e compone lavori di circostanza per la corte, trovando protezione presso alcuni aristocratici. Nonostante l’ostilità del re Giorgio I, diventa direttore della cappella privata nella sontuosa residenza di Cannons e lì realizza alcune delle sue opere più famose. Händel nel corso della sua vita si distingue in tutti i generi musicali. Diversamente da Bach, che non lascia opere per il teatro, e Vivaldi, che non scrive musica per tastiera solista, egli compone una grande quantità di musica strumentale: una raccolta di Sonate per uno strumento, flauto o oboe o violino, conosciuta come Opera 1, due di Sonate a tre per due violini o due flauti e basso continuo, tre raccolte di Concerti per organo e orchestra, due raccolte di Concerti Grossi, due di Suite per clavicembalo, sei Grandi Fughe. Il brano che ora ascolterete nell’esecuzione di Cristina al pianoforte e Letizia al fagotto è una trascrizione del secondo movimento della Sonata n. 2 Opera 8 scritta originariamente per 2 violini e basso continuo.

 Letizia e Cristina: Sonata n. 2 opera 8 secondo movimento

Le composizioni orchestrali e la musica da camera sono praticamente cadute nell’oblio. Non c’è bisogno di cercare molto lontano la ragione per cui la reputazione di Händel non si basi anche su questi lavori, che pur portano la marca del vero genio: i suoi successi sia come compositore che come uomo d’affari, dipendevano dalle grandi opere vocali; quelle strumentali erano accessorie alle opere e agli oratori, servivano tutto al più ad intrattenere il pubblico durante gli intervalli, come i famosi Concerti per organo.

Fanno eccezione i Concerti Grossi op. 6 e 3, la composizione orchestrale Water Music e successivamente i Royal Fireworks.

Water Music, in italiano Musica sull’acqua, si compone di tre suite. La leggenda vuole che con quest’opera Händel abbia ottenuto il perdono del re Giorgio I, suo precedente datore di lavoro, per il mancato ritorno al suo servizio ad  Hannover.

 La prima esecuzione avvenne su un vascello lungo il corso del Tamigi: tutti gli strumenti in uso nell’orchestra barocca vennero portati su un’imbarcazione, eccetto il clavicembalo, perché non era possibile che stesse sulla chiatta.

 Nel 1719, dopo alcuni anni in cui non vengono più rappresentate a Londra opere in italiano, un gruppo di nobili crea un’organizzazione chiamata Royal Academy of Music. Il re è uno dei primi sottoscrittori e per questo l’Accademia ottiene la qualifica di Reale. Händel viene nominato “maestro d’orchestra” ed è incaricato di scritturare i migliori cantanti per il King’s Theater.

Fra il 1720 e il 1727, anno in cui ottiene la cittadinanza inglese, Händel produce una serie di melodrammi di altissimo livello. A questo proposito le cronache narrano del suo tentativo di affidare ruoli di pari importanza a due cantanti italiane nell’opera Astianatte di Bononcini.

 L’operazione dal punto di vista artistico fu un successo, ma l’idea del confronto tra due primedonne si rivelò ben presto controproducente: le cantanti giunsero ad accapigliarsi sulla scena durante l’ultima opera dell’ottava stagione della Royal Academy e i loro sostenitori fra il pubblico finirono per insultarsi alla presenza della Principessa di Galles. Lo scandalo che seguì fu enorme e intaccò il prestigio delle rappresentazioni della Royal Academy.

 Con il venir meno dei grandi virtuosi del bel canto con cui ha collaborato in passato e dopo l’insuccesso delle sue ultime opere, Händel comprende finalmente che l’opera italiana, il genere su cui ha basato tutta la sua carriera, non avrà più futuro in Inghilterra, e matura la decisione di lasciare un paese dove la sua autorità musicale, pur non essendo in discussione, è troppo poco apprezzata.

Sul finire del 1741 gli si presenta l’occasione di partire per Dublino, dove il viceré dell’Irlanda lo chiama a condurre dei concerti di beneficenza, e Händel, “con l’obbiettivo di offrire a quella generosa nazione qualcosa di nuovo”, porta con sè la partitura di un nuovo oratorio composto in soli 24 giorni, il Messiah.

Cristina pf: musica di sottofondo: Minuetto lento in sol minore

 Nel 1752 sopravviene la prova più dura: la perdita della vista. Fu operato per ben tre volte di cataratta, dall’oculista John Taylor, lo stesso che curò in seguito Bach, ma senza successo: divenne completamente cieco (anche se a Bach toccò poi sorte peggiore: morì per un’infezione causata dall’impiego di strumenti non sterilizzati). Grazie all’aiuto del fido segretario e di un gruppo di devoti sostenitori che non lo abbandonarono a se stesso, egli fu in grado di continuare a comporre e rivedere sue vecchie partiture, dettando ai copisti, e di suonare talvolta in pubblico improvvisando all’organo e al cembalo. Ancora nella primavera di 1759, all’età di 74 anni, pur cieco, diresse e suonò l’organo in non meno di dieci rappresentazioni di oratori in un solo mese.

Ad una di esse, il Messiah del 6 aprile, mentre stava suonando la parte dell’organo, svenne a metà dell’esecuzione. L’undici aprile, dal letto della sua casa al n°25 di Brook Street, ora museo a lui dedicato, sentendo che non si sarebbe più alzato, fece la seguente dichiarazione: « Vorrei morire di Venerdì Santo, nella speranza di riunirmi a Dio, il mio dolce Signore e Salvatore, il giorno della sua Resurrezione ». Lo mancò di poche ore poiché si spense, pacificamente, alle otto del 14 aprile 1759, un Sabato Santo.

Il 20 Aprile fu tumulato, come da sua volontà, nell’abbazia di Westminster, dove ora riposa assieme ai grandi d’Inghilterra, dopo solenni funerali ai quali intervennero tremila londinesi.

 « Sotto questo Luogo

Sono riposti i Resti di George Frideric Händel.

Il Musicista più eccellente

Che qualsiasi Età mai produsse:

Le cui Composizioni erano un

Linguaggio sentimentale

Piuttosto che meri Suoni;

E superò il Potere delle Parole

Nell’esprimere le varie Passioni

Del Cuore Umano »

epitaffio anonimo pubblicato da un giornale inglese il giorno seguente ai funerali.

“ Händel è il compositore più grande che sia mai vissuto. Davanti alla sua tomba mi scoprirei il capo e mi inginocchierei ” Ludwig van Beethoven, 1824.

 La musica di sottofondo che avete ascoltato è il Minuetto lento in sol minore tratto dalla prima delle Suite de pieces di Georg Friedrich Händel nella versione di Wilhelm Kempf, famoso pianista tedesco. Questa raccolta di nove suite per clavicembalo viene pubblicata a Londra nel 1733 e comprende materiale usato per l’istruzione musicale delle principesse Amelia e Carolina di Hannover, figlie del re Giorgio II di Gran Bretagna. Questa prima suite in si bemolle maggiore n. 434 è composta da quattro movimenti: preludio, sonata, aria con cinque variazioni e minuetto e, fra tutte, è quella che si discosta maggiormente dallo schema classico, non comprendendo nessuno dei tradizionali movimenti previsti. Il minuetto viene utilizzato dallo stesso Händel anche nella sonata per flauto n. 375.

Ad imperitura testimonianza della celebrità raggiunta e degli onori tributatogli in vita e nel corso dei secoli dopo la sua morte, Händel si può fregiare di ben tre primati, che nessun altro compositore potrà eguagliare:

 * Nel 1738, ossia quando ancora era in vita, gli fu eretta una statua, “una testimonianza di pubblica ammirazione”, un onore che nessun altro compositore, sia del periodo Barocco che successivo, ottenne mai. La statua si può ammirare ancora oggi nel Victoria and Albert Museum.

* L’anno successivo alla sua morte, fu stampata la biografia, scritta dall’amico, il reverendo John Mainwaring: “Memoirs of the life of the late George Frederic Handel”. Interessante notare che nessun compositore prima di lui era stato oggetto di una biografia.

* Händel ebbe il privilegio di essere il compositore della prima musica trasmessa via radio nella storia. Infatti durante la messa in onda della prima trasmissione radiofonica di sempre, effettuata dall’antenna di 128 metri di Brant Rock nel Massachussetts, la vigilia di Natale del 1906, il curatore del programma decise di inserire il celeberrimo “Largo” dal “Serse”.

 Händel è, assieme a Bach e a Telemann, uno dei grandi maestri del barocco, un genio universale versato in quasi tutti i generi musicali, in particolare nella musica vocale. La sua opera monumentale realizza la sintesi perfetta dell’epoca barocca: si tratta di una delle più prodigiose esperienze artistiche nella storia della musica occidentale, confrontabile per ampiezza e valore soltanto con quella di Bach, dal quale Händel si distingue per il linguaggio più esuberante e cosmopolita, per la costante vocazione teatrale sconosciuta a Bach e per la minor complessità delle tecniche compositive.

 In ambito teatrale Händel produce, soprattutto come impresario, oltre una quarantina di opere, in cui il modello italiano viene modificato e snellito riducendo i recitativi a vantaggio delle arie solistiche: i pezzi a più voci sono pochissimi, il coro ha poco peso, la strumentazione è brillante anche se subordinata alla voce. Pezzi solistici, intermezzi strumentali, cori e danze vengono poi riuniti in un corpo unitario, sulla base di un istinto teatrale che Händel ha più di ogni altro autore del suo tempo. Fra le opere si ricordano Orlando, Alcina, Berenice e Serse. Serse è il re persiano protagonista dell’opera rappresentata per la prima volta all’Her Majesty’s Theater di Londra il 15 aprile 1738. L’opera è aperta dalla famosa aria, Ombra mai fu, cantata da Serse mentre osserva l’ombra di un platano. Questo brano viene riscoperto nel XIX secolo, diventa uno dei brani più famosi di Händel e a tutt’oggi viene spesso eseguito nei matrimoni con il testo di una preghiera: questa è la versione che ora Sergio vi proporrà, intitolata O mio Signor. L’aria è stata inserita nella colonna sonora di diversi film, fra i quali Farinelli voce regina.

 Sergio e Cristina: O Mio Signor

 Nel settore della musica strumentale, in cui Watermusic resta il simbolo più efficace della sua grande sensibilità, la produzione händeliana lascia un segno indelebile.

 Al 1749 risale un’altra celebre composizione strumentale chiamata Royal Fireworks, più nota come Musica per i reali fuochi d’artificio, che il sovrano commissionò per “strumenti guerrieri”, per commemorare la Pace di Aix-la-Chappelle, firmata l’anno precedente; fu eseguita il 27 aprile nel Green Park e attirò più di dodicimila spettatori. Parteciparono alla sua esecuzione non meno di 24 oboi, 12 fagotti, 9 corni, 9 trombe e le percussioni, senza dimenticare gli archi, che Händel aveva finito per imporre al re.

La prima esecuzione ufficiale fu costellata di incidenti: quel giorno piovve e una parte della macchina per i fuochi d’artificio, anziché azionarsi, prese fuoco e crollò al suolo.

Quando l’opera venne pubblicata, Händel avrebbe voluto presentare il lavoro come un’ouverture, ma la Corona diede il titolo di Musica per i reali fuochi d’artificio come propaganda in favore di un trattato altrimenti impopolare.

 Nella produzione händeliana i grandi oratori drammatici occupano il posto di maggior rilievo: in essi il coro riveste il ruolo principale grazie a una scrittura sapiente e varia, sempre tesa a una diretta comunicazione con gli ascoltatori. Sulla struttura portante di questa parte si inseriscono i pezzi solistici e i ricchi accompagnamenti orchestrali, direttamente legati alla parallela esperienza operistica.

 Fra gli oratori, il Messiah è certo il più famoso e artisticamente riuscito. L’oratorio è una composizione musicale d’ispirazione religiosa non liturgica, con trama compiuta, presentata in forma narrativa ma senza scenografia e personaggi in costume; viene fatto derivare dalla Lauda cinquecentesca. Il testo del Messiah, composto da Charles Jennens nel 1741, consta in una raccolta di testi biblici da eseguire durante la Settimana santa. Händel compone la musica in meno di 24 giorni, riutilizzando in parte brani già esistenti, e l’opera debutta a Dublino nella New Music Hall nell’aprile 1742.

 Durante la prima rappresentazione la sala era riempita a dismisura: si era chiesto, per l’opportunità, alle signore di non portare delle gonne a cerchi e agli uomini, di non portare la spada per fare più posto, mentre centinaia di persone dovettero ascoltare dalle finestre e dalle porte. Sembra che sia stata una delle rare volte nella storia in cui una grande opera fu percepita immediatamente nel suo pieno valore.

 Dal Messiah vi proponiamo alcuni brani: He was despised è tratto dal capitolo 53 del libro del profeta Isaia e si legge nella liturgia del Venerdì santo. Il testo si riferisce al servo del Signore, che “fu disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo dei dolori, che conosce il patire”. Parla della sofferenza che il servo del Signore sopporterà con grande pazienza per espiare i peccati, prefigurazione del sacrificio di Gesù per la salvezza dell’umanità.

 Giovanna e Cristina: He was despised

 The people that walked in darkness è un testo tratto dal capitolo 9 del libro del profeta Isaia: si tratta di un oracolo, di una visione sul popolo ebraico. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che camminavano in terra tenebrosa una luce rifulse.” Si legge di solito nella messa della notte di Natale.

 Stefano e Cristina: The people that walked in darkness

 Rejoice greatly è un testo tratto dal capitolo 9 del libro del profeta Zaccaria, che parla dell’avvento di un Messia che farà nascere un nuovo universo, un regno diverso dagli imperi umani, un regno dei semplici di cuore. Il testo dice: Esulta grandemente figlia di Sion, giubila figlia di Gerusalemme. Ecco, il tuo re viene a te, Egli è il giusto Salvatore, ed egli annunzierà la pace alle genti.

 Letizia e Cristina: Rejoice greatly

 Terminiamo con il brano in assoluto più famoso del Messiah, l‘Halleluja. La musica è un rimaneggiamento di un coro proveniente da una delle sue opere dove un pagano rendeva grazie al Dio Bacco.

La prima rappresentazione dell’oratorio in Inghilterra nel 1743 fu un insuccesso, ma, quando il coro attaccò l’Halleluya, pare che il re Giorgio II ne fosse talmente commosso che per tutta la durata del brano si alzò in piedi, ovviamente imitato da tutto il pubblico. Quella di alzarsi in segno di rispetto durante l’esecuzione del mitico coro divenne così una consuetudine tramandata fino ai giorni nostri in molti paesi anglosassoni.

Questo brano corale, che vi proponiamo in una versione a tre voci rielaborata da me, conclude la seconda delle tre parti dell’oratorio. Il testo è composto da alcuni versetti del libro dell’Apocalisse e dice: “Alleluia. Poichè ha preso possesso del regno il Signore, nostro Dio, l’Onnipotente. Il regno del mondo è passato al nostro Signore e al suo Cristo, ed Egli regnerà per i secoli dei secoli. Re dei re e Signore dei signori.”

 Alleleuja, Cristina e cantanti

 

 

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Gli allegati? In arrivo … in arrivo …

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1 MAGGIO – FESTA DEL LAVORO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Maggio, 2016 @ 8:30 pm

Detto altrimenti: un aspetto, il caporalato                             (post 2363)

thANB9FBN6Il lavoro c’è/non c’è, aumenta/diminuisce etc.. Mille aspetti di un problema complesso. Io, da semplice blogger, mi limito ad un singolo particolare di un singolo problema, un “particolare” del caporalato. Festa del Lavoro, accendi la TV e ti becchi un servizio su e contro il caporalato. E che ti viene in mente? La figura del “caporale” ovviamente! Il caporale qua, il caporale là … sono delinquenti, profittatori, mafiosi etc..

Concordo. Ma non basta. Le parole non bastano, nel senso che non ho sentito parlare degli “imprenditori che si avvalgono dei caporali”. Dice … si ma quelli gli imprenditori disonesti che si avvalgono dei lavoratori procurati e gestiti dai caporali … quelli sono un fenomeno che rientra nella categoria del fenomeno “caporalato” nel senso che se dici quella parola hai ricompreso tutto e tutti, anche loro.

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Prevenzione, controlli e repressione!

Ho capito ma tant’è. Tant’è cosa? Direte voi … Arrivo, arrivo! Tant’è che poichè le parole sono pietre (firmato Don Lorenzo Milani), esse vanno utilizzate con cura, tutte e solo quelle che servono. E qui occorreva utilizzare anche le parole “imprenditori disonesti conniventi profittatori delle violenze dei caporali”. E invece no. Alla TV: “i caporali … stranieri ma anche italiani …”. E ci risiamo: il nostro pensiero va a quei delinquenti d’importazione o nostrani  (i nuovi scafisti: gli scafisti di terra ferma) non immediatamente anche agli imprenditori che se ne avvalgono. Dice … ma io imprenditore pago il giusto. Eh no caro … intanto turni di lavoro di 12-14 ore al giorno non sono “giusti”. E poi, a chi dai i soldi? Cosa? Li dai ai lavoratori? Si, ho capito, ma mi devi spiegare perché li paghi parte in assegni e parte in contanti …

Ipocrisia. Dovrebbe essere rubricata come un’aggravante del reato.

 

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SIMBOLI – 3

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Maggio, 2016 @ 10:53 am

Detto altrimenti: le istituzioni simbolo                                    (post 2362)

In due recenti post mi sono cimentato con la natura ed il significato dei simboli, come di un quid che catalizza il nostro “muoversi verso”, “aspirare a”, e lo accomuna a “muoversi verso” di altri che fanno riferimento allo stesso simbolo.

Per coloro che si fossero messi in ascolto in questo momento: il simbolo di uno Stato fa sì che ciascun cittadino si senta “legato” ai suoi concittadini non direttamente da una infinità di rapporti personali, ma “attraverso” la comune adesione al simbolo. Lo stesso vale per un partito politico, il cui simbolo è di tutti gli aderenti e di nessuno in modo esclusivo, nemmeno del suo fondatore, perché in tal caso questa identificazione trasformerebbe il simbolo da elemento di unione in elemento di sopraffazione e ingabbiamento delle menti degli aderenti.

La legge è una istituzione. Le istituzioni sono un simbolo. La legge è un simbolo. Ognuno di noi fa riferimento alle Istituzioni, se non altro per una sua particolare utilità. Infatti esse assicurano (in una misura accettabile) che i comportamenti degli “altri” verso di noi (e i nostri verso gli altri) siano mantenuti entro i confini della (nostra accettata) legalità. In loro assenza, queste cautele dovrebbero essere approntate da ogni cittadino verso ciascun altro suo interlocutore e sai che fatica!

Detto ciò, se un non-appartenente-alle-istituzioni viola la legge, costui si pone al di fuori del gruppo che si identifica in quel simbolo (ovvero: nella legge-istituzione-simbolo). Il danno sociale si ferma qui.

thSSLVX5JDMa se a violare la legge è un appartenente alle istituzioni (ad esempio un parlamentare), costui distrugge se stesso, ovvero distrugge il simbolo e una sua punizione non ripristina se non in parte lo status quo. Infatti, nel frattempo, l’istituzione simbolo (il parlamentare, nell’esempio) che distrugge se stesso (il simbolo che rappresenta), può indurre in cittadini-non-istituzione un pericoloso ragionamento: “Costui ha distrutto il legame-simbolo-sociale che ci unisce, quindi “liberi tutti”! Perché dovrei rispettare le norme (ad esempio fiscali, n.d.r.) se soprattutto gli appartenenti alle istituzioni le violano?” E ancora, se il parlamentare-simbolo per una qualche ragione riesce ad evitare la sanzione (1), il cittadino comune continua: “Perché dovrei subire io una sanzione, se altri la evitano?”

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(1) Il riferimento è alla immunità parlamentare, spesso invocata in modo improprio. Infatti si sente dire: “Io voto contro la concessione degli arresti perchè il parlamentare Tizio non ha commesso ciò che gli è contestato”, mentre la legge prevede che il parlamento NON sia chiamato a giudicare nel merito se costui abbia o meno commesso quel fatto, ma solo se l’accusa mossagli sia strumentale per impedirgli l’azione politica, il che è tutt’altra cosa.

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PANNI AL SOLE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Aprile, 2016 @ 9:19 am

 

Detto altrimenti: panni al sole …     (senza parole)                                          (post 2361)

 

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 … del Trentino

 

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IL DISPERATO DOLOR PER LA NOSTRA BELLA LINGUA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Aprile, 2016 @ 8:48 am

Detto altrimenti: sarà pur vero che è l’uso che fa la lingua, ma quann’è troppo è troppo!    (post 2360)

Eh no, raga, scialla, calma, quann’è troppo è troppo!”. Che sto’ a dì? Che il nostro Dante Alighieri, Padre della Lingua Italiana, scriveva (ed era all’Inferno!):

“Tu vuo’ ch’io rinovelli disperato dolor che ‘l cor mi preme …del bel paese là dove ‘l sì suona”.

th34XR4D6LScriveva … ma il Bel Paese ormai purtroppo è diventato un formaggio. E il “sì” suona sempre di meno. E tutto ciò mi “rinovella disperato dolor”. Ma veniamo al dunque e vediamole queste stonature del “suono” del nostro sì. Ne elenco alcune e invito le lettrici ed i lettori a segnalarmene ulteriori:

  • briffare: dare informazioni in funzione di istruzioni. Devo briffare quel fornitore su cosa ci serve esattamente;
  • fasare: coordinare. Usato più spesso nella forma riflessiva. Mi devo fasare con …;
  • suggestione: suggerimento. Mi permetto di sottoporvi una suggestione (in questo caso la storpiatura è ancor più grave perché il termine “suggestione” in italiano esiste ed ha tutt’altro significato);
  • basato: situato, ha sede in. Quella società è basata a Milano (anche in questo caso …. v. sopra);
  • skillato: dotato di competenze. Tizio non è skillato per questa mansione;
  • conference call: telefonata (ma che bisogno c’era?);
  • fare un drin: telefonare (v. sopra);
  • splittare: articolare, dettagliare. Mi splitti la tua idea?

 E ora coraggio lettrici e lettori, a voi la parola: quali  suggestioni potete darmi?

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SIMBOLI – 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Aprile, 2016 @ 6:02 am

Detto altrimenti: a seguito del mio post 2351 di qualche giorno fa …     (post 2359)

Premessa

Recentemente si sono tenute riunioni di un partito che ha il suo simbolo … entro il quale – da parte del suo ideatore che ne stava perDendo il controllo assoluto – è stato creato un “sotto-simbolo” , un tentativo di “simbolo novante” …

Fine della premessa.

Le persone si riuniscono: in società, in associazioni, in partiti, in club, in nazioni, etc.. La sintesi di questi insiemi non avviene per la somma di “unioni di coppia” (Tizio con Caio; Sempronio con Martino, etc.) ma in quanto tutti gli aderenti ad uno stesso  insieme si riconoscono in uno stesso  “simbolo”, in “qual” simbolo, sia esso sportivo, del volontariato, nazionale …

… anche politico. Il simbolo riunisce ed è tale in quanto è di tutti, ovvero di nessuno in modo esclusivo e particolare. Nessuno può impadronirsene come cosa solo propria espropriando gli altri. Nemmeno il suo ideatore, in quanto ciò distruggerebbe la fiducia ed il legame “reciproco” dei tanti aderenti e il simbolo, da “speranza comune” diverrebbe “segnale di guerra”.

Quando il simbolo è stato “privatizzato”, sparisce dalla scena come tale, anzi, nell’interesse del suo accaparratore, “deve” sparire: infatti, guai se restasse lì a testimoniare l’accaparramento! Tuttavia in un caso il simbolo sopravvive anche all’accaparramento: quando il suo accaparratore lo utilizza per “gestire il presente” e non per “governare il futuro”: in tal caso tuttavia il simbolo NON è più un simbolo politico.

thAH26C1MQ.

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Ove ciò invece purtroppo avvenisse, e cioè che il simbolo fosse accaparrato da uno solo, esso perderebbe la sua natura e da simbolo diverrebbe diabolon, ovvero una diavoleria in quanto il suo unico possessore ne governerebbe i contenuti, inculcandoli come propaganda e come pubblicità nella testa degli altri, facendone uno strumento di governo e di dominio delle coscienze: il simbolo sarebbe in tal modo diventato strumento di trasformazione delle donne e degli uomini in masse fanatizzate non pensanti in proprio capaci di mobilitazioni violente  su larga scala.

In altre parole: il simbolo politico può  catalizzare una forte spinta verso la libertà oppure una forza oppressiva della libertà.

Ma … chi tende ad appropriarsi del simbolo? Il demagogo, che opera una pericolosa identificazione: il capo nel popolo, il popolo nel capo. Nella storia ne abbiamo visti molti. Napoleone, Franco, Mussolini, Hitler, Stalin, Mao, Castro, Kim Jong, Kin Sung, etc.. E oggi, nella politica odierna? Lascio il compito di scoprire l’arcano alle mie lettrici ed ai miei lettori … Ecchè? Devo dirvi tutto io?

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