ELETTORI, POLITICA, GOVERNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Novembre, 2016 @ 10:37 pm

Detto altrimenti: sono piani diversi, piattaforme parallele ma (in che modo?) comunicanti … (post 2518)

Facciamola semplice: il cittadino va a votare, ed è già condizionato da chi si è organizzato (in partiti). Già, perché siccome tot capita tot sententiae, per evitare il caos la nostra Costituzione ha (molto correttamente) previsto l’esistenza dei partiti quale luogo di sintesi delle istanze dei votanti.

Quindi, i bisogni, poi i partiti. Infine ci dovrebbero essere gli esecutori della volontà del popolo espressa attraverso i partiti. In altre parole: la prima “politica”, ovvero le scelte di fondo, il “dove andare” la dovrebbero fare i cittadini, come esercizio di un loro diritto-dovere. Quindi i partiti. Non gli amministratori, che dovrebbero dare esecuzione concreta alla “politica”.

Tuttavia talvolta (o spesso?) avviene che chi governa se la scrive, se la canta e se la suona, nel senso che si fa le leggi, se le applica, e “fa politica” invece di “fare amministrazione”

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In questo caso il cittadino (che sta alla base) crede di poter contare, ma alla fine il vertice …

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Un mio amico mi ha raccontato un episodio che gli è capitato di recente. Si trovava ij una riunione di un gruppo di lavoro di un partito diviso in due correnti. Mentre quelli della corrente “A” si proponevano di individuare i bisogni della città, un appartenente alla corrente “B” corrente dichiarò: “Mi sta bene operare con voi se ci limitiamo a fare questo, cioè amministrazione, ovvero se non facciamo politica”. Ecco, per lui la “politica” era la politica dei contenitori, di chi comanda chi. Per gli altri, che gli ribatterono subito, fare scelte sul e per il territorio era fare politica, la politica del territorio.

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Occorre fornire al cittadino la scala della democrazia affinché egli possa salire in alto, impostare la politica dei partiti e ottenere che le punte operative le diano attuazione, incidendo sulla realtà.

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Seguendo l’impostazione del soggetto “A”, a questo punto il processo della formazione democratica delle scelte politiche (ovvero, della politica) si complicherebbe doppiamente: 1) nel senso che chi semplicemente dovrebbe amministrare, si mette a fare politica: 2) che costui, invece di fare politica delle cose, fa politica del potere: si sostituisce alla politica dei partiti; ignora il cittadino.

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LA BATTAGLIA DEI TOPI E DELLE RANE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Novembre, 2016 @ 2:38 pm

 

Detto altrimenti : i classici in Biblioteca di Trento, con la Prof Maria Lia Guardini (post 2017)

“Prof” senza puntino. Un sostantivo. Maria Lia non vuole che la si citi, la si “scriva” etc. Ma io sono uno scolaro ribelle, ripetente etc.. E allora …

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Non è di Omero!

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La “Batracomiomachia” (Βατραχομυομαχία), la guerra fra rane e topi, è un poemetto di 303 versi di autore sconosciuto. Taluno lo fa risalire al V° secolo a. C. Il Leopardi, che ne è un famoso traduttore, al I° d. C.. Vi si narra di una guerra, durata un giorno, fra il popolo dei topi e quello delle rane.  Una banalità, potrebbe dire taluno. Si, se banalità fosse anche il Pinocchio, cosa che non è. Csstigat ridendo mores … i costumi letterari e del pensiero. L’autore è persona colta che scrive per lettori colti, i quali siano in grado di capire la smitizzazione che egli fa del poema epico; ed anche per lettori non colti, che possono essere avvicinati alla lettera da questi versi, pochi (ma non troppo) “ scherzucci di dozzina, per dirla con il Giusti.

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Si può cogliere una analogia letteraria con Pinocchio e “musicale” con i brani “Pierino e il lupo” di Prokofiev e con Wassermusik di Haendel, per citare scritti e composizioni apparentemente leggere e che però sono dei veri e propri catalizzatori della swensibilità e dell’apprendimento. Il poemetto può anche essere letto come una esaltazione delle “favolette” di Esopo, quelle del “o muzos deloi”, la favola ci insegna che “. 

Prima (o in luogo di. Vedrò strada facendo, anzi … post scrivendo, che voglia ne avrò)prima di – dicevo – esporre la trama, un accostamento (questo mio): l’autore è un po’ un Dario Fo’ dell’epoca. Dissacratore, se vogliamo, ma concettualmente onesto, coerente, illuminante.

download-2Gli Dei, anzi, gli dei di Omaro: sopra di essi la Moira, il fato, al quale devono ubbidire. Sotto, gli uomini che devono ubbidire agli dei che però non sono responsabili per via della moira. Ed il gioco (di scarica barile) è fatto! Gli dei sono meno che umanizzati, perché nella “scala Siascia” (uomini, mezzi uomini, uominicchi, quaqquaraqquà), si collocano nel gradino più basso: Atena infatti non prende la parte dei topi che le hanno rovinato una preziosa veste che si era fatta ricamare a credito e che ora non sa più come fare; né quella delle rane perché con il loro gracidare le disturbano il sonno! E conclude: “Lasciamo che si scannino, godiamoci lo spettacolo della battaglia”.

In questa dissacrazione degli dei io colgo anche un richiamo alla responsabilità dirette dell’uomo, ben lontana dal Deus vult, dal Got mit uns, e da quant’altro di simile (“Non restituisco il sovrappiù ingiustamente pagatomi da Provincia/Stato e mi rimetto al giudizio di Dio“. Sic, detta e scritta da un ex senatore!). Insomma. Facciamoci furbi, basta guerre … basta a questi potenti che assistono alla guerra dei poveri (poveri davvero e sempre, tutti, qualunque divisa indossino!)

download-3Citavo Pinocchio, Come in quel caso qnche qui il testo”si è maìgiato” l’autore. Anche qui, due identità: il burattino e il bambino Pinochio nel “Pinocchio”; il lettore “bambino” e il lettore adulto, nella Batracomiomachia.  Il “bambino adulto”, l’homo politicus che dialoga – non si contrappone – al bambino bambino. L’uomo delle origini che non dice di essere quello che non è. E siamo venuti a parlare di politica. Io sono partito da polloi, i molti, per arrivare alla polis, il luogo dei molti e da qui alla politica. Il governo di molti su molti. La mia Prof mi ha corretto: si parte da polis, la città (città stato) e da qui si deriva un aggettivo sostantivato: politica, che come tale sottindende un sostantivo: la techne, la tecnica (di governo), qualità che si raggiunge attraverso lo studio. Come avviene oggi: tutti i ostri politichi “sono studiati”, si sono preparati, sono molto esperti … o no?

Mini trama

Topi e rane discutono, Un topo acectta il passaggio sulla chiena di una rana per una gita sul laghetto. Arriva una biscia d’acuqa, la rana scappa, il topo viene mangiato. E’ guerra fra i due “popoli”: Il topo prima di morire esclama: “ Vendicato sarò”.(Sì dice e spira). E’ guerra. Vinta dai topi ma Zeus non ci sta e ne fa far strage dai granchi. Fine di una vittoria di Pirro.

Mini analisi letteraria

Non può essere opera di Omero per molti motivi:

  1. Omero non avrebbe mai irriso se stesso e la sua epica. Infatti lo schema è dell’epica, ma il contenuto … una farsa, una presa in giro dell’epica;
  2. nell’epica l’io narrante (aedo) non esiste (Iliade) o sparisce subito (Odissea). Qui l’io narrante è uno scrittore che invoca la Musa a chiede aiuto per la “vendita” di un’opera già scritta;
  3. scritta, appunto, mentre l’opera di Omera fu tramandata oralmente;
  4. qui l’autore afferma: io ho creato questo. E sarà copiato da Orazio con il suo non omnis moriar, non morirò in ogni mia parte e exegi monumentum aere perennius, ho creato un monumento (letterario) più duraturo del bronzo;
  5. più realisticamente si può immaginare che l’opera sia di un autore dell’età ellenistica, convenzionalmente datata dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) alla conquista romana dell’Egitto (ultimo regno ellenistico indipendente) nel 31 a.C.;
  6. Il topo “rapito” può richiamare l’Elena rapita o il rapimento di Europa da parte di Zeus (che la porta a Creta);
  7. L’autore ha voluto divertirsi ma si è tradito come “ellenista” per la cura dei dettagli descrittivi che quasi sempre manca nell’epica omerica.

Da ultimo, per chiudere con una nota disneyana: i nomi che Leopardi affibbia (traducendoli o meno) ai personaggi, topi e rane: Gonfiagote, Rubabriciole, Rodipan, Laccamacine, Mangiaprosciutti, Leccapiatti, Montapignatte, Leccaluomo, Fangoso Sbucatore, Bietolaio, Moltivoce, Godipalude, Rubatocchi, Insidiapane, Porricolore, Fanghin, Rubamolliche, Mangiagran, Foraprosciutti, Godilacqua, Giacinelfang, oScavaformaggio, Sbucator.

The end

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CONTRATTO DI FORMAZIONE LAVORO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Novembre, 2016 @ 8:54 am

Detto altrimenti: tre anni a €800,00 lordi al mese?                   (post 2516)

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Non nei campi, ma la sostanza non cambia.

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Eh no, (anche) questa volta non ce la faccio a stare zitto. Una grande catena di ristoranti-giovanili-quasi-fast che non nomino per non farle pubblicità, sta per aprire un grosso locale a Trento. Ricerca 60 addetti, concorrono in 500. Lo stipendio sarà come nel titolo del post. Per tre anni? Non mi vengano a dire che per imparare quelle mansioni occorrono tre anni! Ma se in tre anni si prende una laurea triennale! Qui siamo di fronte ad una forma di sfruttamento legalizzato. Un caporalato di legge.

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Due pesi e due misure. Chissà perché …

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Sempre una legge (o determinazione del dirigente di turno?) stabilisce stipendi altissimi per i giornalisti dipendenti della Provincia: più alti dei provinciali che rischiano la vita nel servizio di Protezione Civile (qui gatta ci cova, della serie a pensar male …)

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Nella stessa terra, una stessa Provincia, uno stesso Stato. E’ uno skandalon, avrebbero detto gli antichi Greci …

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ACCADEMIA DELLE MUSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Novembre, 2016 @ 7:47 am

(post in allestimento: le foto sono provvisorie)

Detto altrimenti: proseguono le nostre serate                           (post 2515)

Ieri sera … tona! Oltre 50 amici Accademici presenti! Dove? Ma alle riunioni dell’ Accademia delle Muse, cribbio! Leggete sul blog, leggete, gente: Trento è anche tutto questo!

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Alla mia sin.: Alfonso Masi, Giovanni Soncini, Maria Bruna Fait, Stefano Galetti

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Prima parte della serata. Su canovaccio di Alfonso Masi, un coordinato estratto da opere di Sir Wlliam Shakespeare nei 500 anni dalla morte: “Amore! Raggiante fumo! Gelido fuoco! (ovvero il festival degli ossimori). Viaggio nell’amore in Shakespeare”  con le voci di Maria Bruna, Stefano, Alfonso e la partecipazione straordinaria di Giovanni Soncini e del sottoscritto!

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Le fasi dell’amore shakesperiano? Secondo “Molto rumore per nulla sono”: corteggiamento, matrimonio, pentimento! Ma poi l’Autore si riscatta e riscatta il vero amore con Romeo e Giulietta. Comunque uno Shakespeare molto “scanzonato” ben lontano dall’orazione di Marco Antonio ai funerali di Cesare! Uno Shakespeare che (purtroppo) non compare nell’ antologia di letteratura inglese del ginnasio, almeno in quella dei “miei tempi”, libro che conservo  gelosamente  da 58 anni e che ha attraversato indenne ben otto traslochi!

Brani ricercati, scelti e coordinati da Alfonso dalle opere di Shakespeare Cimbelino, Le allegre comari di Windsor, Molto rumore per nulla, Romeo e Giulietta, Pene d’amor perdute, Tutto è bene quel che finisce bene, fino al coro finale tratto da La tempesta:”

“Noi siamo della medesima sostanza / di cui sono fatti i sogni / e la nostra breve vita / è circondata da un sogno”.

E’ seguito l’ Angolo delle Anteprime, ovvero il momento nel quale ogni Accademico segnale eventi e occasioni d’incontro :

  1. Elena segnala la corsa non competitiva 5 km e Family Run del 20 novembre ore 10,00, dai Giardini di Piazza Dante, per dire NO alla violenza sulle donne. Info e iscrizioni wirunitaly.trento@gmail.com.
  2. Cristina, Giovanna e Sergio il 22 novembre alla parrocchia di S. Bartolomeo: arie antiche e romanze d’opera.
  3. Daniela segnala l’ultimo concerto della stagione “Katarsi” organizzata dal pianista Edoardo bruni per il 26 novembre presso la sala Sosat.
  4. Cristina ricorda che la prossima riunione sarà il 5 dicembre, per gli auguri di Natale: auguri con la piccola Vienna – Seguirà Umberto Sancarlo, il nudo nell’arte.
  5. Francesca è alla ricerca di “alunni” per la scuola dei Clown di corsia, corsi che si avvieranno con il gennaio 2017. Segnala inoltre il mercatino della Croce Rossa dal 4 all’11 dicembre, per il quale è alla ricerca di anche piccoli regalini per potere disporre dei premi in occasione delle lotterie e giochi che saranno organizzati presso le case di cura e ricovero per anziani di Cavedine e Cadine.
  6. Paolo, Rina e Barbara sono stati “arruolati” a completamento della troupe che sarà impegnata a febbraio nella rappresentazione dei Menecmi di Plauto, per l’arrangiamento e la regia di Maria Teresa.
  7. Gianfranco segnala la mostra roveretana delle opere di Boccioni ed invita Umberto ad accompagnarci in visita guidata. E così sarà. La mostra resterà aperta fino a febbraio 2017.

E’ seguito il consueto intervallo enogastronomico (la nostra cena), momento che a parer mio nel prossimo calendario può diventare esso stesso momento integrante di una esposizione, nel senso della illustrazione da parte di ciascuna esecutrice e di ciascun esecutore (anche Giovanni Soncini si è cimentato offrendoci eccezionali tartine!) della propria creazione artistica.

img-20161108-wa0002Seconda parte della serata: Flamenco! Su una piattaforma di legno composta da ben sei moduli Loretta Grisenti e la sua amica rumena Otililia Craciuniel, in splendidi costumi andalusi ci hanno parlato del flamenco, nato come poesia e quindi diventato anche canto e danza. Gli elementi che vi si ritrovano provengono da culture diverse: andalusa gitana, ebraica, cristiana, araba, indiana (per i movimenti delle mani), rinascimentale e cubana.  Le due amiche hanno poi eseguito alcune danze. Loretta ci ha regalato anche una canzone in diretta live! Chi volesse approfondire questa cultura, può recarsi presso la loro Associazione Rocìo in Vicolo S. Maria Maddalena alle 20,15 o telefonare a Loretta 3470988532.

 Ed  ecco lo sviluppo del nostro programma annuale:

  • img_27415 dicembre – Auguri dalla piccola Vienna (Gio/Let/Stef/Cris) – Umberto ne “Il nudo nell’arte” (dia).
  • 9 gennaio – C.M.Von Weber, Concerto per fagotto (Let/Cris) – Gloria Zeni, presentazione libro Domus patrum revirescit (dia).
  • 6 febbraio – Carnevale con Walt Dysney (Gio/Let/Stef/Cris) – Maria Teresa & Company, Commedia.
  • 6 marzo – Riccardante Lucattieri, La fraglina commedia – Paolo Consiglio, I tre Cristi (dia).
  • 3 aprile – Omaggio a Fabrizio De Andre’, Patrick e Co., Riccardo voce recitante – Claudio Fuochi e le sue ninfee (dia).
  • 8 maggio – Barbara e amiche in “Altri tempi” revival – Francesca Endrizzi, La figura di Albino Zenatti.
  • 5 giugno – Allievi del Conservatorio musicale di Riva del Garda, M° Ruzza – Marisa Decarli, Scorci di Trento.

Oltre a ciò, gita sociale in primavera e Festa di Mezz’Estate. Buona Accademia a tutte e a tutti!

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LA POLITICA E LA STAMPA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Novembre, 2016 @ 8:53 am

Detto altrimenti: la stampa, non La Stampa di Gramellini ….. (post 2514)

Forse avrei dovuto titolare il pezzo “I luoghi della politica” ma non avrei potuto giocare sul binomio “la stampa-La Stampa” … e poi Massimo Gramellini è (ormai) un personaggio (giustamente)  famoso: citarlo può incuriosire e indurvi a leggere tutto il pezzo …

Ma iniziamo: sarò breve e “circonciso”. I luoghi della politica? Semplice:

  1. L’urna elettorale. L’esercizio del diritto-dovere di voto è la base di ogni politica.
  2. Le sedi istituzionali dei partiti. Secondo la nostra Carta Costituzionale sono i luoghi della sintesi delle diverse istanze che emergono da parte dei cittadini.
  3. Salotti , anticamere, bar … (ma questa è un’altra storia).
  4. Gli organi di governo, l’esecutivo, che poi non esegue ma “crea” se si fa le leggi e se pretende di calare la politica dall’alto sulla testa dei soggetti di cui ai nn. 1 e 2 dai quali la dovrebbe invece riceverne (ne farò un post ad hoc)-
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    Articoli insaporiti al prezzemolo: prezz(em)olati

    I giornali. Non dovrebbe essere così, ma tant’è … talvolta, troppo talvolta, se hai amici i giornali … a dire il vero basta un/una giornalista … puoi fare in modo che sia il giornale a fare la (notizia) politica e non viceversa. E a farla a puntate, di fatto una serie di comizi sub-liminali della serie parla-parla (rectius: sparla-sparla), scrivi-scrivi: alla fine qualcosa anzi molto resterà attaccato (“la calunnia è un venticello”) e si spiana la strada alla frase (micidiale) del committente gli articoli: “Vedete bene … si è venuta creando una situazione per cui …” la quale giustifica ogni azione: anche quelle “sostanzialmente se non anche formalmente” totalitarie.

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A questi pseudo-giornalisti (la minoranza, intendiamoci: la stragrande maggioranza infatti è di tutt’altra pasta, ma anche costoro gusteranno il romanzo del loro illustre collega) suggerisco la lettura del romanzo di tale Eco Prof. Umberto “Numero zero”, un romanzo nel quale Eco “castigat ridendo mores” (no, questa non ve la traduco … dai …è troppo facile!).

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Liber = libro, libero: non a caso il termine latino ha questo duplice significato …

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DEMOCRAZIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Novembre, 2016 @ 8:04 am

Detto altrimenti: questione lessicale e di sostanza                       (post 2513)

Nei secoli: demos-kratos, popolo – forza, come quella che pretende di darti il formaggino Kraft! Nei secoli, si diceva, il termine ha assunto significati completamente diversi. In successione:

  • potere sul popolo, ovvero potere del tiranno
  • strapotere del popolo, accusato di prepotenza dalle classi nobili escluse dal governo
  • potere del popolo.

Ne ho già scritto in precedenti post, ma repetita iuvant …

download-1A scuola ci hanno fatto una capa tanta (sic, in dialetto napoletano) con la democrazia ateniese di Pericle. E ti pareva … La democrazia di Pericle, quella di una potenza coloniale che approdava con dieci triremi cariche di armati sulle spiagge di ogni isoletta: “Alleatevi con noi, ci pagate un tributo, ci fornite un certo numero di soldati e noi vi proteggiamo. In caso contrario sbarchiamo e vi distruggiamo. Liberi di scegliere”. L’impero democratico, un ossimoro: 250.000 persone, 30.000 cittadini, 10.000 con diritto di voto, 5000 che partecipavano all’assemblea, 10 che parlavano, uno che decideva. Decidere cosa? Ma la politica, cribbio! E la politica in allora era solo politica di guerra e Pericle di guerra sì che se ne intendeva! Forte con i deboli, debole con i forti: tre grandi guerre, tutte perse: in Egitto, a Siracusa, l’ultima, micidiale, contro Sparta (guerra del Peloponneso, che decretò la fine di Atene). E vai … Pericle, dammi il cinque!

(Un dubbio oggi: che non ci siano anche dei novelli Pericle fra di noi?)

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Ma veniamo alla democrazia. Un tale, rimasto anonimo, ha scritto una decina di paginette che potete trovare in libreria: chiedete una copia de “l’Anonimo Ateniese” e se ve ne richiedono l’autore, insistete. “E’ anonimo, se ne stia”. Vi daranno un libricino piccolo piccolo. Costui, da esule, si prese la libertà di criticare la democrazia di Atene. E fino a qui niente di nuovo. Tuttavia il bello viene quando egli co spiega come mai, nonostante i suoi difetti, quel sistema politico avesse vita così lunga.

 

Ecco, anche oggi. La democrazia, ogni democrazia è un sistema imperfetto: anche la nostra Demo-Autonomia trentina-sud tirolese. Ora … coloro che la abitano si dividono in due gruppi: quelli che ne utilizzano le imperfezioni per fare slalom fra i suoi paletti, per i quali la democrazia è un bene “comune a loro stessi”  e non anche a tutti gli altri; quelli che cercano di eliminarne le imperfezioni. E tu, gentile lettrice e attento lettore, in quale delle due categorie ti collochi?

 P.S.: troverete ogni migliore approfondimento sulla materia nei libri dello storico Luciano Canfora.

 

 

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BALBIDO, CAVRASTO, IL BLEGGIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Novembre, 2016 @ 9:44 pm

Detto altrimenti: una gita fuori porta ……                 (post 2512)

downloadBalbido, il Paese Dipinto per via sei suoi murales. Ci si arriva da Sarche-Ponte Arche o da Riva del Garda, attraverso il Passo del Ballino. Balbido, il paese d’origine della famiglia di Marcello, Marcello Farina, Don Marcello Farina. Qui ha la sua casa d’origine: sulla porta sta scritto: “Le parole dono pietre” (firmato Don Milani, n.d.r.). Balbido. Marcello vi dice Messa alle 10,00 la domenica mattina. In estate, nella “cattedrale” in campagna, così la chiama lui, la chiesetta di Santa Giustina.

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Quando inizia a far freddo, si trasloca nella chiesetta, meglio sarebbe dire cappella di S. Luigi, all’ingresso del paese, riscaldata e piccola piccola. Marcello sottolinea positivamente questo aspetto: siamo più vicini, possiamo relazionare più facilmente. Marcello, filosofo (si schernisce: storico della filosofia). Professore Universitario. (Teologo manco a provarci …). Storico, uomo attento all’umanità e alla ricerca continua della Fede. Quando diceva Messa in Duomo a Trento, riempiva la Chiesa. Ora è in pensione, ma non “dai Sacramenti”. Ascoltarlo è un arricchimento di fiducia, di speranza, di disponibilità verso gli Altri. Gli Altri, il Volto degli Altri … cita spesso Emmanuel Levinas, il filosofo del Volto, del Volto dell’Altro che ti guarda, ti interroga, si aspetta una risposta da te.

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Oggi no, non ha citato Levinas. Tuttavia ha commentato il Vangelo sottolineando un aspetto: l’uomo, la donna, sono relazione, relazione di pace e di amore con gli Altri. Chi ha questo tipo di relazione vive e vivrà anche “dopo”. Gli altri no, chi è senza questo tipo di relazione è già morto. La Comunione, Marcello, se ti conosce, te la porge per nome: “Giorgio, Lucia etc. per te il Corpo di Cristo”. A fine Messa ci ha invitato a riflettere alla lettura di un vecchio inno Gujarati che Gandhi si fece recitare all’incontro di preghiera nell’ultimo giorno della sua vita (me ne  sono fatto dare una copia):

Anche stanco e spossato

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Mahatma Gandi, fondatore della non-violenza e padre dell’indipendenza indiana

Anche se stanco e spossato, o uomo, non ti riposare.

Non abbandonare la tua lotta solitaria:

continua,  non riposare.

Batterai sentieri incerti e aggrovigliati,

non salverai, forse, che qualche povera vita,

ma non perdere la fede, o uomo, non ti riposare.

La tua stessa vita ti consumerà e ti sarà ferita,

crescenti ostacoli sorgeranno sul tuo cammino:

o uomo, caricati di questi pesi, non ti riposare.

Salta al di là delle pene e degli affanni

Pur se fossero alti come montagne.

E se anche non intravedi che campi aridi e sterili,

ara, o uomo, questi campi, non ti riposare.

Il mondo sarà avvolto nelle tenebre:

sarai tu a gettarvi la luce,

disperderai l’oscurità che lo circonda.

Anche quando la vita ti abbandoni,

o uomo. Non ti riposare.

Non darti mai al riposo, dona riposo agli altri.

Ecco, solo che quando Marcello pronunciava le parole “o uomo”, vi aggiungeva “o donna”. La benedizione: “Ci benedica Dio”, “Andiamo in pace. Un (mio) saluto frettoloso, un abbraccio. Molta è la gente che lo vuole salutare di persona, e poi “ho un battesimo a Trento, devo andare a battezzare un piccolino”. E quando battezza, l’ho sentito dire “Questo battesimo è la carezza del Signore”.

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Subito dopo, a Cavrasto, il paese “tacà” Balbido, per il Pranzo Festa della Noce (del Bleggio), in un locale adiacente al teatro, allestito da volontari (occorre prenotare: noi l’avevamo saputo alla Fiera Fai la Cosa Giusta). Iniziative varie e alle 15,00 laboratorio per bambini di cucina con le noci. E vino buono. Molta la gente, circa 80 persone, ottimo il menu’ ed il servizio. Molta, molta Gemuetlichkeit, lo star bene insieme! Fra questi, Cecilia Dauriz  “da” Zambana, che scopriamo amica di Mirko, il mio amico-gestore della Malga Zambana in Paganella e della nostra parente Angela! Cecilia, mi dici di far parte nell’organizzazione Proloco Zambana: quando fate una manifestazione, scrivimi che la reclamizzo volentieri su Trentoblog! Complimenti infin, all’organizzazione “Cavrasto”:  torneremo l’anno prossimo!

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Last but not least una visita al mercatino allestito negli androni di un palazzo del ‘600, il Palaz (Casa Marani) e alla collezione di presepi della famiglia Caliari,   con acquisto di prodotti locali: formaggi, noci del Bleggio, aceto di mele.

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This is Trentino too! Il Trentino è anche tutto questo!

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SIMBOLI AL POTERE O POTERE SUI SIMBOLI?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Novembre, 2016 @ 7:48 am

Detto altrimenti: il simbolo, da bene individuale a bene collettivo           (post 2511)

imagesIl simbolo: un’idea, una bandiera, un nome di una associazione, di un partito politico … è un po’ come una poesia: non appartiene a chi l’ha scritta, ma a tutti coloro che la leggono. Questo vale anche per un libro: esso nasce quando viene letto, non quando viene “semplicemente” scritto. Ogni simbolo riunisce tutti coloro che vi si riconoscono: i sostenitori della stessa squadra di calcio, i lettori dello stesso libro, gli associati alla stessa Associazione musicale, gli ex allievi della stessa Università, etc.. Infatti tutti costoro si sentono uniti dal simbolo, se ne sentono comproprietari. Simbolo come elemento di unione, quindi. Simbolo al potere, il “potere di riunire” chi vi si riconosce.

Lo stesso vale per un partito politico simboleggiato da una sigla, un’idea, un modo di raccogliere e fare sintesi delle istanze dei titolari della democrazia: i cittadini, fonte di ogni politica.

Ma … quale è la “durata”, la “vita” di ogni simbolo come elemento di unione? Esso può cessare di esistere per morte naturale, ad esempio per sua mancata utilizzazione: gli ex universitari di cui sopra di fatto smettono di incontrarsi, il libro di essere letto. In questo caso possiamo parlare di estinzione naturale. Tuttavia esiste anche l’ “uccisione” del simbolo, che avviene attraverso la sua sostanziale trasformazione da elemento di unione in fattore di divisione e di guerra. Ciò accade quando qualcuno – fosse anche il suo ideatore e creatore – vuole impadronirsi in modo esclusivo di un bene – il simbolo appunto – che ormai è comune a molte persone. Ecco, in questo caso, il “potere sul simbolo” genera una ribellione da parte di chi si sente ingiustamente derubato di un valore che ormai era anche suo. Ed è la divisione, la guerra fra i vecchi comproprietari ed il nuovo unico suo “rapinatore”.

images-1Vi è poi la “variante aziendale del simbolo”. Prendiamo una SpA. Il capo coinvolge, informa i collaboratori (che non chiama dipendenti), ne cura la formazione professionale e la crescita, attribuisce loro potere e responsabilità, li rende consapevoli del funzionamento complessivo della società. In una parola: li motiva, in quanto ogni collaboratore sente la società in cui lavora come cosa propria. Ciò rende più forte la società e ne garantisce la vita anche se e quando quel capo, un vero capo, dovesse venire a mancare. Al contrario un altro “capo” azienda (scrivo “capo” virgolettato, perché vero capo costui non è) non motiva i propri “dipendenti” (… v. sopra), non si preoccupa della propria successione: dopo di me il diluvio, mi sono reso indispensabile. I “dipendenti” vivono male questa situazione, la società è a rischio, ricattata da quel “capo” che la vuole fare “tutta e solo di sua proprietà”. Ed ecco la rapina, la frattura, la divisione fra quel “capo” e tutti gli altri.

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Variante musicale. Proviamo ad immaginare un Mozart, un Piovani, un Piazzolla, i quali, dopo avere composto le loro meraviglie musicali e dopo che le stesse siano state più volte rappresentate pubblicamente, improvvisamente decidessero che le loro ulteriori esecuzioni avrebbero dovuto essere riservate solo a loro stessi e a pochi intimi. Ne sarebbe derivata la sollevazione di tutti coloro che si sarebbero sentiti privati di un bene che ormai consideravano anche proprio: la loro contrapposizione ai “rapinatori del simbolo”.

Buona Musica a tutte e a tutti! E buoni simboli, s’intende!

P.S. lessico familiare, della famiglia delle mie lettrici e dei miei lettori: bene individuale, quello che appartiene ad una sola persona. Bene collettivo, pubblico, quello che appartiene a molte persone, alla collettività. Bene Comune, quello “costruito”, “realizzato” con il contributo di tutti. Ecco, l’evoluzione della specie dei simboli: da bene individuale a bene collettivo a Bene Comune. La loro regressione? Da Bene Comune a proprietà privata.

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ALLUVIONE 1966 A LAVIS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Novembre, 2016 @ 7:35 am

 

Detto altrimenti: l’Associazione Culturale Lavisana ricorda …             (post 2510)

 

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Assessore Caterina Pasolli, Presidente Daniele Donati, Daniele Erler, Sindaco Andrea Brugnara

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Cultura, insieme di conoscenze. Conoscere, ricordare: “ …non fa scienza/sanza lo ritenere avere inteso (Dante, Paradiso, V, 41-42). Ricordare, non disperdere. Ecco, questo il grande merito dell’ Associazione Culturale Lavisana (Presidente Daniele Donati) e del Comune di Lavis.

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wp_20161104_20_49_20_panoramaMolto folta la partecipazione dei cittadini di una piccola città. Molto il contributo anche operativo della popolazione, che sente la manifestazione, la città come cosa propria: ecco, il senso di appartenenza, l’ heimat … molto più vivo nei piccoli centri che non nelle grandi città. Una considerazione personale: è vero, i Comuni trentini sono tanti, forse – anzi, sicuramente – troppi. Ma attenti ad “accorpare” senza una ratio, senza una piena condivisione. Si rischia di inquinare il senso di appartenenza, valore fondamentale per l’Autonomia del pensiero, per la partecipazione alla realizzazione del Bene Comune che è tale in quanto “costruito con la partecipazione diretta e personale di ognuno, sin dall’inizio”, come ci insegna la prima e vera Cooperazione, quella del suo fondatore Don Lorenzo Guetti.

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Il nonno Romano Donati spiga un particolare dell’alluvione

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Una breve presentazione e saluto da parte dell’Assessore, del Presidente dell’Associazione, del Sindaco, del responsabile del Soccorso Fluviale dei VV.FF. Lorenzo Brugnara. Indi testimonianze personali, fotografiche, un bellissimo filmato, gli strumenti vecchi e nuovi del salvataggio dalle acque, la segnalazione del sindaco Brugnara  all’autorità provinciale competente di quanto ancora è stato più volte richiesto di fare in merito alla messa in sicurezza di una parte degli argini.

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Il tutto intervallato da brani musicali della fisarmonicista   Laura Moschen che ha eseguito, fra gli altri, brani di Nicola Piovani da “La vita è bella” e Libertango” di Astor Piazzolla. Brava!!

 https://www.youtube.com/watch?v=lhlvV7mjeJM

https://www.google.it/?gws_rd=ssl#q=libertango

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downloadIl ricordo di una valutazione di un geografo, ”tale” Cesare Battisti, sulla pericolosità potenziale di un fiume, l’Avisio. L’Avisio che oggi rappresenta un plus per la città, con le sue rive ben curate, ma che deve essere costantemente vigilato con rispettosa attenzione. L’Avisio che nel passato rappresentava il confine fra il Principato Vescovile di Trento e la Contea del Tirolo, come ci è stato anche di recente ricordato nel corso di Storia locale organizzato dalla stessa Associazione.

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E dopo? Dopo un semplice ma appetitoso rinfresco annaffiato da bollicine trentine. Che altro dire, se non grazie per avermi invitato e Bravi?

downloadP.S.: io vivo a Trento da (soli) trent’anni. Non ho vissuto quelle alluvioni bensì quella della mia città natale, Genova. Autunno 1970, 30 morti in città. Genova, la prima alluvione, la più disastrosa delle altre che poi si sono susseguite negli anni. Genova, città leva militare di mare e di montagna, madre di marinai e di alpinisti (cito uno per tutti  l’amico e già compagno di scalate alla Scuola di Alpinismo Bartolomeo Figari del CAI-Sezione Ligure di Genova, Alessandro Gogna). Genova, poca pianura, una “città lungomare” costruita ed asfaltata anche lungo tutte le sue ripide pendici. Genova, con i suoi torrenti interrati e dalle sponde super-edificate. Genova speriamo bene che Dio ce la mandi buona con le bombe d’acqua indifferenti come sono … al colore politico delle amministrazioni di turno!

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A CHI TOCCA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Novembre, 2016 @ 11:24 am

Detto altrimenti: code all’italiana  

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Tanti anni fa. Roma. Via Veneto. Posteggio taxi. Auto posteggiate un po’ alla rinfusa. Mio avvicino: “Per Fiumicino?” Un tassista: “A chi tocca?” Un altro, dopo esesrsi guardato intorno indeciso: “Famo a conta” (“tiriamo a sorte”, per i non romani). Mi tocca una vecchia Fiat 128. Dopo pochi metri un rumoraccio: il tubo di scappamento tocca terra. “Nun se preoccupi, dottò … ho il filo de fero”.  La foto? Embè, … se ce l’avrei l’avessi messa e chevve pare?

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Strana apparecchiatura dall’uso sconosciuto …

Oggi in un ospedale qui a Trento. Appuntamento per le 09,30. Arrivo alle 09,00. C’è già molta gente. Chiedo. “A che ora siete voi, per favore?” Tutti in coro: “Alle nove e mezza!”. Evvabbè, dico fra me e me.  In corridoio c’è la macchinetta distributrice dei “numerini” ma senza i numerini. Passa un infermiere, gli porgo la “carta”: “No, chiamiamo noi”. Passa un altro infermiere. Un “collega di attesa” gli porge la sua “carta”. Quello la prende e sparisce dietro una delle tante porte. Dopo un po’ una porta si apre: “Venga Tizio”. Mi domando …  con quale criterio chiama per nome se non ha preso la “carta” di tutti? Infatti uno può essere prenotato ma non essere presente e invece tutti i chiamati erano presenti. Mi consulto con la mia simpatica e distinta vicina di sedia che accompagna la suocera. Insieme parliamo con un’altra signora nostra dirimpettaia. Dopo una breve analisi stabiliamo l’ordine: io ero prima di lei, lui dopo di me, lei prima ancora e lei dopo ancora. Finalmente! Abbiamo chiarito l’ordine di ingresso!

Qualche post fa avevo perlato dei “numerini” per prenotare il Teatro al S. Chiara. Talvolta anche nella mia farmacia: i numerini ci sono ma il “tabelon” non si aggiorna. Evvabbè, “A chi la tocca … la tocca”, rispose Tonio rimanendo poi con la bocca aperta (A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap.33).

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