QUO VADIS EUROPA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Gennaio, 2018 @ 9:13 am

Detto altrimenti: quo vadis Italia?       (post 3014)

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Ma … a Trieste … poco tempo fa … non eravate in tre?

Macron e Merkel,  M&M, Francia e Germania, F&D, un imminente (a gennaio) accordo (a due) per il rilancio dell’UE (a due, a tre … a quanti?)… una UE occidentale (per la sovranità dell’UE) che ha aperto all’UE orientale (per la sovranità degli Stati) senza prima verificare questo particolare fra parentesi. Evvabbè … Accordo F&D anche per la fabbricazione di un cacciabombardiere UE in grado di competere con gli F35 della Lockheeed. E noi? Noi no, noi no, no noi …. noi cofondatori dell’UE, elezioni a marzo che se vincono alcuni partiti l’UE ce la scordiamo, noi che intanto acquistiamo gli F35 made in USA ma che no alcune parti le facciamo qui in Italia vuoi mettere la ricaduta occupazionale come quella dei pizzaioli sardi al servizio dei proprietari milanesi dei ristoranti e delle pizzerie sulla Costa Smeralda che se non ci fossero stati loro ad investire …

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Evvabbè … e dire che FD per me fino ad oggi significava una deriva a vela, il Flying Dutchman …

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Scrive Giovanni S.: “Macron e Merkel (e speriamo che quest’ultima presto ritorni sulla scena politica europea) … Francia e Germania… ma chi può in concreto smuovere quel pachiderma burocratico che è ormai diventata l’Europa? L’Italia ha in Europa il peso politico che si merita … e che con la nuova legge elettorale e le nuove elezioni temo si indebolirà ulteriormente. Se dovessimo contare sul nostro apporto decisivo per rilanciare gli ideali europei dei Grandi Fondatori … bè, meglio lasciar perdere, altrimenti mi dite che sono un gufo”!

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LA CATENA DELLA CHIAREZZA (E DELLA DEMOCRAZIA)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Gennaio, 2018 @ 7:55 am

Detto altrimenti: le estrazioni della Lotteria Italia     (post 3013)

Premetto: non metto assolutamente in dubbio la correttezza del procedimento di estrazione dei biglietti vincitori, ma formulo alcune osservazioni sul modo con il quale ieri sera la procedura è stata rappresentata al pubblico televisivo.

Il presentatore della trasmissione indica alcuni personaggi seduti ad una scrivania: ecco la Commissione che garantisce la correttezza dell’estrazione. download (1)Poi, nel corso di una successiva fase della trasmissione, un personaggio in giacca e cravatta, molto serioso, passa via via al presentatore cinque buste sigillate, ognuna delle quali contiene un cilindretto rigido dal quale viene estratto un bigliettino scritto a mano con il numero di serie del vincitore. Una scena plateale ma inutile, perchè nulla viene documentato del procedimento che ha portato qualcuno a scrivere quel numero.

La scena mi ha fatto venire in mente una situazione simile, relativa alla gestione del denaro raccolto da una società di parcheggi, la quale testimoniava i propri incassi al Comune concedente mediante la consegna di registri sui quali aveva scritto gli incassi!

Dice … ma che c’azzecca la “democrazia” di cui hai scritto nel titolo di questo tuo pezzo? C’azzecca, c’azzecca, raga, perché vedete … anche nella democrazia non basta essere democratici, occorre anche (anche) apparire tali. Ora succede che taluno, spinto dalla voglia di apparire, si preoccupi di apparire democratico trascurando di esserlo. E invece occorre essere e apparire, apparire ed essere. Il solo essere essere democratico e a maggior ragione il solo apparire democratico non basta.

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ANCORA SULL’INFORMAZIONE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Gennaio, 2018 @ 7:47 am

Detto altrimenti: riprendo il discorso di cui al post del 4 gennaio “Iran 3”       (post 3012)

Quel mio “pezzo” è stato pubblicato su tutti i tre giornali locali. In esso mettevo in guardia contro il pericolo che certe notizie internet fossero – come sono – non veritiere e quindi disinformanti, rispetto alle notizie dei giornali di carta, riportate da giornalisti che le verificano prima di diffonderle. Tuttavia, “in cauda venenum”, ovvero alla fine del mio intervento alludevo al fatto che certa stampa di carta – non tutta, per carità – pur non essendo formalmente schierata politicamente – “faccia politica”, ovvero sia “di parte” e non obiettiva. Alcuni esempi:

  • Un’Associazione culturale organizza un convegno su un tema molto sentito e partecipato che riscuote una rilevante presenza di pubblico. Relatori di estremo livello, partecipazione del Presidente del governo locale. Un giornale cita l’intervento del presidente e di alcuni relatori senza nemmeno nominare l’Associazione organizzatrice.
  • Per converso lo stesso giornale dedica mezza pagina al compleanno con 500 invitati di un politico di una certa corrente non favorevole a quella Associazione culturale.
  • Due politici sono in accordo. Vengono ritratti uno sdraiato sul divano, in atteggiamento serio. L’altro seduto su una sedia sorridente, accondiscendente (lieto dell’accordo vigente). Dopo un anno l’accordo si rompe per opera e a vantaggio del politico del divano. Il giornale pubblica la notizia a fianco di quella vecchia foto come se il politico della sedia fosse lieto di essere stato sconfitto.

 

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Che ad essere infornata sia solo la pizza, non la nostra mente!

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Ecco che l’informazione diventa “infornazione” delle menti … menti che da parte di taluno si vuole siano “cotte, cucinate” al punto giusto … E invece no: ci sono i free blogger, cribbio!

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LO STATO DI ECCEZIONE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Gennaio, 2018 @ 7:44 am

Detto altrimenti: ne parlava Carl Schmitt …..   (post 3011)

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Chiariamo subito: lungi da me approvare le tesi di un filonazista che ha rischiato di essere processato a Norimberga. Morto nel 1985, resta tuttavia un “terribile giurista” un filosofo del diritto, un giurista internazionalista. Egli – fra l’altro – teorizzò che il sovrano, il tiranno, il capo di tutti e di tutti è colui, valutate le circostanze, può decretare e applicare lo stato di eccezione, la sospensione del diritto e delle regole generali.

Richiamo questa sua teoria in relazione al mio post del 1 gennaio scorso, quando, parlando della laicità (= pluralismo), a proposito delle “eccezioni di legge” rispetto alla “legge uguale per tutti”, mi chiedevo chi avesse il potere di stabilire la linea di confine fra le eccezioni di legge da un lato e le violazioni della legge, dall’altro.

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Mi (ri)spiego con esempi: chi ha il potere di decidere che una “gestione separata INPS” che garantisca pensioni super d’oro ad una classe di privilegiati, sia una eccezione di legge e non una violazione della regola generale che stabilisce un tetto massimo ed un livello minimo per tutti? E chi ancora ha il potere di decidere che il “diritto acquisito” a gestire al proprio interno una fetta ragguardevole di fondi pubblici assicurati per più anni indipendentemente dall’evoluzione del quadro delle priorità nazionali, sia una eccezione alla legge di una equa e soprattutto aggiornata distribuzione delle risorse pubbliche e non una violazione di tale norma?

Ecco, la sospensione della validità generale di un principio, di una legge, lo stabilire eccezioni … ecco il punto sul quale soffermarsi e ragionare un po’ di più.

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EPIFANIA, BEFANA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Gennaio, 2018 @ 10:08 am

Detto altrimenti: solo il nome (parzialmente) in comune …. (post 3010)

  • Natale le tredicesime, la corsa a spendere e a far spendere in cose utili (evvabbè) ma anche in tante cose inutili (“… questo lo riciclo alla prima occasione …”) e dannose (gli imballaggi!).
  • Capodanno. In internet gira una storiellina di Mafalda che si rivolge ad un famoso mago televisivo esperto in previsioni ed auguri: “Iil 2015 doveva essere migliore; il 2016 fantastico; il 2017 l’anno della svolta. Per il 2018, caro mago, per favore: fatti i fatti tuoi”. Solo che lei non dice “fatti” bensì usa un altro termine figurato molto più efficace.
  • Epifania tutte le feste le porta via. Ma ricordiamola per quello che è, l’Epifania, la presentazione del Bambinello ai tre Re Magi, ovvero al suo ingresso nella TV d’allora, nella mondovisione d’allora.
  • Poi è arrivata la Befana, una vecchietta dea volante di derivazione pagana – che con l’Epifania proprio non c’azzecca per nulla – a portare dolci o carbone ai bimbi buoni -“cattivi”. Ma può mai essere “cattivo” un bimbo? E per di più, un bimbo che ancora crede nella befana? Via … siamo seri! Ecco, voglio prendere le mosse da qui, da questo controsenso di noi adulti che poi non è il più grave ( e poi … il carbone, … oggi è tornato di moda “grazie” alla befana Trump che riapre le “centrali a –“. Chissà se lui ne regala una calza piena ai suoi fedelissimi).

Il più grave controsenso, comunque, è il consumismo che ha travolto il significato del Natale solo in parte recuperato perché con la scusa dei regali (do ut des, oppure se non do che figura fo?) va a finire che ci si reincontra fra amici e fra parenti (e questo sì che è un Natale, una Nascita, una Rinascita).

downloadMa torniamo alla Befana. Ai miei tempi … io sono del 1944, nella casa genovese di Albaro, quartiere “alto” in collina vista mare nella Genova-bene-est-verso-oriente, la cucina aveva la cappa e lì trovavamo le famose calze piene di dolci. Carbone mai, si vede che non eravamo stati cattivi, i miei fratelli ed io. Poi arrivava la Befana dei Carabinieri, perchè il babbo era Maresciallo dei CC, Ufficio Matricola della Legione Territoriale di Genova, situata nel bellissimo Castello Mackenzie, nel quartiere Castelletto (circonvallazione a monte) a 100 m sul livello del mare. E qui la vera sorpresa: ci si aspettava molto, arrivava poco ma la felicità era tanta.

Oggi, è sabato: se ne deduce che domani sarà domenica poi fine. Ah … ci riposiamo un poco. In internet gira un’altra storiella: una “videata” internet di un tale che aveva cliccato nel motore di ricerca “Come smaltire il sovrappeso acquisito nelle feste”, alla cui ricerca il sistema rispondeva: “Forse cercavi l’orario dei treni per Lourdes”.

Cosa? Volete una poesia? Una mia? Una sul Natale? Ma si … dai … evvabbè … se proprio insistete, eccola:

NATALE SURREALE

E’ questo il Natale?

Scoppiettan parenti sul fuoco

e rossa la neve dal forno

inonda la casa di un caldo profumo di arrosto.

Farina nel cielo:

bei fiocchi giganti

sprigiona la terra per l’aere spandendo rintocchi argentini.

La gente s’incontra, si scontra

si chiede permesso

poi s’urta, si scusa

prosegue la corsa.

Regalan le merci al super mercato:

tu prendi dei doni, li scarti

li cedi agli amici

a prezzo d’usura.

Un bel pino acceso

in mezzo alla sala

dà fuoco al palazzo.

Accorron pompieri

e inondan l’incendio

di fresco Clicquot.

download (1)Un’ostrica, sola, s’aggira sparuta in cucina:

poi, ratta, si tuffa nel biondo vin franco

s’asconde al tuo sguardo

e corre nuotando al suo mare.

Tu resti da solo a pensare

a questo sì strano Natale

a quanto di bene v’è intorno

a quanto di male.

Ma ecco che in mezzo al frastuono

di luci e colori

compare una bella cometa

s’accende una stella

ed ogni altra cosa si spegne.

Risplende per tutti, sol quella.

Adesso è Natale!

                                            Ciao, alle prossime Feste!

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LE SCATOLE CINESI ENTRANO IN POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Gennaio, 2018 @ 7:45 am

Detto altrimenti: può accadere, può accadere …   (post 3009)

Le scatole cinesi: la prima contiene la seconda e così via … L’idea è stata utilizzata per avere il controllo di un’impresa molto grande pur possedendo un capitale limitato. Vediamo un po’ come accade fra quattro SpA: le società A, B, C ,D:

  • Capitale azionario sociale di A = 1000; capitale azionario sufficiente per controllare A = 505.
  • Capitale azionario di B = 600; B investe 505 in A, ne possiede il 51% e ne decide la politica; capitale azionario sufficiente per controllare di B = 301 (51% di 600).
  • Capitale azionario di C = 350; C investe 301 in B, ne possiede il 51% e ne decide la politica; capitale azionario sufficiente per controllare C = 176 (51% di 350).
  • Capitale azionario di D = 200; D investe 176 in C, ne possiede il 51% e ne decide la politica; capitale azionario sufficiente per controllare D = 101 (51% di 200).

In sintesi, io possedendo (o legando a me con un patto di sindacato) azioni di D per 101 ho il controllo sulla società A.

Un esempio pratico: Tronchetti Provera, tramite la GPI, possiede il 52% della Camfin. La Camfin, a sua volta, possiede il 25,5% delle azioni di Pirelli. Con un patto di sindacato con scadenza 2010, Tronchetti ha federato il 25,5% di Camfin con le azioni di altre aziende che non sono di sua proprietà, arrivando al 46,2%. La catena portava la GPI a controllare Telecom con un 2% effettivo delle azioni Telecom.

E veniamo alla politica. La scalata  può avvenire all’interno di un partito o di una coalizione di partiti.

  • All’interno di un partito vi siano due gruppi: A e B. Al congresso A vince e B perde. B crea sottogruppi che condizionando “dal basso” riunioni di livello via via sempre più elevato, secondo una “cascata” che abbia il proprio flusso invertito rispetto alla “forza di gravità” della logica e delle regole, e arriva a condizionare il livello più elevato, cioè la politica del gruppo A.
  • All’interno di una coalizione di partiti può avvenire – di fatto – la stessa cosa, quando una componente minoritaria chiede-impone-vuole-ottiene di rappresentare l’intera compagnie.

 Mi domando: è corretto tutto ciò?

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LA LOTTA PER LA PROPRIETA’ DI UN SIMBOLO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Gennaio, 2018 @ 12:10 pm

Detto altrimenti: dello modo e del perché taluno vuolsi appropriare di un simbolo con il che farebbe lo male proprio et eziandio quello altrui …   (post 3008)

Ricordate? “Dello modo ..” … così iniziavano racconti nella lingua del nostro “duecento” … Ma veniamo all’oggi, al simbolo ed alla pretesa sua privatizzazione. E’ di questi giorni infatti qui in Trentino (ma non solo) una contesa sulla proprietà privata di un simbolo da parte di chi a suo tempo lo ideò e creò. Ora, questa pretesa di privatizzare un simbolo mi sollecita alcune considerazioni

downloadInfatti il simbolo (politico, nel caso in esame) è la rappresentazione grafica di significati in norme e contenuti accettati da chi vi si riconosce. Esso è un “ponte verso” ed ha valore in quanto “conduce a” valori: non ha valore “in se stesso”. Esso è un “elemento di passaggio, di trasmissione per la condivisione  di un significato”. Se invece taluno vuol fargli acquisire il valore di ciò che invece dovrebbe essere rappresentato, il simbolo da apertura alle energie spirituali si trasforma in gabbia, in prigione … il simbolo non vive di vita propria, ma di quella di coloro che vi si riconoscono. Esso è un bene collettivo, di tutti in generale e quindi di nessuno in particolare, nemmeno del suo creatore. Esso è obbligante: nessuno  può impadronirsene come cosa solo propria, espropriandone gli altri. Ciò infatti distrugge la fiducia reciproca e la speranza comune e diventa segnale di guerra. Al contrario, il vero uomo politico ha verso il simbolo un atteggiamento di umiltà, quello di chi sa servire qualcosa più grande di se stesso. Il simbolo-proprietà-privata cessa di essere tale e diventa diabolon, strumento di dominio sui simili più vicini  e di trasformazione delle persone in masse fanatizzate.

Ora, un simbolo politico. quando è veramente tale, non ha bisogno di essere protetto da misure giuridiche repressive. Per converso quando queste misure intervengono, ciò accade perché il simbolo ha iniziato a non essere più un vero simbolo e la sua repressione non fa altro che testimoniare questa sua dammerung, (caduta) esaltandone il carattere conflittuale. La politica di un simbolo privatizzato è solo valorizzazione di alcune persone al posto delle idee e degli ideali. A questo punto la  Politica è solo politica, la quale, nell’ipotesi peggiore, è una corsa all’acquisizione del potere fine a se stessa; in quella migliore è attività tecnico-esecutiva per l’amministrazione dell’esistente. 

E ciò indipendentemente dal significato originario (greco) del termine “politica”, che all’inizio era un aggettivo di un sostantivo, la “capacità“, ovvero la teknè politika, la capacità politica (cioè, di governare la polis), aggettivo che  noi oggi abbiamo sostantivato e che  utilizziamo  per definire l’azione politica anche a prescindere da una valutazione sulla teknè … per cui c’è politica e Politica.

Fine

Corsivo liberamente tratto da “”Simboli al potere – Politica, fiducia, speranza” di Gustavo Zagrebelsky, Einaudi Ed. Novantadue  paginette  di grandissimo valore, per soli €10,00.

Concorso a premi: fra tutti coloro che avranno indovinato chi oggi reclama la proprietà privata di un simbolo politico sarà sorteggiata una copia del libro sopra citato. Parola di blogger.

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IRAN 3

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Gennaio, 2018 @ 7:55 am

(terza ed ultima puntata)

Detto altrimenti: rivolta domata? Dall’inforMazione all’inforNazione (Erdogan docet)             (post 3007)

images (3)Iran, una rivolta, improvvisa, violenta, liberatoria … liberatoria anche del velo, simbolo dell’oppressione dell’estremismo islamico e maschilista; anche contro la corruzione e il carovita. Eppure, in un giorno, “domata”: hanno vinto i Guardiani della Rivoluzione, i quali nei primi giorni “stavano a guardare” … per poi, una volta che la situazione a loro giudizio era maturata al punto giusto, far scattare la loro contro-rivoluzione-­pre-organizzata-con-software EDG (Erdogan).

I Guardiani della Rivoluzione, una polizia parallela, un po’ come le nostre camice nere d’un tempo rispetto alla Polizia di Stato.

Lo so, raga, la mia è solo una lettura personalissima, poco suffragata da fatti, esperienze, notizie attuali e dirette, ma che volete di più da un semplice blogger? Mica ho uffici studi, inviati speciali, corrispondenti esteri io! Solo ricordo le immagini prese dall’alto (drone?) dei militari turchi ribelli (per finta, n,d,r,) che si arrendevano sdraiandosi pancia a terra, allineati e coperti secondo le migliori regole della “libretta” militare, sull’asfalto di un ponte: sembrava (ed era, n.d.r.) una recita. Una ribellione miliare quella? Quando mai!

E ora, in Iran, la farsa pare ripetersi. Ripeto, queste sono solo le mie deduzioni e se mi sbaglio mi corrigerete … Dice … ma, caro blogger, anche noi tue lettrici e tuoi lettori, le notizie vere dove le apprendiamo? Ecco, cerco di rispondervi: io direi che la fonte migliore sia la stampa italiana ed estera, quella dotata appunto di corrispondenti esteri locali. Però a questo punto sorge un problema, e cioè il “danno” che internet sta facendo al conto economico dei giornali, per cui molti hanno chiuso e molti altri potranno chiudere i battenti. Dice … ma allora che succederà? Succederà che informare, non informare e disinformare sarà internet e chi lo saprà manovrare: una sorta di Grande Fratello, una droga universale elargita gratuitamente da  una nuova multinazionale: la multinazionale dell’infornazione. No, non mi sto sbagliando, non volevo scrivere informazione, bensì proprio INFORNAZIONE, nel senso che ci inforneranno tutti, cuoceranno a fuoco più o meno lento il nostro cervello, la nostra capacità di analisi e di critica: insomma, saremo proprio “cucinati a dovere”.

Dice … ma anche tu, caro blogger stai utilizzando internet. E’ vero raga, ma solo per mettervi in guardia da internet! E poi questo mio “internet” è di COMUNICAZIONE cioè è DIALOGO, di INFORMAZIONE BIDIREZIONALE nel senso che potete scrivermi, contestare, approvare, integrare, correggere, ed io vi pubblico. Non è di INFORNAZIONE UNIDIREZIONALE del tipo venite-a-me-che-io-vi-dico-cosa-dovete-credere-e-pensare.

Comunque, oltre alla inforNazione internazionale ve esiste anche una inforNazione  nazionale, soprattutto politica, la quale nasce innanzitutto all’interno degli organi di governo e politici, per poi inquinare anche (certa)  stampa. Ma questa è un’altra storia che vorrò trattare in un appoosito post.

Buona inforMazione a tutte e a tutti e … non fatevi inforNare, né a fuoco rapido né a fuoco lento, mi raccomando!

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IRAN 2 – RICORDI DI TEHERAN (40 anni fa)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Gennaio, 2018 @ 8:06 am

Detto altrimenti: segue dal post precedente         (post 3006)

imagesTeheran, una città molto estesa, in genere costruzioni non molto elevate (a causa del rischio sismico), su una “pianura leggermente in discesa”, dai 2000 metri della residenza dello Scià, ai piedi della catena montuosa di 6000 metri, innevata anche in estate, che la divideva dal Mar Caspio, fino alle poche centinaia di metri di altitudine della down town dove si trovava il bazaar.  A nord, alberi di rose come fossero di ciliegie, data la dimensione. A sud, il caldo. Gli hotel: da sud a nord la qualità ed il prezzo cresceva. La città era attraversata, da nord verso sud, da molti piccoli rivoletti d’acqua a cielo aperto, “multiuso”. Man mano che si scendeva, qua e là bidoni metallici contenenti acqua pretesa potabile alla quale si dissetava il “popolino”, mediante una tazza comune assicurata al bidone da una catenella. Noi no. Noi turisti per affari si stava negli hotel all’aria condizionata. Erano i nostri “uffici”, dotati di (vecchi) apparecchi telescriventi azionabili solo dagli addetti (quando c’erano!) con tempi biblici.

Per muoversi in città, i taxi o più spesso le auto dei passanti ai quali gridavi la tua meta: se era compatibile con la sua destinazione, l’automobilista si fermava e ti caricava e tu ti trovavi insieme ad altri sconosciuti compagni di viaggio. Traffico, caotico: velocità media commerciale delle auto in città: 2 kmh. Per chiedere all’autista di accelerare “Buro, buro … Fittipaldi!”. Per farlo rallentare “iavasci”. Un paio di volte: squadre di poliziotti in motocicletta, traffico fermato, strade liberate e presidiate dalla polizia, passa lo Scià.

Una bella ragazza prosperosa. Con ammirazione fra i maschi veniva definita “labagnat” che letteralmente significa “latteria”.

I controlli della polizia (politica, la terribile SAVAK): fui avvicinato in hotel da un giovanotto che parlava ottimo italiano (si era laureato in Italia) il quale ci chiese le ragioni della nostra permanenza in Iran: affari, commercio .. ok, buon lavoro.

downloadIl lavoro e lo svago. Cercai il migliore commercialista per organizzare il pagamento delle imposte locali: mi disse che occorreva organizzare il non-pagamento delle imposte! Il lavoro: anche il sabato. Solo la domenica ci si fermava … per fare cosa? Ad esempio un volo ad Esfahan; la visita al Tesoro dello Scià; una visita al bazaar; una gita in auto fuori città (nel deserto).

Uno scippo evitato. Tentato ai danni di un mio collega italiano. Gli si affianca un’auto e in inglese il passeggero gli chiede quanto egli debba pagare all’autista per un certo tragitto. Fa finta di non capire la risposta e chiede che gli siano mostrate le banconote. Il mio amico sta per farlo. Io gli grido di fare un passo indietro. L’auto fugge via.

I ristoranti. Spesso andavamo al ristorante del Teatro Roudaki, ne ricordo il prezzo: pranzo a base di caviale e champagne, l’equivalente di 5000 lire. Ma spesso non pagavamo nulla perché avevamo fatto amicizia con il cameriere (spagnolo) al quale avevamo regalato un paio di blue jeans e il nostro conto – su sua iniziativa – veniva “diluito” all’interno del mega conto del pranzo sociale di turno (i medici di Teheran, gli ingegneri di Teheran, etc.). Ah … questi italiani …

Il caldo. Molto ma secco, all’ombra di stava abbastanza bene, la sole no. L’aria sempre … condizionata.

images (1)Il bazaar. La “cosa” più vera che vidi. Un mercato molto esteso, stradine ricoperte, un odore di olio bruciato (quello delle lampade), illuminazione elettrica abbagliante da semplici lampadine appese a fili elettrici. Improvvisamente sento un grido “Paisà …paisà!”. Mi fermo: possibile? Che qui ci sia un napoletano e che per di più mi abbia riconosciuto come italiano e che mi chiami “paesano”? Mi giro: si trattava di un venditore di banane, a cinque (pai) sa (centesimi di rial) cadauna!

I miei soci iraniani. S’era nel 1976.I miei soci – parlando molto riservatamente – davano al regime solo altri cinque anni di vita al massimo (lo scià cadde poi nel 1978), e si lamentavano con i propri genitori che li avevano mandati a laurearsi negli USA: giudicavano infatti quel periodo una “perdita di tempo” rispetto alla “corsa all’arricchimento” che stavano facendo.

Considerazione finale. Tutte le maggiori imprese mondiali (IBM e Lockheed in testa) e italiane erano presenti in Iran, anch’esse come i miei soci privati iraniani per partecipare alla corsa all’arricchimento, reso possibile dall’elevatissimo grado della corruzione. Un esempio, banale ma significativo: poco sopra, parlando dei ristoranti, ho ricordato il dono di un paio di blue jeans ad un cameriere. Be’ … la loro importazione era vietata: poi, improvvisamente, per una settimana tale divieto cessava (per legge) e nel paese entravano alcuni TIR carichi di blue jeans che poi venivano rivenduti a prezzi molto elevati in negozi gestiti dalle mogli di alti funzionari di stato. Se tanto mi dà tanto …

Come finì la mia avventura imprenditoriale iraniana. Ben prima della rivoluzione, ricevetti l’offerta della dirigenza in una grande SpA finanziaria pubblica italiana: avevo famiglia … non ebbi il coraggio di rinunciare al certo per l’incerto e smisi (in tempo, per mia fortuna!) di fare l’imprenditore italo-iraniano.

(continua)

 

 

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IRAN 1

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Gennaio, 2018 @ 9:56 am

Detto altrimenti: Iran quarant’anni fa, c’ero anch’io ….. (post 3005).

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Ai tempi dello Scia …

Oggi, inizio di una rivoluzione in Iran. Quarant’anni fa, lo Scià. Io ero a Teheran per conto della mia società (mia nel senso che io ero l’azionista di maggioranza) con un mandato di un grande gruppo industriale italiano per vendere a quel governo centinaia di piccole centrali solari da installare nel deserto. Quando vivi anche solo per qualche mese in un paese così fuori dalle tue consuete rotte geografiche e culturali ne riporti impressioni indelebili. Per chi non lo conoscesse, oltre ai libri di storia e di costume ufficiali, suggerisco:

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  • IMG_4674un libro … a fumetti: “Persepolis – Storia di un’infanzia” di Marjane Satrapi, Ed. L’Association and Lizard, Serie speciale per La Repubblica, vol. 37, in collaborazione con Panini Comics, 2005;
  • un libro “normale”, “Mai senza mia figlia” do Betty Mahmoody & William Hoffer, Ed. Speerling & Kupfer, 2004.

Premesso ciò, l’Iran era – ed è – compresso da cinque forze: la corsa alla città e i settecento km di confini con la Russia; l’integralismo islamico; la corruzione; la qualità del rapporto con gli USA; le altre pressioni esterne: il proprio regime dittatoriale.

1) Ai miei tempi … grande sviluppo urbanistico della capitale. Moltissimi cantieri edili aperti e “a cielo aperto” per i muratori che – giunti a Teheran dai deserti, venivano trattati in modo disumano (un po’ come i nostri meridionali a Torino, negli anni ’59): il cemento ed i mattoni si portavano ai piani alti a piedi, in secchi e sacchi “a spalla” (in un paese che già allora era dotato di moderni cacciabombardieri USA); la notte i muratori dormivano a cielo aperto, nello scavo, su cartoni poggiati a terra ed uno di loro, a turno, “montava di guardia” per evitare che i passanti lungo gli adiacenti marciapiedi giocassero a svegliare gli operai dormienti con il lancio di sassolini, operai che, “svegliatisi” confrontavano il loro stato con quello di noi turisti negli Hotel a cinque stelle e champagne ad aria condizionata. Da qui un dilagante “comunismo” sommerso che poi virò in integralismo islamico.

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La attuale bandiera dell’Iran

2) L’integralismo islamico era “sacrificato” sull’altare della modernizzazione: il velo? Lo portavano liberamente le donne che lo volevano. Le altre no. Le altre avevano iniziato a ribellarsi ai maschi (padre, fratello, marito) e questo ai maschi non andava bene. Ora … se qualcuno o qualcuna si ribella, se dall’esterno arrivano segnali e/o aiuti, i Guardiani della Rivoluzione ne approfitteranno per ristabilire il loro pugno di ferro.

3) La corruzione. Ai massimi livelli. La prassi era: acquistare dall’estero, incassare mazzette e poi chi se ne frega di utilizzare il cemento che – ammassato sulle banchine del porto di Bandar Abbas era diventato una montagna di granito; chi se ne frega delle centinaia di computer IBM che riempivano, cellofanati e inutilizzati, i venti piani (o trenta) del grattacielo del Ministero dell’Agricoltura.

4) Il rapporto con gli USA, All’epoca inizialmente buono: si veda la fornitura dei cacciabombardieri che però non comprendeva le parti di ricambio strategiche (indispensabili e insostituibili) che restavano in mano USA. Poi sempre più deteriorato (da USA e jet a usa e getta) e la Russia pronta a soffiare sul fuoco per farsi spazio.

5) Gli altri “influenti” esteri: l’Arabia Saudita, paese sunnita, che vuole distruggere l’Iran sciita; Israele, che vuole eliminare l’avversario Iran;  l’Isis che ora che il petrolio aumenta avrà più risorse con le quali finanziare il terrorismo. Noi europei che speriamo che noi ce la caviamo con le nostre commesse …

6) Il proprio regime dittatoriale:  lo trovate egregiamente descritto in internet.

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         Luciana Serra con Pavarotti

La mia società (una SpA con  sede legale a Torino), a maggioranza mia e minoranza iraniana. I miei soci iraniani erano di origine ebraica. In Iran v’era gente di tre ceppi: locale, ariana – noi non siamo arabi, dicevano – e il saluto era salam aleku; di origine turca, e il saluto era salamelek; di origine ebraica,e il saluto era shalom. L’ambasciatore italiano Luigi Cottafavi mi fece i complimenti: infatti la mia era la prima SpA mista italo iraniana a maggioranza italiana. Ed io? Io contatti, conoscenze, incontri, visite a uffici, ministeri, ministri, parenti dello Scià … tutto girava … girava … “girava” appunto e sembrava il gioco dell’Oca: “tornare al punto di partenza” perchè mancava un tassello, quello che io non avevo voluto considerare: l’ “incentivazione” al sistema. In ogni caso per me, giovane trentatreenne, fu un’esperienza molto interessante e formativa. A parte che mi concessi anche della buona musica quando andavo all’opera (italiana) al teatro Roudaki Hall: Direttore (di tutto: dell’orchestra, dei cantanti, del coro) il maestro genovese (come me) Michele Cazzato; soprano Luciana Serra (poi “finita” alla Scala! Bravissima Luciana!).

E oggi? Cosa penso oggi? Io temo che purtroppo la legittima ribellione del popolo iraniano alla fine possa generare guai ancora maggiori di quelli che vuole combattere: in dialetto trentino di dice che saria pezo ‘l tacon del bus, è peggio la toppa del buco che vuole riparare. E non per colpa della gente, ma di chi sta aspettando di sfruttare l’occasione: i Guardiani della Rivoluzione, il terrorismo, le grandi potenze estere. Speriamo che io mi sbagli, me lo auguro di cuore.

(continua)

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