SAN MARCO – MARCO (TN)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Febbraio, 2018 @ 11:30 pm

Detto altrimenti: oggi come ieri                             (post 3064)

San Marco Evangelista (1, 40-45). Gesù guarisce un lebbroso il quale, purificato, rientra nella città. Gesù no, perché avendolo toccato – sia pure per guarirlo – è diventato impuro. Non può entrare più in città, deve stare fuori in luoghi appartati. Questo 2000 anni fa. Oggi escludiamo:

  • per l’aspetto fisico: tu non hai il mio aspetto;
  • per i diritti: io li ho tu no;
  • per il pensiero: il tuo è diverso dal mio.

Un inciso: Marco (TN), un paese, immigrati come sardine nei container. Levico (TN), tre operai immigrati, tre anni sottopagati e stipati in una roulotte. La città, quelle città, quei luoghi, luoghi che escludono, luoghi che creano ghetti di “impuri”.

“Che fai? Non mi saluti nemmeno? Mica ho la lebbra io”. Ecco, a livello subconscio siamo rimasti a quel livello storico: isolavamo chi aveva la lebbra malattia, ieri; isoliamo oggi chi ha la lebbra di una pelle diversa, di un diritto diverso e soprattutto chi la lebbra di un pensiero diverso e autonomo.

Si, isoliamo anche il pensiero. Il pensiero diverso e autonomo – anche se migliore – è isolato dalla massa degli allineati. Anzi, se quella massa se ne accorge in tempo, esclude quel pensiero già nella sua fase potenziale, quando non è  ancora stato espresso. Per questo gli “ipse dixit” si circondano di masse pensanti alla stessa maniera, pensanti come lui, anzi, che adottano il suo pensiero, cioè non pensanti in proprio, cioè proprio non pensanti.

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Ed allora coloro che pensano in proprio si dividono in tre gruppi; !) coloro che insistono a difendere il pluralismo del pensiero  all’interno della città del pensiero omologato; 2) coloro che ne escono e continuano la loro azione dall’esterno; 3) coloro che si omologano (quest’ultimo di certo non è il caso mio: io sto decidendo fra i primi due).

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Buon libero e autonomo pensiero a tutte e a tutti!

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ALESSANDRO HABER …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Febbraio, 2018 @ 8:08 am

Detto altrimenti: … al Teatro Sociale di Trento a mettere in scena  “IL PADRE”     (post 3063)

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         Haber nel ciclone …

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Haber, un Attore, uno strano cognome, quasi tedesco che senza quell’ “H” sarebbe “aber”, cioè “ma”. Attore cinematografico (chi non ricorda l’impresario delle ballerine di flamenco ne “Il ciclone” di Pieraccioni, del 1996?) “ma” (ecco quell’ aber!) anche di Teatro: “Non ho mai saltato una stagione teatrale”, afferma.  E allora, se le cose stanno così … Attore di Teatro “ma” anche di Cinema? Glielo chiederò. Oggi ha 71 anni “ben portati e se mi taglio la barba, 61!” Nel ’96 erano solo 49 anni reali. Ben portati anche quelli.

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Trento, il “Sociale”, il suo foyer. Qui gli Attori – con il coordinamento di  Francesca Lorandini – incontrano il pubblico prima e dopo le loro rappresentazioni. Ingresso gratuito anche se non hai acquistato o non acquisterai il biglietto dello spettacolo. Ne vale la pena (di acquistare il biglietto e anche di salire al foyer). Si sale (in ascensore) all’ultimo piano, indi una rampa metallica e ci si ritrova in una sala “sotto tetto travi a vista” ricavata sopra l’alta volta del teatro stesso.

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images“Il Padre”, pièce teatrale di Florian Zeller. Sull’autore e il suo lavoro trovate molto in internet, è inutile che io scopiazzi qui qualche passaggio. Piuttosto mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori alcune considerazioni maturate nel corso dell’incontro con gli attori, ieri pomeriggio, quando abbiamo incontrato Alessandro Haber, David Sebasti, Daniela Scarlatti, Ilaria Genatiempo, Riccardo Floris. Assente giustificata Lucrezia Lante Della Rovere.

Le mie considerazioni

  • L’Attore e il personaggio. Il personaggio è la rappresentazione di una Persona. E’ una Persona. L’Attore “guarda”, “vede”, “studia” i tanti Personaggi, i tanti “Altri”, il modo di essere di tanti “Altri”. E matura come Attore e come Persona lui stesso. E qui non posso fare a meno di citare Emmanuel Lévinas, il filosofo del Volto: “Il volto dell’Altro ti guarda, si aspetta una risposta da te”. E l’Attore dà questa risposta: la dà al personaggio, al suo Autore, a se stesso, a noi spettatori. Ecco, di questo avrei voluto parlare brevemente con Alessandro. Alla fine del suo intervento, quando si stava uscendo, mi sono avvicinato a lui insieme ad altre cinque o sei persone con analogo desiderio, ma l’Attore è stato monopolizzato da una di queste, una signora (che evidentemente Signora non era) che lo ha intrattenuto a lungo, troppo a lungo, ignorando che vi erano Altri in attesa (le lettere maiuscole e minuscole non sono utilizzate a caso). Evvabbè …
  • La Musica e la Prosa. Io ho abbonamenti alla Musica e al Teatro. Amo la Musica che scrivo sempre con la lettera maiuscola, ne sono affascinato, l’ “aiuto” nel senso che sono tesoriere dell’Associazione Amici della Musica di Riva del Garda; seguo l’orchestra Haydn, … aber… ma. Ma cosa? Ma sono solo un musicofilo non un musicologo, per via della mancanza di una maturata cultura musicale di base. Quella cultura che invece in parte ho – grazie agli studi classici fatti – in materia di prosa, di poesia, di letteratura in genere. E questo substrato culturale mi aiuta a “dialogare” meglio con il Teatro di Prosa, più di quanto non riesca a fare con il Teatro della Musica. Un esempio? L’altra sera concerto della Haydn: Schubert e Brahms. Compreso e gustato il primo, faticosamente cercato di capire il secondo (ma ci arriverò, vedrete … prima o poi ci arriverò). Ma torniamo la “Padre”.

Le considerazioni di  …

  • … di Alessandro. “In ogni sport, in ogni lavoro, in ogni attività se ti senti male, se sei stanco … ti prendi un giorno di riposo. Nella nostra arte no: si recita anche con la febbre, anche se è mancato tuo padre mentre “giravi” una scena in Libia (io) o se ti è mancata la mamma (Lucrezia).
  • … di Alessandro. Cinema e teatro, due “cose” diverse. Cinema: si gira la scena, magari più volte, ma poi  ciò che viene proiettato è sempre la stessa ripresa, quella “buona la prima, la terza … “ ovvero quella che il regista ha scelto, quella che il montatore ha adattato, quella inserita nell’edizione definitiva. L’Attore si rivede da spettatore e può osservare “che sì, va bene, però, ripensandoci, avrei potuto fare un po’ diversamente, calcare di meno, di più un aspetto”. Nel teatro no, ogni rappresentazione è un “film” nuovo, una nuova interpretazione del personaggio, della scena: l’Attore e il personaggio maturano ogni volta.
  • … di una delle attrici presenti (mi scuserà se non ho compreso chi fra le  presenti stava parlando, ma ero seduto in posizione arretrata). Siamo stati invitati ad andare a teatro anche se il titolo dell’opera, il suo autore e gli interpreti non sono (ancora) conosciuti. Condivido pienamente. Infatti il Teatro deve nascere, crescere, vivere e non morire con i suoi Attori/Autori del momento. Panta rei, tutto scorre, diceva quel tale, ed anche nel Teatro, come nel Lavoro, nella Politica, nella Vita, a fronte di chi matura ci deve essere spazio per chi germoglia.

Insomma, le rappresentazioni teatrali sono due: una in teatro (e qui deve acquistare il biglietto) ed una nel foyer (gratuita): ma se fai un esame di coscienza, vedrai che quel biglietto devi acquistarlo! Diceva quel tale: “Se ho pochi soldi, mi compro libri. Con quel che resta, cibo”. Lo stesso a mio avviso vale per il Teatro. Domani andrò ad assistere alla rappresentazione. Calato il sipario, andrò a cercare Alessandro e gli segnalerò questo mio post, chiedendogli di farmi l’onore di un suo commento.

…………….

Riprendo ora, domenica 11 febbraio sera, dopo avere assistito alla rappresentazione pomeridiana.

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Il “padre” con la figlia Anna (Lucrezia Lante Della Rovere)

Non voglio togliere nulla agli altri Attori … mi perdoneranno se io, semplice blogger-non-critico-teatrale, vile-meccanico-ex manager-di-SpA mi limito a scrivere qualche riga solo su Alessandro Haber (certo è che la sua prestazione è valida anche per il loro ottimo apporto!). Detto questo, Haber recita con le parole e ugualmente con i silenzi, si esprime con il corpo, cattura l’uditorio che applaude spesso e soprattutto con i suoi assoluti silenzi. La materia è tremendamente seria (l’Alzheimer), il copione semplice se vogliamo, ma la drammaturgia – assolutamente moderna- e la recitazione di Haber, di Lucrezia e dei loro colleghi di scena riempiono questi “vuoti voluti”. Multa paucis, dicevano i Latini, e qui una testimonianza di ciò: abbiamo ricevuto molto dal poco (così mi piace tradurre quelle parole), grazie all’Autore, alla Regia, agli Attori ed al tema trattato. Il teatro era pieno, pieno in un pomeriggio di sole trentino, il che già la dice lunga. Dicevo dal “poco” … poco si fa per dire: non è certo “poco” l’idea, il testo, la decisione di rappresentarlo, il successo della rappresentazione. Una sfida che tutti gli “Au-Attori” hanno voluto raccogliere e saputo vincere. Alla grande.

Dopo il lunghissimo applauso finale, scappo su per le scale: i palchi, i camerini. Chiedo: “Sì viene subito, è molto rapido nel vestirsi”. Esce, lo saluto, un breve “complimenti, sa, sono un blogger di Trentoblog …  ho già pubblicato un post a seguito della presentazione, questa sera lo integro, grazie, questo è il mio biglietto”. Poche parole e via. Via per non ripetere l’errore della signora che nel post-presentazione (v. sopra) lo aveva monopolizzato. Scusami Ale e grazie se mi scrivi due righe di commento a queste mie sudate carte elettroniche!

 Il Padre”, di Florian Zeller – Presentato da Goldenart Production – Regia Piero Maccarinelli – Musiche Antonio Di Pofi – Costumi Alessandro Lai – Scene Gianluca Amodio – Luci Umile Vainieri – blogpost  Riccardo Lucatti.

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ALLE URNE, ALLE URNE!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Febbraio, 2018 @ 8:25 am

Detto altrimenti: sembra il grido di “All’armi, all’armi!”    (post 3062)

Alle urne? Certo, tutti, mi raccomando! Dice … ma che … ti sei messo a fare politica? Dico: si, raga, nel senso che mi occupo dei problemi di noi tutti che poi dentro ci sono anche miei che poi i miei non sono “solo” miei ma comuni a quelli di tutti e così via.

Dice … ok, andiamo a votare … ma per chi? Eh no raga, non potete pretendere che vi risponda, né farò come quel parroco di 60 anni fa che dal pulpito diceva: “Cari fedeli, si avvicinano le elezioni, noi preti non possiamo fare propaganda politica: solo vi raccomando di votare per un partito che sia allo stesso tempo democratico e cristiano”. E le vecchiette giù a pensare quale potesse essere quel partito e quindi come dare retta al parroco, o se invece dovessero seguire il consiglio di quel tale che il giorno prima le aveva invitate a votare per il partito Madonna Santissima Immacolata: MSI.

Dice … ma tu blogger, che ragionamento fai? Ecco, ve lo dico.

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    Tommaso Moro, autore di Utopia, fatto Santo nel 1935.

    Prima delle PP (= Promesse/Programmi) cerco di vedere se è rispettata la democrazia nel metodo del funzionamento di ogni partito, la democrazia quella vera, quella che è innanzi tutto rispetto delle regole generali approvate dalla maggioranza del popolo, e non quella finta basata sul potere di taluno di stabilire le eccezioni alle regole generali e/o di trasformare una violazione della regola generale in una sua eccezione e/o di superare le regole di livello superiore (ad esempio quelle dello Statuto) con delibere di organi inferiori. Cioè, il partito che fra i tre significati storici del termine “democrazia” (potere sul popolo; strapotere del popolo; potere del popolo), adottasse il terzo.

  • Poi, il “mio” partito deve essere fortemente europeista, altrimenti non se ne fa nulla.
  • Ancora, il mio partito deve essere doppiamente “laico”, cioè ammettere il pluralismo nei confronti altrui (quindi non totalitario) e al suo stesso interno (quindi senza nessun Mister Ipse Dixit)Nel merito, mi piacerebbe un partito che aggiornasse due elenchi di priorità: quello delle priorità dei “temi minori” e quello delle priorità dei “temi maggiori”, evitando di confonderci le idee con la giostra dei temi minori trascurando i maggiori o viceversa e comunque non aggiornando le priorità, accampando il sistema delle “somme vincolate per decenni a mio favore e gli altri si arrangino” o delle “gestione separata della mia superpensione e gli altri si arrangino”.
  • Ancora, voterei il partito che facesse distinzione fra diritti acquisiti e privilegi acquisiti e che poi raffrontasse i cosiddetti privilegi acquisiti con i diritti che dovrebbero essere acquisiti ai sensi della Costituzione.
  • Non basta: mi convincerebbe il partito che ci presentasse le cifre nel loro valore relativo e non assoluto. Mi spiego: non mi interessa il partito che mi dice che si spendono all’anno 65 milioni di euro pre la difesa idrogeologica senza aggiungere che si spende la stessa somma al giorno per la Difesa (armamenti).
  • Inoltre, preferirei un partito nel quale i dirigenti “di età e di esperienza” lavorassero al fianco di dirigenti “giovani e di esperienza”.
  • Vorrei poi un partito che conoscesse la storia e che la riconoscesse come magistra vitae.

Dice … ma la tua, caro blogger, è un’utopia! Dico: si, è vero, un’utopia, ovvero un traguardo semplicemente non ancora raggiunto. E poi … nella vita … guai a non avere utopie cui tendere!

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ACCADEMIA DELLE MUSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Febbraio, 2018 @ 5:46 am

Detto altrimenti: da Arbore ad Aristofane!                (post 3061)

sdrRaga, ieri sera ci siamo superati! Tanto … chi siamo lo potete leggere nei molto post sulla nostra Associazione, la quale è molto, molto attiva ormai da dieci anni! Ieri sera, prima parte della serata, alcune delle più popolari canzoni di Renzo Arbore. Preceduti dalla lettura del suo fa-vo-lo-so curriculum artistico, Cristina (pianoforte), Giovanna (voce) e Patrik (chitarra e voce) hanno eseguito: Si la vita è tutto un quiz; Ma la notte no; Il Materasso; Sfigato mambo; Grazie dei fiori bis; Il clarinetto; Cacao meravigliao , canzoni tutte accompagnate dal coro del pubblico che ha intonato i relativi ritornelli e segnato il ritmo con tamburelli e maracas.  Il Clarinetto, dedicato allusivamente, al compleanno di uno di noi; con i fiori bis poi Giovanna ha cantato lanciando fiori al pubblico! Al ritmo di Cacao infine ballo spontaneo di mamma Anna , a festeggiare il suo 95° compleanno! Auguri e complimenti, Anna!

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Lisistrata (in rosso) fa giurare (da sinistra)  a Lampitò, Mirrina e Cleonice l’impegno a scioperare

E’ seguito il consueto angolo delle anteprime, con l’annuncio degli eventi che trovate inseriti nel post agenda o scadenziere che dir si voglia. E poi … poi mentre il “pubblico” si deliziava e stappava bollicine per il consueto intervallo eno-astronomico (!) gli Attori della Compagnia dei Guitti si sono ritirati nei loro camerini per indossare i costumi della commedia “Bel colpo Lisistrata” secondo il copione liberamente tratto da Maria Teresa dalla Lisistrata (lisis-statos, colei che liquida gli eserciti) di Aristofane (411 a. C.). Durante la Guerra del Peloponneso le donne vogliono entrare in politica (l’attualità!) per far cessare la politica dei signori uomini cioè la guerra (l’attualità!). Per ottenere ciò bloccano l’accesso al tesoro della Lega che veniva utilizzato per l’acquisto delle armi e proclamano lo sciopero del sesso fino a convincere gli uomini a deporre le armi.

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Personaggi ed interpreti, i Guitti: Filurgo, ateniese, alto magistrato (pròbulo) e custode del tesoro della Lega, Maria Teresa Perasso; Arciere, al servizio di Filurgo, Mirna Moretti; Lisistrata, donna ateniese, Alfonso Masi; Cleonice, donna ateniese, Gianfranco Peterlini; Mirrina, donna tebana, Giovanni Soncini; Lampitò, donna spartana, Paolo Consiglio; Cinesia, guerriero, marito tebano di Mirrina, blogger Riccardo, Araldo di Sparta, Giovanna Laudadio.

Coreuti e cori: le donne greche in “E noi non la daremo” e “Quella cosina che vi piace tanto” -  Armi: arco con frecce modello F35; spada; scudo e lancia, gentilmente concesse dall’Armeria “Di Cartone” di Viale Trieste 13, Trento –  Costumista: Cristina -  Trucco: Atelier Antonella Peterlini –  Colonna sonora: Giovanna – Scelta dei brani musicali: Giovanna e Alfonso – Tecnico del suono: Stefano – Riduzione drammaturgica: Maria Teresa – Regia: Maria Teresa e Alfonso – Fotografia: Alfonso e tanti altri – Riprese filmate: Bruno Bruni.

Le donne in politica, la pace e non la guerra: temi attualissimi tutti, come si intuisce facilmente. Prossimi appuntamenti dell’Accademia? Anche questi nel già citato post agenda-scadenziere. Buona Accademia a tutte e a tutti, dunque!

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SENZA VINCOLO DI MANDATO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2018 @ 10:38 am

Detto altrimenti: con o senza vincolo, comunque sempre con il punto interrogativo       (post 3060)

  • La Costituzione stabilisce che i parlamentari operano senza vincolo di mandato, nel senso che, eletti dagli elettori, operano sulla base di un mandato fiduciario. La cosa può essere discutibile, ma questa è un’altra storia.
  • Oggi i parlamentari sono “eletti” dalle segreterie dei partiti. Continuano a non avere vincolo di mandato.
  • I parlamentari eletti/nominati in un particolare partito, devono firmare un impegno a rispettare un vincolo, pena una multa di 100.000 euro, ma anche questa è un’altra storia.

downloadInsomma, il cittadino “elegge” chi viene proposto/imposto dai partiti. L’eletto poi fa quello che vuole lui o quello che vuole il suo partito, non quello che vuole il suo elettore. Mi chiedo: che fine fa la “catena della trasmissione/distribuzione  della volontà democratica popolare”? Prima di porci la domanda con/senza, chiediamoci chi è il mandante di quel mandato!  Se in un’automobile si rompe la catena di distribuzione, si rompe l’intero motore.

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UNO DI CUNEO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2018 @ 10:36 am

Detto altrimenti: per carità, non se ne abbiano a male, ogni città ha il suo … (post 3059)

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Ogni città ha il suo riferimento da criticare, da prendere come esempio negativo. A Genova dicevamo “chi nel pesce mette il limun (limone) o è di Cuneo o è un belinun (“scemo”). Nel senso che i veri intenditori di pesce (appena pescato) vogliono gustare il sapore del mare, non quello del limone. Quelli di Cuneo – chissà perché- … noi ce l’avevamo con loro. Eppure, in questi giorni uno di loro, il presidente dell’Associazione industriali: “Gente, non fate studiare i vostri figli, fatene operai specializzati, presto ne occorreranno 40.000 qui in zona, altro che laureati disoccupati!”

(qui a fianco: pesce fresco, senza limone, pe caitè … per carità, ghe disgian a Zena, dicono a Genova)

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Cuneo, tutta una retta fino a Borgo San Dalmazzo

E bravo presidente! Ma la scuola non forma solo operai e laureati, forma anche cittadini! Vede caro presidente, ho molti amici con forti disponibilità finanziarie: tutti costoro stanno facendo studiare i figli nelle migliori scuole, college e facoltà universitarie (a pagamento) dell’estero, stanno facendo fare loro stage anche annuali in paesi lontani: questi ragazzi si preparano, conoscono (veramente) le lingue, conoscono il mondo. E gli altri? Gli altri che stiano al loro posto, cribbio! Meritocrazia ci vuole altro che balle!

download (2)Vede, caro presidente, secondo me lei dovrebbe andare un po’ alla scuola di Barbiana, da Don Lorenzo Milani. Cosa? Mi chiede chi sia questo tale? Cosa? … le sue segretarie le dicono che fra l’altro nel frattempo quel tale è morto? Si, è morto, ma il suo insegnamento vive ancora: si vede che lei non è preparato. Ecco perché ci deve andare in quella scuola, là dove si insegnava che è più meritevole (ecco la meritocrazia “giusta”) il figlio di un montanaro della Toscana che prende un 3 del figlio di un professionista di Firenze che prende un 9; là dove si insegnava a leggere e capire anche le pagine della politica e dell’economia e non solo quelle dello sport. Buon lavoro, presidente, e auguri per la sua impresa soprattutto se e quando – come è probabile – avrà bisogno di essere affiancato anche da persone pensanti “in più” oltre ai suoi figli pensanti.

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LE 40 REGOLE PER SCRIVERE BENE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2018 @ 7:35 am

Detto altrimenti: ha scritto Umberto Eco ….     (post 3058)

 download…” Ho trovato in internet una serie di istruzioni su come scrivere bene. Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scrittura”. Ed allora io da umilissimo blogger, ho pensaato che queste regole potrebbero aiutare anche me. Eccole, quindi!

  1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi. L’allitterazione è una figura retorica (ndr. accorgimento tecnico del discorso) per cui la ripetizione di una lettera o sillaba in parole successive genera omofonia (suonano simili, seppur diverse). In questo caso, la successione è tra “allit-“, “allet-” e “alloc-“. Nella poesia è ricercata per finalità stilistiche (la classica rima), nel marketing è un ottimo metodo mnemonico (slogan pubblicitari), nella scrittura creativa diventa il male assoluto. Recentemente ho scritto “…dalla Moglie Perfetta che sicuramente l’aspetta. Parla in fretta…” Purtroppo capita di accorgersene alla decima revisione.
  2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario. Qui il congiuntivo è volutamente sbagliato. “Che lo si usI quando necessario”, mentre “si usA” è indicativo presente. Il congiuntivo è quella brutta bestia che anche i nostri esimi politici sbagliano di continuo e che la maestra ci faceva iniziare col “che”: che io fossi, che tu fossi, che egli fosse.
  3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata. Una rondine non fa primavera. Non ci sono più le mezze stagioni. Si stava meglio quando si stava peggio. E tutte gli altri modi di dire e locuzioni di uso comune che possono anche passare in un dialogo tra personaggi, ma non sono il massimo della creatività nel resto del testo.
  4. Esprimiti siccome ti nutri. O semplicemente “parla come magni”. Punto oscuro: intendeva dire di evitare l’ostentazione di un lessico ricercato che non ci appartiene?
  5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc. Almenochè non siate in ufficio e la vostra sia corrispondenza tecnica. Personalmente evito di usarli anche negli sms telefonici, adesso che non sono più limitati a 160 caratteri. Non sono più trendy. Oramai se vuoi essere cool e distiguerti dalla massa, scrivi in Italiano corretto!
  6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso. Le parentesi sono di tre tipi: tonde, quadre e graffe. Le graffe sono ad uso esclusivo delle materie scientifico-tecniche. Le quadre a volte vengono utilizzate in sostituzione delle tonde, a seconda della convenzione stilistica utilizzata. In generale, le parentesi in un testo servono per racchiudere un’informazione che sta su un piano diverso rispetto al discorso principale: una data storica, la spiegazione di un riferimento, una nota dell’autore/redattore (ndr. come ho utilizzato sopra al primo punto). Difficile trovarle in un racconto.
  7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione. I punti di sospensione sono sempre e solo 3. Tranne quando siete particolarmente incavolati e sui social vi scappa un rafforzativo del tipo: ………………!!! Ma solo lì potete prendervi questa licenza poetica.
  8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”. Le virgolette servono per contraddistinguere un’espressione all’interno di una frase, per la sua natura gergale, tecnica, figurativa o ironica, per racchiudere una citazione o il titolo di un altro testo o per incorniciare un discorso diretto di un dialogo. Qui si riferisce al primo utilizzo, quando si vuole evidenziare il particolare utilizzo di una parola.
  9. Non generalizzare mai. Non avremmo nulla di cui scrivere, altrimenti.
  10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton. E poco sopra ho scritto “trendy” e “cool”. Diciamo che dipende dal contesto, anche se vanno evitate.
  11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.” Le citazioni sono come le amiche, poche ma buone.
  12. I paragoni sono come le frasi fatte. Ovvero la “minestra riscaldata” del punto 3. La scorsa estate ho letto un romanzo appena uscito dove l’autrice utilizzava continui paragoni a film classici e piuttosto famosi, da Via col vento a Ufficiale e gentiluomo, per descrivere gli atteggiamenti dei personaggi. Per me il riferimento era immediato, per lei anche troppo facile da scrivere, ma passata la mia generazione, cosa rimarrà di quel libro?
  13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito). Se siamo costretti a ripetere un concetto, è perchè la nostra comunicazione non è adeguata al pubblico che abbiamo di fronte. (Non sono io che non capisco, sei tu che non ti spieghi!)
  14. Solo gli stronzi usano parole volgari. E dato che il mondo è pieno di stronzi, anche i romanzi lo sono.
  15. Sii sempre più o meno specifico. E se non lo siete, vi toccherà essere ridondanti.
  16. L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive. L’iperbole è una figura retorica (come l’allitterazione del punto 1) che consiste nell’esagerazione della realtà, per eccesso o per difetto. Ad esempio: “E’ un secolo che non ti vedo!”; “Il prezzo del petrolio è salito alle stelle.”; “Facciamo quattro passi?”; “Mi hai spezzato il cuore!” Rischiamo però di cadere nelle frasi fatte del punto 3.
  17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale. Obbedisco!
  18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente. Credo valga per le metafore quanto detto per i paragoni al punto 12. La metafora è una figura retorica dove viene sostituito un termine proprio con uno figurato, in seguito a una trasposizione simbolica di immagini. Le parole come “piume sulle scaglie di un serpente”.
  19. Metti, le virgole, al posto giusto. Capite bene che c’è un’enorme differenza dal scrivere “Vado a mangiare, nonna” a “Vado a mangiare nonna”. Salvate la nonna, per carità!
  20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile. Ammetto che l’uso del punto e virgola non è semplice. L’Accademia della Cruscaspiega: il punto e virgola (punto acuto, punto coma) segnala una pausa intermedia tra il punto e la virgola e il suo uso spesso dipende da una scelta stilistica personale; i due punti (punto addoppiato, doppio, piccolo) avvertono che ciò che segue chiarisce, dimostra o illustra quanto è stato detto prima.
  21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso. Ringrazio Eco per questa citazione (ma non erano proibite? Punto 11) direttamente dal dialetto veneto. Letteralmente significa: peggio la toppa del buco.
  22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia. Il cigno canta, il treno deraglia, ma soprattutto è l’asino che raglia (con voce sgraziata). Un’allitterazione mentale che ci frega.
  23. C’è davvero bisogno di domande retoriche? La domanda retorica è una figura retorica che consiste nel formulare una domanda la cui risposta è ovvia, non è una vera richiesta di informazione, quanto la richiesta di una conferma che è implicita nella domanda stessa. Nella voce del subconscio ci facciamo continuamente domande retoriche, di cui conosciamo, ma non vogliamo ammettere, le risposte. Non sei d’accordo?
  24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo.
  25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia. Sugli accenti ci sono un po’ (apostrofo, non accento!) da dire. L’Accademia della Crusca ha preparato un comodo vademecum.
  26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile. Quando si mette l’apostrofo è perchè si taglia la A di UNA, ma nel maschile esiste UN senza la O. La lingua italiana è un po’ maschilista…
  27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi! Ha ragione!!!
  28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri. (No, io non ho niente a che vedere con i barbarismi, giuro!) In inglese, il plurale si ottiene aggiungendo una S finale. Quindi FAN diventa FANS. Ma questa, come altre parole, è oramai utilizzata nella lingua corrente italiana senza aggiungervi la S.. Siate brevi, ma non troppo (punto 17).
  29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili. Baudelaire, Roosevelt e Nietzsche. Se non siete sicuri, cercateli in Google che ve li corregge in automatico.
  30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio. Il Cinque Maggio è un’ode scritta da Alessandro Manzoni, appunto il maggior scrittore lombardo del XIX secolo. Le perifrasi sono giri di parole per esprimere meglio un concetto o per evitare di esprimerlo direttamente.
  31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo). Captatio benevolentiae significa catturare la benevolenza o accattivarsi la simpatia.
  32. Cura puntiliosamente l’ortograffia. (Correttore ortografico automatico. Ssssh, io non ho detto niente.)
  33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni. La preterizione è un’altra figura retorica con cui si finge di omettere quanto in realtà si sta mettendo in risalto. Sono espressioni tipiche del discorso comune: “Non ti dico cosa mi è successo…”; “Per non parlare di quel che ha detto!”
  34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve. L’andare a capo, ovvero delineare un paragrafo, serve per introdurre un nuovo pensiero, una scena differente, un punto di vista diverso, un dialogo di un altro personaggio. Serve per facilitare la lettura e la comprensione.
  35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione. Il plurale majestatis (letteralmente, plurale di maestà) si ha quando chi scrive o parla si riferisce a se stesso usando il plurale. E’ utilizzato da sovrani e papi, anche se in disuso ai nostri tempi. Rimane in ambito universitario per atti ufficiali emanati dal Rettore.

E qui chiedo venia. Capita che in webnauta io utilizzi il plurale, ma non è un plurale majestatis: mi riferisco infatti ai collaboratori che mi danno un aiuto nella conduzione di questo blog-veliero, dal Nostromo in sala macchine, al Primo ufficiale di coperta, dal commissario addetto alla bussola seo al sottufficiale dei social. Un comandante non vale niente senza la sua ciurma.

36 – Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato. La parola PERCHE’ spiega la causa, il motivo di un evento; la parola PERCIO’ spiega la conseguenza, l’effetto, ciò che è accaduto dopo l’evento.

37 -Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni. L’ora è tarda e questa mi sfugge…

38 – Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario. Sostanzialmente, non usate parole che il vostro pubblico non può comprendere. Sembra una ripetizione del punto 4. Ma non dovrebbe esserci ridondanza proprio per il punto 13. Repetita iuvant? (ndr. le cose ripetute aiutano).

39 – Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che. Non siate ripetivi (punto 13) e neppure usate frasi di una sola parola (punto 17). Soprattutto, non confondete prolisso con prolasso…

40 – Una frase compiuta deve avere. Un senso.

 E la 41esima regola?

Secondo me, la 41esima regola è nascosta nella stessa modalità in cui ha scritto questo elenco. In ogni punto, ha contraddetto esattamente ciò che stava enunciando. Perchè solo chi conosce le regole, può infrangerle e creare qualcosa di nuovo, e unico. O forse è solo la mia anima pirata che mi fa intravedere un’altra via?

Firmato Umberto Eco.

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LA STRAGE DEL CERMIS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2018 @ 8:27 pm

Detto altrimenti: domani, 20 anni …   (post 3057) 

3 febbraio 1998 – LA STRAGE DEL CERMIS

Sospese nel vuoto

arroganti contraddizioni

ubriacano menti ribelli

salde al buon senso

ed alla ragione.

Inutile verità

sui metri da terra

veloci

inutile rotta

del libro di bordo.

downloadVerrà anche il tempo della giustizia.

Fredde le mani protendono

a stringere un corpo

per dare calore

agli ultimi istanti.

Pavide

altre

nascondono

la scatola nera dei dati

turpi alla vista.

download (1)

    Assolti: era la funivia che volava troppo in alto …

Leggiamo violata

la legge

da scritte di sangue

su fogli di neve.

Urliamo

in faccia all’abisso profondo

schiacciati

fra i piccoli atti

del nostro dovere

e l’osceno dispregio assordante

alla vita.

Vis legibus inimica …

 

Riccardo Lucatti

 

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PER UN AMICO E- BIKER

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2018 @ 2:19 pm

Detto altrimenti: sulla lettura del computerino di bordo …. (post 3056)

imagesIl mio amico Filippo si è appena comperato una e-bike con batteria da 500 W. Sta facendo alcune prove per capire se riuscirebbe ad arrivare alla sua casa di campagna. “Sai, mi dice, dopo 35-40 km di quasi pianura con piccoli dislivelli, il computer mi segnala che la batteria mi accompagnerebbe per ulteriori pochi km residui anche se leggo che avrei consumato solo una tacca su 5 cioè il 20%, e allora … ” E allora io gli chiedo quale sia il percorso totale. Risponde: circa 40 km di falsopiano + 15 di salita per 400 metri di dislivello. La mia risposta: ce la fai di sicuro. Infatti i km indicati come residui registrano quelli ancora assistiti dalla batteria tenuto conto di quanta energia era in corso di erogazione al momento della tua rilevazione. E magari in quel momento stavi pedalando poco ed usando molta corrente. Mi spiego meglio: se tu chiedi quale sia il chilometraggio assistito residuo mentre stai scalando una rampa di garage al 20%, il computer ti dirà che – data quella pendenza – avresti solo altri 20-30 km assistiti a disposizione. Ma se tu, in cima alla salita, resetti il sistema, il computer ti dirà che hai – chessò – altri 120 km di buono. Quindi, tranquillo, alla tua casa di campagna ci arrivi eccome!

Se ti capita che … se ti capita che il computerino sia acceso ma la batteria, pur risultando carica,  non passi corrente (ai pedali), fermati, scendi dalla bici, tieni premuto per 15-20 secondi il bottoncino che si trova su un lato della batteria e il funzionamento si ristabilisce.

Un piccolo esperimento. Stai pedalando “eco” in pianura, km residui segnalati 120. Prova ad usare un rapporto alla ruota un po’ più “duro” e ad aumentare la spinta sui pedali: vedrai che i km residui segnalati aumenteranno.

Come leggere la foto: le tacche orizzontali in alto rappresentano il livello della “benzina” e si scoloriscono da dx a sin man mano che il serbatoio si svuota. La colonnina verticale a destra si colora dal basso all’alto man mano che aumenta il flusso di corrente elettrica in uscita in quel momento. Le cinque zone rettangolari in verticale rappresentano la modalità di utilizzo della batteria, da zero a eco, tour, sport, turbo, la cui selezione viene attivata da un comando posto sul manubrio. I quattro tasti da sin a dx in senso orario: interruttore del computer; reset (azzeramento); informazioni: puoi scegliere fra orario, durata della pedalata, velocità istantanea,   massima e media, km residui, etc.); luce quadro.

Good bike, anzi, good e-bike Filippo!

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MENS SANA IN CORPORE SANO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2018 @ 1:52 pm

Detto altrimenti: a tutte le età … (post 3055)

Io, nato il 3 febbraio 1944, domani “compio” 74 anni nel senso che entro nel mio 75° di vita. Da domani quindi dirò di averne 74 anche se secondo la prassi toscana dovrei dire che ne ho 75 (nel senso che sto vivendo il mio 75°) e che “lo finisco” (di vivere) il 3 febbraio 2019. Cabala della matematica etariale, quella dell’età!

2014 - Copia - CopiaAlcuni amici mi chiedono, meravigliati: ma come, vai ancora a sciare? Uei raga … come vi permettete con quell’ “ancora”? Io ho tempo, abito vicino alle piste da sci (casa mia-impianti della Paganella, 30 minuti d’auto), un abbonamentino stagionale agli impianti di risalita non me lo toglie nessuno e alla via così, avanti tutta! Già, perché più che (lo so che “più che” è grammaticalmente sbagliato ma a me mi – a me mi – piace scriverlo!) … dicevo? Ah … si: più che si diventa vecchi più che bisogna muoversi. L’ho sperimentato varie volte. Ora, a dire il vero con lo sci io non ho mai smesso, anche se con l’età, diventando giudizioso, faccio lavorare di più il cervello, curo le sfumature, scio meglio e con molta minore fatica. Inoltre sono diventato più “esigente” anche nei confronti delle piste e della neve, nel senso che in genere scio dalle 08,30 a mezzogiorno, quando le piste sono nella migliore condizione e molto meno affollate. E vi assicuro che oltre tre ore filate sono più che sufficienti. Le sfumature? Braccia più aperte (cribbio!!) per compensare quel (vecchio) vizio di sciare con le gambe troppo unite (errore questo che ai miei tempi era una qualità!), segno dell’età; peso più avanti in modo da sentire premere gli scarponi sugli stinchi; in uscita di curva andare a cercare il terreno con la mano a valle; spigolare di meno, lasciarli correre questi sci, quante volte te lo devo dire?  Etc.

35 - IMG_0517

      La traversata del Lago di Cavedine

Con la bici è andata diversamente. Io ho cominciato a pedalare tardi, all’età di 38 anni, ma ho fatto in tempo a farmi le gambe per le Loro Maestà della montagna (Lautaret, Galibier, Izoard, Manghen, Bernina, Maloja, Sestriere, Monginevro, Fraiteve, etc.). Poi tradii la bici per la vela e l’ho ripresa dopo un lungo intervallo. E’ chiaro che la gamba e l’età non sono state più le stesse, ma ciò non ha impedito che allenandomi con regolarità e progressione, io oggi riesca non dico a rifare quelle salite (che oggi faccio con l’aiuto elettrico, anche a causa di una bronchitella cronica, regalo di un recente compleanno – che lui, poverino, colpa non ne aveva solo che, sommato ai precedenti …) ma che io non abbia problemi a farmi pedalate anche di 100 km anche con qualche salita media inserita nel percorso. La bellezza dell’allenamento: le salitelle o i lunghi kilometraggi che all’inizio di stagione di preoccupano un poco al momento del loro approcciarsi, dopo un paio di migliaia di km te li ritrovi alle spalle senza nemmeno essertene accorto. E poi, il peso … dai, quei tre-quattro kg di meno sai che meraviglia!

Eurpean Championship Fun 2007 - Fraglia Vela Riva

           Regatare necesse est!

E fra le due età della bici, la vela. Già, perché nonostante tutto io sono nato nel mare, a Genova e nuotavo all’età di quattro anni, senza salvagente. Un giorno ero in mare, alla boa a 30 metri da terra, mi vede una signora, lancia l’allarme, arriva la barca con il bagnino e … “mi salvano”!! Io incazzatissimo! Ma una porzione di … fatti vostri, noo? Chi vi aveva chiamato? Ma vabbè, questa è un’altra storia. La vela, dicevo. Più navigatore che regatante anche se poi ho fatto vent’anni di regate con il mio FUN Whisper ITA 526 ormeggiato in Fraglia della Vela a Riva del Garda. Ma anche questa è un’altra storia e poi se navigate anche voi … qui fra i miei post, ne leggerete abbondantemente di regate e di crociere con Whisper, che lei si chiama così, bisbiglio, sussurro, tanto è silenziosa nello scivolare sull’acqua.

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